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sezione I civile; sentenza 4 luglio 1987, n. 5862; Pres. F.E. Rossi, Est. Caturani, P. M. Leo (concl.conf.); Lutzu (Avv. Giorgianni, Diana) c. Melaiu (Avv. Curci, Melis). Cassa App. Cagliari 20luglio 1983Source: Il Foro Italiano, Vol. 111, PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE(1988), pp. 471/472-473/474Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23181091 .
Accessed: 28/06/2014 19:14
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PARTE PRIMA
CORTE DI CASSAZIONE; sezione I civile; sentenza 4 luglio
1987, n. 5862; Pres. F.E. Rossi, Est. Caturani, P. M. Leo
(conci, conf.); Lutzu (Aw. Giorgianni, Diana) c. Melaiu (Avv.
Curci, Melis). Cassa App. Cagliari 20 luglio 1983.
Società — Società di fatto — Conferimento di immobili senza
atto scritto — Nullità (Cod. civ., art. 1350, 1367, 2251).
È nullo il conferimento in società, ancorché di fatto, di immobile
quando non sia adottata la forma scritta ed è di conseguenza nullo l'intero contratto di società qualora tale conferimento ri
sulti essenziale per il conseguimento dello scopo sociale (in mo
tivazione si afferma che non è possibile, alla stregua del principio di conservazione del negozio giuridico, postulare, nel silenzio
delle parti, che l'immobile sia stato conferito in godimento no
vennale). (1)
Svolgimento del processo. — Con ricorso del 14 giugno 1973
al presidente del Tribunale di Tempio Pausania, Ottavio Melaiu
espose di aver ceduto a Clemente Lutzu, con atto pubblico per notar Altea del 10 gennaio 1971, un terreno di 1000 mq. in agro di Aglientu, confinante con la sua restante proprietà acquistata nel 1969.
Trattavasi in realtà di vendita simulata, avvenuta per il prezzo non pagato di lire 150.000, al solo scopo di costituire tra le parti una società di fatto per la costruzione di un locale da destinare
a night club e per la sua gestione. Su entrambi i terreni (quello ceduto a Lutzu e quello rimasto
di sua proprietà) era stato costruito un edificio, destinato appun to a night club, la cui licenza di esercizio, per mera comodità,
era stata intestata a Giovanni Lutzu, moglie di Clemente Lutzu.
Quanto alle spese di costruzione quest'ultimo aveva ammesso
di essere debitore nei suoi confronti di lire 1.208.500, pur doven
do somme maggiori. Poiché era stato escluso dal possesso dell'immobile e dall'eser
cizio dell'impresa ed era suo interesse accertare la simulazione
della vendita, conseguire la retrocessione dell'area, risolvere il rap
porto sociale per inadempimento di Lutzu, conseguire il paga mento di quanto dovuto eventualmente ottenere lo scioglimento della comunione e la divisione dell'immobile, chiese di essere au
torizzato a procedere al sequestro giudiziario dell'immobile me
desimo, consistente nelle aree e nell'edificio destinato a night club
denominato «Il ragno d'oro», l'azienda, i libri, i registri, ed i
documenti.
Il sequestro fu disposto in contraddittorio delle parti 11 30 lu
glio 1973. Citato in giudizio per la convalida, Lutzu si costituì e dedusse
che la vendita era reale, onde era unico proprietario dell'area
sulla quale era stato costruito l'edificio e della costruzione; am
messo che avesse sconfinato in buona fede per mq. 70, era appli cabile l'art. 938 c.c.; quanto all'asserita società di fatto erano
intercorse soltanto trattative (cui avevano fatto seguito anticipa zioni di somme di denaro ed obbligazioni reciproche), ma non
si erano perfezionate, sicché Melaiu poteva vantare soltanto un
credito di modesta entità che egli era pronto ad estinguere. Chiese la reiezione della domanda, la revoca del sequestro, l'ac
certamento delle somme dovute ed eventualmente l'indennizzo per le occupazioni del suolo; in via riconvenzionale, la condanna di
Melaiu al risarcimento dei danni subiti per la esecuzione della
misura cautelare.
