sezione I civile; sentenza 25 giugno 1987, n. 5588; Pres. Zucconi Galli Fonseca, Est. Favara, P.M.Lo Cascio (concl. conf.); Carraro e altri (Avv. Spaziani Testa, Giacometti) c. Soc. Side (Avv.Pasquale, Chersi) e Comune di Udine; Comune di Udine (Avv. Pujatti, Tonazzi) c. Soc. Side eCarraro. Conferma App. Trieste 18 ottobre 1984Source: Il Foro Italiano, Vol. 111, PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE(1988), pp. 173/174-179/180Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23181032 .
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
Del resto, la disciplina legale — in quanto riferita al «diritto»,
pieno ed incondizionato, a permessi sindacali retribuiti — non
pare comparabile (in termini di maggiore o minor favore), attesa
l'evidente eterogeneità (sul punto, sia pure con riferimento a ma
terie diverse da quella controversa, vedi, per tutte, Cass. n. 31/86,
cit.; 4481/84, id., Rep. 1984, voce Sentenza civile, n. 43, anche
in motivazione), con una disciplina contrattuale degli stessi per
messi, che, ne subordini la fruizione alla compatibilità con esi
genze aziendali, come nella specie, oppure, addirittura, a conces
sione, autorizzazione o, in genere, provvedimento discrezionale
del datore di lavoro.
Comunque una disciplina contrattuale siffatta — ancorché pre veda una maggiore «quantità» od una semplificazione delle mo
dalità di fruizione dei permessi — non pare, in nessun caso, glo balmente più favorevole per i lavoratori rispetto alla disciplina
legale, che garantisca il «diritto», pieno ed incondizionato, ai per messi stessi, pur stabilendone una minore «quantità» e più com
plesse modalità di fruizione.
Resta, tuttavia, il problema — pure prospettato dalla ricorren
te ed affrontato nel prosieguo della motivazione — se la esamina
ta nullità parziale si estenda all'intero accordo aziendale.
2.1. - Con il quarto motivo — che, per il suo carattere logica mente pregiudiziale, precede il terzo nella trattazione — la socie
tà ricorrente, denunciando violazione e falsa applicazione di nor
me di diritto (art. 1355, 1419 c.c., 23 1. 300/70) nonché vizio di motivazione (art. 360, nn. 3 e 5, c.p.c.), censura la sentenza
impugnata per avere negato che la nullità dell'accordo aziendale — nella parte in cui subordina la fruizione di permessi retribuiti
alla compatibilità con «le esigenze produttive» si estende all'inte
ro accordo. Invero, ad avviso della ricorrente, la parte ritenuta
nulla non è una «clausola autonoma» dell'accordo, ma è in cor
relazione inscindibile con il resto. Pertanto — conclude la ricor
rente — la nullità travolge anche la parte dell'accordo, che preve de un monte ore di permessi retribuiti eccedenti il minimo legale
garantito, per cui — essendo incontroverso che, nella specie, il
lavoratore intendesse fruire di permesso retribuito, quando il mi
nimo legale era già stato ampliamente superato — è ingiustificata l'assenza addotta a motivazione della sanzione disciplinare, di cui
si discute.
Il motivo è fondato nei seguenti termini.
2.2. - Invero — secondo l'insegnamento di questa corte (vedi
ne, per tutte, le sentenze 3294/58, id., 1958, I, 1603; 1245/59,
id., 1959, I 732; 1631/62, id., 1962, I, 740; 2183/84, id., Rep. 1984, voce cit., n. 1353 anche in motivazione) — il termine «clau
sola» — nella disposizione di legge (art. 1419 c.c.) che disciplina
la nullità parziale del contratto (anche) collettivo — va inteso
in senso sostanziale, non in senso formale, giacché è assunto dal
legislatore come elemento precettivo del contratto, da considerare
nella sua unitarietà, per cui non si identifica con il concetto di
disposizione, ben potendo la clausola articolarsi in più disposizioni.
L'accertamento, poi, se la parte del contratto, inficiata da nul
lità, costituisca una «clausola», involgendo una quaestio volunta
tis, è riservato al giudice di merito e non può essere censurato,
in sede di legittimità, se sorretto da motivazione congrua ed im
mune da vizi logici e giuridici. Peraltro, quando la nullità investe effettivamente singole clau
sole, il principio di conservazione del contratto (utile per inutile
non vitiatur) — secondo l'insegnamento di questa corte (vedine,
per tutte, le sentenze 500, 1592, 3547, 4921, 5100/80, id., Rep.
