sentenza 6 dicembre 1988, n. 1060 (Gazzetta ufficiale, 1 a serie speciale, 14 dicembre 1988, n.50); Pres. Saja, Est. Greco; Inadel c. Mulè; e altri; interv. Pres. cons. ministri (Avv. dello StatoD'Amato). Ord. Trib. Genova 1° ottobre 1987 (tre) (G.U., 1 a s.s., n. 7 del 1988); Trib. Firenze 9novembre 1987 (G.U., 1 a s.s., n. 5 del 1988); Trib. Parma 26 novembre 1987 (tre) (G.U., 1 a s.s.,n. 17 del 1988); Pret. Firenze ...Source: Il Foro Italiano, Vol. 112, PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE(1989), pp. 617/618-621/622Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23183830 .
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
404/88, id., 1988, I, 2515). E a tale esigenza si connette anche
il peculiare regime dell'equo canone, quantificato con riferimento
a parametri oggettivi, giacché con esso si determina, nell'ambito
delle locazioni abitative, una sostanziale indifferenza della perso na del conduttore ai fini della redditività dell'immobile, e quindi un ridotto interesse del locatore a far cessare il rapporto.
Ora, è da notare che la suddetta esigenza è stata ritenuta da
questa corte meritevole di una specifica tutela essenzialmente in
ragione della grave situazione del settore dell'edilizia abitativa —
caratterizzato dalla carenza di offerta di alloggi e conseguente mente dalla debolezza contrattuale della categoria dei conduttori — nella quale è intervenuta la 1. n. 392 del 1978 (sent. 251/83, cit.).
Ma, pur a distanza di vari anni, le ragioni socio-economiche
della detta specifica protezione non appaiono, ad un esame obiet
tivo, essere oggi modificate al punto tale da evidenziare la man
canza del presupposto di fatto assunto dal legislatore, ovvero il
contrasto fra la disciplina adottata e la Costituzione per ingiusti ficata compressione degli interessi costituzionalmente protetti dei
quali è lamentata la lesione.
Se, poi, la disciplina in esame sia o no pienamente adeguata all'attuazione degli scopi sociali da essa perseguiti — piena ade
guatezza che il giudice a quo sembra contestare, richiamando il
parametro dell'art. 47 Cost., sulla base della considerazione che
la disciplina stessa non contribuisce ad eliminare la situazione
anomala del mercato degli alloggi, che è la causa del disagio della
categoria dei conduttori, ed anzi concorre a perpetuarla — è pro blema che non può essere risolto se non mediante una valutazio
ne che questa corte non può operare. Anche se non può esimersi
dal notare come gli scopi sociali (di rimedio) cui è diretta la nor
mativa stessa possano essere perseguiti anche mediante discipline
diverse, finalizzate alla eliminazione del disagio della categoria dei conduttori, nel quadro di un intervento globale sui settori
dell'edilizia pubblica e privata (postulato dal legislatore del 1978:
cfr. sent. n. 252 del 1983, cit.), idoneo ad incrementare l'offerta
di alloggi a canoni economicamente sopportabili. 4. - La disciplina transitoria delle locazioni abitative in corso
alla data di entrata in vigore della 1. n. 392 del 1978 consiste,
per le locazioni già soggette a proroga in base alla previgente
legislazione, nella previsione di un ulteriore periodo di durata (di
quattro anni) con decorrenza variabile a seconda dell'epoca di
stipulazione del contratto (art. 58). Per le locazioni non comprese nel previgente regime di vincolo (in ragione della data di scaden
za convenzionale successiva al 30 luglio 1978 ovvero perché il
reddito del conduttore eccedeva i limiti fissati per il godimento della proroga legale) è invece riconosciuta la durata quadriennale stabilita dall'art. 1 in regime ordinario, dalla quale va tuttavia
detratto il periodo già decorso dall'inizio della locazione o dalla
data dell'ultimo rinnovo (art. 65).
