sentenza 8 febbraio 1991, n. 62 (Gazzetta ufficiale, 1 a serie speciale, 13 febbraio 1991, n. 7);Pres. Conso, Est. Pescatore; Sgambato c. Comune di S. Felice a Cancello. Ord. Trib. S. MariaCapua Vetere (G.U., 1 a s.s., n. 44 del 1990)Source: Il Foro Italiano, Vol. 114, PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE(1991), pp. 1339/1340-1345/1346Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23185432 .
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1339 PARTE PRIMA 1340
ma anche, per i rilievi appena esposti, dal punto di vista del
l'art. 3 sotto il profilo del principio di ragionevolezza. Il mante
nimento dei vincoli dell'autonomia collettiva in ordine agli ef
fetti indiretti delle variazioni del costo della vita sulla retribu
zione, sebbene non possa dirsi contraddittorio sul piano della
logica formale, sul piano della razionalità pratica appare incoe
rente con la restituzione (argomentabile dell'art. 1, 2° comma, 1. n. 38 del 1986) alle parti sociali del potere di modificare, anche in senso più favorevole ai lavoratori, la disciplina legale
degli effetti diretti stabilita nel 1° comma.
La data di entrata in vigore della 1. n. 38 del 1986 (28 feb
braio 1986) deve perciò ritenersi il termine più sicuro di riferi
mento del giudizio di sopravvenuta illegittimità costituzionale
della norma in esame.
Per questi motivi, la Corte costituzionale, riuniti i giudizi, dichiara l'illegittimità costituzionale, sopravvenuta dal 28 feb
braio 1986, dell'art. 2, 1° comma, d.l. 1° febbraio 1977 n. 12, convertito nella 1. 31 marzo 1977 n. 91 («norme per l'applica zione dell'indennità di contingenza»), nella parte in cui non con
sente la computabilità dell'indennità di contingenza su elementi
retributivi diversi da quelli previsti dalla contrattazione colletti
va prevalente nel settore dell'industria.
II
Motivi della decisione. — (Omissis). Quanto alla domanda
riconvenzionale proposta dalla Line Informativa s.p.a. si osser
va quanto segue: la giurisprudenza di merito (da ultimo la re
cente sent. Trib. Milano 7 febbraio 1990), quelle di legittimità
(si citano per tutte Cass. 7 febbraio 1986, n. 781, Foro it., Rep.
1986, voce Lavoro (rapporto), n. 2572 e Cass. 22 gennaio 1987, n. 593, id., Rep. 1987, voce cit., n. 1963) sono concordi nel
ritenere che il divieto (previsto dall'art. 2 d.l. n. 12 del 1977, convertito nella 1. 31/77) di corrispondere trattamenti retributi
vi per effetto della scala mobile, più favorevoli di quelli previsti
dagli accordi interconfederali del 1957 e del 1975, attiene sia
alla misura, che ai crediti di calcolo, ed alla periodicità di ero
gazione degli stessi, avendo il legislatore perseguito il fine di
eliminare ogni sistema di calcolo delle indennità di contingenza diverso da quello previsto per il settore industriale. Pertanto, 1 settori diversi da quest'ultimo, il cosiddetto blocco della scala
mobile opera anche in relazione alle mensilità aggiuntive ulte
riori rispetto alla tredicesima mensilità (Cass. 593/87 cit.). Tale orientamento ha trovato ulteriore conforto nella senten
za 697/88 (id., Rep. 1988, voce cit., n. 1612) della Corte costi
tuzionale, la quale ha dichiarato non fondata la questione di
legittimità costituzionale degli art. 2, 1° comma e 4 d.l. 1° feb
braio 1977 n. 12 convertito nella 1. 31 marzo 1977 n. 91, solle
vata in riferimento all'art. 39, ultimo comma, Cost, dal Pretore di Roma, pur rilevando la sopravvenuta carenza di causa di
tale legislazione d'emergenza. L'azione di restituzione fatta valere con la domanda ricon
venzionale, prospettata dalla convenuta come azione di arric
chimento senza causa (art. 2041 c.c.) è soggetta a prescrizione ordinaria decennale, e non quinquennale, come sostenuto dalla
ricorrente. Pertanto, anche a voler seguire la tesi che il combi
nato disposto degli art. 16 d.p.r. 1° febbraio 1986 n. 13 e 1
1. 26 febbraio 1986 n. 38 avrebbe implicitamente abrogato l'art.
2 1. 31/77 (in tal senso Pret. Firenze 17/31 maggio 1990, n.
652), rimarrebbe esclusa da tale soluzione la domanda di resti
tuzione per il periodo 1980-1986.
Al riguardo il pretore osserva: l'attribuzione convenzionale
di quote di contingenza in misura superiore al limite di legge
integra una nullità (parziale) del contratto, e precisamente della
norma collettiva (art. 98 ccnl commercio 1983 e art. 106 ccnl
1987: «Al personale compreso nella sfera di applicazione del
presente contratto sarà corrisposto, il 1° luglio di ogni anno, un importo pari ad una mensilità della retribuzione di fatto di
cui all'art. 83 (o, nel contratto 1987, 92, 2a parte) che compren de anche la contingenza) che ciò preveda e della coerente pat tuizione individuale, per contrasto con norma imperativa (art. 1418, 1° comma, c.c.)».
La nullità, incidendo sul momento genetico del negozio, elide
dal mondo giuridico il negozio ed i suoi effetti: è come se dall'i
nizio non fosse esistito (Cass. 28 ottobre 1969, n. 3556, id.,
Rep. 1969, voce Obbligazioni e contratti, n. 507).
