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PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE || sezione I civile; sentenza 18 giugno 1987, n....

Date post: 30-Jan-2017
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sezione I civile; sentenza 18 giugno 1987, n. 5351; Pres. Zucconi Galli Fonseca, Est. Sensale, P.M. Sgroi V. (concl. conf.); Min. finanze (Avv. dello Stato Mari) c. Pinzari. Conferma Comm. trib. centrale 7 luglio 1983, n. 1888 Source: Il Foro Italiano, Vol. 111, PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE (1988), pp. 193/194-197/198 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23181035 . Accessed: 24/06/2014 21:25 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 195.78.109.66 on Tue, 24 Jun 2014 21:25:27 PM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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sezione I civile; sentenza 18 giugno 1987, n. 5351; Pres. Zucconi Galli Fonseca, Est. Sensale, P.M.Sgroi V. (concl. conf.); Min. finanze (Avv. dello Stato Mari) c. Pinzari. Conferma Comm. trib.centrale 7 luglio 1983, n. 1888Source: Il Foro Italiano, Vol. 111, PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE(1988), pp. 193/194-197/198Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23181035 .

Accessed: 24/06/2014 21:25

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

reclamatali nei confronti del medesimo soggetto passivo) — la

richiesta di pagamento del secondo, contenuta in atto di costitu

zione in mora, non può valere ad interrompere il termine prescri ziona in ordine al primo credito (vedi, in fattispecie in parte

analoghe Cass. n. 272 del 1964, id., Rep. 1964, voce cit., n. 59

e Cass. n. 100 del 1970, id., Rep. 1970, voce cit., n. 71, nella

motivazione). (Omissis)

CORTE DI CASSAZIONE; sezione I civile; sentenza 18 giugno

1987, n. 5351; Pres. Zucconi Galli Fonseca, Est. Sensale, P.M. Sgroi V. (conci, conf.); Min. finanze (Avv. dello Stato

Mari) c. Pinzari. Conferma Comm. trib. centrale 7 luglio 1983,

n. 1888.

Ricchezza mobile (imposta sulla) — Reddito presunto da reim

piego di somme ricavate dalla vendita di immobile — Imposi zione — Inammissibilità (Cod. civ., art. 2727, 2729; d.p.r. 29

gennaio 1958 n. 645, t.u. sulle imposte dirette, art. 86).

L'esistenza di un capitale derivante da compravendita non con

sente di invocare la presunzione che le somme, una volta perce

pite, siano impiegate in modo fruttifero, poiché a tale risultato

si perverrebbe sulla base di una duplice presunzione per sé inam

missibile: la prima, che ogni somma di danaro, anche se riscos

sa a titolo di corrispettivo nei contratti di scambio, debba pre sumersi impiegata; la seconda, che, da tale impiego, debba pre sumersi la percezione di un reddito tassabile ex art. 86 t.u.

29 gennaio 1958 n. 645. (1)

Svolgimento del processo. — L'ufficio distrettuale delle impo

ste dirette di Roma notificò a Serafino Pinzari un avviso di ac

certamento e, in rettifica del reddito da questo dichiarato per l'anno 1968, vi incluse il reddito presunto, prodotto dal reinvesti

mento di somme ricavate dalla vendita d'immobili.

Soccombente dinanzi alla commissione tributaria di secondo

grado, il contribuente propose ricorso alla Commissione tributa

(1) 11 principio espresso nella sentenza in epigrafe (coeva a Cass. 23

aprile 1987, n. 3929, e 5 giugno 1987, n. 4918), risulta pressoché consoli

dato. Negli stessi termini e per identiche fattispecie, v. Cass., sez. un., 9 maggio 1985, n. 2871, Foro it., Rep. 1985, voce Ricchezza mobile, n. 38; 24 ottobre 1985, n. 5250, ibid., n. 39; Comm. trib. centrale 9

ottobre 1984, n. 8667, ibid., voce Complementare sul reddito (imposta), n. 13; Cass. 26 aprile 1979, n. 2412, id., Rep. 1979, voce Ricchezza mo

bile, n. 118; Comm. trib. centrale 18 dicembre 1975, n. 16370, id., Rep.

