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PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE || sentenza 6 luglio 1989, n. 372 (Gazzetta...

Date post: 30-Jan-2017
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sentenza 6 luglio 1989, n. 372 (Gazzetta ufficiale, 1 a serie speciale, 12 luglio 1989, n. 28); Pres. Saja, Est. Cheli; Regione Piemonte (Avv. Romanelli), Regione Lombardia e Provincia autonoma di Trento (Avv. Potosching) c. Pres. cons. ministri (Avv. dello Stato Fiumara) Source: Il Foro Italiano, Vol. 113, PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE (1990), pp. 2439/2440-2447/2448 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23184833 . Accessed: 25/06/2014 03:57 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 195.34.79.54 on Wed, 25 Jun 2014 03:57:49 AM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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sentenza 6 luglio 1989, n. 372 (Gazzetta ufficiale, 1 a serie speciale, 12 luglio 1989, n. 28); Pres.Saja, Est. Cheli; Regione Piemonte (Avv. Romanelli), Regione Lombardia e Provincia autonomadi Trento (Avv. Potosching) c. Pres. cons. ministri (Avv. dello Stato Fiumara)Source: Il Foro Italiano, Vol. 113, PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE(1990), pp. 2439/2440-2447/2448Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23184833 .

Accessed: 25/06/2014 03:57

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2439 PARTE PRIMA 2440

I, 267), che tra essi si annoverano le norme che prevedono spo stamenti di competenza in favore di un giudice diverso, ma pur

sempre precostituito, anche per ragioni di connessione delle cau

se; che detto spostamento di competenza è stabilito a priori dalla

norma denunciata e non lascia adito a deroghe discrezionali;

che, pertanto, la questione sollevata è manifestamente infondata.

Visti gli art. 26, 2° comma, 1. 11 marzo 1953 n. 87 e 9, 2°

comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte

costituzionale.

Per questi motivi, la Corte costituzionale riunisce i ricorsi, di

chiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità co

stituzionale degli art. 274 c.p.c. e 151 disp. att. c.p.c., in riferi

mento agli art. 25 e 101 Cost., sollevata dal Pretore di Milano

con le ordinanze in epigrafe.

II

Ritenuto che, con ordinanza in data 26 marzo 1980 il Pretore

di Firenze, designato per la trattazione del giudizio di opposizio ne al decreto ex art. 28 1. 20 maggio 1970 n. 300, col quale altro

magistrato dello stesso ufficio aveva respinto un ricorso proposto ai sensi di una tale norma, ha sollevato la questione di legittimità costituzionale dell'art. 34 r.d. 30 gennaio 1941 n. 12 e dello stes

so art. 28 1. 300/70, in riferimento agli art. 25, 1° comma, e

101, 2° comma, Cost.;

che, ad avviso del giudice a quo, la prima delle norme censura

te, disponendo che, nelle preture, i magistrati in sottordine coa

1. n. 251 del 1989, individua materie giustiziabili (la violazione dei criteri territoriali — gli affari «rientranti nel territorio» — nonché la violazione dei criteri tabellari), ma non delinea il procedimento che fa seguito all'or dinanza dichiarativa dell'«incompetenza» interna. La ricostruzione più attendibile del fenomeno può collegarsi alla falsariga degli art. 273 e 274

c.p.c., con relativa remissione degli atti al dirigente, essendo la pronuncia resa «non oltre la prima udienza» inassimilabile a sentenza definitiva sul la competenza (contra, Sassani, op. cit.), bensì a provvedimento «inter no» volto a consentire al dirigente la nuova assegnazione del fascicolo nel rispetto dei criteri desumibili dalla nuova normativa e dal collegamen to, dalla stessa tracciato, con le norme del codice di procedura civile e le «altre leggi vigenti»;

6.6. - può facilmente immaginarsi che, anche per superare la preclusio ne indotta dall'art. 1, 2° comma, 1. n. 251 del 1989, le parti faranno,

più che in passato, ricorso alla «tecnica» della successiva introduzione

presso altro ufficio infracircondariale della medesima causa (si pensi al consueto schema del convenuto «in prevenzione» che agisce in via moni toria dinanzi a diverso giudice ottenendo poi la riunione dei procedimen ti) o di causa «connessa» al fine di sottoporre al dirigente la questione di «competenza» interna, non conosciuta o addirittura disattesa dal giu dice (persona fisica) preventivamente adito. In tal caso, parrebbe proble matico il riferimento ad effetti di preclusione interni al processo, collegati all'omesso rilievo o alla stessa decisione di rigetto della questione fatta

tempestivamente valere, in quanto detta preclusione riguarderebbe il pri mo processo, non il secondo della cui riunione si faccia questione.

7. - In conclusione, la Corte costituzionale ha fornito una soluzione

inadeguata della questione rimessagli dal Pretore di Milano dal momento che — a ben guardare — si è indotta a decidere (con motivazione stan dardizzata ed astrattizzata) una questione diversa rispetto a quella dedot

ta; alla denuncia del pretore, fondata su di un diritto vivente frutto di sostanziali alterazioni, se non anche della lettera, certamente dello spirito e della ratio dell'art. 274 c.p.c., la corte ha opposto un vero e proprio fin de non-recevoir. Nelle premesse di questa non-decisione, la corte è stata favorita vuoi dallo stesso tenore letterale della denuncia d'incostitu

zionalità, che ben avrebbe potuto estendere la res deducta all'art. 174

c.p.c., vuoi dall'ambigua lettera dell'art. 274, lettera che la stessa prassi ha ritenuto inadeguata, ponendosi alla ricerca del «criterio obiettivo e

predeterminato» (il giudice preventivamente adito di cui all'art. 39 c.p.c.) che la norma tralascia di indicare a tutto vantaggio del «potere discrezio nale» del capo dell'ufficio.

Del resto, la riaffermazione tranchant della «non illegittimità» di tale

potere discrezionale deve ora fare i conti con la nuova realtà normativa della pretura, nell'àmbito della quale, essendosi inteso regolare in modo tendenzialmente esaustivo i rapporti «interni» dell'unitario ufficio circon

dariale, si è giunto (forse casualmente, ma certo con significativo segnale) a disciplinare erga omnes e rendere autonomamente giustiziabili, median te il riferimento alle tabelle, anche le questioni relative alla distribuzione del lavoro nelle sezioni interne in cui si articolino la pretura circondariale

o, eventualmente, le stesse sezioni distaccate. Dal che l'inattualità e, cre

diamo, l'inevitabile provvisorietà della decisione in rassegna.

