sezione I civile; sentenza 23 giugno 1988, n. 4279; Pres. F. F. Rossi, Est. Lipari, P. M.Donnarumma (concl. conf.); Faggin ed altri (Avv. Terzi) c. Comune di Udine; Comune di Udine(Avv. Mazzitelli) c. Faggin e altri. Cassa Pret. Udine 6 agosto 1983Source: Il Foro Italiano, Vol. 112, PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE(1989), pp. 803/804-811/812Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23183859 .
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PARTE PRIMA
base ad un elemento formale, quindi scevro da incertezze nella
pratica applicazione della norma. Inoltre, è cosi rispettato il prin
cipio che la qualificazione della sentenza, ai fini della scelta dei
modi e termini dell'impugnazione, va operata sulla base del mo
do in cui il giudice a quo ha esercitato il proprio potere di co
gnizione. Deriva da ciò, che vanno per contro ricondotte al n. 4 del 2°
comma dell'art. 279 c.p.c. tutte le sentenze che, non decidendo
totalmente il merito, neppure concludono il procedimento, in quan to alla decisione di una parte dell'oggetto del giudizio (questione,
capo di domanda, domanda autonoma) non si accompagna, do
ve pure sarebbe possibile, un provvedimento di separazione.
Questa interpretazione della disposizione contenuta nel n. 4 del
l'art. 279, 2° comma, non incontra insormontabili ostacoli dal
punto di vista letterale.
Al riguardo è sufficiente rilevare che, in dottrina, si è potuta condurre la dimostrazione che il termine «questioni», presente nel n. 4, ha valore di domanda, quando lo si collochi nell'ambito
della norma che risulta dal collegamento con il n. 3, giacché lo
stesso termine, nell'ambito della norma che risulta dal collega mento con il n. 2, sta ad individuare la questione di merito po tenzialmente idonea a definire il giudizio, ma decisa nel senso
di non comportare una tale definizione.
Ancora nello spirito del rilevare la compatibilità tra interpreta zione accolta e formulazione letterale delle disposizioni aventi at
tinenza con il problema che si esamina, deve essere rilevato come
la sentenza parzialmente definitiva su domanda, cui si è conside
rato aver riguardo l'art. 279, 2° comma, n. 4, c.p.c. (e già il
3° comma dell'originario testo dell'art. 279), è stata in dottrina
ritenuta potersi avere sia nel caso di decisione su una tra più cause riunite in unico procedimento sia nel caso di decisione su
uno tra più capi di domanda inerenti ad una sola causa, attingen do tale risultato dal collegamento con l'art. 277, cpv., c.p.c.: di
sposizione, quest'ultima, che, in dottrina, ha potuto essere intesa
sia nel senso di riferirsi solo al caso di più domande inerenti ad
un'unica causa, sia in quello di riferirsi anche a quello di più domande connesse.
Questa intepretazione, d'altro canto, appare rispettosa delle li
nee fondamentali del sistema. Invero, attribuendo alle parti la
possibilità di impugnare immediatamente la sentenza parzialmen te definitiva, l'ordinanza ha consentito ad esse di valutare se sus
sisteva un interesse a rimuovere quella decisione prima della
conclusione del procedimento. Esso resta non di meno orientato
a mantenere l'originario collegamento delle domande nell'unico
procedimento e ad assicurare l'unità del procedimento nelle fasi
di gravame, come si desume sia dal mantenimento del principio tendenziale enunciato al 1° comma dell'art. 277 c.p.c. sia dalla
facoltatività dell'impugnazione immediata.
Orbene, è congruo a questa impostazione, che la cessazione
del collegamento delle domande nell'unico procedimento derivi
da un esercizio da parte del giudice della facoltà di separazione, invece d'essere considerato come un effetto normativamente ri
collegato all'esercizio del diverso potere di decidere una delle di
verse domande propostagli prima delle altre.
L'amministrazione ricorrente ha però osservato, richiamandosi
alla sentenza 4 giugno 1981, n. 3605 (id., Rep. 1981, voce cit., n. 58) di questa corte, che ogni sentenza dovrebbe essere conside
rata definitiva quando assuma ad oggetto di decisione una parte della materia da decidere, senza che ciò sia consentito dagli art.
278 e 279, 2° comma, n. 4, c.p.c. Ciò varrebbe a rendere definiti
va e perciò immediatamente impugnabile la sentenza della corte
d'appello, che, non sospendendo di decidere sulla domanda di
risarcimento anche per quanto riguarda il danno patrimoniale, avrebbe illegittimamente frazionato il procedimento decisorio.
La soluzione indicata nella sentenza 4 giugno 1981, n. 3605
cit., non sembra coerente con il sistema. Una volta che l'ordina
mento processuale conosce la sentenza che decide una questione senza concludere il procedimento, la pronuncia di una tale sen
tenza fuori dei casi in cui possa dirsi consentito, non dovrebbe
valere a sottrarla al regime dell'impugnazione delle sentenze non
definitive, ma solo rilevare ai fini della denuncia dell'errore pro cessuale compiuto dal giudice.
Peraltro, nel caso in esame, la norma che non sarebbe stata
osservata neppure è quella dettata dall'art. 279, 2° comma, n.
4, c.p.c.
Invero, la possibilità di domandare al giudice civile la condan
na al risarcimento del solo danno patrimoniale (Cass. 31 gennaio
Il Foro Italiano — 1989.
1967, n. 286, id., Rep. 1968, voce Responsabilità civile, n. 115) vale a qualificare la pronuncia resa su tale punto, in un giudizio in cui sia stato chiesto anche il danno non patrimoniale, come
sentenza resa su capo di domanda e quindi come sentenza non
definitiva alla stregua dello stesso dettato dell'art. 279, 2° com
ma, n. 4, c.p.c. Non attiene invece alla qualificazione della sentenza, ma al con
tenuto della decisione ed al (precluso) esame dei motivi di ricor
so, lo stabilire se il giudice della causa, cui sia richiesto anche
il risarcimento del danno non patrimoniale, dopo aver fatto rap
porto al procuratore della repubblica, debba soprassedere alla de
cisione, quanto alla responsabilità per il dannno patrimoniale, in attesa che sia iniziata l'azione penale, per ciò che la cognizione del reato è in grado di influire anche sulla decisione relativa a
quel capo della domanda.
In conclusione, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile
perché proposto contro decisione non suscettibile di impugnazio ne immediata.
