sezione I civile; sentenza 3 agosto 1988, n. 4815; Pres. Bologna, Est. Borruso, P. M. Grossi(concl. conf.); Passaro (Avv. Zevola) c. Soc. Lattesud. Cassa App. Napoli 26 giugno 1984Source: Il Foro Italiano, Vol. 112, PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE(1989), pp. 1175/1176-1177/1178Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23183924 .
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PARTE PRIMA 1176
mediocre o scadente (art. 21 1. 392/78). Solo le ultime due quali fiche assumono pratico rilievo perché incidono negativamente sul
valore dell'immobile locato.
Il giudizio relativo si basa, secondo la norma citata, sulle con
dizioni di vari elementi che riguardano sia la singola unità immo
biliare oggetto della locazione che le parti comuni dell'edificio.
In relazione all'unità immobiliare vengono in considerazione:
1) pavimenti; 2) pareti e soffitti; 3) infissi; 4) impianto elettrico; 5) impianto idrico e servizi igienico-sanitari; 6) impianto di riscal
damento. Per le parti comuni sono rilevanti: 1) accessi, scale e
ascensore; 2) facciate, coperture e parti comuni in genere. Per la qualifica di stato mediocre o scadente è necessario che
si presentino in condizioni scadenti un certo numero di elementi
o che manchino alcuni elementi specificamente indicati.
In concreto lo stato mediocre ricorre, in relazione all'ipotesi di degrado, quando in scadenti condizioni siano tre elementi indi
ce dell'immobile, di cui due attinenti alla singola unità immobi
liare. Lo stato scadente sussiste invece allorché il giudizio di
scadenti condizioni comprenda quattro elementi, di cui tre propri della unità immobiliare.
Le condizioni scadenti sono poi precisate, per ciascun elemen
to, dal d.m. 9 ottobre 1978, emanato in forza dell'esplicita previ sione dello stesso art. 21 1. 392/78.
Tale decreto, prendendo in considerazione all'art. 3, n. 2, le
facciate, le coperture e le parti comuni in genere dell'immobile
nel quale è compresa l'unità locata, stabilisce che «si considerano
in condizioni scadenti quando sia presente anche una sola delle
carenze di cui ai punti a), b) e c)», delle carenze cioè che riguar dano distintamente le facciate, le coperture e le parti comuni in
genere. In particolare le coperture (punto b) si considerano sca
denti quando «consentano l'infiltrazioni di acqua piovana o ri
sultino, se praticabili, inutilizzabili per il deterioramento di alcune
componenti, sempre che ne sia prevista l'utilizzazione da parte del locatario».
In relazione alla prima ipotesi (infiltrazioni d'acqua piovana) che interessa la fattispecie in esame, è da osservare che il criterio
adottato dai giudici di appello non giustifica le censure di cui
al primo motivo del ricorso Inail, perché aderente al testo norma
tivo. Se infatti, alla stregua della riportata disciplina, la copertu ra deve considerarsi scadente ove si trovi in condizioni tali da
«consentire» l'infiltrazione dell'acqua piovana, non può dirsi ne
cessario che l'infiltrazione si sia già verificata e tanto meno che
sia in atto al momento del controllo.
Proprio incentrando la loro indagine sulle obiettive condizioni
della copertura in questione, i giudici di appello hanno afferma
to, sulla base delle risultanze dell'indagine compiuta dal consu
lente tecnico d'ufficio, come altamente probabile il ripetersi di
infiltrazioni di acqua piovana. In tal modo argomentando non
si sono limitati a prospettare la probabilità di una futura ineffi
cienza della copertura, come sostiene il ricorrente, ma hanno da
to atto delle condizioni attuali di detta copertura, dell'insufficiente
resistenza della stessa agli agenti atmosferici, indicando come even to futuro soltanto le infiltrazioni in quanto subordinate al verifi
carsi delle piogge. Ed il giudizio espresso, come apprezzamento di fatto partico
larmente approfondito e congruamente motivato, si sottrae al sin
dacato di questa corte.