Orbene, per negare fondatezza alla censura mossa alla detta
disciplina dal giudice a quo, in riferimento ai già ricordati para
metri, è sufficiente ricordare che questa corte più volte ha quali ficato il regime transitorio dettato dalla 1. n. 392 del 1978 come
soluzione tecnica di saldatura tra legislazione vincolistica e nuova
legge organica sulle locazioni, destinata a fungere da ponte tra
i due contrapposti sistemi (sent. 32/80, cit. e 281/84, id., 1985,
I, 663), sottolineando l'esigenza di regolare gradualmente il pas
saggio della grande massa dei contratti in corso nell'ambito delle
nuove regole ordinarie (sent. 89/84, id., 1984, I, 1450). Né siffatta disciplina transitoria può essere ritenuta non equili
brata, in pregiudizio della categoria dei locatori, in quanto, a
controbilanciare l'ulteriore durata ex lege dei rapporti in corso,
è stato introdotto, a vantaggio dei locatori (derivandolo dall'a
zione di cessazione dalla proroga legale o di decadenza da questa,
tipica del regime vincolistico: art. 3, 4 e 10 1. 23 maggio 1950
n. 253) l'istituto del recesso anticipato dalla locazione per le tas
sative ragioni di cui all'art. 59 (del quale non godono i locatori
nel regime ordinario: sent. 251/83, cit.). E tale istituto, origina
riamente limitato alle locazioni già soggette a proroga di cui al
l'art. 58, è stato successivamente esteso anche alle locazioni non
prorogate di cui all'art. 65 per effetto delle sentenze n. 22/80
(id., 1980, I, 553) e n. 250/83 (id., 1983, I, 2636), mediante le
quali la corte ha assicurato in ogni caso tutela alle specifiche esi
genze recuperatorie del locatore nella fase di protrazione coattiva.
La questione è pertanto non fondata.
5. - Venendo all'esame della censura mossa all'art. 60 1. n.
392 del 1978, osserva la corte che le previsioni nella detta norma
racchiuse costituiscono un momento essenziale della disciplina del
II Foro Italiano — 1989.
l'istituto del recesso regolato dal precedente art. 59, in quanto la comminatoria di sanzioni (ripristinamento del contratto, risar
cimento del danno, sanzione pecuniaria da devolvere al fondo
sociale), per il caso di mancata destinazione dell'immobile all'uso
del quale è stata prospettata la necessità, ha la primaria funzione
preventiva di costituire una remora al ricorso abusivo, pretestuo so o addirittura fraudolento al recesso (sent. 48/80, id., 1980,
I, 1561; relativa ad analoga disciplina accessoria dell'azione di
cessazione della proroga legale contenuta dall'art. 8 1. n. 253 del
1950), sicché non aggrava la posizione dei locatori che del recesso
si siano avvalsi per effettive esigenze. Né la posizione dei locatori può ritenersi sacrificata senza ra
gione dalla previsione di un termine fisso, entro il quale dare
attuazione alla destinazione prospettata ai fini del recesso, poiché l'omessa destinazione nel termine è soltanto considerata dalla legge come criterio per la valutazione della serietà o, viceversa, della
pretestuosità del motivo di necessità fatto valere. Ciò che è dimo
strato dalla costante interpretazione giurisprudenziale, secondo la
quale il comportamento successivo assume tale significato solo
se imputabile (a titolo di dolo o di colpa) al locatore.
Anche tale questione è pertanto non fondata.
Per questi motivi, la Corte costituzionale dichiara non fondate
le questioni di legittimità costituzionale, in riferimento agli art.
3, 10, 42 e 47 Cost., della 1. 27 luglio 1978 n. 392 (disciplina delle locazioni di immobili urbani) nel suo complesso, nonché
degli art. 59 e 60 della suddetta legge, come sollevate dall'ordi
nanza indicata in epigrafe.
