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PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE || sezione I civile; sentenza 23 giugno 1988, n....

Date post: 30-Jan-2017
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sezione I civile; sentenza 23 giugno 1988, n. 4279; Pres. F. F. Rossi, Est. Lipari, P. M. Donnarumma (concl. conf.); Faggin ed altri (Avv. Terzi) c. Comune di Udine; Comune di Udine (Avv. Mazzitelli) c. Faggin e altri. Cassa Pret. Udine 6 agosto 1983 Source: Il Foro Italiano, Vol. 112, PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE (1989), pp. 803/804-811/812 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23183859 . Accessed: 25/06/2014 08:25 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 188.72.126.196 on Wed, 25 Jun 2014 08:25:52 AM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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sezione I civile; sentenza 23 giugno 1988, n. 4279; Pres. F. F. Rossi, Est. Lipari, P. M.Donnarumma (concl. conf.); Faggin ed altri (Avv. Terzi) c. Comune di Udine; Comune di Udine(Avv. Mazzitelli) c. Faggin e altri. Cassa Pret. Udine 6 agosto 1983Source: Il Foro Italiano, Vol. 112, PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE(1989), pp. 803/804-811/812Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23183859 .

Accessed: 25/06/2014 08:25

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PARTE PRIMA

base ad un elemento formale, quindi scevro da incertezze nella

pratica applicazione della norma. Inoltre, è cosi rispettato il prin

cipio che la qualificazione della sentenza, ai fini della scelta dei

modi e termini dell'impugnazione, va operata sulla base del mo

do in cui il giudice a quo ha esercitato il proprio potere di co

gnizione. Deriva da ciò, che vanno per contro ricondotte al n. 4 del 2°

comma dell'art. 279 c.p.c. tutte le sentenze che, non decidendo

totalmente il merito, neppure concludono il procedimento, in quan to alla decisione di una parte dell'oggetto del giudizio (questione,

capo di domanda, domanda autonoma) non si accompagna, do

ve pure sarebbe possibile, un provvedimento di separazione.

Questa interpretazione della disposizione contenuta nel n. 4 del

l'art. 279, 2° comma, non incontra insormontabili ostacoli dal

punto di vista letterale.

Al riguardo è sufficiente rilevare che, in dottrina, si è potuta condurre la dimostrazione che il termine «questioni», presente nel n. 4, ha valore di domanda, quando lo si collochi nell'ambito

della norma che risulta dal collegamento con il n. 3, giacché lo

stesso termine, nell'ambito della norma che risulta dal collega mento con il n. 2, sta ad individuare la questione di merito po tenzialmente idonea a definire il giudizio, ma decisa nel senso

di non comportare una tale definizione.

Ancora nello spirito del rilevare la compatibilità tra interpreta zione accolta e formulazione letterale delle disposizioni aventi at

tinenza con il problema che si esamina, deve essere rilevato come

la sentenza parzialmente definitiva su domanda, cui si è conside

rato aver riguardo l'art. 279, 2° comma, n. 4, c.p.c. (e già il

3° comma dell'originario testo dell'art. 279), è stata in dottrina

ritenuta potersi avere sia nel caso di decisione su una tra più cause riunite in unico procedimento sia nel caso di decisione su

uno tra più capi di domanda inerenti ad una sola causa, attingen do tale risultato dal collegamento con l'art. 277, cpv., c.p.c.: di

sposizione, quest'ultima, che, in dottrina, ha potuto essere intesa

sia nel senso di riferirsi solo al caso di più domande inerenti ad

un'unica causa, sia in quello di riferirsi anche a quello di più domande connesse.

Questa intepretazione, d'altro canto, appare rispettosa delle li

nee fondamentali del sistema. Invero, attribuendo alle parti la

possibilità di impugnare immediatamente la sentenza parzialmen te definitiva, l'ordinanza ha consentito ad esse di valutare se sus

sisteva un interesse a rimuovere quella decisione prima della

conclusione del procedimento. Esso resta non di meno orientato

a mantenere l'originario collegamento delle domande nell'unico

procedimento e ad assicurare l'unità del procedimento nelle fasi

di gravame, come si desume sia dal mantenimento del principio tendenziale enunciato al 1° comma dell'art. 277 c.p.c. sia dalla

facoltatività dell'impugnazione immediata.

Orbene, è congruo a questa impostazione, che la cessazione

del collegamento delle domande nell'unico procedimento derivi

da un esercizio da parte del giudice della facoltà di separazione, invece d'essere considerato come un effetto normativamente ri

collegato all'esercizio del diverso potere di decidere una delle di

verse domande propostagli prima delle altre.

L'amministrazione ricorrente ha però osservato, richiamandosi

alla sentenza 4 giugno 1981, n. 3605 (id., Rep. 1981, voce cit., n. 58) di questa corte, che ogni sentenza dovrebbe essere conside

rata definitiva quando assuma ad oggetto di decisione una parte della materia da decidere, senza che ciò sia consentito dagli art.

278 e 279, 2° comma, n. 4, c.p.c. Ciò varrebbe a rendere definiti

va e perciò immediatamente impugnabile la sentenza della corte

d'appello, che, non sospendendo di decidere sulla domanda di

risarcimento anche per quanto riguarda il danno patrimoniale, avrebbe illegittimamente frazionato il procedimento decisorio.

La soluzione indicata nella sentenza 4 giugno 1981, n. 3605

cit., non sembra coerente con il sistema. Una volta che l'ordina

mento processuale conosce la sentenza che decide una questione senza concludere il procedimento, la pronuncia di una tale sen

tenza fuori dei casi in cui possa dirsi consentito, non dovrebbe

valere a sottrarla al regime dell'impugnazione delle sentenze non

definitive, ma solo rilevare ai fini della denuncia dell'errore pro cessuale compiuto dal giudice.

Peraltro, nel caso in esame, la norma che non sarebbe stata

osservata neppure è quella dettata dall'art. 279, 2° comma, n.

4, c.p.c.

Invero, la possibilità di domandare al giudice civile la condan

na al risarcimento del solo danno patrimoniale (Cass. 31 gennaio

Il Foro Italiano — 1989.