(1) Con la presente sentenza la Cassazione conferma l'orientamento
già espresso altre volte: v. sent. 29 aprile 1982, n. 2688, Foro it., Rep., 1983, voce Società, n. 190, e in Giur. comm., 1983, II, 372, con nota di Giuliani; 2 aprile 1982, n. 2017, Foro it., Rep. 1982, voce cit., n.
147; 31 ottobre 1981, n. 5761, id., 1982, I, 723, con nota di richiami. In senso contrario, vedi tuttavia Cass. 17 giugno 1985, n. 3631, id., Rep. 1985, voce cit., n. 243. In dottrina sul punto vedi G.A. Fara, Un caso
di conferimento di immobili in società di fatto (nota a App. Cagliari 20 luglio 1983, ibid., n. 283), in Giur. merito, 1985, 368; G. Giuliani,
Conferimento immobiliare e società di fatto (nota a Cass. 29 aprile 1982, n. 2688, cit.); Ferri, Le società, in Trattato diretto da F. Vassalli, Tori
no, 1985, 105; Ferrara jr., Gli imprenditori e le società, Milano, 1987,
210, nota 2; Cottino, Diritto commerciale, Padova, 1987, 121; Galga
no, Le società in genere. Le società di persone, Milano, 1982, 172-74; Di Sabato, Manuale delle società, Torino, 1984, 52; R. Costi, G. Di
Chio, Società in generale - Società di persone - Associazione in partecipa zione, in Giur. sist. civ. e comm. fondata da Bigiavi, Torino, 1980, 163 ss.
Il Foro Italiano — 1988.
Nel corso del giudizio fu chiamata in giudizio Giovanna Lutzu
e nei suoi confronti furono riproposte le domande formulate contro
il convenuto.
Giovanna Lutzu si costituì e aderì alla posizione processuale del marito.
Istruita la causa, il tribunale, con sentenza dell'11 maggio 1981,
revocò il sequestro giudiziario; dichiarò Clemente Lutzu unico
proprietario dell'edificio; dispose il trasferimento in suo favore
della porzione di area appartenente a Melaiu occupata nella co
struzione; dichiarò Lutzu tenuto al pagamento dell'indennità, da
accertare in corso di causa; respinse la domanda di scioglimento della società di fatto; condannò Melaiu al risarcimento dei danni
derivanti dal sequestro e dalla chiamata in causa di Giovanna
Lutzu.
La Corte d'appello di Cagliari, adita da Melaiu, con sentenza
del 20 luglio 1983, in riforma della decisione di primo grado, convalidò il sequestro giudiziario, dichiarò l'esistenza della socie
tà di fatto tra Ottavio Melaiu e Clemente Lutzu per la costruzio
ne dell'edificio destinato a night club, e per la gestione della relativa
impresa commerciale; ne dispose la liquidazione; dichiarò la co
munione di godimento sull'edificio e ordinò procedersi alla sua
divisione a norma dell'art. 720 c.c., insistendo il medesimo per
mq. 116 sulla proprietà Melaiu e per mq. 265 sulla proprietà Lut
zu; dichiarò Giovanna Lutzu estranea al rapporto sociale e man
dò assolto l'appellante da ogni avversa pretesa. Dispose, con
separata ordinanza, per la prosecuzione del processo; Ritenne la corte: a) in mancanza dell'atto scritto ex art. 2251
c.c. per il conferimento in proprietà dei beni immobili in una
società di fatto deve ritenersi ai sensi dell'art. 1367 c.c. che gli
stessi siano stati conferiti in godimento per nove anni (art. 1350,
n. 9, c.c.); b) accertata la esistenza della società di fatto per la
costruzione e l'arredamento dell'edificio destinato a night club
e la volontà comune dei due soci Ottavio Melaiu e Clemente Lut
zu di non volere più esercitare insieme l'attività economica, deve
procedersi al suo scioglimento (art. 2272, n. 3, c.c.); c) è super flua l'indagine sui fatti costitutivi dell'inadempimento, posto che
l'appellante non chiede i danni; d) va quindi proceduto allo scio
glimento della comunione di godimento dei terreni e dell'edificio
non applicandosi l'art. 938 c.c., poiché la costruzione è stata ese
guita d'accordo su terreno in comune godimento; pertanto, cia
scun proprietario ha acquistato la porzione di costruzione che
vi insiste, donde la necessità della divisione ed il processo diviso
rio si innesta nel procedimento di liquidazione al fine di restituire
ai soci i beni conferiti in godimento; e) stante l'indivisibilità del l'immobile deve procedersi nell'ulteriore corso del giudizio ai sensi
dell'art. 720 c.c.; f) Giovanna Lutzu va considerata estranea al
rapporto sociale, spiegandosi per ragioni di convenienza l'intesta
zione della licenza al suo nome, i pagamenti da lei eseguiti e le
operazioni connesse; g) il sequestro giudiziario deve essere conva
lidato poiché è controversa la proprietà dell'immobile ed è op
portuno provvedere alla sua custodia.
