sentenza 6 luglio 1989, n. 370 (Gazzetta ufficiale, 1 a serie speciale, 12 luglio 1989, n. 28); Pres.Saja, Est. Greco; imp. Girardi; interv. Regione Friuli-Venezia Giulia (Avv. Pacia). Ord. Pret.Latisana 8 novembre 1988 (G.U., 1 a s.s., n. 3 del 1989)Source: Il Foro Italiano, Vol. 113, PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE(1990), pp. 57/58-61/62Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23184435 .
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
c.p. mil. pace, nella misura di sei mesi nel minimo e di due anni
nel massimo.
7. - Alcune ordinanze di rimessione, come ricordato in narrati
va, propongono anche questioni di legittimità costituzionale del
l'art. 27 c.p. mil. pace, in riferimento all'art. 3 Cost.
La questione non è fondata. L'art. 27 c.p. mil. pace non risul
ta lesivo dell'art. 3 Cost. Non è irrazionale che alla pena della
reclusione (non militare) inflitta o da infliggere a militari, per reati militari, sia sostituita la pena della reclusione militare di
egual durata: né è irrazionale l'eccezione, stabilita dallo stesso
art. 27 c.p. mil. pace, per l'ipotesi della condanna che importi la degradazione.
Va aggiunto che la maggioranza della dottrina fa leva sul mec
canismo dell'art. 27 c.p. mil. pace per riequilibrare quello che, a parere della stessa dottrina, costituirebbe una «svista» del legis latore: questi, infatti, commina, nel 2° comma dell'art. 8 della
legge in esame, la pena della reclusione comune per un reato mi
litare commesso da militare. Comunque, quali che siano le con
clusioni in ordine a quella che, secondo la dottrina, costituirebbe
«svista» del legislatore nel 2° comma dell'art. 8, certo è che l'art.
27 c.p. mil. pace non è manifestamente irrazionale.
Per questi motivi, la Corte costituzionale riuniti i giudizi: dichiara l'illegittimità costituzionale dell'art. 8, 2° comma, 1.
15 dicembre 1972 n. 772 (norme per il riconoscimento delle obie
zioni di coscienza) come sostituito dall'art. 2 1. 24 dicembre 1974
n. 695 (modifiche agli art. 2 e 8 1. 15 dicembre 1972 n. 772,
recante norme per il riconoscimento dell'obiezione di coscienza), nella parte in cui determina la pena edittale ivi comminata nella
misura minima di due anni anziché in quella di sei mesi e nella
misura massima di quattro anni anziché in quella di due anni;
dichiara non fondate le altre questioni di legittimità costitu
zionale relative all'art. 8, 2°, 3° ed ultimo comma, 1. 15 dicembre
1972 n. 772 come sostituito dall'art. 2 1. 24 dicembre 1974 n.
695, sollevate, in riferimento agli art. 2, 3, 13, 25, 2° comma
27, 1° e 3° comma, e 103, ultimo comma, Cost., dal Tribunale
militare di Napoli con cinque ordinanze del 5 maggio 1988 (reg. ord. nn. 459, 466, 467, 468 e 469/88) nonché con ordinanze del
12 maggio 1988 (reg. ord. n. 470/88) 29 giugno 1988 (reg. ord.
n. 471/88) e 14 luglio 1988 (reg. ord. n. 472/88); dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale
dell'art. 27 c.p. mil. pace, sollevata in riferimento all'art. 3 Cost.,
con le ordinanze del 12 maggio, 29 giugno e 14 luglio del 1988
dal Tribunale militare di Napoli.
CORTE COSTITUZIONALE; sentenza 6 luglio 1989, n. 370 (Gaz
zetta ufficiale, la serie speciale, 12 luglio 1989, n. 28); Pres.
Saja, Est. Greco; imp. Girardi; interv. Regione Friuli-Venezia
Giulia (Avv. Pacia). Ord. Pret. Latisana 8 novembre 1988
(G.U., la s.s., n. 3 del 1989).
Friuli-Venezia Giulia — Rifiuti tossici e nocivi — Ammasso tem
poraneo all'interno degli stabilimenti — Autorizzazione regio nale — Necessità — Esclusione — Incostituzionalità (Cost., art.
