sentenza 7 aprile 1988, n. 422 (Gazzetta ufficiale, 1 a serie speciale, 20 aprile 1988, n. 16); Pres.Saja, Est. Borzellino; Regione Liguria (Avv. Cocchi, Petrocelli, E. Romanelli) e RegioneLombardia (Avv. Onida, Rueca) c. Pres. cons. ministri (Avv. dello Stato Azzariti). Conflitto diattribuzioneSource: Il Foro Italiano, Vol. 112, PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE(1989), pp. 1399/1400-1403/1404Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23183956 .
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1399 PARTE PRIMA 1400
mens legis ed al fine di evitare trattamenti discriminatori in posi zioni identiche, la condizione ostativa deve intendersi limitata al
godimento della pensione di vecchiaia.
Inoltre il tribunale non ha tenuto conto del principio che la
legge opera per il futuro e che, pertanto, all'esercizio dell'opzio ne dovrebbero essere considerate di ostacolo soltanto le pensioni che saranno ottenute dopo l'entrata in vigore della legge.
Il motivo è infondato. Questa corte con la precedente decisione
n. 1242/87 (Foro it., Rep. 1987, voce Lavoro (rapporto), n. 510) ha già ritenuto che il diritto di opzione di cui all'art. 6 d.l. 791
del 1981 convertito nella 1. 54 del 1982 non può appartenere a
chi già goda della pensione d'invalidità.
Il collegio ritiene di potere condividerne gli argomenti ossia
che la lettera della norma appare chiara laddove esclude dalla
facoltà di esercitare il diritto (potestativo) di opzione i titolari
di pensione (e perfino coloro i quali abbiano presentato doman
da) senza alcuna distinzione per tipi di pensione e che alla sud
detta esclusione, costituendo essa una eccezione a fronte della
regola (esercizio della facoltà di opzione), non può attribuirsi una
portata ancora più limitativa di quella risultante dal testo della
norma (la quale avrebbe detto di più) senza che ulteriori elementi
testuali o principi peculiari dell'assetto giuridico previdenziale au
torizzino l'interprete a cogliere una divergenza tra lettera e ratio
della legge. L'assunto del ricorrente, infatti, non può cogliersi nel richiamo
testuale alla pensione di vecchiaia (di cui all'art. 6, 2° comma)
per inferirne che solo ai titolari di essa (o a chi ne faccia doman
da) è inibita l'opzione, posto che i destinatari della norma sono
già individuati nel 1° comma e che del richiamo alla pensione di vecchiaia, contenuto nel comma suddetto e fatto uso solo al
fine di individuare il dies certus utile per il computo del termine
di presentazione della domanda.
In questa logica si colloca altresì la disciplina per coloro i quali alla data di entrata in vigore del decreto erano ancora in attività
di servizio pur avendo maturato i requisiti per avere diritto alla
suddetta pensione o che li avrebbero maturati entro i sei mesi
successivi (3° comma); e si colloca infine la considerazione che
allo scopo di cui sopra, ossia per il computo del termine utile
al fine della comunicazione dell'opzione al datore di lavoro, non
si poteva certo assumere la pensione di invalidità che nel rappor to assicurativo costituisce un evento incerto.
Infine può ritenersi che la pensione di anzianità non sia stata
considerata in quanto incompatiible con la posizione di lavoro
subordinato (art. 22 1. 153 del 1969). Tutto ciò si armonizza con il principio sostenuto dalla maggio
ritaria dottrina e dalla giurisprudenza (Cass. 375/77, id., Rep. 1977, voce Previdenza sociale, n. 498; 3084/81, id., Rep. 1981, voce cit., n. 596) secondo cui non è consentito mutare il titolo
della pensione salvo le eccezioni espressamente previste dalla leg
ge (art. 1 d.p.r. 488 del 1968; art. 11 1. 153 del 1969; art. 131
d.p.r. 1092 del 1973; art. 2 ter r.d. 30 del 1974, mod. 1. 11 del
1974), fermo ovviamente il diritto alla liquidazione dei supple menti; e lo stesso diritto di opzione non serve a mutare il princi
pio, posto che il suo esercizio continua ad incidere sempre sulla
pensione di vecchiaia (5° comma) della quale stabilisce la de correnza.
