sezione I civile; sentenza 18 febbraio 1988, n. 1739; Pres. Scanzano, Est. Lupo, P.M. Iannelli(concl. conf.); Cassani ed altri (Avv. Libonati, Borgioli, Modesti) c. Visconti (Avv. Di Stefano,Valcavi). Cassa Trib. Varese 1° agosto 1986Source: Il Foro Italiano, Vol. 111, PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE(1988), pp. 3349/3350-3351/3352Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23181549 .
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
CORTE DI CASSAZIONE; sezione I civile; sentenza 18 febbraio
1988, n. 1739; Pres. Scanzano, Est. Lupo, P.M. Iannelli
(conci, conf.); Cassani ed altri (Aw. Libonati, Borgioli, Mo
desti) c. Visconti (Avv. Di Stefano, Valcavi). Cassa Trib.
Varese 1° agosto 1986.
Arbitrato e compromesso — Clausola compromissoria — Società — Controversie assoggettabili — Fattispecie (Cod. civ., art.
2217, 2259, 2320; cod. proc. civ., art. 806, 808).
Non possono formare oggetto di compromesso te controversie
concernenti interessi della società o la violazione di norme po ste a tutela dell'interesse collettivo dei soci o dei terzi in quanto trattasi di accertamenti sottratti all'autonomia delle parti (nella
specie, si è deciso che non può essere deferita ad arbitri la con
troversia relativa alla revoca per giusta causa di un amministra
tore di società in accomandita semplice disposta per violazione
delle disposizioni che prescrivono la precisione e la chiarezza
dei bilanci nonché l'obbligo di consentire ai soci il controllo
della gestione sociale). (1)
Svolgimento del processo. — Con atto di citazione notificato
il 14-17 settembre 1982 Cassani Enrica e Cassani Paola conveni
vano innanzi al Tribunale di Varese Visconti Bice Franca ved.
Cassani e la s.a.s. Sali di Cassani Orlando e C. esponendo: a)
che, per pari quota, erano socie accomandanti, per la totalità
del capitale sociale, della s.a.s. Sali della quale era socia acco
mandataria la madre Visconti Bice Franca; b) che oggetto sociale
della società predetta era quello di compiere le operazioni com
merciali e finanziarie ritenute opportune dai soci accomandatari;
c) che di fatto la società era titolare del 73% del capitale sociale
(1) In senso parzialmente difforme Trib. Milano 2 dicembre 1982, Fo ro it., Rep. 1984, voce Società, n. 219, che ha ritenuto deferibile ad arbi tri la controversia concernente la revoca dell'amministratore di società in accomandita semplice per avere il medesimo trascurato gli interessi dei soci ed impedito il relativo controllo da parte della minoranza; per Trib. Genova 25 gennaio 1982, id., Rep. 1982, voce Arbitrato, n. 50, e per esteso in Giur. comm., 1982, II, 684, sono compromettibili in arbi tri le controversie relative alla impugnativa della delibera di revoca del l'amministratore di società personali ma non quelle concernenti
l'impugnazione del bilancio sociale nelle quali vengono in giuoco gli inte ressi della società tutelati dalla legge come tali. Cosi anche Cass. 10 otto bre 1962, n. 2910, Foro it., Rep. 1963, voce cit., n. 30, e per esteso in Giust. civ., 1963, I, 29.
Più in generale per la non deferibilità ad arbitri di controversie che hanno ad oggetto interessi non disponibili dalle parti: Cass. 24 maggio 1965, n. 999, Foro it., 1965, I, 1925; Trib. Roma 23 luglio 1984, id., Rep. 1985, voce cit., n. 43; App. Trieste 12 dicembre 1984, ibid., voce
Società, n. 433, secondo cui non può essere compromessa in arbitri l'im
pugnazione del bilancio, la quale incide su diritti sottratti alla disponibili tà del singolo socio: in tal senso altresì' Trib. Genova 25 gennaio 1982, cit.; e per la dottrina, Schizzerotto, L'arbitrato rituale nella giurispru denza, Padova, 1969, 34.
Possono invece essere compromesse in arbitri le controversie relative all'esclusione del socio: tale materia non rientra infatti tra quelle non
compromettibili in arbitri ai sensi dell'art. 806 c.p.c.; cfr. Cass. 30 marzo
1984, n. 2084, Foro it., Rep. 1984, voce cit., n. 765; 7 febbraio 1968, n. 404, id., 1968, I, 1234, con nota di A. Nigro; si verte tuttavia in materia di diritti indisponibili e pertanto non compromettibili quando dall'esclusione del socio derivi necessariamente lo scioglimento della so cietà: Cass. 20 aprile 1985, n. 2611, id., Rep. 1985, voce Arbitrato, n.
