sezione I civile; sentenza 19 novembre 1987, n. 8504; Pres. Falcone, Est. Sensale, P.M. Lo Cascio(concl. conf.); Anella (Avv. Maieli) c. Bosio e altri. Conferma Trib. Roma 18 ottobre 1983Source: Il Foro Italiano, Vol. 111, PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE(1988), pp. 3003/3004-3005/3006Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23181498 .
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3003 PARTE PRIMA 3004
ta dall'art. 437, 2° comma, c.p.c. (che vieta di proporre in appel
lo domande od eccezioni nuove) integrando essa una mera argo
mentazione difensiva (cfr. sez. lav. 6 febbraio 1985, n. 870, id.,
Rep. 1985, voce cit., n. 432). Secondo l'ormai costante indirizzo interpretativo di questa cor
te il divieto di nuove eccezioni nel giudizio di appello, quale è
stabilito dall'art. 437, riguarda infatti esclusivamente le eccezioni
in senso proprio, quelle cioè concernenti questioni riservate al
potere dispositivo delle parti e non anche le deduzioni difensive
dirette soltanto a contestare la fondatezza della pretesa avversa
ria (cfr. fra le altre sentenze: sez. lav. 4 giugno 1985, n. 3345,
id., Rep. 1985, voce cit., n. 429; 9 maggio 1984, n. 2843, id.,
Rep. 1984, voce cit., n. 428). Nel sistema della 1. 2 aprile 1968 n. 482 il rapporto di lavoro
con gli appartenenti alle categorie protette si costituisce, non già
autoritativamente, per effetto dell'atto amministrativo di avvia
mento, bensì in forza di contratto, a seguito della richiesta di
avviamento da parte delle aziende obbligate all'assunzione (art.
16, 4° comma); richiesta che di regola non è assimilabile alla
prescritta denuncia semestrale del personale dipendente (art. 21),
né configura una proposta di contratto o un'offerta al pubblico,
essendo essa diretta all'Uplmo e non già al futuro contraente e
costituendo perciò il necessario atto di impulso del procedimento
amministrativo di assunzione obbligatoria. In difetto della richiesta di avviamento non si perfeziona per
tanto il diritto del soggetto protetto all'assunzione presso un de
terminato datore di lavoro, né il correlativo obbligo di quest'ultimo
di procedere all'assunzione, trovando applicazione nei confronti
del datore di lavoro soltanto i mezzi di coazione indiretta previsti
dall'art. 23 (diffida a regolarizzare e sanzione penale) (cfr. sez.
lav. 28 marzo 1985, n. 2199, id., Rep. 1985, voce Lavoro (collo
camento), n. 232; 21 giugno 1985, n. 3741, ibid., voce Lavoro
e previdenza (controversie), n. 444; 20 aprile 1985, n. 2642, ibid.,
voce Lavoro (collocamento), n. 230; 20 aprile 1984, n. 2602, id.,
1985, I, 214; 10 febbraio 1984, n. 1044, id., Rep. 1984, voce
cit., 179; 21 febbraio 1984, n. 1262, ibid., n. 71; 6 giugno 1984, n. 3414, ibid., n. 691).
D'altra parte, come è, del pari, ius receptum, il rifiuto di as
sunzione da parte del datore di lavoro dà diritto al solo risarci
mento dei danni subiti dal soggetto protetto e la prova del fatto
costitutivo del diritto stesso, secondo i principi generali (art. 2697
c.c.) è a carico dell'interessato, mentre compete al giudice il potere
dovere di accertare la corrispondenza della fattispecie concreta
con la fattispecie legale, verificando in particolare (anche ex offi
cio) la sussistenza dei presupposti e delle condizioni dell'azione,
regola questa senza dubbio operante anche nel giudizio di appel
lo, salva l'ipotesi in cui su taluni presupposti e condizioni siasi
già formato il giudicato per effetto della mancata impugnazione
delle statuizioni con cui siano state risolte le questioni relative.
