sezione I civile; sentenza 29 dicembre 1988, n. 7083; Pres. Vela, Est. Vercellone, P.M. Paolucci(concl. conf.); Soc. Elni (Avv. Alessio) c. Soc. Sidermes; Soc. Sidermes (Avv. D'Amelio, Floridia,Ferrari) c. Soc. Elni. Cassa App. Milano 7 luglio 1984Source: Il Foro Italiano, Vol. 112, PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE(1989), pp. 689/690-699/700Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23183842 .
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
seguente nullità del ricorso in appello, assume che gli appellanti, in assenza della parte appellata, avrebbero dovuto chiedere al tri
bunale di rifissare altra udienza e di disporre quindi la rinnova
zione della notificazione del ricorso e del nuovo decreto di
fissazione, ai fini della legittima costituzione del contraddittorio, nella specie mancata. (Omissis).
Devesi esaminare anzitutto il secondo motivo concernente la
ritualità della costituzione del contraddittorio in appello, essendo
pregiudiziale agli altri relativi rispettivamente alla validità della
notificazione, successiva alla prima udienza, ed al merito.
Tale motivo è fondato. Nel procedimento di appello non sono
state osservate le norme che garantiscono il rispetto del principio del contraddittorio.
Gli appellanti, invero, non hanno affatto provveduto alla noti
ficazione del ricorso e del decreto presidenziale di fissazione del
l'udienza di discussione, ai sensi dell'art. 435, 2° comma, c.p.c., e il tribunale, nella fase preparatoria di quest'ultima, non ha ac
certato la regolarità del contraddittorio, ed anzi, presente una
soltanto delle parti — gli appellanti, appunto —, ha disposto un
mero rinvio dell'udienza di discussione, in violazione non moti
vata del divieto di udienze di mero rinvio, mentre avrebbe dovu
to, non già limitarsi a dare atto nella sentenza della contumacia
della appellata, ma, piuttosto, fissare in tale fase una nuova udien
za di discussione, tenendo conto del disposto dell'art. 435, 3°
comma, a tutela del diritto di difesa della controparte, e ordinare
contestualmente la notificazione del ricorso e del provvedimento
collegiale, a norma dell'art. 162 c.p.c., sempre che la impugna zione non fosse preclusa dalla decadenza per decorso del relativo
termine (v. Cass., sez. un., 1° marzo 1988, n. 2166, Foro it.,
1988, I, 2613). Invero, in conformità dei principi già enunciati da questa Su
prema corte in fattispecie analoghe (Cass. 22 ottobre 1987, n.
7818, id., Rep. 1987, voce Lavoro e previdenza (controversie), n. 452; 21 ottobre 1987, n. 7770, id., 1987, I, 3224; 16 ottobre
1987, n. 7680, id., Rep. 1987, voce cit., n. 436) devesi affermare
che nel giudizio di appello celebrato con il rito del lavoro i poteri
del presidente del tribunale si esauriscono con l'emanazione del
decreto di fissazione dell'udienza di discussione dell'appello, mentre
ogni altro potere influente sullo svolgimento del processo di se
condo grado è attribuito al collegio. Pertanto, in caso di inesi
stenza della notificazione del decreto suddetto, rientra nei poteri del collegio, e non già del presidente, l'emanazione di un provve dimento diretto a fissare la nuova udienza di discussione dell'ap
pello e a disporre la esecuzione della notificazione del ricorso
e del provvedimento collegiale.
Consegue che se il provvedimento di nuova fissazione dell'u
dienza di discussione non sia stato affatto emesso, come nella
specie, la notificazione del ricorso e del primo decreto presiden
ziale, senza disposizione alcuna del collegio e dovuta soltanto al
l'iniziativa della parte, devesi ritenere contra legem con la
conseguenza della nullità del giudizio, non sanata ovviamente dalla
costituzione dell'appellata nella specie rimasta assente.
A maggior ragione, attesa la competenza esclusiva del collegio
in materia, a nulla vale la notificazione del solo verbale di rinvio
ad altra data dell'udienza di discussione, tanto più che nell'ordi
nanza di mero rinvio non è in alcun modo configurabile neppure un implicito provvedimento di nuova fissazione di udienza.
D'altra parte, neppure sarebbe ravvisabile una qualsiasi effica
cia della spontanea notificazione del ricorso, del decreto presi denziale e del verbale dell'udienza di rinvio, in considerazione
della rilevata competenza esclusiva del collegio e dell'arbitrarietà
della iniziativa della parte, e, comunque, tale notificazione non
è verificata nella specie, posto che nella relazione dell'ufficiale
giudiziario si fa riferimento all'«atto» che precede, e cioè al solo
verbale relativo al mero rinvio della udienza, e non agli «atti»
che precedono, e cioè appunto al ricorso, al decreto presidenziale
ed al verbale dell'udienza di mero rinvio.
L'accertamento della fondatezza della seconda censura sulla re
golarità della costituzione del contraddittorio assorbe evidente
mente l'esame della prima sulla regolarità della notificazione
successiva alla violazione — non sanata — del principio del con
traddittorio e, a maggior ragione, quello della terza concernente
il merito della causa.
Dalla nullità dell'intero giudizio di appello e della sentenza che
10 ha definito consegue che devesi disporre la cassazione della
sentenza impugnata.
11 Foro Italiano — 1989.
A norma dell'art. 382, 3° comma, c.p.c. questa corte deve pe raltro cassare senza rinvio.
Invero, come recentemente hanno affermato le sezioni unite
(sent. 1° marzo 1988, n. 2166) la omissione della notificazione
del ricorso introduttivo e del decreto di fissazione dell'udienza
costituisce vizio passibile di sanatoria mediante costituzione del
l'appellato o mediante «rinnovazione» disposta dal giudice, in
ogni caso, soltanto con effetto ex nunc, con salvezza cioè dei
diritti quesiti, e pertanto, se l'appellato non si costituisca, il giu
dice, qualora rilevi che, a causa del vizio predetto, l'atto di impu
gnazione sia divenuto inidoneo ad impedire il passaggio in giudicato della sentenza, deve definire il giudizio con pronuncia di mero
rito, e cioè di inammissibilità del gravame, senza procedere al
l'ordine di «rinnovazione» dell'atto.
Nella specie, pertanto, è evidente il rilievo che, per la scadenza
del termine di impugnazione, il processo non può essere prose
guito, con conseguente preclusione della pronuncia nel merito,
per effetto della formazione della cosa giudicata. La complessità processuale della fattispecie ed il recente orien
tamento giurisprudenziale delle sezioni unite, rilevante quanto agli effetti del rilevato vizio di rito, consentono di dichiarare intera
mente compensate le spese fra le parti, anche per quanto riguar da quelle del giudizio di appello.
CORTE DI CASSAZIONE; sezione I civile; sentenza 29 dicem
bre 1988, n. 7083; Pres. Vela, Est. Vercellone, P.M. Pao
lucci (conci, conf.); Soc. Elni (Aw. Alessio) c. Soc. Sidermes; Soc. Sidermes (Avv. D'Amelio, Floridia, Ferrari) c. Soc. El
ni. Cassa App. Milano 7 luglio 1984.
