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PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE || sezione I civile; sentenza 28 ottobre 1988,...

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sezione I civile; sentenza 28 ottobre 1988, n. 5852; Pres. Bologna, Est. Favara, P.M. Amirante (concl. conf.); Solombrino (Avv. Pellegrino) c. Di Battista (Avv. Patarnello). Conferma App. Lecce 16 febbraio 1984 Source: Il Foro Italiano, Vol. 112, PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE (1989), pp. 79/80-83/84 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23183724 . Accessed: 25/06/2014 01:22 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 62.122.73.86 on Wed, 25 Jun 2014 01:22:55 AM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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Page 1: PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE || sezione I civile; sentenza 28 ottobre 1988, n. 5852; Pres. Bologna, Est. Favara, P.M. Amirante (concl. conf.); Solombrino (Avv.

sezione I civile; sentenza 28 ottobre 1988, n. 5852; Pres. Bologna, Est. Favara, P.M. Amirante(concl. conf.); Solombrino (Avv. Pellegrino) c. Di Battista (Avv. Patarnello). Conferma App.Lecce 16 febbraio 1984Source: Il Foro Italiano, Vol. 112, PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE(1989), pp. 79/80-83/84Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23183724 .

Accessed: 25/06/2014 01:22

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PARTE PRIMA

imposte dal principio fondamentale del neminem laedere a tutela

della incolumità dei cittadini e della integrità del loro patrimonio;

con la conseguenza che, ove dalla inosservanza di tali norme de

rivi danno al terzo, deve a questi essere riconosciuta azione risar

citoria davanti al giudice ordinario vertendosi in tema di fatto

illecito lesivo di posizioni di diritto soggettivo (cfr. tra le altre

le sentenze di questa corte n. 35 del 1988, Foro it., Mass., 9;

n. 5916 del 1982, id., Rep. 1982, voce Responsabilità civile, n.

85; n. 3290 del 1980, id., Rep. 1980, voce Giurisdizione civile, n. 101; n. 2693 del 1976, id., Rep. 1976, voce Responsabilità

civile, n. 86, e n. 937 del 1971, id., Rep. 1971, voce Giurisdizione

civile, n. 64). Nel caso di specie — una volta che la situazione dedotta in

giudizio risultava caratterizzata dagli assunti relativi: a) alla lesio

ne di un proprio diritto di proprietà sugli arenili asportati e sulle

soprastrutture distrutte in occasione delle mareggiate; b) al nesso

di causalità fra tali perdite patrimoniali e la costruzione delle bar

riere frangiflutto da parte dell'Anas; c) alla addebitata illiceità

della condotta dell'ente per negligente ed imperita valutazione delle

conseguenze negative che l'opera marittima, per le modalità della

sua collocazione ed escuzione, avrebbe arrecato alla sfera giuridi

ca di terzi proprietari di aree costiere — non sussisteva ragione

per dubitare che la pretesa risarcitoria rientrasse nell'ambito della

competenza giurisdizionale del giudice ordinario secondo l'ordi

nario criterio del petitum sostanziale; è ciò ovviamente a prescin

dere da ogni altra questione di merito circa la concreta

configurabilità, o meno, nella fattispecie, di una responsabilità

aquiliana a carico della azienda convenuta.