1976, voce Complementare sul reddito (imposta), n. 11. Negli stessi ter

mini e per analoghe fattispecie, cfr. Comm. trib. centrale 22 febbraio

1982, n. 1850, id., Rep. 1983, voce Ricchezza mobile, n. 132. Per un

orientamento in parte difforme, cfr. Cass. 17 febbraio 1986, n. 934, id.,

Rep. 1986, voce Complementare sul reddito (imposta) n. 18 (e in Dir.

e pratica trib., 1986, II, 795, con osservazioni di G. Gentili), secondo

cui la presuzione di impiego di capitali al livello minimo del deposito bancario non integrerebbe una praesumptio de praesumpto.

Analoghe considerazioni si registrano per altre fattispecie; per esempio l'esistenza del capitale, derivante da indennità di espropriazione, non è

stata ritenuta sufficiente (da Comm. trib. centrale 26 febbraio 1986, n.

1685, Foro it., Rep. 1986, voce cit., n. 23) a legittimare un suo presunto

impiego fruttifero. Anche l'iscrizione in bilancio di un debito verso terzi

non giustifica la presunzione che esso produca interessi: cfr. sul punto Cass. 4 marzo 1985, n. 1814, ibid., voce Ricchezza mobile, n. 45, nonché

Cass. 11 dicembre 1978, n. 5827 (id., Rep. 1979, voce cit., n. 113) secon

do la quale sarebbe ammissibile l'utilizzazione di criteri presuntivi anche

quando disancorati dalle risultanze formali del titolo. Per un orientamen

to di segno opposto, rispetto alla sentenza in epigrafe, v. Comm. trib.

centrale 26 aprile 1985, n. 3801, id., Rep. 1985, voce cit., n. 52.

Quanto alle ipotesi in cui le società, rinunciando agli interessi, anticipi no ai soci il rimborso delle obbligazioni, la Cassazione (sent. 4 marzo

1985, n. 1814, id., Rep. 1986, voce cit., n. 9) ha escluso la presunzione dell'esistenza di un reddito. Sul punto e, in particolare sulla presunzione di finanziamento dei soci a società, v., in dottrina, T. Bajardi, Finanzia

menti dei soci e presunzioni di interessi, in Società, 1985, 1207; G. Lau

rini, Il trattamento fiscale delle delibere assembleari relative alle anticipa zioni dei soci in conto capitale: una soluzione per un vecchio problema in Banca, borsa, ecc., 1980, I, 365; T. Corrado, La presunzione di frut tuosità nei finanziamenti dei soci e suoi limiti, in Comm. trib. centr.,

1976, II, 1194.

Il Foro Italiano — 1988 — Parte 1-4.

ria centrale deducendo la erroneità della tesi secondo la quale i capitali, ricavati da trasferimenti immobiliari e non immediata

mente reinvestiti, producono redditi tassabili: tesi che, secondo

il contribuente, si basa su una doppia presunzione, la prima che

nessuno trattiene capitali liquidi, ma li reinveste; la seconda che,

operato il reinvestimento, questo sia sempre fruttuoso e produtti vo di reddito tassabile (primo motivo). Il contribuente si doleva,

inoltre, che fosse stata disattesa la documentazione relativa al

l'avvenuto acquisto d'immobili (secondo e terzo motivo), anche

sulla base di errati riferimenti temporali (quarto motivo). La Commissione tributaria centrale ha accolto il primo motivo

e dichiarato assorbiti gli altri, osservando che, anche a voler con

cedere che la prima presunzione possa trovare ingresso, su di essa

non se ne può fondare una seconda, cioè quella della fruttuosità

degli investimenti effettuati.

Contro tale decisione l'amministrazione delle finanze ha pro

posto ricorso per cassazione in base a due motivi. Il Pinzari non

ha svolto attività difensiva in questa sede.