Il primo motivo è pertanto infondato.
Non merita miglior sorte il secondo sulla pretesa necessità della
contemporanea inefficienza di tutti gli elementi comuni indicati
in ciascun numero dell'art. 21 1. 392/78, del contemporaneo de
grado cioè, da un lato, degli accessi, scale ed ascensore (n. 1)
e, dall'altro, delle facciate, coperture e parti comuni in genere
(n. 2). Come esattamente rilevato dai giudici di appello, l'art. 3 d.m.
9 ottobre 1978 elimina ogni eventuale dubbio sul fatto che più elementi comuni siano stati raggruppati sotto lo stesso numero
(il che si verifica, peraltro, anche per alcuni elementi della singola unità immobiliare), stabilendo espressamente che gli elementi co muni di cui ai nn. 1) e 2) si considerano scadenti quando sia
presente una sola delle carenze di cui ai punti a), b), c) e d) del n. 1 e a), b) e c) del n. 2. E poiché i punti ff), b) e c) del n.
2 riguardano distintamente le facciate, le coperture e le parti co
muni in genere, deve ritenersi determinante la carenza di uno dei
predetti elementi strutturali, deve cioè considerarsi sufficiente che
li Foro Italiano — 1989.
sia in condizioni scadenti la facciata, o la copertura o altra parte comune.
Inoltre, nell'ambito di ogni singolo elemento è sufficiente che
sussista una sola delle possibili carenze espressamente contempla
te, avendo l'art. 4 dello stesso decreto ministeriale precisato che
quando si parla di carenze indicate in una lettera «si intende far
riferimento a tutte le carenze considerate dalla lettera medesima
che possono ovviamente ricorrere insieme e separatamente». I giudici di appello hanno fatto quindi puntuale e corretta ap
plicazione delle norme indicate ed i rilievi critici mossi dall'Inail
(con il secondo mezzo) risultano conseguentemente privi di consi
stenza.
II terzo motivo del ricorso principale è inammissibile, atteso
che con l'atto di appello fu censurata la decisione del pretore sul punto del degrado della copertura dell'edificio, ma non for
mò oggetto di motivo di gravame la condizione dell'impianto di
riscaldamento accertata dal pretore. Né il richiamo generico alle difese di primo grado vale a confi
gurare, anche sul punto in questione, il motivo di impugnazione, cosi come richiesto dall'art. 342 c.p.c., posto che l'onere della
specificazione dei motivi di appello esige che la richiesta di rifor
ma della decisione sfavorevole abbia un supporto argomentativo volto a contrastare la motivazione sul punto adottato dalla sen
tenza impugnata. Il ricorso principale deve essere, pertanto, totalmente respinto. Ne consegue l'assorbimento del ricorso incidentale diretto al
riconoscimento del degrado di altri elementi delle unità immobi
liari oggetto delle locazioni. Con il rigetto invero del ricorso prin
cipale risulta definitivamente accolta la domanda dei conduttori
e l'eventuale fondatezza del ricorso incidentale non potrebbe ap
portare alcun vantaggio, nel senso che i predetti conduttori, ai
fini del calcolo dell'equo canone, non potrebbero ottenere il rico
noscimento di un coefficiente correttivo diverso da quello già ri
chiesto e fissato dai giudici del merito.
In altri termini, provenendo l'impugnazione incidentale dalla
parte concretamente vittoriosa, detta impugnazione si configura come ricorso incidentale oggettivamente condizionato all'accogli mento del ricorso principale.
CORTE DI CASSAZIONE; sezione I civile; sentenza 3 agosto
1988, n. 4815; Pres. Bologna, Est. Borruso, P. M. Grossi
(conci, conf.); Passaro (Avv. Zevola) c. Soc. Lattesud. Cassa
App. Napoli 26 giugno 1984.
Società — Trasformazione — Patrimonio della società trasfor mata — Effetti — Fattispecie (Cod. civ., art. 2498).