Bruno Capponi

li Foro Italiano — 1990.

diuvano il titolare nell'adempimento delle sue funzioni e giustifi

cando, di conseguenza, il potere discrezionale di questo nell'asse

gnazione dei processi, vanifica la garanzia di indipendenza posta dall'art. 101 Cost, anche a tutela del singolo giudice, persona fisica poiché l'opinione da lui espressa in sede scientifica o in

altra sede può precludergli l'assegnazione di un determinato

processo;

che, in tale ordine di idee, allo stesso giudice appare censurabi

le anche l'art. 28 1. n. 300 del 1970 (come modificato dalla 1.

8 novembre 1977 n. 847), in quanto, in combinato disposto con

la precedente norma, consente, in violazione dell'art. 25, 1° com

ma, Cost., al pretore titolare di assegnare il giudizio di opposi zione ad un giudice dell'ufficio che sia persona diversa dal giudi ce che ha pronunziato il decreto opposto, laddove, secondo il

menzionato precetto costituzionale, «giudice naturale precostitui to» è non solo l'ufficio, ma anche la persona del suo titolare

e, secondo le norme che, come nella specie, prevedono il rimedio

dell'opposizione avverso un provvedimento, il rimedio stesso è

individuato come un mezzo di riesame da parte dello stesso giudi ce che tale provvedimento ha pronunziato;

che, quanto al primo punto, questa corte, con la sentenza n.

143/73 (Foro it., 1973, I, 2644), ha già affermato la legittimità costituzionale delle disposizioni dell'ordinamento giudiziario, ivi

compreso l'art. 34, che fondano il potere discrezionale del preto re titolare in materia di distribuzione del lavoro fra i vari magi strati dell'ufficio;

che, peraltro, con la medesima sentenza, è stato anche precisa to che qualsiasi applicazione della norma censurata, diretta al

raggiungimento di scopi diversi da quello, correttamente indivi

duato dal legislatore, del buon andamento dell'ufficio «costitui

sce attività viziata per sviamento del fine o per eccesso di potere o per esercizio arbitrario e illegittimo di funzioni pubbliche, con

le conseguenze giuridiche inerenti»; che nessuna prospettazione nuova emerge nell'ordinanza del Pre

tore di Firenze i cui rilievi si sostanziano nella paventata possibi lità che la norma consenta comportamenti non ortodossi e perciò in argomenti che nella suddetta sentenza trovano puntuale confu

tazione; che la ritenuta legittimità dell'art. 34 r.d. n. 12 del 1941 toglie

fondamento anche alla censura relativa all'art. 28 1. n. 300 del

1970, letto, nella prospettazione della questione, in combinato

disposto con l'altra norma, poiché la stessa assegnazione del giu dizio di opposizione ad un giudice diverso da quello, designato

per la trattazione in via urgente del ricorso costituisce un eserci

zio del potere discrezionale del titolare dell'ufficio, da esercitarsi

ai sensi e secondo le finalità del citato art. 34 dell'ordinamento

giudiziario; e poiché la reciproca autonomia della fase urgente e di quella a cognizione ordinaria dello speciale procedimento ex art. 28 — testimoniata, a tacer d'altro, dalla idoneità del de

creto non opposto a conseguire l'efficacia del giudicato formale — appare di per sé coerente con lo svolgimento rispettivo di dette

fasi davanti a giudici diversi del medesimo ufficio; Per questi motivi, la Corte costituzionale dichiara manifesta

mente infondata la questione di legittimità costituzionale degli art. 34 r.d. 30 gennaio 1941 n. 12 e 28 1. 20 maggio 1970 n.

300, sollevata, in riferimento agli art. 25, 1° comma, e 101, 2°

comma, Cost., dal Pretore di Firenze con l'ordinanza in epigrafe.

CORTE COSTITUZIONALE; sentenza 6 luglio 1989, n. 372 (Gaz zetta ufficiale, la serie speciale, 12 luglio 1989, n. 28); Pres. Saja, Est. Cheli; Regione Piemonte (Aw. Romanelli), Regio ne Lombardia e Provincia autonoma di Trento (Aw. Poto

sching) c. Pres. cons, ministri (Aw. dello Stato Fiumara).

Guide, corrieri, interpreti, portatori e maestri di sci — Guida

alpina — Ordinamento professionale — Violazione delle com

petenze regionali — Questioni inammissibili di costituzionalità

(Cost., art. 117, 118; 1. 2 gennaio 1989 n. 6, ordinamento della

professione di guida alpina, art. 18, 19, 22, 24). Guide, corrieri, interpreti, portatori e maestri di sci — Guida

alpina — Ordinamento professionale — Competenza statale

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

— Questione infondata di costituzionalità (Cost., art. 117, 120; 1. 2 gennaio 1989 n. 6, art. 1, 3, 4, 5, 11, 12, 13, 17, 18).

Guide, corrieri, interpreti, portatori e maestri di sci — Guida alpina — Ordinamento professionale — Competenza regionale — Incostituzionalità (Cost., art. 117; 1. 2 gennaio 1989 n. 6, art. 9, 22).

Guide, corrieri, interpreti, portatori e maestri di sci — Guida alpina — Ordinamento professionale — Trentino-Alto Adige — Competenze delle province autonome — Questioni infonda

ta e inammissibili di costituzionalità (D.p.r. 31 agosto 1972 n.

670, t.u. delle leggi costituzionali concernenti lo statuto specia le per il Trentino-Alto Adige, art. 8, n. 20, 16, 29; 1. 2 gennaio 1989 n. 6, art. 15, 22, 25; 1. 24 maggio 1989 n. 194, modifica zione dell'art. 25 1. 2 gennaio 1989 n. 6, art. 1).

È inammissibile la questione di legittimità costituzionale della I. 2 gennaio 1989 n. 6, in quanto genericamente proposta e senza

indicazione di specifiche norme che si assumono violatrici delle

competenze regionali, in riferimento agli art. 117 e 118 Cost. (1) Sono inammissibili le questioni di legittimità costituzionale degli

art. 18, 19, 22 e 24 l. 2 gennaio 1989 n. 6, nelle parti in cui

dispongono rispettivamente in ordine all'esercizio abusivo della

professione di guida alpina, alle scuole di alpinismo, all'elenco

speciale degli accompagnatori di media montagna ed alla disci

plina transitoria, in riferimento agli art. 117 e 118 Cost. (2) È infondata la questione di legittimità costituzionale degli art.