37, e per esteso in Società, 1985, 963, per il caso in cui la società di
persone sia formata da due soli soci; cosi anche Protetti, Società in
nome collettivo: arbitrato nelle controversie tra soci, id., 1983, 1479; contra, Trib. Vicenza 7 ottobre 1982, Foro it., Rep. 1984, voce cit., n. 51, e
per esteso in Società, 1983, 1488, e Trib. Napoli 7 novembre 1955, Foro
it., Rep. 1956, voce Società, n. 401, secondo cui la controversia relativa
all'esclusione di un socio può essere compromessa ad arbitri rituali anche
se amichevoli compositori, ma non ad arbitri irrituali.
Per un'analisi del tema della clausola compromissoria relativa a con
troversia tra società e soci, v. Auletta, Clausola arbitrale nell'atto costi
tutivo di società cooperativa, in Foro pad., 1961, I, 825; Andrioli, La
clausola compromissoria nelle società, in Riv. dir. proc., 1961, 678; Glan
nattasio, Ancora sul deferimento ad arbitri, designati dall'assemblea delle
controversie tra società e socio, in Giust. civ., 1986, I, 217; Ferri, Clau
sola compromissoria, ordinaria amministrazione e società commerciali, in Riv. dir. comm., 1965, II, 121; Silingardi, Il compromesso in arbitri
nelle società di capitali, in Quaderni di Giur. comm., Milano, 1979, 20; A. Nigro, Questioni vecchie e nuove in materia di clausole compromisso rie negli statuti di società, in Riv. società, 1968, 175.
Il Foro Italiano — 1988.
della s.p.a immobiliare Belforte — della quale era amministratri
ce la Visconti — e del 47% del capitale sociale della s.a.s. Cassa
rli Carlo industriale; d) che, a fronte di tale sistema di
partecipazione, nessun potere di gestione era concesso ad esse
attrici, pur in possesso dell'intero capitale della s.a.s. Sali; e) che
la Visconti si era attribuita il diritto di percepire il 33% degli utili della s.a.s. Cassani Carlo industriale, e aveva attribuito al
figlio Carlo il diritto ad un compenso pari al doppio spettante ad un dirigente d'azienda;/) che, non svolgendo di fatto la socie
tà Sali alcuna attività commerciale, il compito della Visconti, non
riconducibile all'attività di accomdandataria, era esclusivamente
quello di ripartire gli utili provenienti dalle altre due società, con
conseguente sussistenza dei presupposti per escluderla ex art. 2286
c.c. dalla società Sali; g) che la Visconti, inoltre, aveva dato luo
go a diverse irregolarità nell'esercizio dell'attività di amministra
trice delle tre società (Sali, immobiliare Belforte e Cassani Carlo
industriale) che giustificavano la sua revoca per giusta causa ex
art. 2259 c.c.
Tanto premesso, chiedevano che la Visconti fosse esclusa dalla
società Sali e revocata altresì dalla carica di amministratrice della
stessa.
La Visconti, costituitasi, contestava il fondamento delle domande
e, in via preliminare, eccepiva l'incompetenza del giudice adito
per essere competente l'arbitro previsto dall'art. 13 dello statuto
sociale. Analoga posizione assumeva la società Sali.
Il Tribunale di Varese, con sentenza 1° agosto 1986, declinava
la propria competenza riguardo ad entrambe le domande, osser
vando che le stesse rientravano nella clausola compromissoria an
zidetta, della quale andava affermata la validità in relazione all'art.
806 c.p.c. Contro tale decisione Cassani Enrica e Cassani Paola hanno
proposto istanza per regolamento di competenza, cui resiste con
memoria la Visconti.
Motivi della decisione. — Col primo motivo del ricorso si so
stiene che, prevedendo la clausola compromissoria la competenza arbitrale per le controversie tra i soci e i loro eredi oppure tra
soci, restano escluse da essa le controversie tra i soci e la società,
qual è appunto quella avente per oggetto l'esclusione del socio.