Motivi della decisione. — 1) Con il primo motivo la ricorrente

denunzia la violazione e falsa applicazione dell'art. 133, in rela

zione all'art. 86 t.u. 29 gennaio 1958 n. 645, e degli art. 2727

e 2729 c.c., nonché il vizio di mancanza, insufficienza e contrad

dittorietà di motivazione su un punto decisivo della controversia;

denuncia, inoltre, la violazione dell'art. 26 d.p.r. 26 ottobre 1972

n. 636.

L'amministrazione sostiene che il riconoscimento della presun zione di futtuosità postula, quanto meno, la possibilità che il reim

piego sia, a sua volta, ricostruibile induttivamente e che, alla stre

gua degli art. 2727 e 2729 c.c., sia a tale scopo utilizzabile la

considerazione che, essendo il denaro fruttifero per sua natura,

debba ritenersene il reimpiego da parte di chi ne abbia la disponi

bilità, specialmente se si tratti, come nel caso concreto, di un

operatore commerciale professionale. La decisione impugnata sarebbe, per ciò, censurabile per viola

zione di legge, se avesse inteso affermare che dalle disposizioni tributarie derivi la impossibilità di accertare presuntivamente il

reimpiego; sarebbe, invece, incorsa in un eccesso dai limiti della

propria competenza per aver preteso di rinnovare un accertamen

to di mero fatto attinente a valutazione estimativa, e nel vizio

di difetto e contraddittorietà di motivazione, se se ne dovesse

ricostruire il significato come accertamento di fatto della isuffi

cienza di elementi a dar corpo ad una presunzione di reimpiego di capitali.

Con il secondo motivo la ricorrente denunzia la mancanza, in

sufficienza e contraddittorietà della motivazione su un punto de

cisivo e la violazione dell'art. 19 d.p.r. 26 ottobre 1972 n. 636,

censurando la decisione impugnata per aver ritenuto esistenti con

creti elementi tali da giustificare il convincimento che il contri

buente, con il capitale ricavato, avesse acquistato immobili.

La Commissione tributaria centrale non avrebbe considerato

l'esistente «scoordinamento temporale» tra l'acquisizione delle di

sponibilità finanziarie e gli acquisti immobiliari; né avrebbe tenu

to conto della contraria affermazione, da parte del contribuente,

di aver estinto con il denaro ricavato dalle vendite, precedenti

passività; né infine, avrebbe avuto presenti la irregolarità della

documentazione prodotta e la non corrispondenza tra l'importo dei pretesi reimpieghi e quello delle disponibilità finanziarie.

Le supposte censure, che, per connessione, devono essere esa

minate congiuntamente, sono infondate, pur se la motivazione

della decisione impugnata richiede la precisazione di taluni prin

cipi che vi sono presupposti più che esplicitamente enunciati, o

che non vi sono correttamente affermati.

2) Tale decisione si fonda sulla considerazione che dal possesso di capitali liquidi non può trarsi, con carattere di necessarietà,

la presunzione dell'impiego di tali capitali (i quali potrebbero ri

cevere una diversa destinazione) e che, anche ammessa questa

presunzione, su di essa non può innestarsi l'altra, avente ad og

getto la fruttuosità degli investimenti effettuati.

Occorre, innanzi tutto, rilevare che la decisione impugnata ri

solve la controversia tributaria con un'affermazione di principio

non implicante accertamenti di fatto relativi a valutazione esti

mativa. Non possono, quindi, trovare ingresso le censure, in tal

senso formulate dall'amministrazione ricorrente nel primo (in parte)

e nel secondo motivo e peraltro già disatteso, in analoga formu

lazione, dalle sentenze delle sezioni unite 9 maggio 1985, n. 2871

e 24 ottobre 1985, n. 5250 (Foro it., Rep. 1985, voce Ricchezza

mobile, nn. 38, 39).