CORTE DI CASSAZIONE; sezione I civile; sentenza 23 giugno
1988, n. 4279; Pres. F. E. Rossi, Est. Lipari, P. M. Donna
rumma (conci, conf.); Faggin ed altri (Aw. Terzi) c. Comune
di Udine; Comune di Udine (Avv. Mazzitelli) c. Faggin e al
tri. Cassa Pret. Udine 6 agosto 1983.
Procedimento civile — Procura «ad litem» — Conferimento con
atto diverso da quelli indicati dalla norma — Validità — Con
dizioni — Fattispecie (Cod. proc. civ., art. 83, 125, 156).
La procura apposta in calce ad un atto diverso da quelli elencati
all'art. 83 c.p.c. deve ritenersi idonea a raggiungere lo scopo di instaurare un valido rapporto processuale se detto atto sia
depositato al momento della costituzione in giudizio e la con
troparte non abbia sollevato specifiche contestazioni sulla rego larità del mandato (nella specie, il procuratore incaricato da
una pluralità di soggetti di sollevare opposizione ad ordinanze
ingiunzioni, aveva depositato un unico ricorso collettivo per tutti gli opponenti richiamando in esso le procure che ogni sin
golo opponente aveva conferito in un proprio ricorso indivi
duale, tutti depositati in cancelleria col fascicolo di parte). (1)
(1) La giurisprudenza della Cassazione — confermata anche dalla sen tenza in epigrafe che ha dedicato al tema una sin troppo ampia riflessione — può oramai dirsi orientata prevalentemente ad attenuare il rigore del tenore letterale dell'art. 83, 2° comma, c.p.c., sebbene ciò ancora non costituisca un indirizzo costante. Conf. Cass. 3 dicembre 1985, n. 6048, Foro it., Rep. 1985, voce Procedimento civile, n. 58; 7 novembre 1983, n. 6571, id., Rep. 1984, voce cit., n. 50; 17 giugno 1983, n. 4179, id., Rep. 1983, voce cit., n. 55; 12 luglio 1979, n. 4060, id., Rep. 1979, voce
cit., n. 106; 8 settembre 1977, n. 3930, id., Rep. 1977, voce cit., n. 70. Il principio è stato applicato in particolare all'ipotesi di conferimento della procura sulla copia notificata del ricorso e pedissequo decreto nel
procedimento monitorio: Cass. 15 febbraio 1985, n. 1309, id., Rep. 1985, voce Ingiunzione (procedimento), n. 36; 15 maggio 1982, n. 3034, id., Rep. 1982, voce cit., n. 22.
Molto numerosi sono i procedimenti conformi alla sentenza riportata, nell'ipotesi in cui la procura per il giudizio di appello sia stata conferita sulla copia notificata della sentenza di primo grado; v. Cass. 14 febbraio
1987, n. 1685, 15 gennio 1987, n. 240, id., Rep. 1987, voce Procedimento
civile, nn. 54, 55; 3 maggio 1986, n. 3009, 15 aprile 1986, n. 2651, 8 febbraio 1986, n. 789, id., Rep. 1986, voce cit., nn. 35, 39, 40; 22 feb braio 1985, n. 1591, id., Rep. 1985, voce cit., n. 61; 17 novembre 1983, n. 6838, 24 giugno 1983, n. 4335, id., Rep. 1983, voce cit., nn. 52, 53; 17 novembre 1982, n. 6155, 15 settembre 1982, n. 4887, id., Rep. 1982, voce cit., nn. 51, 54, entrambe per altra parte in Foro it., 1983, I, 353 e 704; 12 dicembre 1979, n. 6482, 14 maggio 1979, n. 2786, id., Rep. 1979, voce cit., nn. Ili, 113; 6 agosto 1977, n. 3571, id., 1977, I, 2139, con nota di richiami; cui adde Cass. 4 marzo 1980, n. 1466, id., Rep. 1980, voce cit., n. 81. In senso contrario all'indirizzo prevalente si è espressa Cass. 26 settembre 1986, n. 5970, id., Rep. 1986, voce cit., n. 33, e, con specifico riferimento al caso di procura rilasciata sulla copia notifica ta della sentenza di primo grado, Cass. 2 febbraio 1983, n. 910, id., Rep. 1983, voce cit., n. 54; 2 agosto 1977, n. 3408, id., Rep. 1977, voce cit.,
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
Motivi della decisione. — 1. - Un nutrito gruppo di commer
cianti ambulanti, cui era stata notificata ordinanza-ingiunzione di pagamento di una sanzione amministrativa a seguito della con
testazione del medesimo illecito (l'esercizio del commercio ambu
lante fuori dell'area del mercato comunale) ha proposto
opposizione al pretore. In relazione alla data di notificazione del provvedimento che
irrogava la sanzione, le opposizioni, predisposte tutte dal medesi
mo legale, secondo un unico modello, sono state raggruppate in
quattro ricorsi cumulativi, in ciascuno dei quali si leggeva che
le procure ad litem dei ricorrenti erano contenute negli atti alle
gati, aventi forma di ricorso individuale, ma che si riassumevano
nel ricorso collettivo, essendo identiche le fattispecie ed unica l'au
torità ingiungente.
Dall'ispezione degli atti, cui questa Corte di cassazione può
legittimamente procedere, trattandosi di vizi in procedendo, emerge l'esattezza della formula impiegata per significare quel che era
concretamente avvenuto.
Il legale aveva per ciascuna delle ingiunzioni opposte (o per ciascun gruppo di ingiunzioni riguardanti il medesimo soggetto)
predisposto un fac-simile di provvedimento, ciascun esemplare ri
sultando completo degli elementi specificanti (generalità dell'in
giunto, estremi della contestazione e dell'ingiunzione) nel
riempimento degli opportuni spazi vuoti e corredato dalla procu ra in calce con certificazione di autentica.
Tutte queste certificazioni recano date anteriori a quella del
deposito in cancelleria dell'unico ricorso riassuntivo del gruppo di opposizioni considerato (come specificato in narrativa si tratta
di quattro ricorsi collettivi che sono stati riuniti insieme ad una
opposizione individuale) che non conteneva una nuova procura, ma si richiama alle procure apposte in ciascuno dei modelli speci fici di ricorso ricapitolati in quello formalmente predisposto per la notifica con il pedissequo decreto pretorile.
Si tratta di valutare la ritualità o meno di tale modus proce
dendi, di adozione di procura globale per relationem alla stregua del disposto dell'art. 83, 3° comma, c.p.c. (correlato all'art. 125).