Il Foro Italiano — 1991.
La sentenza del giudice accerta la nullità del negozio, non
determina una situazione giuridica diversa da quella derivante, o meglio non derivante, dal negozio nullo. Pertanto, gli atti
giuridici ed i comportamenti posti in essere in esecuzione del
negozio nullo diventano senza causa: in una compravendita il
compratore dovrà restituire la cosa e il venditore il prezzo; in
una locazione il conduttore potrà ripetere gli extra canoni paga ti oltre il limite di legge.
Tutto ciò nel diritto comune delle obbligazioni. Nel diritto del lavoro, viceversa, l'art. 2126 introduce una
distinzione tra contratto e rapporto, stabilendo che le cause di
nullità del primo non hanno effetto sul secondo, per le presta zioni già eseguite (Cass. 18 maggio 1976, n. 1778, id., Rep.
1976, voce cit., n. 322), salvo che ricorra l'ipotesi di illiceità
dell'oggetto o della causa, assenti dalla nostra fattispecie. Tale principio ha una sua logica e s'inserisce coerentemente
in un quadro ordinamentale volto a tutelare la posizione di chi
abbia ricevuto in buona fede somme destinate e spese per le
esigenze di vita ordinarie proprie e della propria famiglia. Ana
logo principio vige per i pubblici impiegati (Cons. Stato, sez. VI, 31 dicembre 1987, n. 1055, id., Rep. 1988, voce Impiegato dello Stato, n. 799; 8 febbraio 1988, n. 164, ibid., n. 798).
Analogo principio era sancito in materia previdenziale dal
l'art. 80, 3° comma, r.d. 28 agosto 1924 n. 1422 ed ora, in
maniera più pregnante, dall'art. 52 1. 9 marzo 1989 n. 88, se
condo cui l'istituto previdenziale può rettificare in ogni momen
to gli errori di qualsiasi natura commessi in sede di attribuzione
della prestazione (1° comma), ma tale rettifica non ha effetto, e l'istituto non può ripeterle, sulle rate di pensione non dovute
già corrisposte (2° comma). Si deve notare come nel rapporto di lavoro pubblico (prima
della legge quadro e della determinazione contrattuale delle re
tribuzioni) ed in materia previdenziale ancor oggi, ogni eroga zione non dovuta, ed erroneamente corrisposta in più, si confi
gura, come nell'ipotesi dell'art. 2 1. 91/77, contraria a norma
imperativa e nulla per tale causa.
Ancora nella logica dell'art. 2126 c.c. si può osservare che
non si può squilibrare a posteriori il sinallagma convenuto con
la restituzione di parte della retribuzione, cui non può più corri
spondere una proporzionale riduzione della prestazione lavora
tiva: se le parti avessero conosciuto la nullità della clausola col
lettiva, cui hanno dato pacifica esecuzione, ben avrebbero potu to assicurare al lavoratore la stessa retribuzione complessiva
maggiorando altre voci non soggette a limiti di legge, facendo
uso di quel governo della retribuzione che la norma in questio ne avrebbe inteso assicurare agli agenti contrattuali in maniera
più pregnante degli automatismi aboliti e, quindi, con diversità
di strumenti, ma senza limiti di importi retributivi.
CORTE COSTITUZIONALE; sentenza 8 febbraio 1991, n. 62
(Gazzetta ufficiale, la serie speciale, 13 febbraio 1991, n. 7); Pres. Conso, Est. Pescatore; Sgambato c. Comune di S.
Felice a Cancello. Ord. Trib. S. Maria Capua Vetere (G.U., la s.s., n. 44 del 1990).
Calamità pubbliche — Occupazione d'urgenza — Determina
zione dell'indennità — Criteri — Base di calcolo — Indennità
di espropriazione dichiarata incostituzionale — Incostituzio
nalità (Cost., art. 42; 1. 26 novembre 1980 n. 776, interventi
urgenti in favore delle popolazioni colpite dal terremoto del
novembre 1980, art. 3; 1. 22 dicembre 1980 n. 874, conversio
ne in legge, con modificazioni, del d.l. 26 novembre 1980
n. 776; 1. reg. Campania 21 febbraio 1981 n. 8, acquisto di
prefabbricati destinati a locali per servizi di utilità pubblica e sociale, attività produttive e commerciali, case sparse o ru
rali, art. 5).
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
Sono illegittimi, per violazione dell'art. 42, 3° comma, Cost.,
l'art. 3, 5° comma, d.l. 26 novembre 1980 n. 776, quale risul
tante dalla I. 22 dicembre 1980 n. 874, nella parte in cui sta
bilisce che le indennità di occupazione vanno determinate se
condo le norme previste dalla l. 29 luglio 1980 n. 385 (dichia rate incostituzionali da Corte cost. 223/83), calcolando, per ciascun anno di occupazione, un quarto dell'indennità che do
vrebbe essere corrisposta, ai sensi della predetta l. 385/80,
per l'espropriazione delle aree da occupare, ovvero per cia
scun mese o frazione di mese, un dodicesimo dell'indennità
annua, e l'art. 5, 2° comma, l. reg. Campania 21 febbraio 1981 n. 8, nella parte in cui, per la determinazione dell'inden
nità di occupazione delle aree, fa riferimento all'art. 3, 5°
comma, d.l. 26 novembre 1980 n. 776. (1)
(1) La sentenza si segnala all'attenzione dei lettori per l'affermazione
di un principio, in tema di indennità di occupazione, che va al di là
della mera dichiarazione di incostituzionalità dell'art. 3, 5° comma, d.l.
