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PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE || sezione I civile; sentenza 6 giugno 1987, n....

Date post: 31-Jan-2017
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sezione I civile; sentenza 6 giugno 1987, n. 4943; Pres. Zucconi Galli Fonseca, Est. Graziadei, P.M. Marinelli (concl. conf.); Basili ed altri. Regolamento di competenza d'ufficio Source: Il Foro Italiano, Vol. 111, PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE (1988), pp. 197/198-199/200 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23181036 . Accessed: 24/06/2014 22:01 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 185.44.78.115 on Tue, 24 Jun 2014 22:01:19 PM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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sezione I civile; sentenza 6 giugno 1987, n. 4943; Pres. Zucconi Galli Fonseca, Est. Graziadei,P.M. Marinelli (concl. conf.); Basili ed altri. Regolamento di competenza d'ufficioSource: Il Foro Italiano, Vol. 111, PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE(1988), pp. 197/198-199/200Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23181036 .

Accessed: 24/06/2014 22:01

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

fatti ignoti che sulla base di esso possono ritenersi in astratto

esistenti, poiché, se cosi non fosse, si attribuirebbe al giudice il

potere di scegliere una qualsiasi tra le varie ipotesi possibili e

si valorizzerebbe una sorta di libero convincimento estraneo al

processo civile. Inoltre, la gravità e precisione dell'unica possibile

presunzione deve essere valutata in relazione alla fattispecie con

creta, poiché lo stesso fatto in un caso può essere sufficiente al

fine di fondarvi una presunzione e in un altro caso può non es

serlo e, conseguentemente, mal si presta ad una valutazione uni

forme per tutte le diverse ipotesi concrete nelle quali viene in

rilievo e deve essere apprezzato. Solo se sia identificato il titolo di reimpiego con i rilevati con

notati di specificità, secondo la previsione del 1° comma dell'art.

86, torna dunque applicabile la norma contenuta nel 2° comma, che postula la esistenza di un «titolo» e consente all'amministra

zione finanziaria di presumere (in tal senso è pacificamente tra

dotta l'espressione «si può accertare» contenuta nel 2° comma) l'esistenza del reddito non risultante dal titolo e la misura even

tualmente diversa da quella risultante dal titolo stesso. Si tratta

di una presunzione, consentita dalla norma tributaria per il solo

fatto dell'accertata esistenza del titolo: che si fonda, appunto, esclusivamente su tale esistenza e non (anche o invece) sul diverso

fatto noto che può fornire presuntivamente la prova del titolo

stesso.

Non sembra, quindi, potersi ritenere che la presunzione posta dal 2° comma costituisca un momento di un'unica presunzione, sia perché il titolo è oggetto della presunzione, utilizzabile come

qualsiasi altro mezzo di prova da parte dell'amministrazione per

acquisire la certezza della sua esistenza, il reddito è invece l'og

getto della presunzione posta dalla norma tributaria; sia perché la seconda opera in un momento logicamente e cronologicamente

successivo, postulando il positivo esaurimento dell'accertamento

del titolo; sia, infine, perché, a differenza della prima presunzio ne che può fondarsi su qualsiasi fatto noto (compreso il possesso del denaro, quando, secondo le circostanze del caso concreto,

consenta, come nella particolare ipotesi esaminata dalla sentenza

n. 934/86, la inferenza del fatto ignoto-reimpiego, con un grado di maggiore probabilità rispetto ad altre, parimenti possibili in

astratto, utilizzazioni del denaro), la seconda si fonda su un uni

co ed esclusivo fatto noto, perché accertato in concreto, che è

il titolo del reimpiego. La naturale fruttuosità del denaro consente, cioè, di presumere

che il denaro dato a mutuo o altrimenti impiegato e il capitale ceduto in rendita perpetua siano produttivi di reddito, ma postu la la esistenza di un titolo di reimpiego, che l'amministrazione

finanziaria deve innanzi tutto accertare e che costituisce — si ri

pete — l'unico fatto noto possibile su cui può fondarsi la presun zione di reddito.

Tale conclusione è, del resto, conforme alla previsione dell'art.