Ne consegue la logica considerazione che il legislatore avrebbe verosimilmente usato formule ben diverse se avesse voluto incide
re, specificatamente per il caso in esame, sulla suddetta realtà
giuridica statuendo la possibilità di trasformare la pensione d'in
validità in pensione di vecchiaia (come ha fatto con l'art. 1, n.
10, 1. 222 del 1984 in forza del quale l'assegno di invalidità si trasforma, a condizione che sussistano i requisiti di assicurazione e di contribuzione, in pensione di vecchiaia).
Gli argomenti di cui sopra, che il collegio intende ribadire, con
vincono che all'espressione «una pensione» usata dalla legge non
può non essere attribuito significato ampio (e non limitato alla
pensione di vecchiaia). Infine la norma è chiara nell'escludere dall'esercizio dell'opzio
ne non solo coloro i quali chiederanno una pensione, ma altresì coloro che, alla data di entrata in vigore, ne siano già in possesso («non abbiano ottenuto»).
Con il secondo motivo il ricorrente denunzia violazione degli art. 3, 4, 35, 38 Cost, stante l'interpretazione che dell'art. 6 d.l.
791 del 1981 e l'art. 6 1. 54 del 1982 è stata offerta dal tribunale.
Infatti, l'esclusione dei titolari di pensione di invalidità dal di
ritto di opzione crea disparità di trattamento nell'ambito dei pen
II Foro Italiano — 1989.
sionati a danno di coloro che abbiano acquisito una pensione d'invalidità con contribuzioni inferiori al minimo, con conseguente lesione del «diritto al lavoro che sarebbe precluso a chi si è avval
so di un diritto» ed altresì violazione della «comune tutela del
lavoro» (art. 35 Cost.) e «quella assicurativa».
La situazione in cui viene a trovarsi l'invalido titolare di pen sione — osserva il collegio — è diversa dai lavoratori che non
ne fruiscono per cui in presenza di situazioni soggettive diverse
non è ravvisabile la denunziata irragionevolezza del trattamento
differenziato (il primo ha realizzato la propria tutela assicurativa
ed eventuali ulteriori periodi assicurativi danno diritto solo a sup
plenti di pensione ma non a ricalcolo su nuove basi) la sua rego
lamentazione, proprio in forza delle situazioni non omogenee, rientra nella scelta discrezionale del legislatore.
Con la norma in esame, poi, non viene intaccato il principio del diritto al lavoro» né quello della «tutela» in quanto né la
posizione di lavoro né la protezione apprestata al lavoratore ven
gono scalfite dalla norma denunziata posto che la determinazione
dell'età pensionabile rientra nei criteri discrezionali di politica le
gislativa che, in relazione alle suddette norme costituzionali, non
può dirsi irragionevolmente attuata stante la diversità delle posi zioni soggettive.
Sempre per la suddetta non omogeneità delle situazioni la nor
ma in esame non confligge con l'art. 38 Cost, per avere creato
la denunziata disparità di trattamento fra lavoratori pensionati e non.
Il ricorso deve essere in conclusione respinto.
CORTE COSTITUZIONALE; sentenza 7 aprile 1988, n. 422 {Gaz
zetta ufficiale, la serie speciale, 20 aprile 1988, n. 16); Pres.
Saja, Est. Borzellino; Regione Liguria (Avv. Cocchi, Petro
ceixi, E. Romanelli) e Regione Lombardia (Avv. Onida, Rue
ca) c. Pres. cons, ministri (Aw. dello Stato Azzariti). Conflitto di attribuzione.