CORTE COSTITUZIONALE; sentenza 6 dicembre 1988, n. 1060
(Gazzetta ufficiale, la serie speciale, 14 dicembre 1988, n. 50); Pres. Saia, Est. Greco; Inadel c. Mulè; e altri; interv. Pres.
cons, ministri (Aw. dello Stato D'Amato). Ord. Trib. Genova
1° ottobre 1987(tre) (G.U., la s.s., n. 7 del 1988); Trib. Firen
ze 9 novembre 1987 (G.U., la s.s., n. 5 del 1988); Trib. Parma
26 novembre 1987 (tre) (G.U., la s.s., n. 17 del 1988); Pret.
Firenze 26 novembre 1987 (G.U., la s.s., n. 23 del 1988); Pret.
Genova 11 dicembre 1987 (G.U., la s.s., n. 14 del 1988); Pret.
Parma 25 febbraio 1988 (tre) (G.U., la s.s., n. 22 del 1988).
Impiegato degli enti locali — Indennità premio di servizio — Ri
liquidazione — Interessi — Esclusione — Incostituzionalità
(Cost., art. 3; d.l. 31 agosto 1987 n. 359, provvedimenti urgen ti per la finanza locale, art. 23; 1. 29 ottobre 1987 n. 440, con
versione in legge, con modificazioni, del d.l. 31 agosto 1987
n. 359). Impiegato degli enti locali — Indennità premio di servizio — Ri
liquidazione — Rivalutazione monetaria — Esclusione — Que stione infondata di costituzionalità (Cost., art. 3, 24, 36, 38,
97, 113; d.l. 31 agosto 1987 n. 359, art. 23; 1. 29 ottobre 1987
n. 440). Impiegato degli enti locali — Indennità premio di servizio — Ri
liquidazione — Successione di decreti-legge non convertiti —
Salvezza degli effetti — Questione infondata di costituzionalità
(Cost., art. 77; d.l. 31 agosto 1987 n. 359, art. 30; 1. 29 ottobre
1987 n. 440).
È illegittimo, per violazione dell'art. 3 Cost., l'art. 23, 4° com
ma, d.l. 31 agosto 1987 n. 359, convertito in l. 29 ottobre 1987
n. 440, nella parte in cui dispone che «le somme dovute a titolo
di riliquidazione dell'indennità premio di servizio non danno luogo a corresponsione di interessi». (1)
(1-2) Sulla disciplina dettata dal d.l. 359/87, v. Cass. 26 novembre 1988, n. 6390, e Pret. Lodi 27 marzo 1987, in questo fascicolo, I, con nota
di richiami, sulla indennità premio di servizio, fra cui si segnala Cass.
3469/88 in punto di debenza e decorrenza di interessi e rivalutazione a
carico dell'lnadel per tardivo pagamento dell'indennità.
Fra le ordinanze di rimessione, Trib. Genova 1° ottobre 1987, Inadel
c. Queirolo, è riportata, id., 1988, I, 1019, con nota di richiami.
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PARTE PRIMA
È infondata, stante la natura eccezionale e la finalità della dispo
sizione, la questione di legittimità costituzionale dell'art. 23,
4° comma, d.l. 31 agosto 1987 n. 359, convertito in l. 29 otto
bre 1987 n. 440, nella parte in cui dispone che «le somme do
vute a titolo di riliquidazione dell'indennità premio di servizio
non danno luogo ... a rivalutazione monetaria», in riferimen
to agli art. 3, 24, 36, 38, 97 e 113 Cost. (2) È infondata, essendo avvenuta la conversione in legge del decreto
legge, la questione di legittimità costituzionale dell'art. 30 d.l.
31 agosto 1987 n. 359, convertito in l. 29 ottobre 1987 n. 440,
secondo cui sono validi gli atti ed i provvedimenti adottati e
sono fatti salvi gli effetti prodotti ed i rapporti giuridici sorti sulla base di precedenti decreti legge non convertiti in materia
di provvedimenti urgenti per la finanza locale, in riferimento all'art. 77 Cost. (3)
Diritto. — 1. - Il Tribunale di Genova (r.o. nn. 37, 38, 39
del 1988) dubita della legittimità costituzionale dell'art. 30 d.l.
