sezione I civile; sentenza 28 ottobre 1988, n. 5852; Pres. Bologna, Est. Favara, P.M. Amirante(concl. conf.); Solombrino (Avv. Pellegrino) c. Di Battista (Avv. Patarnello). Conferma App.Lecce 16 febbraio 1984Source: Il Foro Italiano, Vol. 112, PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE(1989), pp. 79/80-83/84Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23183724 .
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PARTE PRIMA
imposte dal principio fondamentale del neminem laedere a tutela
della incolumità dei cittadini e della integrità del loro patrimonio;
con la conseguenza che, ove dalla inosservanza di tali norme de
rivi danno al terzo, deve a questi essere riconosciuta azione risar
citoria davanti al giudice ordinario vertendosi in tema di fatto
illecito lesivo di posizioni di diritto soggettivo (cfr. tra le altre
le sentenze di questa corte n. 35 del 1988, Foro it., Mass., 9;
n. 5916 del 1982, id., Rep. 1982, voce Responsabilità civile, n.
85; n. 3290 del 1980, id., Rep. 1980, voce Giurisdizione civile, n. 101; n. 2693 del 1976, id., Rep. 1976, voce Responsabilità
civile, n. 86, e n. 937 del 1971, id., Rep. 1971, voce Giurisdizione
civile, n. 64). Nel caso di specie — una volta che la situazione dedotta in
giudizio risultava caratterizzata dagli assunti relativi: a) alla lesio
ne di un proprio diritto di proprietà sugli arenili asportati e sulle
soprastrutture distrutte in occasione delle mareggiate; b) al nesso
di causalità fra tali perdite patrimoniali e la costruzione delle bar
riere frangiflutto da parte dell'Anas; c) alla addebitata illiceità
della condotta dell'ente per negligente ed imperita valutazione delle
conseguenze negative che l'opera marittima, per le modalità della
sua collocazione ed escuzione, avrebbe arrecato alla sfera giuridi
ca di terzi proprietari di aree costiere — non sussisteva ragione
per dubitare che la pretesa risarcitoria rientrasse nell'ambito della
competenza giurisdizionale del giudice ordinario secondo l'ordi
nario criterio del petitum sostanziale; è ciò ovviamente a prescin
dere da ogni altra questione di merito circa la concreta
configurabilità, o meno, nella fattispecie, di una responsabilità
aquiliana a carico della azienda convenuta.
In particolare: A) il diritto assoluto di proprietà degli immobi
li, indicati come oggetto di irrimediabile perdita (sopra, sub a),
non si prestava ad essere confuso con un inesistente, e mai prete
so, diritto relativo di credito ad ottenere dalla pubblica ammini
strazione la protezione diretta, contro i marosi, di terreni costieri
di appartenenza privata; B) il preteso nesso di causalità tra la
costruzione delle barriere frangiflutto, per come realizzate, e la
avulsione dei terreni e distruzione degli impianti per effetto della
interferenza nel gioco delle correnti marine (sopra, sub b), pre
sentava profili ben diversi da quelli di un mai ipotizzato nesso
di causalità tra la mancata realizzazione di opere marittime «sup
plementari» e l'erosione dovuta alla forza propria dei massi se
non attenuata dall'intervento correttivo dell'uomo; C) la lamen
tata violazione del principio del neminem laedere (denunciata co
me insita nella omessa previsione se le caratteristiche costruttive
e di ubicazione delle barriere comportasse oltre al vantaggio della
salvaguardia di un tratto della strada statale, anche lo svantaggio
della eccentuata ed accelerata esposizione al rischio di distruzione
di terreni e di immobili alieni; sopra sub c), proponeva a sua
volta all'attenzione dei giudici una tematica logico-giuridica asso
lutamente non riconducibile alle inconferenti considerazioni circa
la contiguità e circa la maggiore o minore distanza tra luogo di
insistenza dell'opera pubblica e luogo di produzione degli effetti
lesivi o perversi, in danno dei terzi, della sua realizzazione (cfr.,
per riferimenti, Cass. n. 2602 del 1983, id., Rep. 1983, voce Ope re pubbliche, n. 64).