Brevetti per invenzioni industriali — Invenzione di procedimento — Metodo di analisi — Attuazione nel corso di un procedi mento di lavorazione industriale — Brevettabilità (Cod. civ., art. 2585, 2586; 1. 29 giugno 1939 n. 1127, testo delle disposi zioni legislative in materia di brevetti per invenzioni industriali, art. 12, 17).
Brevetti per invenzioni industriali — Invenzione di procedimento — Applicazione alla tecnica industriale di un principio scienti
fico — Brevettabilità limitata alla soluzione dello specifico pro blema indicata dall'inventore (Cod. civ., art. 2585, 2586; 1. 29
giugno 1939 n. 1127, art. 12, 17). Brevetti per invenzioni industriali — Soluzione di carattere inven
tivo — Irrilevanza del carattere inventivo dello strumento indi
cato per l'attuazione pratica del trovato (L. 29 giugno 1939
n. 1127, art. 14, 16).
È di per sé brevettabile la soluzione di un problema tecnico che
porti alla realizzazione di nuovo metodo di analisi della com
posizione di un semilavorato, analisi da attuarsi nel corso di
un procedimento di lavorazione industriale e che determini, a
seconda del suo risultato, successivi interventi per adeguare le
ulteriori fasi del procedimento alla realtà resa nota dall'a
nalisi. (1)
(1-3) «Sulla fine del secolo scorso», scriveva T. Ravà, Diritto indu
striale, II, Invenzioni industriali e modelli, a cura (e con i contributi) di M. Fabiani e P. Spada, Torino, 1988, 53-54, «il famoso Federico
Caprilli rivoluzionò la tecnica dell'equitazione ponendo le basi dell'equi tazione 'naturale' [. . .]. Tale nuova tecnica [. . .], sebbene sia dotata
di un valore pratico incontestabile [. . .] non sarebbe stata suscettibile
di formare oggetto di brevetto [. . .] per mancanza di industrialità, cioè
per il fatto di non poter essere applicata alla produzione ripetitiva di
beni e servizi». Poco più oltre, con la dovizia di riscontri che gli era
solita, l'a. aggiungeva che «neppure si sono ritenute brevettabili [le tecni
che] di analisi e controllo di procedimenti e materiali». Rilievo, questo, in piena sintonia con un orientamento giurisprudenziale che, con riguar do alle invenzioni di metodo e procedimento, aveva prima optato per una chiave di lettura affatto restrittiva (postulando la realizzazione di
un risultato tangibile, materiale, e mettendo in chiaro come la protezione non potesse estendersi oltre, appunto, la materia che costituiva oggetto della lavorazione industriale: cfr. Cass. 27 giugno 1956, n. 2345, Foro
it., Rep. 1956 voce Privative industriali, nn. 29, 84; e, per la dottrina,
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PARTE PRIMA
Possibile oggetto di brevetto, nel caso di soluzione nuova (ancor ché attuabile direttamente ed immediatamente con la sola ap
plicazione alla tecnica industriale di un principio scientifico) ad un problema tecnico, non è il principio scientifico in quanto tale ma la soluzione dello specifico problema tecnico industria
le che l'ideatore-inventore ha indicato come immediata applica
zione tecnica del principio scientifico da lui scoperto ed
elaborato. (2)
Quando: a) la soluzione del problema tecnico in cui consiste l'in
venzione è già insita nell'impostazione della determinazione del
mezzo per conseguire lo scopo voluto; b) per passare all'attua
zione in concreto non sono necessarie ulteriori innovazioni a
livello inventivo (perché vi si può giungere con strumenti o di
spositivi già noti oppure ancora ignoti ma realizzabili facendo ricorso a ciò che risulta in modo evidente allo stato della tecni
ca), l'invenzione è brevettabile se la soluzione ha di per sé ca
rattere inventivo, senza che abbia rilievo la presenza, o non,
di livello inventivo nello strumento o dispositivo indicato come
mezzo più o meno fungibile per l'attuazione pratica dell'in
venzione. (3)
M. Franzosi, L'invenzione, Milano, 1965, 184 ss.); e solo in parte aveva
poi provveduto a smussare siffatta rigidità con l'ammettere la sussistenza
del carattere dell'industrialità anche quando il processo non metteva capo ad un bene materiale, ma integrava altre utilità, quali risparmio di ener
gia, accelerazione di reazioni chimiche, abbreviazione dei tempi di lavora
zione, ecc. (v. Cass. 2 ottobre 1959, n. 2632, Foro it., Rep. 1959, voce
cit., n. 16; 14 marzo 1968, n. 821, id., 1968, I, 2213; 28 novembre 1968, n. 3835, id., 1969, I, 910, tutte menzionate in motivazione; in dottrina, F. Di Sabato e B. Lo Iudice, Innovazioni tecnologiche e diritto d'impre
sa, Napoli, 1982, 72, salvi i caveat dettati da G. Sena, I diritti sulle
invenzioni industriali e sui modelli, 2a ed., in Trattato fondato da Cicu
e Messineo, continuato da Mengoni, Milano, 1984, 110 ss.). Per ritrova
re le radici di una tale scelta, non si doveva certo scavare lontano: era
infatti dato rintracciarle, senza difficoltà, nella convinzione, assolutamente
maggioritaria, che la materialità fosse by-product irrinunziabile, per me
glio dire manifestazione necessaria dell'industrialità dell'invenzione, ri chiesta dall'art. 12 l.i. nella formulazione originaria ed ora, dopo la
«novella» del 1979, dall'art. 17 (le citazioni appaiono superflue [cfr. co
munque, riassuntivamente, P. Marchetti e L.C. Ubertazzi, Commen tario breve alla legislazione sulla proprietà industriale e intellettuale, Padova,
1987, 143-44]; si fa molto prima a fare la conta delle voci contrarie, che si riducono, in fin dei conti, a G. Ghidini, I programmi per «compu ters» fra brevetto e diritto d'autore, in Giur. comm., 1984, I, 251, che, con la corrosiva iconoclastia che gli è solita, denunciava il «macchini
smo» ottocentesco di cui è intrisa la riflessione dottrinaria in materia, e, forse, lo stesso Ravà, cit., 56, che rimarcava il carattere tutto somma to relativo del concetto di materialità, nella misura in cui se ne ammette va la sussistenza in difetto di modificazioni stricto sensu delle cose oggetto di lavorazione).
L'insofferenza nei confronti di un gioco intellettuale che dava ingresso alla brevettabilità dei procedimenti solo ove essi si identificassero con
«dispositivi», suscettibili per parte loro di esser prodotti e venduti, era emersa in una pronuncia di tre lustri fa — Trib. Bologna 21 maggio 1973, Giur. dir. ind., 1973, 670 — che aveva riconosciuto la brevettabili tà di un metodo per la ricerca di oggetti di ferro giacenti in profondità nel terreno; e aveva trovato eco anche più coesa, dieci anni dopo, nella
pronunzia di primo grado sulla controversia cui si riferisce la sentenza in epigrafe (Trib. Milano 13 giugno 1983, Foro it., Rep. 1985, voce Bre vetti per invenzioni industriali, n. 61, in extenso in Giur. dir. ind., 1983, 653), peraltro sùbito contrata in seconda istanza (la sentenza di appello è massimata in Foro it., Rep. 1986, voce cit., n. 50, e riportata per esteso in Giur. dir. ind., 1984, 534, vi si ribadiva, a mo' di ripristino di un'orto dossia violata, che, per non arenarsi nel limbo delle scoperte, l'invenzio ne di procedimento doveva tradursi in un dispositivo, caratterizzato di
per se stesso dai crismi della brevettabilità). Era evidente, però, che qualcosa si andava muovendo: non a caso,
posto che le «Guidelines for examination», emanate dall'ufficio europeo dei brevetti, non lasciavano dubbi circa la possibilità di coprire con priva tiva metodi di analisi e controllo, qualora servano «per il miglioramento o controllo di un dispositivo o procedimento che sia in sé suscettibile di applicazione industriale»; e che ad analoga conclusione era stato in dotto l'ufficio centrale brevetti, che l'aveva sancita con la circolare 13 dicembre 1986, n. 110 (cfr. G. Ghidini e S. Hassan, Diritto industriale.
