sezione I civile; sentenza 21 giugno 1988, n. 4222; Pres. Granata, Est. Caturani, P.M. Lo Cascio(concl. conf.); Soc. Editoriale tributaria - Eti (Avv. Libonati) c. Istituto poligrafico e Zecca delloStato (Avv. dello Stato Corsini). Cassa App. Roma 26 marzo 1984Source: Il Foro Italiano, Vol. 111, PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE(1988), pp. 3287/3288-3293/3294Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23181539 .
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3287 PARTE PRIMA 3288
in legge, con modificazioni, del d.l. 13 febbraio 1981 n. 19, con
cernente individuazione dei comuni colpiti dal sisma del novem
bre 1980. Ulteriori interventi a favore delle popolazioni delle regioni Basilicata e Campania», abolendo nell'art. 1 la categoria dei co
muni gravemente danneggiati e perciò sopprimendo gli allegati che la includevano, riconosceva le provvidenze a tutti i soggetti residenti e con sede nei comuni disastrati, mentre, quanto a colo
ro che avessero sede nei comuni danneggiati, esigeva che essi stes
si risultassero colpiti dai danni a causa del sisma. Con l'art. 1
bis, tale legge imponeva, perché di dette provvidenze fruissero
i residenti in comuni soltanto danneggiati, l'attestato sindacale
riflettente i due suddetti requisiti, il secondo dei quali era cosi
categorizzato: «a) lesioni personali; b) perdita di congiunti; c) danni all'azienda agricola, industriale, artigiana, commerciale, tu
ristica; d) danni al patrimonio immobiliare; è) perdita dell'allog
gio ovvero della sede stabile dell'esercizio dell'attività
professionale». Deriva da tale complessa normativa che, secondo le norme di
primo intervento, il versamento dei contributi previdenziali era
soltanto sospeso, ma a favore di tutti gli obbligati nell'ambito
delle regioni terremotate; i quali si diversificavano solo agli effet
ti della durata del periodo di sospensione; che successivamente
fu introdotto lo sgravio per tutti i soggetti dei comuni disastrati
e invece, quanto a quelli dei comuni danneggiati, a condizione
che i danni avessero colpito gli obbligati stessi; che questo siste
ma venne modificato e perfezionato con la normativa finale del
l'aprile 1981, la quale, serbando la distinzione or ora riferita,
indicava pure quali danni specificanti legittimassero la concessio
ne sullo sgravio individuale.
Il Mastroberardino era tenuto ai versamenti contributivi quale titolare di studio da dottore commercialista, come risulta da tutta
la documentazione da lui stesso prodotta nonché dall'introduzio
ne del medesimo ricorso incoativo di questo giudizio. Il certifica
to sindacale da lui proposto a fondamento della richiesta di sgravio enuncia appunto che egli svolgeva, all'epoca del sisma, l'attività
di «commercialista, con studio alla via Pironti nn. 39, 37 e 26»
e prosegue affermando «che i locali del predetto studio vennero
danneggiati in maniera notevole, da sgomberare, parzialmente ri
parabili». D'altra parte, è notorio che la città di Avellino venne
suddivisa, agli effetti della dicotomia comune disastrato-comune
danneggiato in due parti: il cosiddetto centro storico fu dichiara
to disastrato, mentre la restante porzione del territorio cittadino
fu dichiarata soltanto danneggiata. Via Pironti ricade fuori del
centro storico.
Dunque, per fruire dello sgravio, il Mastroberardino doveva
dimostrare non solo l'ubicazione della sede della sua impresa, ma anche la condizione di danneggiamento di essa in uno dei
paradigmi sopra riportati dall'art. 1 bis 1. 128/81. E chiaramente, trattandosi di attività professionale, l'ipotesi astratta era quella
contemplata alla lett. e), e non quella sub c). Quest'ultima non
potrebbe mai includere l'impresa esercente attività di libera pro fessione quando questa trova un'esplicita collocazione nell'appo sita previsione sub e). Ma quest'ultima ipotesi, a differenza di
quella al punto c) inesattamente invocato dal Mastroberardino,
esige la perdita della sede dell'attività professionale; laddove con
cretamente è dimostrato che lo studio dell'appellante era stato
soltanto danneggiato e richiedeva riparazioni. Dunque, il Mastro
berardino non aveva titolo allo sgravio, cosi come esattamente
ritenuto sia dall'Inps che dalla inceccepibile motivazione della sen
tenza pretorile. È appena da sottolineare come il richiamo al precedente giuris
prudenziale costituito dalla sentenza n. 55/84 resa da questo tri
bunale in controversia tra l'Inps e la Sati s.p.a. sia del tutto
inesatto, attesa (sebbene quella decisione non si soffermasse ex
professo sul punto) la diversità di trattamento legislativamente
adottata, come si è notato, per le imprese commerciali (lett. c
dell'art. 1 bis) e per gli studi professionali (lett. e): e la Sati eser
cita commercio di automobili.
Quanto, poi, alla tesi di cessazione della materia del contende
re a seguito della richiesta di condono, trattasi ancora di argo mento inesatto.