1, 3, 4, 5, 11, 12, 13, 17 e 18 l. 2 gennaio 1989 n. 6, nella

parte in cui definiscono i caratteri della professione di guida

alpina e determinano le condizioni per il suo esercizio discipli nando aspetti che ineriscono ad interessi di rilievo nazionale, in riferimento agli art. 117 e 120, 3° comma, Cost. (3)

Sono illegittimi, per violazione dell'art. 117 Cost., gli art. 9 e

22 I. 2 gennaio 1989 n. 6, nella parte in cui assegnano ai collegi

regionali ed al collegio nazionale delle guide alpine compiti as

sorbenti delle competenze regionali in ordine all'organizzazione dei corsi abilitanti all'esercizio della professione o di aggior namento. (4)

È inammissibile la questione di legittimità costituzionale della l.

2 gennaio 1989 n. 6, direttamente applicabile alle sole regioni ordinarie, in riferimento agli art. 8, n. 20, 16 e 29 statuto spe ciale per il Trentino-Alto Adige. (5)

È infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 15

l. 2 gennaio 1989 n. 6, nella parte in cui prevede le modalità

di formazione del collegio nazionale delle guide alpine quale centro di coordinamento dei collegi regionali, senza peraltro

fare obbligo alle province autonome di istituire nel proprio am

bito organismi analoghi ai collegi regionali anzidetti, in riferi mento agli art. 8, n. 20, 16 e 29 statuto speciale per il Trentino

Alto Adige. (6) È inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell'art.

25 l. 2 gennaio 1989 n. 6, relativo alle competenze delle regioni a statuto speciale in ordine ai programmi dei corsi, ai criteri

per le prove d'esame ed alla composizione delle commissioni

esaminatrici, interamente sostituito con efficacia retroattiva dal

l'art. 1 I. 24 maggio 1989 n. 194, in riferimento agli art. 8, n. 29, e 16 statuto speciale per il Trentino-Alto Adige. (7)

(1-7) La professione di guida alpina è prevista dall'art. 11 1. 217/83, ove si demanda alle regioni il potere di accertare i requisiti per l'esercizio di questa attività come di «ogni altra professione attinente al turismo». È stata di conseguenza emanata una serie molto diversificata di discipline regionali, che in qualche caso ha reso irriconoscibili i caratteri della pro fessione. Patrocinata dal Cai (Club alpino italiano) è stata allora presen tata alla camera dei deputati (dai dep. Bassanini ed altri) la proposta di legge n. 1989, volta a stabilire una normativa-cornice valida per tutte le regioni ordinarie, con una particolare salvaguardia per le regioni a statuto speciale e le province autonome che nella materia detengono una

competenza legislativa esclusiva. Uno dei criteri informatori della 1. 6/89 mirava ad affermare l'autonomia organizzativa e gestionale dei corsi di formazione e di aggiornamento promossi dai collegi regionali delle guide alpine, principio che risulta ora ridimensionato dalla pronuncia della Corte costituzionale. Al riguardo vi è però da osservare che valgono anche per questo specifico profilo le considerazioni svolte dalla stessa corte al n. 3 della motivazione, in ordine al «rilievo nazionale degli interessi sotte

si», essendo quei corsi finalizzati all'abilitazione per un'attività professio nale esercitabile in ogni parte del paese. Occorre quindi assicurare in ogni caso uno standard indefettibile di preparazione per queste nuove figure

Il Foro Italiano — 1990.

Fatto. — 1. - Con ricorso notificato il 10 febbraio 1989 (ric. n. 13/89) la regione Piemonte ha impugnato la 1. 2 gennaio 1989 n. 6 (ordinamento della professione di guida alpina), lamentando la lesione delle competenze legislative e amministrative regionali in materia di istruzione professionale e di turismo ed industria

alberghiera, sancite dall'art. 117 Cost.

La dedotta violazione discenderebbe dall'impianto complessivo della legge impugnata, tesa a disciplinare dettagliatamente la pro fessione di guida alpina e a sottrarre alla regione qualsiasi potere di intervento e di controllo al riguardo, tramite l'attribuzione del le relative funzioni amministrative ad organi statali o ad organi smi di autogoverno della categoria.

In particolare, sarebbero illegittimi in quanto invasivi della com

petenza regionale: l'art. 1, che individua l'oggetto della legge nel

la fissazione dei «principi fondamentali» della materia, mentre la stessa legge conterrebbe in realtà disposizioni concrete e detta

gliate; l'art. 3, 3° comma, che vieta all'aspirante guida di eserci tare l'insegnamento al di fuori di una scuola di alpinismo o di

sci-alpinismo; l'art. 7, che disciplina la formazione professionale delle guide; l'art. 11, 3° comma, che statuisce la compatibilità dell'esercizio della professione con impieghi pubblici o privati o con altre attività di lavoro autonomo; l'art. 12, che attribuisce

al ministero del turismo il potere di approvazione delle tariffe

minime per le prestazioni professionali delle guide; l'art. 19, sulle scuole di alpinismo; l'art. 22, sull'elenco speciale degli accompa

gnatori di media montagna; l'art. 24, che detta le norme transito

rie. Viene poi contestata la legittimità degli art. 4, 5, 13 e 17, in quanto attribuiscono al collegio delle guide alpine, in cui non

è prevista alcuna diretta partecipazione della regione, poteri di

intervento e di sorveglianza che dovrebbero spettare alla regione stessa, nonché dell'art. 18, sull'esercizio abusivo della professio ne, poiché non chiarirebbe se l'attività della guida alpina debba

ritenersi tuttora subordinata al rilascio della licenza di pubblica sicurezza ex art. 123 del testo unico legge di pubblica sicurezza.

2. - Con ricorso notificato il 10 febbraio 1989 (ric. n. 14/89) la provincia di Trento ha impugnato la stessa legge, per violazio

ne della competenza legislativa esclusiva spettante alla provincia in materia di «turismo e industria alberghiera» («compresi le gui de, i portatori alpini, i maestri di sci e le scuole di sci»), e in

professionali, secondo quanto prescritto dall'art. 7, 7° comma, onde evi tare il riprodursi della situazione disomogenea precedente alla 1. 6/89. Di questa esigenza si fa d'altronde interprete anche la corte — n. 5 della motivazione —, che opportunamente richiama la propria giurisprudenza: Corte cost. 3 agosto 1976, n. 216, Foro it., 1977, I, 284; 30 maggio 1977, n. 89, ibid., 1621; 29 marzo 1989, n. 165, id., 1990, I, 1865. La

preparazione professionale impartita in ambito regionale mette capo, co m'è noto, ad esiti qualitativi assai differenziati, per cui non sembra ozio so insistere su un più efficace coordinamento centrale.