1282, 1° comma, c.c., il quale, salvo che la legge o il titolo stabi

liscano diversamente, collega la produzione d'interessi ai crediti

liquidi ed esigibili di somme di denaro, presupponendo, quindi, l'esistenza di un titolo costitutivo del diritto di credito, coerente

mente con l'epigrafe dell'articolo che ne enunzia il contenuto («in teressi sulle obbligazioni pecuniarie»),

5) Questa corte ritiene, dunque, di doversi uniformare all'indi

rizzo già affermato nella precedente giurisprudenza della prima sezione e confermato dalle sezioni unite, con le precisazioni che

precedono e che possono ritenersi già implicitamente contenute

in quella giurisprudenza, di cui ciò che si è in questa sede osser

vato costituisce l'ulteriore sviluppo; e, in particolare, con il rilie

vo che l'accertamento del titolo del reimpiego da parte dell'am

ministrazione finanziaria può essere compiuto attraverso qualsia si mezzo di prova e quindi anche mediante presunzioni, nel senso

sopra precisato.

Ritiene, inoltre, che nel senso medesimo va corretta la motiva

zione della decisione impugnata, giudicandone tuttavia conforme

al diritto in dispositivo in relazione alle censure in questa sede

formulate dall'amministrazione per sostenere che il possesso di

somme di denaro giustifica, in via di principio, la presunzione della percezione di un reddito, anche quando non sia accertato

lo specifico titolo del riempiego.

6) Pertanto, il ricorso, nei termini in cui è stato proposto, deve

essere rigettato.

Il Foro Italiano — 1988.

CORTE DI CASSAZIONE; sezione I civile; sentenza 6 giugno

1987, n. 4943; Pres. Zucconi Galli Fonseca, Est. Graziadei, P.M. Marinelli (conci, conf.); Basili ed altri. Regolamento di competenza d'ufficio.

Tributi in genere — Commissioni tributarie — Regolamento di

competenza d'ufficio — Ammissibilità (Cod. proc. civ., art.

45; d.p.r. 26 ottobre 1972 n. 636, revisione della disciplina del

contenzioso tributario, art. 39). Tributi in genere — Commissioni tributarie — Competenza terri

toriale — Ubicazione dell'ufficio finanziario (D.p.r. 26 ottobre

1972 n. 636, art. 2, 16).

L'istituto disciplinato dall'art. 45 c.p.c. trova applicazione anche

nel contenzioso tributario per dirimere i conflitti sulla riparti

zione di attribuzioni fra le commissioni tributarie di primo

grado. (1) Nel contenzioso tributario la competenza territoriale è soggetta

al criterio di collegamento dell'ubicazione dell'ufficio che ha

adottato il provvedimento impugnato, indipendentemente dal

domicilio fiscale dell'istante. (2)

Svolgimento del processo. — La commissione tributaria di pri mo grado di Ascoli Piceno, con pronuncia del 12 ottobre 1983, dichiarava la propria incompetenza per territorio a conoscere del

ricorso, in tema di Ilor per l'anno 1980, proposto da Franco Ba

sili, Gino Ballatori ed Agostino Onofri Bianchini, in qualità di

soci della s.n.c. ditta «Badibi» di Franco Basili & C.

La commissione tributaria di primo grado di Fermo, davanti

alla quale la controversia veniva riassunta, ritenendosi a sua vol

ta incompetente, con ordinanza del 2 aprile 1986 richiedeva il

regolamento d'ufficio, ai sensi dell'art. 45 c.p.c. Il ricorso della contribuente, rilevava detta commissione di Fer

mo, configurava impugnazione del «silenzio-rifiuto» opposto dal

l'intendenza di finanza di Ascoli Piceno su istanza di rimborso

afferente il predetto tributo, e, pertanto, ai sensi dell'art. 2, 2°

comma, d.p.r. 26 ottobre 1972 n. 636, la competenza territoriale

doveva essere determinata in base alla sede di detto ufficio.

Le parti non hanno svolto attività difensiva.

Motivi della decisione. — La richiesta di ufficio di regolamen to di competenza è ammissibile e fondata, come sostenuto dal

procuratore generale con le proprie conclusioni scritte.

Quanto all'ammissibilità, si osserva, in adesione al principio

enunciato dalle sezioni unite di questa corte con la sentenza n.

210 del 16 gennaio 1986 (Foro it., 1986, I, 1342) (in sede di oppo

sizione del contrasto insorto nei pregressi orientamenti delle se

zioni semplici), che l'istituto disciplinato dall'art. 45 c.p.c. trova

applicazione anche nel contenzioso tributario per dirimere i con

flitti sulla ripartizione di attribuzioni fra le commissioni di prima

istanza. Tale ripartizione, infatti, è regolata da criteri per territo

rio inderogabili e il rinvio alle norme del libro di primo del codi

ce di rito, in quanto compatibili, contenuto nell'art. 39 d.p.r.