Il d.l. 11 luglio 1983 n. 317 (G.U.. n. 189/83) consentiva la
regolarizzazione delle pregresse condizioni debitorie ai datori di
lavoro che fossero in ordine quanto ai contributi del 1983, ma
la regolarizzazione andava effettuata «con versamento in unica
soluzione» (6° comma) ed anche «in rate mensili eguali e conse
cutive in numero non superiore a sei» (7° comma).
li Foro Italiano — 1988.
Questa normativa cessò di avere efficacia al sessantesimo di
per mancata conversione in legge, come altre che l'avevano pre ceduta. Ma con d.l. 19 settembre 1983 n. 463 il «condono» venne
ribadito all'art. 2 (v. G. U. n. 250/83) in termini sostanzialmente
immutati. Con la legge di conversione 11 novembre 1983 n. 638
(G.C/, n. 310/83) fu stabilito che il pagamento rateale (alternati vo a quello in unica soluzione) dovesse cominciare entro il 30
novembre 1983 e proseguire in rate mensili eguali e consecutive, in numero non superiore a nove. Dunque, se il Mastrobernardino
voleva fruire del cosiddetto condono, aveva l'onere di pagare tut
to il suo debito per contributi e in unica soluzione entro il 30
novembre 1983 o in più versamenti sino a nove, di uguale impor
to, sempre a partire da quella data. Ma l'appellante assume di
aver domandato il condono una prima volta versando nel giugno 1983 lire 2.873.574, che non erano certamente la nona parte del
dovuto (che comprendeva contributi per oltre 30 milioni di lire
e «interessi di dilazione») e comunque si riferivano ad un verbale
ispettivo dell'I 1 aprile 1983 pertinente a contributi dal 1° gennaio 1978 al 31 ottobre 1982 (non solo quindi al periodo della sospen sione per il sisma), ed un'altra volta troppo tardi e cioè nel 1984.
Senza contare che il primo versamento non risulta seguito dagli altri mensili, anche dovuti. Dunque, nessuna regola del condono
era da lui rispettata: sicché si è ben lontani da quella cessazione
della materia del contendere che viene sostenuta.
CORTE DI CASSAZIONE; sezione I civile; sentenza 21 giugno
1988, n. 4222; Pres. Granata, Est. Caturani, P.M. Lo Ca
scio (conci, conf.); Soc. Editoriale tributaria - Eti (Avv. Libo
nati) c. Istituto poligrafico e Zecca dello Stato (Aw. dello Stato
Corsini). Cassa App. Roma 26 marzo 1984.
Istituto poligrafico e Zecca dello Stato — Pubblicazione della
«Gazzetta ufficiale» — Riproduzione fotografica su periodico — Concorrenza sleale — Esclusione (Cost., art. 73; cod. civ., art. 2598; 1. 13 luglio 1966 n. 559, nuovo ordinamento dell'Isti
tuto poligrafico dello Stato, art. 2).
La riproduzione fotografica su periodico di parti della «Gazzetta
ufficiale» contenenti testi legislativi è libera e non costituisce
atto di concorrenza sleale in quanto l'attività di pubblicazione e vendita della «Gazzetta ufficiale», svolta dall'Istituto poligra
fico e Zecca dello Stato, ha natura di servizio pubblico e i testi
legislativi pubblicati sulla stessa «Gazzzetta ufficiale» devono
considerarsi bene di tutti. (1)
(1) Non constano precedenti in termini. La presente decisione, che considera attratte nel procedimento di pub
blicazione della legge anche la fornitura e la vendita della Gazzetta uffi ciale, in quanto «modalità attraverso cui la conoscibilità della legge è resa concreta e attuale», può accostarsi alla storica sentenza Corte cost. 24 marzo 1988, n. 364, Foro it., 1988, I, 1385, con nota di Fiandaca
(resa nell'intervallo tra la decisione della presente controversia e il deposi to in cancelleria del testo della motivazione), che ammette la scusabilità
dell'ignoranza inevitabile della legge penale, nell'opera di revisione del mito secondo cui il diritto si dà per conosciuto senza alcuna preoccupa zione per le effettive possibilità di prenderne conoscenza né per una sua
quanto più vasta possibile pubblicizzazione ai destinatari. In dottrina, cfr. Ainis, Dalla produzione alla diffusione della regola:
la conoscenza delle fonti normative tra vecchi equivoci e nuovi modelli, id., 1987, V, 403, in cui si auspica, tra l'altro, per favorire la conoscenza delle norme, «la distribuzione gratuita della Gazzetta ufficiale presso un
pubblico più diversificato dei soli uffici statali, per esempio nelle sedi delle associazioni private» (ibid., 413).
La qualificazione, operata in motivazione, dell'Istituto poligrafico e Zecca dello Stato quale ente pubblico non economico è in linea con quel lo che può considerarsi ormai ius receptum, circa la natura giuridica del
l'istituto, sin da Cass. 15 settembre 1977, n. 3984, id., 1977, I, 2675, che ha segnato il cambiamento di giurisprudenza rispetto alle decisioni
precedenti. Cfr., da ultimo, Cons. Stato, sez. I, 15 febbraio 1985, n.