Nonostante la singolarità del caso in esame il problema giuridi
co da affrontare e risolvere non presenta profili di novità concet
tuale, poiché ripetutamente questa corte di legittimità ha avuto
modo di pronunciarsi al riguardo, anche se gli orientamenti giuris
prudenziali non sono ancora univoci, oscillando le decisioni, ab
bastanza frequenti in materia, fra i due poli di un rigorismo for
male il cui supporto garantistico sul piano logico giuridico riesce
di difficile individuazione, e di una visione più aperta al rispetto del valore finalistico delle disposizioni processuali da interpreta
re, comportante che quando l'atto abbia raggiunto lo scopo, sul
la base del canone segnato dall'art. 156 c.p.c., si deve ritenere
sanata la nullità.
La fattispecie è emblematica, evidenziando il paradosso di un
non liquet ancorato su posizioni di assoluto ed ingiustificato ri
gore attraverso una motivazione che per un verso non è attenta
a cogliere il proprium della fattispecie, che non consisteva nel
valutare gli effetti di una procura non apposta su un atto secon
do gli estremi tipici della «incorporazione», ma nello stabilire se, ferma restando la non riconducibilità del caso in esame al model
lo della «incorporazione» e dovendosi riconoscere la perpetrata
violazione dell'art. 83, 3° comma, c.p.c., tale violazione fosse
suscettibile, o meno, di determinare la nullità, nell'ottica del rag
giungimento dello scopo. E per altro verso, come inevitabile effetto
n. 69, e inoltre Cass. 14 maggio 1980, n. 3181, id., Rep. 1980, voce
Appello civile, n. 119. La Cassazione è univoca nel ritenere che un foglio contenente la procura separato dall'atto processuale, o semplicemente ap
puntato ad esso, ma senza «fare corpo» con l'atto medesimo, non confe
risce un valido mandato alle liti; v. sent. 20 novembre 1983, n. 7155,
id., Rep. 1983, voce Procedimento civile, n. 57; 16 ottobre 1979, n. 5408,
id., Rep. 1979, voce cit., n. 131; 7 settembre 1978, n. 4048, id., Rep.
1978, voce cit., n. 56; 7 febbraio 1962, n. 238, id., Rep. 1962, voce cit., n. 93; e inoltre Cass. 18 agosto 1983, n. 5398, id., Rep. 1983, voce cit., n. 59.
Infine, si ricorda che la procura non deve essere necessariamente evi
denziata a margine o in calce all'atto, essendo sufficiente che il mandato
si possa desumere dal complesso dell'atto, e sia sottoscritto congiunta mente dal difensore e dalla parte; v. Cass. 11 gennaio 1978, n. 84, id.,
Rep. 1978, voce cit., n. 50.
Il Foro Italiano — 1989.
della non precisa puntualizzazione del thema decidendum, risulta
carente, in punto di diritto, nella ricognizione degli indirizzi giu
risprudenziali sul tema che proprio per la loro non omegeneità
postulavano una ben precisa presa di posizione del giudicante. Il rigorismo apodittico del pretore risulta tanto più ingiustifica
to in quanto, come egli stesso ha avuto cura di precisare, l'oppo sizione in tema di sanzione amministrativa può essere proposta
dall'ingiunto personalmente. Nessuna attenzione è stata prestata alla peculiarità della situazione di fatto nella contrapposizione fra
ricorso collettivo e ricorso individuale cui inerivano regolari pro cure di cui il meccanismo propositivo del ricorso in opposizione mediante deposito degli atti contestuale al deposito del ricorso, assicura la verifica dell'anteriorità del conferimento alla notifica
zione, consentono al comune opposto di prendere visione degli atti allegati e verificare se effettivamente, come si affermava nel
ricorso collettivo, le singole procure individuali fossero state ri
tualmente rilasciate.
La fattispecie rappresenta l'evidente riprova degli effetti distor
sivi cui conduce un vuoto formalismo, non più sorretta dai valori
a tutela dei quali il precetto era stato dettato, corroborando l'o
rientamento che il collegio ritiene di adottare.
Il ricorso deve essere accolto dato che le procure al difensore,
apposte in atti diversi da quello indicati nell'art. 83, 3° comma,
c.p.c. devono ritenersi idonee alla rituale instaurazione del rap
porto processuale perché gli atti che le contengono sono stati de
positati al momento della costituzione in giudizio senza che la
controparte abbia sollevato contestazioni di sorta (né tanto meno
contestazione specifica) in ordine alla esistenza e tempestività del
le procure sicché non può più essere messa in dubbio la riferibili
tà dell'attività del difensore alla parte (cfr. Cass. 2651/86, Foro
it., Rep. 1986, voce Procedimento civile, n. 39; 789/86, ibid.,
n. 40; 6838/83, id., Rep. 1983, voce cit., n. 52; 6048/85, id., Rep. 1985 voce cit., n. 58; 6571/83, id., Rep. 1983, voce cit.,
n. 50; 4179/83, ibid., n. 55; 6155/82, ibid., n. 51; 4887/82, ibid., n. 54; 3034/82, id., Rep. 1982, voce Ingiunzione (procedimento), n. 22; 4060/79, id., Rep. 1979, voce Procedimento civile, n. 106;
3930/77, id., Rep. 1977, voce cit., n. 70; 2657/67, id., Rep. 1968, voce cit., n. 71).
Va sottolineato al riguardo che si sarebbe dovuto trattare di
una contestazione sufficientemente puntuale e quindi specifica (cfr. Cass. 2651/86, cit.) non potendo bastare una formula assoluta
mente generica e di stile per escludere il raggiungimento dello
scopo perseguito dalla legge con la prescrizione di tale formalità.
Sembra al collegio che l'esposto orientamento giurisprudenzia le debba essere privilegiato: sia perché più rispettoso della tutela
dei diritti che, quale valore supremo dell'ordinamento processua
le, nel raccordo fra gli art. 24 e 113 Cost., rappresenta il fonda
mentale obiettivo su-cui orientare l'esegesi delle norme positive,
onde assicurare al cittadino di potere introdurre in giudizio la
propria domanda, specie quando il preteso vizio formale, a se
guito di procedimenti impugnatori, non potrebbe più essere ripa
rato attraverso la rinnovazione dell'atto, sancendo la decadenza
del termine la definitiva perdita del diritto.