26 ottobre 1972 n. 636, deve comprendere il citato art. 45, poten

dosi presentare, come nella specie si è presentata, la situazione

in esso contemplata (declinatoria di competenza da parte del giu

dice originariamente adito, translatio iudicii davanti al giudice

indicato come competente, esercizio da parte di quest'ultimo del

potere di rilevare d'ufficio il proprio difetto di competenza). Sul fondamento della richiesta, si osserva che l'art. 2, 2° com

ma, del predetto d.p.r. n. 636 del 1972 (nel testo fissato dall'art.

10 d.p.r. 28 novembre 1980 n. 787) devolve la decisione sul ricor

so del contribuente alla commissione del «luogo ove ha sede l'uf

ficio finanziario nei cui confronti il ricorso medesimo è propo

sto»; nel caso poi in cui esso venga avanzato contro uno dei «centri

di servizio» (istituiti con l'art. 8 1. 24 aprile 1980 n. 146), stabili sce che la competenza è della commissione «nella cui circoscrizio

ne è l'ufficio delle imposte di cui all'art. 31, 2° comma, d.p.r.

(1-2) In termini, v. Cass., sez. un., 16 gennaio 1986, n. 210, Foro it.,

1986, I, 1342, con nota di G. Albenzio, cui adde, in dottrina, Cipriani,

«Transatto iudicii» e regolamento di competenza nel processo tributario,

in Giur. it., 1986, I, 1, 999; R. Rossi, Sull'applicabilità del regolamento di competenza ai processi avanti le commissioni tributarie, in Giusi, civ.,

1986, I, 1361; P. Russo, Brevi considerazioni in tema di ammissibilità

del regolamento di competenza in seno al processo tributario e di indivi

duazione dell'oggetto di quest'ultimo, in Rass. trib., 1986, II, 391.

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PARTE PRIMA

29 settembre 1973 n. 600» (cioè l'ufficio distrettuale del domicilio

fiscale del contribuente). Dalla chiara formulazione della suddetta disposizione, nonché

dalla sua attinenza ad un processo che si attiva in via d'impugna zione di specifici atti dell'amministrazione finanziaria (art. 16 d.p.r. n. 636 del 1972, come sostituito dall'art. 7 d.p.r. 3 novembre

1981 n. 739), si evince che, per tutti i ricorsi diversi da quelli

proposti contro i «centri di servizio», la competenza territoriale

è soggetta al criterio di collegamento dell'ubicazione dell'ufficio

che ha adottato il provvedimento denunciato, e che in tale veste

viene evocato in giudizio dal contribuente, indipendentemente dal

l'inclusione o meno nella sua circoscrizione del domicilio fiscale

dell'istante (cfr. Cass. n. 658 del 5 febbraio 1982, id., 1982, I, 669). Nella specie, il ricorso della contribuente è indirizzato contro

l'intendenza di finanza di Ascoli Piceno, per sentir dichiarare l'il

legittimità di un atto della medesima compreso fra quelli impu

gnabili, cioè il rifiuto del rimborso d'imposta direttamente versa

ta dall'obbligazione, e, pertanto, in applicazione del predetto art.

2, 2° comma, è devoluto alla commissione di primo grado di

Ascoli Piceno.

Resta irrilevante, al fine della competenza, stabilire se il de

nunciato rifiuto dell'intendenza di finanza è ravvisabile o meno

nel mero silenzio della medesima sulla domanda di rimborsi (in relazione alle disposizioni in proposito dettate dai commi 6° e

7° del menzionato art. 16), cosi come accertare se è corretta o

meno la scelta del contribuente nell'individuare detta intendenza

come ufficio abilitato a provvedere sul rimborso. La competen

za, infatti, deve essere determinata alla stregua dell'atto introdut

tivo, nei termini in cui viene formulato dalla parte attrice, mentre

ogni ulteriore questione che attenga alla proponibilità in rito od

al fondamento nel merito dell'azione (quali, rispettivamente, le

questioni sopra delineate), si pone su un piano logicamente suc

cessivo, e deve essere definita dal giudice designato come compe tente.

In conclusione, accogliendosi l'istanza di regolamento d'uffi

cio, deve affermarsi la competenza della commissione tributaria

di primo grado di Ascoli Piceno.