Col secondo e terzo motivo si deduce che, anche ad ammettere
in astratto la conoscibilità da parte degli arbitri delle controversie
relative all'esclusione del socio e alla revoca dell'amministratore, andrebbe verificato in concreto se, tenuto conto dei motivi posti a fondamento dell'esclusione e/o della revoca, vengono rimessi
alla conoscenza degli arbitri accertamenti sottratti all'autonomia
delle parti, non compromettibili come tali in arbitri. In tale pro
spettiva, si sostiene che la competenza arbitrale andava esclusa
poiché era stata dedotta la violazione, da parte dell'amministra
trice, sia del principio della verità e chiarezza dei bilanci che del
l'obbligo di consentire ai soci il controllo della gestione sociale.
Col quarto motivo si sostiene che non sono compromettibili in arbitri le controversie tra soci allorché vengano in rilievo inte
ressi della società dalla legge tutelati come tali. E, nella specie, esclusa dalla società la Visconti, sarebbe stata attuale tale situa
zione, dato che sarebbero rimasti soltanto soci accomandanti, con
conseguente scioglimento della società a norma dell'art. 2323 c.c.
Il ricorso è fondato. Anche a prescindere dalla interpretazione della clausola compromissoria contenuta nell'art. 13 dello statuto
sociale, e cioè anche qualora si ritenga fondata la tesi della sen
tenza impugnata che ha ricompreso in tale clausola ogni contro
versia riguardante lo svolgimento della vita societaria (tesi peraltro non condivisa dal procuratore generale), va osservato che l'azio
ne di revoca della Visconti per giusta causa dalla carica di ammi
nistratore della società in accomandita semplice (art. 2259, 1°
comma, applicabile ex art. 2315 e 2293 c.c.) si fonda, almeno
in parte, su fatti che consistono nella violazione di norme atti
nenti al regolare svolgimento dell'attività sociale. L'accertamento
di questi fatti — addotti dalle attrici come giusta causa per la
revoca della convenuta dalla carica di amministratrice della socie
tà, e quindi dedotti come causa petendi dell'azione esercitata —
va al di là dell'interesse personale dei soci e delle loro posizioni
individuali, coinvolgendo l'interesse della società, tutelato dalla
legge come tale. Di conseguenza la controversia proposta con l'a
zione di revoca della amministratrice ha per oggetto diritti che
non sono disponibili da parte dei singoli soci, e perciò non sono
deferibili al giudizio degli arbitri (art. 808 e 806 c.p.c., in relazio ne all'art. 1966 c.c.).
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3351 PARTE PRIMA 3352
Come si desume dall'atto di citazione proposto davanti al Tri
bunale di Varese (atto che, non diversamente da tutte le altre
risultanze processuali, questa corte può conoscere direttamente
al fine di statuire sulla competenza) le attrici hanno dedotto come
giusta causa di revoca, tra gli altri, i seguenti fatti (la cui sussi
stenza o meno non può ovviamente assumere rilievo in questa
sede): a) irregolarità varie nella tenuta delle scritture contabili
e nel deposito del bilancio, aventi l'effetto di paralizzare il diritto
dei soci accomandanti di effettuare i controlli previsti dall'ultimo
comma dell'art. 2320 c.c.; b) diverse irregolarità nella redazione
del bilancio e del conto dei profitti e delle pardite, in violazione
dei principi di evidenza e di verità imposti dall'art. 2217, 2° com
ma, c.c.
Ambedue i gruppi di fatti menzionati incidono su interessi non
limitati a quelli personali dei soci, come è provato dalla possibili
tà che gli stessi fatti si configurino come reati previsti dal codice
civile (art. 2623, n. 3, per i fatti sub a, art. 2621, n. 1, per i
fatti sub b), qualora ovviamente sussistano i necessari elementi
dolosi. Deve quindi ritenersi errata la sentenza impugnata nella parte
in cui ha ritenuto che l'azione di revoca della Visconti dalla fun
zione di amministratore fosse deferibile al giudizio degli arbitri.
La giurisprudenza di questa corte, pur affermando in linea gene
rale che le controversie in materia societaria possono formare og
getto di compromesso, ha escluso dalla regola generale le
controversie che hanno per oggetto gli interessi della società o
che concernono la violazione di norme poste a tutela dell'interes
se collettivo dei soci o dei terzi. In tal senso si è espressa la sen
tenza di questa sezione 24 maggio 1965, n. 999 (Foro it., 1965,
I, 1925) con riferimento alle impugnazioni di delibere assemblea
ri, e gli stessi principi vanno affermati in relazione a controversie
societarie che non consistono in tali impugnazioni (come quella alla quale si riferisce il regolamento di competenza proposto).
