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PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE || sezione I civile; sentenza 13 aprile 1987, n....

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Page 1: PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE || sezione I civile; sentenza 13 aprile 1987, n. 3667; Pres. Falcone, Est. R. Sgroi, P.M. Di Renzo (concl. conf.); Soc. Manifattura

sezione I civile; sentenza 13 aprile 1987, n. 3667; Pres. Falcone, Est. R. Sgroi, P.M. Di Renzo(concl. conf.); Soc. Manifattura fibre tessili di Masserano e Grana (Avv. Libonati, Jorio,Boggio, Pinto) c. Cassa di risparmio di Vercelli (Avv. Visconti, Jona) e Maula (Avv. Castellano,Cavalli). Dichiara inammissibile ricorso avverso App. Torino 3 dicembre 1984Source: Il Foro Italiano, Vol. 111, PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE(1988), pp. 541/542-547/548, 267/268Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23181098 .

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

esistenti nell'impresa in crisi, oggetto del trasferimento» (Cass.

6482/81, id., Rep. 1981, voce cit., n. 1413; 746/82, id., Rep.

1982, voce cit., n. 1086; 2785/83, id., Rep. 1983, voce cit., n. 649). Tra le fattispecie oggetto di quelle sentenze, e la fattispecie in

esame, vi è però una differenza sostanziale: nelle prime gli accor

di sindacali sono intervenuti prima del trasferimento dell'azien

da, in un contesto che vedeva tutti i dipendenti licenziati dal

cedente, ed hanno avuto ad oggetto le modalità, i termini e le

condizioni alle quali il cessionario avrebbe assunto i dipendenti del cedente; nel caso in esame, invece, gli accordi sono intervenu

ti successivamente al trasferimento e senza che vi fosse stata, in

precedenza, disdetta dei rapporti di lavoro da parte del cedente.

In quest'ultima ipotesi, quindi, a differenza delle prime, gli effetti previsti dall'art. 2112 c.c. si erano già verificati a favore

dei dipendenti dell'azienda ceduta e gli accordi stipulati tra sinda

cati e cessionario dell'azienda hanno pertanto avuto ad oggetto diritti già acquisiti dai lavoratori, sui quali erano diretti ad inci

dere con effetto estintivo e per di più retroattivo.

Orbene può dirsi pacifico che le associazioni sindacali non pos

sono, in assenza di specifico mandato ad hoc, disporre dei diritti

già maturati dai singoli lavoratori (Cass. 2 aprile 1982, n. 2039,

id., Rep. 1982, voce Sindacati, n. 66, e 13 aprile 1985, n. 2445,

id., Rep. 1985, voce cit., n. 1889) ai quali solamente compete un tale diritto, da esercitarsi direttamente o a mezzo di mandata

rio ad hoc, munito di potere ai sensi degli art. 1704, 1708, 1387,

1392 c.c., sia pure con l'assistenza dei sindacati prevista dagli art. 410 e 411 c.p.c. (Cass. 26 marzo 1982, n. 1253, id., Rep.

1982, voce cit., n. 1111). Si deve pertanto concludere che nel caso di specie gli accordi

sindacali, con i quali si è disposto dei diritti dei ricorrenti, deri

vanti dall'art. 2112 c.c., sono inefficaci nei confronti di costoro,

non essendovi stato previo conferimento di idoneo mandato, né

successiva esplicita ratifica.

Si osserva infine come non sia applicabile l'art. 1 1. 215/78,

sia perché gli accordi sindacali non hanno preceduto, come detto,

il trasferimento dell'azienda (argomento ex Cass., sez. un., 25

novembre 1983, n. 7070, id., Rep. 1983, voce cit., nn. 645, 646), sia perché a quel momento era di già scaduto il termine, entro

il quale era consentito alle organizzazioni sindacali la stipulazio ne di patti con efficacia derogatoria a quanto disposto dall'art.

2112 c.c. (tale norma, peraltro, conferma l'esattezza di quanto in precedenza affermato circa l'inesistenza, in linea generale, di

un potere delle associazioni sindacali di disporre dei diritti che

singoli lavoratori abbiano già acquisito, in forza di specifiche di

sposizioni di legge, posto che lo stesso legislatore ha avvertito

la necessità di attribuire esplicitamente con una norma ad hoc

a quelle associazioni il potere di stipulare accordi con efficacia

derogatoria a quanto disposto dall'art. 2112 c.c., stabilendo che

gli accordi dovessero intervenire prima del perfezionarsi della fat

tispecie prevista da tale ultima disposizione e ponendo rigorosi limiti temporali all'applicabilità della norma).

Concludendo si deve riconoscere che nella specie si è verificata

una cessione di azienda tra le Magrini Galileo e la Nuova Magri ni Galileo e che nulla osta alla piena applicabilità nei confronti

dei quattro odierni appellanti del disposto dell'art. 2112 c.c.; con

seguentemente, in totale riforma dell'impugnata sentenza, va ac

certato che Bodon Mauro, Boetto Graziano, Giacometti Ferruccio

e Rizzo Claudio sono, a far data dal 1° settembre 1984, alle di

pendenze della Nuova Magrini Galileo s.p.a. con anzianità e la

qualifica maturate presso la Magrini Galileo s.p.a. e va condan

nata la Nuova Magrini Galileo s.p.a. a regolarizzare con i predet ti il rapporto di lavoro a far data dal 1° settembre 1984 e ad

immettere gli stessi nel posto di lavoro loro spettante, in relazio

ne all'anzianità e alla qualifica di loro competenza, nonché a cor

rispondere agli stessi le retribuzioni loro spettanti dal 10 settembre

1984, detratto quanto percepito dalla Cig.

Il Foro Italiano — 1988.