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PARTE PRIMA

Queste, in applicazione dei principi enunciati in via generale nella sentenza delle stesse sezioni unite 13 ottobre 1983, n. 5960

(id., Rep. 1983, voce Tributi in genere, n. 623), hanno escluso che dia luogo a questione di fatto relativa a valutazione estimati va lo stabilire se, nell'ipotesi di riscossione del prezzo di una com

pravendita immobiliare, sia possibile invocare la presunzione che un capitale effettivamente impiegato sia fruttifero (art. 86 t.u. 29 gennaio 1958 n. 645); ed hanno rilevato che trattasi di questio ne avente ad oggetto non la mera individuazione della base impo nibile nei suoi elementi costitutivi, bensì il presupposto di appli cabilità della norma citata e, quindi, il modo di operare della

presunzione da essa posta: e, in definitiva, la tassabilità, o meno, di un reddito, a seconda che esso possa presumersi, oppure no, in base alla disciplina contenuta nell'art. 86 t.u. 645/58. In altri termini — si è detto — lo stabilire se, accertata la vendita di un immobile, debba senz'altro presumersi un reddito d'interessi tassabile ovvero se sia necessario, perché operi tale presunzione, che risulti anche il reinvestimento della somma incassata è que stione che tende alla individuazione della esatta portata della nor ma da applicare; e gli accertamenti di fatto, eventualmente neces

sari, non possono, per ciò, dare luogo a questioni di fatto relati ve a valutazione estimativa nel senso precisato dalla sentenza n. 5960/83.

Le censure formulate dall'amministrazione, in relazione al rea le contenuto della decisione impugnata, non possono, quindi, es sere esaminate che nella contraria affermazione di principio in esse contenuto nel senso che sullo «stesso ed unico» fatto noto

(la naturale fecondità del denaro) sarebbe possibile fondare, col medesimo e contestuale procedimento induttivo, una duplice pre sunzione, quella del reimpiego del capitale e quella del reddito che da tale reimpiego deriva. Cosi prospettate, le censure propo ste dall'amministrazione sono infondate.

3) Occupandosi della questione con le citate sentenze n. 2871 e 5250 del 1985, le sezioni unite, che peraltro erano state investite di una questione di giurisdizione sollevata sotto un diverso profi lo, ritennero che l'art. 86 t.u. 645/58 pone una presunzione che non ha ad oggetto la esistenza del titolo dell'impiego di capitale, ma il reddito che non risulti (o risulti in maniera inferiore a quel la effettiva) dal titolo stesso, di cui deve, invece, dimostrarsi l'ef fettiva esistenza. In tal modo, risultò confermato l'indirizzo già affermato da questa sezione (sent. 2412/79, id., Rep. 1979, voce

Ricchezza mobile, n. 118, e 2294/83, id., Rep. 1983, voce cit., n. 237) e costantemente applicato dalla commissione tributaria centrale secondo cui l'ipotesi di un reddito derivante da capitale, tassabile ai fini della imposta di ricchezza mobile, si verifica, a norma degli art. 81 e 86 del citato t.u., solo quando risulti, come

presupposto del reddito, l'impiego di un capitale ovvero quando sia stata accertata l'esistenza di crediti liquidi ed esigibili, consi derati produttivi d'interessi, poiché in tali casi sorge una presun zione iuris tantum di produttività del denaro, mentre nel caso di riscossione del prezzo di una compravendita immobiliare non è possibile invocare la presunzione che un capitale effettivamente

impiegato sia fruttifero, poiché si tratterebbe di rendere operante una duplice presunzione, come tale non consentita, e cioè che

ogni somma di denaro, anche se introitata a titolo di corrispetti vo nei contratti di scambio, debba presumersi impiegata in qual che modo e che da tale impiego debba, inoltre, presumersi la

percezione di un reddito.