175, in questo fascicolo, III, con nota di richiami) e Cass. 27 ottobre
1983, n. 6342, Foro it., Rep. 1984, voce Impiegato dello Stato, n. 189
(in extenso in Arch, civ., 1984, 652). La recente 1. 11 luglio 1988 n. 266
(Le leggi, 1988, 1547), «disciplina dello stato giuridico e del trattamento economico di attività del personale dipendente dell'Istituto poligrafico
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
Svolgimento del processo. — Con citazione del 10 giugno 1981, l'Istituto poligrafico e Zecca dello Stato conveniva innanzi al Tri
bunale di Roma la s.r.l. Eti - società Editoriale tributaria italiana
e premesso che quest'ultima, alla stregua degli annunci apparsi sul Corriere della Sera e su altri giornali, aveva intrapreso, me
diante la pubblicazione dei periodici: «Impresa commerciale in
dustriale»< e «Il Fisco» specializzati in materia economica e fiscale, una iniziativa editoriale caratterizzata dalla «riproduzione foto
grafica» della Gazzetta ufficiale della repubblica italiana — nelle
parti interessanti l'indirizzo programmatico delle riviste in que stione — cosi da assicurare l'assoluta fedeltà dei testi legislativi
riprodotti in quanto «riportati senza errori di stampa»; che tale
attività integrava gli estremi della concorrenza sleale, con appro
priazione parassitaria del prodotto tipografico ed editoriale e po teva costituire un attentato all'integrità della prerogativa istituzionale di diffusione delle leggi dello Stato, demandata dal
legislatore al Poligrafico; tanto premesso, chiedeva dichiararsi la
società convenuta responsabile di concorrenza sleale, inibirle la
continuazione dell'attività denunciata, ordinarsi la pubblicazione della sentenza ai sensi dell'art. 2600 c.c. e condannare la medesi
ma al risarcimento dei danni da liquidarsi in separata sede ovvero
all'indennizzo ex art. 2041 c.c.
Nella resistenza della società Eti, il tribunale, con sentenza del
tribunale 18 novembre 1982, rigettava la domanda, affermando
che nella specie non ricorrevano gli estremi della concorrenza sleale
per un triplice ordine di ragioni, in quanto: a) l'istituto è ente
pubblico non economico, onde non ha struttura di imprenditore;
b) non è configurabile attività di concorrenza in ordine alla pub blicazione delle leggi e dei decreti; c) ai sensi degli art. 5 e 13
1. 22 aprile 1941 n. 633, sulla protezione del diritto di autore, è consentita la riproduzione anche fotografica degli atti ufficiali
dello Stato. La corte d'appello, adita dalla parte soccombente, andava tuttavia in contrario avviso, accogliendo la domanda, con
sentenza del 26 marzo 1984.
Riteneva la corte a) che nell'attività di edizione e di vendita
della Gazzetta ufficiale l'istituto opera come ogni casa editrice
libraria; b) che va distinta da tale attività d'impresa quella consi
stente nella pubblicazione delle leggi e degli altri provvedimenti normativi quale momento di formazione delle leggi (art. 70 ss.
Cost.) che costituisce attività riservata all'istituto; c) che costi
tuendo la Gazzetta ufficiale un prodotto del lavoro e dell'ingegno
dell'istituto, oggetto di tutela nei confronti dell'attività pregiudi zievole dei terzi, la sua riproduzione fotografica integra un fatto
di appropriazione del prodotto, del lavoro e della capacità creati
va dell'istituto e di imitazione servile, ai sensi dell'art. 2598 c.c.
Contro la sentenza d'appello ricorre la s.r.l. Eti; resiste con
controricorso l'Istituto poligrafico e Zecca dello Stato. La ricor
rente ha presentato memoria. Il resistente ha depositato note scritte
di udienza (art. 379, ultimo comma, c.p.c.). Motivi della decisione. — 1. - Con il primo motivo, denunzian
do violazione dell'art. 2 1. 13 luglio 1966 n. 559, del d.p.r. 24
luglio 1967 n. 806, dell'art. 2598 c.c. nonché difetto di motiva
zione (art. 360, nn. 3 e 5, c.p.c.), la ricorrente si duole che la
corte d'appello abbia ravvisato concorrenza sleale nell'attività di
riproduzione fotografica sulle proprie riviste dei testi normativi
pubblicati sulla Gazzetta ufficiale senza tener presente che, per
quanto riguarda la pubblicazione delle leggi, l'Istituto poligrafico dello Stato non esercita alcuna prerogativa dell'imprenditore
editore, versando in posizione meramente esecutiva rispetto al mi
e Zecca dello Stato, dell'Unione italiana delle camere di commercio, in
dustria, artigianato ed agricoltura, del Comitato nazionale per la ricerca
e lo sviluppo dell'energia nucleare e delle energie alternative (Enea), del
l'Azienda autonoma di assistenza al volo per il traffico aereo generale e del Registro aeronautico italiano (Rai)», contiene, tuttavia, sia pure in un inciso, una diversa definizione: «Per l'Istituto poligrafico e Zecca
dello Stato, in quanto ente pubblico economico, si continua ad applicare il disposto dell'art. 24 1. 13 luglio 1966 n. 559» (art. 2).