31 agosto 1987 n. 359, convertito con modificazioni in 1. 29 otto
bre 1987 n. 440, secondo cui restano validi gli atti ed i provvedi menti adottati e sono fatti salvi gli effetti prodotti ed i rapporti
giuridici sorti sulla base dei d.l. 30 dicembre 1986 n. 922, 2 mar
zo 1987 n. 55, 2 maggio 1987 n. 167 e 30 giugno 1987, n. 256,
per violazione dell'art. 77 Cost., in quanto i rapporti giuridici
in definitiva restano regolati da un decreto-legge anziché da una
legge e perché, non ricorrendo i requisiti di necessità ed urgenza,
si ha un caso di appropriazione da parte del governo del potere di conversione spettante al parlamento e, quindi, una alterazione
della stessa forma di governo parlamentare prevista dalla Costi
tuzione.
1.1. - La questione non è fondata.
Essendo avvenuta la conversione in legge del decreto-legge, tutta
la materia de qua resta regolata dalla legge e non più dal decreto
legge. 2. - È, inoltre, sottoposta all'esame di questa corte la questio
ne di legittimità costituzionale del 4° comma, ultima parte, del
l'art. 23 d.l. 31 agosto 1987 n. 359, convertito, con modificazio
ni, in 1. 29 ottobre 1987 n. 440, il quale dispone che «le somme
dovute a titolo di riliquidazione dell'indennità premio di servizio
non danno luogo a corresponsione di interessi e rivalutazione»,
sollevata dal Tribunale di Genova (r.o. nn. 37, 38, 39 del 1988), dal Tribunale di Parma (r.o. nn. 135, 136, 137 del 1988), dal
Pretore di Parma (r.o. nn. 212, 213, 214 del 1988), dal Pretore
di Firenze (r.o. n. 226 del 1988), con riferimento:
a) all'art. 3 Cost., in quanto il credito de quo risulterebbe di
scriminato rispetto a ogni altro credito previdenziale, legalmente
produttivo di interessi e, eventualmente, di maggior danno ex art.
1224 c.c., o di rivalutazione monetaria in base al principio che
trova conferma anche nell'ambito previdenziale negli art. 46 e
47 d.p.r. 30 aprile 1970 n. 639, risultando, per di più, vanificati i diritti già acquisiti da parte dei creditori di prestazioni liquide ed esigibili di un ente previdenziale;
b) agli art. 24 e 113 Cost. (Tribunale di Genova: r.o. nn. 37,
38 e 39 del 1988) in quanto, senza giustificato motivo, risultereb
be limitato il diritto di difesa di una categoria di cittadini alla
quale è preclusa la possibilità di ottenere qualsiasi tipo di risarci
mento danni per inadempimento dell'Inadel;
c) all'art. 36 Cost. (Pretura di Firenze: r.o. n. 226 del 1988
e Pretura di Parma: r.o. nn. 212, 213, 214 del 1988) in quanto si provvederebbe in modo inadeguato alle esigenze relative alla
vecchiaia dei lavoratori mediante erogazione previdenziale tardi
va e non rivalutata e perché il legislatore inciderebbe su diritti
quesiti con interventi irrazionali ed arbitrari frustrandosi anche
l'affidamento dei cittadini nella certezza giuridica;
d) all'art. 36 Cost. (Pretura di Parma: r.o. nn. 212, 213, 214
del 1988) perché anche la retribuzione differita, ai fini previden
ziali, corrisposta alla cessazione del rapporto sotto forma di trat
tamento di liquidazione e quiescenza, farebbe parte del patrimo nio del lavoratore e, quindi, della complessiva situazione giuridi ca tutelata dal citato precetto costituzionale;
(3) Sulla reiterazione di decreti legge non convertiti e relativa proble matica, v. Corte cost. 10 marzo 1988, n. 302 e Trib. Genova 1° ottobre
1987, Foro it., 1988, I, 1017, con nota di richiami.