1967, n. 286, id., Rep. 1968, voce Responsabilità civile, n. 115) vale a qualificare la pronuncia resa su tale punto, in un giudizio in cui sia stato chiesto anche il danno non patrimoniale, come

sentenza resa su capo di domanda e quindi come sentenza non

definitiva alla stregua dello stesso dettato dell'art. 279, 2° com

ma, n. 4, c.p.c. Non attiene invece alla qualificazione della sentenza, ma al con

tenuto della decisione ed al (precluso) esame dei motivi di ricor

so, lo stabilire se il giudice della causa, cui sia richiesto anche

il risarcimento del danno non patrimoniale, dopo aver fatto rap

porto al procuratore della repubblica, debba soprassedere alla de

cisione, quanto alla responsabilità per il dannno patrimoniale, in attesa che sia iniziata l'azione penale, per ciò che la cognizione del reato è in grado di influire anche sulla decisione relativa a

quel capo della domanda.

In conclusione, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile

perché proposto contro decisione non suscettibile di impugnazio ne immediata.

CORTE DI CASSAZIONE; sezione I civile; sentenza 23 giugno

1988, n. 4279; Pres. F. E. Rossi, Est. Lipari, P. M. Donna

rumma (conci, conf.); Faggin ed altri (Aw. Terzi) c. Comune

di Udine; Comune di Udine (Avv. Mazzitelli) c. Faggin e al

tri. Cassa Pret. Udine 6 agosto 1983.

Procedimento civile — Procura «ad litem» — Conferimento con

atto diverso da quelli indicati dalla norma — Validità — Con

dizioni — Fattispecie (Cod. proc. civ., art. 83, 125, 156).

La procura apposta in calce ad un atto diverso da quelli elencati

all'art. 83 c.p.c. deve ritenersi idonea a raggiungere lo scopo di instaurare un valido rapporto processuale se detto atto sia

depositato al momento della costituzione in giudizio e la con

troparte non abbia sollevato specifiche contestazioni sulla rego larità del mandato (nella specie, il procuratore incaricato da

una pluralità di soggetti di sollevare opposizione ad ordinanze

ingiunzioni, aveva depositato un unico ricorso collettivo per tutti gli opponenti richiamando in esso le procure che ogni sin

golo opponente aveva conferito in un proprio ricorso indivi

duale, tutti depositati in cancelleria col fascicolo di parte). (1)

(1) La giurisprudenza della Cassazione — confermata anche dalla sen tenza in epigrafe che ha dedicato al tema una sin troppo ampia riflessione — può oramai dirsi orientata prevalentemente ad attenuare il rigore del tenore letterale dell'art. 83, 2° comma, c.p.c., sebbene ciò ancora non costituisca un indirizzo costante. Conf. Cass. 3 dicembre 1985, n. 6048, Foro it., Rep. 1985, voce Procedimento civile, n. 58; 7 novembre 1983, n. 6571, id., Rep. 1984, voce cit., n. 50; 17 giugno 1983, n. 4179, id., Rep. 1983, voce cit., n. 55; 12 luglio 1979, n. 4060, id., Rep. 1979, voce

cit., n. 106; 8 settembre 1977, n. 3930, id., Rep. 1977, voce cit., n. 70. Il principio è stato applicato in particolare all'ipotesi di conferimento della procura sulla copia notificata del ricorso e pedissequo decreto nel

procedimento monitorio: Cass. 15 febbraio 1985, n. 1309, id., Rep. 1985, voce Ingiunzione (procedimento), n. 36; 15 maggio 1982, n. 3034, id., Rep. 1982, voce cit., n. 22.

Molto numerosi sono i procedimenti conformi alla sentenza riportata, nell'ipotesi in cui la procura per il giudizio di appello sia stata conferita sulla copia notificata della sentenza di primo grado; v. Cass. 14 febbraio

1987, n. 1685, 15 gennio 1987, n. 240, id., Rep. 1987, voce Procedimento

civile, nn. 54, 55; 3 maggio 1986, n. 3009, 15 aprile 1986, n. 2651, 8 febbraio 1986, n. 789, id., Rep. 1986, voce cit., nn. 35, 39, 40; 22 feb braio 1985, n. 1591, id., Rep. 1985, voce cit., n. 61; 17 novembre 1983, n. 6838, 24 giugno 1983, n. 4335, id., Rep. 1983, voce cit., nn. 52, 53; 17 novembre 1982, n. 6155, 15 settembre 1982, n. 4887, id., Rep. 1982, voce cit., nn. 51, 54, entrambe per altra parte in Foro it., 1983, I, 353 e 704; 12 dicembre 1979, n. 6482, 14 maggio 1979, n. 2786, id., Rep. 1979, voce cit., nn. Ili, 113; 6 agosto 1977, n. 3571, id., 1977, I, 2139, con nota di richiami; cui adde Cass. 4 marzo 1980, n. 1466, id., Rep. 1980, voce cit., n. 81. In senso contrario all'indirizzo prevalente si è espressa Cass. 26 settembre 1986, n. 5970, id., Rep. 1986, voce cit., n. 33, e, con specifico riferimento al caso di procura rilasciata sulla copia notifica ta della sentenza di primo grado, Cass. 2 febbraio 1983, n. 910, id., Rep. 1983, voce cit., n. 54; 2 agosto 1977, n. 3408, id., Rep. 1977, voce cit.,

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

Motivi della decisione. — 1. - Un nutrito gruppo di commer

cianti ambulanti, cui era stata notificata ordinanza-ingiunzione di pagamento di una sanzione amministrativa a seguito della con

testazione del medesimo illecito (l'esercizio del commercio ambu

lante fuori dell'area del mercato comunale) ha proposto

opposizione al pretore. In relazione alla data di notificazione del provvedimento che

irrogava la sanzione, le opposizioni, predisposte tutte dal medesi

mo legale, secondo un unico modello, sono state raggruppate in

quattro ricorsi cumulativi, in ciascuno dei quali si leggeva che

le procure ad litem dei ricorrenti erano contenute negli atti alle

gati, aventi forma di ricorso individuale, ma che si riassumevano

nel ricorso collettivo, essendo identiche le fattispecie ed unica l'au

torità ingiungente.

Dall'ispezione degli atti, cui questa Corte di cassazione può

legittimamente procedere, trattandosi di vizi in procedendo, emerge l'esattezza della formula impiegata per significare quel che era

concretamente avvenuto.

Il legale aveva per ciascuna delle ingiunzioni opposte (o per ciascun gruppo di ingiunzioni riguardanti il medesimo soggetto)

predisposto un fac-simile di provvedimento, ciascun esemplare ri

sultando completo degli elementi specificanti (generalità dell'in

giunto, estremi della contestazione e dell'ingiunzione) nel

riempimento degli opportuni spazi vuoti e corredato dalla procu ra in calce con certificazione di autentica.