Devesi, pertanto, riconoscere al datore di lavoro soccombente
in tali controversie, nel giudizio di primo grado, e appellante av
verso la sentenza del primo giudice, la facoltà di opporre, me
diante allegazioni o deduzioni difensive (che sono eccezioni solo
in senso lato ed improprio), la (eventuale) illegittimità dell'atto
(amministrativo) di avviamento per qualsiasi causa, e che costi
tuiscono in definitiva contestazioni attinenti al «fatto costitutivo»
della domanda del lavoratore «protetto» (fondata appunto sul
l'atto di avviamento contestato) e che deve essere provato, secon
do principi generali, dal soggetto interessato o comunque verificato
(anche d'ufficio) dal giudice, nell'esercizio dei suoi poteri-doveri di accertamento delle condizioni, dei presupposti e dei fatti costi
tutivi occorrenti per riconoscere, come nel caso di specie, la fon
datezza dei diritti azionati. (Omissis)
CORTE DI CASSAZIONE; sezione I civile; sentenza 19 novem
bre 1987, n. 8504; Pres. Falcone, Est. Sensale, P.M. Lo Ca
scio (conci, conf.); Anella (Aw. Maieli) c. Bosio e altri.
Conferma Trib. Roma 18 ottobre 1983.
Edilizia popolare ed economica — Alloggio in locazione — Mor
te dell'assegnatario — Occupazione abusiva (D.p.r. 30 dicem
bre 1972 n. 1036 norme per la riorganizzazione dell'edilizia
residenziale pubblica art. 13).
Il Foro Italiano — 1988.
In materia di edilizia economica popolare, quando l'assegnatario
sia deceduto, facendo venir meno il rapporto, l'obbligo di re
stituzione fa carico all'erede quale successore a titolo universa
le; di qui il suo interesse a proseguire il giudizio promosso
dall'assegnatario, poi deceduto, nei confronti di chi detiene l'al
loggio senza titolo. (1)
Svolgimento del processo. — Con atto di citazione notificato
il 27 febbraio 1981, Gemma Gasperini, vedova Bosio, conveniva
dinanzi al Pretore di Roma Liliana Anella e Carlo Dotto e, pre
messo di essere locataria dell'appartamento sito in Roma, piazza
Verbano n. 22, scala E, int. 3, di proprietà dell'istituto autono
mo case popolari per la provincia di Roma (ex Incis), esponeva:
che anni addietro aveva dato ospitalità, in detto appartamento,
al proprio figlio Virginio Bosio con la moglie Liliana Anella e
le figlie di primo letto di questa, Monica e Carla Dotto; che,
morto il figlio Virginio nell'agosto 1980, nell'appartamento era
no rimaste l'Anella e la figlia Carla, essendosi Monica trasferita
in altra città; che, essendosi deteriorati i rapporti tra l'esponente
e la nuora e le figlie di questa ed avendo la prima, per le sue
condizioni di salute e l'età avanzata, necessità di ospitare in casa
una persona che l'assistesse e l'accudisse, si che la coabitazione
con l'Anella e la Dotto non poteva più durare, chiedeva dichia
rarsi cessata l'ospitalità da lei a suo tempo concessa alle convenu
te e condannarsi costoro al rilascio dell'appartamento.
Le convenute eccepivano che, pur essendo il contratto di loca
zione formalmente intestato alla Gasperini, titolare effettivo del
rapporto doveva considerasi Virginio Bosio, il quale aveva sem
pre corrisposto il canone e gli oneri accessori, e che, morto que
sto, l'Anella aveva essa stessa provveduto a pagare quanto
necessario per la conduzione dell'appartamento.
Previa assunzione di prova testimoniale, il pretore accoglieva
la domanda.