Quanto al profilo concorrenziale, non constano precedenti in termini, anche se, di là dalla fattispecie particolare, sembra trovare conferma il
rifiuto a dare ingresso ad una tutela della misappropriation del lavoro
altrui. Sull'illiceità, ex art. 102 1. autore ed art. 2598 c.c., della riprodu zione della veste tipografica di una rivista, v. Trib. Milano 7 febbraio
1983, Foro it., Rep. 1983, voce Concorrenza (disciplina), nn. 102-105,
per esteso in Riv. dir. ind., 1983, II, 17, con nota di R. Franceschelli.
Il Foro Italiano — 1988.
nistro guardasigilli. D'altro canto si afferma che l'istituto svolge tale attività in regime di esclusiva nell'ambito del procedimento di pubblicazione dei testi normativi e che lo spazio pratico appar tenente sul mercato alla rivista di legislazione e commento edite
dall'Eti non è paragonabile a quello della Gazzetta.
2. - La censura è fondata. La giurisprudenza di questa corte
si ispira ad un indirizzo ormai costante nel ritenere che la 1. 13
luglio 1966 n. 559, sul nuovo ordinamento dell'Istituto poligrafi co dello Stato, ha reso prevalenti, rispetto alle attività imprendi toriali cui è tuttora dedito, i servizi svolti dall'istituto medesimo
nell'interesse delle amministrazioni statali, mediante strumenti sot
tratti alla disciplina del diritto privato. Tale riforma, pertanto, la quale ha trovato conferma nel distacco della Zecca dal ministe
ro del tesoro e nella costituzione di essa in sezione dell'Istituto
poligrafico, a norma della 1. 20 aprile 1978 n. 154, ha conferito
all'istituto medesimo la natura di ente pubblico economico (Cass. 11 maggio 1983, n. 3226, Foro it., Rep. 1983, voce Impiegato dello Stato, n. 245; 24 ottobre 1981, n. 5560, id., Rep. 1981, voce cit., n. 213; 2 aprile 1980, n. 2123, id., Rep. 1980, voce
cit., n. 212; 8 giugno 1979, n. 3239, id., Rep. 1979, voce cit., n. 309; 4 gennaio 1978, n. 2, id., Rep. 1978, voce cit., n. 343).
3. - La qualificazione dell'Istituto poligrafico dello Stato, co
me ente pubblico non economico, impone di verificare ex officio,
per la sua incidenza sulla decisione del ricorso, se tale sua veste
sia astrattamente compatibile con la qualità di imprenditore. Mentre la persona fisica se esercita professionalmente una atti
vità economica compresa tra quelle previste dall'art. 2195 c.c.
acquista senz'altro la qualifica di imprenditore commerciale, l'ente
pubblico per essere tale deve avere per oggetto esclusivo o princi
pale l'esercizio di una attività commerciale ed in tale ipotesi sol
tanto è soggetto all'obbligo dell'iscrizione nel registro delle imprese
(art. 2201 c.c.). Non sono compresi nella formulazione della leg
ge i casi in cui l'attività pubblicistica dell'ente è prevalente rispet to all'attività di impresa dal medesimo esplicata.
Come si verifica per l'Istituto poligrafico dello Stato, onde la
necessità logica e giuridica di stabilire se in quest'ultimo caso possa
ugualmente discorrersi di attività di impresa gestita dall'ente pub blico nonostante il difetto di quel requisito essenziale che la nor
ma richiede agli effetti che si considerano.
In dottrina l'interpretazione dell'art. 2201 c.c. non è univoca:
secondo un indirizzo, la norma definisce la figura dell'ente pub blico - imprenditore attraverso il requisito dell'attività commer
ciale esclusiva o prevalente che il medesimo deve svolgere, onde
in sua mancanza l'ente non potrebbe qualificarsi imprenditore e ad esso sarebbe quindi inapplicabile in toto la disciplina del
l'impresa contenuta nel libro V del codice civile.
Secondo una diversa corrente di pensiero, invece, che questa corte condivide, il problema va risolto procedendo al coordina
mento dell'art. 2201 con l'art. 2093 c.c., secondo cui:
«Le disposizioni di questo libro si applicano agli enti pubblici
inquadrati nelle associazioni professionali.
«Agli enti pubblici non inquadrati si applicano le disposizioni di questo libro, limitatamente alle imprese da essi esercitate».
Come si è rilevato in dottrina, la terminologia della norma ri
chiama il soppresso ordinamento corporativo, secondo cui gli en
ti pubblici che avevano per oggetto esclusivo o principale una
attività commerciale erano inquadrati nelle associazioni profes
sionali, onde si ricava dalla dizione della legge la equipollenza dell'ente pubblico inquadrato nelle associazioni professionali, cui
fa riferimento l'art. 2093, 1° comma, con l'ente pubblico che
abbia per oggetto esclusivo o principale una attività commerciale.