Regione — Conti consuntivi degli enti locali — Comunicazione
di elementi alla Corte dei conti — Nomina di commissari «ad
acta» per omissioni — Ordini della Corte dei conti ai comitati
regionali di controllo — Spettanza del potere (Cost., art. 130; r.d. 3 marzo 1934 n. 383, t.u. della legge comunale e provin ciale, art. 252, 255, 289, 310; 1. 10 febbraio 1953 n. 62, costitu
zione e funzionamento degli organi regionali, art. 59; d.l. 22
dicembre 1981 n. 786, disposizioni in materia di finanza locale, art. 13; 1. 26 febbraio 1982 n. 51, conversione in legge, con
modificazioni, del d.l. 22 dicembre 1981 n. 786, art. unico).
Spetta alla Corte dei conti chiedere ai comitati regionali di con
trollo dati ed elementi di informazione sui conti consuntivi in
viati alla sezione enti locali della Corte dei conti dalle province e dai comuni con popolazione superiore agli ottomila abitanti. (1)
Spetta alla Corte dei conti ordinare ai comitati regionali di con
trollo il deposito (e la comunicazione di una serie numerosa) di dati e di elementi, in ordine ai conti consuntivi inviati alla
sezione enti locali della Corte dei conti dalle province e dai
comuni con popolazione superiore agli ottomila abitanti. (2)
Spetta alla Corte dei conti chiedere ai comitati regionali di con
trollo la nomina di commissari ad acta per il compimento degli
adempimenti omessi dalle province e dai comuni con popola zione superiore agli ottomila abitanti, relativamente alla appro vazione dei conti consuntivi, e alla loro trasmissione alla sezione enti locali della Corte dei conti. (3)
(1-3) La progressione dei poteri riconosciuti alla Corte dei conti è evi denziata nelle tre massime: a) potere di richiedere ai comitati generali regionali di controllo dati ed elementi di informazione sui conti consunti vi degli enti locali; b) potere di ordinare ai comitati regionali di controllo il deposito di tali dati ed elementi; c) potere di richiedere ai comitati
regionali di controllo la nomina di commissari ad acta per il compimento degli adempimenti necessari omessi dagli enti locali. Si tratta di tré distin te progressive fasi del giudizio di conto, l'una consistente in un'attività di istruzione acquisitoria, l'altra in un'attività di istruzione esibitoria, l'altra ancora in un'attività di controllo sostitutivo.
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
Diritto. — 1. - I ricorsi concernono identiche o connesse que stioni ed i relativi giudizi vanno riuniti, pertanto, per formare
oggetto di un'unica pronuncia. 2. - L'art. 13 d.l. 22 dicembre 1981 n. 786 (disposizioni in
materia di finanza locale) nel testo sostituito per effetto della leg
ge di conversione 26 febbraio 1982 n. 51 stabilisce che le province
e i comuni con popolazione superiore a ottomila abitanti sono
tenuti a trasmettere i propri conti consuntivi alla Corte dei conti
entro trenta giorni dall'awenuto esame da parte degli organi re
gionali di controllo, in uno alle relazioni dei revisori e ad ogni
altro documento e informazione che la corte abbia a richiedere.
L'apposita sezione, all'uopo costituita in seno alla Corte dei
conti, esamina, previa adozione di un piano di rilevazioni e rela
tivi criteri, i consuntivi stessi, riferendone annualmente al parla
mento, con carico di evidenziare i risultati d'indagine «sulla
gestione finanziaria e sul buon andamento dell'azione ammini
strativa degli enti».
In conseguenza di tale normativa, la Corte dei conti ha richie
sto ai comitati di controllo previsti dall'art. 130 Cost, l'indivi
duazione — attraverso la lettura dei singoli atti soggetti a riscontro
e ancorché questi riconosciuti legittimi — delle eventuali irregola
La sentenza in rassegna pare confermare il sistema processuale degli strumenti attuativi od ottemperativi diretto all'accertamento cognitivo in
sede istruttoria degli elementi necessari alla definizione del giudizio sul
conto degli enti locali, come delineato nella giurisprudenza della Corte
dei conti.
