sezione I civile; sentenza 19 novembre 1987, n. 8512; Pres. Bologna, Est. Favara, P.M. Grossi(concl. conf.); Soc. Saras (Avv. M. Nigro, Nicoletti) c. Min. finanze (Avv. dello Stato D'Amato);Min. finanze c. Soc. Saras e Soc. Agip (Avv. Dore). Conferma App. Cagliari 10 aprile 1984Source: Il Foro Italiano, Vol. 111, PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE(1988), pp. 2651/2652-2661/2662Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23181442 .
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2651 PARTE PRIMA 2652
Svolgimento del processo. — In relazione alla vendita della metà
di un fondo rustico loro pervenuto per successione da Giovanna
Dallari, deceduta nel febbraio 1972, Serafino Dallari e altri coe
redi dichiararono ai fini delPInvim un valore iniziale di lire
27.550.000, che venne ridotto dall'ufficio a lire 7.940.000 nel ri
lievo che questo era il valore definito dai contribuenti ai fini del
l'imposta di successione, avvalendosi delle disposizioni di cui al
l'art. 6 d.l. 5 novembre 1973 n. 660, convertito nella 1. 19 dicem
bre 1973 n. 823, cioè del c.d. condono tributario.
L'operato dell'ufficio, disatteso dalla commissione tributaria
di primo grado, venne condiviso da quella di secondo grado, men
tre la Commissione tributaria centrale, con la decisione denunzia
ta del 18 ottobre 1980, ha ritenuto illegittimo l'accertamento.
Premesso che il valore degli immobili ceduti in successione era
stato determinato con i coefficienti tabellari di cui alla 1. 20 otto
bre 1954 n.1044, e la definizione dell'imponibile in base alla nor
mativa del condono era avvenuta elevando del 20% detto valore,
la commissione ha osservato che l'art. 6 d.p.r. n. 643 del 1972,
istitutivo dell'imposta, nell'assumere quale valore iniziale quello
dichiarato o accertato per il precedente acquisto si riferisce ad
una definizione avvenuta in modo normale e muovendo da dati
reali. Nella specie, invece, non solo il valore era stato definito
per condono, ma questo era stato applicato su un valore determi
nato con criteri automatici tabellari la cui rilevanza ai fini del
PInvim risulta esclusa dalla stessa legge (art. 6 cit.). Pertanto,
ha concluso la commissione, il valore accertato sicuramente non
era aderente alla realtà, con la conseguenza che la decisione della
commissione di secondo grado andava annullata, con rinvio allo
stesso giudice per il nuovo giudizio di valutazione.
Avverso la decisione, l'amministrazione ha proposto ricorso in
base ad unico motivo. Resiste la contribuente con controricorso.
Motivi della decisione. — Con l'unico motivo di ricorso, de
nunziando la violazione degli art. 6 e 19 d.p.r. 26 ottobre 1972
n. 643 (legge Invim), e dell'art. 6 d.l. 5 novembre 1973 n. 660,
convertito nella 1. 19 dicembre 1973 n. 823, l'amministrazione
sostiene che erroneamente la decisione impugnata ha fatto riferi
mento al 3° comma della prima di dette norme, riguardante l'i
potesi in cui il valore iniziale sia stato accertato con i criteri ta
bellari vigenti in passato, laddove, nella specie, da un lato questi
criteri erano stati prescelti dai contribuenti, i quali avrebbero do
vuto denunciare il valore venale dell'immobile ceduto in succes
sione; dall'altro, a quella valutazione di parte si era sovrapposta
la definizione per condono, dunque un valore «definitivamente
accertato» ottenuto con parametri diversi e perciò vincolante ai
fini dell'Invim. La censura è fondata. È vero che l'art. 6, 3° comma, d.p.r.
n. 643 del 1972, nell'ipotesi di alienazione di terreni che, in occa
sione della tassazione del precedente acquisto con l'imposta di
registro o di successione, siano stati valutati con i coefficienti
automatici previsti dalle 1. 20 ottobre 1954 n. 1044 e 27 maggio
1959 n. 355, espressamente esclude che tale valore possa essere
assunto come parametro iniziale di commisurazione della plusva
lenza colpita dall'Invim, il quale perciò deve essere determinato
ex novo.
Sennonché, come risulta dalla decisione impugnata, il valore
del terreno in questione — pervenuto per successione agli attuali
alienanti — fu bensì calcolato da costoro, in sede di denunzia
ai fini del tributo successorio, secondo i coefficienti tabellari sud
detti, ma poi, essendo ancora consentito l'accertamento da parte
dell'ufficio, il valore medesimo fu definito mediante condono,
con l'applicazione della maggiorazione del 20%.
Pertanto, si è fuori dall'ambito della disposizione di cui al 3°
comma dell'art. 6 cit., che, avendo carattere eccezionale, non è
suscettibile di applicazione in via analogica. Né è possibile ipotiz
zarne l'operatività nelle fattispecie in esame mediante interpreta
zione estensiva, trattandosi di situazioni affatto diverse da quella
prevista dalla norma, sia perché con la domanda di condono per
de rilievo l'automatismo della stima, la quale viene assunta dallo
stesso contribuente come fondamento per la definizione del valo
re, e sia perché, una volta che questo sia stato definito, il titolo
660, convertito nella I. n. 823 del 1973, in Riv. legisl. fise., 1984, 6; F. Maschio, Invim - Valore iniziale - Definizione dell'imposta sul prece dente trasferimento in base a condono fiscale - Determinazione in base
a quale valore: a quello accertato o a quello definito?, id., 1980, 2049; G. Stefani, Circa il valore iniziale «definitivamente accertato» per il cal
colo dell'Invim, in Bollettino trib., 1981, 1409.
Il Foro Italiano — 1988.
cui occorre far riferimento è la definizione per condono e non
più la stima iniziale, ormai caducata.
Non applicandosi la disposizione suddetta, l'unica questione
che residua nella presente controversia è se, agli effetti del para
metro iniziale della plusvalenza, possa intendersi come valore «de
finitivamente accertato», ex art. 6, 2° comma, d.p.r. 643 del 1972,
quello determinato mediante condono. E sul punto l'indirizzo di
questa corte si è ormai consolidato nel senso che la norma, nel
disporre che il valore iniziale dell'immobile, al fine dell'indivi
duazione dell'incremento imponibile, è quello dichiarato o accer
tato per il precedente acquisto, si riferisce al valore accertato in
modo definitivo in tale sede, indipendentemente dal modo del
l'accertamento e, quindi, per effetto sia di inutile scadenza dei
termini del ricorso contro l'avviso di accertamento di maggior
valore, sia di concordato, sia di decisione non più impugnabile
delle competenti commissioni tributarie, sia, infine, di determina
zione automatica conseguente all'applicazione di norme dettate
per agevolare la definizione delle controversie tributarie (v., fra
l'altre, sent. n. 1107 del 1985, Foro it., Rep. 1985, voce Tributi
locali, n. 210; n. 3531 del 1984, id., Rep. 1984, voce cit., n. 279). Pertanto, la decisione impugnata deve essere cassata con rinvio
alla stessa Commissione tributaria centrale, la quale procederà
a nuovo esame della controversia attenendosi al seguente princi
pio di diritto: «Il principio secondo cui, al fine dell'individuazio ne dell'incremento imponibile con l'Invim, deve essere assunto
come parametro iniziale relativo al precedente acquisto, agli ef
fetti dell'art. 6, 2° comma, d.p.r. 26 ottobre 1972 n. 643, anche
il valore determinato in modo automatico in base a norme detta
te per la definizione delle controversie tributarie (condono fisca
le), si applica pure nelle ipotesi in cui tale definizione sia avvenu
ta in relazione ad un valore determinato con i coefficienti auto
matici di cui alla 1. 20 ottobre 1954 n. 1044, non essendo questa
fattispecie riconducibile nella previsione di cui al 3° comma dello
stesso art. 6 d.p.r. n. 643 del 1972».