Tutte queste certificazioni recano date anteriori a quella del

deposito in cancelleria dell'unico ricorso riassuntivo del gruppo di opposizioni considerato (come specificato in narrativa si tratta

di quattro ricorsi collettivi che sono stati riuniti insieme ad una

opposizione individuale) che non conteneva una nuova procura, ma si richiama alle procure apposte in ciascuno dei modelli speci fici di ricorso ricapitolati in quello formalmente predisposto per la notifica con il pedissequo decreto pretorile.

Si tratta di valutare la ritualità o meno di tale modus proce

dendi, di adozione di procura globale per relationem alla stregua del disposto dell'art. 83, 3° comma, c.p.c. (correlato all'art. 125).

Nonostante la singolarità del caso in esame il problema giuridi

co da affrontare e risolvere non presenta profili di novità concet

tuale, poiché ripetutamente questa corte di legittimità ha avuto

modo di pronunciarsi al riguardo, anche se gli orientamenti giuris

prudenziali non sono ancora univoci, oscillando le decisioni, ab

bastanza frequenti in materia, fra i due poli di un rigorismo for

male il cui supporto garantistico sul piano logico giuridico riesce

di difficile individuazione, e di una visione più aperta al rispetto del valore finalistico delle disposizioni processuali da interpreta

re, comportante che quando l'atto abbia raggiunto lo scopo, sul

la base del canone segnato dall'art. 156 c.p.c., si deve ritenere

sanata la nullità.

La fattispecie è emblematica, evidenziando il paradosso di un

non liquet ancorato su posizioni di assoluto ed ingiustificato ri

gore attraverso una motivazione che per un verso non è attenta

a cogliere il proprium della fattispecie, che non consisteva nel

valutare gli effetti di una procura non apposta su un atto secon

do gli estremi tipici della «incorporazione», ma nello stabilire se, ferma restando la non riconducibilità del caso in esame al model

lo della «incorporazione» e dovendosi riconoscere la perpetrata

violazione dell'art. 83, 3° comma, c.p.c., tale violazione fosse

suscettibile, o meno, di determinare la nullità, nell'ottica del rag

giungimento dello scopo. E per altro verso, come inevitabile effetto

n. 69, e inoltre Cass. 14 maggio 1980, n. 3181, id., Rep. 1980, voce

Appello civile, n. 119. La Cassazione è univoca nel ritenere che un foglio contenente la procura separato dall'atto processuale, o semplicemente ap

puntato ad esso, ma senza «fare corpo» con l'atto medesimo, non confe

risce un valido mandato alle liti; v. sent. 20 novembre 1983, n. 7155,

id., Rep. 1983, voce Procedimento civile, n. 57; 16 ottobre 1979, n. 5408,

id., Rep. 1979, voce cit., n. 131; 7 settembre 1978, n. 4048, id., Rep.

1978, voce cit., n. 56; 7 febbraio 1962, n. 238, id., Rep. 1962, voce cit., n. 93; e inoltre Cass. 18 agosto 1983, n. 5398, id., Rep. 1983, voce cit., n. 59.

Infine, si ricorda che la procura non deve essere necessariamente evi

denziata a margine o in calce all'atto, essendo sufficiente che il mandato

si possa desumere dal complesso dell'atto, e sia sottoscritto congiunta mente dal difensore e dalla parte; v. Cass. 11 gennaio 1978, n. 84, id.,

Rep. 1978, voce cit., n. 50.

Il Foro Italiano — 1989.

della non precisa puntualizzazione del thema decidendum, risulta

carente, in punto di diritto, nella ricognizione degli indirizzi giu

risprudenziali sul tema che proprio per la loro non omegeneità

postulavano una ben precisa presa di posizione del giudicante. Il rigorismo apodittico del pretore risulta tanto più ingiustifica

to in quanto, come egli stesso ha avuto cura di precisare, l'oppo sizione in tema di sanzione amministrativa può essere proposta

dall'ingiunto personalmente. Nessuna attenzione è stata prestata alla peculiarità della situazione di fatto nella contrapposizione fra

ricorso collettivo e ricorso individuale cui inerivano regolari pro cure di cui il meccanismo propositivo del ricorso in opposizione mediante deposito degli atti contestuale al deposito del ricorso, assicura la verifica dell'anteriorità del conferimento alla notifica

zione, consentono al comune opposto di prendere visione degli atti allegati e verificare se effettivamente, come si affermava nel

ricorso collettivo, le singole procure individuali fossero state ri

tualmente rilasciate.

La fattispecie rappresenta l'evidente riprova degli effetti distor

sivi cui conduce un vuoto formalismo, non più sorretta dai valori

a tutela dei quali il precetto era stato dettato, corroborando l'o

rientamento che il collegio ritiene di adottare.

Il ricorso deve essere accolto dato che le procure al difensore,

apposte in atti diversi da quello indicati nell'art. 83, 3° comma,

c.p.c. devono ritenersi idonee alla rituale instaurazione del rap

porto processuale perché gli atti che le contengono sono stati de

positati al momento della costituzione in giudizio senza che la

controparte abbia sollevato contestazioni di sorta (né tanto meno

contestazione specifica) in ordine alla esistenza e tempestività del

le procure sicché non può più essere messa in dubbio la riferibili

tà dell'attività del difensore alla parte (cfr. Cass. 2651/86, Foro

it., Rep. 1986, voce Procedimento civile, n. 39; 789/86, ibid.,

n. 40; 6838/83, id., Rep. 1983, voce cit., n. 52; 6048/85, id., Rep. 1985 voce cit., n. 58; 6571/83, id., Rep. 1983, voce cit.,

n. 50; 4179/83, ibid., n. 55; 6155/82, ibid., n. 51; 4887/82, ibid., n. 54; 3034/82, id., Rep. 1982, voce Ingiunzione (procedimento), n. 22; 4060/79, id., Rep. 1979, voce Procedimento civile, n. 106;

3930/77, id., Rep. 1977, voce cit., n. 70; 2657/67, id., Rep. 1968, voce cit., n. 71).

Va sottolineato al riguardo che si sarebbe dovuto trattare di

una contestazione sufficientemente puntuale e quindi specifica (cfr. Cass. 2651/86, cit.) non potendo bastare una formula assoluta

mente generica e di stile per escludere il raggiungimento dello

scopo perseguito dalla legge con la prescrizione di tale formalità.