Non risultano precedenti nella giurisprudenza costituzionale: scarse, ma
significative risultano invero le decisioni della Corte dei conti: circa l'i
struzione acquisitoria, cfr. sez. I 15 giugno 1985, n. 108, Foro it., Rep.
1986, voce Responsabilità contabile, n. 436; circa l'istruzione esibitoria, cfr. sez. I, ord. 19 giugno 1986, n. 108, id., Rep. 1987, voce cit., n.
472; circa l'istruzione nella forma del controllo sostitutivo, cfr. sez. I, ord. 29 gennaio 1986, n. 2, id., 1986, III, 349, con nota di richiami
di L. Verrienti. Assai importanti, anche per il contenuto largamente
esplicativo, sono Corte conti, sez. enti locali, 5 marzo 1984, n. 2/84,
id., Rep. 1985, voce Regione, n. 171, che pone in rilievo la competenza
dell'organo regionale di controllo nell'esercizio del controllo sostitutivo, anche mediante la nomina di commissari ad acta, nei confronti di organi di enti locali inadempienti nell'adozione di atti deliberativi relativi al pro cedimento approvativo del conto consuntivo, e la contemporanea decisio
ne della medesima sezione n. 2 bis/84, ibid., n. 172, che stabilisce la
spettanza al giudice contabile del potere di attivare il meccanismo acqui sitivo o mediante la procedura esibitoria o mediante il controllo sostituti
vo, cui corrisponde l'obbligo dell'organo regionale di controllo di adempiere alle richieste del giudice contabile. Cfr. Corte conti, sez. II, 27 maggio
1985, n. 96, id., 1986, III, 54, con nota di richiami di L. Verrienti, che si propone di risolvere, quasi didatticamente, talune questioni relative
alla definizione dei poteri del magistrato relatore sul conto giudiziale di
un ente locale, allorquando riscontri irregolarità di gestione nell'esame
del conto dello stesso ente locale: l'attività istruttoria del magistrato rela
tore è limitata all'acquisizione di elementi relativi ai comportamenti ge
stori sia del tesoriere sia degli amministratori degli enti locali, restando
attribuita al collegio, sulla base delle risultanze dell'istruttoria, la compe
tenza a chiamare in causa gli amministratori, con apposita richiesta al
p.m. L'obiettivo della Corte conti, cui la riportata sentenza pare prestare
adesione, è quello di apprestare un sistema capace di acquisire ogni utile
elemento cognitivo circa il giudizio sul conto consuntivo degli enti locali, non solo ai fini della declaratoria di regolarità sul conto medesimo, ma
anche al fine di conoscere determinati fatti che, pur non incidendo sui
risultati del conto, possono dar luogo a responsabilità degli amministratori.
Sotto tale angolazione diventa determinante la costituzione del con
traddittorio nei confronti di soggetti che non rivestono la qualifica di
contabili, come gli amministratori di enti locali, e l'individuazione dei
rapporti tra giudizio di conto e giudizio di responsabilità contabile, ovve
ro tra il giudizio sul conto consuntivo e il giudizio di responsabilità deri
vato dall'esame del conto: appare sfuggente se quest'ultimo giudizio sia
un giudizio di conto o un autonomo giudizio di responsabilità contabile:
cfr. Corte conti, sez. I, 13 gennaio 1987, n. 15, id., Rep. 1987, voce
Responsabilità contabile, n. 453; 13 gennaio 1987, n. 12, ibid., n. 464;
20 dicembre 1986, n. 722, ibid., n. 564; 30 ottobre 1986, n. 691, ibid.,
n. 452; ord. 29 gennaio 1986, n. 9, ibid., n. 471; 23 settembre 1985,
n. 191, id., Rep. 1986, voce cit., n. 456; ord. 23 settembre 1985, n. 165,
ibid., n. 502; 21 maggio 1985, n. 87, ibid., n. 431.