Il sistema garantistico formale nel dubbio va inteso, fatte salve
le ragioni sistematiche che Io informano, in modo da assicurare
la più larga tutela possibile con il minimo indispensabile di «osta
coli» la cui definizione deve essere estremamente chiara ed evidente.
Nella scelta fra più opzioni interpretative, tutte in diversa guisa
plausibili, l'interprete si deve orientare a favore di quella che rap
presenti un allargamento della proiezione processuale della tutela
dei diritti delle parti. 2. - Il ricorrente, dopo aver dato conto dell'operata scelta, de
terminata da ragioni economiche (si volle presentare un solo ri
corso conglobante più opposizioni per evitare di effettuare tanti
depositi quanti erano i ricorsi in opposizione) e da ragioni prati che (trattandosi di opposizioni assolutamente identiche nel pre
supposto di fatto e nei motivi di diritto, raggruppate in relazione
all'epoca di notifica delle ordinanze-ingiunzione spiccate dal sin
daco), denuncia la sentenza del Pretore di Udine per violazione
o falsa applicazione delle norme del codice di rito e (specifica
mente degli art. 83, 125, 156 e 157 c.p.c.) nonché per difetto
di motivazione.
L'impugnata sentenza, dopo aver richiamato una pronuncia di
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PARTE PRIMA
questa Suprema corte secondo cui è ammissibile il rilascio della
procura su foglio allegato che faccia corpo con uno degli atti
elencati nel 3° comma dell'art. 83 c.p.c. avrebbe escluso, immoti
vatamente, l'applicabilità di tale principio al caso di specie. Si osserva al riguardo che il «far corpo» con l'atto specificato
nell'art. 83, 3° comma, c.p.c. non può essere inteso restrittiva
mente come «materiale congiunzione» di carte attraverso punti
metallici, grappette, spille, cuciture con filo, incollaggio e simili
espedienti o ganci. Ritiene il collegio che l'argomentazione svolta per contestare
la decisione sul punto del pretore non sia corretta.
Sviluppando le già accennate considerazioni, la soluzione va
cercata non tanto sforzando il significato dell'art. 83, 3° comma,
c.p.c. sul piano del precetto, allargandone al massimo la portata,
quanto piuttosto restringendo l'ambito della sanzione di nullità,
da ritenere inapplicabile tutte le volte in cui la procura, pure es
sendo stata apposta su un atto diverso da quelli tassativamente
indicati dalla norma, consenta di accertare con sicurezza il rag
giungimento dello scopo di riferibilità dell'attività del procurato re alla parte e quindi della rituale instaurazione del rapporto
processuale.
Proprio perciò il concetto di «incorporazione» riferito al pre cetto deve essere inteso in senso materiale e meccanicistico trat
tandosi di stabilire (proprio con l'aiuto di filo, colla, grappette metalliche e altri spedienti siffatti) se l'atto tipico, nella sua for
ma documentale cartacea, contiene un prolungamento sul quale è redatta la procura che forma un «tuttuno» con il foglio cui
accede e di cui viene a costituire parte anche e soprattutto dal
punto di vista materiale; ed è evidente che per raggiungere il ri
sultato di estendere materialmente il foglio di carta in cui è steso
l'atto processuale ad altro foglio contenente la procura occorre
un legame (non già logico ma) di carattere materiale e meccanico.
Nell'ottica in cui il collegio si colloca, si tratta di ripudiare il criterio della incorporazione materiale per cogliere il nesso di
inerenza giuridica funzionale in quanto i singoli atti coordinati
nella sequenza processuale «fanno corpo» con il precetto secon
do un legame logico finalistico che può essere valorizzato, cosi
come il collegio intende fare, per consentire di affermare nemine
contradicente, qualora eccezioni puntuali non siano state mosse
al riguardo, che il rapporto processuale, tramite quel procurato
re, viene a concernere una determinata parte. 3. - Ai sensi dell'art. 83, 3° comma, c.p.c., la procura alle
liti può essere anche apposta in calce, o a margine, della citazio
ne, del ricorso, del controricorso, della comparsa di risposta, di
intervento, del precetto, o della domanda di intervento nell'ese
cuzione; in tali casi l'autografia della parte deve essere certificata
da difensore.
Ma, qualora la procura speciale sia rilasciata in calce o a mar
gine di un atto del processo diverso da quelli che si sono appena elencati e tale atto venga depositato al momento della costituzio
ne in giudizio, senza contestazione da parte degli avversari, la
esternazione del rapporto processuale deve ritenersi valida, essen
do stato ugualmente raggiunto lo scopo avuto di mira dalla legge con la prescrizione delle formalità.
In tali situazioni di raggiungimento dello scopo non può scat
tare, quindi, il meccanismo per cui, quando non sussista il colle
gamento fra gli atti tipici enunciati e la procura per il conferimento
della rappresentanza processuale, occorre provvedere mediante atto
pubblico e scrittura privata autenticate.
Se la procura speciale viene conferita al difensore su un atto
non compreso fra quelli indicati nell'art. 83 c.p.c., si verifica una
nullità che però è sanata ove non sia stata fatta valere dalla con
troparte nella prima difesa.
Pertanto nel caso in cui la procura venga depositata al momen
to della costituzione in giudizio senza contestazione ex adverso
il rapporto processuale risulta ritualmente instaurato, dovendosi
ritenere raggiunto lo scopo; occorre tracciare, pertanto, il confi
ne concettuale fra inerenza per incorporazione e inerenza logico
giuridico che permetta con sicurezza di collegare l'attività procu ratoria alla parte, rendendo possibile all'interessato di cogliere le componenti essenziali e caratterizzanti di tale nesso.
