sezione I civile; sentenza 10 agosto 1988, n. 4905; Pres. Falcone, Est. Senofonte, P. M. Martinelli(concl. conf.); Agenzia marittima Spadoni (Avv. Balestra) c. Soc. Weltra (Avv. Sorrentino). CassaApp. Genova 14 maggio 1984Source: Il Foro Italiano, Vol. 111, PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE(1988), pp. 3581/3582-3583/3584Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23181593 .
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
Nel citato arresto si è anche perspicuamente rilevato come l'art.
823 c.c., laddove stabilisce che i beni che fanno parte del dema
nio pubblico «non possono formare oggetto di diritti a favore
di terzi», comporta soltanto l'impossibilità di costituire sui beni
demaniali diritti reali a favore di terzi secondo la disciplina del
codice civile, ma non impedisce che l'ente pubblico, cui tali beni
appartengono, possa costituirli mediante lo strumento giuridico amministrativo della concessione.
Cosi si è ritenuto che la realità dei diritti che ne insorgono si può desumere, oltre che dalla legislazione più recente, fra cui
l'art. 1145 c.c, che accorda al concessionario la più ampia tutela
possessoria, da ciò che questi, quanto meno nei confronti dei
terzi, può difendere il proprio diritto sul bene con quella pienezza di mezzi che l'ordinamento giuridico normalmente appresta ogni
qualvolta il diritto soggettivo presenta i caratteri dell'assolutezza
e della esclusività.
Orbene, tale indirizzo va ribadito a conforto del conforme pen siero del giudice del merito, che esattamente ha individuato nella
posizione del Papotto, titolare della concessione del suolo dema
niale, quel diritto pieno ed incondizionato al godimento degli im
mobili costruiti in forza di quel titolo e cosi alla loro conservazione
nelle normali condizioni per poterne usare, nei confronti dell'am
ministrazione militare che, al di fuori del rapporto con la diversa
amministrazione (delle finanze) concedente e del correlativo inte
resse pubblico (che ben avrebbe potuto determinare il discrezio
nale affievolimento di quel diritto), e cosi come terzo estraneo
al rapporto di concessione, ma proprio in relazione ed in conse
guenza del distinto rapporto di requisizione di quegli immobili
del concessionario, aveva negativamente inciso con il proprio com
portamento sul diritto di questi. Né tale conclusione può trovare smentita in relazione alla ad
dotta «sdemanializzazione» del suolo oggetto della concessione
al Papotto ed alla conseguente pretesa pregressa estinzione di que
sta, dovendosi per contro tenere presente che anche nella ipotesi della cosiddetta sdemanializzazione come non può verificarsi la
automatica trasformazione della concessione del bene appartenente allo Stato in un rapporto di affitto con il conseguente mutamento
della regolamentazione anche pattizia di esso, essendo per ciò ne
cessario un atto di volontà della pubblica amministrazione conce
dente espresso nella prescritta forma scritta ab substantiam (v. Cass. 5 novembre 1985, n. 5348, id., Rep. 1986, voce Demanio, n. 6), identicamente — per il caso che ne occupa: al tempo
(1959-1966) della requisizione da parte dell'amministrazione mili
tare — in mancanza della revoca della concessione da parte del
l'amministrazione delle finanze (avvenuta solo successivamente) non si era determinato il venir meno del rapporto — pure in
relazione alla citata convenzione del 6 maggio 1947, che accedeva
alla concessione — e la sua sottrazione alla propria disciplina, né quindi il cessare dei diritti che ne derivavano per il concessio
nario, pena il risarcimento dei relativi danni (v. Cass. 8 novem
bre 1976, n. 4073, id., Rep. 1976, voce Concessioni amministrative, n. 27).