In particolare: A) il diritto assoluto di proprietà degli immobi

li, indicati come oggetto di irrimediabile perdita (sopra, sub a),

non si prestava ad essere confuso con un inesistente, e mai prete

so, diritto relativo di credito ad ottenere dalla pubblica ammini

strazione la protezione diretta, contro i marosi, di terreni costieri

di appartenenza privata; B) il preteso nesso di causalità tra la

costruzione delle barriere frangiflutto, per come realizzate, e la

avulsione dei terreni e distruzione degli impianti per effetto della

interferenza nel gioco delle correnti marine (sopra, sub b), pre

sentava profili ben diversi da quelli di un mai ipotizzato nesso

di causalità tra la mancata realizzazione di opere marittime «sup

plementari» e l'erosione dovuta alla forza propria dei massi se

non attenuata dall'intervento correttivo dell'uomo; C) la lamen

tata violazione del principio del neminem laedere (denunciata co

me insita nella omessa previsione se le caratteristiche costruttive

e di ubicazione delle barriere comportasse oltre al vantaggio della

salvaguardia di un tratto della strada statale, anche lo svantaggio

della eccentuata ed accelerata esposizione al rischio di distruzione

di terreni e di immobili alieni; sopra sub c), proponeva a sua

volta all'attenzione dei giudici una tematica logico-giuridica asso

lutamente non riconducibile alle inconferenti considerazioni circa

la contiguità e circa la maggiore o minore distanza tra luogo di

insistenza dell'opera pubblica e luogo di produzione degli effetti

lesivi o perversi, in danno dei terzi, della sua realizzazione (cfr.,

per riferimenti, Cass. n. 2602 del 1983, id., Rep. 1983, voce Ope re pubbliche, n. 64).

Tali rilievi sono sufficienti a palesare — senza che occorra in

vocare la efficacia probatoria degli accertamenti tecnici esperiti

prima e durante il giudizio di merito — l'errore di diritto nel

quale la corte territoriale è incorsa, già nella impostazione dei

motivi della propria decisione, nel ritenersi carente di giurisdizio ne rispetto alla pretesa risarcitoria.

Cassata dunque la sentenza impugnata, le parti vanno riman

date davanti alla stessa Corte d'appello di Messina perché nella

causa sia espresso il giudizio richiesto al giudice di secondo grado.

Il Foro Italiano — 1989.

CORTE DI CASSAZIONE; sezione I civile; sentenza 28 ottobre

1988, n. 5852; Pres. Bologna, Est. Favara, P.M. Amirante

(conci, conf.); Solombrino (Aw. Pellegrino) c. Di Battista

(Avv. Patarnello). Conferma App. Lecce 16 febbraio 1984.

Obbligazioni in genere — Solidarietà — «Datio in solutum» —

Regresso — Ammissibilità — Limiti (Cod. civ., art. 1197, 1299) Obbligazioni in genere

— Solidarietà passiva — «Datio in solu

tum» — Regresso — Limiti (Cod. civ., art. 1197, 1299, 2041).

In materia di obbligazioni solidali, il condebitore, che ha estinto

l'obbligazione originaria mediante datio in solutum, può eser

citare l'azione di regresso, al fine di ripetere pro quota dai sin

goli condebitori il valore della prestazione effettuata, ma solo

fino a concorrenza del valore di quella originariamente

dovuta. (1) In materia di solidarietà passiva, il condebitore, che ha estinto

l'obbligazione mediante datio in solutum, qualora abbia effet

tuato una prestazione di valore diverso rispetto a quella dedot

ta in obligatione, può ripetere pro quota la minor somma tra

(1) Non constano precedenti negli esatti termini.

Nel confermare la sentenza dei giudice di merito, la Suprema corte

ha fermato l'attenzione su alcuni 'nodi cruciali' della questione portata al suo esame. In primo luogo, l'assenza di qualsiasi riferimento alla datio

in solutum, nelle norme che disciplinano gli effetti sull'obbligazione soli

dale dei modi di estinzione diversi dall'adempimento, dimostrerebbe, ad

avviso della corte, che l'effettuazione della stessa (disciplinata nell'ambi

to dell'adempimento in generale), quando sia consentita dal creditore, tiene luogo dell'adempimento e ne produce gli stessi effetti (circa l'esten

sibilità agli altri condebitori degli effetti degli atti e dei fatti relativi ad

uno di essi, cfr. Cass. 14 settembre 1963, n. 2515, Foro it., Rep. 1963, voce Obbligazioni e contratti, n. 153).