Contro la sentenza d'appello ricorrono Lutzu Clemente e Gio
vanna, in base a quattro motivi; resiste con controricorso Ottavio
Melaiu. Entrambe le parti hanno presentato memoria.
Motivi della decisione. — 1. - Con il primo motivo, denunzian
do violazione e falsa applicazione degli art. 1350, n. 9, 1362 ss.,
2248, 2251 c.c., degli art. 112 ss. c.p.c., nonché difetto di moti
vazione (art. 360, nn. 3 e 5, c.p.c.), i ricorrenti assumono che
erroneamente la corte d'appello ha ritenuto valida la società di
fatto dedotta in giudizio dal Melaiu nonostante che il conferi
mento dei beni immobili necessari alla realizzazione dello scopo
sociale fosse avvenuto senza l'atto scritto richiesto ad substan
tiam, non potendo provare applicazione per escludere, la nullità
del contratto, il principio di conservazione contenuto dell'art. 1367.
La censura è fondata. Il problema proposto nel presente giudi zio riguarda la validità di una società di fatto nella quale i confe
rimenti dei soci abbiano avuto per oggetto beni immobili senza
l'atto scritto.
La normativa cui occorre fare riferimento per la sua soluzione
è contenuta negli art. 2251 e 1350, n. 9, c.c.: il primo dispone che il contratto di società semplice (cui rinvia l'art. 2293 c.c. in
tema di società in nome collettivo, la cui disciplina è applicabile
alla società di fatto) non è soggetto a forme speciali salvo quelle
richieste dalla natura dei beni conferiti; il secondo impone la for
ma scritta, sotto pena di nullità, per i contratti di società con
i quali si conferisce il godimento di beni immobili o di altri diritti
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
immobiliari per un tempo eccedente i nove anni o a tempo inde
terminato.
La risposta data al suddetto problema dalla giurisprudenza di
questa corte non è stata univoca: alcune decisioni (sent. 2017/82, Foro it., Rep. 1982, voce Società, n. 147; 5761/81, id., 1982, I, 723; 998/63, id., Rep. 1963, voce cit., n. 98) hanno affermato il principio secondo cui, la nullità della clausola di conferimento di un immobile non stipulata in forma scritta importa la nullità del contratto sociale quando il conferimento dell'immobile sia per sua natura essenziale al raggiungimento del fine sociale ovvero cosi rilevante da far ritenere che in sua mancanza la società non
si sarebbe costituita.
Secondo un indirizzo più recente (sent. n. 3631/85, id., Rep. 1985, voce cit., n. 243) si è, tuttavia, osservato che, qualora con il contratto orale costitutivo di una società di fatto, venga confe
rito il godimento di beni immobili senza determinazione di tem
po, la norma dell'art. 1350, n. 9, c.c., che impone la forma scritta
ad substantiam se quel conferimento ecceda i nove anni o sia
a tempo indeterminato, comporta in relazione al principio di con
servazione fissato dall'art. 1367 c.c. in tema di ermeneutica nego ziale che il contratto medesimo deve ritenersi validamente stipulato nel limite temporale di nove anni.