Le sezioni unite osservarono, inoltre, che tale indirizzo non è in contrasto con la precedente sentenza delle stesse sezioni unite n. 5827/78 (id., Rep. 1979, voce cit., n.140; erroneamente invo cata dall'amministrazione a sostegno della propria tesi), poiché detta sentenza — nell'affermare che, ai sensi dell'art. 86, il ricor so dell'amministrazione finanziaria a criteri presuntivi disancora ti dalle risultanze del titolo è consentito non soltanto per la quan tificazione, ma anche per l'accertamento dei redditi stessi e quin di dei cespiti che li producono — non ha inteso stabilire la possi bilità di ricorrere ad una doppia presunzione avente ad oggetto sia il titolo (cioè l'atto da cui risulta l'impiego di capitale) che il cespite (la somma reimpiegata) ed il reddito (gli interessi ricava ti dall'impiego), ma ha ritenuto che può presumersi non già il titolo (di cui, anzi, presuppone accertata l'esistenza), sibbene l'e sistenza di una somma impiegata, correlata a quel titolo, e del reddito da essa prodotto; ed ha quindi interpretato ed applicato l'art. 86 conformemente a quanto risulta dalle successive decisio ni della prima sezione dell'indirizzo confermato dalle sezioni uni te. Queste conclusero, quindi, che non è sufficiente la riscossione

Il Foro Italiano — 1988.

di una somma di denaro dalla vendita d'immobili per doverne

trarre la conseguenza dell'impiego di essa, senza svuotare di con tenuto l'art. 86, che distingue la provata esistenza di un titolo

dalla presunzione di un reddito, e senza incorrere nella violazione

dell'art. 2729 c.c., a norma del quale le presunzioni semplici non

possono ammettersi se non siano gravi, precise e concordanti.

4) Più recentemente questa sezione, con la sentenza n. 934 del 17 febbraio 1986 (id., Rep. 1986, voce cit., n. 18), senza tuttavia

dare atto del precedente indirizzo confermato dalle sezioni unite, ha espresso il diverso principio, secondo cui deve considerarsi

consentito, in difetto di verosimile ipotesi contraria, presumere

l'impiego di capitali, almeno al livello minimo del deposito ban

cario, e quindi il percepimento dei relativi interessi, fondandolo sulle seguenti argomentazioni: a) in tema di prova per presunzio ne, non occorre che i fatti, su cui la presunzione si fonda, siano tali da far apparire l'esistenza del fatto ignoto come l'unica con

seguenza possibile dei fatti accertati in giudizio secondo un lega me di necessarietà assoluta ed esclusiva, bastando che l'operata inferenza sia effettuata alla stregua di un canone di probabilità;

b) la fruttuosità dell'impiego del denaro non rappresenta, rispet to alla presunzione dell'impiego stesso, un'ulteriore ed autonoma inferenza presuntiva, costituendo, alla luce del principio della na turale fecondità del denaro, di cui all'art. 1282 c.c., un momento

dell'unica presunzione di reimpiego. Tale decisione offre lo spunto per talune precisazioni dell'indi

rizzo precedente, che deve, tuttavia, confermarsi con riguardo al la tesi qui sostenuta dall'amministrazione finanziaria, secondo la

quale sarebbe sufficiente, in base all'art. 86 t.u. 645/58, il pos sesso di capitali da parte del contribuente per esonerarla dall'ac

certamento del titolo del reimpiego (1° comma della norma cita

ta) e di avvalersi della presunzione di reddito, secondo il titolo

accertato (art. 86, cpv.). È proprio dal contenuto della norma tributaria (sulla quale la

decisione n. 934/86 non sembra essersi sufficientemente soffer

mata) che occorre prendere le mosse per dedurne quali siano i

poteri dell'amministrazione nell'accertamento dei redditi derivan

ti dal possesso di capitali, nonché gli oneri di prova a suo carico e quelli a carico del contribuente.

Tale norma cosi dispone: i redditi di capitali dati a mutuo o altrimenti impiegati in modo che ne derivi un reddito in somma definita e le rendite perpetue sono valutati nella misura risultante dai relativi titoli e senza alcuna detrazione (1° comma). Si può accertare l'esistenza del reddito e valutarlo anche se dal titolo non appare stipulato alcun interesse ovvero appare indicato un interesse in misura inferiore a quella effettiva.