Infatti, in tanto la sanatoria opera in quanto l'atto su cui è
stata apposta la procura sia un atto del processo depositato al
momento della costituzione in giudizio, e quindi noto alla con
troparte. Secondo la giurisprudenza non può considerarsi valida la pro
li Foro Italiano — 1989.
cura apposta su un foglio di carta da bollo, separato dalla com
parsa di costituzione, attaccato con una semplice spilla alla com
parsa medesima e recante data diversa da quella apposta alla
comparsa stessa; e si è ritenuta tale invalidità rilevabile d'ufficio
ed insuscettibile di sanatoria per mancata contestazione dalla con
troparte, trattandosi di atto assolutamente inidoneo al conferi
mento della procura (Cass. 4048/78, id., Rep. 1978, voce cit.,
n. 56). Nel caso qui considerato il giudice ha negato qualificazione
di atto processuale al foglio di carta bollata contenente la procu ra. Vero è, invece, e in ciò può convenirsi con il ricorrente, che
la nozione di atto processuale da accogliere è quella lata, riferita
cioè a qualunque elemento del processo di realizzazione della tu
tela giurisdizionale. Ciò posto sembra indubitabile che, contenendo il foglio sicura
mente il conferimento della procura, ed essendo certa l'intenzio
ne di porre in essere tale atto, non era sub iudice la qualificazione
contenutistica dell'atto, ma la sua ritualità, ferma restando la certa
qualificazione, nell'interazione fra sfera giuridica processuale della
parte rappresentata e ius postulandi del procuratore. Può convenirsi con l'impugnata sentenza che il foglio «separa
to» contenente la procura non costituiva elemento «facente cor
po» con l'atto processuale tipico cui si riferiva, dal momento che
la semplice spillatura non realizzava, dal punto di vista giuridico, una unione sufficientemente stabile per far ritenere che si trattas
se di un unico atto processuale redatto su più fogli, l'ultimo dei
quali si presentava come spazio, in calce all'atto, idoneo a conte
nere la procura ex art. 83, 3° comma, c.p.c. (e in effetti questa corte di legittimità ha ritenuto che non può ritenersi apposta su
foglio separato la procura ad litem scritta su foglio di carta bol
lata aggiunto alla citazione ed alla comparsa riempito fino in fondo
e cucita ad essa: cfr. Cass. 238/62, id., Rep. 1962, voce cit., n. 93). Anche di recente, nelle sentenze 5398/83 (id., Rep. 1983, voce
cit., n. 59), 7155/83 (ibid., n. 57) e 4048/78, cit., è stato ribadito che il potere di certificare l'autografia della sottoscrizione della
parte che gli rilasci la procura da parte del procuratore è condi
zionato al rilascio della procura stessa in uno degli atti tassativa
mente indicati nella disposizione dell'art. 83, 3° comma, c.p.c., ovvero su un foglio allegato che faccia corpo con essi; per cui
è da escludere la validità della procura ad litem rilasciata con
scrittura separata, su foglio staccato dall'atto introduttivo del giu
dizio, unito ad esso con una «spilletta» recante data diversa e
senz'altro riferimento all'atto medesimo. E si è aggiunto che gli elementi di certezza circa l'esistenza e la tempestività del rilascio
non possono essere integrati con elementi esterni all'atto, doven
do risultare, invece, dal contesto dell'atto, onde poter essere im
mediatamente percepiti dal giudice. Lascia perplessi l'illazione rigoristica che, dopo l'esatta nota
zione che per la precarietà degli elementi di unione materiale fra
ricorso e procura nega l'incorporazione, rifiuta a priori secca
mente il collegamento funzionale e quindi l'idoneità dell'atto al
raggiungimento dello scopo, postulando per un verso la rilevabi
lità d'ufficio della nullità e per altro verso la insanabilità del vizio.
Ma è di tutta evidenza che la species, rispetto al genus della
sanabilità, non presenta elementi di caratterizzazione negativa e
restrittiva; anzi la spillatura sta a sottolineare, seppure in un mo
do non congruo perché non assicura la stabilità del collegamento, la volontà di riferire l'attività procuratoria alla parte.
L'assoluta inidoneità dell'atto al conferimento della procura da cui muove la decisione è espressione, pertanto, di una apriori stica opzione, del tutto ingiustificata, nella sua severità.
Non è affatto vero che l'atto rivestito di queste forme impro
prie non sia assolutamente idoneo al raggiungimento dello scopo,
giacché, mediante il deposito in cancelleria, all'atto della costitu
zione, del complesso della documentazione, emerge che si è volu
to far ricorso all'opera di quel difensore che non ha assunto sua
sponte la rappresentanza delle parti, ma si è indotto al compi mento dell'attività procuratoria perché ne è stato adeguamente investito.
Nella situazione di specie, inoltre, questo collegamento risulta
va con assoluta sicurezza, perché i singoli opponenti non si erano
limitati a rilasciare la procura su un pezzo di carta purchessia, ma l'avevano fatto in calce ad un atto formalmente idoneo all'in
staurazione del rapporto processuale di opposizione alla ordinanza
ingiunzione; ed il ricorso collettivo conteneva una puntuale rela
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
tio ai singoli atti individuali, sicché, nonostante la complessità dell'atto introduttivo plurimo, sarebbe stato estremamente age vole per il comune di Udine effettuare il riscontro.
Anzi, può soggiungersi, che era proprio il carattere collettivo
del ricorso e la pluralità dei ricorsi individuali collegati riguar danti una tipica situazione di illecito amministrativo per la cui
contestazione gli «ambulanti» si erano rivolti al medesimo legale, a rendere avvertiti che tutti gli interessati avevano fatto, in qual che modo, fronte unico contro la pretesa sanzionatoria del comune.
4. - La linea seguita dal pretore appare censurabile per aver
tratto dalla non puntuale rispondenza delle procure contenute nei
ricorsi collettivi al modello di cui all'art. 83, 3° comma, c.p.c., l'illazione che occorresse imprescindibilmente, senza possibilità di
sanatoria, il conferimento della procura con atto pubblico o scrit
tura privata autenticata. E poiché le procure non erano contenute
nel ricorso collettivo, ma in quelli individuali allegati, si è ritenu
to, nella decisione impugnata, che le procure non fossero regolari
formalmente, escludendo che il caso di specie potesse ricondursi
a quello in cui il foglio allegato faceva effettivamente corpo con
l'atto cui ineriva.
Ritiene il collegio che, nel riscontrare una discrasia fra modello
legale e situazione di specie e nel negare che tale situazione non
fosse riconducibile a quella della «incorporazione», il pretore ab
bia ben ragionato; e che l'addebito da rivolgere alla sentenza im
pugnata sia, invece, quello di non avere ipotizzato, e verificato
in concreto, la sanabilità del riscontrato vizio formale, esauren
dosi la motivazione sul punto in una categorica, indimostrata,
asseverazione circa l'insanabilità del vizio.
Effettivamente, l'affermazione avrebbe potuto trovare l'avallo
di talune decisioni di questa corte. Ma un'indagine giurispruden
ziale meno superficiale avrebbe consentito al pretore di venire
a conoscenza della divaricazione di indirizzi sul punto, compor
tante necessariamente l'onere di motivare adeguatamente per giu
stificare l'accolta soluzione.