Il Foro Italiano — 1989.
e) all'art. 97 Cost. (Tribunale di Parma: r.o. nn. 135, 136,
137 del 1988; Pretura di Parma: r.o. nn. 212, 213, 214 del 1988)
perché l'esonero dell'Inadel dal risarcimento del danno per svalu
tazione monetaria e dal pagamento degli interessi farebbe venir
meno l'unica sanzione che può costituire remora al ritardo nel
pagamento e, quindi, idonea a garantire il buon funzionamento
dell'ente.
3. - È preliminare l'esame delle eccezioni di inammissibilità sol
levate dall'avvocatura generale dello Stato.
Si è rilevato che in alcune ordinanze (r.o. nn. 37, 38, 39/88) non viene chiarito se la rivalutazione si riferisca anche alle som
me dovute successivamente al 31 gennaio 1977; che, inoltre, in
primo grado non è stata accolta la domanda di rivalutazione e
avverso la sentenza non è stato proposto appello sul punto, onde
l'irrilevanza della questione, per effetto della formazione del giu
dicato contrario; e, inoltre, nell'ordinanza n. 13 del 1988 manca
la motivazione sulla rilevanza né risultano il periodo e il titolo
per i quali è stata richiesta la liquidazione del maggior danno
commisurato alla svalutazione; in altre ordinanze (r.o. nn. 226,
112, 135, 136, 137 del 1988) non si è precisato se si tratti di adem
pimento o di risarcimento e se sia stata proposta o meno la do
manda di risarcimento per comportamento colposo dell'Inadel.
3.1. - Le eccezioni non possono avere accoglimento.
Invero, dei fatti esposti non vi è puntuale riscontro nell'ogget
to dei vari giudizi, tutti concernenti la riliquidazione della inden
nità premio di servizio e l'opposizione alla pretesa dell'Inadel di
corrisponderla senza la maggiorazione della rivalutazione e degli
interessi, fondata nella norma denunciata per sospetta illegittimi
tà costituzionale.
4. - Nel merito la questione è, sia pure solo in parte, fondata.
Anzitutto, si richiama l'indirizzo giurisprudenziale di questa corte
(sent. n. 408 del 1988, Foro it., 1988, I, 2127) secondo cui, per i crediti previdenziali, a differenza dei crediti di lavoro privato
(per i crediti di lavoro dei dipendenti statali vigono i principi af
fermati nella sentenza n. 52/86, id., 1986, I, 857), non trova ap
plicazione l'art. 429 c.p.c. ma piuttosto l'art. 1224, 2° comma,
c.c. Secondo detto articolo, occorre la domanda di pagamento del maggior danno e la dimostrazione del pregiudizio patrimonia le risentito, per cui assumono rilevanza le condizioni e le qualità
personali del creditore idonee a fondare presunzioni a suo favo
re; tra le dette condizioni personali va considerata la qualità di
pensionato, non isolatamente, però, ma nel contesto globale del
la sua situazione (capacità economica, condizioni di vita persona li e familiari) e delle sue peculiari necessità in modo che si possa determinare la concreta destinazione delle somme spettantegli.
Si deve, però, considerare che l'art. 23 ora censurato è stato
emanato per sanare la situazione finanziaria venutasi a creare in
seguito alla sentenza di questa corte n. 236 del 1986 (id., 1987,
I, 4), la quale, risolvendo i dubbi interpretativi cui avevano dato
luogo in tutti i gradi di giurisdizione le disposizioni regolatrici della indennità premio di servizio a seguito dell'entrata in vigore della 1. n. 297 del 1982 e dell'abolizione del congelamento dei
punti di contingenza, sanciva la inclusione dell'indennità integra tiva speciale nell'indennità premio di servizio, a partire dall'en
trata in vigore della predetta 1. n. 297 del 1982.