Commentario, 2a ed., s.l., 1988, 36). L'odierna pronunzia sancisce, dunque, un meditato disentanglement dalla
vischiosità di formule consegnate alla tradizione più per forza d'inerzia che per avvertita riflessione scientifica. Essa rileva che: 1) ai fini della
brevettabilità, non conta che il sub-procedimento, in cui consiste il medo
II Foro Italiano — 1989.
Svolgimento del processo. — La spa Elni, dichiarandosi subli
cenziataria per l'Italia del brevetto italiano n. 840.240 di cui è
titolare la società statunitense Harris Muff ha convenuto in giu dizio dinanzi al Tribunale di Milano la srl Sidermes per asserita
contraffazione di quel brevetto. Il problema tecnico risolto se
condo il brevetto riguarda il metodo per ottenere nella ghisa ipe reuttetica (vale a dire con percentuale di carbonio equivalente
superiore a 4,5%) in fase di raffreddamento dopo la fusione e
prima della colata l'arresto isotermico, risultato utile industrial
mente perché dall'individuazione del momento in cui avviene tale
arresto si può operare il conteggio della quantità percentuale pre sente di carbonio. La soluzione del problema sta nella introdu
zione in un campione di ghisa da analizzare di un agente stabilizzatore del carburo che determina appunto il verificarsi di
tale arresto isotermico con modalità tali da consentire il conteg
gio. Il dispositivo o mezzo specifico adottato per concretizzare
la soluzione consiste in un crogiolo, per ricevere il campione di
ghisa fusa, sulle cui pareti è applicata una quantità di agente sta
bilizzatore.
La convenuta si è difesa: a) contestando l'asserita qualità di
sublicenziataria di parte attrice; tale contestazione, formulata nella
comparsa di risposta, non compare più in sede di precisazione delle conclusioni definitive, ma è stata riformulata in appello;
ti) eccependo la nullità del brevetto (trattasi di mera eccezione
e non di domanda riconvenzionale). In sostanza affermava che
il brevetto riguardava due invenzioni distinte: quella relativa al
procedimento o metodo di analisi, non brevettabile appunto per ché metodo di analisi e non di lavorazione industriale in senso
stretto; quella relativa al prodotto strumentale (di crogiolo), nul
la perché carente di novità e comunque di originalità; c) negando
comunque sussistere la contraffazione in quanto la sua produzio ne di crogioli, assai simili a quello descritto nel brevetto, aveva
per oggetto strumenti in parte diversi e soprattutto idonei, pro
prio per la loro diversità, a rendere possibili analisi della presenza di carbonio essenzialmente nella ghisa ipoeutettiche.
Il tribunale (sent. 13 giugno 1983, Foro it., Rep. 1985, voce
Brevetti, n. 61) non ha dovuto pronunciarsi sul punto se la Elmi
fosse o no licenziataria (sublicenziataria) in quanto, come si è
detto, la relativa eccezione era stata abbandonata in conclusioni
definitive. Ha accolto l'eccezione della Sidermes solo per quanto
riguarda il dispositivo (crogiolo), ritenendo trattarsi di strumento
attuabile, per la sua ovvietà, da chiunque e comunque da qualsia si esperto del ramo, sicché mancava del requisito del sufficiente
livello inventivo (art. 16 r.d. 1127/39). Ha invece ritenuto essere
invenzione brevettabile quella relativa al metodo di analisi (consi derato sostanzialmente come immediata applicazione all'industria
di un principio scientifico), irrilevante essendo che la soluzione
inventiva non avesse immediata consistenza materiale, determi
nante invece essendo che si trattasse di un sistema di analisi del
contenuto chimico della materia in un dato momento del proce dimento industriale. Ha accolto quindi la domanda della attrice
considerando che la fabbricazione e la vendita dei crogioli da
parte della convenuta costituisse violazione del brevetto: il fatto
che quei crogioli rappresentassero un perfezionamento rispetto al crogiolo descritto nel brevetto (o meglio, che la funzione di
quei crogioli fosse più ampia di quella del crogiolo descritto) non
escludeva la violazione del brevetto in quanto i perfezionamenti non sono liberamente utilizzabili senza il consenso del titolare
del brevetto principale o di base.
Su impugnazione principale della Sidermes ed incidentale della
Elni si è pronunciata la Corte d'appello di Milano, con sentenza
19 maggio - 7 luglio 1984 (id., Rep. 1986, voce cit., n. 50).
to d'analisi, porti da solo ad una modificazione della materia: importa, piuttosto, che valga ad accertarne uno stato, propiziando il successivo
svolgimento del processo che, nel suo complesso, plasma la materia: 2) l'esigenza di impedire che la privativa monopolizzi una scoperta scientifi ca rende storicamente ragione dell'enfasi riposta sull'applicazione prag matica del principio, ma non implica che la materialità sia «ontologicamente necessaria come titolo per la brevettabilità»; è semplicemente più corret
to, e diretto, trasferirne la funzione di garanzia alla «specificità» dell'og getto del monopolio, rigorosamente limitato alla specifica applicazione industriale prospettata dall'inventore; 3) l'originalità dell'invenzione va
apprezzata nella sua totalità, e non con riguardo al singolo dispositivo con cui si dà attuazione concreta all'idea di soluzione del problema tecni co. [R. Pardolesi]
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
La corte ha ritenuto riproponibile in appello la eccezione già rinunciata in primo grado circa la qualità di sublicenziataria della
Elmi. Ma l'ha respinta esaminando il contenuto delle due con
venzioni, quella da brevettato (Harris Muff) a licenziatario (Leed & Northup) e quella da licenziatario e sublicenziatario (Elni). Ha
poi affrontato la questione di fondo.
La corte ha premesso che il procedimento brevettato è un me
todo di analisi per la determinazione della percentuale del carbo
nio equivalente nella ghisa ipereutettica. Ha affermato in linea
di principio che la brevettabilità delle invenzioni non di prodotto
(metodo, processo) sta se ed in quanto queste si realizzino in un
dispositivo che possa essere prodotto o venduto od utilizzato in
una data produzione o nella prestazione di un servizio destinato
a terzi. Come corollario logico ha ancora affermato che l'inven
zione consistente in un metodo di analisi è brevettabile, sotto il
profilo dell'industrialità, solo se caratterizzato da una idea inven
tiva sia il dispositivo necessario per l'attuazione dell'analisi.
Nel caso specifico ha quindi rivolto la sua attenzione al crogio lo rappresentato nelle descrizioni 15 e 16, dispositivo necessario
per l'utilizzazione nell'industria del metodo di analisi.