Tali rilievi sono sufficienti a palesare — senza che occorra in
vocare la efficacia probatoria degli accertamenti tecnici esperiti
prima e durante il giudizio di merito — l'errore di diritto nel
quale la corte territoriale è incorsa, già nella impostazione dei
motivi della propria decisione, nel ritenersi carente di giurisdizio ne rispetto alla pretesa risarcitoria.
Cassata dunque la sentenza impugnata, le parti vanno riman
date davanti alla stessa Corte d'appello di Messina perché nella
causa sia espresso il giudizio richiesto al giudice di secondo grado.
Il Foro Italiano — 1989.
CORTE DI CASSAZIONE; sezione I civile; sentenza 28 ottobre
1988, n. 5852; Pres. Bologna, Est. Favara, P.M. Amirante
(conci, conf.); Solombrino (Aw. Pellegrino) c. Di Battista
(Avv. Patarnello). Conferma App. Lecce 16 febbraio 1984.
Obbligazioni in genere — Solidarietà — «Datio in solutum» —
Regresso — Ammissibilità — Limiti (Cod. civ., art. 1197, 1299) Obbligazioni in genere
— Solidarietà passiva — «Datio in solu
tum» — Regresso — Limiti (Cod. civ., art. 1197, 1299, 2041).
In materia di obbligazioni solidali, il condebitore, che ha estinto
l'obbligazione originaria mediante datio in solutum, può eser
citare l'azione di regresso, al fine di ripetere pro quota dai sin
goli condebitori il valore della prestazione effettuata, ma solo
fino a concorrenza del valore di quella originariamente
dovuta. (1) In materia di solidarietà passiva, il condebitore, che ha estinto
l'obbligazione mediante datio in solutum, qualora abbia effet
tuato una prestazione di valore diverso rispetto a quella dedot
ta in obligatione, può ripetere pro quota la minor somma tra
(1) Non constano precedenti negli esatti termini.
Nel confermare la sentenza dei giudice di merito, la Suprema corte
ha fermato l'attenzione su alcuni 'nodi cruciali' della questione portata al suo esame. In primo luogo, l'assenza di qualsiasi riferimento alla datio
in solutum, nelle norme che disciplinano gli effetti sull'obbligazione soli
dale dei modi di estinzione diversi dall'adempimento, dimostrerebbe, ad
avviso della corte, che l'effettuazione della stessa (disciplinata nell'ambi
to dell'adempimento in generale), quando sia consentita dal creditore, tiene luogo dell'adempimento e ne produce gli stessi effetti (circa l'esten
sibilità agli altri condebitori degli effetti degli atti e dei fatti relativi ad
uno di essi, cfr. Cass. 14 settembre 1963, n. 2515, Foro it., Rep. 1963, voce Obbligazioni e contratti, n. 153).
