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PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE || sentenza 6 dicembre 1988, n. 1060 (Gazzetta...

Date post: 31-Jan-2017
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sentenza 6 dicembre 1988, n. 1060 (Gazzetta ufficiale, 1 a serie speciale, 14 dicembre 1988, n. 50); Pres. Saja, Est. Greco; Inadel c. Mulè; e altri; interv. Pres. cons. ministri (Avv. dello Stato D'Amato). Ord. Trib. Genova 1° ottobre 1987 (tre) (G.U., 1 a s.s., n. 7 del 1988); Trib. Firenze 9 novembre 1987 (G.U., 1 a s.s., n. 5 del 1988); Trib. Parma 26 novembre 1987 (tre) (G.U., 1 a s.s., n. 17 del 1988); Pret. Firenze ... Source: Il Foro Italiano, Vol. 112, PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE (1989), pp. 617/618-621/622 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23183830 . Accessed: 24/06/2014 22:28 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 185.44.77.146 on Tue, 24 Jun 2014 22:28:11 PM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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sentenza 6 dicembre 1988, n. 1060 (Gazzetta ufficiale, 1 a serie speciale, 14 dicembre 1988, n.50); Pres. Saja, Est. Greco; Inadel c. Mulè; e altri; interv. Pres. cons. ministri (Avv. dello StatoD'Amato). Ord. Trib. Genova 1° ottobre 1987 (tre) (G.U., 1 a s.s., n. 7 del 1988); Trib. Firenze 9novembre 1987 (G.U., 1 a s.s., n. 5 del 1988); Trib. Parma 26 novembre 1987 (tre) (G.U., 1 a s.s.,n. 17 del 1988); Pret. Firenze ...Source: Il Foro Italiano, Vol. 112, PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE(1989), pp. 617/618-621/622Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23183830 .

Accessed: 24/06/2014 22:28

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

404/88, id., 1988, I, 2515). E a tale esigenza si connette anche

il peculiare regime dell'equo canone, quantificato con riferimento

a parametri oggettivi, giacché con esso si determina, nell'ambito

delle locazioni abitative, una sostanziale indifferenza della perso na del conduttore ai fini della redditività dell'immobile, e quindi un ridotto interesse del locatore a far cessare il rapporto.

Ora, è da notare che la suddetta esigenza è stata ritenuta da

questa corte meritevole di una specifica tutela essenzialmente in

ragione della grave situazione del settore dell'edilizia abitativa —

caratterizzato dalla carenza di offerta di alloggi e conseguente mente dalla debolezza contrattuale della categoria dei conduttori — nella quale è intervenuta la 1. n. 392 del 1978 (sent. 251/83, cit.).

Ma, pur a distanza di vari anni, le ragioni socio-economiche

della detta specifica protezione non appaiono, ad un esame obiet

tivo, essere oggi modificate al punto tale da evidenziare la man

canza del presupposto di fatto assunto dal legislatore, ovvero il

contrasto fra la disciplina adottata e la Costituzione per ingiusti ficata compressione degli interessi costituzionalmente protetti dei

quali è lamentata la lesione.

Se, poi, la disciplina in esame sia o no pienamente adeguata all'attuazione degli scopi sociali da essa perseguiti — piena ade

guatezza che il giudice a quo sembra contestare, richiamando il

parametro dell'art. 47 Cost., sulla base della considerazione che

la disciplina stessa non contribuisce ad eliminare la situazione

anomala del mercato degli alloggi, che è la causa del disagio della

categoria dei conduttori, ed anzi concorre a perpetuarla — è pro blema che non può essere risolto se non mediante una valutazio

ne che questa corte non può operare. Anche se non può esimersi

dal notare come gli scopi sociali (di rimedio) cui è diretta la nor

mativa stessa possano essere perseguiti anche mediante discipline

diverse, finalizzate alla eliminazione del disagio della categoria dei conduttori, nel quadro di un intervento globale sui settori

dell'edilizia pubblica e privata (postulato dal legislatore del 1978:

cfr. sent. n. 252 del 1983, cit.), idoneo ad incrementare l'offerta

di alloggi a canoni economicamente sopportabili. 4. - La disciplina transitoria delle locazioni abitative in corso

alla data di entrata in vigore della 1. n. 392 del 1978 consiste,

per le locazioni già soggette a proroga in base alla previgente

legislazione, nella previsione di un ulteriore periodo di durata (di

quattro anni) con decorrenza variabile a seconda dell'epoca di

stipulazione del contratto (art. 58). Per le locazioni non comprese nel previgente regime di vincolo (in ragione della data di scaden

za convenzionale successiva al 30 luglio 1978 ovvero perché il

reddito del conduttore eccedeva i limiti fissati per il godimento della proroga legale) è invece riconosciuta la durata quadriennale stabilita dall'art. 1 in regime ordinario, dalla quale va tuttavia

detratto il periodo già decorso dall'inizio della locazione o dalla

data dell'ultimo rinnovo (art. 65).

Orbene, per negare fondatezza alla censura mossa alla detta

disciplina dal giudice a quo, in riferimento ai già ricordati para

metri, è sufficiente ricordare che questa corte più volte ha quali ficato il regime transitorio dettato dalla 1. n. 392 del 1978 come

soluzione tecnica di saldatura tra legislazione vincolistica e nuova

legge organica sulle locazioni, destinata a fungere da ponte tra

i due contrapposti sistemi (sent. 32/80, cit. e 281/84, id., 1985,

I, 663), sottolineando l'esigenza di regolare gradualmente il pas

saggio della grande massa dei contratti in corso nell'ambito delle

nuove regole ordinarie (sent. 89/84, id., 1984, I, 1450). Né siffatta disciplina transitoria può essere ritenuta non equili

brata, in pregiudizio della categoria dei locatori, in quanto, a

controbilanciare l'ulteriore durata ex lege dei rapporti in corso,

è stato introdotto, a vantaggio dei locatori (derivandolo dall'a

zione di cessazione dalla proroga legale o di decadenza da questa,

tipica del regime vincolistico: art. 3, 4 e 10 1. 23 maggio 1950

n. 253) l'istituto del recesso anticipato dalla locazione per le tas

sative ragioni di cui all'art. 59 (del quale non godono i locatori

nel regime ordinario: sent. 251/83, cit.). E tale istituto, origina

riamente limitato alle locazioni già soggette a proroga di cui al

l'art. 58, è stato successivamente esteso anche alle locazioni non

prorogate di cui all'art. 65 per effetto delle sentenze n. 22/80

(id., 1980, I, 553) e n. 250/83 (id., 1983, I, 2636), mediante le

quali la corte ha assicurato in ogni caso tutela alle specifiche esi

genze recuperatorie del locatore nella fase di protrazione coattiva.

La questione è pertanto non fondata.

5. - Venendo all'esame della censura mossa all'art. 60 1. n.

392 del 1978, osserva la corte che le previsioni nella detta norma

racchiuse costituiscono un momento essenziale della disciplina del

II Foro Italiano — 1989.

l'istituto del recesso regolato dal precedente art. 59, in quanto la comminatoria di sanzioni (ripristinamento del contratto, risar

cimento del danno, sanzione pecuniaria da devolvere al fondo

sociale), per il caso di mancata destinazione dell'immobile all'uso

del quale è stata prospettata la necessità, ha la primaria funzione

preventiva di costituire una remora al ricorso abusivo, pretestuo so o addirittura fraudolento al recesso (sent. 48/80, id., 1980,

I, 1561; relativa ad analoga disciplina accessoria dell'azione di

cessazione della proroga legale contenuta dall'art. 8 1. n. 253 del

1950), sicché non aggrava la posizione dei locatori che del recesso

si siano avvalsi per effettive esigenze. Né la posizione dei locatori può ritenersi sacrificata senza ra

gione dalla previsione di un termine fisso, entro il quale dare

attuazione alla destinazione prospettata ai fini del recesso, poiché l'omessa destinazione nel termine è soltanto considerata dalla legge come criterio per la valutazione della serietà o, viceversa, della

pretestuosità del motivo di necessità fatto valere. Ciò che è dimo

strato dalla costante interpretazione giurisprudenziale, secondo la

quale il comportamento successivo assume tale significato solo

se imputabile (a titolo di dolo o di colpa) al locatore.