Ha ritenuto, come già il tribunale, che esso era l'espressione di conoscenze, esperienze e sperimentazioni note a tutti i tecnici
del ramo, dunque di per sé, come dispositivo, carente del requisi to dell'originalità o livello inventivo.
In sostanza, secondo la corte d'appello, originale è il metodo
di analisi in sé, che però, appunto preso in sé, non è una inven
zione brevettabile ma piuttosto una scoperta; brevettabile sarebbe
in astratto il dispositivo atto a rendere realmente operativo il nuovo
metodo di analisi, ma questo, nel caso di specie, manca dell'altro
requisito, cioè l'originalità. Di conseguenza, ha respinto tutte le
domande.
Contro questa sentenza la Elni propone ricorso, articolato su
tre motivi. Resiste con controricorso la Sidermes, la quale propo ne altresì ricorso incidentale che investe la decisione della corte
là dove ha ammesso la legittimazione attiva della Elni quale su
blicenziataria e là dove ha compensato totalmente le spese tra
le parti. La Elni, a sua volta, resiste al ricorso incidentale.
Motivi della decisione. — Il primo motivo del ricorso principa le denuncia violazione degli art. 2585 e 2586 c.c., nonché degli
art. 12 e 17 r.d. 1127/39. Sostiene la ricorrente che esattamente
il primo giudice aveva negato essere la c.d. «materialità» requisi
to necessario per le invenzioni di metodo o procedimento, essen
do sufficiente che l'idea inventiva sia suscettibile di applicazione
industriale, cioè di uso nel corso di una lavorazione industriale
(richiama in tal senso Cass. 2 ottobre 1959, n. 2632, id., Rep.
1959, voce Privative industriali, n. 16; 30 giugno 1971 n. 2061,
id., Rep. 1971, voce Brevetti, n. 23; 14 marzo 1968, n. 821, id.,
1968, I, 2213). Col secondo motivo si denunciano per altro verso nuovamente
violazione degli stessi articoli di legge ed insufficiente e contrad
dittoria motivazione. Ammettendo in tesi che davvero l'invenzio
ne di metodo o procedimento sia brevettabile solo se si concreta
in un dispositivo avente obiettiva materialità, la ricorrente conte
sta la correttezza del ragionamento del giudice di appello che,
esaminato il dispositivo di attuazione in via autonoma, ha esclu
so che questo, appunto in via autonoma, avesse il requisito della
originalità, da ciò deducendo che dunque l'invenzione nel suo
insieme non era brevettabile. In sostanza, si sostiene nel motivo
che i requisiti di brevettabilità vanno esaminati valutando nel suo
insieme l'invenzione che è appunto invenzione di metodo, per
attuare il quale è necessario uno strumento materiale, il quale
però non deve avere di per sé, autonomamente, gli specifici re
quisiti che si chiedono in relazione ad una invenzione di prodotto.
Col terzo motivo, infine (omessa ed insufficiente motivazione,
violazione degli art. 14 e 16 r.d. 1127/39), si afferma che comun
que il trovato «crogiolo» ha di per sé i requisiti della originalità
creativa e che comunque sul punto la corte di merito non ha
adeguatamente motivato.
I primi due motivi del ricorso possono essere esaminati con
giuntamente in quanto ambedue, sia pure da punti di vista diver
si, criticano la decisione per avere essa negato la brevettabilità
del trovato di cui al brevetto n. 840.240.
La decisione impugnata si fonda su due ragioni parallele che,
pur confluendo nel negare la brevettabilità, non hanno esatta
mente lo stesso fondamento: si tratta di due distinte rationes de
cidendi.
Il Foro Italiano — 1989.
Da un lato si afferma esplicitamente che un metodo di analisi
non può formare oggetto di brevetto. Si condivide quindi la tesi
preferita dalla attuale controricorrente e già a suo tempo accolta
da due decisioni della commissione dei ricorsi cui in seguito si
accennerà: non essere brevettabile un processo o metodo di con
trollo, ancorché utilizzabile nell'ambito di un ciclo produttivo, in quanto dà per risultato non la mutazione dello stato della ma
teria sulla quale si opera, ma la semplice conoscenza di tale stato.
Per corollario, si deduce che brevettabile sarebbe solo lo stru
mento o dispositivo col quale si attua il controllo, ma se ed in
quanto abbia esso, come prodotto-strumento, tutte le caratteristi
che di brevettabilità.
D'altro lato si sostiene la tesi della c.d. materialità necessaria
della invenzione, come requisito generale per ogni tipo di inven
zione, comprese quelle di procedimento o metodo o risultato in
dustriale. Si afferma che il requisito della industrialità della
invenzione ricorre se questa non operi soltanto sul piano della
conoscenza, ma, pur quando si tratti di invenzione di procedi mento o di metodo, si concreti in un soggetto materiale (un di
spositivo) «che possa essere prodotto o venduto od utilizzato in
una data produzione o nella prestazione di un servizio destinato
a terzi». Da questa affermazione si deduce come ulteriore corol
lario che questo necessario dispositivo materiale deve avere in
se e per se le caratteristiche di brevettabilità, in mancanza non
potendosi ritenere brevettabile l'invenzione.
Quanto alla prima ratio decidendi va ricordato che l'invenzio
ne di cui si tratta non è un metodo di controllo della qualità del prodotto finito: non serve ad un controllo-collaudo del pro dotto finito quando il processo di produzione è terminato e si
deve passare alla commercializzazione del prodotto stesso. Non
è nemmeno un metodo di controllo della materia prima da attua
re su questa avanti dell'inizio del procedimento di fabbricazione
(come nel caso di cui alla decisione 30 aprile 1958 della commis
sione dei ricorsi che negò la brevettabilità di un metodo di sele
zione delle patate da semina). È un metodo il cui uso si inserisce
durante la lavorazione e modificandone il procedimento: nel cor
so di questo, anziché attendere i risultati di esami spettrografici e chimici della ghisa, un campione di essa (tratta dalla massa
dopo la fusione) viene introdotto nel crogiolo dove stanno gli
agenti stabilizzatori del carburo.
Né la conoscenza ottenuta con quel metodo è fine a se stessa,
cioè l'invenzione non ha come scopo e come risultato il solo fatto
di conoscere la percentuale di carbonio equivalente. Il controllo
della percentuale di carbonio è necessario prima della colata, tan
t'è che si è sempre cercato di farlo con metodi diversi. In base
ai risultati di tale controllo si decide se e come intervenire sul
semilavorato, cioè sulla massa di fusione, per determinare le op
portune variazioni di composizione che portino alla produzione
del getto aventi le caratteristiche volute. Si tratta dunque di un
metodo che causa una modifica settoriale del procedimento (sot to quest'aspetto può parlarsi quindi di invenzione di subprocedi
mento), che si attua nel corso di una lavorazione industriale ed
ai fini di una lavorazione industriale.