25, 116; d.p.r. 10 settembre 1982 n. 915, attuazione delle diret
tive (Cee) n. 75/442 relativa ai rifiuti, n. 76/403 relativa allo
smaltimento dei policlorodifenili e dei policlorotrifenili e n.
78/319 relativa ai rifiuti tossici e nocivi, art. 16, 26; 1. reg.
Friuli-Venezia Giulia 7 settembre 1987 n. 30, norme regionali
relative allo smaltimento dei rifiuti, art. 15).
È illegittimo, per violazione degli art. 116 e 25 Cost., l'art. 15,
5° comma, l. reg. Friuli-Venezia Giulia 7 settembre 1987 n.
30, che esclude la necessità dell'autorizzazione regionale per
l'ammasso temporaneo, nella stessa azienda produttrice, di ri
fiuti tossici e nocivi. (1)
(1) Il Pretore di Latisana ha sollevato questione di costituzionalità del
l'art. 15, 5° comma, 1. reg. Friuli-Venezia Giulia n. 30 del 1987, che
esclude l'obbligo di chiedere l'autorizzazione regionale per l'ammasso tem
poraneo di rifiuti tossici e nocivi effettuato all'interno delle stesse azien
II Foro Italiano — 1990.
Fatto. — 1. - Girardi Giacomo, quale legale rappresentante della ditta «Ceramiche Girardi s.p.a.», è imputato dal reato pre visto dall'art. 26 d.p.r. 10 settembre 1982 n. 915, per avere tenu
to presso la sede dello stabilimento sociale, in stoccaggio provvi
sorio, rifiuti tossici e nocivi provenienti dalle lavorazioni ivi ese
de produttrici «quando sia contenuto nei limiti quantitativi fissati in ap posito regolamento»: la corte ha ritenuto fondata tale eccezione, in quan to «la disposizione impugnata contrasta con la norma contenuta nell'art.
16, 1° comma, d.p.r. 10 settembre 1982 n. 915, producendo un'ingiustifi cata differenziazione della disciplina penale generale».
La decisione qui riportata, pur senza aver approfondito particolarmen te la questione relativa allo stoccaggio in azienda dei rifiuti tossici e noci
vi, va segnalata perché, al fine di dichiarare illegittima la norma regiona le, ha accolto, come logico presupposto, l'interpretazione dell'art. 16 d.p.r. n. 915 secondo cui è sempre richiesta l'apposita autorizzazione per lo
stoccaggio provvisorio di rifiuti tossici e nocivi senza distinguere tra quel lo effettuato direttamente presso l'azienda che produce i rifiuti e quello effettuato altrove o da terzi. Si è infatti sostenuto che «in tutte e due le ipotesi ricorre quella pericolosità che la legge vuole evitare» e che sussi
ste la medesima pericolosità anche se i rifiuti «siano destinati ad essere immediatamente impiegati in un diverso ciclo produttivo nella stessa an zienda anziché essere smaltiti come tali». I principi enunciati sono di estremo
interesse sia perché risolvono in senso rigoroso per la tutela dell'ambiente la questione relativa allo stoccaggio dei rifiuti tossici anche all'interno della stessa azienda sia perché ribadiscono il concetto, già affermato da altre decisioni di merito e di legittimità, che la nozione di rifiuto, cioè
delle «cose od oggetti abbandonati», non è incompatibile con la possibile riutilizzazione delle stesse cose, anche quando il reimpiego avvenga ad
opera dell'azienda che ha «prodotto» i rifiuti.