Con riferimento alla funzione della datio in solutum sono state pro

spettate in dottrina diverse soluzioni, che tuttavia si muovono nell'orbita

di un'asserita natura contrattuale (alcuni parlano di contratto estintivo:

Barassi, La teoria generale delle obbligazioni, 2" ed., 1948, III, 146; altri la considerano come contratto solutorio: Messineo, Manuale di di

ritto civile e commerciale, Vili, 14, Milano, 1952, vol. II, 204; Miccio, Delle obbligazioni in generale, in Commentario Utet, 1957, IV, tomo I, 90 ss.; altri ancora preferiscono parlare di funzione solutoria: Branca, Istituzioni di diritto privato, 4a ed., Bologna, 1958, 337; infine è stata

avanzata la tesi del contratto liberatorio: Grassetti, Datio in solutum

(dir. civ.), voce del Novissimo digesto, Torino, 1965, V, 174). La dottrina più recente ha sottoposto ad esame critico la tesi tradizio

nale, dando preminente rilievo alla dichiarazione negoziale del creditore

(cfr. Cannata, L'adempimento delle obbligazioni: l'adempimento in ge

nerale, in Trattato diretto da Rescigno, Torino, IX, 72 ss.). Ad ogni modo tutti concordano nel ritenere che il fenomeno della da

tio in solutum, quale surrogato dell'adempimento, di cui presenta i carat

teri fondamentali, soggiace alle regole generali dello stesso. Sulla base

di tale equiparazione non vi sarebbe, a giudizio della corte, alcun ostaco lo all'esercizio dell'azione di regresso a norma dell'art. 1299 c.c. (circa i presupposti dell'azione suddetta: Cass. 8 gennaio 1970, n. 48, Foro it.,

Rep. 1970, voce cit., n. 151; 14 giugno 1967, n. 1336, id., Rep. 1967, voce cit., n. 149. In dottrina la tesi enunciata dal Supremo collegio è

pacifica, v. Giorgianni, Obbligazione solidale e parziaria, voce del No

vissimo digesto, Torino, 1965, XI, 682; Rubino, Delle obbligazioni, in

Commentario Scialoja-Branca, Bologna-Roma, 1963, 130, sub art. 1292; Branca, Obbligazioni solidali, correali e collettive, in Riv. dir. civ., 1957,

I, 150; Busnelli, Le obbligazioni soggettivamente complesse, voce del

l'Enciclopedia del diritto, Milano, 1979, XXIX, 952). Il collegio, nel disattendere l'argomento sostenuto dal ricorrente, se

condo cui con la datio in solutum, a fronte dell'estinzione dell'obbligo, non si avrebbe attuazione dello stesso da parte del solvens, venendo per ciò a mancare un presupposto dell'azione di regresso, ha rilevato che

ex latere debitoris, non è ravvisabile un interesse all'adempimento, ma

solo quello alla liberazione dal debito (in ordine a quest'ultimo, peraltro ben distinto dall'interesse del debitore alla liberazione tout court, che vie

ne in rilievo nell'ambito della mora credendi, le soluzioni, proposte dalla

dottrina, oscillano tra i due estremi del diritto soggettivo e dell'interesse di mero fatto. Nel primo senso, v. Rescigno, Incapacità naturale, adem

pimento, Napoli, 1950, 144; nell'altra direzione, Cicala, L'adempimento indiretto del debito altrui, Napoli, 1963, 183 ss. In chiave intermedia

si parla di interesse legittimo: Tilocca, Remissione del debito, voce del

Novissimo digesto, Torino, 1965, XV, 406 ss.). Su quest'ultimo, ad avvi so della corte, è possibile fondare un mandato implicito a favore del

condebitore che esegue il pagamento con efficacia liberatoria per l'intera

collettività (cfr. Cass. 31 ottobre 1955, n. 3561, Foro it., Rep. 1955, voce

cit., n. 163).