Anche tale questione è pertanto non fondata.

Per questi motivi, la Corte costituzionale dichiara non fondate

le questioni di legittimità costituzionale, in riferimento agli art.

3, 10, 42 e 47 Cost., della 1. 27 luglio 1978 n. 392 (disciplina delle locazioni di immobili urbani) nel suo complesso, nonché

degli art. 59 e 60 della suddetta legge, come sollevate dall'ordi

nanza indicata in epigrafe.

CORTE COSTITUZIONALE; sentenza 6 dicembre 1988, n. 1060

(Gazzetta ufficiale, la serie speciale, 14 dicembre 1988, n. 50); Pres. Saia, Est. Greco; Inadel c. Mulè; e altri; interv. Pres.

cons, ministri (Aw. dello Stato D'Amato). Ord. Trib. Genova

1° ottobre 1987(tre) (G.U., la s.s., n. 7 del 1988); Trib. Firen

ze 9 novembre 1987 (G.U., la s.s., n. 5 del 1988); Trib. Parma

26 novembre 1987 (tre) (G.U., la s.s., n. 17 del 1988); Pret.

Firenze 26 novembre 1987 (G.U., la s.s., n. 23 del 1988); Pret.

Genova 11 dicembre 1987 (G.U., la s.s., n. 14 del 1988); Pret.

Parma 25 febbraio 1988 (tre) (G.U., la s.s., n. 22 del 1988).

Impiegato degli enti locali — Indennità premio di servizio — Ri

liquidazione — Interessi — Esclusione — Incostituzionalità

(Cost., art. 3; d.l. 31 agosto 1987 n. 359, provvedimenti urgen ti per la finanza locale, art. 23; 1. 29 ottobre 1987 n. 440, con

versione in legge, con modificazioni, del d.l. 31 agosto 1987

n. 359). Impiegato degli enti locali — Indennità premio di servizio — Ri

liquidazione — Rivalutazione monetaria — Esclusione — Que stione infondata di costituzionalità (Cost., art. 3, 24, 36, 38,

97, 113; d.l. 31 agosto 1987 n. 359, art. 23; 1. 29 ottobre 1987

n. 440). Impiegato degli enti locali — Indennità premio di servizio — Ri

liquidazione — Successione di decreti-legge non convertiti —

Salvezza degli effetti — Questione infondata di costituzionalità

(Cost., art. 77; d.l. 31 agosto 1987 n. 359, art. 30; 1. 29 ottobre

1987 n. 440).

È illegittimo, per violazione dell'art. 3 Cost., l'art. 23, 4° com

ma, d.l. 31 agosto 1987 n. 359, convertito in l. 29 ottobre 1987

n. 440, nella parte in cui dispone che «le somme dovute a titolo

di riliquidazione dell'indennità premio di servizio non danno luogo a corresponsione di interessi». (1)

(1-2) Sulla disciplina dettata dal d.l. 359/87, v. Cass. 26 novembre 1988, n. 6390, e Pret. Lodi 27 marzo 1987, in questo fascicolo, I, con nota

di richiami, sulla indennità premio di servizio, fra cui si segnala Cass.

3469/88 in punto di debenza e decorrenza di interessi e rivalutazione a

carico dell'lnadel per tardivo pagamento dell'indennità.

Fra le ordinanze di rimessione, Trib. Genova 1° ottobre 1987, Inadel

c. Queirolo, è riportata, id., 1988, I, 1019, con nota di richiami.

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PARTE PRIMA

È infondata, stante la natura eccezionale e la finalità della dispo

sizione, la questione di legittimità costituzionale dell'art. 23,

4° comma, d.l. 31 agosto 1987 n. 359, convertito in l. 29 otto

bre 1987 n. 440, nella parte in cui dispone che «le somme do

vute a titolo di riliquidazione dell'indennità premio di servizio

non danno luogo ... a rivalutazione monetaria», in riferimen

to agli art. 3, 24, 36, 38, 97 e 113 Cost. (2) È infondata, essendo avvenuta la conversione in legge del decreto

legge, la questione di legittimità costituzionale dell'art. 30 d.l.