In effetti, nell'ipotesi frequente nella pratica, in cui la procura
per l'appello veniva rilasciata sulla copia notificata della sentenza
di primo grado, la giurisprudenza di questa corte, muovendo dal
convincimento della tassatività della elencazione contenuta nel più
volte citato art. 83, 3° comma, c.p.c. e della insanabilità del vizio
derivante dal mancato rispetto di tale tassatività ha rilevato d'uf
ficio il vizio (Cass. 3181/80, id., Rep. 1980, voce Appello civile,
n. 119); mentre altre volte, e più frequentemente ha richiamato
il principio della sanabilità del vizio per raggiungimento dello scopo
(Cass. 3571/77, id., 1977, I, 2139; 2786/79, id., Rep. 1979, voce Procedimento civile, n. 113; 6482/79, ibid., n. Ili; 1466/80, id., Rep. 1980, voce cit., n. 81).
Anche la dottrina plaude agli orientamenti antiformalistici del
la giurisprudenza, convenendo sulla «sformalizzazione» mirata al
conseguimento dello scopo ove il raggiungimento del fine emerga
con sicurezza dall'atto di conferimento della procura; anzi addi
rittura si applica che in futuro possa ammettersi il mandato taci
to a favore dell'avvocato che si costituisca nel singolo processo.
Essendo separati gli atti, e non potendo le procure in mancan
za di «cuciture», considerarsi apposte in calce al ricorso colletti
vo, acquista determinante rilievo ai fini della sanatoria la
circostanza che tutte le procure medesime vennero depositate al
momento della costituzione della parte e che perciò malamente
viene invocato dal pretore l'art. 125, 2° comma, c.p.c., coinci
dendo nella procedura per ricorso la costituzione con la presenta
zione del fascicolo degli atti allegati al ricorso, unitamente al ricorso
medesimo alla cancelleria.
La difesa del comune definisce «avveniristica» la massima trat
ta dalla sentenza 4887/82, cit., espressiva del principio che il col
legio intende adottare. Ma, come risulta dai precedenti richiami
giurisprudenziali, non si tratta di massima isolata e superata da
un successivo univoco orientamento giurisprudenziale.
Riconosce il resistente che la soluzione cui detta massima per
viene sarebbe auspicabile de iure condendo, ma contesta che essa
sia conforme al diritto positivo vigente, ricollegando il proprio
dissenso de iure condito alla tassatività della elencazione di atti
contenuta nell'art. 83, 3° comma.
Il punctum saliens della causa, come si è già sottolineato, non
sta nel riconoscimento del vizio, sibbene nella valutazione circa
la sanabilità, o insanabilità del vizio stesso.
Contratto la sanabilità non giova obiettare che non sarebbe
possibile riscontrare l'anteriorità della procura rispetto alla data
Il Foro Italiano — 1989.
di costituzione della parte rappresentata dal procuratore, in quanto
ogni ricorso collettivo, dipendendo lo scaglionamento delle oppo sizioni in cinque tronconi dalla diversità di date di notificazione delle ingiunzioni, risulta depositato in un certo giorno rispetto
al quale è ben possibile verificare l'anteriorità rispetto alla data
apposta in sede di autenticazione, dovendosi comunque postulare detta anteriorità in re ipsa, dal momento che il deposito del ricor
so e quello dei documenti allegati, ivi comprese le procure indivi
duali, è avvenuto contestualmente.
Non ha senso, perciò, ipotizzare che l'art. 125 c.p.c. non sia
stato rispettato, bastando al riguardo esaminare hic et nunc se
con riferimento a ciascuna delle parti del ricorso collettivo sia
stata depositata specifica procura recante una data, resa certa
con riguardo al momento del deposito in cancelleria degli allegati al ricorso, per potere stabilire se la procura effettivamente si esten
de a tutte le parti del ricorso collettivo nel rispetto del citato
art. 125, 2° comma, in relazione alla prescritta apposizione di
una data di sicura anteriorità.
Non è logico argomentare in astratto che tale norma avrebbe
potuto non essere stata rispettata per giungere alla conclusione
che non lo sia stata in concreto senza effettuare l'agevole riscon
tro da cui sarebbe emersa, come sicurezza, l'anteriorità di tutte
le sottoscrizioni e di tutte le autentiche alla data di deposito del
ricorso collettivo cui inerivano.
Il punto cardine da affrontare e risolvere resta dunque solo
quello della sanabilità ed insanabilità del vizio.
Orbene, anche a voler escludere che la procura ad litem possa essere apposta su atti processuali diversi da quelli indicati nel 3°
comma dell'art. 83 c.p.c. (cosi invece Cass. 6156/86), la nullità
che ne consegue deve ritenersi sanata se l'atto venga depositato al momento della costituzione in giudizio senza contestazione del
controinteressato, in relazione all'avvenuto raggiungimento dello
scopo di certezza della esistenza e della tempestività della procu
ra, nonché di riferibilità alle parti dell'attività del procuratore
(Cass. 4179/83, cit.). Conseguentemente, pur costituendo la procura il presupposto
della valida costituzione del rapporto processuale (Cass. 120/80,
id., Rep. 1980, voce cit., n. 88) alla stregua del prevalente, e
pienamente persuasivo, orientamento della giurisprudenza di questa
Corte di cassazione deve riconoscersi che, in caso di mandato
alle liti non conferito in uno degli atti indicati nell'art. 83 c.p.c., ma con scrittura separata, risultando la sottoscrizione del man
dante autenticata, ciò nonostante dal difensore, se la controparte
non contesta l'autenticità della sottoscrizione, l'atto risulta ugual
mente idoneo al raggiungimento dello scopo, con conseguente va
lidità della costituzione del rapporto processuale. La procura apposta in calce ad un atto diverso da quelli elen
cati dall'art. 83 c.p.c. deve ritenersi, dunque, idonea alla instau
razione di un valido rapporto processuale qualora detto atto sia
stato depositato al momento della costituzione in giudizio e la
controparte non abbia sollevato contestazioni sulla regolarità e
tempestività del mandato; dovendosi ulteriormente precisare che
le eccezioni vanno formulate «in termini specifici» non bastando
che la parte si limiti a dedurre genericamente l'invalidità, perché
il conferimento non è avvenuto in uno degli atti contemplati nel
cit. art. 83, 3° comma, rilevando la non conformità formale del
l'atto allo schema legale, ma dovendosi evidenziare la inidoneità,
per effetto di tale discrepanza, al raggiungimento dello scopo a
tutela del quale è stata imposta l'osservanza delle richiamate for
malità.