Con riferimento alla funzione della datio in solutum sono state pro
spettate in dottrina diverse soluzioni, che tuttavia si muovono nell'orbita
di un'asserita natura contrattuale (alcuni parlano di contratto estintivo:
Barassi, La teoria generale delle obbligazioni, 2" ed., 1948, III, 146; altri la considerano come contratto solutorio: Messineo, Manuale di di
ritto civile e commerciale, Vili, 14, Milano, 1952, vol. II, 204; Miccio, Delle obbligazioni in generale, in Commentario Utet, 1957, IV, tomo I, 90 ss.; altri ancora preferiscono parlare di funzione solutoria: Branca, Istituzioni di diritto privato, 4a ed., Bologna, 1958, 337; infine è stata
avanzata la tesi del contratto liberatorio: Grassetti, Datio in solutum
(dir. civ.), voce del Novissimo digesto, Torino, 1965, V, 174). La dottrina più recente ha sottoposto ad esame critico la tesi tradizio
nale, dando preminente rilievo alla dichiarazione negoziale del creditore
(cfr. Cannata, L'adempimento delle obbligazioni: l'adempimento in ge
nerale, in Trattato diretto da Rescigno, Torino, IX, 72 ss.). Ad ogni modo tutti concordano nel ritenere che il fenomeno della da
tio in solutum, quale surrogato dell'adempimento, di cui presenta i carat
teri fondamentali, soggiace alle regole generali dello stesso. Sulla base
di tale equiparazione non vi sarebbe, a giudizio della corte, alcun ostaco lo all'esercizio dell'azione di regresso a norma dell'art. 1299 c.c. (circa i presupposti dell'azione suddetta: Cass. 8 gennaio 1970, n. 48, Foro it.,
Rep. 1970, voce cit., n. 151; 14 giugno 1967, n. 1336, id., Rep. 1967, voce cit., n. 149. In dottrina la tesi enunciata dal Supremo collegio è
pacifica, v. Giorgianni, Obbligazione solidale e parziaria, voce del No
vissimo digesto, Torino, 1965, XI, 682; Rubino, Delle obbligazioni, in
Commentario Scialoja-Branca, Bologna-Roma, 1963, 130, sub art. 1292; Branca, Obbligazioni solidali, correali e collettive, in Riv. dir. civ., 1957,
I, 150; Busnelli, Le obbligazioni soggettivamente complesse, voce del
l'Enciclopedia del diritto, Milano, 1979, XXIX, 952). Il collegio, nel disattendere l'argomento sostenuto dal ricorrente, se
condo cui con la datio in solutum, a fronte dell'estinzione dell'obbligo, non si avrebbe attuazione dello stesso da parte del solvens, venendo per ciò a mancare un presupposto dell'azione di regresso, ha rilevato che
ex latere debitoris, non è ravvisabile un interesse all'adempimento, ma
solo quello alla liberazione dal debito (in ordine a quest'ultimo, peraltro ben distinto dall'interesse del debitore alla liberazione tout court, che vie
ne in rilievo nell'ambito della mora credendi, le soluzioni, proposte dalla
dottrina, oscillano tra i due estremi del diritto soggettivo e dell'interesse di mero fatto. Nel primo senso, v. Rescigno, Incapacità naturale, adem
pimento, Napoli, 1950, 144; nell'altra direzione, Cicala, L'adempimento indiretto del debito altrui, Napoli, 1963, 183 ss. In chiave intermedia
si parla di interesse legittimo: Tilocca, Remissione del debito, voce del
Novissimo digesto, Torino, 1965, XV, 406 ss.). Su quest'ultimo, ad avvi so della corte, è possibile fondare un mandato implicito a favore del
condebitore che esegue il pagamento con efficacia liberatoria per l'intera
collettività (cfr. Cass. 31 ottobre 1955, n. 3561, Foro it., Rep. 1955, voce
cit., n. 163).
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
il valore della prestazione originariamente dovuta e quello di
quanto effettivamente prestato. (2)
Svolgimento del processo. — Con ricorso al presidente del Tri
bunale di Lecce Aldo Di Battista chiedeva l'emissione di decreto
ingiuntivo nei confronti di Salvatore Solombrino per la somma
di lire 79.170.833. Esponeva di avere svolto con il Solombrino,
in società di fatto, varie attività imprenditoriali; di avere contrat
to un mutuo bancario di lire 150 milioni, garantito da fideiussio
ne, la cui natura sociale era stata espressamente riconosciuta (con
scrittura 27 febbraio 1976) dal Solombrino; che la predetta obbli
gazione era stata estinta dall'istituto fideiussore; che successiva
mente, con atto notarile del 1° giugno 1977, aveva ceduto alcuni
immobili di sua proprietà ed estinto così, con una dado in solu
tum, l'obbligazione verso il fideiussore; che intendeva perciò agi
re in regresso nei confronti del Solombrino per ottenere il rimborso
di metà dell'obbligazione estinta, oltre accessori e interessi.