Ora, perché si abbia invenzione brevettabile di metodo (o di
sub-procedimento) è necessario che il procedimento complesso nel
quale si inserisce il subprocedimento serva ad ottenere un prodot to industriale, che cioè il procedimento nel suo intero realizzi un
mutamento della materia quale preesisteva alla lavorazione (v.
art. 2586 c.c.). Non è invece necessario che il sub-procedimento
porti esso, da solo, ad una modificazione della materia sulla qua
le in un certo momento del procedimento si sta operando. È suf
ficiente che porti all'accertamento di uno stato di quella materia
quando dal risultato di quell'accertamento dipende se ed in che
direzione si aprirà una fase di ulteriore lavorazione per procedere
a variazioni di composizione e, più in generale, quando dal risul
tato di quell'accertamento dipende con quali modalità alternative
proseguirà il procedimento. Certo, ogni sistema di analisi di per
sé accerta e non influenza la composizione del semilavorato (in
specie la composizione della ghisa). Ma un metodo di analisi è direttamente «concernente» il pro
cesso di fabbricazione (cfr. ancora art. 2586 c.c.) quando, inseri
to in quel processo, ne determina pressoché automaticamente
adeguamenti e modificazioni in funzione appunto della notizia
che dà l'analisi. Codesti metodi più o meno sofisticati di analisi
fanno ora parte necessaria di ogni lavorazione industriale. La tec
nologia attuale non può più fidarsi della esperienza artigianale
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PARTE PRIMA
del buon operaio specializzato che ad occhio, o più in generale con i suoi sensi come unico strumento, stabilisca se e come conti
nuare la lavorazione. Questa è sempre più spesso fatta dalle mac
chine, è ora indispensabile il disporre di metodi che con minore
o maggiore automatismo diano alle macchine istruzioni e segnali
perché queste continuino o smettano di funzionare, perché fun
zionino in un modo o nell'altro: e tra questi metodi rientrano
certamente quelli di analisi o controllo qualitativo e quantitativo del semilavorato al quale sono collegati — sia pure potenzialmen te appunto perché in funzione del risultato del controllo — inter
venti di adeguamento o addirittura di sostanziale modificazione
delle fasi ulteriori di lavorazione. Altro è il discorso (contenuto nella decisione 16 gennaio 1970 della commissione dei ricorsi in
materia di brevetti, id., Rep. 1970, voce Privative industriali, n.
18), che fa leva sulla circostanza che un metodo di analisi attiene
di per sé al campo delle ricerche scientifiche, circostanza che po trebbe escludere la brevettabilità per evitare il monopolio di una
conoscenza. Qui ci si sposta sulla seconda ratio decidendi, quella che ha riguardo non già alla funzione della invenzione ma alla
natura di essa ed è argomento che di seguito verrà affrontato.
Ma per restare al primo aspetto della questione questo Supre mo collegio ritiene di potere formulare il seguente principio di
diritto: «È di per sé brevettabile la soluzione di un problema tec
nico che porti alla realizzazione di nuovo metodo di analisi della
composizione di un semilavorato, analisi da attuarsi nel corso
di un procedimento di lavorazione industriale e che determini, a seconda del suo risultato, successivi interventi per adeguare le
ulteriori fasi del procedimento alla realtà resa nota dall'analisi».
Si può ora passare all'esame della seconda ratio decidendi, che
fa leva non più sulla funzione dell'invenzione (metodo di analisi
e controllo), ma sulla natura di essa, cioè sul risultato della atti
vità dell'ingegno. Non è esatta la prima delle due affermazioni: essere necessario
che il metodo o procedimento si concreti in dispositivo materiale, che si veda, che si tocchi, cioè appunto in una res materiale.
È un fatto che un principio scientifico (termine usato nell'art.
2595 c.c. e che, per i fini di queste argomentazioni, si può consi
derare come comprensivo di scoperte, teorie scientifiche, metodi
matematici, termini questi usati nell'art. 12 r.d. 1127/39 testo
modificato) non è proteggibile di per sé. Oggetto di valida brevet
tazione può esere solo l'applicazione tecnica di un principio scien
tifico a condizione che dia immediati risultati industriali o, in
altre parole, il principio stesso non in quanto tale bensì come
fondamento scientifico di una innovazione tecnica atta ad avere
applicazione industriale. Si che si comprende l'atteggiamento di
chi vuole vedere il principio scientifico indicato nel brevetto (o nella domanda di esso) calato davvero nella realtà della tecnica
industriale (in senso lato): ed esige che si veda, si tocchi il muta
mento reale, concreto, che l'idea nuova determina nella specifica attività industriale che l'inventore ha indicato come l'ambito di
applicazione industriale della sua idea. In sostanza, la materializ zazione dell'idea in un dispositivo è vista come indizio del fatto che ciò che si vuol proteggere col brevetto non è un astratto prin
cipio scientifico da solo non atto ad applicazione industriale sen
za ulteriore attività davvero inventiva: ed altresì come certezza del fatto che la esclusiva avrà per oggetto proprio quella sola
applicazione tecnica (che si vede realizzabile col dispositivo) e non
tutte le indeterminate applicazioni che potrebbero derivare più o meno direttamente come corollari pratici della nuova conoscen za teorica apportata dall'ideatore.
Si spiega cosi la frequente affermazione — ripetuta anche nella
sentenza impugnata — secondo la quale anche le invenzioni di
metodo o di procedimento devono, per essere brevettabili, o con
durre alla produzione di un quid materiale o realizzarsi attraver
so l'uso di mezzi specifici, quale impianti o dispositivi.
Ma, se la c.d. materialità costituisce l'aspetto tipico delle in
venzioni di macchina, strumento, utensile, dispositivo, prodotto, se si può dire che la materialità è spesso ricorrente anche nelle
invenzioni di metodo e processo (spesso infatti nella rivendicazio ne di queste vi è anche quella che tende ad ottenere l'esclusiva sul dispositivo materiale atto a realizzare in concreto l'invenzio
ne), da ciò non si può trarre come corollario logico che codesta
materialità sia ontologicamente necessaria come titolo per la bre
vettabilità.
La disciplina legislativa è chiaramente in senso contrario.
A) A norma degli art. 2585 e 12 testo abrogato della 1. 1127/39
Il Foro Italiano — 1989.
(d'ora innanzi indicato come legge brevetti, abbreviato in l.b.)
l'applicazione tecnica di un principio scientifico può essere ogget to di brevetto «purché essa dia immediati risultati industriali».
Questa norma significa tre cose:
a) Non il principio scientifico in quanto tale è brevettabile, ma
la sua, quella sua specifica, applicazione industriale: è questo il
vero limite alla brevettabilità, che l'idea non resti nel mero ambi
to della scienza ma si cali nella tecnica, diventi scienza applicata alla industria.
b) Il brevetto non può essere dato se l'idea in sé non risolve
per intero il problema tecnico ma ancora occorre superare diffi
coltà tecniche, realizzare ulteriori innovazioni non alla portata di un normale tecnico del ramo in base allo stato della tecnica.