CORTE DI CASSAZIONE; sezione I civile; sentenza 13 aprile

1987, n. 3667; Pres. Falcone, Est. R. Sgroi, P.M. Di Renzo

(conci, conf.); Soc. Manifattura fibre tessili di Masserano e

Grana (Avv. Libo nati, Jorio, Boggio, Pinto) c. Cassa di ri

sparmio di Vercelli (Avv. Visconti, Jona) e Maula (Avv. Ca

stellano, Cavalli). Dichiara inammissibile ricorso avverso App. Torino 3 dicembre 1984.

Impugnazioni civili in genere — Giudizio di omologazione del

concordato preventivo — Intempestiva integrazione del contrad

dittorio nei confronti del commissario giudiziale in sede di le

gittimità — Inammissibilità del ricorso (Cod. proc. civ., art.

331, 375; r.d. 16 marzo 1942 n. 267, disciplina del fallimento, art. 180, 183).

È inammissibile il ricorso per cassazione avverso la sentenza di

appello dichiarativa della nullità delle operazioni di voto relati

ve all'omologazione del concordato preventivo, qualora il con

traddittorio non sia stato integrato nei confronti del commissario

giudiziale entro il termine perentorio fissato dalla corte in ca

mera di consiglio. (1)

(1) Si consolida l'orientamento giurisprudenziale che riconosce la qua lità di parte necessaria del commissario giudiziale nei procedimenti disci

plinati dagli art. 180 e 183 r.d. 267/42.

In tal senso, Cass. 13 aprile 1977, n. 1379, Foro it., 1978, I, 481.

Le ragioni addotte a sostegno di tale conclusione, e ribadite nel provve dimento in epigrafe, consistono: a) nell'assenza di legittimati passivi nel

giudizio di appello, qualora appellante sia il debitore e nessuno dei credi

tori o dei terzi eventualmente interessati si sia costituito in primo grado;

b) nell'espressa volontà legislativa (art. 180, 2° comma, e 183, 2° com

ma) che dispone la necessaria partecipazione del commissario giudiziale ai procedimenti, rispettivamente, di opposizione all'omologazione e di

appello avverso la sentenza che accoglie o respinge la proposta di concor

dato preventivo. In dottrina, da ultimo, v. Bonsignori, Concordato preventivo, in Com

mentario alla legge fallimentare a cura di Scialoja e Branca, Bologna Roma, 1979, 398 ss., 401 ss., e, per riferimenti alla fase di gravame, 467 ss.; Pajardi, Manuale di diritto fallimentare2, Milano, 1976, 748.

* * *

1. - Il caso deciso rientra tra le poche ed eccezionali ipotesi di litiscon

sorzio necessario previste e disciplinate da esplicite norme di legge. L'art.

183, 2° comma, 1. fall, infatti, nel disporre che l'appello proposto contro

la sentenza che omologa o respinge il concordato deve essere notificato

anche al commissario giudiziale, oltre che al debitore e alle parti costitui

te in primo grado, tende a ristabilire nella fase di gravame l'identità strut

turale, sotto il profilo soggettivo, del giudizio di opposizione (art. 180, 2° comma), instaurato e proseguito secondo le regole del processo neces

sariamente cumulato. Sulla nozione di cumulo necessario, v., per tutti, G. Costantino, Contributo allo studio del litisconsorzio necessario, Na

poli, 1979, passim; Id., Litisconsorzio, voce dell'Enciclopedia Treccani, in corso di pubblicazione; Civinini, Note per uno studio sul litisconsorzio «unitario» con particolare riferimento al giudizio di primo grado, in Riv.

trim. dir. e proc. civ., 1983, 429; in giurisprudenza, cfr. Cass. 4 lu

glio 1985, n. 4020, Foro it., 1986, I, 2578, con osservazioni di Perago.

La ragione è data non dal tipo di rapporto giuridico sostanziale dedotto nel processo, bensì' dal risultato giuridico immediato perseguito dalle parti mediante l'impugnazione (id est: petitum), la quale investe

il giudice di appello del dovere, da un lato, di accertare l'esistenza

dei presupposti per l'omologazione del concordato nei confronti del

debitore e, dall'altro, di confermare o porre nel nulla i poteri del

commissario giudiziale nominato ex art. 16, n. 2, e 163, n. 3, r.d.

267/42. Cfr., sul punto, Costantino, Contributo, cit., 442-443, le cui

argomentazioni sono state integralmente recepite dalla decisione che

si riporta. La giurisprudenza, peraltro, è costante nel ritenere necessario il litis

consorzio nel giudizio di opposizione alla sentenza dichiarativa del falli

mento ex art. 18 r.d. 267/42. Cosi, Trib. Napoli 8 giugno 1971, Dir.

fallim., 1971, II, 586, con nota adesiva di Di Lauro; Cass. 20 maggio

1969, n. 1756, Foro it., 1969, I, 1432; Trib. Latina 4 agosto 1949, Riv.

dir. proc., 1949, II, 239, con nota critica di Andrioli. In dot

trina, v. Provinciali, Manuale di diritto fallimentare5, Milano, 1969, 478 ss.

2. - Nel caso di specie, il difetto del contraddittorio si era verificato

in sede di legittimità, in quanto il ricorso non era stato notificato al com

missario giudiziale. Emessa l'ordinanza di integrazione ex art. 375 c.p.c. e fissato il termine perentorio, le parti non vi avevano ottemperato, sic

ché la corte con sentenza aveva dichiarato l'inammissibilità del ricorso.