A sostegno della decisione si è osservato che non esiste nel no
stro ordinamento la possibilità di ravvisare una comunione di im
presa nell'attività collettiva svolta dai comproprietari dei beni senza
l'osservanza dell'onere formale previsto dall'art. 1350, n. 9, c.c.
e quindi la utilizzazione delle norme sulla comproprietà di cui al III libro del codice civile, posto che l'art. 2248 c.c. ammette
soltanto la comunione di mero godimento di una o più cose, on
de l'apparente contrasto tra gli art. 2248 e 2251 c.c. si è risolto
ricorrendo al principio di conservazione del negozio giuridico con
tenuto nell'art. 1367, secondo cui, nel dubbio, il contratto e le
singole clausole devono interpretarsi nel senso in cui possono avere
qualche effetto anziché in quello secondo cui non ne avrebbero
alcuno.
In base a tale criterio interpretativo, pertanto, si è affermato
che il tacito conferimento in società di beni immobili non può essere inteso come conferimento in proprietà giacché in tal caso
il contratto di società non produrrebbe alcun effetto; non potrà
neppure per la medesima ragione essere inteso come conferimen
to in godimento a tempo indeterminato; si dovrà concludere di
essere in presenza di un contratto di società di durata novennale, essendo questa, nel silenzio delle parti riguardo alla durata della
società, la massima durata competibile, a norma dell'art. 1350, n. 9, con la mancanza di forma scritta.
La tesi, che riecheggia un indirizzo accolto in dottrina, non
appare suscettibile di essere condivisa.
La norma contenuta nell'art. 1367 c.c. presupone che, fallito
ogni altro tentativo di attribuire alla clausola contrattuale (o al
contratto) un qualsiasi significato mediante l'adozione degli altri
criteri dell'interpretazione oggettiva, il dubbio circa la sua reale
portata permanga, onde in tal caso viene privilegiata l'interpreta zione che riconosce alla clausola dubbia qualche effetto anziché
quella per cui essa non ne avrebbe alcuno.
La norma non autorizza, tuttavia, alcuna conversione di con
tratti nulli attraverso una interpretazione sostitutiva della reale
intenzione delle parti, a tale conversione potendosi procedere sol
tanto ai sensi dell'art. 1424 c.c. (cfr. sul punto la non recente
sentenza di questa corte, n. 229 del 1962, id., Rep. 1962, voce
Obbligazioni e contratti, nn. 229, 400). In realtà, per superare il ritenuto conflitto tra gli art. 2248 e
1350, n. 9, c.c., non è possibile il ricorso all'art. 1367 c.c. poiché
l'applicazione della norma si risolve in tal caso in una interpreta zione abrogans del precetto relativo alla prescrizione formale, il
quale non viene applicato nonostante che il conferimento abbia
avuto per oggetto un bene immobile ovvero un diritto immobilia
re, nel silenzio delle parti, a tempo indeterminato. E l'osservanza
della prescrizione formale ha un suo preciso fondamento giuridi co anche nella ipotesi che si considera.
L'ordinamento, invero, quando si tratta di imprimere ai beni
immobili o ai diritti immobiliari quella modificazione giuridica consistente nel passaggio da beni in proprietà che costituiscono
per i creditori del proprietario la garanzia generica (art. 2740 c.c.) in beni destinati all'esercizio di un'attività economica in concorso
con altri soggetti, il che importa la formazione di un patrimonio autonomo — destinato a garantire con preferenza i creditori del
la società rispetto ai creditori dei singoli soci — ha subordinato
Il Foro Italiano — 1988.
la costituzione del vincolo sociale inter partes (quando il conferi
mento dell'immobile sia essenziale alla vita della società) alla for
ma scritta.