Il risultato industriale deve essere immediato, non «mediato» da
altra necessaria invenzione. Invenzione brevettabile si ha soltanto
quando è risolto l'intero problema tecnico, si che non si abbia
che da ripetere il meccanismo causale ormai noto per sicuramente
giungere al risultato concreto desiderato. È questo un principio
generale che vale anche al di fuori dell'ambito di questo speciale
tipo di invenzioni. Per quanto meritevole sia lo sforzo di chi sia
giunto per primo a concepire l'idea di soluzione fondamentale, il brevetto non spetterà a lui ma a chi avrà risolto i problemi tecnici che ancora si frapponevano alla realizzazione del risultato
tecnico voluto.
c) All'inverso, può darsi brevetto quando il risultato industria
le si abbia direttamente ed immediatamente come applicazione del principio scientifico e ciò avviene quando: 1) sia necessario
il tramite di strumenti ma questi siano già noti o, se non ancora
noti propri perché di essi non si sentiva la necessità in quanto ancora non era stata formultata l'idea di soluzione, siano facil
mente realizzabili da un tecnico medio del ramo, oppure: 2) il
risultato industriale si realizzi immediatamente in relazione di un
diretto rapporto di causalità per la mera applicazione da parte
dell'uomo, senza ricorrere ad ulteriori strumenti, del principio scientifico. Questa seconda è ipotesi assai meno frequente perché
pressoché ogni operazione umana si giova ormai di strumenti, dalla leva al computer; ma è prevista dal legislatore che altrimen
ti non avrebbe usato quell'oggettivo «immediati» che appunto
significa senza «media», cioè senza il tramite di alcunché.
B) L'art. 12 testo attuale si limita a porre la premessa generale
per cui l'invenzione deve essere atta ad avere una applicazione industriale. Altre limitazioni non pone, in specie non quella per cui una invenzione, per essere brevettabile, dovrebbe necessaria
mente concretarsi in qualcosa di materiale: e si noti che la tesi
della c.d. materialità necessaria doveva essere ben nota al legisla tore della riforma del 1979.
È ribadita espressamente la non brevettabilità delle scoperte, delle teorie scientifiche e dei metodi matematici, non brevettabili
tà che è sempre stata regola fin dagli inizi della disciplina brevet
tale e non solo in Italia.
Ma il 3° comma, seppure con altre parole, precisa la portata della regola nello stesso senso dell'art. 2585 c.c.
Solo le scoperte, le teorie, i metodi matematici in quanto tali
non sono brevettabili, perché quelle e questi sono patrimonio co
mune dell'umanità: il che significa (altrimenti tutto il comma sa
rebbe inutile) che è brevettabile la soluzione di un problema tecnico
industriale presentata nella domanda di brevetto come immediata
applicazione della scoperta, della teoria, del metodo matematico.
Unico vero limite, dunque, è quello già espressamente indicato
nell'art. 12 vecchio testo ma risultante chiaramente anche dal te
sto attuale: il brevetto è limitato ai soli risultati indicati dall'in
ventore. È l'unico limite. E ciò dimostra che la regola (la non
brevettabilità dei principi scientifici) si fonda non su una loro
supposta intrinseca incapacità di produrre concreti risultati prati
ci, bensì proprio, all'inverso, nella loro capacità di determinare
un insieme di applicazioni tecnologiche a larghissimo ventaglio,
pressoché indeterminato. Attribuendo all'autore della scoperta (o
più in generale allo scopritore del principio scientifico) la facoltà
di interdire l'attuazione pratica di tutte le innovazioni che altri
potranno portare alla tecnologia basandosi in tutto o in parte sulla conoscenza del principio scientifico scoperto davvero si giun gerebbe a paralizzare ogni progresso.
Come è stato affermato in dottrina, si può quindi concludere
nel senso che non la c.d. materialità è requisito della brevettazio
ne di invenzioni relative a metodi, ma la «specificità» dell'oggetto
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
del monopolio brevettuale: quella e solo quella immediata appli cazione industriale della regola scientifica è brevettabile.
La materialità necessaria non è qunque requisito necessario della
brevettabilità, né in genere né delle invenzioni che siano applica zioni tecniche di scoperte, teorie scientifiche, metodi matematici.
In senso contrario non giovano le osservazioni contenute nella
sentenza impugnata, ispirate ad una parte della dottrina, che fan
no riferimento alle disposizioni ex art. 52 e 81 ss. l.b.
È un fatto che la stragrande maggioranza delle invenzioni sono
di prodotto, compresi nel termine anche gli oggetti strumentali.
Si spiega per questo che ex art. 53 sia stabilito che non costituisce
attuazione dell'invenzione l'introduzione nello Stato di oggetti pro
dotti all'estero; che ex art. 81 ss. tra le misure strumentali e quel
le sanzionatone ne siano previste alcune che hanno per oggetto i prodotti fabbricati usando l'invenzione di cui si tratta. Ma ciò
non significa che se l'invenzione non si materializza in uno stru
mento o comunque in un oggetto materiale il titolare del relativo
brevetto non sia anch'egli tenuto ad attuare l'invenzione: l'onere
esiste sempre e ad esso si adempirà o attuando l'invenzione per
proprio conto, cioè usando il metodo inventato in una propria
attività industriale, o concedendo a terzi autorizzazioni o licenze
senza le quali codesti terzi non potrebbero servirsi del metodo
brevettato.
D'altra parte, per quanto riguarda la protezione del brevetto,
a certi rimedi il titolare non potrà ricorrere, certe sanzioni non
potrà richiedere contro il contraffattore, proprio per le caratteri
stiche particolari del suo trovato.
Ma questo non può significare che, dunque, è esclusa addirit
tura la protezione di quelle invenzioni.
Questa corte pertanto, seguendo d'altra parte un filone giuris
prudenziale costante ormai da circa trent'anni (cfr. Cass. 2632/59,
cit.; 821/68, cit.; 3835/68, id., 1969, I, 910; 208/72, id., Rep. 1972, voce Brevetti, n. 57) ribadisce il seguente principio di diritto:
«È brevettabile la soluzione nuova di un problema tecnico con
soddisfacimento di un interesse tipicamente industriale anche se
la soluzione stessa è attuabile direttamente ed immediatamente
con la sola applicazione alla tecnica industriale di un principio
scientifico (scoperte, teorie scientifiche e metodi matematici) sen
za il tramite di una specifica entità materiale quale supporto fisi
co. In tal caso è possibile oggetto di brevetto non il principio
scientifico in quanto tale ma la soluzione dello specifico proble
ma tecnico industriale che l'ideatore-inventore ha indicato come
immediata applicazione tecnica del principio scientifico da lui sco
perto od elaborato».
Per quanto sopra si è detto, ed a maggior ragione, è da ritene
re errata anche la seconda parte della affermazione su cui si basa
la seconda ratio decidendi della sentenza impugnata.
L'errore è il risultato di una non corretta operazione che ha
tagliato in due la sostanziale unità dell'invenzione di cui si tratta.
Il giudice di secondo grado ha affermato che il metodo di ana
lisi in questione è originale, ma costituisce di per sé esclusivamen
te una scoperta perché da solo non costituisce la soluzione del
problema tecnico industriale: non brevettabile dunque perché si
tratterebbe di scoperta «in quanto tale». Ha poi ritenuto che il
crogiolo (strumento indicato nella descrizione come idoneo a con
sentire l'esecuzione della operazione necessaria) non è dotato di
originalità perché espressione di conoscenza, esperienza e speri
mentazioni note a tutti i tecnici del ramo.
Giungendo dunque ad escludere la brevettabilità dell'invenzio
ne in sé ora sotto un aspetto ora sotto un altro.
L'errore logico è evidente.
La regola di fondo è quella già ricordata per cui si ha invenzio
ne brevettabile solo quando essa risolve l'intero problema tecni
co, nel senso che per ottenere il risultato concreto desiderato non
si ha che da ripetere il meccanismo causale indicato nel brevetto,
cioè nella descrizione allegata.