Con il secondo motivo la ricorrente lamenta omessa, insuffi
ciente e contraddittoria motivazione circa punti decisivi della con troversia (art. 360 c.p.c.) sulla eccessiva liquidazione del danno
operata dal giudice del merito deducendo la mancata considera
zione da parte del consulente tecnico d'ufficio delle condizioni
dell'immobile all'atto della consegna dell'amministrazione milita
re e della sua riconsegna ed in ispecie dello stato anteriore con
addebito di opere non dovute e senza considerare l'uso normale
del bene (compreso nell'indennità di occupazione) e le relative
spese rientranti nell'ordinaria manutenzione ovvero imputabili al
degrado per il tempo trascorso al tempo del sopralluogo. Anche questo motivo non merita di essere accolto.
L'indicata conclusione, infatti, discende dalla debita considera
zione che il quantum del danno risarcibile è stato riconosciuto
e liquidato al Papotto dal giudice del merito con una motivata
adesione alle indicazioni al riguardo del consulente tecnico d'uf
ficio, senza che ne residui alcun utile spazio alle censure formula
te dalla ricorrente amministrazione, non risultando tale decisione
affetta da vizi logico-giuridici, né carente delle dovute indagini motivazionali.
In proposito, invero, va tenuto presente che il costante indiriz
zo di questa corte è nel senso che allorquando — come nella
specie — il giudice del merito aderisce alle conclusioni del consu
lente tecnico d'ufficio facendole proprie, l'obbligo della motiva
zione è soddisfatto dal richiamo delle argomentazioni accolte senza
Il Foro Italiano — 1988.
la necessità di confutazione delle contrarie deduzioni di parte, da considerarsi implicitamente disattese, bensì con la conseguen za che la richiesta di riesame degli elementi risultanti dalla consu
lenza tecnica e posti a base della decisione si risolve in un sindacato
dell'apprezzamento del giudice del merito, che in sede di legitti mità può essere oggetto di censura solo se quelle argomentazioni siano insufficienti o contraddittorie (v., da ultimo, Cass. 14 no
vembre 1986, n. 6698, id., Rep. 1986, voce Consulente tecnico, n. 25; 13 aprile 1984, n. 2391, id., Rep. 1984, voce cit., n. 70; 16 marzo 1981, n. 1435, id., Rep. 1981, voce cit., n. 25).
Orbene, la richiamata decisione dei giudici d'appello nella sua
sostanziale adesione alle conclusioni del consulente tecnico non
ha fatto mancare il debito rilievo — nella valutazione economica
del ripristino dell'immobile occupato — delle indagini del detto
ausiliare, proprio con riguardo ai verbali di consegna e riconse
gna del bene occupato, circa la non contestata consistenza delle
opere da eseguire — per cui si è sottolineata una sostanziale con
cordanza — ed in tale prospettiva non è poi venuta meno, nel
relativo apprezzamento, alla sia pur sintetica considerazione delle
ulteriori indicazioni della consulenza tecnica in ordine ai lavori
occorrenti per il completo ripristino dei manufatti danneggiati con
espresso riferimento al computo dei costi vigenti all'epoca. Dai detti giudici si è completato in tal modo un esauriente ex
cursus motivazionale in relazione ai cennati elementi di fatto ri
sultanti dalla consulenza tecnica, e cosi' adeguatamente ancorché
implicitamente disatteso quelle contrarie deduzioni al loro propo sito, senza di conseguenza far emergere una censurabile insuffi
cienza della ratio decidendi, bensì dando congrua indicazione delle
fonti dell'apprezzamento derivatone al riguardo della conclusiva
valutazione economica del ripristino dell'immobile del Papotto e quindi del danno risarcibile dello stesso, il cui riesame sollecita
to dalla ricorrente non può che restare così precluso in questa sede di legittimità.
In conclusione delle esposte considerazioni il ricorso proposto dall'amministrazione della difesa-aeronautica deve essere rigettato.
CORTE DI CASSAZIONE; sezione I civile; sentenza 10 agosto 1988, n. 4905; Pres. Falcone, Est. Senofonte, P. M. Marti
nelli (conci, conf.); Agenzia marittima Spadoni (Aw. Bale
stra) c. Soc. Weltra (Avv. Sorrentino). Cassa App. Genova
14 maggio 1984.