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PARTE PRIMA

Svolgimento deI processo. — La s.a.s. Manifattura fibre tessili di Masserano ed il socio accomandatario Grana Felice chiedeva

no, in data 22 settembre e 3 ottobre 1981, di essere ammessi al

concordato preventivo con cessione dei beni ai creditori. Con de

creto 13 ottobre 1981 il Tribunale di Biella li ammetteva alla pro cedura, nominando il commissario giudiziale Angelo Maula, che

depositava la propria relazione. Il 29 gennaio 1982 aveva luogo l'adunanza dei creditori, con la presenza di 54 creditori, rappre

L'automaticità della sanzione non si verifica in appello qualora il litis consorte necessario pretermesso si costituisca all'udienza di comparizione disposta dal consigliere istruttore ai sensi dell'art. 331 c.p.c., sopperendo all'inattività delle parti costituite e consentendo il raggiungimento dello

scopo al quale l'atto era destinato, secondo i principi generali enunciati in tema di nullità dall'art. 156, 3° comma, c.p.c.

La particolare struttura e funzione del procedimento di cassazione, in vece, non consente sanatorie in extremis, poiché l'udienza di pubblica discussione fissata con il provvedimento ordinatorio di integrazione del

contraddittorio, ha l'unico scopo di verificarne l'osservanza e di procede re alla trattazione finale della causa. In altre parole, non vi può essere una udienza utile per la costituzione spontanea del destinatario dell'omes so atto integrativo.

Circa l'inammissibilità dell'impugnazione conseguente al mancato ri

spetto del termine perentorio fissato ex art. 331 c.p.c., v. Cass. 14 mag gio 1984, n. 2934, Foro it., Rep. 1984, voce Impugnazioni civili, n. 76; 16 marzo 1984, n. 1805, ibid., n. 77; 22 novembre 1984, n. 6012, ibid., n. 78; 6 dicembre 1984, n. 6396, ibid., n. 79; 15 giugno 1982, n. 3638, id., Rep. 1982, voce cit., n. 117; 17 novembre 1982, n. 6158, ibid., n.

118; 25 giugno 1981, n. 4129, id., 1981, I, 2178; 24 aprile 1981, n. 2456, id., Rep. 1981, voce cit., n. 115.

Ritengono sanato il vizio del contraddittorio a seguito della spontanea, anche se tardiva, costituzione in sede di appello del litisconsorte preter messo all'udienza fissata per la comparizione, Cass. 17 novembre 1982, n. 6158, cit.; 6 agosto 1979, n. 4558, id., Rep. 1979, voce cit., n. 103; 27 febbraio 1978, n. 1005, id., Rep. 1978, voce cit., n. 121; 7 giugno 1976, n. 2075, id., Rep. 1977, voce cit., n. 104 (e in Problemi sicurezza soc., 1976, 771, con nota di Lipari); 23 novembre 1977, n. 5107, Foro it., Rep. 1977, voce cit., n. 119; 26 marzo 1976, n. 1083, id., Rep. 1976, voce cit., n. 79; 7 giugno 1976, n. 2975, ibid., n. 80.

La giurisprudenza è, invece, unanime nel ritenere irrilevante, in sede di legittimità, l'intervento in causa di litisconsorte necessario al quale non sia stato tempestivamente notificato il ricorso. In termini, Cass. 4 luglio 1981, n. 4400, id., Rep. 1981, voce Cassazione civile, n. 305; 14 aprile 1981, n. 2234, ibid., voce Impugnazioni civili, n. 119; 8 maggio 1980, n. 3039, id., Rep. 1980, voce cit., n. 95; 5 maggio 1977, n. 911, id.. Rep. 1977, voce cit., n. 106; 3 giugno 1976, n. 1993, id., Rep. 1976, voce cit., n. 76; 22 ottobre 1976, n. 3736, ibid., n. 78; 15 gennaio 1973, n. 116, id., Rep. 1973, voce cit., n. 75.

Per un'analisi sistematica ed applicativa dei principi in esame, cfr., amplius, le rassegne di giurisprudenza di R.S. Sinisi, Il litisconsorzio nel le fasi di gravame, in Riv. trim. dir. e proc. civ., 1982, 668 ss., 1030

ss.; Benussi, Il litisconsorzio nei giudizi di impugnazione, id., 1966, 401; Vellani, Il litisconsorzio nei giudizi di impugnazione, id., 1949, 446; R.

Paolini, Il litisconsorzio nelle fasi di gravame, in Riv. dir. civ., 1970, II, 545; v., inoltre, Parisini, Il ricorso per cassazione, in Riv. trim. dir. e proc. civ., 1955, spec. 1344-1355.

La mancata o intempestiva notifica dell'atto di ricorso a tutte le parti necessarie del processo determina l'inammissibilità del ricorso, i cui effet ti preclusivi non conseguono al verificarsi dei presupposti a cui essa è

subordinata, ma alla pronuncia che li accerta. Quest'ultima, infatti, defi nisce il momento del passaggio in giudicato della sentenza impugnata e rende improponibile il ricorso ai sensi dell'art. 387 c.p.c. (c.d. effetto consuntivo dell'impugnazione).

2.1. - La gravità di simili conseguenze pone il rilevante problema del

grado di stabilità dei provvedimenti strumentali emessi dalla corte a nor ma dell'art. 375, ossia della possibilità di estendere ad essi il regime giuri dico proprio delle ordinanze (art. 177, 1° comma, e 279, 4° comma, c.p.c.), la cui inidoneità alla definizione nel merito della causa giustifica la loro revocabilità e modificabilità durante il corso del giudizio.

La generica dizione del 4° comma dell'art. 279 («I provvedimenti del

collegio che hanno forma di ordinanza ... sono modificabili e revocabili dallo stesso collegio») non consente arbitrarie limitazioni a scapito di quei provvedimenti emessi ai sensi degli art. 331 e 375, data la natura stru mentale e d'impulso al processo di questi. Sul punto, la giurisprudenza non mostra incertezze, mentre per le pronunce che, dichiarando la inam missibilità del ricorso, definiscono il giudizio, la stessa nega qualsiasi for ma di revisione o controllo.