Va segnalato che una questione di costituzionalità, analoga a quella sollevata dal Pretore di Latisana, è stata posta anche da Pret. Vicenza
(ord. 22 febbraio 1989, G.U., la s.s., 20 settembre 1989, n. 38) e da
Pret. Verona, sez. distaccata di Caprino Veronese (ord. 22 luglio 1989,
id., 25 ottobre 1989, n. 43), entrambe riguardanti l'art. 61 1. reg. Veneto
16 aprile 1985 n. 33 che esclude dall'obbligo dell'autorizzazione lo stoc
caggio provvisorio di rifiuti tossici e nocivi presso il produttore. In tema, v. anche l'ordinanza 3 luglio 1989 di Pret. Verona, sez. di
staccata di Isola della Scala (id., 20 settembre 1989, n. 38), con cui è
stata eccepita l'incostituzionalità degli art. 5, 1° comma, e 9 octies, 3°
comma, 1. 9 novembre 1988 n. 475, nella parte in cui sanzionano penal mente l'omessa comunicazione al ministero dell'ambiente e alla regione nei termini prescritti ovvero l'infedele ed incompleta comunicazione dei
dati di cui al decreto del ministero dell'ambiente 22 settembre 1988 per violazione degli art. 24 e 25 Cost.
V., in ordine alla normativa da ultimo citata, Corte cost. 6 giugno 1989, n. 324 (id., 14 giugno 1989, n. 24) che ha respinto il ricorso presen tato dalla provincia autonoma di Trento che censurava la legge statale
n. 475 del 1988 come invasiva delle competenze ad essa provincia assegnate. Sul problema specifico dello stoccaggio dei rifiuti tossici e nocivi, v.,
in senso contrario all'interpretazione fatta propria dalla Corte costituzio
nale, Pret. Vicenza 27 settembre 1984 e Pret. Bassano del Grappa 16
novembre 1984, Foro it., Rep. 1986, voce Sanità pubblica, nn. 230-234
e Cass, pen., 1985, 1931 e 1934, con nota di F. Giampietro, Autorizza
zione allo stoccaggio provvisorio dei rifiuti tossici e nocivi all'interno del
l'insediamento produttivo: profili amministrativi e penali; in senso con
forme, v., oltre Pret. Roma 18 maggio 1988 (inedita) e Pret. Sampierda rena 3 marzo 1988 (inedita), citate nella nota di richiami a Pret. Milano
29 marzo 1988 (che ha ritenuto sottoposta all'obbligo dell'autorizzazione
regionale anche l'attività di intermediazione nello smaltimento dei rifiu
ti), Foro it., 1989, II, 291; Pret. Rimini 13 luglio 1989, giud. Talia, imp. Addeo (inedita), che ha ritenuto di distinguere lo stoccaggio provvisorio dal c.d. accumulo temporaneo per il quale non è necessaria l'autorizza
zione, intendendo il concetto di accumulo come «... quell'attività di
ammasso precario, accompagnata anche da operazioni tecniche di caute
la, svolte sotto il diretto controllo e la responsabilità del produttore del
rifiuto che per essere finalizzata, nel limite di una ragionevole immedia
tezza, al suo conferimento a terzi, costituisce il risultato finale della 'pro duzione' del rifiuto, in attesa del suo smaltimento»; inoltre Pret. Sestri
Ponente 28 aprile 1989, giud. Mazza Galanti, imp. Lancella (inedita), secondo cui «deve essere in particolare tenuto presente che né il menzio
nato art. 16 né altra norma autorizza a ritenere che il concetto di stoccag
gio provvisorio riguardi solo gli impianti di trattamento e non si applichi
quindi all'accantonamento temporaneo dei rifiuti tossici e nocivi».
Nel senso che «anche l'attività di concentrazione dei rifiuti per la suc
cessiva consegna a terzi, che provvedono agli ulteriori interventi di smal
timento, è soggetta all'autorizzazione regionale» (in fattispecie relativa
a smaltimento di rifiuti urbani), v. Cass. 22 marzo 1988, Gilardone (inedita). In tema di smaltimento dei rifiuti tossici e nocivi, in generale, v. F.
Giampietro, I rifiuti tossici e nocivi nel d.p.r. n. 915/82 e nella delibera
del comitato interministeriale del 4 marzo 1983, id., 1983, V, 201; v., da ultimo, Pret. Sestri Ponente 5 novembre 1988 ed altre cinque, id.,
1989, II, 261.