Il riferimento alla (effettiva) dazione a mutuo o ad un altro

(effettivo) impiego di capitali, in una alla menzione della rendita

perpetua (cioè ad una ipotesi contrattuale tipica e definitiva e la previsione della valutazione dei conseguenti redditi nella misu ra risultante dai relativi titoli, lasciano chiaramente intendere che la norma abbia attribuito all'amministrazione il potere — e im

posto il dovere — di accertare, quando non sia indicato dal con

tribuente, lo specifico titolo del reimpiego. Ciò, tradotto sul pia no probatorio, vuol dire avere consentito all'amministrazione me desima di fornire la prova, ad essa incombente, con i normali mezzi consentiti dall'ordinamento e, quindi, anche in base a pre sunzioni, nella disciplina e nel modo di operare di questo mezzo di prova secondo le norme di diritto comune contenute nel codice civile. Peraltro, il risultato della utilizzazione dei mezzi di prova consentiti deve consistere nella individuazione, in relazione alla

fattispecie concreta, di un titolo non già ipotetico o meramente

possibile, ma accertato nella sua specificità; e, solo quando dal l'amministrazione sia stato dimostrato il fatto costitutivo della

pretesa tributaria, il contribuente può e deve, a sua volta, conte starlo oppure opporre e dimostrare i fatti modificativi o estintivi della pretesa medesima.

È vero che, secondo la disciplina comune nella interpretazione che questa corte ne ha dato (v. sent. 21 maggio 1984, n. 3109, id., Rep. 1984, voce Prescrizione e decadenza, n. 2), ai fini della

prova per presunzioni, utilizzabili anche nell'ambito del 1° com ma dell'art. 86 t.u. 645/58, è sufficiente che l'inferenza dal fatto noto al fatto ignoto sia effettuata alla stregua di un canone di

probabilità e che il convincimento del giudice può fondarsi anche su una sola presunzione. Occorre, però, che questa sia grave e

precisa, e che il grado di probabilità del fatto ignoto indotto dal fatto noto si ponga con carattere di prevalenza rispetto agli altri

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

fatti ignoti che sulla base di esso possono ritenersi in astratto

esistenti, poiché, se cosi non fosse, si attribuirebbe al giudice il

potere di scegliere una qualsiasi tra le varie ipotesi possibili e

si valorizzerebbe una sorta di libero convincimento estraneo al

processo civile. Inoltre, la gravità e precisione dell'unica possibile

presunzione deve essere valutata in relazione alla fattispecie con

creta, poiché lo stesso fatto in un caso può essere sufficiente al

fine di fondarvi una presunzione e in un altro caso può non es

serlo e, conseguentemente, mal si presta ad una valutazione uni

forme per tutte le diverse ipotesi concrete nelle quali viene in

rilievo e deve essere apprezzato. Solo se sia identificato il titolo di reimpiego con i rilevati con

notati di specificità, secondo la previsione del 1° comma dell'art.

86, torna dunque applicabile la norma contenuta nel 2° comma, che postula la esistenza di un «titolo» e consente all'amministra

zione finanziaria di presumere (in tal senso è pacificamente tra

dotta l'espressione «si può accertare» contenuta nel 2° comma) l'esistenza del reddito non risultante dal titolo e la misura even

tualmente diversa da quella risultante dal titolo stesso. Si tratta

di una presunzione, consentita dalla norma tributaria per il solo

fatto dell'accertata esistenza del titolo: che si fonda, appunto, esclusivamente su tale esistenza e non (anche o invece) sul diverso

fatto noto che può fornire presuntivamente la prova del titolo

stesso.