26 novembre 1980 n. 776, quale risultante dalla 1. 22 dicembre 1980
n. 874 e dell'art. 5, 2° comma, 1. reg. Campania 21 febbraio 1981 n. 8.
Prima di passare all'illustrazione di detto principio, diciamo subito
che il destino del d.l. 776/80 appariva segnato già all'indomani della
sua emanazione, in particolare per quanto riguarda la disciplina dell'in
dennità di occupazione (cfr., in proposito, le osservazioni critiche di
Di Gioia, Sull'indennità di occupazione di aree necessarie per gli inse
diamenti provvisori nelle zone colpite dal sisma del 1980, in Trib. amm.
reg., 1982, II, 345). Quest'ultima doveva essere calcolata in base ad
un criterio, modellato sull'art. 2 1. 385/80 — il quale, come si sa, ripor tava sostanzialmente in vita, dopo la dichiarazione di incostituzionalità
di cui alla sent. n. 5 del 1980, Foro it., 1980, I, 273, l'art. 20 1. 865/71, come modificato dall'art. 14, 7° comma, 1. 10/77 — ma con un corret
tivo importante. Infatti, l'art. 3 d.l. 776/80 prevedeva che l'indennità
di occupazione fosse pari, per ciascun anno di occupazione, ad un quarto
(in luogo di un dodicesimo, come previsto dalla 1. 385/80) dell'indenni
tà di espropriazione calcolata ai sensi della 1. 385/80 (in sostanza, com
misurata al valore agricolo medio del terreno espropriato), elevando,
cosi, notevolmente la stessa indennità di occupazione. L'irrazionalità di tale normativa non stava tanto nel fatto di richia
marsi ad una legge (la 385/80) che recava le stimmate dell'incostituzio
nalità e che di li a poco sarebbe stata espunta dall'ordinamento (con la sent. n. 223 del 1983, id., 1983, I, 2057), quanto nel prevedere, per
l'occupazione d'urgenza temporanea, un'indennità talmente elevata da
coprire in un quadriennio la misura dell'indennità espropriativa (è ne
cessario ricordare che il d.l. 776/80 non prevedeva alcun termine massi
mo per l'occupazione e, inoltre, contemplava solo la facoltà e non l'ob
bligo di espropriare, si che ai proprietari colpiti dal provvedimento di
occupazione poteva accadere di ricevere dopo quattro anni di occupa zione un'indennità pari a quella di espropriazione, pur rimanendo pa droni dell'area).
Un'irrazionalità puntualmente rilevata nell'ordinanza di rimessione
che ha dato impulso alla pronuncia in epigrafe. Il Tribunale di S. Ma
ria Capua Vetere ne aveva fatto oggetto di un'autonoma questione di
costituzionalità, in riferimento agli art. 3 e 42 Cost., che la Corte costi
tuzionale ha ritenuto assorbita dall'accoglimento dell'altra questione avan
zata, dallo stesso tribunale, in riferimento all'art. 42, 3° comma, Cost.
Ed è proprio su quest'ultimo profilo (considerato dagli stessi giudici rimettenti «ben più rilevante») che intendiamo soffermarci.
Circa il richiamo alla 1. 385/80, il collegio a quo ha osservato che
«la disposizione in questione riproduce, per effetto del rinvio formale, il contenuto della norma dichiarata incostituzionale, sicché, essendo an
cora suscettibile di applicazione, è munita di piena efficacia giuridico normativa sino a che non venga, a sua volta, dichiarata non costituzio
nale» (cfr. Cass. 18 dicembre 1973, n. 3423 id., 1974, I, 344, con nota
di Pizzorusso). Tuttavia, la questione non sembra esattamente prospettata, poiché
le norme sottoposte al vaglio della Corte costituzionale non hanno ope rato sic et simpliciter una recezione dei criteri previsti, per l'indennità
di occupazione, dalla 1. 385/80, anzi li hanno corretti in misura consi
derevole, come sopra evidenziato e come lo stesso tribunale ha rilevato.
Dunque, non sembra porsi il problema dell'ultrattività dell'art. 3, 5°
comma, d.l. 776/80, problema che, invece, il collegio rimettente ha af
frontato e risolto come sopra riferito. L'ultrattività dell'art. 3 cit. deve
essere apparsa scontata anche al giudice delle leggi che si è limitato, nella narrativa, a riportare il pensiero espresso nell'ordinanza di ri
messione.
Comunque, la corte ha ritenuto fondata tale questione, mettendo a
fuoco, con maggiore precisione, il punto da cui scaturisce l'incostitu
zionalità della norma impugnata. A ben guardare, afferma la corte, «il riferimento, per la determinazione dell'indennità di occupazione, al
la misura di quella di espropriazione, non contrasta in linea di principio con la garanzia prevista nell'art. 42, 3° comma, Cost., sempre che la
misura dell'indennità posta a base del computo sia congrua [. . .]».
Viceversa, sempre secondo quanto affermato nella sentenza in rasse
Ii Foro Italiano — 1991.
Fatto. — 1. - Il Tribunale di S. Maria Capua Vetere ha emes
so il 22 marzo 1990 ordinanza nel corso di un giudizio promos so avverso la determinazione dell'indennità di occupazione di
alcune aree fabbricabili, disposta in applicazione della 1. reg.