Cosi Cass. 4 giugno 1979, n. 3149 (Foro it., 1980, I, 772, con nota di richiami di G. Costantino) in un giudizio proposto da un curatore fallimentare per il recupero di un credito vantato dal fallito, ha revocato sic et simpliciter l'ordinanza con cui era stata disposta l'integrazione del contraddittorio nei confronti di quest'ultimo; mentre Cass. 11 dicembre

1978, n. 5860 e Cass. 25 luglio 1978, n. 3739 (id., 1979, I, 330, con nota di C.M. Barone) sanciscono l'inapplicabilità degli art. 177 e 178

Il Foro Italiano — 1988.

sentanti crediti per lire 839.551.760, su lire 5.576.835.292 di pas sivo chirografario. Il risultato della votazione era il seguente: 52

voti favorevoli, per un ammontare di crediti di lire 651.158.556; 2 voti contrari, per un ammontare di crediti di lire 189.393.204.

Ritenute raggiunte le necessarie maggioranze di persone e di

somme, il giudice delegato fissava al 26 febbraio 1982 l'udienza

per l'omologazione del concordato.

Con atto notificato alla società debitrice, al Grana ed al com

alle ordinanze dichiarative della improcedibilità ed inammissibilità del ri corso.

A favore di una interpretazione elastica dell'art. 279, 4° comma, si è espresso L. Salis, Violazione di legge in Cassazione, in Riv. trim. dir. e proc. civ., 1955, 1269, secondo cui tutte le ordinanze contemplate nel l'art. 375 possono essere modificate o revocate se emanate in difetto dei

presupposti di fatto e di diritto che le condizionano. L'opinione, tuttavia, è rimasta isolata, preferendo sia dottrina che giurisprudenza operare sulla base di una serie di distinguo. Cfr., infatti, Fazzalari, // giudizio civile di Cassazione, Milano, 141; in giurisprudenza, Cass. 11 dicembre 1978, n. 5860, cit.; 20 agosto 1977, n. 3818, Foro it., Rep. 1977, voce Cassazio ne civile, n. 39.

Circa la natura e gli effetti del provvedimento emesso ex art. 279, 4°

comma, v. Tarzia, Profili della sentenza civile impugnabile, Milano, 1967, 161 ss. Cfr., inoltre, Satta, Commentario, Milano, 1966, II, 2, 260, il

quale efficacemente denuncia la scarsa portata precettiva della norma in esame con riferimento ai provvedimenti ordinatori in essa previsti.

Sicché, qualora emergano elementi da cui desumere la mera scindibilità della causa, la corte revocherà con la sentenza conclusiva del giudizio l'erroneo provvedimento emesso, anche se le parti non vi abbiano dato rituale esecuzione. Tale impostazione, oltre a rispondere ai requisiti mini mi di una giustizia effettiva, aderisce maggiormente alla scelta legislativa di limitazione drastica delle ipotesi di definizione della causa mediante sentenze meramente processuali «di c.d. assoluzione dall'osservanza del

giudizio per contraddittorio non integro» (cosi G. Verde, Profili del pro cesso civile, Napoli, 1978, 204). Sulla natura giuridica della sentenza di chiarativa della inammissibilità dell'impugnazione, v. Provinciali, Le im

pugnazioni, I, in Trattato de! processo civile diretto da F. Carnelutti, Napoli, 1962, 160 ss.

2.2. - Infine, in sede di legittimità, non è possibile reclamare avverso il procedimento de quo ai sensi dell'art. 357 c.p.c., in quanto non esiste un organo diverso a cui devolvere tale controllo. Anche nel giudizio di

appello la reclamabilità è esclusa dalle limitazioni positivamente imposte dal combinato disposto dell'art. 350, 4° comma, e 357, 1° comma.

Seppure in modo non del tutto pacifico, infatti, dottrina e giurispru denza propendono per la tassatività dell'elenco contenuto nel 1 ° comma dell'art. 357. Del resto, ciò si giustifica anche con la considerazione che il reclamo è sostanzialmente una impugnazione e che come tale presuppo ne provvedimenti a carattere decisorio, mentre il rimedio tipico per quelli strumentali ed ordinatori è rappresentato dalla revoca o modifica.

Sull'istituto del reclamo in generale, v., per tuti, Giannozzi, Il reclamo nel processo civile, Napoli, 1968, 87 ss.

Ritengono non reclamabile immediatamente al collegio l'ordinanza di

integrazione del contraddittorio, Costantino, Contributo, cit., 186-187; Id., Litisconsorzio, cit., 8 dell'estratto; Gibiino, I limiti del reclamo al collegio nel giudizio di appello e gli effetti del reclamo sulla esecuzione della ordinanza impugnata, in Giust. civ., 1955, I, 1318; per un excursus

giurisprudenziale, v. Paolini, Il litisconsorzio, cit., 571. Diversamente P. Sandulli, In tema di litisconsorzio nelle fasi di grava

me, in Riv. trim. dir. e proc. civ., 1981, 318 ss., secondo cui contro l'ordinanza de qua è esperibile il rimedio previsto dall'art. 178 c.p.c., con conseguente possibilità di revoca in caso di accoglimento del reclamo.

Conseguentemente, il reclamo è ammissibile avverso l'ordinanza che, a seguito della mancata integrazione del contraddittorio nel termine pe rentorio, dichiara l'inammissibilità dell'appello.

Si ritiene che il collegio debba, in tale occasione, riesaminare funditus la situazione di fatto e di diritto alla base dell'ordine emesso ex art. 331, revocando il provvedimento che lo ha disposto qualora la causa sia mera mente scindibile e rimettendo gli atti al consigliere istruttore affinché questi provveda ai sensi dell'art. 332 c.p.c. Identica soluzione deve darsi al caso in cui il processo sia stato dichiarato estinto ex art. 308, 1° comma, a

seguito di inosservanza del provvedimento reso dal giudice istruttore ex art. 102, 2° comma, c.p.c.: proposto reclamo al collegio, quest'ultimo dovrà verificare l'esistenza dei presupposti giustificativi dell'ordine di in

tegrazione e revocare o modificare l'ordinanza qualora il litisconsorzio sia di tipo facoltativo.