Contro tale sentenza proponeva appello la sola Anella, notifi
cando l'atto a Mario, Emilio e Latina Bosio, quali eredi di Gem
ma Gasperini deceduta dopo la notificazione della sentenza, e
deducendo che aveva sempre convissuto, insieme al marito, con
la Gasperini, in quanto facente parte del nucleo familiare dei ge
nitori del marito fin dal 15 luglio 1975, data del suo matrimonio,
e che il rapporto di locazione derivava da una speciale concessio
ne dell'ente proprietario al marito della Gasperini ed al suo nu
cleo familiare, di cui essa appellante faceva parte, si che doveva
considerarsi, dopo la morte della Gasperini, unica titolare del rap
porto di locazione in base al disposto dell'art. 6 1. 392/78, in
quanto gli eredi di lei non convivevano con la stessa e disponeva
no di altro alloggio dell'Iacp. Gli appellati resistevano al gravame, che il Tribunale di Roma
ha rigettato, osservando: a) l'appartamento, originariamente di
proprietà dell'Incis, era goduto dalla Gasperini in virtù di conces
sione in locazione, rapporto nel quale era poi subentrato l'Iacp
(d.p.r. 30 dicembre 1972 n. 1036, art. 14); b) pur presupponendo
il contratto di locazione con l'Iacp un atto amministrativo di con
cessione che tiene conto delle necessità familiari e del numero
delle persone dell'assegnatario, solo a favore di quest'ultimo, per
effetto della successiva stipulazione del contratto, sorge il diritto
alla detenzione dell'immobile e non anche a favore del singolo
componente della famiglia; c) il diritto di godimento vantato dal
l'appellante non poteva trovare fondamento nel d.p.r. 30 dicem
bre 1972 n. 1035, il cui art. 12 prevede solo l'ipotesi del
subingresso, all'aspirante assegnatario deceduto, nell'ordine, del
coniuge superstite, dei figli legittimi naturali riconosciuti e adotti
vi, degli affiliati e degli ascendenti di primo grado e poteva ana
logicamente applicarsi al caso di decesso di chi abbia già ottenuto
la concessione in locazione di un alloggio economico e popolare;
d) inapplicabile era anche la 1. n. 392 del 1978 (il cui art. 6 sanci
sce la successione nel contratto del coniuge, degli eredi, dei pa
renti e degli affini conviventi con il conduttore poi deceduto),
trattandosi di norma generale e sussistendo in materia le norme
speciali contenute nel citato decreto 1035/72 e nelle altre disposi
(1) Negli esatti termini della sentenza su riportata, v. Cass. 8 ottobre
1985, n. 4855, Foro it., Rep. 1985, voce Edilizia popolare, n. 130. Quan to all'incidenza della morte dell'assegnatario conduttore, che causa la ri
soluzione del contratto di locazione, anche se l'erede possiede i requisiti necessari per essere nuovo assegnatario dello stesso, v. Cass. 8 ottobre
1985, n. 4855, id., Rep. 1986, voce cit., n. 113.
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
zioni relative all'assegnazione di alloggi economici e popolari, tutte
richiedenti l'esistenza di requisiti soggettivi estranei alla normati
va generale. Contro tale sentenza Liliana Anella ha proposto ricorso per
cassazione in base a due motivi illustrati con memoria. Mario,
Emilio e Latina Boscio non hanno svolto attività difensiva in questa
sede.
Motivi della decisione. — Con il primo motivo la ricorrente
denunzia violazione di legge ed omessa declaratoria di carenza
di legittimazione degli eredi Bosio, non desumibile dalla 1. 392/78,
che non disciplina i rapporti locatizi relativi ad alloggi costituiti
a totale carico dello Stato, dovendosi, se mai, applicare il d.p.r.
1036/72, secondo cui il contratto di locazione dell'alloggio di edi
lizia residenziale pubblica è sorretto geneticamente e funzional
mente dall'atto amministrativo di assegnazione che lo presuppone.
In conseguenza, venuto meno il soggetto cui l'alloggio risulta as
segnato, decade anche il rapporto locatizio e, nel caso concreto,
i figli ed eredi della deceduta Gemma Gasperini non avevano al
cun diritto all'alloggio né iure successionis né iure proprio. Il giu
dice d'appello, quindi, avrebbe dovuto dichiarare, cessata la
materia del contendere, senza assegnare agli eredi un titolo esecu
tivo che li abilitasse a pretendere la consegna dell'appartamento,
che solo l'Iacp avrebbe potuto chiedere in via di autotutela. Tale
principio — che avrebbe dovuto vanificare la portata esecutiva
della sentenza del pretore — trovava conferma anche nell'ambito
più specifico del c.d. diritto di riscatto, che sotto il vigore dell'a
brogato d.p.r. 2/59, escludeva la trasmissione del diritto iure he
reditatis.