Sembra al collegio che l'esposto orientamento giurisprudenzia le debba essere privilegiato: sia perché più rispettoso della tutela

dei diritti che, quale valore supremo dell'ordinamento processua

le, nel raccordo fra gli art. 24 e 113 Cost., rappresenta il fonda

mentale obiettivo su-cui orientare l'esegesi delle norme positive,

onde assicurare al cittadino di potere introdurre in giudizio la

propria domanda, specie quando il preteso vizio formale, a se

guito di procedimenti impugnatori, non potrebbe più essere ripa

rato attraverso la rinnovazione dell'atto, sancendo la decadenza

del termine la definitiva perdita del diritto.

Il sistema garantistico formale nel dubbio va inteso, fatte salve

le ragioni sistematiche che Io informano, in modo da assicurare

la più larga tutela possibile con il minimo indispensabile di «osta

coli» la cui definizione deve essere estremamente chiara ed evidente.

Nella scelta fra più opzioni interpretative, tutte in diversa guisa

plausibili, l'interprete si deve orientare a favore di quella che rap

presenti un allargamento della proiezione processuale della tutela

dei diritti delle parti. 2. - Il ricorrente, dopo aver dato conto dell'operata scelta, de

terminata da ragioni economiche (si volle presentare un solo ri

corso conglobante più opposizioni per evitare di effettuare tanti

depositi quanti erano i ricorsi in opposizione) e da ragioni prati che (trattandosi di opposizioni assolutamente identiche nel pre

supposto di fatto e nei motivi di diritto, raggruppate in relazione

all'epoca di notifica delle ordinanze-ingiunzione spiccate dal sin

daco), denuncia la sentenza del Pretore di Udine per violazione

o falsa applicazione delle norme del codice di rito e (specifica

mente degli art. 83, 125, 156 e 157 c.p.c.) nonché per difetto

di motivazione.

L'impugnata sentenza, dopo aver richiamato una pronuncia di

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PARTE PRIMA

questa Suprema corte secondo cui è ammissibile il rilascio della

procura su foglio allegato che faccia corpo con uno degli atti

elencati nel 3° comma dell'art. 83 c.p.c. avrebbe escluso, immoti

vatamente, l'applicabilità di tale principio al caso di specie. Si osserva al riguardo che il «far corpo» con l'atto specificato

nell'art. 83, 3° comma, c.p.c. non può essere inteso restrittiva

mente come «materiale congiunzione» di carte attraverso punti

metallici, grappette, spille, cuciture con filo, incollaggio e simili

espedienti o ganci. Ritiene il collegio che l'argomentazione svolta per contestare

la decisione sul punto del pretore non sia corretta.

Sviluppando le già accennate considerazioni, la soluzione va

cercata non tanto sforzando il significato dell'art. 83, 3° comma,

c.p.c. sul piano del precetto, allargandone al massimo la portata,

quanto piuttosto restringendo l'ambito della sanzione di nullità,

da ritenere inapplicabile tutte le volte in cui la procura, pure es

sendo stata apposta su un atto diverso da quelli tassativamente

indicati dalla norma, consenta di accertare con sicurezza il rag

giungimento dello scopo di riferibilità dell'attività del procurato re alla parte e quindi della rituale instaurazione del rapporto

processuale.

Proprio perciò il concetto di «incorporazione» riferito al pre cetto deve essere inteso in senso materiale e meccanicistico trat

tandosi di stabilire (proprio con l'aiuto di filo, colla, grappette metalliche e altri spedienti siffatti) se l'atto tipico, nella sua for

ma documentale cartacea, contiene un prolungamento sul quale è redatta la procura che forma un «tuttuno» con il foglio cui

accede e di cui viene a costituire parte anche e soprattutto dal

punto di vista materiale; ed è evidente che per raggiungere il ri

sultato di estendere materialmente il foglio di carta in cui è steso

l'atto processuale ad altro foglio contenente la procura occorre

un legame (non già logico ma) di carattere materiale e meccanico.

Nell'ottica in cui il collegio si colloca, si tratta di ripudiare il criterio della incorporazione materiale per cogliere il nesso di

inerenza giuridica funzionale in quanto i singoli atti coordinati

nella sequenza processuale «fanno corpo» con il precetto secon

do un legame logico finalistico che può essere valorizzato, cosi

come il collegio intende fare, per consentire di affermare nemine

contradicente, qualora eccezioni puntuali non siano state mosse

al riguardo, che il rapporto processuale, tramite quel procurato

re, viene a concernere una determinata parte. 3. - Ai sensi dell'art. 83, 3° comma, c.p.c., la procura alle

liti può essere anche apposta in calce, o a margine, della citazio

ne, del ricorso, del controricorso, della comparsa di risposta, di

intervento, del precetto, o della domanda di intervento nell'ese

cuzione; in tali casi l'autografia della parte deve essere certificata

da difensore.

Ma, qualora la procura speciale sia rilasciata in calce o a mar

gine di un atto del processo diverso da quelli che si sono appena elencati e tale atto venga depositato al momento della costituzio

ne in giudizio, senza contestazione da parte degli avversari, la

esternazione del rapporto processuale deve ritenersi valida, essen

do stato ugualmente raggiunto lo scopo avuto di mira dalla legge con la prescrizione delle formalità.

In tali situazioni di raggiungimento dello scopo non può scat

tare, quindi, il meccanismo per cui, quando non sussista il colle

gamento fra gli atti tipici enunciati e la procura per il conferimento

della rappresentanza processuale, occorre provvedere mediante atto

pubblico e scrittura privata autenticate.

Se la procura speciale viene conferita al difensore su un atto

non compreso fra quelli indicati nell'art. 83 c.p.c., si verifica una

nullità che però è sanata ove non sia stata fatta valere dalla con

troparte nella prima difesa.

Pertanto nel caso in cui la procura venga depositata al momen

to della costituzione in giudizio senza contestazione ex adverso

il rapporto processuale risulta ritualmente instaurato, dovendosi

ritenere raggiunto lo scopo; occorre tracciare, pertanto, il confi

ne concettuale fra inerenza per incorporazione e inerenza logico

giuridico che permetta con sicurezza di collegare l'attività procu ratoria alla parte, rendendo possibile all'interessato di cogliere le componenti essenziali e caratterizzanti di tale nesso.