Per la mancata richiesta ai dipendenti di contributi e la loro
mancata riscossione da parte dell'Inadel, si era verificata una si
tuazione di «deficit» che rendeva estremamente precario il soddis
facimento delle pur legittime richieste di pagamento dell'indenni
tà maggiorata con l'inclusione suddetta.
Lo Stato, per porre termine ai ritardi e addirittura alla impos sibilità dei pagamenti, si è assunto l'onere dei contributi previ denziali per il quadriennio 1982-1986, mentre j dipendenti solo
all'atto della liquidazione venivano a subire la decurtazione dalla
somma loro spettante della quota di contributi da essi dovuta, in un'unica soluzione ma senza corresponsione di interessi.
Trattasi, quindi, di una norma eccezionale, di durata tempora nea (solo un quadriennio) e, soprattutto, di una valutazione legis lativa non arbitraria e sufficientemente razionale, il che deve in
durre l'istituto previdenziale ad una rapida definizione delle pen denze. Inoltre, non sono affatto omogenee le situazioni poste a
raffronto dai giudici a quibus, quella in esame, assolutamente
eccezionale, straordinaria e transitoria, e quella, ordinaria, di un
comune pagamento di un credito previdenziale. Basta l'indubbia situazione di incertezza, verificatasi in ordine
all'interpretazione dell'articolo censurato a giustificare il compor
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
tamento dell'istituto previdenziale, tenuto, peraltro, ad osservare
anche il precetto costituzionale del buon andamento dell'ammini
strazione (art. 97 Cost.). Nemmeno risultano violati gli art. 24 e 113 Cost., essendo quella
denunciata una norma di diritto sostanziale e non di natura pro
cessuale, per cui il diritto di difesa dei dipendenti non ne soffre
limitazioni o impedimenti. Inoltre, la riduzione del credito, non essendo eccessiva, non
incide sulle condizioni poste dagli art. 36 e 38 Cost.
Per quanto riguarda gli interessi, va osservato, anzitutto, che, sia secondo quanto già ritenuto da questa corte (sent. 408/88,
cit.), sia secondo l'indirizzo giurisprudenziale della stessa Corte
di cassazione, la relativa tematica è autonoma rispetto a quella della rivalutazione. La decorrenza dei termini di pagamento de
termina automaticamente la mora dell'istituto. I tempi del mec
canismo di liquidazione della prestazione sono prefissati per leg
ge, decorrenti dalla richiesta del dipendente, pur in assenza del
l'emissione del mandato di pagamento. Pertanto, la previsione della corresponsione di interessi non è razionale e crea discrimi
nazioni e disparità di trattamento ingiustificate con gli altri credi
tori degli istituti previdenziali. Risulta, cosi, violato l'art. 3 Cost.
La violazione degli altri articoli (24, 113, 36, 38, 97 Cost.) ri mane assorbita.
Per questi motivi, la Corte costituzionale, riuniti i ricorsi: a) dichiara la illegittimità costituzionale dell'art. 23, 4° comma, d.l.
31 agosto 1987 n. 359 (provvedimenti urgenti per la finanza loca
le), convertito in 1. 29 ottobre 1987 n. 440, nella parte in cui
dispone che «le somme dovute a titolo di riliquidazione dell'in
dennità premio di servizio non danno luogo a corresponsione di
interessi»; b) dichiara non fondata la questione di legittimità co
stituzionale dell'art. 23, 4° comma, d.l. 31 agosto 1987 n. 359,
convertito in 1. 29 ottobre 1987 n. 440, nella parte in cui dispone che «le somme dovute a titolo di riliquidazione delle indennità
premio di servizio non danno luogo ... a rivalutazione moneta
ria», sollevata, in riferimento agli art. 3, 24, 36, 38, 97 e 113
Cost., dai Tribunali di Parma, Genova e Firenze nonché dai Pre
tori di Parma, di Firenze, di Genova, con le ordinanze in epigra
fe; c) dichiara non fondata la questione di legittimità costituzio
nale dell'art. 30 d.l. 31 agosto 1987 n. 359, convertito in 1. 29
ottobre 1987 n. 440, sollevata, in riferimento all'art. 77 Cost.,
dal Tribunale di Genova.