D'altro canto, il conflitto ipotizzato tra gli art. 2248 e 2251
c.c. è insussistente, ove si consideri che le norme operano su pia ni diversi e che se è vero che l'art. 2248 limita il concetto di comunione a quella costituita o mantenuta a scopo di godimento, escludendo l'ammissibilità della comunione di impresa, non è al
tresì' vero che, applicando l'art. 2251 che richiede la forma scritta
per i conferimenti immobiliari in società di fatto a pena di nullità
(in collegamento con l'art. 1350, n. 9, c.c.), si perviene al risulta
to di riconoscere che i comproprietari di immobili (i quali abbia
no utilizzato gli stessi per l'esercizio in comune di un'attività
economica, perché non legati da un valido contratto di società
e perciò non soci) siano necessariamente astretti, per tutto il pe riodo in cui l'attività economica è stata esplicata, da una comu
niome d'impresa.
Invero, la nullità della clausola di conferimento importa, come
si è visto, la nullità dell'intero contratto sociale quando il confe
rimento degli immobili sia, in conformità a quanto verificatosi
pacificamente nella specie, essenziale al raggiungimento dello scopo sociale.
La nullità del contratto sociale implica, tuttavia, che ciascuna
delle parti potrebbe rifiutare i conferimenti promessi e chiedere
la restituzione dei beni conferiti secondo i principi generali vigen ti in tema di nullità del contratto, ma non trasforma i presunti soci in soggetti che hanno svolto in comune un'attività economi
ca per un certo periodo proprio perché l'ordinamento ritiene inam
missibile la comunione d'impresa (art. 2248 c.c.). Piuttosto, la riconosciuta nullità del contratto di società perso
nale intercorso tra le parti porrebbe il problema della valutazione
degli effetti di tale nullità, al fine di stabilire se dall'ordinamento
non si possano trarre elementi univoci che inducano a limitarne
gli effetti a tutela dei terzi con i quali la società in fatto ha in
staurato rapporti, ma trattasi di un problema estraneo al presente giudizio.
Le parti controvertono, infatti, sulla proprietà dell'edificio co
struito sulle aree di proprietà esclusiva dei conferenti e tale con
troversia va risolta, come del resto ha fatto l'impugnata sentenza,
applicando le norme sui diritti reali e non già i principi di diritto
societario, non essendosi verificato nella specie (e comunque esu
la dai limiti di questo giudizio) alcun conflitto tra i creditori dei
singoli proprietari dei suoli ed i creditori della (presunta) società.
Il primo motivo del ricorso deve essere, pertanto, accolto.
(Omissis)
I
CORTE DI CASSAZIONE; sezione I civile; sentenza 3 luglio 1987, n. 5823; Pres. Zucconi Galli Fonseca, Est. Vercello
ne, P.M. Caristo (conci, diff.); De Bernardi di Valserra (Avv. Bonifazi, Giannini Santa Maria) c. Passoni. Conferma App. Milano 30 settembre 1982.
II
CORTE DI CASSAZIONE; sezione I civile; sentenza 18 giugno 1987, n. 5358; Pres. Zucconi Galli Fonseca, Est. Graziadei, P.M. Caristo (conci, diff.); Pellegrini (Avv. Bianchi) c. Buz
zi. Conferma App. Milano 5 dicembre 1983.
Ili
CORTE DI CASSAZIONE; sezione I civile; sentenza 18 giugno
1987, n. 5354; Pres. Zucconi Galli Fonseca, Est. Maltese, P. M. Caristo (conci, diff.); Carollo (Avv. Romanelli, Co
molli) c. Brisa e Proc. gen. App. Milano. Conferma App. Mi
lano 1° luglio 1983.
Matrimonio — Matrimonio concordatario — Sentenza ecclesia
stica di nullità per esclusione del «bonum prolis» — Delibazio
ne — Convivenza dei coniugi successivamente alla celebrazione — Contrasto con l'ordine pubblico italiano (Cost., art. 7; cod.
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