Il presidente del tribunale concedeva il chiesto decreto ingiunti
vo, che veniva tuttavia revocato dal tribunale in sede di opposi
zione, essendosi ritenuto il Solombrino estraneo al rapporto tra
il Di Battista e le banche (mutuante e fideiussore) e quindi inesi
stente un'obbligazione solidale, comunque inattuale prima del mo
mento della compiuta liquidazione della società.
Il tribunale riteneva perciò assorbito l'ulteriore motivo di op
posizione con il quale il Solombrino aveva sostenuto che il Di
Battista comunque non aveva azione di regresso ai sensi dell'art.
1299 c.c., avendo estinto l'obbligazione sociale non mediante esatto
adempimento bensì mediante datio in solutum, dichiaratamente
non satisfattoria.
A seguito di appello del Solombrino la corte di Lecce, con la
sentenza qui impugnata, riformata la statuizione del tribunale circa
l'esistenza del vincolo di solidarietà tra i soci anche nelle società
di fatto e ritenuta perciò consentita l'azione di regresso, prendeva
in esame il secondo motivo di opposizione avverso il decreto in
(2) Riconosciuta la generica ammissibilità dell'azione di regresso, la
corte ha esaminato l'altro profilo attinente ai limiti quantitativi della stes
sa. È sembrata corretta la scelta compiuta dai giudici di merito, tesa fid
impedire al condebitore, che ha estinto l'obbligazione, di ripetere più di
quanto era originariamente dovuto. In tal senso la corte ha fatto riferi
mento ad un meccanismo perequativo, analogo a quello previsto specifi
camente in materia di arricchimento ingiustificato. In sostanza, ha ritenuto
la corte, qualora un condebitore, in luogo dell'adempimento, abbia effet
tuato una prestazione di valore superiore a quello della prestazione origi
naria, sarà tenuto a sopportarne le conseguenze. Se, invece, riesce a liberare
i condebitori con una prestazione di valore inferiore, anche gli altri sog
getti obbligati ne trarranno vantaggio, conformemente alla disciplina pre
vista in tema di atti o fatti concernenti un solo condebitore. Principio,
quest'ultimo, proprio di quei modi di estinzione diversi dall'adempimen
to, da cui la corte ha tenuto distinta la datio in solutum, al fine di ricono
scere l'ammissibilità dell'azione di regresso. Il che pare alquanto
contraddittorio rispetto alla premessa da cui la corte stessa era partita.
Per un ampio esame dell'arricchimento ingiustificato, v., in dottrina:
Di Paola, R. Pardolesi, Arricchimento (azione di), voce dell'Enciclope
dia giuridica, Roma, II, 1988; Busnelli, L'arricchimento senza causa,
in Trattato diretto da Rescigno, Torino, 1984, IX, 840 ss. (in particolare
circa la correlazione tra locupletazione e depauperamento, v. Trimarchi,
L'arricchimento senza causa, Milano, 1962, 79 ss.; Schlesinoer, Arric
chimento (azione di) (dir. civ.), voce del Novissimo digesto, Torino, 1958,
I, 1008; Trabucchi, Arricchimento (dir. civ.), voce dell'Enciclopedia de!
diritto, Milano, 1958, III; Barbera, L'ingiustificato arricchimento, Na
poli, 1964, 7 ss. In giurisprudenza l'orientamento prevalente prescinde
da un rigoroso nesso di causalità, ritenendo sufficiente un vincolo di oc
casionalità necessaria; cfr. Cass. 26 novembre 1986, n. 6981, Foro it.,
Rep. 1986, voce Arricchimento senza causa, n. 8; App. Milano 21 gen
naio 1983, id., Rep. 1984, voce cit., n. 7; Cass. 29 luglio 1983, n. 5236,
id., Rep. 1983, voce cit., n. 6; contra, Trib. Napoli 14 giugno 1982, ibid.,
n. 8). Al riguardo parte della dottrina — ma si tratta di un orientamento
minoritario — ha sostenuto che l'azione di regresso prescinderebbe dal
l'obbligazione solidale, per rinvenire il suo fondamento nell'art. 2041.