CORTE COSTITUZIONALE; sentenza 30 novembre 1988, n. 1042
(iGazzetta ufficiale, la serie speciale, 7 dicembre 1988, n. 49);
Pres. Saja, Est. Mengoni; Pres. cons, ministri (Avv. dello Sta
to Laporta) c. Regione Emilia-Romagna (Avv. Ferrari).
Regione — Emilia-Romagna — Visite mediche preventive e pe
riodiche — Disciplina regionale — Incostituzionalità (Cost., art.
117; d.p.r. 19 marzo 1956 n. 303, norme generali per l'igiene del lavoro, art. 4, 5, 33; 1. 20 maggio 1970 n. 300, norme sulla
tutela della libertà e dignità dei lavoratori, della libertà sinda
cale e dell'attività sindacale nei luoghi di lavoro e norme sul
collocamento, art. 5, 9; 1. 23 dicembre 1978 n. 833, istituzione
del servizio sanitario nazionale, art. 4, 6, 14, 24; 1. reg. Emilia
Romagna 13 gennaio 1988 n. 131, visite mediche preventive e periodiche a particolari categorie dei lavoratori. Modificazio
ne della 1. reg. 22 ottobre 1979 n. 33, art. unico).
È illegittimo l'art, unico l. reg. Emilia-Romagna 13 gennaio 1988
n. 131, il quale, in contrasto con la disciplina dell'art. 33 d.p.r.
303 del 1956, stabilisce che se i lavoratori, tramite le rappresen
tanze di cui all'art. 9 l. 300 del 1970, lo richiedano, i datori
di lavoro sono obbligati a provvedere alle visite mediche pre
ventive e periodiche previste dall'art. 33 cit. attraverso le unità
sanitarie locali e che queste ultime sono obbligate ad eseguire
gli accertamenti sanitari richiesti dai datori di lavoro. (1)
(1) La sentenza rimuove dall'ordinamento la 1. reg. Emilia-Romagna 13 gennaio 1988 n. 131, occasionata dalla nuova interpretazione dell'art.
33 d.p.r. 303 del 1956, in materia di visite mediche preventive e periodiche
Il Foro Italiano — 1989.
Diritto. — 1. - L'art, unico 1. 13 gennaio 1988 n. 131 della
regione Emilia-Romagna, sostitutivo dell'art. 10 1. reg. n. 33 del
1979 sulla «tutela della salute nei luoghi di lavoro», obbliga i
datori di lavoro a provvedere alle visite mediche preventive e pe riodiche obbligatorie, previste dall'art. 33 d.p.r. 19 marzo 1956
n. 303 («norme generali per l'igiene del lavoro»), «tramite le uni
tà sanitarie locali», qualora «nell'ambito delle facoltà di cui al
l'art. 9 1. 20 maggio 1970 n. 300 i lavoratori lo richiedano me
diante le proprie rappresentanze» (2° comma), e stabilisce altresì'
l'obbligo delle Usi di eseguire gli accertamenti sanitari richiesti
dal datore di lavoro (3° comma). Segue la previsione di specifici
obblighi reciproci di informazione tra le Usi e i medici incaricati
di effettuare gli accertamenti, nonché di obblighi di comunicazio
ne dei datori di lavoro verso le Usi. Infine i commi 7°, 8° e
9° prevedono l'adozione, da parte della giunta regionale, di sche
mi di convenzione rispettivamente tra unità sanitaria locale e da
tori di lavoro, per fissare le modalità tecnico-organizzative dei
detti accertamenti e gli oneri finanziari a carico dell'imprendito
re, e tra unità sanitaria locale e medici liberi professionisti «da
stipulare nel caso in cui il competente servizio della U.s.l. non
possa corrispondere alle richieste pervenute mediante medici a rap
porto di impiego da essa dipendenti». Il governo della repubblica ha impugnato questa legge chieden
done la dichiarazione di illegittimità costituzionale «per indebita
interferenza con la normativa nazionale» di cui agli art. 4, 5 e
33 d.p.r. 303 del 1956, in contrasto con gli art. 4, n. 2, 6, lett.