Da segnalare infine Corte conti, sez. I, 13 gennaio 1987, n. 9, id.,
1987, III, 498, con nota di richiami, nel senso dell'inammissibilità del
l'opposizione di terzo proposta dal presidente della giunta regionale nei
confronti della richiesta giudiziale di notizie riguardanti la formazione
e la gestione dei bilanci delle unità sanitarie locali.
Sul tema in generale, v. Bertolissi, L'attività della sezione enti locali
della Corte dei conti, in Regioni, 1986, 1241.
Il Foro Italiano — 1989.
rità di gestione. Inoltre, sempre ai comitati di controllo, la detta
corte ha richiesto, in particolare, dati sulle osservazioni formula
te in tema di bilanci, di conti consuntivi e di atti di gestione rile
vanti, oltreché notizie sulle spese ordinate fuori bilancio e su
delibere d'urgenza non ratificate ovvero emesse in sanatoria.
3. - Le regioni Liguria e Lombardia contestano il potere sud
detto, quale compressivo delle autonomie locali, in assenza di
specifiche statuizioni al riguardo; attiene esso «all'esercizio della
peculiare funzione di controllo successivo» proprio della Corte
dei conti che non potrebbe pretendere un parziale svolgimento, ancorché istruttorio, dai comitati regionali di controllo.
4. - Nei termini di cui in appresso, la questione non è fondata.
Occorre ricordare anzitutto che il conto del tesoriere del comu
ne (e della provincia) dopo la deliberazione su di esso da parte del consiglio comunale (o provinciale) veniva, anteriormente alla
sentenza di questa corte n. 55 del 1966 (Foro it., 1966, I, 986),
sottoposto al giudizio del consiglio di prefettura, giusta l'art. 310, 4° comma, del testo unico comunale e provinciale approvato con
r.d. 3 marzo 1934 n. 383.
Tale disposizione — come è noto — è stata dichiarata illegitti ma con la citata sentenza n. 55, in uno alle altre concernenti
la giurisdizione del consiglio di prefettura. In forza di consolidata elaborazione giurisprudenziale, l'esame
giurisdizionale del conto e delle eventuali connesse responsabilità è ora esercitato dalla Corte dei conti a mezzo delle competenti sezioni del contenzioso contabile.
Senonché, col provvedimento di approvazione del conto con
suntivo, era compito del consiglio di prefettura porre in rilievo
anche «il risultato economico dell'esercizio», ai sensi dell'art. 289,
ultimo comma, t.u. 383/34.
La norma rimasta in vigore (fatta eccezione dell'organo) rac
chiudeva già l'essenza dei compiti di riscontro sulla gestione fi
nanziaria degli enti locali, che ora più razionalmente e
compiutamente, in una visione organica complessiva dell'intero
contesto della finanza pubblica, il legislatore ha affidato (art. 13
d.l. 786/81 cosi come sostituito dalla 1. 51/82) alla Corte dei con
ti, previo peraltro l'esame dei consuntivi «da parte degli organi
regionali di controllo».
Dalla ricostruzione anzicennata, risulta che: a) il conto del te
soriere, per l'accertamento di possibili responsabilità anche degli
amministratori dell'ente ex art. 252 ss. t.u. 383/34, è sottoposto
ai competenti organi giurisdizionali della Corte dei conti; b) il
consuntivo medesimo, nel diverso obiettivo d'esame della regola
rità e del buon andamento degli enti locali, è soggetto alla disci
plina del ricordato art. 13, finalizzata al referto annuale al
parlamento. Trattasi dunque, nell'ipotesi sub b), di un riscontro delle risul
tanze globali, della cui effettuazione sono resi partecipi l'organo
regionale di controllo e la Corte dei conti, all'unico scopo di ren
dere di esse destinatario il parlamento. Del resto questa corte ha
già indicato, in passato, come il disposto dell'art. 130 Cost., non
abbracci tutti i possibili schemi di controllo sugli enti locali (sen
tenze nn. 149 e 161 del 1981, id., 1982, I, 15).