In caso di trasformazione, tutto il patrimonio mobile ed immobi le della società trasformata deve essere considerato, automati camente e senza possibilità di eccezione alcuna, di proprietà della medesima società nella nuova veste e denominazione as sunta per effetto della trasformazione (nella specie, la Cassa
zione ha ritenuto del tutto irrilevante, agli effetti suddetti, la mancata menzione di un bene immobile della società trasfor mata, nella stima del patrimonio sociale da parte dell'esperto, riconoscendo sussistente la legittimazione passiva della società, nella sua nuova veste e denominazione, nel giudizio promosso dal terzo per ottenere il riconoscimento di usucapione sul bene
stesso). (1)
(1) Conformi Cass. 16 aprile 1986, n. 2697, Foro it., Rep. 1986, voce Lavoro (rapporto), n. 1952; 12 aprile 1984, n. 2369, id., Rep. 1984, voce Società, n. 831, con riferimento alla persistenza dell'efficacia della procura ad litem rilasciata dalla società trasformata, anche nei confronti della società cosi come trasformatasi; Trib. Genova 2 luglio 1982, ibid., n. 833; Trib. Genova 1° giugno 1982, ibid., n. 832; Cass. 14 gennaio 1982, n. 198, id., Rep. 1982, voce cit. n. 369, con riferimen to ad ipotesi di sussistenza di legittimazione passiva ed attiva in capo alla società derivata dalla trasformazione; Cass. 21 novembre 1981, n. 6209, ibid., n. 371; 31 ottobre 1981, n. 5768, id., Rep. 1981, voce cit., n. 346; 22 giugno 1981, n. 4065, id., Rep. 1982, voce cit., n. 370; Trib. Roma 23 luglio 1979, id., Rep. 1980, voce cit., n. 358; Cass. 10 luglio 1979, n. 3945; id., Rep. 1981, voce cit., n. 347;
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
Svolgimento deI processo. — Nel 1952 la soc. Guibur acquista va un appezzamento di terreno di mq 1168 nel cui possesso si
immetteva Domenico Passaro.
Nel 1954 la Guibur vendeva detto terreno alla soc. Cil che si
trasformava nel 1957 in società in nome collettivo e, poi, nel 1966
nella spa Lattesud. Nella stima del patrimonio da conferire alla
nuova società il terreno suddetto non veniva compreso. Nel 1978 il Passaro conveniva avanti al Tribunale di Napoli
la Lattesud per sentir dichiarare l'acquisto a titolo di usucapione
di detto terreno da parte dell'attore.
La società eccepiva, tra l'altro, il proprio difetto di legittima
zione passiva non risultando essere stato il terreno conferito dalla
Cil ad essa Lattesud.
Il Tribunale di Napoli accoglieva la domanda attrice sul rilievo
che la trasformazione di una società commerciale da uno all'altro
dei tipi riconosciuti dalla legge, cosi come disciplinata dall'art.
2498 c.c. non importa la estinzione di un soggetto giuridico con
correlativa creazione di altro soggetto e, quindi, resta ferma l'i
dentità del soggetto titolare dei rapporti giuridici esistenti ante
riormente alla trasformazione.
La Lattesud proponeva gravame e la Corte d'appello di Napo
li, con sentenza depositata il 26 giugno 1984, in totale riforma
della sentenza di primo grado, rigettava la domanda attrice in
base alle seguenti considerazioni: 1) l'art. 2498 c.c. (concernente la trasformazione in società aventi personalità giuridica) richiede
che la delibera di trasformazione di una società in nome colletti
vo in società per azioni debba risultare da atto pubblico e conte
nere le indicazioni prescritte dalla legge per l'atto costitutivo, tra
le quali, ai sensi del n. 6 dell'art. 2328, il valore dei beni conferiti
in natura; 2) conseguentemente, poiché il terreno de quo non era
stato incluso tra quelli che la Cil conferì alla Lattesud, tale bene
non è mai entrato nel patrimonio di quest'ultima, sicché la mede
sima non era legittimata passivamente rispetto all'azione di de
claratoria di usucapione esercitata dal Passaro.