Non casualmente le regioni a statuto speciale, il Trentino-Alto Adige in particolare, ove la preparazione alle professioni alpine è più severa, hanno richiesto che il legislatore precisasse che gli standards nazionali sono da ritenere soltanto «minimi» (art. 25), con facoltà quindi per le

regioni medesime di adottare criteri più rigorosi. Dopo l'approvazione della 1. 6/89 è stata presentata un'ulteriore inizia

tiva legislativa (poi divenuta 1. 194/89), diretta a riparare un errore di trascrizione intervenuto nel corso dell'esame alla camera dei deputati; cu riosamente però strada facendo il presunto errore è riemerso, mentre si è finito con l'estendere ulteriormente l'autonomia delle regioni considera

te, in quanto anche i criteri per la composizione delle commissioni esami natrici sono definiti in ambito periferico e non dal collegio nazionale.

Il principio di cui alla prima massima, non nuovo nella giurisprudenza della corte, è in quest'occasione affermato con maggiore nettezza (per un precedente, richiamato in motivazione, cfr. Corte cost. 15 luglio 1986, n. 195, id., 1987, 354, in materia di turismo, annotata da Bin, in Regio ni, 1987, 207).

Anche in altra occasione la corte aveva dichiarato che l'istituzione di una professione, nella specie di giardiniere, è materia sottratta alla com

petenza di una provincia autonoma in quanto di spettanza statale (Corte cost. 23 maggio 1985, n. 155, Foro it., 1985, I, 2847).

In dottrina, sull'attività di accompagnamento dei turisti si vedano: Riv.

giur. turismo, 1985, fase. 3, 3; G. F Aie ucci, Guide turistiche, voce del Novissimo digesto, appendice, Torino 1982, III, 1172; A. Marani Toro, Guide e portatori alpini, ibid., 1170; sui maestri di sci, cfr., ad vocem, 1983, IV, 1073; A. Sereno, in Riv. giur. turismo, 1979, fase. 3, 74.

In tema di formazione professionale, per una valutazione d'insieme delle iniziative adottate in virtù del fondo ad hoc istituito con 1. 845/78, v. Cinsedo, Rapporto sulle regioni, Milano, 1989, 745.

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2443 PARTE PRIMA 2444

materia di «addestramento e formazione professionale», ex art.

8, n. 20, e 29 dello statuto speciale del Trentino-Alto Adige, non

ché delle relative competenze amministrative, di cui all'art. 16

dello stesso statuto.

Ove la legge impugnata fosse ritenuta applicabile alla provincia di Trento, anche al di fuori degli articoli che le si riferiscono

espressamente, la ricorrente — dopo aver sottolineato che la ma

teria è già stata organicamente disciplinata dalla 1. prov. 22 luglio 1980 n. 22 — chiede che essa venga dichiarata incostituzionale

nel suo complesso. Le censure basate sull'art. 8, n. 20, dello statuto speciale ri

guardano, in primo luogo, il fatto che l'organizzazione dell'atti

vità di guida alpina (elevata dalla legge impugnata al rango di

professione autonoma) è affidata ad organismi di autogoverno della categoria professionale, i quali possono considerarsi o arti

colazioni dell'amministrazione statale (nel qual caso la materia

risulterebbe totalmente avocata allo Stato) o strutture pararegio nali (nel qual caso l'intervento delle regioni al riguardo sarebbe

comunque troppo limitato). Si lamenta inoltre la contraddizione

con la disciplina generale delle professioni turistiche fissata dalla

legge-quadro per il tursimo (1. 17 maggio 1983 n. 217) e, in parti colare, con il principio fissato nell'art. 11, che rimette alle regioni il potere di «accertare» — e quindi anche di determinare — i

requisiti necessari all'esercizio dell'attività di guida alpina. Tali

requisiti sarebbero invece esaustivamente indicati dalla legge im

pugnata (art. 5), che ammette inoltre il trasferimento della guida dall'albo di una regione a quello di altra regione (art. 4, 5, 6),

precludendo di fissare requisiti ulteriori e diversi (quali, ad es., «la sicura conoscenza della geografia montana della provincia di

Trento», richiesta dalla citata 1. prov. n. 22 del 1980). Si rileva, infine, che la previsione di un collegio nazionale delle guide, do

tato del potere di decidere sui ricorsi contro i provvedimenti di

sciplinari adottati dai collegi regionali e di coordinare l'attività

di questi ultimi (art. 15 e 16), equivale ad estromettere le regioni dall'effettivo governo del settore.

La violazione dell'art. 8, n. 29, dello statuto speciale derivereb

be, invece, dal fatto che l'organizzazione dei corsi di formazione

professionale (art. 7) e di aggiornamento delle guide (art. 9), non

ché dei corsi per l'abilitazione degli accompagnatori di media mon

tagna (art. 22) è totalmente sottratta alla provincia, che per di

più è costretta a farsi carico delle spese relative (art. 7, 9° com

ma). Né la previsione dell'intesa con la regione (art. 22) o della

vigilanza regionale (art. 7) sembra alla ricorrente idonea a sanare la dedotta lesione, perché non è dato vedere in che cosa esatta

mente può tradursi questa vigilanza e perché, ex art. 7, 3° com

ma, il collegio regionale può affidare l'organizzazione dei corsi al collegio nazionale o al collegio regionale di altra regione, nel

qual caso la prevista vigilanza sarebbe senz'altro da escludersi. L'art. 25, infine, che è specificamente intitolato alle regioni a statuto speciale, sarebbe illegittimo in quanto obbliga queste ulti

me a considerare come «minimi» i programmi e i criteri stabiliti

dal collegio nazionale delle guide e approvati dal ministero del turismo e dello spettacolo.