CORTE DI CASSAZIONE; sezione I civile; sentenza 19 novem
bre 1987, n. 8512; Pres. Bologna, Est. Favara, P.M. Grossi
(conci, conf.); Soc. Saras (Avv. M. Nigro, Nicoletti) c. Min.
finanze (Avv. dello Stato D'Amato); Min. finanze e. Soc. Sa
ras e Soc. Agip (Avv. Dorè). Conferma App. Cagliari 10 apri
le 1984.
Dogana — Tassa portuale di sbarco e imbarco — Natura giuridi
ca — Riscossione — Ingiunzione di pagamento — Termine per
proporre opposizione — Normativa applicabile (L. 9 febbraio
1963 n. 82, revisione delle tasse e dei diritti marittimi, art. 33-42;
d.p.r. 23 gennaio 1973 n. 43, approvazione del testo unico del
le disposizioni legislative in materia doganale, art. 82; d.l. 28
febbraio 1974 n. 47, istituzione di una tassa di sbarco e imbar
co sulle merci trasportate per via aerea e per via marittima,
art. 2; 1. 16 aprile 1974 n. 117, conversione in legge, con modi
ficazioni, del d.l. 28 febbraio 1974 n. 47; 1. 5 maggio 1976
n. 355, estensione alle aziende dei mezzi meccanici e magazzini
portuali di Ancona, Cagliari, La Spezia, Livorno e Messina
di alcuni benefici previsti per gli enti portuali, art. 1).
Dogana — Tassa portuale di sbarco e imbarco — Riscossione
— Ingiunzione di pagamento — Termine per proporre opposi-'
zione — Carattere perentorio (D.p.r. 23 gennaio 1973 n. 43,
art. 82). Tributi in genere — Dogana — Tassa portuale di sbarco e imbar
co — Azione preventiva di accertamento negativo — Opposi
zione all'ingiunzione di pagamento — Carenza d'interesse —
Improponibilità (Cod. proc. civ., art. 100; d.p.r. 23 gennaio
1973 n. 43, art. 82). Dogana
— Diritti doganali — Riscossione — Ingiunzione di pa
gamento — Opposizione — Termine — Questioni manifesta
mente infondate di costituzionalità (Cost., art. 3, 23, 24; d.p.r.
23 gennaio 1973 n. 43, art. 82).
Porti, spiagge, fari — Tassa portuale di sbarco e imbarco — Porti
in cui non opera un'azienda dei mezzi meccanici — Applicabi
lità — Esclusione (L. 9 ottobre 1967 n. 961, istituzione delle
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
aziende dei mezzi meccanici e dei magazzini nei porti di Anco
na, Cagliari, Livorno, La Spezia, Messina e Savona, art. 2; 1. 10 ottobre 1974 n. 494, modifiche ed integrazioni alla 1. 9
ottobre 1967 n. 961, riguardante l'istituzione in alcuni porti delle aziende dei mezzi meccanici e dei magazzini, art. 2; 1.
5 maggio 1976 n. 355, art. 1).
Poiché la tassa portuale di sbarco e imbarco, di cui agli art. 33
ss. I. 9 febbraio 1963 n. 82, ha natura di diritto doganale, ai
fini della sua riscossione si applica l'art. 82 d.p.r. 23 gennaio 1973 n. 43 (t.u. delle disposizioni di legge doganali), che preve de il termine di quindici giorni per proporre opposizione avver
so l'ingiunzione di pagamento del tributo. (1) L'inutile decorso del termine di quindici giorni, previsto dall'art.
82, 2° comma, d.p.r. 23 gennaio 1973 n. 43, per l'opposizione
all'ingiunzione di pagamento dei diritti doganali, preclude al
contribuente ogni possibilità di contestazione della pretesa tri
butaria, rendendo definitivo l'accertamento contenuto nell'in
giunzione non opposta. (2) È improponibile, per carenza d'interesse, la domanda giudiziale
di accertamento negativo circa l'astratta applicabilità della tas
sa portuale di sbarco e imbarco, quando, in seguito al sorgere del contestato rapporto tributario ed al conseguente concretiz
zarsi della pretesa fiscale, venga anche proposta opposizione avverso l'atto ingiuntivo dell'ufficio doganale per il pagamento del tributo. (3)
Sono manifestamente infondate le questioni di legittimità costitu
zionale dell'art. 82 d.p.r. 23 gennaio 1973 n. 43: a) relativa
mente al 2° comma, che prevede un termine abbreviato (quin dici giorni) per l'opposizione all'ingiunzione di pagamento dei
diritti doganali, in riferimento agli art. 3 e 23 Cost.; b) nella
parte in cui non prevede l'obbligo di una specifica menzione, nell'atto ingiuntivo per il pagamento del tributo, circa la pro
ponibilità dell'opposizione nel breve termine di quindici giorni, in riferimento all'art. 24 Cost. (4)
La tassa portuale di sbarco e imbarco non è dovuta nei porti nei quali non opera, per il relativo servizio, un 'azienda dei mezzi
meccanici. (5)
Svolgimento del processo. — Con citazione del 2 ottobre 1979
la s.p.a. Saras conveniva in giudizio davanti al Tribunale di Ca
gliari l'amministrazione finanziaria dello Stato e l'Azienda dei
mezzi meccanici e dei magazzini del porto di Cagliari e chiedeva
una pronuncia di accertamento negativo sull'applicabilità alle merci
imbarcate e sbarcate nell'approdo di Sarroch della tassa prevista dalla 1. 5 maggio 1976 n. 355, che aveva esteso al porto di Caglia ri un tributo sulle merci in movimento istituito con la 1. 9 feb
(1) I risultati dell'indagine circa la natura giuridica della tassa di sbarco e imbarco (erariale e portuale) trovano sostanziale conferma in Cass. 10
novembre 1984, n. 5684, Foro it., Rep. 1984, voce Dogana, n. 22, che, escludendo la riconducibilità alle nozioni di diritto di confine e di impo sta doganale, configura il tributo considerato in termini di diritto correla to a prestazioni pubblicistiche nelle aree portuali.
Più specificamente, la natura di diritto doganale e la conseguente ap plicabilità della normativa del d.p.r. 43/73 (nella specie, gli art. 78 e
79, relativi all'istituto del credito doganale) sono decisamente sostenute da T.A.R. Friuli-Venezia Giulia 16 gennaio 1976, n. Ill, id., 1976, III, 512, 521 s., con nota di richiami.
(2) Sul punto, in giurisprudenza, non si registrano incertezze: la peren torietà del termine di cui all'art. 82, 2° comma, d.p.r. 43/73, è stata recentemente ribadita dalla Cassazione; cfr. sent. 24 luglio 1986, n. 4741, Foro it., Rep. 1986, voce Dogana, n. 81, e 30 novembre 1985, n. 5985,
id., 1986, I, 2234, con nota di richiami.
(3) Non constano precedenti in termini.
Sulla proponibilità in astratto della domanda di accertamento negativo circa l'applicabilità di un tributo, si hanno significativi interventi delle
sezioni unite: per le controversie escluse dalla giurisdizione delle commis sioni tritutarie, in quanto non attinenti alle imposte comprese nel novero
dell'art. 1 1. 26 ottobre 1972 n. 636, cfr. sent. 1° aprile 1987, n. 3107, Foro it., 1987, I, 1040, con nota di richiami; invece, per le controversie
devolute al giudice tributario, l'improponibilità assoluta è sostenuta nella
decisione 3 febbraio 1986, n. 660, id., 1986, I, 1902, con nota di S. Di
Paola.
(4) La conformità dell'art. 82 d.p.r. 43/73, ai principi costituzionali
(art. 23 , 24 e 113) ha già costituito oggetto di verifica da parte della
Cassazione (cfr. sent. 4741 e 5985, già richiamate).