Campania 21 febbraio 1981 n. 8 (acquisto di prefabbricati de
stinati a locali per servizi di utilità pubblica e sociale, attività produttive e commerciali, case sparse o rurali).
In tale ordinanza è stata sollevata questione di legittimità co
stituzionale, in riferimento agli art. 3, 1° comma, e 42, 3° com
ma, Cost., dell'art. 5 della su detta legge della regione Campa
nia, nonché dell'art. 3, 5° comma, d.l. 26 novembre 1980, n.
776 (interventi urgenti in favore delle popolazioni colpite dal
terremoto del novembre 1980), nel testo risultante dalla legge di conversione 22 dicembre 1980 n. 874, a norma dei quali do
veva essere quantificata l'indennità di occupazione.
gna, l'esiguità dell'indennità espropriativa, come risultante dai criteri
di calcolo previsti nella 1. 385/80 (dichiarati incostituzionali), inficia, di riflesso, anche la congruità dell'indennità di occupazione, ponendola in contrasto con la norma costituzionale ora citata (il pensiero della
corte sui requisiti necessari per una legittima indennità espropriativa è stato, di recente, rinverdito in Corte cost. 19 aprile 1990, n. 216,
id., 1990, 2735, con osservazioni di R. Caso, Uniformità dei criteri
indennitari per l'espropriazione: tramonto a Capocotta?, citata in moti
vazione). Una tale argomentazione, pur cosi lineare, non appare esaustiva. Co
me affermato dalla stessa Consulta, nel caso in cui l'indennità di espro
priazione rappresenti il punto di partenza per il calcolo di quella per
l'occupazione, non solo la misura dell'indennità posta a base del com
puto deve essere congrua, ma (ovviamente) è anche necessario che la
percentuale su tale base sia ragionevole. Su questo secondo requisito la corte non si è espressa. Ebbene, si può certo dubitare della ragione volezza della percentuale prevista nel criterio di cui all'art. 3 d.l. 776/80
(un quarto dell'indennità di espropriazione per ogni anno di occupazio
ne), ma lo si può fare solo nel senso, sopra evidenziato, della sua ecces
siva misura. Il profilo rimasto in ombra nella valutazione della corte
è, quindi, la valenza ancipite di detto criterio, che pone a fronte di
una base di calcolo non congrua una percentuale sproporzionata (calco lata sulla medesima base).
Nella prospettiva d'indagine del giudice delle leggi, è solo la base
di calcolo (id est, l'indennità di espropriazione) a compromettere la va
lidità di detto criterio. Ciò appare avvalorato da una recente pronuncia della Suprema corte che ha ritenuto non colpiti dalla dichiarazione di
incostituzionalità di cui alla sent. n. 5 del 1980 (id., 1980, I, 273) i
criteri previsti dall'art. 20, 3° comma, 1. 865/71, come modificato dal
l'art. 14, 1. 10/77 (cfr. Cass. 5 maggio 1989, n. 2103, id., Rep. 1989, voce Espropriazione per p.i., n. 302, secondo la quale nel fuoco della
dichiarazione di incostituzionalità vi sarebbe solo il collegamento all'in
dennità di espropriazione determinata sulla scorta delle altre norme an
nullate dalla stessa sent. n. 5 del 1980; in senso difforme, è Cass. 22
giugno 1990, n. 6265, id., Mass., 765; contrario alla praticabilità di
tali criteri sembra essere Tar Molise 21 dicembre 1984, n. 299, id., Rep.
1985, voce cit., n. 248, secondo cui «è illegittimo il decreto di occupa zione d'urgenza il quale rinvìi ad un successivo provvedimento la deter
minazione dell'indennità di occupazione, poiché, atteso lo stretto colle
gamento esistente fra indennità di espropriazione e indennità di occupa zione a norma degli art. 20, 3° comma, 1. 22 ottobre 1971 n. 865, 2 1. 29 luglio 1980 n. 385 e 5 d.l. 23 gennaio 1982 n. 9, quest'ultima non potrà che esser rapportata all'indennità di espropriazione illegitti mamente determinata»). Tuttavia, per affermare l'operatività di detti
criteri, la Cassazione ha dovuto ermeneuticamente sostituire proprio la
base di calcolo originaria con il parametro del valore venale.
Di là da considerazioni sul significato manipolativo di tali chirurgie
interpretative, la ricostruzione della Corte di cassazione sembra sugge rirci che il criterio di calcolo per l'indennità di occupazione fondato
su una percentuale dell'indennità espropriativa non è di per sé illegittimo. Nel giudizio di costituzionalità in esame, però, quand'anche il giudi
ce delle leggi avesse ritenuto integrati i presupposti di una sentenza in
terpretativa (finalizzata al salvataggio dell'impianto su cui si articola
il criterio), con tutta probabilità non sarebbe stato possibile trasporre la logica su cui si fonda il dictum della Cassazione (sostituzione della
base di calcolo originaria con il criterio del valore venale lasciando in
tatto il calcolo percentuale). La strada, infatti, appariva sbarrata dal
l'eccessiva percentuale prevista dall'art. 3 d.l. 776/80 e una soluzione
nel senso ora ipotizzato avrebbe bruscamente 'spianato' l'incerto trade
off su evidenziato, nel senso di sostanziare (ed estremizzare) la già evi
denziata irrazionalità della norma.