Ora, è pur vero che spesso il vero momento inventivo consiste
nella individuazione del modo in cui si attua la realizzazione con
creta della idea di soluzione, già nota ma appunto rimasta allo
stato di idea di soluzione perché ancora non era stato ideato il
modo per giungere alla relizzazione concreta: in questo caso bre
vettabile è soltanto l'ideazione della fase finale ed è su questa
che va condotto il controllo circa l'esistenza dei requisiti di bre
vettabilità.
Ma, a volte, l'invenzione si realizza già con la semplice propo
sizione della idea di soluzione e ciò avviene quando per passare
Il Foro Italiano — 1989.
da essa alla soluzione concreta dello specifico problema tecnico
non vi sono altre difficoltà da superare se non quelle che possono essere risolte da un esperto del ramo che conosca il relativo stato
della tecnica, quando cioè non v'è bisogno di ulteriori sforzi in
ventivi.
L'ipotesi più evidente è quella in cui la realizzazione in concre
to può avvenire usando strumenti già noto e di uso comune senza
nemmeno introdurvi modificazioni o adattamenti.
Ma è analoga l'ipotesi in cui la realizzazione in concreto può avvenire con l'allestimento di un dispositivo ad hoc, obiettiva
mente nuovo perché adatto ad una operazione nuova, cioè quella in cui consiste l'invenzione, ma non originale appunto perché age
volmente progettabile da qualunque medio tecnico del ramo sulla
scorta dello stato della tecnica. La sola differenza sta nella circo
stanza empirica che, in questa seconda ipotesi, il brevetto di re
gola contiene anche la indicazione del nuovo dispositivo, spesso indicato a titolo esemplificativo, con ciò mettendosi in evidenza
la sua relativa fungibilità con altri dispositivi, tutti egualmente funzionali.
In questi casi il controllo necessario ma sufficiente del livello
inventivo va fatto esclusivamente sulla idea di soluzione che si
presuppone essere già di per sé soluzione del problema tecnico.
Certo, anche lo strumento o dispositivo indicato va preso in con
siderazione. Ma la relativa indagine ha un altro scopo, quello di accertare che lo strumento o il dispositivo indicato giovino
davvero al conseguimento del risultato tecnico voluto. Ciò per
ché, ove si giunga ad una risposta negativa si potrebbe escludere
la brevettabilità in quanto rimarrebbe dubbio o addirittura si po trebbe escludere che l'idea di soluzione fosse davvero di per sé
risolutiva del problema, ipotizzandosi che sia invece rimasta allo
stadio preliminare di mera idea di soluzione lasciando da risolve
re ulteriori problemi inventivi relativi alla concreta attuazione.
Ma un controllo di livello inventivo (o di originalità) dello stru
mento o dispositivo è irrilenvante, anzi assurdo, proprio perché
l'accertamento negativo della originalità dello strumento indicato
sta a dimostrare che l'invenzione è più a monte, nell'idea di solu
zione, applicando direttamente la quale, con uno o più strumenti
noti o conoscibili, già si ottiene il risultato voluto e finallora mai
conseguito. Non si può dunque escludere la brevettabilità di una invenzio
ne, di cui si accerti la originalità della idea fondamentale di solu
zione e sia indiscussa la sua attuabilità come soluzione concreta
di un problema tecnico industriale con la mediazione degli stru
menti o dispositivi indicati, sotto il profilo della carenza di origi
nalità di tali strumenti o dispositivi. A tale esclusione invece è erroneamente giunto il giudice di
merito. Esso infatti ha stabilito che vi era livello inventivo nella
determinazione del mezzo per raggiungere lo scopo voluto: nel
caso la introduzione di agenti stabilizzatori del carburo in un cam
pione di ghisa ipereuttetica come fattore causante di arresto iso
termico, a sua volta fenomeno dal quale si può risalire alla
determinazione della quantità di carburo equivalente, determina
zione che rappresenta il problema tecnico risolto con l'invenzione.
Ha stabilito che il dispositivo indicato, vale a dire il crogiolo
dotato di termocoppia nel quale viene colato il campione di ghisa
fusa che entra in contatto con tellurio, indicato come agente sta
bilizzatore del mercurio, era funzionale ad ottenere il risultato
voluto, cioè la determinazione della quantità del carburo equi
valente.
Con ciò aveva compiuto gli accertamenti doverosi e sufficienti.
Ha invece proceduto ad un accertamento inutile, quello della ori
ginalità in sé dello strumento, il crogiolo, cosi appunto, come
si è accennato, erroneamente scindendo la sostanziale unità della
invenzione.
Su questo punto il collegio formula, pertanto, il seguente prin
cipio di diritto: «Quando la soluzione del problema tecnico in cui consiste l'in
venzione già è insita nella impostazione della determinazione del
mezzo per conseguire lo scopo voluto e per passare alla attuazio
ne in concreto non sono necessarie ulteriori innovazioni a livello
inventivo potendovicisi giungere con strumenti o dispositivi già
noti o ancora ignoti ma realizzabili facendo ricorso a ciò che
risulta in modo evidente dallo stato della tecnica, l'invenzione
è brevettabile se la soluzione ha di per sé carattere inventivo,
irrilevante essendo la presenza o assenza di livello inventivo nello
strumento o dispositivo indicato come mezzo più o meno fungi
bile per l'attuazione pratica della invenzione».
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PARTE PRIMA
Accogliendosi i primi due motivi del ricorso per le ragioni so
pra indicate, ne resta assorbito il terzo. La società ricorrente stes
sa lo ha considerato un motivo condizionato al non accoglimento dei primi due motivi; ed infatti non v'è più ragione di accertare
se il dispositivo (il crogiolo) abbia autonono requisito di origina lità una volta che si è escluso che tale autonomo accertamento
potesse o dovesse farsi al fine di stabilire la brevettabilità o no
dell'invenzione del suo complesso.
Quanto alle osservazioni fatte nel controricorso relativamente
al contenuto della esclusiva del brevetto in questione, se cioè tale
esclusiva sia o non sia violata dal comportamento della società
controricorrente, è questione che dovrà essere esaminata dal giu dice del rinvio, in quanto non affontata nella sentenza impugna ta, avendo questa accolto l'eccezione di nullità del brevetto.
V'è infine da dire del ricorso incidentale.
Il primo motivo di esso riguarda la legittimazione attiva della
ricorrente. Non si contesta il punto di diritto relativo alla legitti mazione attiva del licenziatario ed in specie del sub-licenziatario; ma si contesta che sia stata provata in causa tale qualità della
Elni spa. Preliminarmente va affermato che esattamente la corte di me
rito ritenne di potere esaminare l'eccezione proposta in appello. La stessa eccezione era stata proposta nella prima fase del proce dimento di primo grado ma poi addandonata. Di questa quindi non si occupò il primo giudice proprio perché non faceva più
parte della causa. In fase di appello era dunque una eccezione
nuova e come tale poteva essere proposta ex art. 345 c.p.c. Ma il motivo è infondato. La motivazione della sentenza impu
gnata si snoda, per questo punto, sulle seguenti affermazioni:
a) il contratto principale (licenza da Harris a Leeds) va interpre tato nel senso che era concessa licenza su ogni brevetto attuale
0 futuro relativo alla determinazione del carbonio equivalente nelle
ghise ipereuttetiche. Con quel contratto, dunque, fu concessa li
cenza anche sul brevetto n. 840.240 che pure ancora non era sta
to rilasciato né richiesto quando il contratto fu concluso; b) il
contratto di sub-licenza (da Leeds a Elni) è anch'esso contratto
onniconprensivo perché riguarda tutti i brevetti di cui era licen
ziataria la Leeds: comprendeva anche il brevetto n. 840.240, pur non menzionato espressamente.