A coronamento del discorso qui svolto giova sottolineare che
la giurisprudenza si viene attestando nel senso della sanabilità,
per escludere la quale non basta nemmeno una contestazione ge
nerica occorrendo che il controinteressato evidenzi gli specifici
motivi che impediscono nel caso concreto il raggiungimento dello
scopo. Si devono, pertanto, ritenere superati, e comunque non incon
trano l'avallo del collegio, gli orientamenti giurisprudenziali se
condo cui, qualora la procura venga conferita con scrittura privata,
la sua autenticità deve risultare nei modi ordinari fra i quali non
rientra la certificazione del difensore restando altrimenti inficiato
l'atto da nullità che non potrebbe essere sanata dalla mancata
contestazione della controparte (cfr. da ultimo in tal senso Cass.
5790/80, id., Rep. 1986, voce cit., n. 33; 5398/83, cit.). 6. - In conclusione il ricorso principale risulta giuridicamente
fondato.
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PARTE PRIMA
Stante la ritualità dell'instarurazione del rapporto processuale, per quanto attiene allo ius postularteli il pretore potrà esaminare le eccezioni di rito e di merito che attengono alle opposizioni
proposte per stabilire specificamente se e quali delle opposizioni stesse risultino tardive.
Ne consegue l'inammissibilità del ricorso incidentale subordi
nato per carenza di interesse attuale della parte che l'ha proposto la quale, essendo risultata interamente vittoriosa, non aveva ra
gione di cautelarsi su eccezioni e difese non esaminate dal pretore e quindi comunque riproponibili in sede di rinvio.
CORTE DI CASSAZIONE; sezione I civile; sentenza 18 giugno 1988, n. 4172; Pres. Scanzano, Est. Lupo, P.M. Lo Cascio
(conci, conf.); Comune di Riccione (Avv. L. Rossi) c. Yoko
(Aw. Menzani, Dallari) ed altri. Cassa App. Bologna 13 mag
gio 1986.
Espropriazione per pubblico interesse — Stima dell'indennità —
Giudizio di opposizione — Sopravvenuta nuova stima — Inda
gine del giudice adito — Estensione (L. 22 ottobre 1971 n. 865,
programmi e coordinamento dell'edilizia residenziale pubblica; norme sull'espropriazione per pubblica utilità; modifiche ed in
tegrazioni delle leggi 17 agosto 1942 n. 1150, 18 aprile 1962
n. 167, 29 settembre 1964 n. 847, ed autorizzazione di spesa
per interventi straordinari nel settore dell'edilizia residenziale,
agevolata e convenzionata, art. 19). Strade — Espropriazione per opere stradali — Stima dell'inden
nità — Criteri (L. 25 giugno 1865 n. 2359, espropriazioni per causa di pubblica utilità; 1. 12 febbraio 1958 n. 126, classifica zione e sistemazione delle strade per uso pubblico, art. 16, 17,
23; 1. 21 aprile 1962 n. 181, modifiche alla 1. 7 febbraio 1962 n. 59, concernente il riordinamento strutturale e la revisione
dei ruoli organici dell'Anas, art. 4, 6).
Espropriazione per pubblico interesse — Stima dell'indennità —
Vincolo d'inedificabilità sui suoli espropriati — Rilevanza —
Fattispecie (L. reg. Emilia Romagna 7 dicembre 1978 n. 47, tutela ed uso del territorio, art. 33).
Va confermata la sentenza che estende, alla controversia insorta a seguito dell'opposizione avverso una prima stima del valore
dei beni espropriati, i criteri impiegati nella nuova stima adot
tata a rettifica, non essendo necessario che quest'ultima formi
oggetto di autonoma opposizione. (1)
(1) In motivazione, è richiamata Cass., sez. un., 8 luglio 1985, n. 4091
(Foro it., 1985, I, 1946), pronuncia nella quale, a fronte della declarato ria d'incostituzionalità della 1. 385/80 (Corte cost. 19 luglio 1983, n. 223, id., 1983, I, 2057), i giudici di legittimità, risolta la suddetta questione richiamando i criteri indennitari di cui alla 1. 2359/1865 (da ultimo, cfr. anche Cass. 14 ottobre 1988, n. 5599, id., 1989, I, 104, con nota di ri
chiami), coglievano l'occasione per riaffermare alcuni principi 'di pacifi co assenso', come F. Pietrosanti rileva a margine della succitata sentenza. Fra tali principi, è rilevante la considerazione del giudizio di opposizione alla stima come giudizio ordinario di cognizione «nel quale l'autorità giu diziaria nuovamente ed autonomamente procede alla determinazione del l'indennizzo sulla scorta dei criteri vigenti al tempo della definizione del
giudizio medesimo», non implicando la declaratoria d'incostituzionalità di quei criteri, intervenuta medio tempore, la necessità di una rinnova zione dell'opposizione stessa. Questo principio è applicabile a fortiori nella
fattispecie esaminata (e risolta) dalla Cassazione nella sentenza in rasse
gna, ed infatti è ripreso pressoché ad litteram in motivazione. Sulla ordinarietà del giudizio di opposizione alla stima dell'indennità,
sulla sua piena legittimità costituzionale, e, al tempo stesso, sulla sua 'specialità', Cass. 22 febbraio 1989, n. 1002, inedita; 12 febbraio 1988, n. 1533, id., Mass., 226; 20 novembre 1987, n. 8563, id., Rep. 1987, voce Espropriazione per p.i., n. 262; 3 agosto 1987, nn. 6685 e 6686, ibid., nn. 157, 158; 22 maggio 1987, n. 4638, ibid., n. 175; 27 marzo 1987, n. 3007, ibid., n. 156; 17 febbraio 1987, n. 1699, ibid., n. 151; 11 febbraio 1987, n. 1480, ibid., n. 259; 22 dicembre 1986, n. 7830, id., Rep. 1986, voce cit., n. 273; 5 dicembre 1986, n. 7214, ibid., n. 165; 6 novembre 1986, n. 6488, id., 1986, I, 3000; 30 ottobre 1986, n. 6364, id., Rep. 1986, voce cit., n. 160; 23 settembre 1986, n. 5708, ibid., n. 162; 20 maggio 1986, n. 3336, ibid., n. 167; 27 luglio 1985, n. 4372, id., Rep. 1985, voce cit., n. 164; 17 luglio 1985, n. 4214, ibid., n. 152.
Il Foro Italiano — 1989.