Trasporto marittimo e aereo — Trasporto marittimo internazio
nale — Convenzione di Bruxelles sulla polizza di carico — Emis
sione di polizza in Stato non contraente — Applicazione della
convenzione — Esclusione (Cod. civ., art. 2936, 2937; cod. nav., art. 10, 438; r.d.l. 6 gennaio 1928 n. 1958, approvazione delle
convenzioni di diritto marittimo firmate a Bruxelles il 25 ago sto 1924 e il 10 agosto 1926: convenzione 25 agosto 1924, art.
10; 1. 12 giugno 1984 n. 243, ratifica ed esecuzione del proto collo di modifica della convenzione internazionale del 25 ago sto 1924, aperto alla firma a Bruxelles il 23 febbraio 1968 ed
entrato in vigore il 23 novembre 1985).
In tema di trasporto marittimo internazionale, la convenzione di
Bruxelles del 25 agosto 1924 sulla polizza di carico è applicabi le, ai sensi dell'art. 10 (nel testo anteriore al protocollo di mo
difica), solo nel caso di polizza emessa in uno degli Stati
contraenti o aderenti, e può costituire legge regolatrice del rap
porto in sostituzione della legge di bandiera solo se incorporata nell'ordinamento richiamato dalla volontà delle parti (nella c.d.
paramount clause), dovendosi altrimenti attribuire valore me
ramente contrattuale alle sue norme e, di conseguenza, esclu
derne l'operatività se in contrasto con norme legali cogenti,
quali quelle sulla prescrizione. (1)
(1) Il decisum della Cassazione — concernente una controversia ante riore al protocollo del 1985 — si uniforma all'orientamento giurispruden ziale costante in merito alla sfera di operatività della convenzione di Bruxelles. In termini, infatti, v. Cass. 24 luglio 1969, n. 2798, Foro it.,
Rep. 1969, voce Noleggio, n. 100; v. anche App. Napoli 31 ottobre 1975, id., Rep. 1976, voce Trasporto marittimo e aereo, nn. 63, 64; Trib. Napo
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3583 PARTE PRIMA 3584
Svolgimento del processo. — Con citazione del 27 maggio 1980, la s.p.a. Weltra convenne dinanzi al Tribunale di Genova l'agen zia marittima Aldo Spadoni di Livorno, nella qualità di racco
mandataria della nave Alexa e dei suoi vettori, chiedendone la
condanna al risarcimento dei danni dipendenti da avaria della
merce (estratto di mimosa) ad essa attrice destinata e caricata
nel porto sudafricano di Durban. Nella contumacia della conve
nuta, il tribunale accolse la domanda. Con la sentenza del 14
maggio 1984, ora impugnata, la corte d'appello di Genova ha
rigettato il gravame proposto dall'agenzia Spadoni, nella qualità,
condannandola, quindi, al risarcimento dei danni, determinati in
lire 4.654.134, con la rivalutazione del 10% annuo e gli interessi, a decorrere dal 18 marzo 1979, sulla base delle proposizioni che
seguono. Per effetto della paramount clause (clausola dominante), ripor
tata nel retro della polizza di carico emessa nel paese di partenza della nave, al trasporto de quo si applica la convenzione di Bru
xelles del 25 agosto 1924 sulla polizza di carico, approvata dall'I
talia con r.d.l. 6 gennaio 1928 n. 1958 (convento nella 1. 19 luglio 1929 n. 1638) ed entrata in vigore (a seguito del deposito, in data
26 ottobre 1938, dello strumento di ratifica) il 7 aprile 1939.
L'art. 3, n. 6, 4° comma, della convenzione prevede per l'azio
ne di danni la prescrizione di un anno dalla consegna della merce
o dalla data in cui avrebbe dovuto essere consegnata. Siffatto
termine, pattiziamente prorogabile, ai sensi del n. 8 della stessa
norma, è stato, nel caso di specie, prorogato di tre mesi (fino al 2 giugno 1980), con telex della vettrice Mediterranean Shipping
Company s.a. (Medite) di Ginevra: l'azione deve, perciò, ritener
si tempestiva ed è, di conseguenza, infondata l'eccezione di «de
cadenza e/o prescrizione» sollevata dall'appellante.