Affermata la competenza del giudice ordinario in ordine alla
azione di revoca dell'amministratore, questa competenza si esten
de, per connessione, anche all'altra azione promossa contro la
Visconti ed intesa alla esclusione della stessa società a norma del
l'art. 2286, 2° comma, c.c. Sussiste, infatti, secondo la costante
giurisprudenza di questa corte (v., da ultimo, le sentenze n.
5510/84, id., Rep. 1984, voce Arbitrato, n. 90; 4171/82, id., Rep.
1982, voce cit., n. 64; 628/81, id., Rep. 1981, voce Competenza
civile, n. 164), il principio dell'assorbimento della competenza ar
bitrale in quella del giudice ordinario, al fine di realizzare il si
multaneus processus. In conclusione, in accoglimento del ricorso, va affermata la
competenza del Tribunale di Varese.
CORTE DI CASSAZIONE; sezione III civile; sentenza 18 gen naio 1988, n. 336; Pres. Mattiello, Est. Iannotta, P.M. Ma
rinelli (conci, diff.); Padula (Avv. Bolognini) c. Rizzelli.
Regolamento di competenza avverso Trib. Lecce 10 febbraio 1986.
Locazione — Opposizione all'esecuzione — Provvedimento di ri
lascio di immobile locato per uso diverso dall'abitazione — Con
troversia sull'indennità di avviamento — Competenza per materia del pretore (Cod. proc. civ., art. 16, 615; 1. 27 luglio 1978 n. 392, disciplina delle locazioni di immobili urbani, art. 45, 69, 74).
L'opposizione preventiva all'esecuzione per consegna o rilascio
ex art. 615, 1° comma, c.p.c. motivata dalla mancata corre
sponsione dell'indennità di avviamento prevista dall'art. 69 l.
392/78, pur non rientrando nella sfera di competenza del pre tore ai sensi dell'art. 16, 1° comma, c.p.c., è tuttavia riservata
in via esclusiva alla cognizione dello stesso pretore a norma
degli art. 43 ss. e 74 l. 392/78, comportando l'accertamento
della spettanza al conduttore dell'indennità di avviamento e del
relativo ammontare. (1)
(1) La pronunzia contrasta con il precedente orientamento della corte
di legittimità, secondo cui: a) la statuizione del giudice in ordine all'inden
II Foro Italiano — 1988.
Svolgimento del processo. — Con citazione notificata il 4 no
vembre 1983 Antonio Padula — premesso che il Pretore di Lec
ce, con sentenza 13 giugno 1983, resa in grado di appello (e gravata di ricorso per cassazione), lo aveva condannato al rilascio, in fa
vore di Tommasina Rizzelli, dell'immobile sito in quella città alla
via Fondone 15, adibito a laboratorio di falegnameria, fissando
l'esecuzione al 15 novembre dello stesso anno e che in data 2
novembre 1983 gli era stato notificato precetto di rilascio — con
veniva in giudizio, davanti al Tribunale di Lecce, la nominata
Rizzelli, proponendo opposizione all'esecuzione per il motivo che
non gli era stata corrisposta l'indennità di avviamento prevista
dall'art. 69 1. 392/78.
Precisava che per esplicita previsione di detta norma l'esecu
zione del provvedimento di rilascio era condizionata all'avvenuta
corresponsione della indennità in parola.
Costituendosi, la Rizzelli proponeva varie eccezioni e difese,
deducendo di avere offerto, a titolo di indennità di avviamento,
la somma di lire 1.800.000 rifiutata dal conduttore; che l'indenni
tà offerta e rifiutata non era neanche dovuta per avere il condut
tore cessato l'attività; che il tribunale adito era incompetente a
decidere, spettando la competenza ratione materìae al Pretore di
Lecce ai sensi degli art. 69 e 74 1. 392/78.
Il tribunale accoglieva l'eccezione preliminare della Rizzelli e,
pertanto, con sentenza 10 febbraio 1986 dichiarava la propria
incompetenza per materia.