Va confermata la sentenza che abbia ritenuto inapplicabili, nel
l'espropriazione per opere stradali, i criteri previsti dall'art. 23
l. 126/58 alle strade comunali, che non godano dei contributi
del ministero dei lavori pubblici, ai sensi dell'art. 4 I. 181/62. (2) È errata la determinazione del valore dei beni espropriati che non
tenga conto dell'incidenza negativa di un vincolo d'inedificabi
lità, fissato da una legge regionale, non indennizzabile (nella
specie, trattasi del divieto posto da una legge dell'Emilia Ro
magna a costruire per una fascia di profondità di almeno tre
cento metri dal limite demaniale della spiaggia). (3)
(2) Questione nuova.
L'applicazione dell'art. 4 1. 21 aprile 1962 n. 181, legge che ha riordi
nato, nella struttura e nell'organico, l'Anas, non ha prodotto, per quanto consta, contenzioso di rilievo, eccezion fatta per Cons. Stato, sez. V, 16 febbraio 1971, n. 109 (Foro it., 1971, III, 156).
(3) Fra le sentenze richiamate in motivazione, figura Corte cost. 22
giugno 1971, n. 133 (Foro it., 1971, I, 1777): il giudice di legittimità ha evidentemente visto, nei limiti imposti dall'art. 33 1. reg. Emilia Ro
magna 7 agosto 1978 n. 47 all'edificabilità entro trecento metri dalla stri scia demaniale della spiaggia, una parentela abbastanza stretta con i limiti di rispetto imposti senza indennizzo ai proprietari di terreni confinanti con autostrade dalla 1. 24 luglio 1961 n. 729, e giudicati conciliabili con il sistema costituzionale dal giudice delle leggi nella sentenza 133/71, già richiamata. Anche quest'ultima pronuncia, tuttavia, vantava un ascen dente illustre in Corte cost. 29 maggio 1968, n. 56 (id., 1968, I, 1361).
Il Leitmotiv rintracciabile nelle tre sentenze citate, partendo da que st'ultima per arrivare a quella in rassegna, è comunque l'individuazione di una categoria «a contorni certi» (per esprimersi con G. Morbidelli, Contenuto 'essenziale' del diritto dì proprietà sul suolo, strade, fasce di
rispetto, in Giur. costit., 1971, 1541), sulla quale si riverberano i vincoli non indennizzabili. Ebbene, quest'individuazione è alla base anche delle scelte dei giudici di legittimità nella sentenza in epigrafe, allorché essi
parlano di divieto che «concerne tutti i cittadini in quanto proprietari di determinati beni, e non per le loro qualità e condizioni e, dal punto di vista oggettivo, riguarda beni individuati per categoria derivanti dalla loro localizzazione».
Ma che senso ha il richiamo, da parte della giurisprudenza costituzio nale e di cassazione, di una nozione tanto magmatica, quale quella di
'categoria di beni'? Secondo S. Rodotà, Rapporti economici, in Com mentario alla Costituzione, a cura di G. Branca, Bologna-Roma, 1971, 131, in nota, in questi decisa «emerge una propensione a reinterpretare il riferimento alla nozione dei beni, al fine di escludere l'indennizzabilità dei vincoli, nel senso di individuazione di qualità oggettive del bene, ri
spetto alle quali non deve spiegarsi quell'attività discrezionale da parte dell'amministrazione che rappresenta il vero obiettivo contro il quale si
volge tanta parte della giurisprudenza costituzionale in tema di espropria zione e vincoli espropriativi».
La linea discriminante, quindi, fra questi vincoli non indennizzabili ed i vincoli per i quali l'indennizzo viene, al contrario, corrisposto, sarebbe determinata dalla legge: il che si raccorderebbe a quanto lo stesso a. os servava a proposito di Corte cost. 29 maggio 1968, n. 55, Foro it., 1968, I, 1361, pronunzia che ruota intorno a vincoli aventi carattere di imposi zioni a titolo particolare e che pertanto devono essere indennizzati, pro prio perché ledono il diritto di proprietà, il quale, invece, può solo
legislativamente essere conformato.
Questa dialettica 'limitazioni in via generale-imposizioni a titolo parti colare', o, se si preferisce, 'conformazione legislativa del diritto di proprietà atti singolari che alterano tale diritto' risulta vieppiù confermata da tutta la giurisprudenza successiva alle due sentenze della Consulta del 1968, le cui tracce vengono fedelmente (o quasi) seguite: si veda, sul fronte dei limiti non indennizzabili, Cass. 14 luglio 1983, n. 4830, id., Rep. 1983, voce Espropriazione per p.i., n. 166 e 10 agosto 1982, n. 4470, id., Rep. 1982, voce cit., n. 84, richiamate nella motivazione della senten za in epigrafe, cui adde Cass. 26 marzo 1988, n. 3545, id., Mass., 398
(con un'interessante 'variazione sul tema'); 13 novembre 1987, n. 8344, id., Rep. 1987, voce cit., n. 277; 29 settembre 1987, n. 7317, ibid., n.
306; 6 aprile 1982, n. 2107, id., Rep. 1982, voce Strade, n. 20. Più nume rosa la giurisprudenza in tema di vincoli indennizzabili: Cass. 21 maggio 1988, n. 3545, id., Mass., 521; 17 febbraio 1988, n. 1691, ibid., 249; 9 giugno 1987, n. 5018, id., Rep. 1987, voce Trentino-Alto Adige, n.
77; 13 febbraio 1987, n. 1567, ibid., voce Espropriazione per p.i., n.
143; Trib. sup. acque 13 settembre 1985, n. 64, id., Rep. 1985, voce
cit., n. 273; 28 agosto 1985, n. 59, ibid., n. 127; Cass. 9 agosto 1985, n. 4410, ibid., n. 120; 9 maggio 1985, n. 2872, ibid., n. 271; 17 gennaio 1985, n. 121, ibid., n. 124; 5 gennaio 1985, n. 15, ibid., n. 125; 28 giugno 1984, n. 3823, ibid., n. 126; 9 aprile 1984, n. 2260. id., Rep. 1984, voce
cit., n. 113; 3 dicembre 1983, n. 7234, id., Rep. 1983, voce cit., n. 301; 6 giugno 1983, n. 3825, ibid., n. 136; 4 giugno 1983, n. 3802, ibid., n. 294; 28 gennaio 1983, n. 776, ibid., n. 135; 1° giugno 1982, n. 3346,
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