ni), e 24 1. n. 833 del 1978, ai sensi dei quali la disciplina generale relativa all'igiene e alla sicurezza nei luoghi di lavoro è riservata
allo Stato al fine di «assicurare condizioni e garanzie di salute
uniformi per tutto il territorio nazionale».
2. - Il ricorso è fondato.
A parte ogni considerazione di merito, che in questa sede non
può trovare ingresso, è innegabile che la legge regionale impu
gnata non si limita a interpretare, specificandone le modalità or
ganizzative ed esecutive, la disciplina statale nella materia de qua, bensì' la modifica incisivamente, creando per la regione Emilia
Romagna condizioni e modi difformi di tutela della salute nei
luoghi di lavoro.
In presenza della richiesta dei lavoratori, prevista nel 2° com
ma, il datore di lavoro viene privato della facoltà, attribuitagli
dall'art. 33 d.p.r. n. 303 del 1956, di scegliere «un medico com
petente» per l'adempimento dell'obbligo di sottoporre a visite me
diche preventive e periodiche i lavoratori addetti a lavorazioni
industriali che espongono all'azione di sostanze tossiche o infet
tanti o comunque nocive. Né si può dire che il potere attribuito
ai lavoratori, mediante le loro rappresentanze, di obbligare il da
tore a far eseguire le visite mediche «tramite l'unità sanitaria lo
cale» si giustifica «nell'ambito delle facoltà di cui all'art. 9 1.
n. 300 del 1970». La norma dello statuto dei lavoratori attribui
prescritte per alcune lavorazioni industriali, fornita da Cass. 21 aprile
1986, n. 2799, Foro it., 1986, I, 2158, con nota di richiami, e 2790, con nota di R. Guariniello, Al tramonto il medico di fabbrica? Tale decisione è anche riportata in Giust. civ., 1986, I, 2149, con nota di P.
Ghinoy, Visite mediche periodiche obbligatorie e art. 5 dello statuto dei
lavoratori, in Orient, giur. lav., 1986, 921, con nota di A. Minzioni, Sulla competenza ad effettuare le visite mediche obbligatorie; in Mass.
giur. lav., 1986, 487, con nota di A. Lorusso, Controlli periodici obbli
gatori sulla salute del lavoratore e art. 5 della l. 20 maggio 1970 n. 300\ in Riv. giur. lav., 1987, II, 105, con nota di M. Granato. Ha pure occa
sionato lo scritto di L. Orga, Sulla designazione del medico di fabbrica, in Mass. giur. lav., 1987, 127.
Va segnalato che Corte cost. 1042/88 in rassegna non prende posizione circa l'interpretazione dell'art. 33 cit., limitandosi a dare atto del contra
sto della legge regionale con la legge statale esistente in ogni caso, e cioè
sia approdandosi ai risultati esegetici di Cass. 2799/86, cit. (è però signi ficativo che tale pronuncia non venga invocata come diritto vivente, forse
perché contraddetta dalla giurisprudenza di legittimità precedente, e che
invece sia sottolineato che «altro è l'efficacia della sentenza, e altro l'effi
cacia della legge»), sia opinandosi diversamente.
Va anche notato come nella decisione sopra riportata non sia indicata
la norma della Costituzione violata.
In tema di art. 33 cit., cfr., da ultimo, Cass. 5 novembre 1987, n.
8120, Foro it., Rep. 1987, voce Lavoro (rapporto), n. 2094, che ha tra
l'altro ribadito la sindacabilità giudiziale degli accertamenti sanitari effet
tuati. [L. de Angelis]
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