Sui poteri del collegio in sede di reclamo, v. Giannozzi, op. cit., 94-95; Costantino, op. ult. cit., 9 dell'estratto. Particolare è, invece, la posizio ne assunta da Fabbrini, Litisconsorzio, voce dell'Enciclopedia del diritto, Milano, 1974, XXIV, 882, nota 81, il quale ritiene che, sopravvenuta la declaratoria di estinzione del giudizio, il collegio investito del reclamo non può verificare l'esistenza o meno del litisconsorzio ex art. 102 c.p.c. «per il necessario rispetto delle preclusioni endoprocessuali (nella specie: inutile decorso di un termine perentorio assegnato)».

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

missario giudiziale dr. Maula, la Cassa di risparmio di Vercelli

proponeva opposizione all'omologazione, nella qualità di credi

trice chirografaria ammessa a votare, che aveva espresso voto

sfavorevole. La società ed il Grana si costituivano, chiedendo l'o

mologazione del concordato. Il commissario giudiziale presenta va il suo parere motivato.

Con sentenza 18 giugno 1982 il Tribunale di Biella respingeva

l'opposizione ed omologava il concordato; avverso tale sentenza

proponeva appello la Cassa di risparmio di Vercelli, notificando

l'atto alla società debitrice, al Grana ed al commissario giudizia

le, che si costituivano.

La Corte d'appello di Torino con sentenza 3 dicembre 1984, in riforma della sentenza di primo grado, dichiarava la nullità

delle operazioni di votazione per la deliberazione del concordato

preventivo e rimetteva gli atti al Tribunale di Biella per una nuo

va votazione, dichiarando compensate le spese dei due gradi di

giudizio fra le parti. Avverso la suddetta sentenza, la soc. Manifattura fibre tessili

di Masserano ed il Grana hanno proposto ricorso per cassazione, illustrato con memoria. La Cassa di risparmio di Vercelli ha resi

stito con controricorso.

Motivi della decisione. — Il ricorso per cassazione della società

debitrice e del socio accomandatario avverso la sentenza della

Corte d'appello di Torino 3 dicembre 1984 è stato notificato sol

tanto alla Cassa di risparmio di Vercelli, creditrice opponente nella

procedura di approvazione del concordato preventivo ed appel lante avverso la sentenza di omologazione del tribunale, ai sensi

degli art. 180, 2° comma, e 183 1. fall.

La sentenza d'appello non ha omologato né respinto il concor

dato — sulla premessa che il calcolo delle maggioranze fosse sta

to effettuato dal tribunale con violazione dell'art. 177 1. fall.,

perché non era stata raggiunta la maggioranza dei due terzi dei

crediti ammessi al voto (in essi compresi i crediti appartenenti a creditori che non avevano partecipato all'assemblea) e della con

seguente intempestiva ed errata fissazione dell'udienza per l'omo

logazione, che aveva privato del suo significato negativo il com

portamento dei creditori che nei venti giorni successivi avrebbero

potuto inviare la loro adesione — ha dichiarato la nullità delle

operazioni stesse, rimettendo gli atti al Tribunale di Biella per una nuova votazione. Non vi può essere alcun dubbio che la pre detta sentenza, che ha emesso una pronuncia di nullità di un atto

fondamentale della procedura che dovrebbe condurre all'omolo

gazione o al rigetto del concordato, deve essere impugnata in Cas

sazione nei confronti dei soggetti che vanno identificati alla stre

gua della disciplina espressa degli art. 180 e 183, che riguardano il giudizio di primo grado e l'appello, invero, se nel giudizio d'ap

pello un soggetto è considerato contraddittore necessario, la me

desima posizione è rivestita da quel soggetto nel giudizio di cassa

zione.

Con riguardo al giudizio d'appello già questa corte, con sen

tenza 13 aprile 1977 n. 1379 (Foro it., 1978, I, 481), ha ritenuto

che il commissario giudiziale sia parte necessaria; con riguardo al giudizio di cassazione, al commissario giudiziale (anche se non

costituito nel giudizio d'appello) è stata attribuita la qualifica di

parte «necessaria», da Cass. 26 marzo 1981, n. 1758 (id., Rep.

1981, voce Concordato preventivo, n. 53). L'orientamento, con

forme alla prevalente — anche se non unanime — dottrina, si

deve confermare. Basta sottolineare fra gli argomenti già addotti,

Un'ultima annotazione: si sostiene correntemente che la declaratoria di inammissibilità per infruttuoso decorso del termine perentorio fissato ai sensi dell'art. 331 determini il passaggio in giudicato della sentenza

appellata. L'assunto, tuttavia, non tiene conto di quanto disposto dal

1° comma dell'art. 357, il quale concede alle parti un'ultima chance

per evitare che l'impugnazione divenga improponibile. Allora il reclamo

avverso l'ordinanza de qua sospende necessariamene ex art. 178, ultimo

comma, l'efficacia esecutiva della stessa, non essendo pensabile il for

marsi di un giudicato in via meramente provvisoria o comunque condi

zionata. Né a riguardo può accettarsi l'opinione di chi esclude il verifi

carsi dell'effetto sospensivo in quanto l'art. 357 richiama solo il 3°, 4° e 5° comma dell'art. 178 e non l'8° (cosi Gibiino, I limiti del

reclamo, cit., 1319), in quanto tale referente normativo ha l'unico scopo di disciplinare le modalità e non gli effetti del reclamo, né paiono esserci valide ragioni interpretative e/o sistematiche per ritenere che

l'8° comma dell'art. 178 c.p.c. non sancisca un principio generale stret

tamente connesso alla ratio ed alla funzione di questo tipo di impugna zione. [F. Caputi]

Il Foro Italiano — 1988.

che nel caso in cui sia il debitore a proporre appello (o ricorso

per cassazione) avverso la sentenza che respinge il concordato

(ovvero, come nella specie, dichiara la nullità delle operazioni di voto) e non vi siano altre parti costituite in giudizio, l'impu

gnazione si svolgerebbe senza contraddittorio.