CORTE DI CASSAZIONE; sezione III civile; sentenza 9 maggio

1987, n. 4300; Pres. Bile, Est. E. Longo, P.M. De Martini

(conci, conf.); Ceserani (Avv. Sabbadini) c. Deidda (Aw. De

plano). Cassa App. Cagliari 30 aprile 1985.

Contratti agrari — Proroga legale — Disciplina — Applicabilità ai contratti prorogati — Limiti (L. 3 maggio 1982 n. 203, nor

me sui contratti agrari, art. 53).

Il 3° comma dell'art. 53 l. 203/82, secondo cui l'art. 14 l. 756/64

e l'art. 2, 1° comma, l. 508/73 devono interpretarsi nel senso

che la proroga legale si estende a tutte le concessioni ed i con

tratti ivi considerati, anteriori o successivi alla entrata in vigore delle leggi medesime, non ha efficacia retroattiva e pertanto non si pone in deroga al 1° comma dell'art. 53 l. 203/82, che

esclude l'applicabilità della nuova normativa sui contratti agra ri per quei rapporti che siano oggetto di controversie per le

quali sia intervenuta una sentenza già esecutiva (o passata in

giudicato) o transazione ex art. 23 l. 11/71. (1)

(1) Per la comprensione della sentenza in epigrafe è opportuno riassu mere brevemente la fattispecie che vi ha dato occasione: si discuteva tra le parti se il contratto, stipulato nel 1974, poteva considerarsi «in corso» e la corte del merito dava risposta affermativa ritenendo che la legge 508/73 non aveva fatto altro che confermare la disposizione dell'art. 14 1. 756/64, secondo cui dovevano considerarsi «in corso», e quindi sogget ti alla proroga legale, anche i contratti stipulati successivamente all'entra ta in vigore della legge di proroga.

La decisione fu cassata dalla Cassazione con sentenza del 27 aprile 1982, n. 2584, Foro it., Rep. 1982, voce Contratti agrari, n. 148, sotto

l'aspetto che il contratto non poteva considerarsi «in corso» essendo tale il contratto esistente de iure al momento dell'entrata in vigore della legge di proroga.

Riassunta la causa innanzi alla corte del merito, quest'ultima, appli cando lo ius superveniens costituito dal 3° comma dell'art. 53 1. 203/82, riteneva che il contratto in questione era soggetto a proroga legale con la conseguente applicabilità della nuova disciplina dei contratti agrari.

Il Foro Italiano — 1988.

Svolgimento del processo. — Con atto di citazione del 15 otto

bre 1974 Luigi Ceserani conveniva innanzi alla sezione specializ zata agraria del Tribunale di Cagliari, Paolo ed Antonio Deidda, chiedendo che il primo dei convenuti fosse condannato al rilascio

immediato di un fondo di proprietà di esso attore e sito in agro di Serramanna (ex podere Del Re) deducendo trattarsi di conces

sione di pascolo stagionale limitato al periodo intercalare fra le

colture, e, quanto ad un tratto di terreno concesso per la coltiva

zione di pomodori, versarsi nell'ipotesi di un rapporto di mero

comodato.

La sentenza in epigrafe ha cassato la decisione della corte del merito,

operando un deciso mutamento di giurisprudenza. È pure opportuno trascrivere la norma in esame: «L'art. 14 1. 15 set

tembre 1964, n. 756, e il 1° comma dell'art. 2 1. 9 agosto 1973 n. 508, devono interpretarsi nel senso che la proroga legale si estende a tutte le concessioni ed a tutti i contratti ivi considerati, verbali o scritti, stipu lati in date anteriori o successive all'entrata in vigore delle leggi medesime».

Per spiegarsi questa norma, va ricordato che, sorto il problema se la

proroga legale doveva applicarsi anche ai contratti stipulati successiva mente alla 1. 244/57, Cass. 19 maggio 1960, n. 1260, id., 1960, I, 1117, affermò che dovevano considerarsi «in corso» i contratti che, quantun que scaduti, fossero tutt'ora in corso de facto per non avere il conduttore sino a quel momento rilasciato il fondo. Sopravvenuto l'art. 14 1. 756/64, che secondo la dottrina aveva espressamente dichiarato soggetti a proro ga legale i contratti stipulati successivamente a detta legge (Germano, in Giur. agr. it., 1974, 220), Cass. 2 febbraio 1972, n. 248, Foro it.,

Rep. 1972, voce cit., n. 113, e in Riv. dir. agr., 1972, II, 139, confermò tale posizione dottrinale.