Con argomentazione a contrario risulta perciò dal 2° comma
che l'attività d'impresa può essere altresì' gestita (e disciplinata
dal codice civile) quando essa sia svolta da un ente pubblico che
prevalentemente tenda a realizzare scopi di pubblico interesse.
Ne consegue che, mentre gli enti pubblici economici (per i qua
li l'oggetto principale od esclusivo) sono considerati dalla legge,
nella loro conformazione unitaria ed inscindibile, imprenditori com
merciali, gli enti pubblici che tendono a conseguire prevalente
mente scopi di pubblico interesse, per cui svolgono soltanto in
via marginale attività di impresa, devono ritenersi imprenditori
anche se non commerciali, per non essere sottoposti all'obbligo
dell'iscrizione nel registro delle imprese, limitatamente all'impre
sa da essi esercitata.
Poiché essi sono pur sempre imprenditori, sono soggetti alle
norme sulla impresa contenute nel codice civile, con esclusione
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3291 PARTE PRIMA 3292
soltanto di quelle che si riferiscono in modo esclusivo all'impren ditore commerciale, cioè gli art. 2188-2221 c.c., onde sono sot
tratti all'obbligo della iscrizione nel registro delle imprese e della
tenuta delle scritture contabili.
4. - Stabilito che, in linea di principio, l'ente pubblico non
economico che gestisce un'impresa è soggetto alle norme del libro
V del codice civile che si riferisono all'impresa e quindi anche
a quella invocata nel presente giudizio dalla difesa dell'Istituto
poligrafico dello Stato (l'art. 2598 c.c. in tema di concorrenza
sleale), il punto centrale della controversia interpretativa insorta
tra le parti riflette l'individuazione della natura giuridica dell'at
tività che l'istituto svolge relativamente alla stampa ed alla ge stione della Gazzetta ufficiale.
La difesa del resistente, nelle note scritte di udienza, pur rite
nendo possibile la fotocopiatura delle leggi, sostiene che non è
altrettanto lecita l'attività di vendita dei testi legislativi da parte di terzi, il che autorizzerebbe «lo sfruttamento, con illecito ab
battimento di oneri, del prodotto altrui, prodotto che ha propria veste editoriale e tipografica, e propri pregi caratteristici quale
(riconosciuto anche ex adverso) la esattezza testuale».
La tesi non può essere seguita dal collegio, in quanto si limita
a prendere in considerazione l'attività di vendita delle imprese che si assumono concorrenti, senza tener presente la natura della
attività che l'istituto svolge allorché diffonde al pubblico le copie della Gazzetta ufficiale, anche in abbonamento.
A tal fine va considerato che l'attività esplicata dall'istituto
in ordine alla stampa e alla gestione della Gazzetta ufficiale (art.
2, 2° comma, 1. 13 luglio 1966 n. 559) non può essere presa in
esame in se stessa, avulsa cioè della disciplina giuridica dalla qua le è regolata e dal procedimento nel quale si inserisce e senza
apprezzare quale sia lo scopo che attraverso la medesima l'ordi
namento mira a conseguire. Tra le funzioni che la legge devolve all'Istituto poligrafico del
lo Stato, è senza dubbio preminente, per la sua importanza in
trinseca, la pubblicazione per esteso delle leggi e dei provvedimenti normativi nella Gazzetta ufficiale (r.d. 24 settembre 1931 n. 1256; r.d. 2 settembre 1932 n. 1293; r.d.l. 14 maggio 1936 n. 831 e
1. 5 maggio 1939 n. 660 che modificano il r.d. 24 settembre 1931
n. 1256). La pubblicazione, infatti, costituisce il momento termi
nale del procedimento di formazione delle leggi, cui fa riferimen
to l'art. 73 Cost, allorché stabilisce che esse sono pubblicate subito
dopo la promulgazione e, di regola, entrano in vigore il quindice simo giorno successivo alla loro pubblicazione.
Questa costituisce nel diritto positivo una attività tecnicamente
rientrante nel procedimento legislativo poiché, fin quando essa
non sopraggiunga, non si verifica l'entrata in vigore della legge; d'altra parte, l'atto legislativo promulgato nella sede competente costituisce l'oggetto stesso della operazione in cui ai concreta l'at
tività pubblicitaria. La pubblicazione nella Gazzetta ufficiale non costituisce, pe
raltro, l'unico sistema di pubblicità degli atti normativi previsto dalle leggi ordinarie. Sussistono all'uopo disposizioni che preve dono procedure di pubblicazione da attuarsi con mezzi diversi:
i regolamenti delle regioni a statuto ordinario sono pubblicati nel
bollettino ufficiale (art. 12 1. 10 febbraio 1953 n. 62), mentre i regolamenti comunali sono sottoposti alla sola pubblicazione nell'albo pretorio (art. 62 r.d. 3 marzo 1934 n. 383).