Infatti, in tanto la sanatoria opera in quanto l'atto su cui è

stata apposta la procura sia un atto del processo depositato al

momento della costituzione in giudizio, e quindi noto alla con

troparte. Secondo la giurisprudenza non può considerarsi valida la pro

li Foro Italiano — 1989.

cura apposta su un foglio di carta da bollo, separato dalla com

parsa di costituzione, attaccato con una semplice spilla alla com

parsa medesima e recante data diversa da quella apposta alla

comparsa stessa; e si è ritenuta tale invalidità rilevabile d'ufficio

ed insuscettibile di sanatoria per mancata contestazione dalla con

troparte, trattandosi di atto assolutamente inidoneo al conferi

mento della procura (Cass. 4048/78, id., Rep. 1978, voce cit.,

n. 56). Nel caso qui considerato il giudice ha negato qualificazione

di atto processuale al foglio di carta bollata contenente la procu ra. Vero è, invece, e in ciò può convenirsi con il ricorrente, che

la nozione di atto processuale da accogliere è quella lata, riferita

cioè a qualunque elemento del processo di realizzazione della tu

tela giurisdizionale. Ciò posto sembra indubitabile che, contenendo il foglio sicura

mente il conferimento della procura, ed essendo certa l'intenzio

ne di porre in essere tale atto, non era sub iudice la qualificazione

contenutistica dell'atto, ma la sua ritualità, ferma restando la certa

qualificazione, nell'interazione fra sfera giuridica processuale della

parte rappresentata e ius postulandi del procuratore. Può convenirsi con l'impugnata sentenza che il foglio «separa

to» contenente la procura non costituiva elemento «facente cor

po» con l'atto processuale tipico cui si riferiva, dal momento che

la semplice spillatura non realizzava, dal punto di vista giuridico, una unione sufficientemente stabile per far ritenere che si trattas

se di un unico atto processuale redatto su più fogli, l'ultimo dei

quali si presentava come spazio, in calce all'atto, idoneo a conte

nere la procura ex art. 83, 3° comma, c.p.c. (e in effetti questa corte di legittimità ha ritenuto che non può ritenersi apposta su

foglio separato la procura ad litem scritta su foglio di carta bol

lata aggiunto alla citazione ed alla comparsa riempito fino in fondo

e cucita ad essa: cfr. Cass. 238/62, id., Rep. 1962, voce cit., n. 93). Anche di recente, nelle sentenze 5398/83 (id., Rep. 1983, voce

cit., n. 59), 7155/83 (ibid., n. 57) e 4048/78, cit., è stato ribadito che il potere di certificare l'autografia della sottoscrizione della

parte che gli rilasci la procura da parte del procuratore è condi

zionato al rilascio della procura stessa in uno degli atti tassativa

mente indicati nella disposizione dell'art. 83, 3° comma, c.p.c., ovvero su un foglio allegato che faccia corpo con essi; per cui

è da escludere la validità della procura ad litem rilasciata con

scrittura separata, su foglio staccato dall'atto introduttivo del giu

dizio, unito ad esso con una «spilletta» recante data diversa e

senz'altro riferimento all'atto medesimo. E si è aggiunto che gli elementi di certezza circa l'esistenza e la tempestività del rilascio

non possono essere integrati con elementi esterni all'atto, doven

do risultare, invece, dal contesto dell'atto, onde poter essere im

mediatamente percepiti dal giudice. Lascia perplessi l'illazione rigoristica che, dopo l'esatta nota

zione che per la precarietà degli elementi di unione materiale fra

ricorso e procura nega l'incorporazione, rifiuta a priori secca

mente il collegamento funzionale e quindi l'idoneità dell'atto al

raggiungimento dello scopo, postulando per un verso la rilevabi

lità d'ufficio della nullità e per altro verso la insanabilità del vizio.

Ma è di tutta evidenza che la species, rispetto al genus della

sanabilità, non presenta elementi di caratterizzazione negativa e

restrittiva; anzi la spillatura sta a sottolineare, seppure in un mo

do non congruo perché non assicura la stabilità del collegamento, la volontà di riferire l'attività procuratoria alla parte.

L'assoluta inidoneità dell'atto al conferimento della procura da cui muove la decisione è espressione, pertanto, di una apriori stica opzione, del tutto ingiustificata, nella sua severità.

Non è affatto vero che l'atto rivestito di queste forme impro

prie non sia assolutamente idoneo al raggiungimento dello scopo,

giacché, mediante il deposito in cancelleria, all'atto della costitu

zione, del complesso della documentazione, emerge che si è volu

to far ricorso all'opera di quel difensore che non ha assunto sua

sponte la rappresentanza delle parti, ma si è indotto al compi mento dell'attività procuratoria perché ne è stato adeguamente investito.

Nella situazione di specie, inoltre, questo collegamento risulta

va con assoluta sicurezza, perché i singoli opponenti non si erano

limitati a rilasciare la procura su un pezzo di carta purchessia, ma l'avevano fatto in calce ad un atto formalmente idoneo all'in

staurazione del rapporto processuale di opposizione alla ordinanza

ingiunzione; ed il ricorso collettivo conteneva una puntuale rela

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

tio ai singoli atti individuali, sicché, nonostante la complessità dell'atto introduttivo plurimo, sarebbe stato estremamente age vole per il comune di Udine effettuare il riscontro.

Anzi, può soggiungersi, che era proprio il carattere collettivo

del ricorso e la pluralità dei ricorsi individuali collegati riguar danti una tipica situazione di illecito amministrativo per la cui

contestazione gli «ambulanti» si erano rivolti al medesimo legale, a rendere avvertiti che tutti gli interessati avevano fatto, in qual che modo, fronte unico contro la pretesa sanzionatoria del comune.

4. - La linea seguita dal pretore appare censurabile per aver

tratto dalla non puntuale rispondenza delle procure contenute nei

ricorsi collettivi al modello di cui all'art. 83, 3° comma, c.p.c., l'illazione che occorresse imprescindibilmente, senza possibilità di

sanatoria, il conferimento della procura con atto pubblico o scrit

tura privata autenticata. E poiché le procure non erano contenute

nel ricorso collettivo, ma in quelli individuali allegati, si è ritenu

to, nella decisione impugnata, che le procure non fossero regolari

formalmente, escludendo che il caso di specie potesse ricondursi

a quello in cui il foglio allegato faceva effettivamente corpo con

l'atto cui ineriva.

Ritiene il collegio che, nel riscontrare una discrasia fra modello

legale e situazione di specie e nel negare che tale situazione non

fosse riconducibile a quella della «incorporazione», il pretore ab

bia ben ragionato; e che l'addebito da rivolgere alla sentenza im

pugnata sia, invece, quello di non avere ipotizzato, e verificato

in concreto, la sanabilità del riscontrato vizio formale, esauren

dosi la motivazione sul punto in una categorica, indimostrata,

asseverazione circa l'insanabilità del vizio.