La ricorrente aggiunge che vi sarebbero, peraltro, fondate ra

gioni per ritenere l'inapplicabilità della legge impugnata, nel suo

insieme, alle regioni a statuto speciale e alle province autonome che hanno competenza primaria in materia di guide alpine, in

primo luogo perché esse sono richiamate solo in alcune disposi zioni (e precisamente negli art. 15, 2° comma, 22, 8° comma, e 25); indi perché la dizione testuale dell'art. 1, riferendosi ai

«principi fondamentali» per la legislazione regionale e alla 1. 17

maggio 1983 n. 217 (che a sua volta fa salve le attribuzioni delle

regioni speciali e delle province autonome) si baserebbe chiara

mente sull'art. 117 Cost.; e infine perché l'art. 15, riferendosi ad «organismi analoghi» ai collegi regionali delle guide da istitui re nelle dette regioni e province, sembrerebbe presupporre che la disciplina della legge impugnata non si applichi a queste ulti

me, quanto meno direttamente o immediatamente. Ove la legge impugnata fosse ritenuta applicabile alla provincia solo nelle di

sposizioni che le si riferiscono direttamente, la ricorrente chiede che venga dichiarata la illegittimità costituzionale dei citati art.

15, 2° comma, e 25, nella parte in cui obbligano la provincia di Trento ad istituire «organismi analoghi» ai collegi regionali delle guide e a considerare come «minimi» i programmi dei corsi e i criteri per le prove d'esame stabiliti ai sensi dell'art. 7, 7°

comma.

3. - Con ricorso notificato il 10 febbraio 1989 (ric. n. 15/89)

Il Foro Italiano — 1990.

anche la regione Lombardia ha impugnato la legge di cui è causa,

per violazione degli art. 117 e 118 Cost., con riguardo alle com

petenze legislative e amministrative regionali in materia di turi

smo e industria alberghiera e in materia di istruzione artigiana e professionale.

La ricorrente — premesso di aver già dettato una disciplina

organica della materia con la 1. reg. 2 gennaio 1980 n. 2 — fa

valere censure analoghe a quelle prospettate dalla regione Pie

monte e dalla provincia di Trento, al fine di richiedere la dichia razione d'illegittimità costituzionale dell'intera legge impugnata. In subordine la regione chiede che venga dichiarato illegittimo l'art. 1, nella parte in cui definisce le disposizioni dell'intera legge come principi fondamentali per la legislazione regionale, senza

distinguere tra norme derogabili e non derogabili dalla legge re

gionale; e in via ancora più subordinata, che venga dichiarato

illegittimo l'art. 25, nella parte in cui esclude dalla relativa previ sione le regioni a statuto ordinario. (Omissis)

Diritto. — 1. - I tre ricorsi investono la stessa legge sotto

profili in larga parte coincidenti: si presenta, pertanto, opportu na la loro riunione al fine di addivenire ad un'unica pronuncia.

2. - Vanno in primo luogo esaminati i ricorsi proposti dalla

regione Piemonte e dalla regione Lombardia, che assumono co

me parametri di riferimento gli art. 117 e 118 Cost., in relazione

alle competenze legislative e amministrative spettanti alle regioni ordinarie in tema di «turismo e industria alberghiera» e «istruzio

ne artigiana e professionale». Con riferimento a tali profili, am

bedue le regioni chiedono innanzitutto la dichiarazione di illegit timità costituzionale nei confronti della 1. 2 gennaio 1989 n. 6

considerata nel suo complesso, cui viene contestato in generale:

a) di aver posto — nonostante l'esplicito richiamo formulato nel

l'art. 1 ai soli «principi fondamentali» in materia di «ordinamen

to della professione di guida alpina» — norme di dettaglio che

non lascerebbero spazi ulteriori alla competenza legislativa regio

nale; b) di aver istituito, nel modellare la nuova professione di

guida alpina, organismi di autogoverno della categoria, quali i

collegi regionali ed il collegio nazionale delle guide, destinati a

sottrarre alla sfera regionale poteri amministrativi, di intervento

e di controllo, spettanti alle stesse regioni. La regione Piemonte impugna, inoltre, della stessa legge, più

specificamente gli art. 1 (oggetto della legge), 3 (gradi della pro

fessione), 4 (albo professionale delle guide alpine), 5 (condizioni

per l'iscrizione all'albo), 7 (abilitazione tecnica all'esercizio della

professione di guida alpina), 11 (doveri della guida alpina), 12 (tariffe professionali), 13 (collegi regionali delle guide), 17 (san zioni disciplinari e ricorsi), 18 (esercizio abusivo della professio ne), 19 (scuole di alpinismo), 22 (elenco speciale degli accompa

gnatori di media montagna) e 24 (norme transitorie), mentre la

regione Lombardia rivolge, in linea subordinata, censure specifi che nei confronti degli art. 1 (oggetto della legge) e 25 (regioni a statuto speciale).

3. - Le doglianze formulate nei confronti della legge nel suo

complesso non possono essere prese in autonoma considerazione

dal momento che non può assumere rilievo un richiamo generico alla lesione di competenze regionali operata da una legge che enun cia i «principi fondamentali» di una materia, indipendentemente dall'esame dei contenuti delle singole disposizioni che avrebbero

ecceduto i legittimi confini della legislazione di principio (cfr. sent. 195 del 1986, punto n. 3, Foro it., 1987, I, 354).

Serve, peraltro, richiamare, ai fini della decisione sulle singole

disposizioni impugnate, sia la ratio che gli obiettivi generali che hanno ispirato l'intervento del legislatore espresso attraverso la

1. n. 6 del 1989. Secondo quanto viene illustrato nella relazione alla proposta

presentata alla camera dei deputati il 30 novembre 1987 con il

n. 1989, la legge in esame è stata determinata dalla necessità di

dare «un doveroso riconoscimento giuridico e un'adeguata disci

plina» all'attività delle guide alpine, che «superando l'originario carattere amatoriale, si è trasformata in una vera e propria pro fessione»: e questo anche in relazione al forte incremento dell'at

tività sportiva legata all'escursionismo alpino, che ha imposto di

«prevedere adeguate garanzie di preparazione tecnica e professio nale a tutela dell'incolumità degli alpinisti».