Contra, l'orientamento prevalente: cfr., tra gli altri, Amorth, Considera
zioni sui rapporti tra surrogazione e regresso, in Riv. trim. dir. e proc.
civ., 1958, 133 ss.; Di Majo, Obbligazioni solidali (e indivisibili), voce
dell 'Enciclopedia del diritto, 1979, XXIX, 319. In giurisprudenza, cfr.
Cass. 2 marzo 1973, n. 577, Foro it., Rep. 1973, voce Obbligazioni in
genere, n. 20.
Sui rapporti tra surrogazione e regresso, v., da ultimo, Grasso, Surro
gazione legale e solidarietà, Napoli, 1984, 33 ss. [R. Simone]
Il Foro Italiano — 1989.
giuntivo che il primo giudice aveva dichiarato assorbito e ritene
va esperibile l'azione di regresso anche quando il modo di estin
zione dell'obbligazione fosse stato quello della datio in solutum,
con la precisazione che il regresso poteva essere chiesto solo fino
a concorrenza del valore della prestazione dovuta e perciò, nel
caso in cui fosse stato dato in luogo dell'adempimento una pre
stazione di valore economico assertivamente superiore a quella
promessa, solo pro quota nella minor somma tra quanto origina
riamente dovuto ed il valore di quanto effettivamente prestato.
La corte di Lecce, pronunziando in via non definitiva, dichiarava
proponibile l'azione di regresso e disponeva consulenza tecnica
al fine di accertare se ed in quale misura le due prestazioni pre
dette fossero di diversa entità economica, al fine di stabilire, in
caso di valore diverso, la parte dovuta dal Solombrino fino a
concorrenza del valore della prestazione originariamente dovuta
e cioè in relazione alla minor somma tra questa e la prestazione
effettivamente eseguita. Ricorre per la cassazione di tale sentenza il Solombrino, con
unico motivo. Resiste con controricorso il Di Battista, il quale
eccepisce l'inammissibilità del ricorso per difetto di interesse, trat
tandosi di mero problema di qualificazione dell'azione, non inci
dente sull'originaria domanda quale proposta con il ricorso per
ingiunzione. Vi è memoria del Di Battista.
Motivi della decisione. — Con l'unico motivo di ricorso il So
lombrino, denunciando violazione e falsa applicazione dell'art.
1299, 1° comma, con riferimento agli art. 1197 e 2041 c.c., non
ché contraddittorietà di motivazione su punto decisivo della con
troversia, censura la sentenza impugnata per avere ritenuto
ammissibile l'azione di regresso da parte del debitore che ha esti
no l'obbligazione non con l'esatto adempimento ma con la datio
in solutum. Si sostiene che in tale ipotesi è proponibile la diversa
azione di arricchimento senza causa — nella specie non proposta,
né conoscibile di ufficio — da parte del solvens, che ha diritto
a ripetere dal coobbligato la minor somma tra quanto originaria
mente dovuto e quanto effettivamente prestato; che pur essendo
il risultato delle due azioni, nel caso in esame e per effetto delle
precisazioni fatte dalla corte di Lecce, sostanzialmente il medesi
mo, ciò sarebbe dovuto alla circostanza che la sentenza impugna
ta ha applicato un meccanismo che corrisponde a quello specifico
della azione generale di arricchiamento (secondo cui l'obbligo di
indennizzo deve essere contenuto nei limiti della locupletazione
se questa è inferiore all'altrui impoverimento, ma nei limiti del
l'impoverimento se l'arricchimento sia maggiore), ma è del tutto
irriconducibile all'ipotesi tipica dell'art. 1299 c.c.