L'agenzia Spadoni ha proposto ricorso per cassazione affidato
a due motivi, illustrati da memoria e resistiti, con controricorso, dalla soc. Weltra.
Motivi della decisione. — Con il primo motivo, denunciando
violazione e falsa applicazione dell'art. 10 c. nav., degli art. 1649, 1649-A e 1650 del codice di commercio panamense, dell'art. 10
1. 19 luglio 1929 n. 1638 (introduttiva in Italia della convenzione
citata), degli art. 2936 e 2937, 1362-1371 c.c., e difetto di motiva
zione, la ricorrente sostiene, in sintesi, che ha errato la corte del
merito nel ritenere applicabile al caso la convenzione ridetta (quale
complesso normativo «incorporato» nella legislazione italiana, in
virtù della relativa legge di adattamento), non avendo considera
to che il suo art. 10 (nel testo originario, anteriore, cioè, alla
«novella» di cui all'art. 5 del protocollo di Bruxelles del 23 feb
braio 1968, introdotto nell'ordinamento interno con la 1. n. 243
del 12 giugno 1984 ed entrato in vigore il 23 novembre 1985) ne limita(va) l'applicabilità alle ipotesi di formazione della poliz za di carico in uno degli Stati contraenti (o aderenti), tra i quali non rientra, pacificamente, il Sudafrica.
Al trasporto di cui trattasi deve, pertanto, applicarsi ex art. 10 c. nav. la legge nazionale della nave (c.d. legge di bandiera)
e, quindi, la legislazione panamense (che qualifica fatal y impro
rogable, ossia sottratto al potere dispositivo delle parti, il termine
annuale di prescrizione dell'azione di responsabilità nella partico lare materia: art. 1649 cit.) ovvero, alternativamente, la legge or
dinaria (escluse, cioè, le norme — lex specialis — della
convenzione) del paese di sbarco (Italia) e, dunque, l'art. 438
c. nav., che prevede anch'esso, per i trasporti che hanno inizio
fuori di Europa o dei paesi bagnati dal Mediterraneo, il termine
prescrizionale di un anno, parimenti improrogabile, ex art. 2936
e 2937 c.c.
li 16 gennaio 1976, id., Rep. 1978, voce cit., n. 46; Cass. 11 gennaio 1978, n. 79 ibid., n. 49; infine, Trib. Genova 14 maggio 1984, id., Rep. 1986, voce cit., n. 38, dove chiaramente si afferma che la paramount clause è inidonea a realizzare la scelta della legge regolatrice del rapporto in base alla sola volontà delle parti.
Per la dottrina, sull'argomento, v. P. Ivaldi, La volontà delle parti nel contratto di trasporto marittimo: note sulla «paramount clause», in Riv. dir. internaz. privato e proc., 1985, 799, da segnalare per il raffron to tra la normativa convenzionale e il protocollo di Bruxelles che, modifi cando l'art. 10, fa assurgere a criterio di collegamento il volontario rinvio
operato dalle parti; S. M. Carbone, L'operatività nell'ordinamento ita liano dei protocolli di Visby e di Bruxelles sulla polizza di carico, id., 1986, 789, nonché L'ambito di applicazione della normativa uniforme nella nuova disciplina del trasporto marittimo internazionale, in Dir. ma
ritt., 1986, 530.
Il Foro Italiano — 1988.
Con il secondo motivo, la ricorrente deduce violazione degli art. 1696 c.c., 516 c. nav. e 2697 c.c., imputando alla corte d'ap
pello di aver indebitamente maggiorato del 10% il «prezzo della
merce a destino».
Il primo motivo — ammissibile, perché, contrariamente a quanto la resistente afferma, sull'applicabilità della legge italiana e della
convenzione incorporata non si è formato affatto il giudicato, come agevolmente si rileva dalla narrativa che precede e dall'e
sposizione del mezzo — è fondato.