Muovendo da tali esigenze, la 1. n. 6 del 1989 ha regolato l'or

dinamento della professione di guida alpina attraverso la formu

lazione di norme di diversa portata: alcune destinate a integrare e, in parte, a modificare taluni principi già enunciati nella legge

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

quadro per il turismo (1. 17 maggio 1983 n. 217: con riferimento

particolare all'art. 11); altre dirette a regolare, nell'ambito della materia turistica, gli aspetti di rilevanza nazionale relativi al rico noscimento di una nuova professione liberale, mediante la defini zione dell'oggetto di tale professione e delle condizioni per il suo

esercizio, l'istituzione di collegi ed albi professionali, la previsio ne — attraverso tali strumenti — di particolari diritti, doveri e controlli connessi all'esercizio delle attività in esame, al fine di

garantire sia il livello qualitativo degli esercenti la professione che l'affidamento degli utenti. Il rilievo nazionale degli interessi

sottesi a questo secondo aspetto della disciplina può risultare evi

dente, ove si consideri, tra l'altro, sia il fatto che l'iscrizione del la guida alpina nell'albo professionale tenuto dal collegio regio nale abilita all'esercizio stabile della professione non solo nel l'ambito del territorio regionale, ma in tutto il territorio nazionale

(art. 4, 3° comma), sia il fatto che l'ordinamento della professio ne viene a trovare la sua struttura di vertice nel collegio nazionale delle guide, come organismo di coordinamento dei vari collegi

regionali (art. 15). In questa ottica — e aldilà dell'esplicito richiamo ai «principi

fondamentali» espresso nell'art. 1 — ai confini tra competenze statali e competenze regionali nella submateria dell'«ordinamento

della professione di guida alpina» non potranno non risultare di

versi rispetto a quelli già tracciati, per la materia «turismo e in

dustria alberghiera», dalla 1. n. 217 del 1983. In altri termini,

pur restando l'attività di guida alpina connessa alla materia turi

stica, una diversità nei limiti verrà, infatti, a rappresentare la con

seguenza naturale delle connotazioni nuove che l'attività di guida assume quando da semplice esercizio sportivo ed amatoriale si

trasformi in vera e propria professione liberale, riconosciuta e

garantita dalla legge attraverso l'istituzione di un particolare or

dinamento professionale. Nella nuova situazione che si determina

in conseguenza di tale riconoscimento, ai limiti ordinari della ma

teria espressi attraverso i principi posti dalla legge-quadro, non

potranno non aggiungersi limiti ulteriori — suscettibili di espri mersi anche attraverso disciplina di dettaglio — conseguenti al

riconoscimento formale dell'attività professionale ed alle condi

zioni del suo esercizio: limiti, nella specie, giustificati sia dall'esi

genza di far salvo «il diritto dei cittadini di esercitare in qualun

que parte del territorio nazionale la loro professione» (art. 120, 3° comma, Cost.), sia dall'esigenza di tutelare la sicurezza e l'in

columità personale di quanto intendono ricorrere alle prestazioni della guida alpina professionista.

In proposito basti solo ricordare come questa corte, muovendo

dal richiamo ad analoghi principi, abbia già avuto modo di affer

mare, in ripetute occasioni, e indipendentemente dall'appartenen za della materia, la competenza statale in ordine all'istituzione

di albi professionali, la cui tenuta risulti «affidata ad ordini o

collegi costituiti dagli stessi iscritti, alla disciplina dei quali gli ordini o collegi presiedono» (cfr. sent. n. 13 del 1961, id., 1961,

I, 566; n. 82 del 1970, id., 1970, I, 1868; e n. 155 del 1985,

id., 1985, I, 2847). 4. - Sulla scorta di queste premesse, vengono a cadere, in quanto

infondate, le censure formulate — con riferimento ad un preteso eccesso di copertura normativa da parte dello Stato — nei con

fronti (oltre che dell'art. 1) delle varie disposizioni concernenti

la definizione della professione e dei suoi caratteri (art. 3), l'isti

tuzione dell'albo e dei collegi professionali (art. 4, 5, 13), nonché

le condizioni per l'esercizio, sotto il controllo degli stessi collegi, dell'attività professionale (art. 11, 12, 17, 18): questa disciplina

attiene, infatti, a interessi di rilievo nazionale, in quanto destina

ta — attraverso le forme ordinamentali proprie delle autonomie

professionali (albi e collegi) — a regolare l'esercizio, non limitato

territorialmente, di una nuova professione liberale.

Per quanto concerne, in particolare, le censure formulte dalla

regione Piemonte nei confronti degli art. 18, 19, 22 e 24 della

legge, tali censure vanno dichiarate inammissibili o perché estra

nee al sindacato di costituzionalità (come nel caso dell'art. 18) o perché del tutto carenti di motivazione (come nel caso degli art. 19, 22 e 24).

5. - Diversa valutazione va, invece, operata in relazione alle

impugnative formulate sia dalla regione Piemonte che dalla re

gione Lombardia nei confronti dell'art. 7, nonché dalla sola re

gione Lombardia nei confronti degli art. 9 e 22 della legge, sotto

il profilo della lesione delle competenze regionali in materia di

«istruzione artigiana e professionale». Ai sensi dell'art. 7, l'abilitazione tecnica all'esercizio della pro

fessione di guida alpina si consegue mediante la frequenza di ap

II Foro Italiano — 1990.

positi corsi teorico-pratici ed il superamento dei relativi esami.

Tali corsi, finanziati dalle regioni nell'ambito dei programmi re

gionali relativi alla formazione professionale (art. 7, ultimo com

ma): a) sono organizzati, sotto la vigilanza della regione, dai col

legi regionali delle guide (che possono affidare l'organizzazione anche al collegio nazionale o ai collegi di altre regioni) (art. 7, 2° e 3° comma); b) si svolgono secondo programmi definiti —

al pari dei criteri per le prove di esame — dal direttivo del colle

gio nazionale delle guide e approvati dal ministro del turismo

e dello spettacolo (art. 7, 7° comma); c) si concludono con esami

condotti da commissioni nominate dal direttivo del collegio delle

guide alpine che ha organizzato il corso (art. 1,6° comma). A

sua volta, l'art. 9 affida ai collegi regionali, senza prevedere alcu

na partecipazione delle regioni, l'organizzazione dei corsi di ag

giornamento professionale che le guide alpine sono tenute a fre

quentare ogni tre anni, corsi i cui contenuti o modalità sono sta

biliti dai direttivi degli stessi collegi regionali (art. 9, 1° e 2° comma). Infine, l'art. 22, per gli accompagnatori di media mon

tagna, prevede un'abilitazione tecnica da conseguire mediante la

frequenza (con il superamento dei relativi esami) di appositi corsi

teorici-pratici organizzati, d'intesa con la regione, dai collegi re

gionali delle guide, secondo programmi e modalità stabiliti dagli stessi collegi, sempre d'intesa con le regioni (art. 22, 5° e 7°

comma). Tale disciplina — nelle sue diverse articolazioni — determina

una indebita compressione del ruolo riservato alle regioni in ma

teria di istruzione professionale, dal momento che affida l'orga nizzazione dei corsi professionali, di abilitazione o di aggiorna