Il Solombrino resiste all'eccezione di inammissibilità del ricor
so per difetto di interesse (art. 100 c.p.c.) sollevata dal Di Batti
sta, facendo rilevare che, riconoscendosi l'astratta esperibilità
dell'azione di arricchimento anziché di quella di regresso, il pro
blema da risolvere era quello di accertare se tale azione era stata
in concreto proposta col ricorso per ingiunzione, indagine questa
da rimettere al giudice di rinvio.
L'eccezione di inammissibilità del ricorso non ha fondamento,
atteso che è ravvisabile un concreto interesse del Solombrino ad
ottenere un riscontro dell'esperibilità dell'azione promossa dal Di
Battista, e cioè dell'azione di regresso ai sensi dell'art. 1299, 1°
comma, c.c., in relazione ad una forma di estinzione dell'obbli
gazione solidale ottenuta non mediante pagamento, bensì mediante
datio in solutum, per il fatto che ove la azione proponibile fosse
quella diversa di arricchimento senza causa, come esso ricorrente
ha sostenuto anche in sede di merito, conseguirebbe il rigetto del
la domanda e la riforma della sentenza della Corte d'appello di
Lecce, con evidente interesse perciò all'impugnazione.
Nel merito, il ricorso è però infondato.
Il Solombrino nega che l'azione di regresso prevista dall'art.
1299, 1° comma, c.c. a favore del condebitore solidale che ha
estinto l'obbligazione mediante il pagamento dell'intero debito
possa essere estesa anche alla ipotesi in cui l'estinzione sia stata
ottenuta mediante una prestazione in luogo dell'adempimento.
E ciò sia perché diversi sarebbero il presupposto di tale azione
(e cioè l'esatto adempimento da parte di uno dei condebitori)
ed il petitum (la richiesta della quota delF«originaria» obbliga
zione estinta, di sua pertinenza), sia perché nessun accostamento
sarebbe legittimo tra adempimento e datio in solutum, aventi di
versa natura giuridica (negoziale la datio in solutum per il rilievo
che assume l'intento del debitore e l'adesione del creditore; non
negoziale, perché mero atto solutorio, il pagamento), neppure sotto
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PARTE PRIMA
l'aspetto di una supposta analogia funzionale tra i due istituti, dal momento che se è vero che in entrambe le ipotesi si determina
l'effetto dell'estinzione dell'obbligazione e della liberazione del
debitore, non è meno vero che nella dazione in pagamento non
può affatto parlarsi di «attuazione dell'obbligo» e che comunque
l'adempimento esatto, e non la datio in solutum ha sempre effet to satisfattivo per il creditore e realizza il diritto di questi nel
momento stesso in cui attua l'obbligo del debitore. Il fatto poi che la dazione in pagamento ha natura negoziale doveva indurre
la corte di Lecce, secondo il ricorrente, ad escludere che il reci
proco mandato ad adempiere (che, secondo la tesi accolta da quel
giudice, nelle obbligazioni solidali lega tra loro i coobbligati), com
prendesse la facoltà di eseguire una prestazione diversa (e presta zione perciò di valore anche maggiore) rispetto a quella originariamente dovuta che certamente non avrebbe potuto esser
posta pro quota a carico del condebitore.