31 agosto 1987 n. 359, convertito in l. 29 ottobre 1987 n. 440,

secondo cui sono validi gli atti ed i provvedimenti adottati e

sono fatti salvi gli effetti prodotti ed i rapporti giuridici sorti sulla base di precedenti decreti legge non convertiti in materia

di provvedimenti urgenti per la finanza locale, in riferimento all'art. 77 Cost. (3)

Diritto. — 1. - Il Tribunale di Genova (r.o. nn. 37, 38, 39

del 1988) dubita della legittimità costituzionale dell'art. 30 d.l.

31 agosto 1987 n. 359, convertito con modificazioni in 1. 29 otto

bre 1987 n. 440, secondo cui restano validi gli atti ed i provvedi menti adottati e sono fatti salvi gli effetti prodotti ed i rapporti

giuridici sorti sulla base dei d.l. 30 dicembre 1986 n. 922, 2 mar

zo 1987 n. 55, 2 maggio 1987 n. 167 e 30 giugno 1987, n. 256,

per violazione dell'art. 77 Cost., in quanto i rapporti giuridici

in definitiva restano regolati da un decreto-legge anziché da una

legge e perché, non ricorrendo i requisiti di necessità ed urgenza,

si ha un caso di appropriazione da parte del governo del potere di conversione spettante al parlamento e, quindi, una alterazione

della stessa forma di governo parlamentare prevista dalla Costi

tuzione.

1.1. - La questione non è fondata.

Essendo avvenuta la conversione in legge del decreto-legge, tutta

la materia de qua resta regolata dalla legge e non più dal decreto

legge. 2. - È, inoltre, sottoposta all'esame di questa corte la questio

ne di legittimità costituzionale del 4° comma, ultima parte, del

l'art. 23 d.l. 31 agosto 1987 n. 359, convertito, con modificazio

ni, in 1. 29 ottobre 1987 n. 440, il quale dispone che «le somme

dovute a titolo di riliquidazione dell'indennità premio di servizio

non danno luogo a corresponsione di interessi e rivalutazione»,

sollevata dal Tribunale di Genova (r.o. nn. 37, 38, 39 del 1988), dal Tribunale di Parma (r.o. nn. 135, 136, 137 del 1988), dal

Pretore di Parma (r.o. nn. 212, 213, 214 del 1988), dal Pretore

di Firenze (r.o. n. 226 del 1988), con riferimento:

a) all'art. 3 Cost., in quanto il credito de quo risulterebbe di

scriminato rispetto a ogni altro credito previdenziale, legalmente

produttivo di interessi e, eventualmente, di maggior danno ex art.

1224 c.c., o di rivalutazione monetaria in base al principio che

trova conferma anche nell'ambito previdenziale negli art. 46 e

47 d.p.r. 30 aprile 1970 n. 639, risultando, per di più, vanificati i diritti già acquisiti da parte dei creditori di prestazioni liquide ed esigibili di un ente previdenziale;

b) agli art. 24 e 113 Cost. (Tribunale di Genova: r.o. nn. 37,

38 e 39 del 1988) in quanto, senza giustificato motivo, risultereb

be limitato il diritto di difesa di una categoria di cittadini alla

quale è preclusa la possibilità di ottenere qualsiasi tipo di risarci

mento danni per inadempimento dell'Inadel;

c) all'art. 36 Cost. (Pretura di Firenze: r.o. n. 226 del 1988

e Pretura di Parma: r.o. nn. 212, 213, 214 del 1988) in quanto si provvederebbe in modo inadeguato alle esigenze relative alla

vecchiaia dei lavoratori mediante erogazione previdenziale tardi

va e non rivalutata e perché il legislatore inciderebbe su diritti

quesiti con interventi irrazionali ed arbitrari frustrandosi anche

l'affidamento dei cittadini nella certezza giuridica;

d) all'art. 36 Cost. (Pretura di Parma: r.o. nn. 212, 213, 214

del 1988) perché anche la retribuzione differita, ai fini previden

ziali, corrisposta alla cessazione del rapporto sotto forma di trat

tamento di liquidazione e quiescenza, farebbe parte del patrimo nio del lavoratore e, quindi, della complessiva situazione giuridi ca tutelata dal citato precetto costituzionale;