Quest'ultimo impugna detta sentenza con ricorso (notificato il
13 settembre 1984 a mani del portiere del domiciliatario avv. Ma
rio Crisci difensore della Lattesud in appello: è allegata alla rela
ta di notifica ricevuta della raccomandata con data 20 settembre
1984) per cassazione in base ad un unico motivo. La spa Latte
sud non si è costituita.
Motivi della decisione. — Con l'unico motivo di ricorso il Pas
saro denunzia la violazione degli art. 1166, 1372, 2° comma, 2498,
2499, 2328 c.c. in riferimento all'art. 360, nn. 3 e 5, c.p.c. soste
nendo che, se è vero che, nonostante la trasformazione, la società
come soggetto giuridico titolare di diritti rimane identica, sia pu
re in veste giuridica mutata per effetto della trasformazione della
struttura e della organizzazione sociale, non essendovi quindi né
cessazione della vecchia società né costituzione di una nuova e
quindi neppure trasferimento alcuno di beni dall'una all'altra,
ma soltanto una modifica statutaria, la conseguenza ineluttabile
è che tutto il patrimonio della vecchia società debba intendersi
automaticamente riferito alla società trasformata.
La riprova della verità di tale asserto scaturirebbe dalla consta
21 giugno 1979, n. 3480, id., Rep. 1979, voce cit., n. 323; 12 gennaio
1979, n. 254, ibid., n. 322; 24 maggio 1978, n. 2592, id., Rep. 1978, voce cit., n. 341; 20 gennaio 1978, n. 260, ibid., n. 342; 11 agosto 1977, n. 3707, id., Rep. 1977, voce cit., n. 406; 25 giugno 1977, n. 2722, ibid., n. 407, nel senso di ritenere irrilevante, ai fini della determinazione della
consistenza patrimoniale, la mancata menzione di un debito della società
trasformata, nella stima del patrimonio sociale da parte dell'esperto; 19
maggio 1977, n. 2071, ibid., n. 408; 8 marzo 1977, n. 953, id., 1978,
I, 206, con nota di richiami in dottrina e giurisprudenza. In dottrina circa gli effetti patrimoniali della trasformazione di società
cfr. Fusione, trasformazione e scioglimento di società (giornata di studio
del 1° giugno 1985), Giuffrè, Milano, 1987; G. Tantini, Trasformazione e fusione delle società, in Trattato diretto da F. Galgano, Padova, 1985,
Vili; S. Pacchi, Pesucci, Trasformazione, fusione e scioglimento, in
Riv. società, 1983, 671; A. Ghtni, Trasformazione delle società - Aspetti civilistici e fiscali, Milano, 1979; G. Cabras, Società: Trasformazione e fusione, in Giur. comm., 1978, I, 943; G. Alessi, B. Manzella, P.
Marino, Le società, Giuffrè, Milano, III; S. Argilla, La trasformazione di forma giuridica, in Riv. dott. commercialisti, 1977, 761.
Circa la questione collegata della determinazione dell'oggetto e delle
finalità della stima del patrimonio sociale da parte dell'esperto, in occa
sione della trasformazione, cfr. Cass. 5 agosto 1987, n. 6718, Foro it.,
1988, I, 3029, con nota di richiami di giurisprudenza e dottrina.
Il Foro Italiano — 1989.
tazione che, se per qualsiasi ragione ciò non avvenisse, vi sareb
bero inammissibilmente beni che resterebbero privi di titolare non
potendo continuare ad appartenere ad una società che non esiste
più, a meno che non si volesse ritenere, in maniera parimenti
inammissibile, che la vecchia società rimanga in vita, nonostante
la trasformazione, come titolare dei beni ad essa rimasti.
Conseguentemente, se anche del terreno de quo non fu fatta
menzione nella relazione di stima del patrimonio sociale in occa
sione della avvenuta trasformazione di società, esso avrebbe do
vuto egualmente ritenersi ricompreso nel patrimonio della società
trasformata e, quindi, legittimata la medesima in ordine alla do
manda attrice.