La sentenza impugnata, con motivazione approfondita e pun tuale, fa esattamente rilevare: a) che non a caso il codice civile non si occupa della datio in solutum in quelle norme che, subito di seguito all'art. 1299, dove è disciplinato il regresso per avvenu
to pagamento, stabiliscono quali conseguenze producono vicende
giuridiche diverse dall'adempimento (novazione, remissione, com
pensazione, ecc.) che dovessero intercorrere tra condebitori (o con
creditori) e creditore (o debitore), dal momento che tale mancata
previsione sta appunto a significare che l'essenza della prestazio ne in luogo dell'adempimento, disciplinata infatti nell'art. 1197
c.c. a proposito deH'«adempimento in generale», nonostante la
sua natura negoziale, risiede in ciò che, quando il creditore lo
consente, la datio in solutum tiene «luogo» dell'adempimento e
produce gli stessi effetti propri di questo, cioè l'estinzione del
l'obbligazione; b) che se esiste indubbiamente un interesse di tutti i condebitori solidali all'estinzione dell'obbligazione — interesse sul quale è lecito fondare una presunzione di mandato implicito a favore di chi tra essi esegue il pagamento nell'interesse di tutti — non può tale interesse negarsi quando l'effetto estintivo sia ottenuto mediante datio in solutum, che tiene appunto luogo del
l'adempimento, dovendosi tenere distinto l'effetto liberatorio che dalla dazione in pagamento discende a favore del creditore (il quale poteva avere interesse all'esatto adempimento, ma ha poi accettato la diversa prestazione offertagli in solutum) dalle conse
guenze che per tale via derivano nei rapporti interni tra condebi tori solidali; c) che, stante tale equiparazione della datio in solutum
all'adempimento, non possono esservi ostacoli al regresso che l'art. 1299 c.c. prevede per il caso di pagamento dell'intero debito.
Può aggiungersi che non ha concreto rilievo il fatto che nella datio in solutum, pur determinandosi l'estinzione dell'obbligazio ne e la liberazione del debitore, non si ha «attuazione dell'obbli
go» da parte del solvens; considerando infatti il problema dal lato (che qui rileva) del debitore, non è infatti ravvisabile un inte resse di questi a che sia attuato l'obbligo, perché il suo interesse è invece solo quello di conseguire la liberazione dal debito. E ciò vale anche per il condebitore solidale, il quale poi non può neppure addurre un interesse a che il condebitore che esegue il
pagamento attui l'obbligo mediante l'esatto adempimento e cioè con il pagamento dell'intero debito. Questo è infatti l'interesse del creditore, che non può essere dedotto nel rapporto interno tra i condebitori da parte di chi venga escusso in sede di regresso promosso da chi ha estinto l'obbligazione con la dazione in paga mento e faccia valere, anche ai sensi dell'art. 1720 c.c. (che dà al mandante diritto di ripetere dal mandatario le anticipazioni fatte) le sue ragioni di rivalsa verso il condebitore.
Si intende a questo punto anche la ragione della limitazione che l'azione di regresso subisce allorquando si vanno a controlla re i risultati conseguiti attraverso la datio in solutum, nel senso che non si può consentire al debitore che ha adempiuto l'obbliga zione, in tale modo di ripetere dai condebitori solidali, in sede di regresso, più di quanto era originariamente dovuto. Corretta mente la corte di merito ha perciò ritenuto che il debitore che ha estinto l'obbligazione eseguendo una prestazione diversa in luo
go dell'adempimento, ha diritto di ripetere dai singoli condebito ri solidali, pro quota, il valore della prestazione effettuata, ma solo fino a concorrenza del valore della prestazione che era dovu
ta; cioè a pretendere la minor somma tra il valore della prestazio ne originariamente dovuta e quello della prestazione effettivamente
eseguita. Il che comporta che ove l'estinzione dell'obbligazione sia stata
ottenuta mediante una prestazione di valore superiore, il conde
II Foro Italiano — 1989.
bitore risponderà pro quota nei limiti del valore originario, senza subire proporzionalmente il danno di tale operazione; mentre be
neficerà del vantaggio conseguito dal condebitore ove questi ab
bia ottenuto la liberazione dal debito mediante una prestazione di valore inferiore.