(5) Non constano precedenti in termini.
Il Foro Italiano — 1988.
braio 1963 n. 82. Con successivi distinti atti di citazione la stessa
società dichiarava, nei confronti delle medesime convenute, di op
porsi alle ingiunzioni fiscali nel frattempo emesse nei suoi con
fronti dall'ufficio di dogana di Cagliari per il pagamento di detto tributo e chiedeva che venisse dichiarata illegittima la pretesa im
positiva e in ogni caso la natura di imposta suppletiva del tributo
stesso.
Con distinti atti di citazione la soc. Agip conveniva in giudizio le stesse parti dichiarando di opporsi alle ingiunzioni fiscali noti
ficate per lo stesso tributo ed assumendo le stesse conclusioni
della soc. Saras.
Con sentenza in data 29 ottobre 1981 il tribunale dichiarava
improponibile la domanda di accertamento negativo per carenza
di interesse concreto, e inammissibili le opposizioni proposte ol
tre la scadenza del termine; dichiarava poi il difetto di legittima zione passiva dell'Azienda mezzi meccanici. Accoglieva invece le
opposizioni proposte nei termini, dichiarando non dovute le som
me perché l'approdo di Sarroch non poteva considerarsi compre so nel porto di Cagliari.
A seguito di appello della Saras e dell'amministrazione finan
ziaria, la corte di Cagliari confermava le predette statuizioni del
tribunale. Osservava la corte, in ordine alle varie questioni pro
spettate con i motivi di gravame: a) che la pronuncia di impropo nibilità della domanda di accertamento negativo sull'esistenza di
un'obbligazione d'imposta doveva intendersi come dichiarazione
di assorbimento, tendente a rilevare la inutilità di un'ulteriore
pronuncia in astratto e per il futuro sullo stesso tema che aveva
formato oggetto delle singole concrete controversie insorte tra le
parti; b) che correttamente il primo giudice aveva ritenuto l'im
pugnabilità delle ingiunzioni emesse dalla dogana di Cagliari en
tro il termine perentorio di quindici giorni previsto dall'art. 82
t.u. leggi doganali (d.p.r. 23 gennaio 1973 n. 43) in quanto la
tassa di cui trattasi, anche se non qualificabile come tributo do
ganale in senso proprio (in quanto applicabile su tutte le merci
sbarcate o imbarcate in certi porti, indipendentemente dalla loro
provenienza o destinazione), non poteva essere riscossa dagli uf
fici della dogana se non con le procedure previste dalle leggi che
li riguardano e adottando gli unici atti che la legge attribuisce
alla loro competenza; c) che il richiamo contenuto nelle ingiun zioni notificate all'art. 82 t.u. leggi doganali, che prevede il ter
mine perentorio suddetto di quindici giorni, consentiva al contri
buente di aver conoscenza della sua facoltà di proporre opposi zione entro detto termine breve, senza possibilità di errore né
di confusione con il termine di trenta giorni, pure menzionato
nelle ingiunzioni, per il pagamento; d) che non erano ravvisabili
i profili di incostituzionalità denunziati né quanto alla particolare brevità del termine (giustificata per il fatto che si tratta di ingiun zioni dirette ad una categoria ristretta di contribuenti che devono
essere bene informati dei loro obblighi verso l'erario); e) che non
era ravvisabile lesione del principio di cui all'art. 23 Cost, in quanto il principio della riserva di legge in materia tributaria non esclude
che un tributo, imposto con una legge, venga poi in concreto
pagato da un contribuente non debitore, per un atto impositivo errato e non contestato; f) che esattamente il tribunale aveva esclu
so la natura di imposta o tassa suppletiva, poiché l'imposizione tributaria di cui alle ingiunzioni opposte non aveva, come neces
sario, la caratteristica di correggere errori o omissioni dell'ufficio
in sede di liquidazione, ma riguardava un tributo speciale diverso
dall'imposta doganale e di carattere principale. Avverso questa sentenza ha proposto ricorso per cassazione la
Saras s.p.a., sulla base di sei motivi, cui resiste con controricorso
l'amministrazione finanziaria dello Stato, la quale a sua volta
ha proposto ricorso incidentale, contro la Saras e principale con
tro l'Agip, sulla base di unico e uguale motivo. La s.p.a. Agip resiste con controricorso, La Saras e l'amministrazione finanzia
ria hanno presentato memoria.
Motivi della decisione. — A norma dell'art. 335 c.p.c. va di
sposta la riunione tra tutti i ricorsi, principali ed incidentale, pro
posti avverso la medesima sentenza.
I. - A) Ha precedenza logica l'esame del terzo motivo del ricor
so principale, con il quale la Saras, deducendo (ai sensi dell'art.
360, n. 3, c.p.c.) violazione e falsa applicazione dell'art. 82 d.p.r. 23 gennaio 1973 n. 43 (t.u. leggi doganali) e dell'art. 3 t.u. 14
aprile 1910 n. 639, impugna la decisione della corte di Cagliari che ha ritenuto applicabile il termine breve di quindici giorni pre visto nel citato art. 82, anziché quello ordinario di trenta giorni
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2655 PARTE PRIMA 2656
previsto nell'art. 3 1. 639/10 (contenente la disciplina generale della riscossione coattiva delle entrate patrimoniali dello Stato), sul presupposto che la tassa portuale riscossa dallo Stato ai sensi
della 1. 5 maggio 1976 n. 355 a beneficio delle aziende dei mezzi
meccanici sia, se non uri tributo doganale, una tassa relativa ad
operazioni doganali, come tale riscossa dagli uffici doganali, te
nuti ad uniformarsi alle procedure di riscossione previste dalle
leggi che li riguardano. Le argomentazioni che la Saras svolge con tale mezzo di ricorso e che ha poi sviluppato in memoria, sono: a) che la tassa portuale, distinta dalla tassa erariale di sbar
co e dai diritti di confine, non è un tributo doganale in senso
proprio, come del resto riconosciuto dalla stessa sentenza impu
gnata, in quanto applicata su tutte le merci quale che sia la loro
provenienza e destinazione; b) che è da escludere anzi la stessa
sua natura di tributo, perché, essendo essa applicabile solo in
certi porti determinati dalla legge, manca del requisito — essen
ziale per le imposte e tasse — della generalità; c) che anche a
ritenerla tributo, è da escludere la legittimità della riscossione a
mezzo della dogana perché l'art. 35 legge doganale affida a tale
ufficio l'applicazione e la riscossione secondo la procedura previ sta dall'art. 82 solo quando si tratti di diritti doganali e sempre che le leggi che riguardano tali diritti non dispongano diversa
mente; d) che anche se le leggi parlano di tasse portuali, si tratte
rebbe, come dice testualmente la 1. n. 355 del 1976 nella sua tito
lazione, di «benefici», concessi (come risulta anche dai lavori pre
paratori di tale legge) alle aziende dei mezzi meccanici (e prima
agli enti portuali) al fine di potenziare l'organizzazione delle ope razioni di sbarco e imbarco in taluni porti, in corrispettivo dei
servizi resi mediante le operazioni di carico e scarico delle merci,
e perciò di diritti, anche se di natura pubblica (in quanto correla
ti a prestazioni pubblicistiche erogate nelle aree portuali), ma non
di diritti doganali; e) che ciò sarebbe confermato dal fatto che
la misura di detti diritti è determinata «in relazione ai costi medi
di gestione dei servizi resi e alla natura delle merci sbarcate e
imbarcate (come precisato nei d.p.r. 13 marzo 1974 e 12 maggio
1977); inoltre f) dal fatto che è possibile in alternativa anche il
versamento nella tesoreria provinciale a mezzo marche o in conto
corrente, secondo disposizioni (contenute nel d.m. 10 febbraio
1976) che, derogando alle regole generali, rendono per altro ver
so inapplicabile l'art. 82 cui l'art. 35 legge doganale rinvia solo
qualora non esistano disposizioni speciali. Sostiene ancora la Sa
ras g) che nessun particolare interesse avrebbe del resto lo Stato
ad avvalersi della procedura rapida di cui all'art. 82 piuttosto che di quella generale di cui alla 1. 639/10 (che la sentenza n.