Ora per quanto concerne la pubblicazione delle leggi nella Gaz
zetta ufficiale, essa come ogni altra forma di pubblicità prevista
per gli atti normativi, tende ad attuare la maggiore diffusione
possibile del testo pubblicato. Si ritiene, invero, in dottrina che il sistema di pubblicazione
accolto nel nostro ordinamento corrisponde al tipo di pubblica zione che si è definita «materiale», in quanto ha attitudine a dif
fondere il testo della legge nella maniera più completa possibile, in modo da dare a tutti i destinatari la possibilità concreta di
conoscerla, e di adeguare ad essa i propri comportamenti. La stessa vacatio legis, prevista dalla norma costituzionale, co
stituisce, inoltre, elemento integrante la pubblicazione, rafforzan
done la funzione giuridica, poiché l'evento che si mira a conseguire
(che risiede nella efficacia della legge) non si determina soltanto
in base alla pubblicazione sulla Gazzetta ufficiale (art. 8 t.u. n.
1256 del 1931; art. 5 e 6 r.d. 2 settembre 1932 n. 1293); occorre
altresì che questa «esibizione» al pubblico si protragga per un
certo tempo. E non è dubbio che questa protrazione concorre
a rafforzare la possibilità che attraverso la pubblicazione si rea
li Foro Italiano — 1988.
lizzi la maggiore diffusione possibile della legge e quindi la sua
notorietà per tutti.
5. - Il sistema di pubblicazione delle leggi e dei decreti, previsto dall'art. 7 r.d. n. 1256 del 1931, tuttora in vigore, costituisce
un sostanziale superamento del sistema anteriore vigente nel re
gno sardo secondo cui la pubblicazione delle norme giuridiche era attuata mediante affissione nei capoluoghi comunali (art. 8
e 9 codice civile albertino del 1837). Tale procedura, dal cui compimento dipendeva l'entrata in vi
gore della legge, presentava tuttavia degli inconvenienti poiché rendeva conoscibili le norme non già per tutto il periodo della
loro efficacia, ma per il tempo limitato dell'affissione.
Questo sistema, che garantiva una conoscenza soltanto presun ta della legge perché in realtà soltanto in casi molto limitati i
cittadini prendevano conoscenza del testo normativo nell'albo co
munale, fu perciò soppresso e attraverso successive disposizioni in materia si pervenne alla introduzione di una procedura fonda
ta sulle due fasi della inserzione e della pubblicazione del testo
normativo nella sua integralità e non più sulla sola notizia del
l'avvenuta inserzione, come per l'ordinamento anteriore.
Al testo pubblicato sulla Gazzetta ufficiale si riconobbe inoltre
valore legale, onde si stabili che il ministro della giustizia avrebbe
autorizzato il «si stampi» soltanto dopo di aver accertato «la per fetta conformità dello stampato all'originale» (art. 4 r.d. 2 set
tembre 1932 n. 1293). In base ai precedenti rilievi può affermarsi che la stessa attività
di stampa e gestione della Gazzetta ufficiale, cui l'art. 2 1. 13
luglio 1966 n. 559 fa riferimento, va considerata nel quadro della
funzione pubblicistica che la medesima adempie nel diritto vigen te. Essa è diretta a procurare sia la notorietà delle norme pubbli cate sia la certezza ai testi normativi in essa contenuti circa la
conformità del testo all'originale. Il che spiega come la direzione
e la redazione della Gazzetta rientrino nelle attribuzioni del mini
stero di grazia e giustizia (art. 2 1. 559), onde la relativa attività
si inquadra nello stesso procedimento pubblicistico che è diretto
ad attuare l'accennata finalità; ed in essa si inquadrano altresì
la veste tipografica che ne agevola la diffusione nonché i pregi eventuali dell'opera. Ed in questo ambito di carattere pubblico si inserisce altresì', essendo rivolta anch'essa a realizzare la più
completa diffusione della Gazzetta al pubblico, non solo la forni
tura, ma la sua vendita anche in abbonamento.
Il che non consente di accogliere la distinzione tratteggiata dal
la corte d'appello, tra l'attività pubblicistica dell'istituto che si
esaurirebbe con la pubblicazione del testo della legge nella Gaz
zetta ufficiale e la vendita della stessa, perché dalla disciplina
giuridica si traggono elementi univoci e concordanti che induco
no a ritenere conforme a legge l'interpretazione la quale conside
ra attratte nel procedimento pubblicistico svolto dall'istituto per tutto ciò che attiene alla Gazzetta ufficiale le stesse modalità at traverso cui la conoscibilità della legge è resa concreta e attuale
e questa conoscibilità non si arresta con la mera pubblicazione della legge, ma comprende tutto ciò che quella pubblicazione fa
vorisce, come accade per la fornitura e la vendita della Gazzetta
ufficiale. Da quanto precede consegue con i prezzi di vendita e di abbo
namento della Gazzetta ufficiale non costituiscono il rispettivo di una attività privatistica dell'istituto, ma una prestazione patri moniale che viene pagata dai cittadini per l'espletamento di un
servizio pubblico che l'Istituto poligrafico dello Stato svolge nel
l'interesse della generalità, quando si avvalgono di detto servizio.