mento, agli stessi organi dell'ordinamento professionale rappre sentati dai collegi delle guide, escludendo, di contro, la presenza

regionale (come nel caso dell'art. 9), ovvero limitandola alla sola

vigilanza (come nel caso dell'art. 7) o, al massimo, all'intesa con

gli stessi collegi (come nel caso dell'art. 22). La giurisprudenza di questa corte, in precedenti occasioni, non ha mancato di sotto

lineare come, in materia di istruzione professionale, la definizio

ne dei programmi e l'organizzazione dei corsi spetti alla sfera

delle attribuzioni regionali, salva la presenza di possibili forme

di coordinamento e controllo centrale dirette a garantire stan

dards minimi quantitativi e qualitativi, relativi ai corsi, nonché

verifiche relative alla fase della valutazione finale del risultato

della frequenza ai corsi, ove questa comporti il rilascio di titoli

abilitanti su scala nazionale (sent. n. 216 del 1976, id., 1977, I,

284; n. 89 del 1977, ibid., 1621; e n. 165 del 1989, id., 1990, I, 1865). Questo non conduce, peraltro, a escludere la possibilità

che, ai fini dell'organizzazione di diversi corsi professionali e del

la definizione dei criteri didattici e dei programmi, sia dato spa zio adeguato anche all'apporto collaborativo degli organismi rap

presentativi della categoria professionale (si tratti dei collegi pro fessionali o del Club alpino italiano, già investito, in materia,

delle competenze di cui all'art. 2 1. 24 dicembre 1985 n. 776,

richiamate anche dagli art. 20 e 26 della legge in esame): tale

apporto — ben giustificato in relazione al peculiare contenuto

tecnico e di esperienza proprio delle materie oggetto dei corsi pro

fessionali di cui è causa — potrà essere definito, in forme appro

priate, tanto in sede di eventuale formulazione di nuovi principi

da parte della legge statale quanto in sede di legislazione regionale. 6. - Resta a questo punto da esaminare il ricorso proposto dal

la provincia autonoma di Trento sia nei confronti della 1. 6/89

nel suo complesso sia — in linea subordinata — nei confronti

degli art. 15, 2° comma, e 25 della stessa legge, in relazione agli art. 8, n. 20, e 29 e 16 dello statuto speciale per il Trentino-Alto

Adige, dove si attribuisce alla stessa provincia competenza legis

lativa primaria in materia di «turismo e industria alberghiera,

compresi le guide, i portatori alpini, i maestri e le scuole di sci»

ed in materia di «addestramento e formazione professionale».

L'impugnativa della 1. 6/89 nel suo insieme viene prospettata in relazione al presupposto che la legge stessa possa essere ritenu

ta applicabile al territorio della provincia autonoma, anche al di

fuori degli articoli (15, 2° comma, 22, 8° comma e 25) che le

si riferiscono espressamente. In proposito va rilevato che sia i lavori preparatori della legge

che le formulazioni adottate nell'art. 1 (dove appare sottinteso

il richiamo all'art. 117 Cost.) nonché negli art. 15, 2° comma,

22, 8° comma, e 25 (dove viene fatto esplicito riferimento alle

regioni a statuto speciale ed alle province autonome dotate di

competenza legislativa primaria in materia di ordinamento delle

professioni di guida alpina) inducono chiaramente a ritenere che

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2447 PARTE PRIMA 2448

la volontà espressa dal legislatore statale sia stata nel senso di

limitare la disciplina in esame alle sole regioni ordinarie, salva

in ogni caso la possibilità di una successiva estensione della stessa

disciplina, con i dovuti adattamenti, anche ai soggetti dotati di

autonomia speciale titolari nella materia di competenza primaria. Allo stato — in assenza di una immediata e diretta operatività

della legge nei confronti della provincia ricorrente — resta, peral

tro, esclusa la possibilità di un autonomo rilievo, in questa sede,

della valutazione degli aspetti della disciplina posta dalla stessa

1. n. 6 del 1989 suscettibili di vincolare, in ragione del carattere

nazionale degli interessi sottesi, la competenza primaria di cui

all'art. 8, n. 20, dello statuto speciale del Trentino-Alto Adige.

L'impugnativa formulata dalla provincia di Trento nei confronti

della legge nel suo complesso va, pertanto, dichiarata inammissi

bile per difetto d'interesse.

7. - Risulta, invece, ammissibile, ma infondata l'impugnativa

proposta nei confronti dell'art. 15, 2° comma, della legge, relati

vo alla formazione del direttivo del collegio nazionale: tale impu

gnativa viene formulata sul presupposto che la norma di cui è

causa possa essere intesa nel senso di vincolare la provincia ricor

rente ad istituire «organismi analoghi» ai collegi regionali delle

guide cosi come disciplinati, per le regioni ordinarie, dalla legge

in esame. Questo presupposto non risulta, peraltro, sussistente,

dal momento che la norma contestata si limita semplicemente a

regolare il meccanismo di formazione del direttivo del collegio

nazionale, senza nulla prevedere in ordine alla presenza di parti colari vincoli od obblighi per i soggetti di autonomia speciale, relativi alla istituzione od alle modalità di formazione degli orga nismi rappresentativi della categoria.

8. - La provincia autonoma di Trento impugna anche l'art.

25 della legge, nell'ipotesi in cui la norma posta in tale articolo

si dovesse intendere nel senso che la provincia è comunque tenuta

ad osservare i programmi dei corsi ed i criteri per le prove di

esame stabiliti dal collegio nazionale delle guide ai sensi del 7°

comma dell'art. 7. Lo stesso art. 254 viene impugnato, per moti

vi diversi (e in certo senso opposti), dalla regione Lombardia,

che chiede l'estensione della norma anche alle regioni ordinarie.

In proposito va soltanto rilevato che la disposizione in esame

è stata sostituita, nella sua intereza e con efficacia retroattiva,

dall'art. 1 1. 24 maggio 1989 n. 194: l'assenza di qualsivoglia ef

fetto riferibile all'atto formale impugnato rende, di conseguenza,

improponibili, in questa sede, le censure di cui è causa.