L'interconnessione delle competenze accennate, strumentalmente
rivolte all'unico fine comune del referto alle camere, resiste, in
tal modo, alle censure: l'attuazione di un'indagine globale coin
volgente tutti i settori interessati per gli scopi di coordinamento
e accertamento della buona gestione nell'area della finanza pub
blica, quale questa oggi si va sempre più delineando positivamen
te (si vedano il titolo IV — conti della finanza pubblica — della
1. 5 agosto 1978 n. 468 sulla «normalizzazione» dei conti degli
enti pubblici nonché le successive disposizioni adeguatici), appa
re fine eminente sistematico, nell'interesse della collettività nazio
nale, quanto il rispetto stesso delle autonomie cui peraltro non
contraddice.
In concreto, è pienamente attuabile la richiesta di elementi de
sumibili da una ricerca materiale sui risultati del riscontro dispo
sto dagli organi regionali di controllo nei confronti degli atti degli
enti locali. Più complesso, sul piano della realizzazione pratica relativa,
può apparire l'appagamento della realtà conoscitiva, per effetto
di una rilevazione sui sintomi globali di irregolarità della gestione.
Tuttavia, la detta esigenza, che rientra, comunque, pur sempre
e precipuamente nelle finalità univoche dell'art. 13, può venir
soddisfatta in ambiti quanto più possibile aderenti, nel descritto
quadro delle informazioni per il parlamento nazionale; né la Corte
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1403 PARTE PRIMA 1404
dei conti richiedente ha mostrato di disinteressarsi agli insorgenti
problemi, dandone anzi comunicazione alle camere per una scelta
di soluzioni adeguate (p. 4 e 10 della deliberazione n. 2-bis del
5 marzo 1984). 5. - La regione Lombardia contesta i contenuti delle delibera
zioni impugnate, anche nel riferimento alla nomina di commissa
ri ad acta per gli enti locali inadempienti. A tal riguardo, va rilevato che il potere relativo appartiene ab
origine ai comitati di controllo ex art. 59 1. 10 febbraio 1953
n. 62; ciò non appare contestato — bensì' riconosciuto — dalla
stessa Corte dei conti. E quanto all'invito, in proposito, circa
l'aver notizia delle spese relative, esso ovviamente soccorre, ai
sensi dell'art. 255 t.u. n. 383 del 1934, ai meri e circoscritti fini
di segnalazione delle responsabilità contabili che potessero de
rivarne.
Per questi motivi la Corte costituzionale, riuniti i giudizi, di
chiara che spetta alla Corte dei conti, giusta l'art. 13 d.l. 22 di
cembre 1981 n. 786 nel testo sostituito con 1. 26 febbraio 1982
n. 51, richiedere quanto forma oggetto delle deliberazioni impu
gnate dalle regioni Liguria e Lombardia con i ricorsi in epigrafe.
CORTE COSTITUZIONALE; sentenza 7 aprile 1988, n. 421 (Gaz zetta ufficiale, la serie speciale, 20 aprile 1988, n. 16); Pres. Saja, Est. Borzellino; Regione Friuli-Venezia Giulia (Aw. Pa
cia) c. Pres. cons, ministri (Avv. dello Stato Azzariti). Con
flitto di attribuzioni.
Friuli-Venezia Giulia — Danni provocati da dipendenti regionali — Azione di responsabilità — Spettanza alla Corte dei conti
(Cost., art. 5, 24; statuto speciale della regione Friuli-Venezia
Giulia, art. 1, 46; r.d. 13 agosto 1933 n. 1038, regolamento di procedura per i giudizi innanzi alla Corte dei conti, art. 43; r.d. 12 luglio 1934 n. 1214, t.u. delle leggi sulla Corte dei con
ti, art. 1, 74; d.p.r. 15 gennaio 1987 n. 469, norme integrative di attuazione dello statuto speciale della regione Friuli-Venezia
Giulia, art. 12).