(3) Sulla reiterazione di decreti legge non convertiti e relativa proble matica, v. Corte cost. 10 marzo 1988, n. 302 e Trib. Genova 1° ottobre

1987, Foro it., 1988, I, 1017, con nota di richiami.

Il Foro Italiano — 1989.

e) all'art. 97 Cost. (Tribunale di Parma: r.o. nn. 135, 136,

137 del 1988; Pretura di Parma: r.o. nn. 212, 213, 214 del 1988)

perché l'esonero dell'Inadel dal risarcimento del danno per svalu

tazione monetaria e dal pagamento degli interessi farebbe venir

meno l'unica sanzione che può costituire remora al ritardo nel

pagamento e, quindi, idonea a garantire il buon funzionamento

dell'ente.

3. - È preliminare l'esame delle eccezioni di inammissibilità sol

levate dall'avvocatura generale dello Stato.

Si è rilevato che in alcune ordinanze (r.o. nn. 37, 38, 39/88) non viene chiarito se la rivalutazione si riferisca anche alle som

me dovute successivamente al 31 gennaio 1977; che, inoltre, in

primo grado non è stata accolta la domanda di rivalutazione e

avverso la sentenza non è stato proposto appello sul punto, onde

l'irrilevanza della questione, per effetto della formazione del giu

dicato contrario; e, inoltre, nell'ordinanza n. 13 del 1988 manca

la motivazione sulla rilevanza né risultano il periodo e il titolo

per i quali è stata richiesta la liquidazione del maggior danno

commisurato alla svalutazione; in altre ordinanze (r.o. nn. 226,

112, 135, 136, 137 del 1988) non si è precisato se si tratti di adem

pimento o di risarcimento e se sia stata proposta o meno la do

manda di risarcimento per comportamento colposo dell'Inadel.

3.1. - Le eccezioni non possono avere accoglimento.

Invero, dei fatti esposti non vi è puntuale riscontro nell'ogget

to dei vari giudizi, tutti concernenti la riliquidazione della inden

nità premio di servizio e l'opposizione alla pretesa dell'Inadel di

corrisponderla senza la maggiorazione della rivalutazione e degli

interessi, fondata nella norma denunciata per sospetta illegittimi

tà costituzionale.

4. - Nel merito la questione è, sia pure solo in parte, fondata.

Anzitutto, si richiama l'indirizzo giurisprudenziale di questa corte

(sent. n. 408 del 1988, Foro it., 1988, I, 2127) secondo cui, per i crediti previdenziali, a differenza dei crediti di lavoro privato

(per i crediti di lavoro dei dipendenti statali vigono i principi af

fermati nella sentenza n. 52/86, id., 1986, I, 857), non trova ap

plicazione l'art. 429 c.p.c. ma piuttosto l'art. 1224, 2° comma,

c.c. Secondo detto articolo, occorre la domanda di pagamento del maggior danno e la dimostrazione del pregiudizio patrimonia le risentito, per cui assumono rilevanza le condizioni e le qualità

personali del creditore idonee a fondare presunzioni a suo favo

re; tra le dette condizioni personali va considerata la qualità di

pensionato, non isolatamente, però, ma nel contesto globale del

la sua situazione (capacità economica, condizioni di vita persona li e familiari) e delle sue peculiari necessità in modo che si possa determinare la concreta destinazione delle somme spettantegli.