Il ricorso incidentale, su questo punto, solleva due critiche.
Si sostiene, con la prima, che il giudice non ha tenuto conto
del fatto che la licenza principale riguardava solo i sistemi di ac
certamento dell'equivalente di carbonio in ghisa ipereuttetiche men
tre l'azione giudiziaria era tesa ad interdire l'uso di un metodo
di analisi del carbonio reale in ghise ipoeutettiche. È doglianza infondata. Per stabilire la legittimazione attiva di
chi agisce affermando che è stato violato il diritto esclusivo colle
gato ad un determinato brevetto è necessario ma sufficiente ac
certare che l'attore sia titolare o licenziatario del brevetto del quale chiede la protezione. È il giudice del merito — qui il giudice di
rinvio — che, data per scontata la legittimazione attiva, stabilirà se vi è stata violazione del diritto esclusivo accertando sia l'ambi to di esclusiva sia il comportamento della società convenuta.
La seconda critica investe la decisione là dove ammette che 1 due contratti abbiano efficacemente costituito la sublicenza. Da un lato la controricorrente sostiene che il contratto principale
(Harris-Leeds) era un preliminare con efficacia meramente obbli
gatoria (stipulare il successivo contratto di licenza quando il bre vetto fosse stato ottenuto); poiché questo secondo contratto non
risulta essere stato stipulato, non si è costituita la licenza in capo alla Leeds la quale pertanto non poteva efficacemente costituire la sublicenza in capo alla Elni. D'altro lato il secondo contratto
non contiene alcuna negoziazione espressamente riferita a ciascu no dei brevetti di cui era licenziataria la Leeds; si che, secondo
la ricorrente, non si sarebbe costituita una efficace sublicenza sullo
specifico brevetto n. 840.240.
Anche questa è doglianza infondata. Con interpretazione insin
dacabile in questa sede la corte di merito ha stabilito che il con
tratto di licenza aveva per oggetto la costituzione di licenza su tutti i brevetti presenti e futuri nell'ambito di una certa tecnolo
gia, che con quel contratto «sono state concesse» quelle licenze, non che con quel contratto la Harris si impegnava a costituire in futuro licenze, mediante apposito e successivo contratto, defi
nitivo rispetto al primo, da ritenersi preliminare. Logico quindi il corollario per cui quel contratto è stato sufficiente a determina
li, Foro Italiano — 1989.
re la costituzione della licenza anche in relazione al brevetto che
allora non era ancora da ottenere.
Ex art. 1472 c.c. nel caso di vendita di cosa futura l'acquisto della proprietà si verifica non appena la cosa viene ad esistenza,
per effetto diretto ed immediato della vendita, senza che sia ne
cessario un successivo negozio di trasferimento da stipularsi quando la cosa viene ad esistenza. Questa regola è applicabile anche al
caso di costituzione di licenza di brevetto perché anche in questa
ipotesi non sono da richiedersi ulteriori atti di volontà, in quanto il venire ad esistenza del brevetto è condicio iuris di efficacia del
contratto, ma del contratto iniziale.
Quanto al contratto di sub-licenza (Leeds-Elmi), è sufficiente
ricordare che quando le parti intendono stipulare relativamente
ad un genus limitato di cose è sufficiente che inquadrino esatta
mente il genus (qui l'ambito della tecnologia cui si riferiscono
le licenze su cui costituire le sublicenze) perché quel contratto
s'intenda concernere tutte le species rientranti in quel genus (qui la sublicenza sul brevetto in questione). Ed è questione di inter
pretazione del contratto, insidacabile in questa sede, l'accerta
mento che quel contratto riguardasse proprio tutto quel genus limitato nel quale rientra anche la licenza sul brevetto n. 840.240.
Resta assorbito il motivo riguardante la compensazione delle
spese di secondo grado. Su queste dovrà pronunciare nuovamen
te il giudice di rinvio quando avrà deciso il merito della causa. La sentenza va, pertanto, cassata in accoglimento dei primi
due motivi del ricorso principale. Il giudice di rinvio, designato in altra sezione della stessa Corte d'appello di Milano, pronunce rà tenendo conto dei principi di diritto sopra esposti.
CORTE DI CASSAZIONE; sezione I civile; sentenza 28 dicem bre 1988, n. 7079; Pres. Bologna, Est. Carbone, P.M. Cece re (conci, parz. diff.); Di Martino (Avv. Schininà, Di Paola) c. Bagheri (Avv. Salerni, Borrometi). Cassa App. Catania 13 aprile 1985.
Espropriazione per pubblico interesse — Stima dell'indennità —
Giudizio di opposizione — Declaratoria d'incostituzionalità dei criteri di stima — Competenza in unico grado della corte d'ap pello (L. 22 ottobre 1971 n. 865, programmi e coordinamento dell'edilizia residenziale pubblica; norme sull'espropriazione per pubblica utilità; modifiche ed integrazioni delle leggi 17 agosto 1942 n. 1150, 18 aprile 1962 n. 167, 29 settembre 1964 n. 847, ed autorizzazione di spesa per interventi straordinari nel settore
dell'edilizia residenziale, agevolata e convenzionata, art. 19). Edilizia popolare, economica e sovvenzionata — Espropriazione
per costruzione di alloggi popolari — Cooperativa — Stima dell'indennità — Giudizio di opposizione — Comune — Legit timazione passiva (L. 22 ottobre 1971 n. 865, art. 60).
La sopravvenuta declaratoria d'incostituzionalità del criterio del valore agricolo medio non ha intaccato la piena applicabilità dell'art. 19 I. 865/71, sulla devoluzione in unico grado alla cor te d'appello del giudizio di opposizione alla stima dell'in dennità. (1)
(1) Nihil sub sole novi, per quel che riguarda la possibilità di applicare l'art. 19 1. 865/71 anche in presenza della declaratoria d'incostituzionalità del criterio del valore agricolo, avvenuta con le ormai celebri sentenze 5/80 (Foro it., 1980, I, 273) e 223/83 (id., 1983, I, 2057). Per un raggua glio completo sulla situazione giurisprudenziale in riferimento all'articolo succitato, v. la nota di richiami a Cass. 18 giugno 1988, n. 4172 (in que sto fascicolo, I, cui adde Cass. 14 ottobre 1988, n. 5599, Foro it., 1989, I, 104). Nella motivazione della sentenza in epigrafe, sono inoltre richia mate Cass. 20 novembre 1985, n. 5710 (id., Rep. 1985, voce Contravven zione, n. 61); Corte cost. 3 aprile 1982, n. 69 (id., 1982, I, 1213) e 15 aprile 1981, n. 62 (id., 1981, I, 1497), che riaffermano la possibilità, per il legislatore ordinario, di prevedere casi di giudizi in cui si deroga al principio del doppio grado di giurisdizione (ciò che avviene anche nel giudizio di opposizione alla stima dell'indennità di esproprio): ma, anche su questo punto specifico, v. Cass. 4172/88, in nota.
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