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PARTE PRIMA
guite e dall'impianto di abbattimento dei fumi, senza essere mu
nito dell'autorizzazione regionale obbligatoria ex art. 16 d.p.r. n. 915 del 1982. Detta norma prevede lo stoccaggio provvisorio dei rifiuti tossici e nocivi tra le fasi di smaltimento e subordina
il rilascio dell'autorizzazione dell'accertamento, tra l'altro, della
«rispondenza del sito e delle annesse attrezzature ai requisiti tec
nici prescritti», nonché la specificazione nel provvedimento dei
tipi e dei quantitativi massimi di rifiuti stoccabili. Essa, inoltre, impone l'obbligo dell'autorizzazione regionale sen
za distinguere tra lo stoccaggio provvisorio, effettuato diretta
mente presso l'azienda che produce i rifiuti e quello effettuato
altrove o da terzi, atteso che le esigenze della tutela della salute
pubblica e della integrità del territorio sussistono in entrambi i
casi, secondo quanto risulta anche deli punti 2 e 3 della delibera
zione del 27 luglio 1984 del comitato interministeriale, previsto dall'art. 5 d.p.r. n. 915 del 1982, il quale esercita le funzioni
di competenza statale nella prima applicazione del suddetto decreto.
Invece, la regione Friuli-Venezia Giulia, con la 1. reg. 7 settem
bre 1987 n. 30, all'art. 15, 5° comma, ha previsto l'esclusione
dall'obbligo dell'autorizzazione per «l'ammasso temporaneo di
rifiuti tossici e nocivi effettuato dalle imprese nel corso dei rispet tivo cicli produttivi all'interno degli stabilimenti di produzione,
quando sia contenuto nei limiti quantitativi fissati dall'apposito
regolamento». Il pretore osserva anzitutto che la pericolosità sussiste anche
se i rifiuti prodotti sono destinati ad essere impiegati in un diver
so ciclo produttivo nella medesima azienda; che v'è identità fra
stoccaggio provvisorio e ammasso provvisorio, secondo quanto si ricava dalla stessa legge regionale, la quale non menziona af
fatto tra le fasi di smaltimento dei rifiuti soggette ad autorizza
zione quella dell'ammasso temporaneo di quantità superiore ai
limiti fissati dal regolamento. Secondo lo stesso pretore, l'art. 15, 5° comma, 1. reg. citata
è affetto da illegittimità costituzionale per violazione:
a) dell'art. 116 Cost., in quanto la materia dello smaltimento
dei rifiuti non rientra tra quelle per le quali è riconosciuta al
Friuli-Venezia Giulia una potestà legislativa esclusiva o concor
rente con quella statale: sicché la regione può dettare solo norme
integrative o attuative della disciplina statale, ai sensi dell'art.
6, ultimo comma, dello statuto speciale (1. cost. 31 gennaio 1983
n. 1); b) dell'art. 25, 2° comma, Cost., in quanto detta norma incide
nell'ambito di applicabilità di una disposizione penale (art. 26
d.p.r. n. 915 del 1982) e deve escludersi il potere delle regioni di introdurre, con proprie leggi, nuove sanzioni penali.
2. - Nel giudizio si è costituito il presidente della giunta regio nale. Ha eccepito, anzitutto, l'irrilevanza della questione, perché è censurata una norma penale di favore, la quale dovrebbe essere
applicata nel giudizio a quo in forza dell'art. 2 c.p., anche se
dichiarata costituzionalmente illegittima. Ha poi dedotto l'infon
datezza della questione, in quanto, a seguito del trasferimento
alle regioni delle funzioni amministrative in materia di smalti
mento dei rifiuti (d.p.r. n. 496 del 1987, art. 6 e 7), alle stesse
è attribuito, nel quadro delle direttive comunitarie fatte proprie dallo Stato, il potere di rideterminare, integrare e precisare il si
stema autorizzativo concernente la materia in questione: e ciò
anche a volere escludere che questa sia da ricomprendersi nell'ur
banistica, attribuita in via esclusiva alla stessa regione (art. 4, n. 12, dello statuto speciale).
Inoltre, la particolarità della situazione locale giustificherebbe, in ogni caso, la deroga censurata.