Si deve anche sottolineare che non contraddice alla posizione di «parte» in sede contenziosa la qualità del commissario giudi

ziale, ausiliario del giudice e garante di interessi generali coinvolti

nella procedura; invero, detta qualifica (oltre al dovere di deposi tare il suo parere motivato in primo grado, ai sensi dell'art. 180, 3° comma) giustifica la ragione per la quale il commissario giudi ziale non è legittimato ad impugnare, dovendo uniformarsi alla

decisione del giudice. Nella specie, a giustificazione del litiscon

sorzio necessario non si può richiamare il principio della coinci

denza fra parti del processo e parti della situazione sostanziale, ma occorre riferirsi allo scopo dell'opposizione prevista dall'art.

180, 2° comma, 1. fall. La necessaria partecipazione delle suddet

te parti al processo è stabilita affinché sia accertata, da un lato, l'esistenza o meno dei presupposti per l'omologazione del con

cordato nei confronti del debitore e, dall'altro, affinché vengano confermati o fatti cessare i poteri del commissario giudiziale no

minato ai sensi dell'art. 163 1. fall.

Nella citata sent. n. 1379 del 1977 si richiama opportunamente la previsione dell'intervento necessario del p.m., che non sempre si accompagna al potere dello stesso organo di impugnare la sen

tenza pronunciata. È appena il caso di avvertire che da tale acco

stamento non può trarsi l'illazione della non necessità dell'inte

grazione del contraddittorio in sede di ricorso per cassazione (men tre in sede di appello la notifica al commissario giudiziale è espres samente prevista dall'art. 183, 2° comma, 1. fall.), applicando il principio riaffermato da Cass., sez. un., 8 maggio 1986, n.

3078 {id., 1987, I, 177) in ordine al p.m. presso il giudice a quo che non sia fornito di poteri di impugnazione. Invero, in que st'ultimo caso, le funzioni del p.m. vengono svolte dal p.g. pres so il giudice ad quem, mentre nel caso di concordato preventivo non possono essere svolte che dal suddetto commissario giudizia

le, al quale, quindi, deve essere notificato il ricorso per cassazione.

Sulla base delle predette osservazioni deve essere confermata

l'ordinanza resa da questa corte all'udienza del 26 marzo 1986, che ha ordinato l'integrazione del contraddittorio nei confronti

del commissario giudiziale entro sessanta giorni, alla presenza dei

difensori delle parti (il difensore dei ricorrenti ha inoltre sotto

scritto l'annotazione «presa visione» a margine del verbale d'u

dienza).

L'integrazione del contraddittorio è stata, peraltro, eseguita dopo la scadenza dei suddetti sessanta giorni, e cioè il 6 giugno 1986.

La conseguenza della inosservanza del termine (che è perentorio,

per concorde avviso della dottrina e della giurisprudenza: cfr.

Cass. 22 novembre 1984, n. 6012, id., Rep. 1984, voce Impugna

zioni civili, n. 78) consiste, per espressa previsione dell'art. 331, 2° comma, c.p.c., nella dichiarazione di inammissibilità dell'im

pugnazione (cfr., fra le altre conformi, Cass. 4 luglio 1981, n.

4400, id., Rep. 1981, voce Cassazione civile, n. 305), senza che

possa portare a diversa conclusione la circostanza che il commis

sario giudiziale abbia, successivamente, notificato ai ricorrenti ed

alla resistente cassa di risparmio un atto in cui dichiara di richia

mare le argomentazioni e deduzioni svolte nei precedenti gradi del giudizio, rimettendosi a questa corte per quanto riguarda l'ac

coglimento del ricorso.

Invero, non può ultimamente richiamarsi la giurisprudenza se

condo la quale l'inosservanza dell'ordine di integrazione del con

traddittorio in causa inscindibile non determina l'inammissibilità

dell'impugnazione qualora il soggetto, nei cui confronti l'ordine

doveva essere eseguito, si costituisca in giudizio, anche dopo che

sia scaduto il termine assegnato dal giudice, per raggiungimento dello scopo dell'atto (cfr. Cass. 27 febbraio 1978, n. 1005, id.,

Rep. 1978, voce Impugnazioni civili, n. 121; 26 marzo 1976, n.

1083, id., Rep. 1976, voce cit., n. 79). I suddetti principi sono

stati affermati con riguardo all'appello, ipotesi questa nella quale il giudice ai sensi dell'art. 331, 1° comma, deve fissare anche

l'udienza di comparizione (della parte citata per l'integrazione del

contraddittorio), tanto è vero che la giurisprudenza ha precisato

che, in caso di inosservanza del termine per la notifica, deve di

chiararsi l'inammissibilità dell'impugnazione se la costituzione del

chiamato ad integrare il contraddittorio avvenga non solo oltre

quel termine, ma anche dopo l'udienza suddetta (Cass. 27 feb

braio 1980, n. 1381, id., Rep. 1980, voce cit., n. 97; 17 novembre

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PARTE PRIMA

1982, n. 6158, id., Rep. 1982, voce cit., n. 118, fra le altre con

formi) perché a quel momento l'inammissibilità si era già verifi

cata, con conseguente passaggio in giudicato della sentenza im

pugnata. La ratio della suddetta interpretazione giurisprudenziale non

si ritrova, pertanto, nel giudizio di cassazione, in cui l'ordine di

integrazione del contraddittorio comporta soltanto la fissazione

del termine per la notifica dell'impugnazione alla parte preter messa. I termini, infatti, devono essere osservati anche e soprat tutto con riguardo alla posizione della controparte vittoriosa resi

stente, di modo che la notifica delle difese della parte chiamata

ad integrare il contraddittorio (e che nella fattispecie non può considerarsi né soccombente né vittoriosa, in ragione della sua

peculiare posizione, che non la legitima a proporre impugnazio

ne) è irrilevante nei confronti della suddetta controparte resisten

te, a favore della quale si è formato il giudicato con la scadenza

del termine assegnato per l'integrazione, di modo che ogni suc

cessiva attività delle altre parti è priva di effetti.