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

il valore della prestazione originariamente dovuta e quello di

quanto effettivamente prestato. (2)

Svolgimento del processo. — Con ricorso al presidente del Tri

bunale di Lecce Aldo Di Battista chiedeva l'emissione di decreto

ingiuntivo nei confronti di Salvatore Solombrino per la somma

di lire 79.170.833. Esponeva di avere svolto con il Solombrino,

in società di fatto, varie attività imprenditoriali; di avere contrat

to un mutuo bancario di lire 150 milioni, garantito da fideiussio

ne, la cui natura sociale era stata espressamente riconosciuta (con

scrittura 27 febbraio 1976) dal Solombrino; che la predetta obbli

gazione era stata estinta dall'istituto fideiussore; che successiva

mente, con atto notarile del 1° giugno 1977, aveva ceduto alcuni

immobili di sua proprietà ed estinto così, con una dado in solu

tum, l'obbligazione verso il fideiussore; che intendeva perciò agi

re in regresso nei confronti del Solombrino per ottenere il rimborso

di metà dell'obbligazione estinta, oltre accessori e interessi.

Il presidente del tribunale concedeva il chiesto decreto ingiunti

vo, che veniva tuttavia revocato dal tribunale in sede di opposi

zione, essendosi ritenuto il Solombrino estraneo al rapporto tra

il Di Battista e le banche (mutuante e fideiussore) e quindi inesi

stente un'obbligazione solidale, comunque inattuale prima del mo

mento della compiuta liquidazione della società.

Il tribunale riteneva perciò assorbito l'ulteriore motivo di op

posizione con il quale il Solombrino aveva sostenuto che il Di

Battista comunque non aveva azione di regresso ai sensi dell'art.

1299 c.c., avendo estinto l'obbligazione sociale non mediante esatto

adempimento bensì mediante datio in solutum, dichiaratamente

non satisfattoria.

A seguito di appello del Solombrino la corte di Lecce, con la

sentenza qui impugnata, riformata la statuizione del tribunale circa

l'esistenza del vincolo di solidarietà tra i soci anche nelle società

di fatto e ritenuta perciò consentita l'azione di regresso, prendeva

in esame il secondo motivo di opposizione avverso il decreto in

(2) Riconosciuta la generica ammissibilità dell'azione di regresso, la

corte ha esaminato l'altro profilo attinente ai limiti quantitativi della stes

sa. È sembrata corretta la scelta compiuta dai giudici di merito, tesa fid

impedire al condebitore, che ha estinto l'obbligazione, di ripetere più di

quanto era originariamente dovuto. In tal senso la corte ha fatto riferi

mento ad un meccanismo perequativo, analogo a quello previsto specifi

camente in materia di arricchimento ingiustificato. In sostanza, ha ritenuto

la corte, qualora un condebitore, in luogo dell'adempimento, abbia effet

tuato una prestazione di valore superiore a quello della prestazione origi

naria, sarà tenuto a sopportarne le conseguenze. Se, invece, riesce a liberare

i condebitori con una prestazione di valore inferiore, anche gli altri sog

getti obbligati ne trarranno vantaggio, conformemente alla disciplina pre

vista in tema di atti o fatti concernenti un solo condebitore. Principio,

quest'ultimo, proprio di quei modi di estinzione diversi dall'adempimen

to, da cui la corte ha tenuto distinta la datio in solutum, al fine di ricono

scere l'ammissibilità dell'azione di regresso. Il che pare alquanto

contraddittorio rispetto alla premessa da cui la corte stessa era partita.

Per un ampio esame dell'arricchimento ingiustificato, v., in dottrina:

Di Paola, R. Pardolesi, Arricchimento (azione di), voce dell'Enciclope

dia giuridica, Roma, II, 1988; Busnelli, L'arricchimento senza causa,

in Trattato diretto da Rescigno, Torino, 1984, IX, 840 ss. (in particolare

circa la correlazione tra locupletazione e depauperamento, v. Trimarchi,

L'arricchimento senza causa, Milano, 1962, 79 ss.; Schlesinoer, Arric

chimento (azione di) (dir. civ.), voce del Novissimo digesto, Torino, 1958,

I, 1008; Trabucchi, Arricchimento (dir. civ.), voce dell'Enciclopedia de!