Si deve, però, considerare che l'art. 23 ora censurato è stato

emanato per sanare la situazione finanziaria venutasi a creare in

seguito alla sentenza di questa corte n. 236 del 1986 (id., 1987,

I, 4), la quale, risolvendo i dubbi interpretativi cui avevano dato

luogo in tutti i gradi di giurisdizione le disposizioni regolatrici della indennità premio di servizio a seguito dell'entrata in vigore della 1. n. 297 del 1982 e dell'abolizione del congelamento dei

punti di contingenza, sanciva la inclusione dell'indennità integra tiva speciale nell'indennità premio di servizio, a partire dall'en

trata in vigore della predetta 1. n. 297 del 1982.

Per la mancata richiesta ai dipendenti di contributi e la loro

mancata riscossione da parte dell'Inadel, si era verificata una si

tuazione di «deficit» che rendeva estremamente precario il soddis

facimento delle pur legittime richieste di pagamento dell'indenni

tà maggiorata con l'inclusione suddetta.

Lo Stato, per porre termine ai ritardi e addirittura alla impos sibilità dei pagamenti, si è assunto l'onere dei contributi previ denziali per il quadriennio 1982-1986, mentre j dipendenti solo

all'atto della liquidazione venivano a subire la decurtazione dalla

somma loro spettante della quota di contributi da essi dovuta, in un'unica soluzione ma senza corresponsione di interessi.

Trattasi, quindi, di una norma eccezionale, di durata tempora nea (solo un quadriennio) e, soprattutto, di una valutazione legis lativa non arbitraria e sufficientemente razionale, il che deve in

durre l'istituto previdenziale ad una rapida definizione delle pen denze. Inoltre, non sono affatto omogenee le situazioni poste a

raffronto dai giudici a quibus, quella in esame, assolutamente

eccezionale, straordinaria e transitoria, e quella, ordinaria, di un

comune pagamento di un credito previdenziale. Basta l'indubbia situazione di incertezza, verificatasi in ordine

all'interpretazione dell'articolo censurato a giustificare il compor

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

tamento dell'istituto previdenziale, tenuto, peraltro, ad osservare

anche il precetto costituzionale del buon andamento dell'ammini

strazione (art. 97 Cost.). Nemmeno risultano violati gli art. 24 e 113 Cost., essendo quella

denunciata una norma di diritto sostanziale e non di natura pro

cessuale, per cui il diritto di difesa dei dipendenti non ne soffre

limitazioni o impedimenti. Inoltre, la riduzione del credito, non essendo eccessiva, non

incide sulle condizioni poste dagli art. 36 e 38 Cost.

Per quanto riguarda gli interessi, va osservato, anzitutto, che, sia secondo quanto già ritenuto da questa corte (sent. 408/88,

cit.), sia secondo l'indirizzo giurisprudenziale della stessa Corte

di cassazione, la relativa tematica è autonoma rispetto a quella della rivalutazione. La decorrenza dei termini di pagamento de

termina automaticamente la mora dell'istituto. I tempi del mec

canismo di liquidazione della prestazione sono prefissati per leg

ge, decorrenti dalla richiesta del dipendente, pur in assenza del

l'emissione del mandato di pagamento. Pertanto, la previsione della corresponsione di interessi non è razionale e crea discrimi

nazioni e disparità di trattamento ingiustificate con gli altri credi

tori degli istituti previdenziali. Risulta, cosi, violato l'art. 3 Cost.

La violazione degli altri articoli (24, 113, 36, 38, 97 Cost.) ri mane assorbita.

Per questi motivi, la Corte costituzionale, riuniti i ricorsi: a) dichiara la illegittimità costituzionale dell'art. 23, 4° comma, d.l.

31 agosto 1987 n. 359 (provvedimenti urgenti per la finanza loca

le), convertito in 1. 29 ottobre 1987 n. 440, nella parte in cui

dispone che «le somme dovute a titolo di riliquidazione dell'in

dennità premio di servizio non danno luogo a corresponsione di

interessi»; b) dichiara non fondata la questione di legittimità co

stituzionale dell'art. 23, 4° comma, d.l. 31 agosto 1987 n. 359,

convertito in 1. 29 ottobre 1987 n. 440, nella parte in cui dispone che «le somme dovute a titolo di riliquidazione delle indennità

premio di servizio non danno luogo ... a rivalutazione moneta

ria», sollevata, in riferimento agli art. 3, 24, 36, 38, 97 e 113

Cost., dai Tribunali di Parma, Genova e Firenze nonché dai Pre

tori di Parma, di Firenze, di Genova, con le ordinanze in epigra

fe; c) dichiara non fondata la questione di legittimità costituzio

nale dell'art. 30 d.l. 31 agosto 1987 n. 359, convertito in 1. 29

ottobre 1987 n. 440, sollevata, in riferimento all'art. 77 Cost.,

dal Tribunale di Genova.