Ha proposto ricorso per regolamento di competenza di Padula
con atto notificato il 6 marzo 1986. La Rizzelli non ha depositato scritture divensive.
nità di avviamento pretesa dal conduttore presuppone una rituale doman
da: cfr. sent. 3 agosto 1987, n. 6689, Foro it., Rep. 1987, voce Locazio
ne, n. 688; 21 luglio 1986, n. 4689, ibid., n. 758; 3 settembre 1985, n.
4581, id., Rep. 1986, voce cit., n. 653; nonché la giurisprudenza richia
mata in nota a Corte cost. 377/85 e 275/85 e a Cass. 2917/ 85, id.,
1986, I, 616; b) la domanda di determinazione dell'indennità in questione
può ben essere proposta in sede di giudizio di opposizione all'esecuzione
(eventualmente anche dal locatore, in via riconvenzionale: v. Cass. 26
aprile 1985, n. 2735, id., Rep. 1985, voce cit., n. 881), ma non può rite
nersi implicita nei motivi dedotti dal conduttore esecutato a fondamento
dell'opposizione ex art. 615 c.p.c.: v. Cass. 5 dicembre 1985, n. 6100,
id., 1986, I, 2684, con nota di richiami di D. Piombo; c) qualora la do
manda relativa all'indennità di avviamento venga proposta dal condutto
re congiuntamente all'opposizione all'esecuzione, in ordine a quest'ultima non si verifica alcun spostamento di competenza, rimanendo ferma la
regola della competenza per valore: v. Cass. 26 maggio 1980, n. 3442,
id., Rep. 1980, voce cit., n. 821 (riportata, tra l'altro, in Giust. civ.,
1980, I, 1801, con nota di F. Peluso). Nel senso che il giudice competen te per l'opposizione ex art. 615 c.p.c. va individuato secondo gli ordinari
criteri di competenza, ancorché il conduttore opponente contesti il man
cato o l'insufficiente pagamento dell'indennità di avviamento, v. anche Trib. Messina 10 ottobre 1984, Foro it., Rep. 1985, voce cit., n. 901
(per esteso in Nuova giur. civ., 1985, I, 276, con nota di E. Bellavitis); Pret. Roma 2 novembre 1981, Foro it., 1982, I, 1450, con nota di richia
mi di A. Cappabianca. La competenza per materia del pretore, ex art. 45 1. 392/78, in ordine
alle controversie sull'indennità di avviamento prevista in regime transito
rio dall'art. 69 della stessa legge, trova costante affermazione, senza ecce
zioni, nella copiosa giurisprudenza della Cassazione: v. sent. 21 giugno
1983, n. 4247 e 14 giugno 1983, n. 4083, id., 1984, I, 794, con nota
di richiami; e successivamente, oltre alle pronunzie richiamate in motiva
zione della sentenza qui riprodotta: Cass. 1702/84, 1529/84 e 1165/84,
id., Rep. 1984, voce cit., nn. 854, 855, 857; 2945/85, 5929/86 e 2147/86,
id., Rep. 1986, voce cit., nn. 658-660; 582/87 , 6072/87 e 5503/86, id.,
Rep. 1987, voce cit., nn. 700-702; 348 e 349/88, id., Mass., 60.
Parimenti consolidato è il principio secondo cui la competenza per ma
teria del pretore ex art. 16, 1° comma, c.p.c., riguarda soltanto la proce dura esecutiva già iniziata; v., da ultimo, Cass. 7 aprile 1987, n. 3359,
id., Rep. 1987, voce Esecuzione forzata in genere, n. 32; 7 luglio 1984, n. 3977, id., Rep. 1984, voce cit., n. 23.
Quanto al momento di inizio dell'esecuzione per rilascio, va ricordato
che, per giurisprudenza consolidata della Cassazione (cui si rifanno le
pronunzie testé richiamate), esso si identifica con il primo accesso dell'uf
ficiale giudiziario, rientrando invece l'avviso di sloggio ex art. 608 c.p.c. tra gli atti preliminari dell'esecuzione forzata. Per riferimenti al riguardo, v. la nota redazionale a Pret. Aversa 26 maggio 1984, id., 1985, I, 1248.
Adde, in senso conforme a quello seguito dalla Cassazione, Pret. Lauria
28 novembre 1984, id., Rep. 1986, voce Esecuzione per consegna o rila
scio, n. 6 (per esteso in Giur. merito, 1986, 597, con nota di E. Bonafi
ne); in senso contrario, Pret. Milano 10 marzo 1987, Foro it., Rep. 1987, voce cit. n. 1. [D. Piombo] [D. Piombo]
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