diritto, Milano, 1958, III; Barbera, L'ingiustificato arricchimento, Na

poli, 1964, 7 ss. In giurisprudenza l'orientamento prevalente prescinde

da un rigoroso nesso di causalità, ritenendo sufficiente un vincolo di oc

casionalità necessaria; cfr. Cass. 26 novembre 1986, n. 6981, Foro it.,

Rep. 1986, voce Arricchimento senza causa, n. 8; App. Milano 21 gen

naio 1983, id., Rep. 1984, voce cit., n. 7; Cass. 29 luglio 1983, n. 5236,

id., Rep. 1983, voce cit., n. 6; contra, Trib. Napoli 14 giugno 1982, ibid.,

n. 8). Al riguardo parte della dottrina — ma si tratta di un orientamento

minoritario — ha sostenuto che l'azione di regresso prescinderebbe dal

l'obbligazione solidale, per rinvenire il suo fondamento nell'art. 2041.

Contra, l'orientamento prevalente: cfr., tra gli altri, Amorth, Considera

zioni sui rapporti tra surrogazione e regresso, in Riv. trim. dir. e proc.

civ., 1958, 133 ss.; Di Majo, Obbligazioni solidali (e indivisibili), voce

dell 'Enciclopedia del diritto, 1979, XXIX, 319. In giurisprudenza, cfr.

Cass. 2 marzo 1973, n. 577, Foro it., Rep. 1973, voce Obbligazioni in

genere, n. 20.

Sui rapporti tra surrogazione e regresso, v., da ultimo, Grasso, Surro

gazione legale e solidarietà, Napoli, 1984, 33 ss. [R. Simone]

Il Foro Italiano — 1989.

giuntivo che il primo giudice aveva dichiarato assorbito e ritene

va esperibile l'azione di regresso anche quando il modo di estin

zione dell'obbligazione fosse stato quello della datio in solutum,

con la precisazione che il regresso poteva essere chiesto solo fino

a concorrenza del valore della prestazione dovuta e perciò, nel

caso in cui fosse stato dato in luogo dell'adempimento una pre

stazione di valore economico assertivamente superiore a quella

promessa, solo pro quota nella minor somma tra quanto origina

riamente dovuto ed il valore di quanto effettivamente prestato.

La corte di Lecce, pronunziando in via non definitiva, dichiarava

proponibile l'azione di regresso e disponeva consulenza tecnica

al fine di accertare se ed in quale misura le due prestazioni pre

dette fossero di diversa entità economica, al fine di stabilire, in

caso di valore diverso, la parte dovuta dal Solombrino fino a

concorrenza del valore della prestazione originariamente dovuta

e cioè in relazione alla minor somma tra questa e la prestazione

effettivamente eseguita. Ricorre per la cassazione di tale sentenza il Solombrino, con

unico motivo. Resiste con controricorso il Di Battista, il quale

eccepisce l'inammissibilità del ricorso per difetto di interesse, trat

tandosi di mero problema di qualificazione dell'azione, non inci

dente sull'originaria domanda quale proposta con il ricorso per

ingiunzione. Vi è memoria del Di Battista.

Motivi della decisione. — Con l'unico motivo di ricorso il So

lombrino, denunciando violazione e falsa applicazione dell'art.

1299, 1° comma, con riferimento agli art. 1197 e 2041 c.c., non

ché contraddittorietà di motivazione su punto decisivo della con

troversia, censura la sentenza impugnata per avere ritenuto

ammissibile l'azione di regresso da parte del debitore che ha esti

no l'obbligazione non con l'esatto adempimento ma con la datio

in solutum. Si sostiene che in tale ipotesi è proponibile la diversa

azione di arricchimento senza causa — nella specie non proposta,

né conoscibile di ufficio — da parte del solvens, che ha diritto

a ripetere dal coobbligato la minor somma tra quanto originaria

mente dovuto e quanto effettivamente prestato; che pur essendo

il risultato delle due azioni, nel caso in esame e per effetto delle

precisazioni fatte dalla corte di Lecce, sostanzialmente il medesi

mo, ciò sarebbe dovuto alla circostanza che la sentenza impugna

ta ha applicato un meccanismo che corrisponde a quello specifico

della azione generale di arricchiamento (secondo cui l'obbligo di

indennizzo deve essere contenuto nei limiti della locupletazione

se questa è inferiore all'altrui impoverimento, ma nei limiti del

l'impoverimento se l'arricchimento sia maggiore), ma è del tutto

irriconducibile all'ipotesi tipica dell'art. 1299 c.c.