Concludendo, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.

I

CORTE DI CASSAZIONE; sezione III civile; sentenza 7 aprile

1987, n. 3365; Pres. Lo Surdo, Est. Cherubini, P.M. Caristo

(conci, conf.); Boccardi e altro (Avv. Boccardi) c. Telese (Avv.

Cicognani). Cassa Trib. Forlì 22 dicembre 1982.

Locazione — Legge 392/78 — Autorimessa — Disciplina appli cabile (Cod. civ., art. 817; 1. 27 luglio 1978 n. 392, disciplina delle locazioni di immobili urbani, art. 13).

Locazione — Legge 392/78 — Immobili adibiti ad uso abitativo — Sublocazione — Omessa comunicazione al locatore — Ina

dempimento grave — Insussistenza (L. 27 luglio 1978 n. 392,

art. 2).

Ove abitazione e autorimessa singola o posto macchina in autori

messa di uso comune costituiscano oggetto di locazione tra le

medesime parti, l'autorimessa o il posto macchina possono ri

tenersi attratti nella disciplina concernente la locazione dell'a

bitazione soltanto quando tra i due immobili sia configurabile un vincolo pertinenziale perfetto, secondo lo schema legale ti

pico previsto dall'art. 817 c.c., tanto nella componente oggetti va quanto in quella soggettiva. (1)

Se la sublocazione dell'immobile locato è espressamente consenti

ta dal contratto di locazione, l'omissione della comunicazione

al locatore dell'avvenuta sublocazione non costituisce di per sé inadempimento grave ai fini della risoluzione del contrattò. (2)

(1, 3-4) In senso conforme a Cass. n. 3365/87, v., implicitamente, Cass. 17 dicembre 1985, n. 6412, Foro it., 1986, I, 1579, con nota di richiami. Nel senso opposto, sostenuto da Cass. n. 329/87, v., invece, Cass. 19 marzo 1985, n. 2026, id., 1985, I, 2641, con nota di richiami. Adde, nell'ambito del primo orientamento, Cass. 15 gennaio 1987, n. 264, id., Mass., 44, nonché Cass. 24 febbraio 1987, n. 1924, ibid., 295, e Cass. 14 aprile 1986, n. 2615, id., Rep. 1986, voce Locazione, n. 118, che tutta via puntualizzano (analogamente a quanto fatto da Cass. 27 febbraio

1985, n. 1728, id., 1985, I, 2642, e Cass. 5 marzo 1984, n. 1528, id., Rep. 1984, voce cit., n. 125) che va ravvisata la presunzione iuris tantum dell'esistenza tra abitazione e autorimessa di un rapporto pertinenziale perfetto a norma dell'art. 817 c.c., qualora gli immobili siano ubicati nel medesimo stabile, appartengano al medesimo locatore e siano conces si al medesimo conduttore.

In dottrina, in argomento, cfr. A. Barba, in Giur. it., 1987, I, 1, 312; G. Spagnuolo, Quando il box non è accessorio all'abitazione, in Rass.

equo canone, 1987, 177. Nel senso che l'appartenenza dei due immobili a soggetti diversi preclu

de in ogni caso l'applicazione al rapporto concernente l'autorimessa della

disciplina propria del rapporto relativo all'abitazione, v. Cass. 14 aprile 1986, n. 2615, Foro it., Rep. 1986, voce cit., n. 120.

(2) Non si rinvengono precedenti in termini. In dottrina, v., in senso opposto, M. Confortini, in Equo canone,

Cedam, Padova, 19802, 27 ss., secondo il quale l'art. 2, 1° comma, 1.

392/78, quando parla di consenso del locatore, non si riferisce ad un consenso generico alla sublocazione, bensì' al consenso prestato con ri

guardo ad uno specifico e determinato contratto che il conduttore inten de stipulare.

Il Foro Italiano — 1988.

II

CORTE DI CASSAZIONE; sezione III civile; sentenza 16 gen naio 1987, n. 329; Pres. Lo Surdo, Est. Lazzaro, P.M. Gros

si (conci, conf.); Soc. Alleanza assicurazioni (Avv. Marinan

geli, Barbetta) c. Panerai e altri. Conferma Trib. Monza 15

luglio 1981.

Locazione — Legge 392/78 — Autorimessa — Disciplina appli

cabile (L. 27 luglio 1978 n. 392, art. 13, 79). Locazione — Legge 392/78 — Canone — Determinazione — Su

perficie convenzionale — Pluralità di autorimesse — Computa bilità (L. 27 luglio 1978 n. 392, art. 13).

In forza dell'art. 13 l. 392/78, tra autorimessa e abitazione ubica

te nel medesimo edificio va ravvisata l'esistenza di un collega mento funzionale che, in via di principio e salve particolari

situazioni, comporta l'attrazione del rapporto concernente l'au

torimessa nella disciplina propria del rapporto avente ad ogget to l'alloggio, anche se i contratti relativi ai due beni non siano

coevi e contestuali, essendo una regolamentazione pattizia che

consideri separatamente i beni medesimi nulla, ai sensi dell'art.