43/81, Foro it., Rep. 1981, voce Fabbricazione (imposta), n. 10, della Suprema corte ha limitato ai tributi di sicura natura doga
nale), dato che esso percepisce solo un terzo delle tasse portuali, essendo gli altri due terzi di esse devolute alle aziende dei mezzi
meccanici (art. 2 1. 355/76). Fa infine rilevare la Saras h) che
è comunque errata l'affermazione della corte di Cagliari, secon
do sui è applicabile la procedura ed il termine di cui all'art. 82
legge doganale perchè le modalità di riscossione coattiva dei tri
buti non possono essere che quelle proprie dell'amministrazione
che procede alla riscossione, dal momento che nel nostro sistema
le modalità di riscossione coattiva non sono affatto stabilite in
funzione delle caratteristiche proprie degli uffici che procedono alla riscossione, ma delle caratteristiche dei tributi da riscuotere.
Il motivo è infondato. La 1. 9 febbraio 1963 n. 82, concernente
la revisione di «tasse e diritti marittimi», al titolo II istituì' (capo
I) la tassa erariale di sbarco sulle merci provenienti dall'estero
anche se in transito; e, al capo III, una tassa portuale sulle merci
sbarcate in taluni porti specificamente indicati, ai quali altri ven
nero aggiunti con successive specifiche leggi di estensione. Il d.l.
26 febbraio 1974 n. 47 (convertito, con modifiche, nella 1. 16
aprile 1974 n. 117), emesso al fine di adottare un nuovo e diverso
sistema di tassazione correlato allo sbarco delle merci nei porti
(e aeroporti), compatibile con la disciplina comunitaria nel frat
tempo divenuta operante, nel sopprimere la tassa prevista per le
merci in transito (provenienti o dirette verso l'estero), confermò, oltre alla tassa erariale di sbarco, la tassa portuale sullo sbarco
e imbarco nei porti indicati dalla 1. n. 82 del 1963 e successive
modificazioni e ad essa assoggettò anche le merci in transito, non
assoggettabili a dazio doganale in base alle norme Cee. Il citato
art. 2, al 3° comma, stabili inoltre i criteri per la determinazione
e la modificazione delle aliquote delle tasse di cui al capo II, titolo II della 1. 9 febbraio 1963 n. 82 e successive modificazioni
(cioè delle tasse portuali dovute nei porti determinati per legge),
li Foro Italiano — 1988.
nonché per la devoluzione degli introiti agli enti beneficiari (enti autonomi portuali e, poi, aziende per i mezzi meccanici).
La natura tributaria di simili imposizioni non può essere seria
mente posta in dubbio, stante la espressa qualificazione in tale
senso data dalle norme sopra ricordate (che rese poi necessaria
l'abrogazione delle disposizioni concernenti le merci in transito,
provenienti dall'estero e destinate all'importazione temporanea,
contenute nell'art. 27 1. 82/63): sia la tassa erariale, sia la tassa
portuale hanno natura corrispondente a tale espressa loro deno
minazione, e non di imposte o dazi doganali, perché correlate
a prestazioni pubblicistiche che trovano il loro presupposto nel
fatto obiettivo della movimentazione delle merci per effetto delle
operazioni di sbarco e imbarco (sez. un. 5684/84, id., Rep. 1984,
voce Dogana, n. 22). Esse gravano in pari misura su tutte le mer
ci sbarcate e imbarcate, anche se provenienti dall'estero (e per
tali ragioni la citata sentenza n. 5684/84 potè escludere che dal
l'applicazione di essa derivi violazione dei principi comunitari).
La natura di tributo non può essere poi esclusa per il fatto che
la tassa portuale sarebbe priva del carattere di generalità in quan
to limitata solo a taluni porti e devoluta a favore di taluni enti,
dal momento che la sua generalità di applicazione in relazione
alle ricordate prestazioni pubblicistiche e in occasione di opera
zioni doganali non è esclusa dal fatto che utenti di tali prestazio
ni, per ciò obbligati al pagamento dei diritti doganali, siano solo
una particolare categoria di soggetti, quelli cioè che eseguono ope
razioni di sbarco e imbarco in uno dei porti indicati dalla legge. La devoluzione (per due terzi) alle aziende dei mezzi meccanici
dell'importo delle tasse portuali riscosse (che invece vengono per
intero incassate dallo Stato quando si tratta della tassa erariale
di sbarco) si giustifica per il fatto che dette aziende assicurano
lo svolgimento delle operazioni di sbarco e imbarco delle merci,
che sono prestazioni pubblicistiche perché si svolgono nelle aree
portuali, con relativi impianti (pontili, banchine, ecc.), consen
tendo la realizzazione di finalità che sono certamente di carattere
statuale, perché affidate alla cura delle capitanerie di porto, a
spese del ministero dei lavori pubblici (art. 122 r.d. 26 settembre
1904 n. 713). Ma al tempo stesso si giustifica che lo Stato, a
mezzo della dogana, trattenga il residuo terzo del ricavato della
tassa portuale, trattandosi di diritti marittimi dovuti allo Stato — unico titolare del potere di accertare e riscuotere la tassa —
e precisamente alla dogana dello Stato, per il fatto che esso ero
ga, a mezzo delle aziende, un servizio in occasione di operazioni
che si svolgono in zone demaniali e che devono essere qualificate,
ai sensi dell'art. 18 legge doganale, come operazioni doganali;
con conseguente facoltà di riscossione a mezzo degli uffici doga
nali competenti, come ha già avuto modo di precisare questa cor
te nella citata sent. n. 5684 delle sezioni unite, nell'affermare che
gli enti beneficiari del tributo hanno solo un diritto di credito
verso la Stato, unico titolare del potere impositivo, per la parte di tributo loro destinata per legge. Anche perciò se non si tratta,
per quanto riguarda la tassa portuale, di tributo erariale (imposta
doganale), i diritti che lo Stato fa valere sulle merci sbarcate e
imbarcate nei porti indicati dalla legge per il fatto obiettivo della
movimentazione sono diritti doganali, secondo la definizione con
tenuta nel citato art. 18 legge doganale, soggetti a riscossione
da parte degli uffici doganali. Trattandosi di diritti doganali, poi, e non essendo prevista una disciplina particolare per la loro ri
scossione, trova diretta applicazione, ai sensi dell'art. 35 legge
doganale, l'art. 82 stessa legge, che appunto autorizza detti uffici
ad avvalersi per la riscossione di detti diritti della procedura ese
cutiva di cui alla 1. 639/10, con riduzione tuttavia (art. 82, cpv.) a quindici giorni del termine per proprre opposizione avverso l'in
giunzione emessa dal contabile doganale, ai sensi dell'art. 82, 1°
comma.
Per quanto poi concerne gli argomenti addotti dalla Saras sub
d) ed e), ad escludere la natura doganale dei diritti per cui è
causa non è sufficiente la dizione «benefici» che si legge nella
1. 355/76, perché proprio di benefici si tratta quando i diritti ri
scossi dallo Stato vengono devoluti pro quota agli enti cui con
cretamente è affidato l'esercizio del compito istituzionale della
capitaneria di porto di provvedere con le apposite attrezzature
e gli opportuni mezzi meccanici, alle operazioni di sbarco e im
barco; cosi come coerente con il predetto carattere corrispettivo del servizio assicurato è la commisurazione della tassa portuale ai
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2657 GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE 2658
costi medi di gestione del servizio e alla natura delle merci. Viene
a cadere, conseguentemente, anche l'argomentazione sub g), che, cioè trattandosi di meri benefici e non di diritti doganali, non
si giustificherebbe il ricorso alla procedura abbreviata ex art. 82
legge doganale; mentre, quanto all'argomento sub f), è agevole osservare che non giova alla tesi della ricorrente la possibilità, riconosciuta al contribuente, di versamento alla tesoreria provin ciale in conto corrente o a mezzo marche, trattandosi pur sempre di versamenti (d.m. 10 febbraio 1976 in G.U. 8 marzo 1976, n.