I rilievi fin qui svolti svelano la forcella interpretativa in cui si è
venuta a trovare la Consulta, forcella che, probabilmente, ha indotto
quest'ultima a cancellare totalmente il criterio contemplato dall'art. 3
in parola. Abbiamo cercato, d'altra parte, di mettere in luce la necessi
tà di una sua autonoma e complessiva valutazione. Proprio quest'ulti mo approccio non sembra aver ricevuto il giusto peso nelle argomenta
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1343 PARTE PRIMA 1344
II giudice a quo espone che la 1. n. 8 del 1981 della regione
Campania ha assegnato ai comuni terremotati, compresi in un
apposito elenco, fondi per l'acquisto di prefabbricati destinati a locali per servizi sociali e attività produttive. L'occupazione delle aree necessarie doveva effettuarsi secondo il disposto del
l'art. 3 d.l. 26 novembre 1980 n. 776, il quale stabilisce, per la determinazione delle relative indennità, che esse vanno calco
late, per ciascun anno di occupazione, nella misura di un quar to dell'indennità che dovrebbe essere corrisposta per l'espro priazione delle aree occupate ai sensi della 1. 29 luglio 1980 n. 385.
Poiché l'art. 3, 5° comma, d.l. n. 776 del 1980 non prevede un termine massimo per l'occupazione degl'immobili, l'adozio
zioni della corte. In altri termini, non si riesce a cogliere ictu oculi la non congruità dell'indennità di occupazione come risultante dalla norma di ultimo citata. È possibile, infatti, che la percentuale sulla base di calcolo sia talmente elevata da riequilibrare la non congruità della stes sa base. Il referente primario per valutare la consistenza di tale indenni tà dovrebbe essere rappresentato dalla regola generale attualmente in
vigore per il procedimento di occupazione d'urgenza finalizzata all'e
spropriazione. Senza ripercorrere le tappe di una vicenda che appare non meno travagliata di (e, per certi versi, parallela a) quella dell'inden nità di espropriazione, osserviamo che, al momento, essa corrisponde, «in mancanza della deduzione e dimostrazione di una diversa maggior misura del danno subito dall'occupato», agli interessi legali sull'inden nità di espropriazione (v., da ultimo, Cass. 22 giugno 1990, n. 6265, già cit.; 20 giugno 1990, n. 6209, id., 1990, I, 2808, con nota di De Mauro; 9 maggio 1990, n. 3804, id., Mass., 555; in dottrina, sull'in dennità di occupazione, cfr. Santoro, Occupazione temporanea e d'ur
genza, voce feWEnciclopedia giuridica Treccani, 1990, XXI, 6 e 9; Bu
gatti, Espropriazione e occupazione d'urgenza, Indirizzi interpretativi in materia di determinazione dell'indennità dopo le sentenze n. 5 del 1980 e n. 233 del 1983 della Corte costituzionale, in Nuova rass., 1988, 989; sui principi generali delle indennità nei procedimenti ablatori reali, v. M. S. Giannini, Corso di diritto amministrativo, Milano, 1988, II, 1194 s.).
Indubbiamente, alla luce del recente raddoppio della misura degli in teressi legali (art. 1 1. 26 novembre 1990 n. 353, provvedimenti urgenti per il processo civile, che ha modificato l'art. 1284 c.c.), quest'ultimo criterio assume per il futuro una nuova e più allettante configurazione. Tuttavia, se anche ammettessimo, in via generale, che tale criterio porti ad un'indennità d'occupazione più elevata rispetto a quella risultante dal calcolo ex art. 3 d.l. 776/80 (ma la verifica di tale argomento meri terebbe ben altro spazio), non è detto che il primo rappresenti la soglia minima al di sotto della quale il sacrificio imposto al titolare del diritto dominicale non trova serio ristoro. D'altra parte, se il criterio generale attualmente vigente fosse al di sopra di tale soglia minima, potrebbe ben convivere con altri criteri che, pur dando vita ad un'indennità più contenuta, rispettino la garanzia costituzionale della congruità. Nell'am bito dei principi che regolano l'indennità di espropriazione, per il crite rio del valore venale sembra valere la stessa ratio, tant'è che la Corte costituzionale ha recentemente ribadito la legittimità di un criterio in dennitario ricalcato sulla legge n. 2892 del 1885, c.d. legge sul risana mento di Napoli, che dà luogo ad un'indennità considerevolmente mi nore a quella commisurata al valore di mercato (v. sent. 216/90, già cit.). Se è lecito stabilire un confronto tra l'odierna pronuncia e quella da ultimo richiamata, possiamo rilevare che, in quell'occasione, è stata ritenuta legittima la tecnica normativa del richiamo ad un criterio in dennitario abrogato, mentre nella sentenza in epigrafe si è negata la validità della riproduzione di uno «schema di criterio», (quest'ultimo) già ritenuto non conforme ai principi costituzionali: quasi a voler impli citamente confermare la maggior portata di una dichiarazione d'incosti tuzionalità rispetto ad un'abrogazione.