Ma quest'ultimo orientamento, mantenuto all'incirca per due decenni, fu abbandonato dalla Cassazione che per contro ritenne contratti «in cor

so», e quindi soggetti a proroga legale, solo quelli esistenti de iure (e non già quelli protratti de facto) al momento dell'entrata in vigore della

legge di proroga (per tale nuovo orientamento, v. per tutte Cass. 11 feb braio 1978, n. 643, Foro it., 1978, I, 1991, con nota di Bellantuono).

Per ristabilire la piena integrità del regime vincolistico messa in discus sione dal ricordato mutato orientamento, il legislatore con il 3° comma dell'art. 53 1. 203/82 stabili, con una norma di interpretazione autentica, che dovevano considerarsi soggetti a proroga legale i contratti stipulati in date anteriori o successive alla entrata in vigore delle leggi di proroga.

I primi commenti alla norma in esame confermarono la natura di inter

pretazione autentica del 3° comma dell'art. 53 (Recchi, in La riforma dei contratti agrari, Jovene, Napoli, 1982, 438; Acagnino, Corsaro, Ma

crì, I nuovi patti agrari, Giuffré, Milano, 1982, 201), e vi fu chi, per tale sua natura, ritenne che la norma si sottraeva alla disposizione del 1° comma dell'art. 53, trovando nella sua applicazione il solo limite del

giudicato (Casarotto e Consolo, in Commentario alla legge sui contratti

agrari, Cedam, Padova, 1982, 244). La Cassazione, con varie pronunce, ritenne la natura di interpretazione

autentica del 3° comma dell'art. 53, sottolineando che la norma, avendo natura necessariamente retroattiva, non trovava limiti nel disposto del 1° comma dello stesso art. 53 (Cass. 21 ottobre 1982, n. 5482, Foro it., Rep. 1982, voce cit., n. 151; 10 dicembre 1982, n. 6757, ibid., n. 150; 18 gennaio 1983, n. 480, id., Rep. 1983, voce cit., n. 199, e in Riv. dir. agr., 1983, II, 331; 28 febbraio 1984, n. 1429, Foro it., Rep. 1984, voce cit., n. 312; 19 giugno 1984, n. 3633, ibid., n. 310; 3 settembre

1984, n. 4749, ibid., n. 217). Con la sentenza in epigrafe la Cassazione ha avuto un ripensamento

sull'orientamento dianzi ricordato, affermando che dal 3° comma del l'art. 53 non si ricava che la norma sia applicabile a quei rapporti che secondo il 1° comma sono esclusi dall'applicabilità della nuova disciplina dei contratti agrari di cui alla 1. 203/82 (secondo il detto 1° comma del l'art. 53, la nuova disciplina non si applica in presenza di sentenza già esecutiva — o passata in giudicato — o di transazione ex art. 23 1. 11/71).

La nuova posizione della Cassazione non ci sembra convincente, in

quanto va ribadito che il 3° comma dell'art. 53, esplicitamente norma di interpretazione autentica, è norma di per sé retroattiva senza che per tanto sia possibile operare un collegamento con la norma di cui al 1° comma: ed invero il collegamento non può operare per il solo fatto che le norme in questione sono contenute nello stesso articolo, considerato altresì' che il 3° comma risolve un contrasto di giurisprudenza circa l'as

soggettabilità alla proroga legale anche dei contratti protratti de facto, mentre il 1° comma stabilisce i limiti di applicabilità in generale della nuova disciplina dei contratti agrari comunque in corso.

E va fatta una ulteriore considerazione sul significato della espressione «sentenza esecutiva» di cui al 1° comma dell'art. 53.

Con il 1° comma dell'art. 53 è stato tutelato il concedente che ha otte

nuto, prima della 1. 203/82, una sentenza esecutiva, ancorché non defini

tiva, di rilascio. Si è giustificata tale tutela con la considerazione che

rappresentando la sentenza già esecutiva per il concedente un punto fer

mo, dopo un lungo iter processuale e un doppio grado del giudizio, non era opportuno rimetterla in discussione alla luce della nuova disciplina dei contratti agrari, anche per ragioni di certezza di situazioni giuridiche e di pace sociale.

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