79 l. 392/78, siccome diretta a modificare la normativa impera tiva per la determinazione dell'«equo canone». (3)

L'art. 13 l. 392/78, che considera quale addendo della superficie

convenzionale ai fini della determinazione dell'«equo canone»

degli immobili adibiti ad uso abitativo il 50% della superficie delle autorimesse singole, trova applicazione anche se le autori

messe collegate ad un appartamento siano più d'una. (4)

Con riguardo alla previgente disciplina vincolistica, che poneva esplici tamente la mancata comunicazione al locatore quale causa di risoluzione

del contratto, v. Cass. 15 luglio 1983, n. 4878, Foro it., Rep. 1983, voce

Locazione, n. 931; 17 aprile 1980, n. 2548, id., Rep. 1980, voce cit., n. 421.

* * *

Tra i giudici di merito è da tempo pacifico (sul punto cfr. le note alle pronunzie soprarichiamate) che le locazioni concernenti autorimesse

private e posti-auto, estranee in linea di principio all'ambito di applica zione della legge c.d. dell'«equo canone», sono attratte nella disciplina predisposta dalla legge suddetta per le locazioni riguardanti immobili abi

tativi, quando l'autorimessa o il posto-auto costituiscano insieme ad un'a

bitazione l'oggetto unico di un solo rapporto locatizio ovvero risultino in qualche modo collegati ad un'abitazione oggetto di distinto contratto di locazione tra le medesime parti. Forti contrasti persistono, invece, sul la concreta individuazione del criterio di collegamento tra i due immobili atto a determinare l'applicazione al rapporto concernente l'autorimessa della normativa propria delle locazioni abitative.

Le sentenze riportate segnano il definitivo radicalizzarsi in seno alla terza sezione civile della Cassazione di contrasti interpretativi di identica fisionomia e portata.

Cass. 3365/87 ripropone infatti, più motivatamente, la concezione «sog gettiva» (già sostenuta da Cass. 8 ottobre 1983, n. 5859, Foro it., 1984, I, 2571; 24 agosto 1984, n. 4721, id., Rep. 1984, voce Locazione, n.

339; 17 dicembre 1985, n. 6412, cit.), che reputa indispensabile, al fine

dell'applicazione all'autorimessa della normativa relativa all'immobile abi

tativo, la configurabilità tra i due immobili di un vincolo pertinenziale perfetto, secondo lo schema legale tipico di cui all'art. 817 c.c., tanto nella sua componente oggettiva (destinazione del bene accessorio al servi zio di quello principale) quanto in quella soggettiva (volontà del titolare del diritto di proprietà o altro diritto reale sui due beni).

Cass. 329/87 (che conferma le pronunzie intervenute nella fase di meri to: la pronunzia emessa in primo grado, Pret. Monza 21 gennaio 1980,

id., Rep. 1980, voce cit., n. 526, e in Arch, locazioni, 1980, 96) privile gia, invece, il collegamento meramente funzionale dell'ubicazione dei due immobili nel medesimo edificio, ritenendolo condizione sufficiente, in forza della previsione dell'art. 13 1. 392/78, a determinare, «in via di principio e salve particolari situazioni» (peraltro non meglio identificate), l'attra zione del rapporto relativo all'autorimessa nell'ambito di applicazione della normativa propria della locazione abitativa. Seppur nell'ambiguità di qual che passaggio, la decisione riafferma, pertanto, l'indirizzo «oggettivo», inaugurato, in sede di legittimità, da Cass. 19 marzo 1985, n. 2026, cit.

La contraddittorietà delle conclusioni si spiega con l'antiteticità delle

premesse poste nelle decisioni assiomaticamente a fondamento dei rispet tivi sillogismi. Cass. 3365/87 presuppone, infatti, che la portata precetti va dell'art. 13 1. 392/78 sia semplicemente quella di indicare in che modo va calcolato l'«equo canone» quando il contratto di locazione abbia ad un tempo ad oggetto autorimessa e abitazione; Cass. 329/87 muove, in

vece, dal convincimento che l'art. 13 1. 392/78, nel delineare la «superfi cie convenzionale» al fine della determinazione dell'«equo canone», con

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Page 6: PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE || sezione I civile; sentenza 13 aprile 1987, n. 3667; Pres. Falcone, Est. R. Sgroi, P.M. Di Renzo (concl. conf.); Soc. Manifattura

ERRATA CORRIGE

A colonna 149 della parte terza, la data della decisione del Consiglio di Stato è 27 aprile e non 4 maggio.

A colonna 542 della parte prima, il numero della sentenza della Corte

di cassazione è 3677 e non 3667.

A colonna 808 della parte prima, il numero della sentenza della Corte

di cassazione è 8953 e non 8954.

A colonna 1287 della parte prima, il titolo della nota di R. Genghini

è: «La partecipazione di società di capitali nelle società di persone con

particolare riguardo alla società in accomandita semplice».

A colonna 1455 della parte prima, la data della sentenza della Corte co

stituzionale è 10 dicembre e non 25 novembre.

A colonna 2201 della parte prima, il numero della sentenza della Corte

di cassazione è 5454 e non 5456.

A colonna 3023 della parte prima, al primo rigo del capoverso della sot

tonota (11) della nota di A. Calderale l'espressione «la giusta tesi» va

sostituita con «.questa tesi».

A colonna 3025 della parte prima, al rigo 22 (ventidue) della nota di

A. Calderale l'espressione «in tesi è esclusa la possibilità che il benefi

ciario faccia deliberatamente una domanda falsa» va sostituita con la

seguente: «il rischio include la possibilità che il beneficiario faccia delibe

ratamente una domanda falsa».

A colonna 3232 della parte prima, al rigo 9 (nove) della nota l'espressio ne «art. 13» va sostituita con «cat. B».

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