Un'ultima notazione. Se la Consulta ha cancellato un criterio quale quello previsto dall'art. 3 d.l. 776/80, che dava diritto ad un'indennità non irrisoria, che ne sarà (se mai dovesse diventar legge) del criterio contemplato dalla nuova bozza di riforma sul regime giuridico dei suoli e sull'espropriazione per pubblica utilità? L'art. 15, 5° comma, del te sto unificato (approvato dal senato il 31 luglio 1990) recita: «L'indenni tà d'occupazione è determinata in una somma pari, per ciascun anno d'occupazione, al tasso di sconto calcolato sulla differenza tra l'accon to pagato o depositato e l'ammontare dell'indennità definitiva, con l'e sclusione della rivalutazione monetaria, ed è corrisposta al momento della liquidazione dell'indennità definitiva o del saldo della stessa». L'art. 16 dello stesso testo unificato parla dell'acconto (nella misura dell'80 per cento dell'indennità definitiva) riferendosi, però, unicamente al ca so di accordo tra le parti sul quantum dell'indennità definitiva. Se an che si riuscisse a venire a capo dei machiavellici meccanismi di determi nazione dell'indennità d'espropriazione (comunque inferiore al valore venale) e di occupazione, non è escluso che la misura di quest'ultima si trovi al di sotto della soglia minima garantita a colpi di illegittimità costituzionale dalla Consulta. [R. Caso]
Il Foro Italiano — 1991.
ne di tale criterio, secondo il giudice a quo, ove l'occupazione si protragga — come nel caso al suo esame — oltre i quattro anni, comporterebbe che al proprietario del suolo occupato va da riconosciuto un indennizzo maggiore di quello che gli sareb be spettato in caso di espropriazione. Ciò contrasterebbe con
gli art. 3 e 42, 3° comma, Cost., poiché tale disciplina sarebbe
irrazionale, potendo dar luogo ad una supervalutazione dell'in
dennità, non consentita dall'art. 42 Cost., e addirittura — nel caso che l'immobile venga successivamente espropriato — ad una sua duplicazione.
L'art. 5 1. reg. n. 8 del 1981 e l'art. 3, 5° comma, d.l. n. 776 del 1980 contrasterebbero, inoltre, con gli art. 3 e 42, 3°
comma, Cost., anche perché questa corte, con la sentenza n. 223 del 1983 (Foro it., 1984, I, 2678), ha dichiarato costituzio nalmente illegittimi i criteri di determinazione dell'indennità di espropriazione stabiliti dalla I. n. 385 del 1980, relativamente alle aree edificabili.
Secondo il giudice a quo, avendo l'art. 3, 5° comma, 1. n. 874 del 1980 recepito detti criteri, benché la 1. n. 385 del 1980 sia stata dichiarata costituzionalmente illegittima, il rinvio ad essi continuerebbe ad essere operante, finché non siano dichia rate illegittime le norme che hanno disposto tale rinvio e che contrasterebbero a loro volta con gli art. 3 e 42, 3° comma, Cost., avendo adottato un criterio di determinazione dell'inden nità di occupazione (e di espropriazione) ritenuto da questa cor te illegittimo. (Omissis)
Diritto. — 1. - Il giudice a quo ha sollevato due distinte que stioni che investono la legittimità costituzionale: a) dell'art. 5, 2° comma, 1. reg. Campania 21 febbraio 1981 n. 8 e dell'art.
3, 5° comma, d.l. 26 novembre 1980 n. 776, quale risulta dalla
legge di conversione, con modificazioni, 22 dicembre 1980 n. 874. Le anzidette norme sarebbero illegittime in quanto — fa cendo riferimento per la determinazione dell'indennità di occu
pazione, circa le aree edificabili, a criteri stabiliti dalla 1. 29
luglio 1980 n. 385, dichiarata costituzionalmente illegittima con la sentenza n. 223 del 1983 — contrastano con gli art. 3 e 42, 3° comma, Cost., cosi come le disposizioni da essi richiamate;
b) dell'art. 3 d.l. 26 novembre 1980 n. 776, sopraindicato, nella
parte in cui non prevede un termine massimo per l'occupazione degli immobili e dell'art. 5 1. reg. Campania 21 febbraio 1981 n. 8, che ad esso rinvia.
Essi sarebbero costituzionalmente illegittimi in quanto, stabi lendo che le indennità di occupazione vanno quantificate, per ogni anno di occupazione, nella misura di un quarto dell'inden nità di espropriazione stabilita ai sensi della 1. 29 luglio 1980 n. 385, contrasterebbero con gli art. 3 e 42, 3° comma, Cost., dando luogo, ove l'occupazione si protragga nel tempo e sia
seguita dall'espropriazione, ad una supervalutazione dell'inden nizzo irragionevole e non consentita dall'art. 42, 3° comma, Cost.
2. - La prima delle su dette questioni è fondata. La 1. reg. Campania 21 febbraio 1981 n. 8 ha previsto —
per far fronte all'emergenza conseguente al terremoto del 1980 — l'acquisto di prefabbricati destinati, tra l'altro, a servizi di utilità pubblica e sociale, attribuendo ai comuni il compito d'in
dividuare, nell'ambito delle aree destinate ad insediamenti prov visori per fronteggiare le più immediate esigenze abitative, gli spazi da destinare a servizi collettivi. All'art. 5 tale legge ha statuito che l'occupazione delle aree debba avvenire con le mo dalità previste dall'art. 3, 5° comma, d.l. 26 novembre 1980 n. 776, cosi come risultante dalla legge di conversione 22 dicem bre 1980 n. 874.
Tale comma aveva disposto che le indennità per l'occupazio ne «sono determinate secondo le norme previste dalla 1. 29 lu
glio 1980 n. 385, calcolando per ciascun anno di occupazione un quarto dell'indennità che dovrebbe essere corrisposta, ai sensi della predetta 1. n. 385 del 1980, per l'espropriazione delle aree da occupare, ovvero per ciascun mese o frazione di mese, un dodicesimo dell'indennità annua come sopra determinata».