Effettivamente, l'affermazione avrebbe potuto trovare l'avallo

di talune decisioni di questa corte. Ma un'indagine giurispruden

ziale meno superficiale avrebbe consentito al pretore di venire

a conoscenza della divaricazione di indirizzi sul punto, compor

tante necessariamente l'onere di motivare adeguatamente per giu

stificare l'accolta soluzione.

In effetti, nell'ipotesi frequente nella pratica, in cui la procura

per l'appello veniva rilasciata sulla copia notificata della sentenza

di primo grado, la giurisprudenza di questa corte, muovendo dal

convincimento della tassatività della elencazione contenuta nel più

volte citato art. 83, 3° comma, c.p.c. e della insanabilità del vizio

derivante dal mancato rispetto di tale tassatività ha rilevato d'uf

ficio il vizio (Cass. 3181/80, id., Rep. 1980, voce Appello civile,

n. 119); mentre altre volte, e più frequentemente ha richiamato

il principio della sanabilità del vizio per raggiungimento dello scopo

(Cass. 3571/77, id., 1977, I, 2139; 2786/79, id., Rep. 1979, voce Procedimento civile, n. 113; 6482/79, ibid., n. Ili; 1466/80, id., Rep. 1980, voce cit., n. 81).

Anche la dottrina plaude agli orientamenti antiformalistici del

la giurisprudenza, convenendo sulla «sformalizzazione» mirata al

conseguimento dello scopo ove il raggiungimento del fine emerga

con sicurezza dall'atto di conferimento della procura; anzi addi

rittura si applica che in futuro possa ammettersi il mandato taci

to a favore dell'avvocato che si costituisca nel singolo processo.

Essendo separati gli atti, e non potendo le procure in mancan

za di «cuciture», considerarsi apposte in calce al ricorso colletti

vo, acquista determinante rilievo ai fini della sanatoria la

circostanza che tutte le procure medesime vennero depositate al

momento della costituzione della parte e che perciò malamente

viene invocato dal pretore l'art. 125, 2° comma, c.p.c., coinci

dendo nella procedura per ricorso la costituzione con la presenta

zione del fascicolo degli atti allegati al ricorso, unitamente al ricorso

medesimo alla cancelleria.

La difesa del comune definisce «avveniristica» la massima trat

ta dalla sentenza 4887/82, cit., espressiva del principio che il col

legio intende adottare. Ma, come risulta dai precedenti richiami

giurisprudenziali, non si tratta di massima isolata e superata da

un successivo univoco orientamento giurisprudenziale.

Riconosce il resistente che la soluzione cui detta massima per

viene sarebbe auspicabile de iure condendo, ma contesta che essa

sia conforme al diritto positivo vigente, ricollegando il proprio

dissenso de iure condito alla tassatività della elencazione di atti

contenuta nell'art. 83, 3° comma.

Il punctum saliens della causa, come si è già sottolineato, non

sta nel riconoscimento del vizio, sibbene nella valutazione circa

la sanabilità, o insanabilità del vizio stesso.

Contratto la sanabilità non giova obiettare che non sarebbe

possibile riscontrare l'anteriorità della procura rispetto alla data

Il Foro Italiano — 1989.

di costituzione della parte rappresentata dal procuratore, in quanto

ogni ricorso collettivo, dipendendo lo scaglionamento delle oppo sizioni in cinque tronconi dalla diversità di date di notificazione delle ingiunzioni, risulta depositato in un certo giorno rispetto

al quale è ben possibile verificare l'anteriorità rispetto alla data

apposta in sede di autenticazione, dovendosi comunque postulare detta anteriorità in re ipsa, dal momento che il deposito del ricor

so e quello dei documenti allegati, ivi comprese le procure indivi

duali, è avvenuto contestualmente.

Non ha senso, perciò, ipotizzare che l'art. 125 c.p.c. non sia

stato rispettato, bastando al riguardo esaminare hic et nunc se

con riferimento a ciascuna delle parti del ricorso collettivo sia

stata depositata specifica procura recante una data, resa certa

con riguardo al momento del deposito in cancelleria degli allegati al ricorso, per potere stabilire se la procura effettivamente si esten

de a tutte le parti del ricorso collettivo nel rispetto del citato

art. 125, 2° comma, in relazione alla prescritta apposizione di

una data di sicura anteriorità.

Non è logico argomentare in astratto che tale norma avrebbe

potuto non essere stata rispettata per giungere alla conclusione

che non lo sia stata in concreto senza effettuare l'agevole riscon

tro da cui sarebbe emersa, come sicurezza, l'anteriorità di tutte

le sottoscrizioni e di tutte le autentiche alla data di deposito del

ricorso collettivo cui inerivano.

Il punto cardine da affrontare e risolvere resta dunque solo

quello della sanabilità ed insanabilità del vizio.

Orbene, anche a voler escludere che la procura ad litem possa essere apposta su atti processuali diversi da quelli indicati nel 3°

comma dell'art. 83 c.p.c. (cosi invece Cass. 6156/86), la nullità

che ne consegue deve ritenersi sanata se l'atto venga depositato al momento della costituzione in giudizio senza contestazione del

controinteressato, in relazione all'avvenuto raggiungimento dello

scopo di certezza della esistenza e della tempestività della procu

ra, nonché di riferibilità alle parti dell'attività del procuratore

(Cass. 4179/83, cit.). Conseguentemente, pur costituendo la procura il presupposto

della valida costituzione del rapporto processuale (Cass. 120/80,

id., Rep. 1980, voce cit., n. 88) alla stregua del prevalente, e

pienamente persuasivo, orientamento della giurisprudenza di questa

Corte di cassazione deve riconoscersi che, in caso di mandato

alle liti non conferito in uno degli atti indicati nell'art. 83 c.p.c., ma con scrittura separata, risultando la sottoscrizione del man

dante autenticata, ciò nonostante dal difensore, se la controparte

non contesta l'autenticità della sottoscrizione, l'atto risulta ugual

mente idoneo al raggiungimento dello scopo, con conseguente va

lidità della costituzione del rapporto processuale. La procura apposta in calce ad un atto diverso da quelli elen

cati dall'art. 83 c.p.c. deve ritenersi, dunque, idonea alla instau

razione di un valido rapporto processuale qualora detto atto sia

stato depositato al momento della costituzione in giudizio e la

controparte non abbia sollevato contestazioni sulla regolarità e

tempestività del mandato; dovendosi ulteriormente precisare che

le eccezioni vanno formulate «in termini specifici» non bastando

che la parte si limiti a dedurre genericamente l'invalidità, perché

il conferimento non è avvenuto in uno degli atti contemplati nel

cit. art. 83, 3° comma, rilevando la non conformità formale del

l'atto allo schema legale, ma dovendosi evidenziare la inidoneità,

per effetto di tale discrepanza, al raggiungimento dello scopo a

tutela del quale è stata imposta l'osservanza delle richiamate for

malità.