In merito alla dedotta violazione dell'art. 25 Cost., la difesa
della regione ha rilevato che, in materia penale, la riserva di legge statale è relativa (Corte cost. n. 26 del 1966, Foro it., 1966, I, 609 e n. 142 del 1969, id., 1969, I, 3018).
Nell'imminenza dell'udienza la regione ha presentato una me
moria con la quale ha insistito sull'infondatezza della questione,
specie per quanto riguarda la violazione dell'art. 25 Cost. Ha
osservato in particolare che, nelle materie costituzionalmente at
tribuite alle regioni, la ratio dell'attribuzione stessa sta nel rico
noscimento della spettanza ad esse della cura degli interessi pub blici, il che comporta anche l'esigenza di imporre divieti penal mente sanzionati, a meno che non si voglia riconoscere la minore
valenza di detti interessi.
Inoltre, il riconoscimento di una competenza in materia penale non può far discostare le regioni dai principi della legge penale
Il Foro Italiano — 1990.
dello Stato, in quanto la riserva di cui all'art. 25, 2° comma,
Cost., le obbliga, in ogni caso, all'osservanza dei principi stessi.
Diritto. — 1. - Il Pretore di Latisana dubita della legittimità costituzionale dell'art. 15, 5° comma, 1. reg. Friuli-Venezia Giu
lia 7 settembre 1987 n. 30, che ha escluso la necessità dell'auto
rizzazione regionale per alcuni casi di ammasso temporaneo di
rifiuti tossici e nocivi. A parere del giudice rimettente, sarebbero violati l'art. 116 Cost.,
in quanto la materia dello smaltimento dei rifiuti non rientra in
alcuna di quelle per le quali è riconosciuta alla regione Friuli
Venezia Giulia una potestà legislativa esclusiva o concorrente con
quella statale; e l'art. 25 Cost., in quanto, trattandosi di norma
penale, la regione non può rendere lecito ciò che per legge dello
Stato non lo è (riserva di legge penale in favore dello Stato). 2. - La questione è fondata.
Il d.p.r. 10 settembre 1982 n. 915, è stato emanato per attuare
le direttive Cee (nn. 75/442, 76/403, 78/318) in materia di smalti
mento di rifiuti tossici e nocivi, al fine di rendere omogenea per tutto il territorio dello Stato la relativa disciplina e di realizzare
una uniformità di trattamento.
Esso contiene norme di principio e norme di dettaglio. Le pri me sono quelle che, in istretta correlazione con l'esigenza di dare
attuazione alle direttive comunitarie, delineano gli obiettivi essen
ziali ed i limiti di operatività della disciplina sullo smaltimento dei rifiuti. In esse sono designate anche le autorità competenti
per la programmazione, l'organizzazione, l'autorizzazione ed il
controllo delle operazioni di smaltimento dei rifiuti.
In particolare, gli art. 6 e 16 prevedono l'obbligo dell'autoriz
zazione, da parte delle regioni, per ciascuna delle fasi dello smal
timento, individuate nella raccolta ed il trasporto, nello stoccag
gio provvisorio, nel trattamento e nello stoccaggio definitivo in
discarica controllata.
È anche apprestato un sistema di sanzioni amministrative e pe nali. L'art. 26 punisce con l'arresto e l'ammenda chiunque effet
tui anche una sola delle dette operazioni senza autorizzazione.
Tra la norma che determina le fasi dello smaltimento e quella che prevede la sanzione penale v'è, dunque, uno stretto colle
gamento. La regione Friuli-Venezia Giulia ha prima emanato la 1. n. 19
del 5 aprile 1985, la quale, per i punti che interessano, non si
è discostata dalla legge statale. Successivamente, però, con la 1.