La 1. n. 385 del 1980 — emanata in seguito alle declaratorie
d'illegittimità costituzionale contenute nella sentenza n. 5 del 1980 (id., 1980, I, 273) relativamente ai criteri di determinazio
ne, per le aree a destinazione edificatoria, delle indennità di
espropriazione, stabiliti da talune leggi relative alla materia —
aveva fissato all'art. 1 criteri provvisori di determinazione di dette indennità «valevoli fino all'entrata in vigore di apposita legge sostitutiva delle norme dichiarate illegittime». Le indenni tà cosi stabilite dovevano essere oggetto di «conguaglio» nella
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
misura e con le modalità che sarebbero state fissate nel termine di un anno (prorogato con le successive leggi 29 luglio 1982 n. 481 e 23 dicembre 1982 n. 943) mediante una normativa in concreto mai emanata.
Con la sentenza n. 223 del 1983 la Corte costituzionale ha dichiarato illegittimo anche l'art. 1, 1° e 2° comma, 1. n. 385 del 1980, per violazione degli art. 42 e 136 Cost., avendo adot tato una normativa che riproduceva sostanzialmente quella di chiarata illegittima dalla sentenza n. 5 del 1980.
In tale contesto, il giudice a quo ha dedotto il contrasto con l'art. 42, 3° comma, Cost., dell'art. 5, 2° comma, 1. reg. Cam
pania n. 8 del 1981 e dell'art. 3, 5° comma, d.l. n. 776 del 1980 sopraindicato.
Come innanzi si è esposto, infatti, quest'ultimo articolo sta tuisce che l'indennità di occupazione sia commisurata ad una
percentuale dell'indennità di espropriazione, calcolata ai sensi
della 1. n. 385 del 1980, proporzionale alla durata dell'occupa zione stessa.
Il riferimento, per la determinazione dell'indennità di occu
pazione, alla misura di quella di espropriazione, non contrasta in linea di principio con la garanzia prevista nell'art. 42, 3°
comma, Cost., sempre che la misura dell'indennità posta a base del computo sia congrua e la percentuale prevista ragionevole (cfr. sent. n. 216 del 1990, id., 1990, I, 2735).
Viceversa, l'impugnato art. 3, 5° comma, d.l. n. 776 del 1980
pone a base di computo, per l'occupazione, un'indennità di espro priazione determinata secondo criteri che furono dichiarati ille
gittimi da questa corte proprio in riferimento all'art. 42, 3° com
ma, Cost., in quanto inidonei a garantire la congruità del risto
ro. Ne deriva che il su detto art. 3, col criterio di riferimento
adottato, non assicura tale congruità e si pone in contrasto con l'art. 42, 3° comma, Cost.
Parimentri, l'art. 5, 2° comma, 1. reg. Campania 21 febbraio
1981 n. 8 fa riferimento per le occupazioni all'art. 3 ora indica
to. La legge regionale riproduce la normativa, dichiarata illegit tima, che ha per contenuto una disposizione caratterizzata dallo
stesso criterio di calcolo delle indennità, contrastante con l'art.
42, 3° comma, Cost.
Pertanto, deve essere dichiarata l'illegittimità costituzionale:
a) dell'art. 3, 5° comma, d.l. 26 novembre 1980 n. 776, quale risultante della legge di conversione, con modificazioni, 22 di
cembre 1980 n. 874, nella parte in cui stabilisce che le indennità
di occupazione vanno determinate secondo le norme previste dalla 1. 29 luglio 1980 n. 385; b) dell'art. 5, 2° comma, 1. reg.
Campania 21 febbraio 1981 n. 8, nella parte in cui, per la deter
minazione dell'idennità di occupazione delle aree, fa riferimen
to all'art. 3, 5° comma, del su detto d.l. n. 776 del 1980, quale risultante dalla legge di conversione.
3. - Le suddette declaratorie d'illegittimità costituzionale com
portano l'assorbimento del profilo, riferito all'art. 3 Cost, rela
tivamente alla questione fin qui esaminata, nonché della secon
da questione, sollevata dal giudice a quo, condizionatamente
alla infondatezza della prima questione. Per questi moitivi, la Corte costituzionale dichiara l'illegitti
mità costituzionale dell'art. 3, 5° comma, d.l. 26 novembre 1980
n. 776 (interventi urgenti in favore delle popolazioni colpite dal
terremoto del novembre 1980), quale risultante dalla 1. 22 di
cembre 1980 n. 874 (conversione in legge, con modificazioni, del d.l. 26 novembre 1980 n. 776, recante interventi urgenti in
favore delle popolazioni colpite dal terremoto del novembre
1980), nella parte in cui stabilisce che le indennità di occupazio ne vanno determinate secondo le norme previste dalla 1. 29 lu
glio 1980 n. 385, calcolando per ciascun anno di occupazione un quarto dell'indennità che dovrebbe essere corrisposta, ai sensi
della predetta 1. n. 385 del 1980, per l'espropriazione delle aree
da occupare, ovvero per ciascun mese o frazione di mese, un
dodicesimo dell'indennità annua; dichiara l'illegittimità costitu
zionale dell'art. 5, 2° comma, 1. reg. Campania 21 febbraio
1981 n. 8 (acquisto di prefabbricati destinati a locali per servizi
di utilità pubblica e sociale, attività produttive e commerciali, case sparse o rurali), nella parte in cui, per la determinazione
dell'indennità di occupazione delle aree, fa riferimento all'art.