Il che, tra l'altro, appare confermato dal fatto che trattasi di
prezzi i quali non obbediscono alle leggi economiche del mercato, ma vengono determinati secondo scelte di carattere politico-sociale dal provveditore generale dello Stato e sono approvati dal mini
stro per il tesoro sentito il ministro di grazia e giustizia (art. 2
d.p.r. 24 luglio 1967 n. 806). Quanto precede supera in radice la obiezione della difesa del
resistente secondo cui la mancata fissazione di prezzi remunerati
vi da parte del Poligrafico non può significare che il medesimo
non svolga attività d'impresa, non essendo il profitto uno scopo che necessariamente qualifica la figura dell'imprenditore. L'inter
pretazione accolta esclude, invero, l'attività d'impresa per ragioni che sono intrinseche alla stessa attività esplicata, che si è ritenuta
di carattere pubblicistico e non privatistico-imprenditoriale. Ne discende che, contrariamente a quanto ritenuto dalla impu
gnata sentenza, l'attività di fotocopiatura dei testi legislativi pub
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
blicati sulla Gazzetta ufficiale da parte dei terzi devesi ritenere
una attività libera, consentita a tutti, perché avente ad oggetto un bene che, essendo di tutti, è accessibile a tutti con i mezzi
consentiti dalla tecnica moderna.
6. — L'accoglimento del primo motivo determina l'assorbimento
del secondo col quale si assume che la corte d'appello ha errato
nell'identificare in concreto il comportamento contrario alla cor
rettezza professionale e l'imitazione servile (art. 2598, nn. 1 e
3, c.c.). 7. - In definitiva, in accoglimento del ricorso, si impone la
cassazione dell'impugnata sentenza ed il rinvio della causa ad al
tro giudice che si designa in altra sezione della Corte d'appello di Roma la quale nel decidere la controversia si atterrà ai seguen ti principi di diritto:
«L'Istituto poligrafico dello Stato, quale ente pubblico non eco
nomico, in quanto svolge prevalentemente, in base alla legge di
riforma 13 luglio 1966 n. 559, attività pubblicistica rispetto all'at
tività di diritto privato, per il combinato disposto degli art. 2093
e 2201 c.c. è soggetto alla disciplina dlel'imprenditore commer
ciale limitatamente alle imprese da esso esercitate, con esclusione
dell'obbligo di iscrizione nel registro delle imprese e di tenuta
dei libri contabili. «La stampa, la gestione e la vendita della Gazzetta ufficiale,
ai sensi dell'art. 2 1. 13 luglio 1966 n. 559, dell'art. 2 del regola mento di attuazione approvato con d.p.r. 24 luglio 1967 n. 806, rientrano tra i compiti che l'Istituto poligrafico dello Stato svolge nell'interesse pubblico mediante strumenti sottratti alla disciplina di diritto privato, inquadrandosi nell'ambito del procedimento pub blicistico che attiene alla pubblicazione delle leggi e dei provvedi menti normativi dello Stato, di cui tendono a rafforzare la
conoscibilità da parte dei destinatari.
«L'attività di fotocopiatura dei testi normativi pubblicati nella
Gazzetta ufficiale da parte dei terzi costituisce attività libera con
sentita a tutti, perché avente ad oggetto un bene che essendo di
tutti è accessibile a tutti, con i mezzi consentiti dalla tecnica
moderna».
I
CORTE DI CASSAZIONE; sezione I civile; sentenza 3 giugno
1988, n. 3782; Pres. F.E. Rossi, Est. Lipari, P.M. Donnarum
ma (conc. conf.); Prefetto di Pavia (Avv. dello Stato Siconol
fi) c. Garini. Cassa Pret. Vigevano 24 novembre 1983.
Sanzioni amministrative e depenalizzazione — Depenalizzazione — Sopravvenienza di sanzione amministrativa alla contravven
zione depenalizzata — Disciplina (Cod. pen., art. 2; 1. 24 di
cembre 1969 n. 990, assicurazione obbligatoria della
responsabilità civile derivante dalla circolazione dei veicoli a
motore e dei natanti, art. 32; 1. 24 novembre 1981 n. 689, mo
difiche al sistema penale, art. 1, 40).
A seguito della intervenuta depenalizzazione di un reato contrav
venzionale (nella specie, ex art. 32 l. 990/69 per circolazione
con veicolo senza assicurazione) per effetto della I. 24 novem
bre 1981 n. 689, al fatto commesso anteriormente all'entrata
in vigore della legge stessa si applica il novum ius, in forza del suo art. 40, senza che possano venire in considerazione i
principi generali della successione delle leggi nel tempo e, co
munque, la disciplina dettata dall'art. 2 c.p. (1)
(1-2) Sull'ambito di applicazione della 1. 689/81, cosi come delineato dalla disposizione transitoria ex art. 40, v. Pret. Verona 27 settembre
1985, Foro it., 1986, 1, 2943, con nota di richiami, ed anche Cass. 7
gennaio 1987, n. 7, id.. Rep. 1987, voce Sanzioni amministrative, n. 20
(che afferma l'immediata applicabilità delle nuove disposizioni ex 1. 689/81 in sostituzione di quelle di cui a leggi regionali difformi, senza necessità di una legge regionale di recezione).