CORTE COSTITUZIONALE; sentenza 30 novembre 1988, n. 1042

(iGazzetta ufficiale, la serie speciale, 7 dicembre 1988, n. 49);

Pres. Saja, Est. Mengoni; Pres. cons, ministri (Avv. dello Sta

to Laporta) c. Regione Emilia-Romagna (Avv. Ferrari).

Regione — Emilia-Romagna — Visite mediche preventive e pe

riodiche — Disciplina regionale — Incostituzionalità (Cost., art.

117; d.p.r. 19 marzo 1956 n. 303, norme generali per l'igiene del lavoro, art. 4, 5, 33; 1. 20 maggio 1970 n. 300, norme sulla

tutela della libertà e dignità dei lavoratori, della libertà sinda

cale e dell'attività sindacale nei luoghi di lavoro e norme sul

collocamento, art. 5, 9; 1. 23 dicembre 1978 n. 833, istituzione

del servizio sanitario nazionale, art. 4, 6, 14, 24; 1. reg. Emilia

Romagna 13 gennaio 1988 n. 131, visite mediche preventive e periodiche a particolari categorie dei lavoratori. Modificazio

ne della 1. reg. 22 ottobre 1979 n. 33, art. unico).

È illegittimo l'art, unico l. reg. Emilia-Romagna 13 gennaio 1988

n. 131, il quale, in contrasto con la disciplina dell'art. 33 d.p.r.

303 del 1956, stabilisce che se i lavoratori, tramite le rappresen

tanze di cui all'art. 9 l. 300 del 1970, lo richiedano, i datori

di lavoro sono obbligati a provvedere alle visite mediche pre

ventive e periodiche previste dall'art. 33 cit. attraverso le unità

sanitarie locali e che queste ultime sono obbligate ad eseguire

gli accertamenti sanitari richiesti dai datori di lavoro. (1)

(1) La sentenza rimuove dall'ordinamento la 1. reg. Emilia-Romagna 13 gennaio 1988 n. 131, occasionata dalla nuova interpretazione dell'art.

33 d.p.r. 303 del 1956, in materia di visite mediche preventive e periodiche

Il Foro Italiano — 1989.

Diritto. — 1. - L'art, unico 1. 13 gennaio 1988 n. 131 della

regione Emilia-Romagna, sostitutivo dell'art. 10 1. reg. n. 33 del

1979 sulla «tutela della salute nei luoghi di lavoro», obbliga i

datori di lavoro a provvedere alle visite mediche preventive e pe riodiche obbligatorie, previste dall'art. 33 d.p.r. 19 marzo 1956

n. 303 («norme generali per l'igiene del lavoro»), «tramite le uni

tà sanitarie locali», qualora «nell'ambito delle facoltà di cui al

l'art. 9 1. 20 maggio 1970 n. 300 i lavoratori lo richiedano me

diante le proprie rappresentanze» (2° comma), e stabilisce altresì'

l'obbligo delle Usi di eseguire gli accertamenti sanitari richiesti

dal datore di lavoro (3° comma). Segue la previsione di specifici

obblighi reciproci di informazione tra le Usi e i medici incaricati

di effettuare gli accertamenti, nonché di obblighi di comunicazio

ne dei datori di lavoro verso le Usi. Infine i commi 7°, 8° e

9° prevedono l'adozione, da parte della giunta regionale, di sche

mi di convenzione rispettivamente tra unità sanitaria locale e da

tori di lavoro, per fissare le modalità tecnico-organizzative dei

detti accertamenti e gli oneri finanziari a carico dell'imprendito

re, e tra unità sanitaria locale e medici liberi professionisti «da

stipulare nel caso in cui il competente servizio della U.s.l. non

possa corrispondere alle richieste pervenute mediante medici a rap

porto di impiego da essa dipendenti». Il governo della repubblica ha impugnato questa legge chieden

done la dichiarazione di illegittimità costituzionale «per indebita

interferenza con la normativa nazionale» di cui agli art. 4, 5 e

33 d.p.r. 303 del 1956, in contrasto con gli art. 4, n. 2, 6, lett.