Non sembra, quindi, potersi ritenere che la presunzione posta dal 2° comma costituisca un momento di un'unica presunzione, sia perché il titolo è oggetto della presunzione, utilizzabile come

qualsiasi altro mezzo di prova da parte dell'amministrazione per

acquisire la certezza della sua esistenza, il reddito è invece l'og

getto della presunzione posta dalla norma tributaria; sia perché la seconda opera in un momento logicamente e cronologicamente

successivo, postulando il positivo esaurimento dell'accertamento

del titolo; sia, infine, perché, a differenza della prima presunzio ne che può fondarsi su qualsiasi fatto noto (compreso il possesso del denaro, quando, secondo le circostanze del caso concreto,

consenta, come nella particolare ipotesi esaminata dalla sentenza

n. 934/86, la inferenza del fatto ignoto-reimpiego, con un grado di maggiore probabilità rispetto ad altre, parimenti possibili in

astratto, utilizzazioni del denaro), la seconda si fonda su un uni

co ed esclusivo fatto noto, perché accertato in concreto, che è

il titolo del reimpiego. La naturale fruttuosità del denaro consente, cioè, di presumere

che il denaro dato a mutuo o altrimenti impiegato e il capitale ceduto in rendita perpetua siano produttivi di reddito, ma postu la la esistenza di un titolo di reimpiego, che l'amministrazione

finanziaria deve innanzi tutto accertare e che costituisce — si ri

pete — l'unico fatto noto possibile su cui può fondarsi la presun zione di reddito.

Tale conclusione è, del resto, conforme alla previsione dell'art.

1282, 1° comma, c.c., il quale, salvo che la legge o il titolo stabi

liscano diversamente, collega la produzione d'interessi ai crediti

liquidi ed esigibili di somme di denaro, presupponendo, quindi, l'esistenza di un titolo costitutivo del diritto di credito, coerente

mente con l'epigrafe dell'articolo che ne enunzia il contenuto («in teressi sulle obbligazioni pecuniarie»),

5) Questa corte ritiene, dunque, di doversi uniformare all'indi

rizzo già affermato nella precedente giurisprudenza della prima sezione e confermato dalle sezioni unite, con le precisazioni che

precedono e che possono ritenersi già implicitamente contenute

in quella giurisprudenza, di cui ciò che si è in questa sede osser

vato costituisce l'ulteriore sviluppo; e, in particolare, con il rilie

vo che l'accertamento del titolo del reimpiego da parte dell'am

ministrazione finanziaria può essere compiuto attraverso qualsia si mezzo di prova e quindi anche mediante presunzioni, nel senso

sopra precisato.

Ritiene, inoltre, che nel senso medesimo va corretta la motiva

zione della decisione impugnata, giudicandone tuttavia conforme

al diritto in dispositivo in relazione alle censure in questa sede

formulate dall'amministrazione per sostenere che il possesso di

somme di denaro giustifica, in via di principio, la presunzione della percezione di un reddito, anche quando non sia accertato

lo specifico titolo del riempiego.

6) Pertanto, il ricorso, nei termini in cui è stato proposto, deve

essere rigettato.

Il Foro Italiano — 1988.

CORTE DI CASSAZIONE; sezione I civile; sentenza 6 giugno

1987, n. 4943; Pres. Zucconi Galli Fonseca, Est. Graziadei, P.M. Marinelli (conci, conf.); Basili ed altri. Regolamento di competenza d'ufficio.

Tributi in genere — Commissioni tributarie — Regolamento di

competenza d'ufficio — Ammissibilità (Cod. proc. civ., art.

45; d.p.r. 26 ottobre 1972 n. 636, revisione della disciplina del

contenzioso tributario, art. 39). Tributi in genere — Commissioni tributarie — Competenza terri

toriale — Ubicazione dell'ufficio finanziario (D.p.r. 26 ottobre

1972 n. 636, art. 2, 16).