7 settembre 1987 n. 30, ha modificato la precedente disciplina e propriamente con l'art. 15, 5° comma, ora denunciato, ha pre visto una fase nello smaltimento dei rifiuti che ha denominato
«ammasso temporaneo», effettuato dalle imprese nel corso dei
rispettivi cicli produttivi, all'interno degli stabilimenti di produ zione e l'ha esentato dall'obbligo dell'autorizzazione, se contenu
to entro i limiti quantitativi fissati dal regolamento. Il pretore remittente ha interpretato le norme di cui trattasi
nel senso che l'autorizzazione è richiesta per lo smaltimento che
avviene sia all'interno che all'esterno dello stabilimento di produ zione in tutte e due le ipotesi ricorre quella pericolosità che la
legge vuole evitare. Ha poi ritenuto la sussistenza della pericolo sità anche se i rifiuti siano destinati ad essere immediatamente
impiegati in un diverso ciclo produttivo nella stessa azienda anzi
ché essere smaltiti come tali.
Per quanto riguarda la norma regionale (art. 5, 5° comma, 1. reg. n. 30 del 1987) oggetto di censura, ha affermato che l'am
masso temporaneo non è cosa diversa dallo stoccaggio provvisorio. Alla stregua di siffatta interpretazione, la norma regionale cen
surata altera il sistema previsto dalla norma statale e penalmente sanzionato.
Ora, questa corte ha affermato (sentenza n. 179 del 1986, id.,
1987, I, 20) che entro il sistema di scelte sanzionatone non si
possono introdurre arbitrarie distinzioni in quanto risulta scon
volta la complessiva logica della legge diretta ad attuare direttive
Cee con una uniformità di trattamento in tutto il territorio na
zionale.
La potestà legislativa è destinata a cedere all'intervento statale
legislativo ispirato a criteri di omogeneità ed univocità di indiriz
zo e generalità di applicazione in tutto il territorio nazionale con
specifiche norme che riguardano anche i risvolti penali del pro blema ed aventi, comunque, lo spessore di leggi attuative di ob
blighi contratti in sede comunitaria.
Per quanto riguarda i profili penali, è stato anche affermato
(sentenza n. 79 del 1977, id., 1977, I, 1341) che la fonte del potè
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
re punitivo risiede solo nella legislazione statale e che le regioni non dispongono della possibilità di comminare, rimuovere o va
riare con proprie leggi le pene previste in data materia; non pos sono cioè interferire negativamente con le norme penali, discipli nando e considerando, quindi, lecita un'attività penalmente san
zionata dall'ordinamento nazionale.
Pertanto, poiché la disposizione impugnata contrasta con la
norma contenuta nell'art. 16, 1° comma, d.p.r. 10 settembre 1982
n. 915, producendo di conseguenza un'ingiustificata differenzia
zione della disciplina penale generale, essa deve essere considera
ta costituzionalmente illegittima. Può dirsi, infine che, ai fini del giudizio di legittimità costitu
zionale, non ha rilevanza l'assunto della regione secondo cui nel
la fattispecie il giudice penale deve egualmente applicare la nor
ma regionale, anche se dichara incostituzionale, essendo più fa
vorevole all'imputato. Per questi motivi, la Corte costituzionale dichiara l'illegittimità
costituzionale dell'art. 15, 5° comma, 1. reg. Friuli-Venezia Giu
lia del 7 settembre 1987 n. 30 (norme regionali relative allo smal
timento dei rifiuti).
CORTE COSTITUZIONALE; sentenza 3 marzo 1989, n. 87 (Gaz
zetta ufficiale, la serie speciale, 8 marzo 1989, n. 10); Pres.
Saja, Est. Casavola; Braga e altri (Aw. Bianchini) c. Min.
pubblica istruzione; interv. Pres. cons, ministri. Ord. Tar Ve
neto 14 gennaio 1988 (G.U., la s.s., n. 31 del 1988).
Istruzione pubblica — Università — Professori ordinari e asso
ciati — Trattamento economico — Determinazione mediante
delega legislativa — Questioni infondate di costituzionalità
(Cost., art. 76, 77; 1. 21 febbraio 1980 n. 28, delega al governo
per il riordinamento della docenza universitaria e relativa fa
scia di formazione, e per la sperimentazione organizzativa e
didattica, art. 3, 4, 12; d.p.r. 11 luglio 1980 n. 382, riordina mento della docenza universitaria, relativa fascia di formazione
nonché sperimentazione organizzativa e didattica, art. 36).