Spetta al procuratore generale presso la Corte dei conti promuo vere l'azione di responsabilità, a tali fini esercitando i relativi
poteri istruttori, nei confronti dei funzionari e dei dipendenti della regione Friuli- Venezia Giulia, per illeciti di danno connes
si all'esercizio delle loro attribuzioni. (1)
(1) Corte cost. 30 dicembre 1987, n. 641, Foro it., 1988, I, 694, con nota di richiami, indica il contenuto essenziale della giurisdizione della Corte dei conti ai sensi dell'art. 103, 2° comma, Cost.: a) spetta infatti al legislatore la determinazione dell'oggetto delle materie di contabilità
pubblica e l'individuazione dei soggetti nei cui confronti tale giurisdizione si estende; b) la riserva di giurisdizione spettante alla Corte dei conti ai sensi dell'art. 103, 2° comma, Cost, incontra il limite funzionale della
interpositio del legislatore, cui spetta, nei limiti ad esso imposti dalle nor me costituzionali sulla ripartizione della giurisdizione, la determinazione della sfera di giurisdizione dei giudici.
Sotto l'angolazione interpretativa fissata nella citata sentenza, è da porre in evidenza il principio di diritto contenuto nella succinta motivazione di Corte cost. 421/88, la quale, nonostante la citazione dei precedenti a fini giustificativi, rileva nella stessa vigente normativa primaria sulle funzioni e sulle procedure per i giudizi innanzi alla Corte dei conti la
ragione pura della spettanza al procuratore generale presso la Corte dei conti del potere di promuovere azione di responsabilità, comprensiva di
adempimenti preistruttori e di attività istruttorie, nei confronti di funzio nari e di dipendenti di regioni a statuto speciale; nello stesso senso, v.
pure Corte conti, sez. giur. Sardegna, 20 gennaio 1987, n. 158, id., Rep. 1987, voce Responsabilità contabile, n. 78.
La decisione è altresì importante per due profili: a) la conferma del ruolo del procuratore generale presso la Corte dei conti, come organo legittimato ad agire, nell'interesse dello Stato-ordinamento, contro fun
zionari, impiegati ed agenti degli enti pubblici circa la responsabilità per danni arrecati nell'esercizio di attività connesse alle loro attribuzioni, è determinante ai fini della ricostruzione e dell'espansione della giurisdizio ne della Corte dei conti, in quanto lo spostamento della legittimazione ad agire dal procuratore generale all'ente danneggiato, implica il trasferi
II Foro Italiano — 1989.
Fatto. — Con ricorso notificato in data 14 aprile 1983 (confi, n. 14/83) il presidente della giunta regionale del Friuli-Venezia
Giulia, rappresentato e difeso dall'avv. Gaspare Pacia, ha propo sto conflitto di attribuzione nei confronti del presidente del con
siglio dei ministri, «in relazione alla lettera 5 febbraio 1983 n.
241368/PUR», con la quale la procura generale della Corte dei
conti — assume la regione — si è attribuito il potere di esercitare
un'azione di risarcimento danni nei confronti di appartenenti al
l'amministrazione regionale, suppostamente responsabili di culpa in vigilando «per il danno che si presume arrecato alle pubbliche finanze ed all'economia nazionale in conseguenza della mancata
esecuzione» di un'opera pubblica da parte del comune di Rigolato. Con altri tre ricorsi notificati in data 24 ottobre 1984 (confi,
nn. 47 e 48 del 1984) e 23 gennaio 1987 (confi, n. 4 del 1987) è stato proposto dalla regione Friuli-Venezia Giulia, rappresenta ta e difesa dallo stesso aw. Pacia, conflitto di analogo contenu
to, in relazione alle lettere 25 agosto 1984 n. 241645 FCH, 25
agosto 1984 n. 241738 FCH e 27 novembre 1986 n. 260907/CAS,
con le quali la procura generale della Corte dei conti si è attribui
to identico potere per la mancata esecuzione di un'opera pubbli
ca, ammessa a contributo regionale, nei comuni rispettivamente di Treppo Grande, di Sauris e di Verzegnis.