62) diretti all'ufficio doganale e intestati al ricevitore doganale.
L'argomentazione sub h) infine potrebbe essere esatta solo se la
corte di merito avesse qualificato (tautologicamente) i diritti in
questione come tassa doganale per il solo fatto che la riscossione
avviene a mezzo degli uffici doganali, laddove essa, nel rilevare
la natura doganale della tassa, ha affermato la competenza per tale ragione degli uffici doganali alla ricossione e quindi l'appli cabilità della procedura di cui all'art. 82 legge doganale. In ogni caso le sopra esposte considerazioni valgono, per quanto occorre, ad integrare la motivazione del giudice di merito ai sensi dell'art.
384, cpv., c.p.c., ferma restando la esattezza della decisione, che
cioè erano improponibili, perché tardive rispetto al termine di
quindici giorni di cui all'art. 82, le opposizioni alle ingiunzioni doganali della Saras.
B) Da tale improponibilità la corte di Cagliari ha fatto poi discendere anche l'irretrattabilità e incontestabilità della pretesa tributaria. E contro tale affermazione si appunta la censura di
cui al quarto motivo di ricorso, con cui si deduce violazione e
falsa applicazione (art. 360, n. 3, c.p.c.) dell'art. 82 legge doga nale e di tutte le norme e principi in materia d'ingiunzione fisca
le; censura che è anch'essa palesemente infondata alla stregua della costante giurisprudenza di questa Suprema corte, secondo
cui l'ingiunzione fiscale costituisce ad un tempo atto formale di
accertamento dell'imposta e atto iniziale del procedimento coatti
vo di riscossione e perciò non esclusivamente atto di esecuzione
forzata della pretesa tributaria, cosicché non può ritenersi che
la scadenza del termine esaurisce i suoi effetti nell'ambito della
procedura esecutiva, senza determinare la definitività dell'accer
tamento, con presunzione di legittimità della pretesa tributaria.
L'inutile decorso del termine di quindici giorni previsto per l'op
posizione all'ingiunzione in materia doganale preclude perciò al
contribuente ogni possibilità di contestazione della pretesa tribu
taria, rendendo definitivo l'accertamento contenuto nell'ingiun zione non opposta (specificamente, Cass. 12 novembre 1974, n.
3561, id., Rep. 1974, voce cit., n. 56; inoltre, Cass. 12 febbraio
1981, n. 856, id., Rep. 1981, voce cit., n. 41, e numerose altre).
Superati il terzo e quarto motivo del ricorso, che investono
la questione di fondo proposta con il ricorso principale, si rivela
chiaramente l'infondatezza, sotto vari aspetti, degli altri motivi
del ricorso stesso.
C) Col primo mezzo si deduce violazione di legge e falsa appli cazione dell'art. 112 c.p.c. (in relazione all'art. 360, nn. 3 e 4,
c.p.c.) e si sostiene che la domanda di accertamento negativo sul
l'applicabilità del tributo in questione alle merci sbarcate nell'ap
prodo di Sarroch era stata proposta in via autonoma rispetto alle
opposizioni alle ingiunzioni successivamente notificate alla Saras
e come tale era stata esaminata e decisa dal tribunale, sia pure in senso sfavorevole, cosicché la pronuncia di assorbimento emessa
dalla corte, dopo la riunione tra il procedimento relativo alla do
manda di accertamento negativo e quelli relativi alle varie oppo
sizioni, alcune tempestive ed altre tardive rispetto al termine di
quindici giorni di cui all'art. 82 legge doganale, si concretava, almeno per le opposizioni ritenute tardive, in un rifiuto di pro
nunzia, essendo evidente l'interesse concreto ed attuale di essa
Saras ad ottenere la dichiarazione d'inapplicabilità dei diritti do
ganali proprio in una specie in cui la pretesa fiscale era divenuta
definitiva per la ritenuta tardività delle opposizioni. Senonché è da rilevare, in linea generale, ed in relazione a quelle
controversie tributarie in cui non operi la riserva a favore delle
commissioni tributarie prevista nella disciplina del contenzioso tri
butario di cui al d.p.r. 26 ottobre 1972 n. 636 (per le quali questa corte con la sentenza sez. un. 3 febbraio 2986, n. 660, id., 1986,
I, 1902, ha già avuto modo di affermare l'improponibilità dell'a
zione preventiva di accertamento negativo del debito d'imposta tanto davanti alle dette commissioni quanto davanti al giudice
ordinario), che non può ritenersi esistente un interesse concreto
ed attuale ad ottenere una decisione autonoma sulla domanda
di accertamento negativo, che tenda a paralizzare in prevenzione
Il Foro Italiano — 1988.
il potere impositivo e, conseguentemente, la facoltà di emettere
ingiunzioni fiscali per la riscossione dei tributi, dopo che non
solo sia sorto il contestato rapporto tributario (per essersi verifi
cato il presupposto dell'imposizione), ma sia anche stata azionata
la pretesa fiscale con l'ingiunzione, costituente, come si è visto, atto di accertamento del debito d'imposta, e avverso questa sia
stata dal contribuente proposta opposizione davanti al giudice. Una volta disposta infatti la riunione tra tali procedimenti, all'in
teresse alla dichiarazione di inapplicabilità del tributo in astratto
si sostituisce, fondendosi in essa (da cui l'assorbimento, corretta
mente ritenuto dalla corte d'appello), quello concreto alla dichia
razione di illegittimità dell'ingiunzione emessa; mentre, quanto alle opposizioni poi dichiarate dal tribunale improponibili perché oltre i termini ex art. 82 legge doganale, l'incontestabilità della
pretesa tributaria per ragioni di rito e preliminari derivata dalla
pronuncia di improponibilità emessa dallo stesso tribunale poteva essere rimossa solo impugnando tale dichiarazione d'improponi bilità e facendo dichiarare inapplicabile il termine perentorio di
quindici giorni lasciato scadere, cosi da fare venire meno la defi
nitivà dell'accertamento e non certo attraverso una dichiarazione
di astratta inapplicabilità del tributo (peraltro nella specie impli citamente affermata, relativamente alle altre opposizioni tempe stivamente proposte), destinata a restare priva di conseguenze sui
rapporti tributari divenuti definitivi. E comunque un interesse con
creto alla predetta astratta declaratoria non poteva essere ravvi
sato anche sotto il profilo che la pronuncia di improponibilità
dell'opposizione non intaccava il merito della pretesa tributaria,
pur essendo questa divenuta per altro verso definitiva.
D) Con il quinto motivo di ricorso la Saras denuncia l'illegitti mità costituzionale dell'art. 82 d.p.r. 23 gennaio 1973 n. 43 per contrasto con gli art. 3, 23 e 24 Cost. Anche tale censura è priva di fondamento e risulta corretta la decisione della corte di merito
che ha ritenuto tutte tali questioni manifestamente infondate.