È infondata, in riferimento all'art. 76 Cost., la questione di legit
timità costituzionale, dell'art. 12, 1° comma, lett. o), /. 21 feb
braio 1980 n. 28, nella parte in cui attribuisce al legislatore
delegato la determinazione del trattamento economico dei pro
fessori ordinari, nonché dei professori associati e dei ricercato
ri, distinguendo i due regimi a tempo pieno e a tempo definito,
limitandosi a stabilire i principi e criteri direttivi della corri
spondenza di tale trattamento, per i primi, con la graduale at
tuazione della distinzione suddetta, e, per i secondi, con le at
tribuzioni e i compiti loro assegnati dalla legge di delegazione. (1)
È infondata, in riferimento agli art. 76 e 77 Cost., la questione di legittimità costituzionale dell'art. 36 d.p.r. 11 luglio 1980
n. 382, nella parte in cui determina il trattamento economico
dei professori ordinari in relazione a quello dei dirigenti gene
rali dello Stato a livello A, distinguendolo secondo l'opzione
da essi operata per il regime a tempo pieno e quello a tempo
definito, e differenziandolo nella percentuale del quaranta per
cento già stabilita dalla legge di delegazione, e nella parte in
cui determina il trattamento economico dei professori associa
ti, a parità di posizione con i professori ordinari, nella misura
del settanta per cento di quello spettante a questi ultimi. (2)
(1-2) L'ordinanza 14 gennaio 1988 del Tar Veneto, sez. I, è riportata in Foro it., 1988, III, 401, con nota di richiami.
Per sostenere la ragionevolezza dell'aggancio del trattamento economi
co del professore universitario ordinario (e, quindi, la parificazione, in
caso di opzione da parte sua per il regime c.d. a tempo pieno) al tratta
mento economico previsto per il dirigente generale dello Stato di livello
A, la sentenza richiama Corte cost. 17 luglio 1975, n. 219, id., 1975,
I, 1881, con nota di Pizzorusso, che ha dichiarato incostituzionale la
normativa allora vigente per la dirigenza statale, nella parte in cui non
prevedeva che il professore universitario ordinario all'ultima classe di
Il Foro Italiano — 1990.
Diritto. — Il Tar per il Veneto, con ordinanza del 14 gennaio 1988 (r.o. n. 354/88), ha sollevato questione di legittimità costi
tuzionale dell'art. 12, 1° comma, lett. o), 1. 21 febbraio 1980
n. 28 (delega al governo per il riordinamento della docenza uni
versitaria e relativa fascia di formazione, e per la sperimentazio ne organizzativa e didattica), in relazione all'art. 76 Cost., non
ché dell'art. 36 d.p.r. 11 luglio 1980 n. 382 (riordinamento della
docenza universitaria, relativa fascia di formazione nonché speri mentazione organizzativa e didattica), in relazione agli art. 76
e 77 Cost.
Secondo il Tar rimettente, il legislatore avrebbe attribuito al
governo il potere di fissare gli stipendi dei professori universitari
stipendio (la distinzione tra regime c.d. a tempo pieno e regime c.d. a
tempo definito fu introdotta solo con la legislazione del 1980) raggiunges se il medesimo tetto retributivo stabilito per la carriera dirigenziale. La
portata di questa sentenza è limitata ai professori universitari ordinari
pervenuti all'ultima classe di stipendio: Corte cost. 27 marzo 1987, n.