A coronamento del discorso qui svolto giova sottolineare che

la giurisprudenza si viene attestando nel senso della sanabilità,

per escludere la quale non basta nemmeno una contestazione ge

nerica occorrendo che il controinteressato evidenzi gli specifici

motivi che impediscono nel caso concreto il raggiungimento dello

scopo. Si devono, pertanto, ritenere superati, e comunque non incon

trano l'avallo del collegio, gli orientamenti giurisprudenziali se

condo cui, qualora la procura venga conferita con scrittura privata,

la sua autenticità deve risultare nei modi ordinari fra i quali non

rientra la certificazione del difensore restando altrimenti inficiato

l'atto da nullità che non potrebbe essere sanata dalla mancata

contestazione della controparte (cfr. da ultimo in tal senso Cass.

5790/80, id., Rep. 1986, voce cit., n. 33; 5398/83, cit.). 6. - In conclusione il ricorso principale risulta giuridicamente

fondato.

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PARTE PRIMA

Stante la ritualità dell'instarurazione del rapporto processuale, per quanto attiene allo ius postularteli il pretore potrà esaminare le eccezioni di rito e di merito che attengono alle opposizioni

proposte per stabilire specificamente se e quali delle opposizioni stesse risultino tardive.

Ne consegue l'inammissibilità del ricorso incidentale subordi

nato per carenza di interesse attuale della parte che l'ha proposto la quale, essendo risultata interamente vittoriosa, non aveva ra

gione di cautelarsi su eccezioni e difese non esaminate dal pretore e quindi comunque riproponibili in sede di rinvio.

CORTE DI CASSAZIONE; sezione I civile; sentenza 18 giugno 1988, n. 4172; Pres. Scanzano, Est. Lupo, P.M. Lo Cascio

(conci, conf.); Comune di Riccione (Avv. L. Rossi) c. Yoko

(Aw. Menzani, Dallari) ed altri. Cassa App. Bologna 13 mag

gio 1986.

Espropriazione per pubblico interesse — Stima dell'indennità —

Giudizio di opposizione — Sopravvenuta nuova stima — Inda

gine del giudice adito — Estensione (L. 22 ottobre 1971 n. 865,

programmi e coordinamento dell'edilizia residenziale pubblica; norme sull'espropriazione per pubblica utilità; modifiche ed in

tegrazioni delle leggi 17 agosto 1942 n. 1150, 18 aprile 1962

n. 167, 29 settembre 1964 n. 847, ed autorizzazione di spesa

per interventi straordinari nel settore dell'edilizia residenziale,

agevolata e convenzionata, art. 19). Strade — Espropriazione per opere stradali — Stima dell'inden

nità — Criteri (L. 25 giugno 1865 n. 2359, espropriazioni per causa di pubblica utilità; 1. 12 febbraio 1958 n. 126, classifica zione e sistemazione delle strade per uso pubblico, art. 16, 17,

23; 1. 21 aprile 1962 n. 181, modifiche alla 1. 7 febbraio 1962 n. 59, concernente il riordinamento strutturale e la revisione

dei ruoli organici dell'Anas, art. 4, 6).

Espropriazione per pubblico interesse — Stima dell'indennità —

Vincolo d'inedificabilità sui suoli espropriati — Rilevanza —

Fattispecie (L. reg. Emilia Romagna 7 dicembre 1978 n. 47, tutela ed uso del territorio, art. 33).

Va confermata la sentenza che estende, alla controversia insorta a seguito dell'opposizione avverso una prima stima del valore

dei beni espropriati, i criteri impiegati nella nuova stima adot

tata a rettifica, non essendo necessario che quest'ultima formi

oggetto di autonoma opposizione. (1)

(1) In motivazione, è richiamata Cass., sez. un., 8 luglio 1985, n. 4091

(Foro it., 1985, I, 1946), pronuncia nella quale, a fronte della declarato ria d'incostituzionalità della 1. 385/80 (Corte cost. 19 luglio 1983, n. 223, id., 1983, I, 2057), i giudici di legittimità, risolta la suddetta questione richiamando i criteri indennitari di cui alla 1. 2359/1865 (da ultimo, cfr. anche Cass. 14 ottobre 1988, n. 5599, id., 1989, I, 104, con nota di ri

chiami), coglievano l'occasione per riaffermare alcuni principi 'di pacifi co assenso', come F. Pietrosanti rileva a margine della succitata sentenza. Fra tali principi, è rilevante la considerazione del giudizio di opposizione alla stima come giudizio ordinario di cognizione «nel quale l'autorità giu diziaria nuovamente ed autonomamente procede alla determinazione del l'indennizzo sulla scorta dei criteri vigenti al tempo della definizione del

giudizio medesimo», non implicando la declaratoria d'incostituzionalità di quei criteri, intervenuta medio tempore, la necessità di una rinnova zione dell'opposizione stessa. Questo principio è applicabile a fortiori nella

fattispecie esaminata (e risolta) dalla Cassazione nella sentenza in rasse

gna, ed infatti è ripreso pressoché ad litteram in motivazione. Sulla ordinarietà del giudizio di opposizione alla stima dell'indennità,

sulla sua piena legittimità costituzionale, e, al tempo stesso, sulla sua 'specialità', Cass. 22 febbraio 1989, n. 1002, inedita; 12 febbraio 1988, n. 1533, id., Mass., 226; 20 novembre 1987, n. 8563, id., Rep. 1987, voce Espropriazione per p.i., n. 262; 3 agosto 1987, nn. 6685 e 6686, ibid., nn. 157, 158; 22 maggio 1987, n. 4638, ibid., n. 175; 27 marzo 1987, n. 3007, ibid., n. 156; 17 febbraio 1987, n. 1699, ibid., n. 151; 11 febbraio 1987, n. 1480, ibid., n. 259; 22 dicembre 1986, n. 7830, id., Rep. 1986, voce cit., n. 273; 5 dicembre 1986, n. 7214, ibid., n. 165; 6 novembre 1986, n. 6488, id., 1986, I, 3000; 30 ottobre 1986, n. 6364, id., Rep. 1986, voce cit., n. 160; 23 settembre 1986, n. 5708, ibid., n. 162; 20 maggio 1986, n. 3336, ibid., n. 167; 27 luglio 1985, n. 4372, id., Rep. 1985, voce cit., n. 164; 17 luglio 1985, n. 4214, ibid., n. 152.