Il motivo è fondato. Invero è ormai giurisprudenza costante
che, in tema si società, ogni specie di trasformazione comporta soltanto il mutamento formale di un'organizzazione societaria già
esistente, ma non la creazione di un nuovo ente che si distingua dal vecchio, sicché l'ente trasformato, quand'anche consegua la
personalità giuridica di cui prima era sprovvisto, non si estingue
per rinascere sotto altra forma, né dà luogo ad un nuovo centro
di imputazione di rapporti giuridici, ma sopravvive alla vicenda
modificativa senza soluzione di continuità e senza perdere la sua
identità soggettiva (vedi, da ultimo, in tal senso Cass. 6718/87,
Foro it., 1988, I, 3029; 2697/86, id., Rep. 1986, voce Lavoro
(rapporto), n. 1952; 2369/84, id., Rep. 1984, voce Società, n.
831; 3086/83, id., Rep. 1983, voce Lavoro (rapporto), n. 642;
198/82, id., Rep. 1982, voce Società, n. 369; 6209/81, ibid., n. 371; 5768/81, id., Rep. 1981, voce cit., n. 346; 3480/79, id., Rep. 1979, voce cit., n. 323; 2503/79, ibid., voce Lavoro (rapporto), n. 1007; 2592/78, id., Rep. 1978, voce Società, n. 341).
Da tale principio di diritto consegue ineluttabilmente che tutto
il patrimonio (mobile e immobile) della società trasformata deb
ba essere considerato, automaticamente e senza possibilità di ec
cezione alcuna, di proprietà della medesima società, pur nella sua
nuova veste e denominazione, e il mutamento della intestazione
una mera formalità.
A ciò consegue che la sentenza impugnata va cassata e la causa
rimessa ad altro giudice per l'applicazione del principio di diritto
sopraformulato.
CORTE DI CASSAZIONE; sezione I civile; sentenza 23 giugno
1988, n. 4278; Pres. Scanzano, Est. Sensale, P.M. Romagno
li (conci, diff.); Fall. soc. Sordelli (Avv. D'Innocenzo, Gan
dini) c. Soc. Sordelli (Avv. Libonati, Jaeger, Amati) e Soc.
Montedipe; Soc. Sordelli (Avv. Di Stefano, Nicolò, Valcavi) c. Fall. Soc. Sordelli e Soc. Montedipe. Conferma App. Mila
no 27 aprile 1984; cassa App. Milano 11 giugno 1985.
Fallimento — Opposizione — Amministratori della società fallita — Legittimazione
— Presupposti (Cod. civ., art. 2384, 2448,
2449; r.d. 16 marzo 1942 n. 267, disciplina del fallimento, art.
18, 192). Amministrazione controllata — Revoca — Motivi — Fattispecie
(R.d. 16 marzo 1942 n. 267, art. 167, 173, 188, 192).
L'opposizione degli amministratori al fallimento della società non
costituisce «nuova operazione», e come tale non è loro preclu
sa dallo stato di liquidazione della società; né può dirsi a tal
fine necessaria una preventiva delibera dell'assemblea dei soci,
in quanto l'opposizione al fallimento si colloca nell'ambito del
l'attività volta a realizzare l'oggetto sociale e deve ritenersi, co
me tale, compresa nei poteri di rappresentanza che la legge
attribuisce agli amministratori. (1)
(1) Per un precedente in termini nella giurisprudenza di merito, v. Trib.
Milano 10 giugno 1986, Foro it., Rep. 1986, voce Fallimento, n. 220
ed in Fallimento, 1986, li, 881, ove, in motivazione, si legge che «l'atto
di opposizione al fallimento, in quanto rivolto a preservare l'impresa dal
la disgregazione e a reintegrarla nella sua piena libertà di azione, deve
essere considerato come esplicazione di normali poteri gestori». Sembre
rebbe, invece, esprimere un diverso avviso Cass. 21 febbraio 1974, n.
472, Foro it., Rep. 1974, voce cit., n. 209, ed in Dir. fallim., 1974, II,
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