Quanto infatti alla pretesa irragionevolezza della diversità di
disciplina circa i termini per proporre opposizione — di quindici
giorni per i diritti doganali e di trenta per le altre pretese fiscali
dello Stato azionate con la procedura di riscossione ai sensi della
1. 639/10 — che lederebbe il principio di uguaglianza di cui al l'art. 3 Cost., va ritenuto che, mentre in linea generale tale prin
cipio non esclude in materia tributaria la fissazione di termini
di impugnazione diversi e ridotti per determinate esigenze di set
tore (cfr. Cass., sez. un., 43/81, cit., in materia di imposta sugli
spiriti), la diversità di disciplina quanto alla minore durata del
termine per proporre opposizione nel caso di ingiunzione doga nale è giustificata dall'esigenza di assicurare rapidità di esazione
delle tasse portuali perché destinate prevalentemente a soddisfare
le esigenze di remunerazione dei servizi resi dalle aziende dei mez
zi meccanici, le quali operano con strutture imprenditoriali e con
seguono finalità economiche (in quanto enti pubblici economici), a tutela anche di interessi pubblici (al rapido e sicuro svolgimento delle operazioni doganali di sbarco e imbarco delle merci; ma
anche alla stessa riscossione, sia pure pro quota, dei diritti doga
nali), in vista dei quali specificamente è stata concessa la
riduzione alla metà dei termini di opposizione all'ingiunzione fiscale.
Quanto poi alla dedotta violazione del diritto di difesa garanti to dall'art. 24 Cost., perché l'art. 82 legge doganale non prevede
(come l'art. 641 c.p.c.) l'obbligo di menzionare nell'ingiunzione la facolta di proporre opposizione entro il termine abbreviato, va osservato che tale diritto risulta sufficientemente garantito at
traverso il richiamo all'art. 82 legge doganale sol che si consideri
che l'ingiunzione doganale è destinata a soggetti che operano pro fessionalmente nel settore e che perciò sono in grado di conoscere
la durata del termine concesso dalla legge per l'opposizione (ter mine che è in sé ragionevolmente ampio e tale da consentire l'e
sercizio del diritto di difesa). E nel caso in esame la corte di
merito ha appunto accertato che le ingiunzioni contenevano l'e
spresso richiamo all'art. 82, menzionato altresì (come del resto
lo stesso testo dell'art. 82 suggerisce) la procedura di riscossione
di cui alla 1. 639/10, che è quella applicabile anche in materia
di diritti doganali, con la sola abbreviazione a quindici giorni
del termine ordinario di trenta giorni per l'opposizione. Per quanto infine concerne la pretesa violaziohe del precetto
di cui all'art. 23 Cost., esattamente la corte di Cagliari ha rileva
to che le garanzie assicurate da tale norma attengono al campo della normazione e non possono perciò essere invocate per elude
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2659 PARTE PRIMA 2660
re le conseguenze derivanti dal mancato assolvimento dell'onere
di tempestiva opposizione avverso la pretesa fiscale azionata con
l'ingiunzione.
E) Infondato è poi anche il secondo motivo di ricorso con il
quale si decide, denunciando altra violazione dell'art. 112 c.p.c.,
in relazione ai nn. 3 e 4, dell'art. 360 c.p.c., che la corte d'appel
lo non avrebbe tenuto conto dell'annullamento pronunziato dal
T.A.R. Sicilia del d.p.r. 12 maggio 1977: a parte che il mancato
esame di simile deduzione non costituisce omissione di pronunzia in quanto il giudice non ha l'obbligo di dare conto in motivazio
ne di tutte le risultanze processuali, essendo sufficiente invece la
enunciazione delle ragioni che sorreggono la decisione, è risoluti
vo il rilievo fatto dall'amministrazione finanziaria secondo cui
quell'annullamento era comunque venuto meno per effetto di ri
forma della decisione del T.A.R. Sicilia da parte del Consiglio
di giustizia amministrativa che in sede di gravame, con sentenza
2 giugno 1983, n. 69 (id., Rep. 1983, voce Giustizia amministrati
va, n. 472), aveva ribadito la piena efficacia del citato d.p.r. del
1977.
F) È infine privo di consistenza anche il sesto motivo di ricor
so, con il quale si denuncia violazione e falsa applicazione del
l'art. 40 d.p.r. 26 ottobre 1972 n. 634, per avere la corte di Ca
gliari escluso che le tasse richieste con le ingiunzioni opposte aves
sero natura suppletiva, in quanto applicate in un momento
successivo, dopo la sospensione decisa in attesa del parere del
l'avvocatura erariale circa l'applicabilità del tributo alle merci mo
vimentate nell'approdo di Sarroch: si era qui in presenza non
già di una omissione da parte dell'ufficio e di successiva ripara
zione di tale omissione con un accertamento suppletivo, bensì'
di primo ed unico accertamento, sia pure ritardato, secondo quanto
ha accertato in punto di fatto, perciò insindacabilmente, il giudi
ce di merito.
Il ricorso principale della Saras è perciò totalmente infondato.
II. - Infondato è poi anche il motivo — unico — di ricorso
proposto dall'amministrazione finanziaria, in via incidentale av
verso la Saras e in via principale avverso la s.p.a. Agip, altra
società nei cui confronti era stato richiesto — e poi dalla corte
di merito dichiarato non dovuto — il pagamento della tassa por
tuale per operazioni di sbarco effettuate nell'approdo di Sarroch.
Sostiene l'amministrazione finanziaria, denunciando violazione
e falsa applicazione dell'art. 2 1. 5 maggio 1976 n. 355 nonché
degli art. 1 e 2 1. 9 ottobre 1967 n. 961, dell'art. 2 1. 10 ottobre
1974 n. 494 (in relazione all'art. 360, n. 3, c.p.c.), che erronea
mente la corte di Cagliari ha ritenuto rilevante — al fine di esclu
dere l'applicabilità della tassa portuale — la circostanza di fatto
che l'azienda meccanica del porto di Cagliari non avesse svolto
attività di sorta nell'approdo di Sarroch, costituente dipendenza
della capitaneria del porto di Cagliari, presso la quale detta azienda
ha per legge la propria sede legale. E ciò in quanto — secondo
la tesi dell'amministrazione finanziaria — ai sensi della 1. 10 otto
bre 1974 n. 494, recante modificazioni alla 1. 9 ottobre 1967 n.
961 istitutiva delle aziende dei mezzi meccanici, tali aziende, rico
nosciute ora come enti pubblici economici, possono essere auto
rizzate, oltre che ad assumere servizi e gestioni ulteriori rispetto
a quelli considerati nella legge istitutiva, ad espletare i loro com
piti anche «in altri porti rientranti nella circoscrizione territoriale
delle capitanerie di porto presso le quali le aziende hanno sede».
E pertanto, poiché la 1. 9 maggio 1976 n. 355 dispone che le
tasse portuali già applicate per la movimentazione di merci in
altri porti (gestiti da enti portuali) «sono dovute nei porti indicati
dalle disposizioni di cui alla 1. 9 ottobre 1967 n. 961 e successive
modificazioni», tra questi dovrebbero ricomprendersi anche «gli
altri porti rientranti nella circoscrizione territoriale delle capitane
rie di porto», e perciò, nel caso di specie, quello di Sarroch. Sem
pre secondo la ricorrente amministrazione non avrebbe rilevanza
il fatto che in tali altri porti le aziende concretamente non operi
no, essendo le tasse portuali dovute per il solo fatto della movi
mentazione oggettivamente considerato e non per il fatto dell'ef
fettiva esplicazione di servizi da parte dell'azienda.
A parte il rilievo che tale difesa risulta diversa da quella pro
spettata in sede di merito (tendente a fare ritenere compreso l'ap
prodo di Sarroch nell'ambito territoriale del porto di Cagliari sia
per ragioni geografiche sia per il fatto che amministrativamente
esso è un porto dipendente dalla capitaneria di Cagliari, presso
cui ha sede l'azienda dei mezzi meccanici) e rigettata dalla corte
li Foro Italiano — 1988.
di Cagliari con pronunzia che, non specificamente impugnata, deve considerarsi ormai definitiva per il giudicato interno forma
tosi su di essa, può osservarsi — in relazione a quanto dedotto
dalla stessa amministrazione nel resistere al ricorso principale sul
punto concernente la qualificazione della tassa portuale come di
ritto correlato a prestazioni pubblicistiche effettivamente prestate
nel porto mediante le operazioni di sbarco e imbarco delle merci — che la disciplina normativa risultante dalle leggi citate dall'am
ministrazione finanziaria non consente l'interpretazione da essa
proposta. Le aziende dei mezzi meccanici vennero istituite con la 1. n.