Il Foro Italiano — 1989.

Va confermata la sentenza che abbia ritenuto inapplicabili, nel

l'espropriazione per opere stradali, i criteri previsti dall'art. 23

l. 126/58 alle strade comunali, che non godano dei contributi

del ministero dei lavori pubblici, ai sensi dell'art. 4 I. 181/62. (2) È errata la determinazione del valore dei beni espropriati che non

tenga conto dell'incidenza negativa di un vincolo d'inedificabi

lità, fissato da una legge regionale, non indennizzabile (nella

specie, trattasi del divieto posto da una legge dell'Emilia Ro

magna a costruire per una fascia di profondità di almeno tre

cento metri dal limite demaniale della spiaggia). (3)

(2) Questione nuova.

L'applicazione dell'art. 4 1. 21 aprile 1962 n. 181, legge che ha riordi

nato, nella struttura e nell'organico, l'Anas, non ha prodotto, per quanto consta, contenzioso di rilievo, eccezion fatta per Cons. Stato, sez. V, 16 febbraio 1971, n. 109 (Foro it., 1971, III, 156).

(3) Fra le sentenze richiamate in motivazione, figura Corte cost. 22

giugno 1971, n. 133 (Foro it., 1971, I, 1777): il giudice di legittimità ha evidentemente visto, nei limiti imposti dall'art. 33 1. reg. Emilia Ro

magna 7 agosto 1978 n. 47 all'edificabilità entro trecento metri dalla stri scia demaniale della spiaggia, una parentela abbastanza stretta con i limiti di rispetto imposti senza indennizzo ai proprietari di terreni confinanti con autostrade dalla 1. 24 luglio 1961 n. 729, e giudicati conciliabili con il sistema costituzionale dal giudice delle leggi nella sentenza 133/71, già richiamata. Anche quest'ultima pronuncia, tuttavia, vantava un ascen dente illustre in Corte cost. 29 maggio 1968, n. 56 (id., 1968, I, 1361).

Il Leitmotiv rintracciabile nelle tre sentenze citate, partendo da que st'ultima per arrivare a quella in rassegna, è comunque l'individuazione di una categoria «a contorni certi» (per esprimersi con G. Morbidelli, Contenuto 'essenziale' del diritto dì proprietà sul suolo, strade, fasce di

rispetto, in Giur. costit., 1971, 1541), sulla quale si riverberano i vincoli non indennizzabili. Ebbene, quest'individuazione è alla base anche delle scelte dei giudici di legittimità nella sentenza in epigrafe, allorché essi

parlano di divieto che «concerne tutti i cittadini in quanto proprietari di determinati beni, e non per le loro qualità e condizioni e, dal punto di vista oggettivo, riguarda beni individuati per categoria derivanti dalla loro localizzazione».

Ma che senso ha il richiamo, da parte della giurisprudenza costituzio nale e di cassazione, di una nozione tanto magmatica, quale quella di

'categoria di beni'? Secondo S. Rodotà, Rapporti economici, in Com mentario alla Costituzione, a cura di G. Branca, Bologna-Roma, 1971, 131, in nota, in questi decisa «emerge una propensione a reinterpretare il riferimento alla nozione dei beni, al fine di escludere l'indennizzabilità dei vincoli, nel senso di individuazione di qualità oggettive del bene, ri

spetto alle quali non deve spiegarsi quell'attività discrezionale da parte dell'amministrazione che rappresenta il vero obiettivo contro il quale si

volge tanta parte della giurisprudenza costituzionale in tema di espropria zione e vincoli espropriativi».

La linea discriminante, quindi, fra questi vincoli non indennizzabili ed i vincoli per i quali l'indennizzo viene, al contrario, corrisposto, sarebbe determinata dalla legge: il che si raccorderebbe a quanto lo stesso a. os servava a proposito di Corte cost. 29 maggio 1968, n. 55, Foro it., 1968, I, 1361, pronunzia che ruota intorno a vincoli aventi carattere di imposi zioni a titolo particolare e che pertanto devono essere indennizzati, pro prio perché ledono il diritto di proprietà, il quale, invece, può solo

legislativamente essere conformato.

Questa dialettica 'limitazioni in via generale-imposizioni a titolo parti colare', o, se si preferisce, 'conformazione legislativa del diritto di proprietà atti singolari che alterano tale diritto' risulta vieppiù confermata da tutta la giurisprudenza successiva alle due sentenze della Consulta del 1968, le cui tracce vengono fedelmente (o quasi) seguite: si veda, sul fronte dei limiti non indennizzabili, Cass. 14 luglio 1983, n. 4830, id., Rep. 1983, voce Espropriazione per p.i., n. 166 e 10 agosto 1982, n. 4470, id., Rep. 1982, voce cit., n. 84, richiamate nella motivazione della senten za in epigrafe, cui adde Cass. 26 marzo 1988, n. 3545, id., Mass., 398

(con un'interessante 'variazione sul tema'); 13 novembre 1987, n. 8344, id., Rep. 1987, voce cit., n. 277; 29 settembre 1987, n. 7317, ibid., n.

306; 6 aprile 1982, n. 2107, id., Rep. 1982, voce Strade, n. 20. Più nume rosa la giurisprudenza in tema di vincoli indennizzabili: Cass. 21 maggio 1988, n. 3545, id., Mass., 521; 17 febbraio 1988, n. 1691, ibid., 249; 9 giugno 1987, n. 5018, id., Rep. 1987, voce Trentino-Alto Adige, n.

77; 13 febbraio 1987, n. 1567, ibid., voce Espropriazione per p.i., n.

143; Trib. sup. acque 13 settembre 1985, n. 64, id., Rep. 1985, voce

cit., n. 273; 28 agosto 1985, n. 59, ibid., n. 127; Cass. 9 agosto 1985, n. 4410, ibid., n. 120; 9 maggio 1985, n. 2872, ibid., n. 271; 17 gennaio 1985, n. 121, ibid., n. 124; 5 gennaio 1985, n. 15, ibid., n. 125; 28 giugno 1984, n. 3823, ibid., n. 126; 9 aprile 1984, n. 2260. id., Rep. 1984, voce

cit., n. 113; 3 dicembre 1983, n. 7234, id., Rep. 1983, voce cit., n. 301; 6 giugno 1983, n. 3825, ibid., n. 136; 4 giugno 1983, n. 3802, ibid., n. 294; 28 gennaio 1983, n. 776, ibid., n. 135; 1° giugno 1982, n. 3346,

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