A norma dell'art. 10 c. nav. il contratto di trasporto marittimo
è regolato dalla legge nazionale della nave, salva la diversa volon
tà delle parti.
Legge della nave è, nel caso di specie, la legge panamense, la
cui applicabilità è stata, però, esclusa dalla volontà dei contraenti
con l'adozione della clausola «paramount», mediante la quale es
se hanno inteso assoggettare il trasporto alla disciplina della con
venzione di Bruxelles, come legge regolatrice del rapporto, per il tramite del rinvio alla legislazione dello Stato che l'abbia rece
pita (paese di spedizione o, subordinatamente, paese di destina
zione), non potendo la normativa della convenzione assurgere
direttamente, in ragione della sua natura, a legge regolatrice del
contratto ed essendo, perciò, necessaria, a questo fine, la media
zione del rinvio — ove consentito — all'ordinamento che la con
tenga, potendo, diversamente, fungere solo da fonte di integrazione
pattizia del rapporto, che attinge altrove la propria disciplina legale.
Ora, è pacifico che né il Panama (paese di bandiera) né il Su
dafrica (paese di partenza) hanno aderito alla convenzione, men
tre questa è stata ratificata dall'Italia (paese di sbarco). Il che,
però, non è sufficiente per ritenere effettivamente applicabile al
caso la legge (sostanziale) del nostro paese e, quindi, il diritto
speciale somministrato dalla convenzione che ne fa parte (da ulti
mo, Cass. 5357/87, Foro it., Rep. 1987, voce Trasporto maritti
mo e aereo, n. 62), poiché, da un lato, la surrogazione della legge nazionale della nave è consentita solo ove le parti abbiano indica
to come legge regolatrice del rapporto quella di un altro paese
(art. 10 c. nav.) e, dall'altro, la stessa clausola «paramount» con
diziona l'applicabilità della legge del paese di spedizione o di arri
vo al fatto che in essi la convenzione sia «obbligatoriamente
applicabile»; mentre, nel caso concreto, applicabile essa non è, in quanto il suo art. 10 ne limita(va) l'applicazione alle polizze emesse in uno degli Stati contraenti (o aderenti), tra i quali —
ripetesi — il Sudafrica non rientra.
Contrariamente a quanto statuito dalla corte del merito, la leg
ge di bandiera non può, dunque, ritenersi surrogata, per volontà
delle parti, da altra legge regolatrice e dalle norme della prima il rapporto de quo deve intendersi, quindi, disciplinato (ex art.
10 c. nav.), con la conseguenza che il residuo richiamo alla con
venzione contenuto nella clausola considerata, non potendo fun
gere da criterio di collegamento per la individuazione di una legge diversa da quella «materiale», è riferibile alla convenzione come tale (ossia come corpo di regole pattizie) e operante, perciò, nei
limiti in cui la legge regolatrice consente di essere pattiziamente
derogata (Cass. 2798/69, id., Rep. 1969, voce Noleggio, n. 100). In accoglimento del primo motivo, assorbito il secondo, la sen
tenza impugnata deve essere, pertanto, cassata, con rinvio, anche
per le spese di questa fase, ad altra sezione della Corte d'appello di Genova, che si uniformerà al seguente principio di diritto: «in
tema di trasporto marittimo internazionale, la convenzione di Bru
xelles dal 25 agosto 1924 sulla polizza di carico è applicabile, in base al suo art. 10 (nel testo originario), solo nel caso di emis
sione della polizza in uno degli Stati contraenti o aderenti e può
assurgere a legge regolatrice del rapporto, ai sensi dell'art. 10
c. nav., in sostituzione della legge di bandiera, solo se incorpora ta nella legislazione dell'ordinamento richiamato e, quindi, solo
se la volontà delle parti si atteggi come criterio di collegamento
per la individuazione della legge regolatrice, dovendosi, diversa
mente, attribuire alle norme della convenzione valore meramente
contrattuale ed escluderne, perciò, a la valenza se in contrasto
con norme cogenti della disciplina legale».
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