Sul concorso tra disposizioni penali ed amministrative, v. Corte cost. 3 aprile 1987, n. 97, id., 1987, I, 3207, con nota di A. Ingroia; A. Tra
vi, Concorso di sanzioni penali ed amministrative e nuovi limiti alla legis
II Foro Italiano — 1988 — Parte I-62.
II
CORTE DI CASSAZIONE; sezione I civile; sentenza 21 aprile 1988, n. 3080; Pres. Bologna, Est. A. Finocchiaro, P.M. Gros
si (conci, conf.); Provincia autonoma di Trento (Avv. Loren
zoni) c. Soc. salumificio Marsilli (Avv. Visonà). Conferma Pret.
Rovereto 22 gennaio 1985.
Sanzioni amministrative e depenalizzazione — Fatto punito da
legge penale e norma regionale o provinciale — Sanzione am
ministrativa — Inapplicabilità — Condizioni (Cost., art. 25; cod. pen., art. 15; 1. 10 maggio 1976 n. 319, norme per la
tutela delle acque dall'inquinamento, art. 21; 1. prov. Trento
18 novembre 1978 n. 47, norme per la tutela dell'aria e delle
acque dall'inquinamento, art. 17; 1. 24 novembre 1981 n. 689, art. 9).
Quando uno stesso fatto è punito da una disposizione penale co
me reato e da una disposizione regionale o delle province auto
nome di Trento e Bolzano come illecito amministrativo, si
applica, ai sensi dell'art. 9, 2° comma, I. 24 novembre 1981
n. 689, la sola sanzione penale, senza alcuna possibilità di irro
gare la sanzione amministrativa regionale o provinciale, qualo ra la norma emanata da questi enti territoriali non stabilisca
diversamente. (2)
I
Motivi della decisione. — 1. - Al conducente di un autocarro,
sorpreso alla guida del veicolo non assicurato, in violazione del
l'art. 32 1. 24 dicembre 1969 n. 990, essendo stato accertato il
fatto anteriormente alla entrata in vigore della 1. 24 novembre
1981 n. 689 che ha depenalizzato la contravvenzione stessa, il
prefetto di Pavia ha applicato la sanzione amministrativa di lire
1.500.000, pari al massimo della previsione dell'art. 38, ultimo
comma, della legge di depenalizzazione citata (mentre la pena edittale per la contravvenzione era l'ammenda fino a lire 300.000, oltre all'arresto sino a tre mesi).
A seguito di opposizione dell'interessato, il Pretore di Vigeva
no, pur riconoscendo la responsabilità dell'opponente in ordine
alla violazione ascrittagli, ha ridotto l'ammontare della sanzione
a lire 150.000.
Ha ritenuto il pretore che poiché, ai sensi dell'art. 1 1. n. 689
del 1981, nessuno può essere assoggettato a sanzione amministra
tiva se non in forza di una legge che sia entrata in vigore prima della commissione della violazione, né punito con sanzione più
grave di quella in vigore al momento della violazione stessa, deve
ritenersi, quale imprescindibile corollario dell'enunciato principio di legalità, in analogia a quanto disposto dall'art. 2 c.p., che
quando la legge del tempo in cui la violazione è stata commessa
e quella posteriore sono diverse, si applica quella le cui disposi zioni risultano più favorevoli per il trasgressore; né rileva la cir
costanza che la successione di sanzione penale e sanzione
amministrativa fosse specificamente disciplinata dall'art. 40 1. n. 689 del 1981, rendendosi applicabili anche alle infrazioni ante
riormente commesse le nuove disposizioni in tema di sanzioni am
ministrative, dato che la regola dell'efficacia retroattiva del novum
ius opera solo nella parte più favorevole all'autore della violazio
ne, per il principio del favor rei.
Conseguentemente il pretore, avendo ritenuto la sanzione pe nale prevista per la contravvenzione più favorevole di quella con
templata per la violazione amministrativa, ha appellato la originaria normativa e calcolato entro il massimo di lire 300.000 la sanzione
amministrativa da irrogare, concretamente determinandola nel
l'importo già indicato. 2. - Ricorrendo per cassazione (e l'ammissibilità del ricorso è
assolutamente pacifica, e consacrata ora nell'art. 23 1. n. 689 del
1981) il prefetto di Pavia censura la soluzione adottata dal preto re che ha ritenuto operante l'efficacia retroattiva della sopravvenuta
lozione regionale, in Regioni, 1987, 1089; P. Barbieri, Il concorso di
sanzioni amministrative pecuniarie con particolare riguardo alle sanzioni
regionali ed alla potestà legislativa delle regioni, in Riv. giur. polizia loca
le, 1987, 5. Sul concorso formale di illeciti ammistrativi, v. Pret. Biella 10 gennaio
1984, Foro it., 1985, I, 2474, con nota di richiami.
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