In tale quadro, deve ritenersi legittima l'applicazione fatta dal
giudice del merito di un meccanismo perequativo che, nel sistema
del codice civile, è previsto specificamente per l'azione generale di arricchimento (art. 2041); dal quale meccanismo peraltro non
differisce molto (se non per il fatto che è prevista solo l'estinzio
ne dell'obbligazione, vantaggiosa per il condebitore solidale, per atto del creditore) quello — cui si richiama il controricorrente — conseguente alla remissione (parziale) del debito, regolata nel
l'art. 1301 tra i casi di estinzione delle obbligazioni solidali con
atti diversi dall'adempimento. E ciò vale anche a dirimere il dub
bio avanzato dal Solombrino circa la necessità della partecipazio ne negoziale del condebitore alla datio in solutum per lui
vantaggiosa (per quella pregiudizievole si è già visto che gli effetti
dannosi non si estendono nei suoi confronti), essendo in tale ipo tesi sufficiente la vantaggiosità dell'operazione conclusa dal con
debitore sulla base del predetto mandato tacito e comunque l'intento remissorio unilaterale del creditore.
La sentenza, non definitiva, della corte di Lecce, che ha dispo sto, appunto sulla base dei su ribaditi principi giuridici, un'inda
gine tecnica diretta ad accertare la corrispondenza tra valore della
prestazione originariamente dovuta e valore della prestazione ese
guita dal Di Battista, deve essere perciò confermata.
I
CORTE DI CASSAZIONE; sezione III civile; sentenza 28 otto
bre 1988, n. 5846; Pres. Cruciani, Est. Rebuffat, P.M. Gros 'si (conci, conf.); Pietromarchi (Avv. Maori) c. Palombaro ed
altro; Palombaro (Avv. E. Romagnoli) c. Pietromarchi. Con
ferma App. Perugia 21 giugno 1985.
Contratti agrari — Affitto — Contestazione dell'inadempimento — Genericità ai fini della sanatoria — Validità — Fattispecie
(L. 3 maggio 1982 n. 203, norme sui contratti agrari, art. 5, 21). Contratti agrari — Affitto — Subconcessione a terzi — Risolu
zione del contratto — Termine di decadenza — Irrilevanza (L. 3 maggio 1982 n. 203, art. 5, 21).
La contestazione da parte del concedente all'affittuario di sub
concessione a terzi di parte dei terreni affittati, ai sensi del 3° comma dell'art. 5 l. 203/82, non dà luogo a decadenza del concedente stesso dal proporre l'azione di risoluzione del con
tratto, ove sia risultato, nel corso del giudizio di primo grado, che la subconcessione consisteva in una soccida con conferi mento di pascolo, stante la sostanziale equivalenza tra subcon cessione e soccida ed essendo sufficiente che la contestazione del concedente, al di là delle motivate richieste, esprima di per sé la idoneità a sanare l'inadempimento. (1)
(1-3) Contestazione dell'inadempimento e risoluzione del contratto di affitto ex art. 5 e 21 legge 203/82.
I. - Non constano precedenti specifici sulla questione di cui alla prima massima di Cass. n. 5846/88 riportata.
In argomento, v. Cass. 13 giugno 1985, n. 3554 — Foro it., 1985, I, 2915, con nota di D. Bellantuono, nonché in Giur. agr. it., 1986, 522, con nota di Gerì, e in Giur. it., 1986, I, 1, 418, con nota di Del Prato, — secondo cui la facoltà prevista dal 3° comma dell'art. 5 1. 203/82, di sanare l'inadempimento con effetti preclusivi della risoluzione del contratto, attiene indubbiamente alla sfera del diritto sostanziale e non può, perciò, essere considerata come indiscutibilmente connessa alla condizione di proponibilità della domanda pure configurata dalla stessa norma; tale facoltà presuppone, come si evince dalla contestuale previsio ne di un termine, che l'inadempienza stessa sia sanabile, con la conse guente sua inapplicabilità allorché, in corso di causa, risulti impossibile
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