Il Solombrino resiste all'eccezione di inammissibilità del ricor

so per difetto di interesse (art. 100 c.p.c.) sollevata dal Di Batti

sta, facendo rilevare che, riconoscendosi l'astratta esperibilità

dell'azione di arricchimento anziché di quella di regresso, il pro

blema da risolvere era quello di accertare se tale azione era stata

in concreto proposta col ricorso per ingiunzione, indagine questa

da rimettere al giudice di rinvio.

L'eccezione di inammissibilità del ricorso non ha fondamento,

atteso che è ravvisabile un concreto interesse del Solombrino ad

ottenere un riscontro dell'esperibilità dell'azione promossa dal Di

Battista, e cioè dell'azione di regresso ai sensi dell'art. 1299, 1°

comma, c.c., in relazione ad una forma di estinzione dell'obbli

gazione solidale ottenuta non mediante pagamento, bensì mediante

datio in solutum, per il fatto che ove la azione proponibile fosse

quella diversa di arricchimento senza causa, come esso ricorrente

ha sostenuto anche in sede di merito, conseguirebbe il rigetto del

la domanda e la riforma della sentenza della Corte d'appello di

Lecce, con evidente interesse perciò all'impugnazione.

Nel merito, il ricorso è però infondato.

Il Solombrino nega che l'azione di regresso prevista dall'art.

1299, 1° comma, c.c. a favore del condebitore solidale che ha

estinto l'obbligazione mediante il pagamento dell'intero debito

possa essere estesa anche alla ipotesi in cui l'estinzione sia stata

ottenuta mediante una prestazione in luogo dell'adempimento.

E ciò sia perché diversi sarebbero il presupposto di tale azione

(e cioè l'esatto adempimento da parte di uno dei condebitori)

ed il petitum (la richiesta della quota delF«originaria» obbliga

zione estinta, di sua pertinenza), sia perché nessun accostamento

sarebbe legittimo tra adempimento e datio in solutum, aventi di

versa natura giuridica (negoziale la datio in solutum per il rilievo

che assume l'intento del debitore e l'adesione del creditore; non

negoziale, perché mero atto solutorio, il pagamento), neppure sotto

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PARTE PRIMA

l'aspetto di una supposta analogia funzionale tra i due istituti, dal momento che se è vero che in entrambe le ipotesi si determina

l'effetto dell'estinzione dell'obbligazione e della liberazione del

debitore, non è meno vero che nella dazione in pagamento non

può affatto parlarsi di «attuazione dell'obbligo» e che comunque

l'adempimento esatto, e non la datio in solutum ha sempre effet to satisfattivo per il creditore e realizza il diritto di questi nel

momento stesso in cui attua l'obbligo del debitore. Il fatto poi che la dazione in pagamento ha natura negoziale doveva indurre

la corte di Lecce, secondo il ricorrente, ad escludere che il reci

proco mandato ad adempiere (che, secondo la tesi accolta da quel

giudice, nelle obbligazioni solidali lega tra loro i coobbligati), com

prendesse la facoltà di eseguire una prestazione diversa (e presta zione perciò di valore anche maggiore) rispetto a quella originariamente dovuta che certamente non avrebbe potuto esser

posta pro quota a carico del condebitore.