961 del 1967 in taluni porti nominativamente indicati e diversi
da quelli ove operavano gli enti autonomi portuali, per la gestio
ne delle attrezzature apprestate per lo svolgimento delle operazio
ni di sbarco e imbarco delle merci. Successive leggi modificative
aggiunsero altri porti in cui le aziende erano destinate ad operare.
La 1. 10 ottobre 1974 n. 494 infine, oltre a riconoscere alle dette
aziende (art. 1) la natura di enti pubblici economici, dispose al
l'art. 2, modificando e sostituendo l'ultimo comma dell'art. 2
1. 9 ottobre 1967 n. 961, che «le aziende possono essere autoriz
zate ad istituire ed esercitare altri servizi commerciali relativi al
porto e ad assumere la gestione di mezzi e impianti non di pro
prietà dello Stato, nonché ad espletare tutti i compiti sopra men
zionati anche in altri porti rientranti nelle capitanerie di porto
presso le quali le aziende hanno sede».
Non venivano in tale modo aggiunti, come per il passato, per
legge, altri e nuovi porti presso i quali si istituivano nuove azien
de; ma veniva prevista la possibilità per le aziende già esistenti
di chiedere l'estensione della loro attività, oltre che ad altri servi
zi e impianti nel porto di pertinenza, anche presso altri porti se
condari rientranti nella giurisdizione della capitaneria di porto.
La possibilità di chiedere e ottenere l'autorizzazione a tale esten
sione di attività non significava tuttavia estensione effettiva; e
del resto la stessa amministrazione ricorrente riconosce che, in
caso di mancata autorizzazione, per i porti dipendenti non vi era
attività delle aziende dei mezzi meccanici. La tesi sopra ricordata,
secondo cui i diritti doganali spettanti come tassa portuale sareb
bero dovuti anche per le operazioni che si svolgono in tali porti
secondari per il solo fatto della movimentazione anche se in que
sti dette aziende non operano, perché di fatto non autorizzate,
viene sviluppata in base al disposto dell'art. 1 1. 355/76 sostenen
dosi che tale norma nel devolvere alle aziende le tasse portuali
istituite con la 1. 82/63 e successive modificazioni (come sopra
riportate nell'esaminare il ricorso principale), le avrebbe conces
so, a favore delle aziende operanti nei porti istituiti con la 1. n.
961 del 1967 e successive modificazioni, non solo per le attività
svolte in tali porti istituiti per legge ma anche per i porti seconda
ri dipendenti dalle capitanerie di porto, anche se in questi esse
non abbiano avuto autorizzazione ad operare. Sennonché il testo dell'art. 1 1. 355/76, nel disporre che «sono
dovute le tasse portuali di cui al capo II, titolo II della 1. 9 feb
braio 1963 n. 82 e successive modificazioni» e poi che «la misura
delle anzidette tasse. . . sarà determinata per ciascuno dei porti interessati» con le procedure e i criteri indicati dalla 1. 47/74,
risulta del tutto chiaro nel senso che le tasse vengono dichiarate
dovute in relazione ai soli porti nei quali, con apposita legge, le aziende risultino costituite; e ciò sia perché le «successive mo
dificazioni» sono solo le modificazioni di legge, con riferimento
quindi ai soli porti ritenuti dal legislatore sufficientemente impor tanti da consigliare l'istituzione del servizio meccanico di sbarco
e imbarco delle merci, sia perché lo stesso importo delle tasse
viene determinato in relazione al costo medio di gestione e alla
natura delle merci rilevati nei porti interessati, a prescindere da
eventuali estensioni di attività delle aziende ad altri approdi o
porti secondari dipendenti, quanto meno nell'ipotesi in cui tale
estensione non risulti di fatto autorizzata (come nel caso in esame). D'altra parte proprio la correlazione sopra ritenuta, tra servizi
prestati e diritti doganali, al fine di qualificare come doganalil le operazioni di sbarco e imbarco delle merci affidate alle azien
de, conferma che la sola movimentazione, se non effettuata dai
soggetti che poi beneficiano dell'aliquota delle tasse portuali in
funzione dei servizi prestati e nei porti in cui questi concretamen
te operano, non costituisce idoneo presupposto per imporre, a
chi di tali servizi non si avvale, il pagamento della tassa.
In definitiva pertanto risulta corretta, anche sotto tale profilo, la decisione della corte di Cagliari, che, accogliendo le opposizioni
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
ad ingiunzione tempestivamente proposte dalla Saras e dall'Agip, dichiarò non dovute le tasse portuali pretese dalla dogana di Ca
gliari per l'approdo di Sarroch, estraneo all'ambito territoriale
del porto di Cagliari e per il quale l'Azienda dei mezzi meccanici di Cagliari non aveva avuto autorizzazione ad operare.
Anche il ricorso incindentale deve essere perciò rigettato.
CORTE DI CASSAZIONE; sezione lavoro; sentenza 17 novem
bre 1987, n. 8421; Pres. Valente, Est. Ponzetta P.M. Gaz zara (conci, conf.); Salvagno (Avv. D'Amati, Armando) c.
Cassa di risparmio di Cuneo (Aw. Menghini, Oliviero). Con
ferma Trib. Cuneo 27 novembre 1982.
Lavoro (rapporto) — Contratto a tempo determinato — Sostitu
zione di lavoratore assente per malattia — Prosecuzione della
malattia — Proroga — Legittimità (L. 18 aprile 1962 n. 230,
disciplina del contratto di lavoro a tempo determinato, art. 1, 2). Lavoro (rapporto) — Contratto a tempo determinato — Sostitu
zione di lavoratore assente per malattia — Rientro anticipato — Conseguenze (L. 18 aprile 1962 n. 230, art. 1, 2).
Costituisce esigenza imprevedibile che legittima la proroga del con
tratto a tempo determinato di un lavoratore stipulato per la
sostituzione di altro dipendente assente per malattia, il protrar si di quest'ultima per una durata ulteriore rispetto a quella ra
gionevolmente prevista al momento iniziale. (1) In caso di assunzione a termine di lavoratore in sostituzione di
altro assente per malattia — termine poi prorogato per un pe riodo ulteriore perdurando lo stato del sostituito — l'anticipa to rientro di quest'ultimo rispetto al previsto non determina
la trasformazione del contratto a tempo determinato in con
tratto a tempo indeterminato. (2)
(1-2) La giurisprudenza nella stagione della flessibilità: il contratto di lavoro a termine. (*)
Sommario: 1. La giurisprudenza sul contratto a termine e il dibattito sul la flessibilità. — 2. Il contratto di formazione e lavoro come contratto a tempo determinato. — 3 .Le decisioni sul diritto del lavoro dell'e
mergenza: le c.d. punte di attività ... — 4 .La problematica Rai. —
5. Casistica su questioni tradizionali: la forma del contratto, lo scorri mento del sostituto, l'impugnazione delle assunzioni illegittime. — 6. Casistica varia. — 7. I lettori universitari. — 8. Considerazioni di chiusura.
1. - Un tentativo di analisi delle decisioni dei giudici in tema di contrat to di lavoro a termine ha sicuramente cittadinanza nell'attuale dibattito sulla flessibilità. La critica rivolta alla giurisprudenza di aver contribuito ad accentuare gli aspetti di rigidità del sistema, rendendoli in alcuni mo menti insopportabili, non ha infatti risparmiato certamente la materia che ora ci interessa. A volte, anzi, si pensi alla vicenda dell'aeroporto di Roma di qualche anno fa, sarebbe stata proprio l'interpretazione iper garantista della normativa (1), perfino di una normativa di flessibilità quale quella sulle c.d. punte di attività del 1977, 1978, 1983 a stimolare un intervento legislativo ad hoc (1. 84 del 1986) nella direzione contraria.