Con il secondo motivo la ricorrente, censurando la sentenza
impugnata per omessa e contraddittoria motivazione e per errata
applicazione di legge, sostiene di avere in ogni caso diritto, quale
occupante di fatto dell'alloggio da epoca anteriore al 18 agosto
1976, alla regolarizzazione del rapporto locatizio ai sensi dell'art.
52 1. 457/78, previo accertamento del possesso da parte sua dei
requisiti prescritti dall'art. 2 d.p.r. 1036/72.
Il ricorso è infondato. Punti fermi delle controversie, perché
non investiti da apposita censura, sono la ritenuta qualità di eredi
di Gemma Gasperini rivestita dai figli Mario, Emilio e Latina
Bosio; l'affermata inapplicabilità della 1. 27 luglio 1978 n. 392,
il cui art. 6 sancisce la successione nel contratto del coniuge, de
gli eredi, dei parenti e degli affini abitualmente conviventi con
il conduttore poi deceduto; l'impostazione dei termini della con
troversia nell'ambito della disciplina dell'edilizia economica e po
polare. Secondo le norme in materia, la individuazione, in base al pos
sesso di determinati requisiti, del soggetto cui può essere assegna
to in locazione semplice un alloggio e la scelta fra più aspiranti,
secondo rigorosi criteri di graduatoria, avvengono mediante l'e
spletamento di un procedimento di natura pubblicistica preordi
nato alla tutela del superiore interesse, che la legge si prefigge,
di provvedere alle esigenze abitative di persone meno abbienti
che versino in determinate condizioni e siano in possesso di deter
minati requisiti. Ed è noto che, ultimata la fase pubblicistica con
il provvedimento di assegnazione, tra l'ente assegnante e l'asse
gnatario s'instaura un rapporto di natura privatistica disciplinato
dal diritto privato. Le accennate finalità della disciplina spiegano, tuttavia, come
la sopravvenienza della morte dell'assegnatario determini la ces
sazione del rapporto locatizio ed il ritorno dell'immobile nella
disponibilità dell'ente assegnante, senza che agli eredi, privi di
un diritto di subentrare nel suddetto rapporto, possa riconoscersi
più di una posizione d'interesse legittimo in relazione alla facoltà
di chiedere in loro favore una nuova assegnazione del medesimo
bene (v. sez. un. 8 ottobre 1985, n. 4855, Foro it., Rep, 1985,
voce Edilizia popolare, n. 130). Non è dubbio, quindi, che non si possa verificare una succes
sione a titolo particolare nel godimento dell'alloggio a favore de
gli eredi dell'assegnatario defunto o di altri soggetti; e che, per
effetto della morte dell'assegnatario, l'immobile debba ritornare
nella disponibilità dell'ente assegnante. Ma, posto che tali princi
pi non sono qui in contestazione né è in contestazione che l'Iacp
possa o emettere l'ordine di rilascio o esperire un'azione ordina
ria per conseguire il rilascio medesimo (com'era avvenuto nella
ipotesi considerata nella citata decisione delle sezioni unite), il
quesito cui occorre dare risposta è se la decisione del pretore di
condanna al rilascio dell'alloggio, pronunciata nei confronti del
l'attuale ricorrente e a favore dell'assegnataria, possa ritenersi an
II Foro Italiano — 1988.