Secondo i ricorsi, le indagini istruttorie disposte dalla procura
generale della Corte dei conti e preordinate alla eventuale instau
razione di un giudizio di responsabilità amministrativa nei con
fronti di «appartenenti all'amministrazione regionale», lederebbero, nel voler perseguire un danno arrecato alla regione, la sfera di
competenza e di autonomia propria di questa, contrastando: con
l'art. 1 dello statuto speciale (1. cost. 31 gennaio 1963 n. 1) che, nel conferire alla regione la personalità, non ha inteso di certo
privarla della piena capacità d'agire per la tutela dei propri diritti
ed interessi; con l'art. 46 del medesimo statuto, che riserva alla
giunta regionale di «deliberare in materia di liti attive e passive, rinunce e transazioni»; con l'art. 5 Cost., che «riconosce e pro muove le autonomie locali»; con l'art. 24 Cost., che riconosce
ad ogni persona fisica e giuridica il potere esclusivo di agire in
giudizio per la tutela dei propri diritti ed interessi.
La regione, assume la ricorrente, è centro di imputazione e
di riferimento, non meno che di gestione, di una molteplicità d'in
teressi e adotta per la loro cura, pertanto, le più svariate determi
nazioni, in piena libertà di apprezzamento e con valutazioni
soggette esclusivamente al controllo di legittimità del competente
organo a ciò demandato.
Si precisa, in punto, che la facoltà d'iniziativa della procura
generale della Corte dei conti, prevista da una norma regolamen tare (art. 43 r.d. 13 agosto 1933 n. 1038), attiene esclusivamente
ai danni cagionati allo Stato.
Nei ricorsi si rileva di non ignorare che la Corte costituzionale
(sentenze n. 68 del 1971, Foro it., 1971, I, 2711 en. 211 del
1972, id., 1973, I, 633) ha affermato principi ai quali non si con
formano le tesi sopra esposte. Si confida tuttavia in un riesame
sia alla luce di successive sentenze (n. 112 del 1973, ibid., 2964
e n. 102 del 1977, id., 1977, I, 1607), sia nella considerazione
che il potere esclusivo di agire per il risarcimento dei danni non
può essere riconosciuto ad un organo unico (procura generale della Corte dei conti), per conto e nell'interesse dello Stato e di
tutti gli altri enti pubblici, in cui la repubblica si riparte.
mento dell'esercizio dell'azione di responsabilità dal giudice contabile al
giudice ordinario: in termini, v. alcune significative decisioni, che inqua drano il ruolo e le funzioni del procuratore generale presso la Corte con ti: cfr. Corte dei conti, sez. riun. 11 giugno 1986, n. 498/A, ibid., n.
525; 30 maggio 1986, n. 490/A, id., 1987, III, 290, con nota di richiami; 19 dicembre 1985, n. 45/A, id., 1986, III, 263, con nota di richiami; Cass. 18 dicembre 1985, n. 6437, id., 1987, I, 1564, con nota di richiami; b) il procuratore generale presso la Corte dei conti, come organo che
agisce nell'interesse generale e indifferenziato dello Stato-ordinamento, garantisce l'esercizio dell'azione posta a tutela degli interessi patrimoniali pubblici, raggruppati nell'area della c.d. finanza pubblica: nei termini, v. Corte conti, sez. riun., 3 giugno 1987, n. 544/A, id., 1988, III, 252, con osservazioni di L. Verrienti, che riconduce il danno all'economia
nazionale, quale prototipo avanzato di danno pubblico, nell'area più ri stretta e giuridicamente verificabile del danno alla finanza pubblica, in
quanto appartenente allo Stato-comunità, organizzato in un apparato pub blico, ed economicamente valutabile.
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