3, 5° comma, d.l. 26 novembre 1980 n. 776 (interventi urgenti in favore delle popolazioni colpite dal terremoto del novembre
1980), quale risultante dalla 1. 22 dicembre 1980 n. 874 (conver sione in legge, con modificazioni, del d.l. 26 novembre 1980
n. 776, recante interventi urgenti in favore delle popolazioni
colpite dal terremoto del novembre 1980).
li Foro Italiano — 1991.
CORTE COSTITUZIONALE; sentenza 2 febbraio 1991, n. 47
(Gazzetta ufficiale, la serie speciale, 6 febbraio 1991, n. 6); Pres. ed est. Conso; Comitati promotori, Barbera ed altri, Baslini ed altri (Avv. Barile, M.S. Giannini, Onida); interv. Pres. cons, ministri (Avv. dello Stato Azzariti), Comitato
per la difesa ed il rilancio della Costituzione (Avv. Mattina). Ammissibilità di richiesta di referendum abrogativo.
Legge, decreto e regolamento — Corte costituzionale — Giudizi di ammissibilità di referendum —
Soggetti legittimati a stare in giudizio — Memoria depositata da soggetto diverso dai
promotori e dal governo — Irricevibilità (L. 25 maggio 1970 n. 352, norme interpretative sui referendum previsti dalla Co
stituzione e sulla iniziativa legislativa del popolo, art. 33). Legge, decreto e regolamento — Referendum abrogativo — Si
stema elettorale del senato della repubblica — Inammissibili tà (Cost., art. 75; 1. 6 febbraio 1948 n. 29, norme per la elezione del senato della repubblica, art. 9, 17, 18, 19; 1. cost. 11 marzo 1953 n. 1, norme integrative della Costituzione con
cernenti la Corte costituzionale, art. 2; 1. 25 maggio 1970 n.
352, art. 33). Legge, decreto e regolamento — Referendum abrogativo — Si
stema elettorale della camera dei deputati — Ammissibilità
(Cost., art. 75; 1. cost. 11 marzo 1953 n. 1, art. 2; d.p.r. 30 marzo 1957 n. 361, approvazione del testo unico delle leg
gi recanti norme per la elezione della camera dei deputati, art. 4, 58, 59, 60, 61, 68, 76; 1. 25 maggio 1970 n. 352, art. 33).
Legge, decreto e regolamento — Referendum abrogativo — Si
stema elettorale dei consigli comunali — Inammissibilità (Cost., art. 75; 1. cost. 11 marzo 1953 n. 1, art. 2; d.p.r. 16 maggio 1960 n. 570, testo unico delle leggi per la composizione e la
elezione degli organi delle amministrazioni comunali, art. 11,
12, 27, 32, 33, 34, 35, 47, 49, 51, 55, 56, 57, 58, 60, 68, 69, 70, 71, 72, 73, 74, 75, 79, 80, 81; 1. 25 maggio 1970 n. 352, art. 33).
Nei giudizi relativi all'ammissibilità del referendum che si svol
gono dinanzi alla Corte costituzionale, ai sensi dell'art. 2, 1° comma, I. cost. 11 marzo 1953 n. 1 e dell'art. 33, 4° com
ma, l. 25 maggio 1970 n. 352, possono depositare memorie — ai fini di assicurare un legittimo contraddittorio — soltan
to i promotori del referendum ed il governo; pertanto, è irri
cevibile la memoria prodotta dal comitato per la difesa ed il rilancio della Costituzione nei giudizi di ammissibilità dei referendum abrogativi di alcune disposizioni o parole della
legge sull'elezione del senato della repubblica, del testo unico
delle leggi per l'elezione della camera dei deputati e del testo
unico delle leggi per la composizione degli organi delle ammi
nistrazioni comunali. (1)
(1-4) La sentenza leggesi in Foro it., 1991, I, 345, con nota di richia mi ed è annotata da F. Donati, ibid., 1013. Ne riproduciamo le massi me per pubblicare la nota di G. Silvestri.
* * *
Referendum elettorali: la corte evita un labirinto e si smarrisce in un altro.
1. - Nell'ormai lontano 1981, riflettendo sulla giurisprudenza costitu zionale in materia di referendum, un'acuta dottrina osservava che, po sta la scelta di affidare alla Corte costituzionale il delicato compito di giudicare sull'ammissibilità dei referendum, «era inevitabile che la
questione dell'innesto nel sistema politico si convertisse in una questio ne di innesto nell'ordinamento normativo secondo il canone più collau dato della giurisprudenza costituzionale: il canone della razionalità».
L'omogeneità, la chiarezza, la non contraddittorietà, l'esaustività delle richieste di referendum sono, a ben guardare, gli omologhi dei criteri della ragionevolezza e della non arbitrarietà delle leggi. Osservava con clusivamente la stessa dottrina che la corte sembrava avviata a «rendere
sempre meno determinato il canone della ragionevolezza, per modellar
lo, di volta in volta, sull'istanza del corretto funzionamento del sistema
politico». Questa tendenza rendeva «sempre meno determinato il mo dello teorico di riferimento e sempre più incerta e problematica la con
figurazione del sindacato di ammissibilità» (1).
(1) Mezzanotte - Nania, Referendum e forma di governo in Italia, in Democrazia e diritto, 1981, fase. 1-2, 75.
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