80, id., 1988, I, 1764, con nota di richiami, ha dichiarato inammissibile, in quanto implicante scelte riservate alla discrezionalità del legislatore, la questione di costituzionalità delle norme sul trattamento economico
dei professori universitari di ruolo delle classi di stipendio inferiori, che
lo determinavano in modo indipendente, e in misura assai inferiore, ri
spetto al trattamento economico della dirigenza statale (e, quindi, dei
professori più anziani suddetti); nonché ai professori universitari ordinari
pervenuti all'ultima classe di stipendio in forza di servizio prestato in
tale qualità, e non utilizzando l'anzianità maturata in un precedente im
piego statale: Cons. Stato, sez. VI, 2 dicembre 1987, n. 949, ibid., Ili,
328, con nota di richiami. L'art. 36 d.p.r. 382/80, attraverso un compli cato giuoco di percentuali, aggancia l'intero sistema delle retribuzioni dei
professori universitari ordinari e associati, di qualsiasi anzianità, al trat
tamento economico del dirigente generale dello Stato di livello A (supe rando, quindi, la questione dichiarata inammissibile da Corte cost. 80/87), ma mantiene l'equiparazione a favore dello stipendio dell'ultima classe
solo per i professori che abbiano optato per il regime c.d. di tempo pie
no, attribuendo, in caso di opzione per il tempo c.d. definito, ai soli
professori che erano pervenuti all'ultima classe di stipendio anteriormen
te all'entrata in vigore del d.p.r. 382/80 (v., per il computo di tale anzia
nità, la citata decisione della sesta sezione del Consiglio di Stato 949/87), un assegno ad personam che mantenga loro la retribuzione cosi raggiun
ta, però riassorbibile con i successivi aumenti: la Corte costituzionale, sulla base della diversità di impegno dei due regimi, del resto già stabilita
dalla legge di delega 28/80, ha respinto censure di incostituzionalità su
ambedue i punti di questa disciplina: sentenza 9 novembre 1988, n. 1019,
id., 1989, I, 13, con nota di richiami. La corte, d'altra parte, non ritiene
che il principio stabilito dalla propria sentenza 219/75 vincoli in modo
rigido il legislatore successivo a tempo indeterminato, che, al contrario,
può discrezionalmente regolare in modo differenziato i sistemi retributivi
dei professori universitari e della dirigenza: per la manifesta infondatezza
della questione di costituzionalità della mancata attribuzione ai primi del
l'indennità pari al 15% dello stipendio prevista per gli altri dall'art. 11
d.l. 6 giugno 1981 n. 283, nel testo risultante dalla legge di conversione
6 agosto 1981, n. 432, Corte cost. 21 luglio 1988, n. 857, ibid., 576, con nota di richiami.
Stabilita, quindi, la ragionevolezza dell'aggancio del trattamento eco
nomico dei professori universitari a quello dei dirigenti statali operato dal legislatore delegato nei modi indicati, la differenziazione del 40% tra
10 stipendio dei professori optanti per il regime c.d. di tempo pieno e
di quelli optanti per il regime c.d. di tempo definito era già stata indicata
come minimo dal legislatore delegante (1. 21 febbraio 1980 n. 28, art.
4, lett. c); Corte cost. 31 marzo 1988, n. 376, id., 1988, I, 2521, con
nota di richiami, ha interpretato il conseguente 6° comma dell'art. 36
d.p.r. 382/80, che quantifica tale differenza appunto nel 40%, in riferi
mento al «trattamento economico», in senso ulteriormente restrittivo: os
sia, in riferimento al solo stipendio tabellare, con l'esclusione delle even
tuali indennità aggiuntive, come l'indennità integrativa speciale. Per quel che riguarda, da ultimo, la differenza di trattamento econo
mico tra professori ordinari e professori associati, la questione di costitu
zionalità è stata dichiarata manifestamente infondata dalla stessa ordi
nanza del Tar Veneto, cit., nonché da Tar Campania, sez. I, 13 ottobre
1988, n. 718, Trib. amm. reg., 1988, I, 3849. L'orientamento è giustifica
to, almeno per implicito, dalla sentenza della Corte costituzionale ora
riportata, nelle parti in cui sottolinea che per i professori ordinari è ri
chiesta la «piena maturità scientifica» (art. 41, 1° comma, d.p.r. 382/80), mentre per i professori associati è sufficiente Inidoneità scientifica e di
dattica» (art. 42, 2° comma), e che (si deve ritenere conseguenzialmente) 11 legislatore (art. 16) ha riservato al professore ordinario le più importan ti funzioni di governo dell'università (oltre che le commissioni giudicatrici dei relativi concorsi: art. 3 1. 7 febbraio 1979 n. 31, fatta salva anche
dopo l'istituzione del ruolo degli associati dall'art. 41, 2° comma, d.p.r.
382/80), preferendolo in altre (in proposito, Tar Lombardia, sez. Ili,
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