L'istituto disciplinato dall'art. 45 c.p.c. trova applicazione anche

nel contenzioso tributario per dirimere i conflitti sulla riparti

zione di attribuzioni fra le commissioni tributarie di primo

grado. (1) Nel contenzioso tributario la competenza territoriale è soggetta

al criterio di collegamento dell'ubicazione dell'ufficio che ha

adottato il provvedimento impugnato, indipendentemente dal

domicilio fiscale dell'istante. (2)

Svolgimento del processo. — La commissione tributaria di pri mo grado di Ascoli Piceno, con pronuncia del 12 ottobre 1983, dichiarava la propria incompetenza per territorio a conoscere del

ricorso, in tema di Ilor per l'anno 1980, proposto da Franco Ba

sili, Gino Ballatori ed Agostino Onofri Bianchini, in qualità di

soci della s.n.c. ditta «Badibi» di Franco Basili & C.

La commissione tributaria di primo grado di Fermo, davanti

alla quale la controversia veniva riassunta, ritenendosi a sua vol

ta incompetente, con ordinanza del 2 aprile 1986 richiedeva il

regolamento d'ufficio, ai sensi dell'art. 45 c.p.c. Il ricorso della contribuente, rilevava detta commissione di Fer

mo, configurava impugnazione del «silenzio-rifiuto» opposto dal

l'intendenza di finanza di Ascoli Piceno su istanza di rimborso

afferente il predetto tributo, e, pertanto, ai sensi dell'art. 2, 2°

comma, d.p.r. 26 ottobre 1972 n. 636, la competenza territoriale

doveva essere determinata in base alla sede di detto ufficio.

Le parti non hanno svolto attività difensiva.

Motivi della decisione. — La richiesta di ufficio di regolamen to di competenza è ammissibile e fondata, come sostenuto dal

procuratore generale con le proprie conclusioni scritte.

Quanto all'ammissibilità, si osserva, in adesione al principio

enunciato dalle sezioni unite di questa corte con la sentenza n.

210 del 16 gennaio 1986 (Foro it., 1986, I, 1342) (in sede di oppo

sizione del contrasto insorto nei pregressi orientamenti delle se

zioni semplici), che l'istituto disciplinato dall'art. 45 c.p.c. trova

applicazione anche nel contenzioso tributario per dirimere i con

flitti sulla ripartizione di attribuzioni fra le commissioni di prima

istanza. Tale ripartizione, infatti, è regolata da criteri per territo

rio inderogabili e il rinvio alle norme del libro di primo del codi

ce di rito, in quanto compatibili, contenuto nell'art. 39 d.p.r.

26 ottobre 1972 n. 636, deve comprendere il citato art. 45, poten

dosi presentare, come nella specie si è presentata, la situazione

in esso contemplata (declinatoria di competenza da parte del giu

dice originariamente adito, translatio iudicii davanti al giudice

indicato come competente, esercizio da parte di quest'ultimo del

potere di rilevare d'ufficio il proprio difetto di competenza). Sul fondamento della richiesta, si osserva che l'art. 2, 2° com

ma, del predetto d.p.r. n. 636 del 1972 (nel testo fissato dall'art.

10 d.p.r. 28 novembre 1980 n. 787) devolve la decisione sul ricor

so del contribuente alla commissione del «luogo ove ha sede l'uf

ficio finanziario nei cui confronti il ricorso medesimo è propo

sto»; nel caso poi in cui esso venga avanzato contro uno dei «centri

di servizio» (istituiti con l'art. 8 1. 24 aprile 1980 n. 146), stabili sce che la competenza è della commissione «nella cui circoscrizio

ne è l'ufficio delle imposte di cui all'art. 31, 2° comma, d.p.r.

(1-2) In termini, v. Cass., sez. un., 16 gennaio 1986, n. 210, Foro it.,

1986, I, 1342, con nota di G. Albenzio, cui adde, in dottrina, Cipriani,

«Transatto iudicii» e regolamento di competenza nel processo tributario,

in Giur. it., 1986, I, 1, 999; R. Rossi, Sull'applicabilità del regolamento di competenza ai processi avanti le commissioni tributarie, in Giusi, civ.,

1986, I, 1361; P. Russo, Brevi considerazioni in tema di ammissibilità

del regolamento di competenza in seno al processo tributario e di indivi

duazione dell'oggetto di quest'ultimo, in Rass. trib., 1986, II, 391.

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