ni), e 24 1. n. 833 del 1978, ai sensi dei quali la disciplina generale relativa all'igiene e alla sicurezza nei luoghi di lavoro è riservata

allo Stato al fine di «assicurare condizioni e garanzie di salute

uniformi per tutto il territorio nazionale».

2. - Il ricorso è fondato.

A parte ogni considerazione di merito, che in questa sede non

può trovare ingresso, è innegabile che la legge regionale impu

gnata non si limita a interpretare, specificandone le modalità or

ganizzative ed esecutive, la disciplina statale nella materia de qua, bensì' la modifica incisivamente, creando per la regione Emilia

Romagna condizioni e modi difformi di tutela della salute nei

luoghi di lavoro.

In presenza della richiesta dei lavoratori, prevista nel 2° com

ma, il datore di lavoro viene privato della facoltà, attribuitagli

dall'art. 33 d.p.r. n. 303 del 1956, di scegliere «un medico com

petente» per l'adempimento dell'obbligo di sottoporre a visite me

diche preventive e periodiche i lavoratori addetti a lavorazioni

industriali che espongono all'azione di sostanze tossiche o infet

tanti o comunque nocive. Né si può dire che il potere attribuito

ai lavoratori, mediante le loro rappresentanze, di obbligare il da

tore a far eseguire le visite mediche «tramite l'unità sanitaria lo

cale» si giustifica «nell'ambito delle facoltà di cui all'art. 9 1.

n. 300 del 1970». La norma dello statuto dei lavoratori attribui

prescritte per alcune lavorazioni industriali, fornita da Cass. 21 aprile

1986, n. 2799, Foro it., 1986, I, 2158, con nota di richiami, e 2790, con nota di R. Guariniello, Al tramonto il medico di fabbrica? Tale decisione è anche riportata in Giust. civ., 1986, I, 2149, con nota di P.

Ghinoy, Visite mediche periodiche obbligatorie e art. 5 dello statuto dei

lavoratori, in Orient, giur. lav., 1986, 921, con nota di A. Minzioni, Sulla competenza ad effettuare le visite mediche obbligatorie; in Mass.

giur. lav., 1986, 487, con nota di A. Lorusso, Controlli periodici obbli

gatori sulla salute del lavoratore e art. 5 della l. 20 maggio 1970 n. 300\ in Riv. giur. lav., 1987, II, 105, con nota di M. Granato. Ha pure occa

sionato lo scritto di L. Orga, Sulla designazione del medico di fabbrica, in Mass. giur. lav., 1987, 127.

Va segnalato che Corte cost. 1042/88 in rassegna non prende posizione circa l'interpretazione dell'art. 33 cit., limitandosi a dare atto del contra

sto della legge regionale con la legge statale esistente in ogni caso, e cioè

sia approdandosi ai risultati esegetici di Cass. 2799/86, cit. (è però signi ficativo che tale pronuncia non venga invocata come diritto vivente, forse

perché contraddetta dalla giurisprudenza di legittimità precedente, e che

invece sia sottolineato che «altro è l'efficacia della sentenza, e altro l'effi

cacia della legge»), sia opinandosi diversamente.

Va anche notato come nella decisione sopra riportata non sia indicata

la norma della Costituzione violata.

In tema di art. 33 cit., cfr., da ultimo, Cass. 5 novembre 1987, n.

8120, Foro it., Rep. 1987, voce Lavoro (rapporto), n. 2094, che ha tra

l'altro ribadito la sindacabilità giudiziale degli accertamenti sanitari effet

tuati. [L. de Angelis]

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