Per questi motivi, la Corte costituzionale, riuniti i ricorsi,

1) dichiara l'illegittimità costituzionale degli art. 7, 2°, 3°, 6° e 7° comma, 9, 1° e 2° comma, 22, 5° e 7° comma, 1. 2 gennaio 1989 n. 6 (ordinamento della professione di guida alpina); 2) di

chiara inammissibili: a) le questioni di legittimità costituzionale sollevate dalle regioni Piemonte e Lombardia nonché dalla pro vincia autonoma di Trento nei confronti dell'intera legge, in rela

zione agli art. 117 e 118 Cost, e agli art. 8, nn. 20 e 29, e 16

dello statuto speciale del Trentino-Alto Adige (d.p.r. 31 agosto

1972 n. 670); b) le questioni di legittimità costituzionale sollevate dalla regione Piemonte nei confronti degli art. 18, 19, 22 e 24

della stessa legge, in relazione agli art. 117 e 118 Cost.; c) le

questioni di legittimità costituzionale sollevate dalla provincia au

tonoma di Trento e dalla regione Lombardia nei confronti del

l'art. 25 della stessa legge, in relazione agli art. 8, n. 29, e 16

dello statuto speciale del Trentino-Alto Adige e agli art. 117 e

118 Cost.; 3) dichiara non fondate: a) le questioni di legittimità costituzionale sollevate dalle regioni Piemonte e Lombardia nei

confronti degli art. 1, 3, 4, 5, 11, 12, 13 e 17 della stessa legge, in relazione agli art. 117 e 118 Cost.; b) la questione di legittimità costituzionale sollevata dalla provincia autonoma di Trento nei

confronti dell'art. 15 della stessa legge, in relazione agli art. 8,

nn. 20 e 29, e 16 dello statuto speciale del Trentino-Alto Adige.

Il Foro Italiano — 1990.

CORTE COSTITUZIONALE; sentenza 25 maggio 1989, n. 284

(Gazzetta ufficiale, la serie speciale, 31 maggio 1989, n. 22); Pres. Saja, Est. Spagnoli; Regione Toscana (Aw. Ragazzini)

c. Pres. cons, ministri (Aw. dello Stato La Porta). Conflitto di attribuzioni.

Regione — Regolamenti comunitari in materia di competenza re

gionale — Attuazione — Spettanza alla regione — Limiti —

Fattispecie (Cost., art. 41, 42, 117; d.p.r. 24 luglio 1977 n. 616, attuazione della delega di cui all'art. 1 1. 22 luglio 1975

n. 382, art. 6).

Non spetta allo Stato disciplinare mediante decreto ministeriale

(anziché con legge) le condizioni secondo le quali deve avvenire

il trasferimento del diritto di reimpianto di viti, i contenuti del l'atto di compravendita ed il luogo dove deve avvenire la tras

crizione dell'atto e di conseguenza vanno annullati gli art. 1

e 3 decreto ministeriale del ministro dell'agricoltura 12 ottobre

1988 n. 469. (1) Non spetta allo Stato vietare qualsiasi autorizzazione di nuovi

impianti di viti, previsti per le superfici a denominazione di origine controllata a norma dell'art. 6 regolamento Cee n.

822/87, a favore di chi abbia ceduto il diritto di reimpianto di viti e di conseguenza va annullato l'art. 5 del decreto del

ministro dell'agricoltura 12 ottobre 1988. (2)

Spetta allo Stato disporre con decreto ministeriale l'indispensabile

previo assenso regionale all'esercizio del diritto di reimpianto di

viti, l'obbligo di comunicazione delle copie degli atti di tras ferimento agli organi delle regioni interessate all'estirpazione e

al reimpianto e stabilire il termine entro cui tali organi debbono

a loro volta comunicare al ministero i dati relativi all'entità delle

aziende e delle superfici interessate dai trasferimenti e sono di con

seguenza legittimi gli art. 2, 3, 4 e 6 del decreto del ministro del

l'agricoltura 12 ottobre 1988 n. 469. (3)

Diritto. — 1. - Il regolamento Cee n. 822 del 1987 del consiglio

del 16 marzo 1987, relativo all'organizzazione del mercato vitivi

nicolo, nel consentire, in regime di blocco di nuovi impianti, il

trasferimento totale o parziale del diritto di reimpianto di viti

verso superfici appartenenti ad azienda diversa da quell'origina ria e destinate alla produzione di vini di qualità prodotti in regio ni determinate (v.q.p.r.d.), prevede che tale trasferimento avven

ga «alle condizioni fissate dallo Stato membro interessato» (art.

7, par. 2). Il regolamento in esame è dunque, per questa parte, non «au

tosufficiente», avendo un contenuto dispositivo incompleto e perciò insuscettibile di immediata applicazione.

Il ministro dell'agricoltura, con il decreto impugnato, ha inteso — come risulta anche dal preambolo — specificare le misure nor

mative necessarie per rendere possibile l'esecuzione della disposi zione comunitaria da parte dei soggetti interessati e delle pubbli che autorità.

La regione Toscana, promuovendo il presente conflitto, si duole

che, cosi facendo, il decreto in questione, investendo la materia

«agricoltura» ad essa demandata, abbia invaso la sua competen za a dare attuazione, anche in via normativa, al suddetto regola mento Cee, poiché mancherebbero, nella specie, i presupposti e

i requisiti necessari, anche secondo la giurisprudenza di questa

corte, per giustificare una simile ingerenza dell'autorità statale.

L'avvocatura dello Stato obietta che il medesimo decreto non

lede la competenza regionale, avendo ad oggetto specifico il solo

trasferimento del diritto di reimpianto, il quale oltretutto, per

(1-3) La pronuncia si fonda essenzialmente su Corte cost. 30 settembre

1987, n. 304, Foro it., 1988, I, 732, con nota di Cicduello e sui principi in essa enunciati a proposito della competenza delle regioni a dare attua

zione ai regolamenti comunitari. In essa ha osservato infatti che spetta alle regioni la competenza ad adottare le misure necessarie per l'esecuzio ne dei regolamenti comunitari, non immediatamente applicabili ed inci

denti in materie riservate alla loro competenza legislativa. In proposito vedi pure Corte cost. 3 giugno 1987, n. 216, ibid., 360, con nota di ri chiami e osservazioni di M. De Luca, secondo cui i provvedimenti attua tivi di regolamento Cee in tema di aiuti comunitari alla produzione di

olio di oliva, essendo interventi di interesse nazionale per la regolamenta zione del mercato agricolo di quel prodotto, rientrano nella competenza dello Stato. In ordine alla competenza regionale in campo internazionale ed alla nozione di attività di mero rilievo internazionale, v., da ultimo, Corte cost. 14 febbraio 1989, n. 42, 30 giugno 1988, n. 739, 30 giugno 1988, n. 737, ord. 3 marzo 1988, n. 250, id., 1990, I, 1152, con nota di richiami.

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