2. - Non solo. Nella zona di influenza del contratto a termine passa l'istituto che forse anche nell'intenzione dei riformatori, sicuramente nei
fatti, ha il maggior rilievo ai fini dell'ammorbidimento di alcune garan zie, e non soltanto sotto il profilo, proprio del contratto di lavoro a tem
po determinato, della durata. Penso, naturalmente, al contratto di for mazione e lavoro (ed ai suoi precedenti), che la giurisprudenza nettamen te prevalente (2) considera avente natura di contratto a termine; di
(*) Relazione all'incontro dibattito su Flessibilità dei rapporti di lavoro tra leggi e contratti: il contratto di lavoro a termine, organizzato a Mila no il 1° giugno 1988 dal Centro nazionale studi diritto del lavoro «Dome nico Napoletano» - sezione di Milano, e dall'Associazione italiana per la direzione del personale - gruppo regionale lombardo.
(1) Fornita da Pret. Roma 2 gennaio 1985, Foro it., Rep. 1985, voce Lavoro (rapporto), n. 541.
(2) Cfr. i richiami contenuti nelle note a Pret. Pavia 3 giugno 1987 e Pret. Torino 1° dicembre 1986, Foro it., 1987, I, 2246 e 1938. Cfr., inoltre, Pret. Bologna 15 giugno 1987, Giur. it., 1988, I, 2, 1, con nota di M. Miscione, Qualificazione del contratto di formazione e lavoro.
Il Foro Italiano — 1988.
Motivi della decisione. — Silvia Salvagno, con il primo dei
due mezzi, cui ha affidato il ricorso, denuncia «violazione e/o
falsa applicazione di norme di legge: art. 2 1. 230/62; difetto di
motivazione su punto decisivo della controversia (art. 360, nn.
3 e 5, c.p.c.)». Ad illustrazione di questa censura la ricorrente
svolge argomenti nel senso che un sicuro errore inerisce alla moti
vazione del tribunale per aver ritenuto il configurarsi di esigenze
contingenti ed imprevedibili in quanto significato dall'acquisita certificazione 26 novembre 1981. Invero, solo se avesse stabilito
conseguenza ritenendone necessaria, ad substantiam, la stipulazione per iscritto, in mancanza della quale il rapporto si trasformerebbe a tempo indeterminato (3) e ritenendo dovuta a titolo risarcitorio la retribuzione
per tutto il periodo prefissato in caso di recesso anticipato del datore di lavoro. Ed a quest'ultimo riguardo credo sia utile segnalare come si stia verificando in aziende i cui dipendenti non sono assistiti da stabilità reale o obbligatoria del posto — pende una causa in materia avanti il Pretore di Stradella (4) — un uso anomalo della trasformazione in rap porto a tempo indeterminato del contratto di formazione e lavoro pro prio ad evitare tale pagamento; uso che merita attenzione anche alla luce dell'insufficienza sanzionatoria degli strumenti civilistici della frode alla
legge e dell'illiceità dei motivi, e alla luce delle oscillazioni esistenti in
giurisprudenza (v. i contrari enunciati del Pretore di Pavia (5) e del Tri bunale di Milano (6), quest'ultimo in tema di contratto con finalità for
mative) circa la tesi per la quale la trasformazione non escluderebbe l'o
peratività del termine come clausola di durata minima; tesi che, pure, adattata all'ipotesi prospettata, potrebbe dare dei risultati antifraudolenti.
3. - Ma entrerei ora nel vivo della problematica del contratto a termine tout court, per intenderci quella la cui natura giuridica è data come pre supposto. Naturalmente mi muoverò nella prospettiva del convegno, e
porrò quindi al centro dell'obiettivo la giurisprudenza che si è formata sulla normativa degli ultimi anni, quale parte del diritto dell'emergenza. Il diritto del riaggiustamento, come qualcuno (7) ha definito con un piz zico di polemica la legislazione recente, è stato infatti solo sfiorato dalle decisioni giudiziali.
Non vi è tanto, direi anzi che vi è poco. Segnalerei innanzitutto, per la sua importanza, l'adesione totale della Cassazione (8) alle numerose decisioni di merito (9), contraddette solo da qualche isolato enunciato (10), che restringono il sindacato giudiziale sui provvedimenti dell'ispettorato del lavoro autorizzativi di contratti a termine per i casi di c.d. punte di attività alle sole condizioni di legittimità dell'atto amministrativo; sin dacato che per il Pretore di Milano (11) non può essere esteso al merito
neppure nell'estrema frequenza del rilascio dell'autorizzazione. In questa prospettiva limitativa del controllo giudiziale si colloca una
Esistono, però, voci contrarie che danno credito alla tesi per la quale il contratto di formazione e lavoro contiene una clausola di durata mini ma (v. Trib. Milano 31 dicembre 1985, Foro it., Rep. 1986, voce Lavoro
(rapporto), n. 523, in una fattispecie regolata dalla 1. 79 del 1983) o che
sostengono trattarsi di negozio a causa mista (Pret. Como 8 gennaio 1988, Dir. e pratica lav., 1988, 1378).
(3) Cfr. le due note di richiami citate sub 2. Secondo Pret. Milano 20 novembre 1987, Orient, giur. lav., 1988, 227, e prima ancora, in una
ipotesi soggetta alla 1. 79 del 1983, Pret. Tivoli 26 marzo 1985, Foro
it., Rep. 1985, voce Lavoro (rapporto), n. 549, nel difetto di forma scrit ta il rapporto avrebbe, invece, la durata massima prevista dalla legge (ventiquattro mesi).
(4) Causa n. 68 del 1988, Mastronardi c. Soc. R.D.
(5) Pret. Pavia 3 giugno 1987, cit.
(6) Trib. Milano 31 dicembre 1985, cit.
(7) G. Pera, Sul processo di riaggiustamento del diritto del lavoro ita
liano, in Dir. lav., 1987, I, 112.
(8) Cass. 26 gennaio 1988, n. 645, Mass. giur. lav., 1988, 61, che ha
pure affermato che l'onere della prova della illegittimità spetta al lavora
tore; 9 luglio 1987, n. 5996, Orient, giur. lav., 1987, 955; 14 giugno 1986, n. 3988, Foro it., Rep. 1986, voce Lavoro (rapporto), n. 518, per esteso in Giust. civ., 1986, I, 2400, con nota di M. Marziani; 24 gennaio 1985, n. 336, Foro it., Rep. 1985, voce cit., n. 539, per esteso in Riv. it. dir.
lav., 1985, II, 336, con nota di M. Papaleoni. Cass., sez. un., 24 maggio 1988, n. 3577, Dir. e pratica lav., 1988, 1905, ha affermato la giurisdizio ne del giudice ordinario a conoscere della causa relativa alla validità di un contratto a termine autorizzato dall'ispettorato del lavoro e alla vali dità dell'autorizzazione. Per un primo commento a tale pronuncia, cfr. G. Mannacio, Problemi di giurisdizione sul contratto a termine, ibid., 1865.
(9) Cfr., ad es., tra le più recenti, Pret. Roma 26 gennaio 1986, Foro
it., Rep. 1986, voce Lavoro (rapporto), n. 567, per esteso in Riv. giur. lav., 1986, II, 85, con nota di M. D'Antona; Pret. Roma 30 aprile 1985, Foro it., Rep. 1985, voce cit., n. 540, per esteso in Giust. civ., 1985, I, 3238, con nota di Papaleoni.
(10) Pret. Roma 2 gennaio 1985, cit., e altre.
(11) Pret. Milano 18 marzo 1987, Orient, giur. lav., 1987, 395.
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