La sentenza impugnata, con motivazione approfondita e pun tuale, fa esattamente rilevare: a) che non a caso il codice civile non si occupa della datio in solutum in quelle norme che, subito di seguito all'art. 1299, dove è disciplinato il regresso per avvenu

to pagamento, stabiliscono quali conseguenze producono vicende

giuridiche diverse dall'adempimento (novazione, remissione, com

pensazione, ecc.) che dovessero intercorrere tra condebitori (o con

creditori) e creditore (o debitore), dal momento che tale mancata

previsione sta appunto a significare che l'essenza della prestazio ne in luogo dell'adempimento, disciplinata infatti nell'art. 1197

c.c. a proposito deH'«adempimento in generale», nonostante la

sua natura negoziale, risiede in ciò che, quando il creditore lo

consente, la datio in solutum tiene «luogo» dell'adempimento e

produce gli stessi effetti propri di questo, cioè l'estinzione del

l'obbligazione; b) che se esiste indubbiamente un interesse di tutti i condebitori solidali all'estinzione dell'obbligazione — interesse sul quale è lecito fondare una presunzione di mandato implicito a favore di chi tra essi esegue il pagamento nell'interesse di tutti — non può tale interesse negarsi quando l'effetto estintivo sia ottenuto mediante datio in solutum, che tiene appunto luogo del

l'adempimento, dovendosi tenere distinto l'effetto liberatorio che dalla dazione in pagamento discende a favore del creditore (il quale poteva avere interesse all'esatto adempimento, ma ha poi accettato la diversa prestazione offertagli in solutum) dalle conse

guenze che per tale via derivano nei rapporti interni tra condebi tori solidali; c) che, stante tale equiparazione della datio in solutum

all'adempimento, non possono esservi ostacoli al regresso che l'art. 1299 c.c. prevede per il caso di pagamento dell'intero debito.

Può aggiungersi che non ha concreto rilievo il fatto che nella datio in solutum, pur determinandosi l'estinzione dell'obbligazio ne e la liberazione del debitore, non si ha «attuazione dell'obbli

go» da parte del solvens; considerando infatti il problema dal lato (che qui rileva) del debitore, non è infatti ravvisabile un inte resse di questi a che sia attuato l'obbligo, perché il suo interesse è invece solo quello di conseguire la liberazione dal debito. E ciò vale anche per il condebitore solidale, il quale poi non può neppure addurre un interesse a che il condebitore che esegue il

pagamento attui l'obbligo mediante l'esatto adempimento e cioè con il pagamento dell'intero debito. Questo è infatti l'interesse del creditore, che non può essere dedotto nel rapporto interno tra i condebitori da parte di chi venga escusso in sede di regresso promosso da chi ha estinto l'obbligazione con la dazione in paga mento e faccia valere, anche ai sensi dell'art. 1720 c.c. (che dà al mandante diritto di ripetere dal mandatario le anticipazioni fatte) le sue ragioni di rivalsa verso il condebitore.

Si intende a questo punto anche la ragione della limitazione che l'azione di regresso subisce allorquando si vanno a controlla re i risultati conseguiti attraverso la datio in solutum, nel senso che non si può consentire al debitore che ha adempiuto l'obbliga zione, in tale modo di ripetere dai condebitori solidali, in sede di regresso, più di quanto era originariamente dovuto. Corretta mente la corte di merito ha perciò ritenuto che il debitore che ha estinto l'obbligazione eseguendo una prestazione diversa in luo

go dell'adempimento, ha diritto di ripetere dai singoli condebito ri solidali, pro quota, il valore della prestazione effettuata, ma solo fino a concorrenza del valore della prestazione che era dovu

ta; cioè a pretendere la minor somma tra il valore della prestazio ne originariamente dovuta e quello della prestazione effettivamente

eseguita. Il che comporta che ove l'estinzione dell'obbligazione sia stata

ottenuta mediante una prestazione di valore superiore, il conde

II Foro Italiano — 1989.

bitore risponderà pro quota nei limiti del valore originario, senza subire proporzionalmente il danno di tale operazione; mentre be

neficerà del vantaggio conseguito dal condebitore ove questi ab

bia ottenuto la liberazione dal debito mediante una prestazione di valore inferiore.