cora giustificata in seguito alla morte di quest'ultima. E deve
risolversi — tale quesito — precisandosi che la pronuncia non
può attribuire agli eredi, in virtù di una fattispecie successoria
a titolo particolare, alcun diritto di subentrare nel rapporto loca
tizio (che la disciplina in materia esclude) né può incidere sull'e
sercizio, da parte dell'istituto, dei poteri pubblicistici che presiedono alla nuova assegnazione, attraverso l'accertamento dei presuppo
sti legali e il controllo del possesso dei requisiti richiesti, da parte
dell'aspirante. Occorre peraltro considerare che, se, per qualsiasi causa, il rap
porto locatizio viene meno o se, nel corso degli accertamenti pe
riodici che gli istituti sono tenuti a compiere anche ai fini della
applicazione dell'art. 14 d.p.r. dicembre 1972 n. 1035 (art. 23
1. 8 agosto 1977 n. 513), risulti essersi verificata taluna delle con
dizioni per la revoca dell'assegnazione o una ipotesi di decadenza
della stessa (art. 26 1. 513/77), l'assegnatario in locazione sempli
ce ha l'obbligo di restituire l'alloggio alla disponibilità dell'istitu
to. E quando l'assegnatario sia deceduto, tanto che è proprio
questo evento a determinare il venir meno del rapporto, l'obbligo
di restituzione non può far carico che all'erede quale successore
a titolo universale.
Trattasi, infatti, di una obbligazione che l'erede, succedendo
in tutte le situazioni giuridiche facenti capo al suo dante causa
che non siano venute meno con la morte del de cuius", di qui
il suo interesse a proseguire il giudizio promesso dall'assegnata
rio, poi deceduto, nei confronti di chi detiene l'alloggio senza
titolo (e gl'impedisce l'adempimento dell'obbliganione cui è tenu
to verso l'istituto). In conseguenza, proseguito il processo nei con
fronti dei successori a titolo universale della parte defunta (art.
110 c.p.c.) ed essendo costoro titolari di un interesse sostanziale
a vedere tenuta ferma la decisione di primo grado, correttamente
il tribunale non ha dichiarato cessata la materia del contendere
ed ha esaminato il gravame proposto contro la sentenza del pretore.
Tale essendo l'ambito della controversia, risulta poi evidente
che ne rimaneva fuori la pretesa della ricorrente, cui si riferisce
il secondo motivo, alla regolarizzazione del rapporto prevista del
l'art. 53 1. 5 agosto 1978 n. 457. A prescindere dallo stabilire
quale sia la natura della posizione soggettiva dell'occupante sen
za titolo nei confronti dell'istituto (il quale provvede alla regola
rizzazione «previo accertamento, ad opera della commissione di
cui all'art. 6 d.p.r. 30 dicembre 1972 n. 1035, del possesso da
parte degli occupanti dei requisiti prescritti dall'art. 2 di detto
d.p.r. e successive modificazioni» e subordinatamente al verifi
carsi delle condizioni indicate nel 2° comma dello stesso art. 53),
è sufficiente considerare che la pretesa della ricorrente attiene ad
un diverso rapporto, di cui è parte l'Iacp, e postula l'espletamen
to di un procedimento amministrativo di accertamento dei pre
supposti, si che non faceva parte, né poteva far parte, della materia
del contendere.
Pertanto il ricorso dev'essere rigettato.
I
CORTE DI CASSAZIONE; sezione I civile; sentenza 28 ottobre
1987, n. 7957; Pres. Vela, Est. A. Finocchiaro, P.M. Zema
(conci, parz. diff.); Visalli (Avv. Lavitola) c. Pelone (Avv.
Storace). Cassa App. Roma 14 ottobre 1985.
Matrimonio — Divorzio — Assegno — «Ius superveniens» —
Applicabilità in Cassazione — Effetti (Disp. sulla legge in ge
nerale, art. 10, 11; 1. 1° dicembre 1970 n. 898, disciplina dei
casi di scioglimento del matrimonio, art. 5; 1. 6 marzo 1987
n. 74, nuove norme sulla disciplina dei casi di scioglimento del
matrimonio, art. 10, 23).
L'art. 10 l. 6 marzo 1987 n. 74, nella parte in cui ha sostituito
l'art. 5, 4° comma, 1.1° dicembre 1970 n. 898, in tema di
assegno di divorzio, costituisce ius superveniens rispetto alla
precedente normativa ed è immediatamente applicabile, in sede
di legittimità, anche d'ufficio, ove sia entrato in vigore succes
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