In tale quadro, deve ritenersi legittima l'applicazione fatta dal

giudice del merito di un meccanismo perequativo che, nel sistema

del codice civile, è previsto specificamente per l'azione generale di arricchimento (art. 2041); dal quale meccanismo peraltro non

differisce molto (se non per il fatto che è prevista solo l'estinzio

ne dell'obbligazione, vantaggiosa per il condebitore solidale, per atto del creditore) quello — cui si richiama il controricorrente — conseguente alla remissione (parziale) del debito, regolata nel

l'art. 1301 tra i casi di estinzione delle obbligazioni solidali con

atti diversi dall'adempimento. E ciò vale anche a dirimere il dub

bio avanzato dal Solombrino circa la necessità della partecipazio ne negoziale del condebitore alla datio in solutum per lui

vantaggiosa (per quella pregiudizievole si è già visto che gli effetti

dannosi non si estendono nei suoi confronti), essendo in tale ipo tesi sufficiente la vantaggiosità dell'operazione conclusa dal con

debitore sulla base del predetto mandato tacito e comunque l'intento remissorio unilaterale del creditore.

La sentenza, non definitiva, della corte di Lecce, che ha dispo sto, appunto sulla base dei su ribaditi principi giuridici, un'inda

gine tecnica diretta ad accertare la corrispondenza tra valore della

prestazione originariamente dovuta e valore della prestazione ese

guita dal Di Battista, deve essere perciò confermata.

I

CORTE DI CASSAZIONE; sezione III civile; sentenza 28 otto

bre 1988, n. 5846; Pres. Cruciani, Est. Rebuffat, P.M. Gros 'si (conci, conf.); Pietromarchi (Avv. Maori) c. Palombaro ed

altro; Palombaro (Avv. E. Romagnoli) c. Pietromarchi. Con

ferma App. Perugia 21 giugno 1985.

Contratti agrari — Affitto — Contestazione dell'inadempimento — Genericità ai fini della sanatoria — Validità — Fattispecie

(L. 3 maggio 1982 n. 203, norme sui contratti agrari, art. 5, 21). Contratti agrari — Affitto — Subconcessione a terzi — Risolu

zione del contratto — Termine di decadenza — Irrilevanza (L. 3 maggio 1982 n. 203, art. 5, 21).

La contestazione da parte del concedente all'affittuario di sub

concessione a terzi di parte dei terreni affittati, ai sensi del 3° comma dell'art. 5 l. 203/82, non dà luogo a decadenza del concedente stesso dal proporre l'azione di risoluzione del con

tratto, ove sia risultato, nel corso del giudizio di primo grado, che la subconcessione consisteva in una soccida con conferi mento di pascolo, stante la sostanziale equivalenza tra subcon cessione e soccida ed essendo sufficiente che la contestazione del concedente, al di là delle motivate richieste, esprima di per sé la idoneità a sanare l'inadempimento. (1)

(1-3) Contestazione dell'inadempimento e risoluzione del contratto di affitto ex art. 5 e 21 legge 203/82.

I. - Non constano precedenti specifici sulla questione di cui alla prima massima di Cass. n. 5846/88 riportata.

In argomento, v. Cass. 13 giugno 1985, n. 3554 — Foro it., 1985, I, 2915, con nota di D. Bellantuono, nonché in Giur. agr. it., 1986, 522, con nota di Gerì, e in Giur. it., 1986, I, 1, 418, con nota di Del Prato, — secondo cui la facoltà prevista dal 3° comma dell'art. 5 1. 203/82, di sanare l'inadempimento con effetti preclusivi della risoluzione del contratto, attiene indubbiamente alla sfera del diritto sostanziale e non può, perciò, essere considerata come indiscutibilmente connessa alla condizione di proponibilità della domanda pure configurata dalla stessa norma; tale facoltà presuppone, come si evince dalla contestuale previsio ne di un termine, che l'inadempienza stessa sia sanabile, con la conse guente sua inapplicabilità allorché, in corso di causa, risulti impossibile

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