1980, voce Contratto in genere, nn. 251, 245, 247, 248, 252;
6917/82, id., Rep. 1982, voce cit., n. 223; 2012, 2499/83, id.,
Rep. 1983, voce cit., nn. 297, 296; 3116/86, id., Rep. 1986, voce
Lavoro (rapporto), n. 1275) — costituisce la regola, nel sistema
del codice civile, mentre l'estensione all'intero contratto degli ef
fetti della nullità costituisce l'eccezione, i cui estremi devono es
sere provati rigorosamente dalla parte interessata, che, all'uopo,
è tenuta a dimostrare che la clausola colpita da invalidità non
ha un'esistenza autonoma né persegue un suo risultato distinto,
ma è in correlazione inscindibile con il resto e funge da condicio
causava dans o condicio sine qua non, nel senso che le parti non
avrebbero concluso il contratto senza quella parte del suo conte
nuto colpita dalla nullità.
Anche l'accertamento della «inscindibilità» delle clausole nulle
da altre clausole dello stesso contratto — che va condotto, essen
zialmente, attraverso la valutazione della volontà delle parti —
è accertamento di fatto, riservato al giudice di merito, ed incen
surabile, in sede di legittimità, se sorretto da motivazione con
II Foro Italiano — 1988.
grua ed immune da vizi logici e giuridici (vedi, per tutte, Cass.
n. 5100/80, cit.). In relazione ai menzionati principi di diritto — che la corte
non ha motivo per non confermare — non risulta adeguatamente
motivata, nella sentenza impugnata, la statuizione, che nega l'e
stensione dell'accertata nullità parziale, all'intero accordo azien
dale, di cui si discute, o — per quel che qui interessa — quanto meno alla previsione contrattuale di un monte ore di permessi
superiore al minimo legale. 2.3. - La sentenza impugnata — come è stato ricordato in nar
rativa — si limita, infatti, ad osservare, che la nullità «... deve
comunque essere limitata alla pattuizione, come sopra individua
ta, attesoché la dimostrazione di un eventuale rapporto di inscin
dibilità tra la clausola nulla ed il restante contenuto negoziale costituisce onere della parte, non potendo il giudice procedere d'ufficio all'indagine sulle volontà delle parti contraenti, qualora
questa richieda accertamenti di fatto».
Pur enunciando, correttamente, la regola della ripartizione del
l'onere della prova (art. 2697 c.c.), la riferita motivazione suppo
ne, implicitamente quanto apoditticamente, che la parte, colpita da nullità, costituisca «clausola», nel senso sopra precisato.
Inoltre la sentenza omette qualsiasi valutazione della volontà
delle parti stipulanti — quale si desume, essenzialmente, dalla
corretta interpretazione dell'accordo aziendale, in ossequio ai ca
noni legali di ermeneutica (art. 1362 ss. c.c.) — a sostegno della
asserita esclusione della «inscindibilità» della parte dell'accordo
aziendale colpita da nullità — ancorché la stessa costituisca «clau
sola» — ed il contenuto residuo dell'accordo medesimo.
Tali accertamenti, previa cassazione della sentenza impugnata, vanno demandati, quindi, al giudice di rinvio. (Omissis)
CORTE DI CASSAZIONE; sezione i civile; sentenza 25 giugno
1987, n. 5588; Pres. Zucconi Galli Fonseca, Est. Favara,
P.M. Lo Cascio (conci, conf.); Carraro e altri (Avv. Spaziani
Testa, Glacometti) c. Soc. Side (Avv. Pasquale, Chersi) e
Comune di Udine; Comune di Udine (Avv. Pujatti, Tonazzi)
c. Soc. Side e Carraro. Conferma App. Trieste 18 ottobre 1984.
Edilizia e urbanistica — Convenzioni tra comuni e concessionari
costruttori — Prezzi di vendita e canoni di locazione degli al
loggi — Revisione dei prezzi di cessione (Cod. civ., art. 1187,
2963; 1. 28 gennaio 1977 n. 10, norme per la edificabilità dei
suoli, art. 8).
In materia di edilizia popolare economica, poiché l'aggiornamen to dei prezzi di cessione degli alloggi matura alla scadenza del
biennio dal momento della cessione degli immobili anche in
caso di ritardo colpevole nella consegna degli alloggi, il termine
di consegna non incide sulla revisione dei prezzi di vendita e
sui canoni di locazione. (1)
Svolgimento del processo. — Con atto di citazione notificato
il 30 settembre 1982, Carraro Paolo, (et coeteri) convenivano in
giudizio davanti al Tribunale di Udine la s.a.s. Side e il comune
di Udine. Gli attori esponevano che, con convenzione in data
15 febbraio 1980, il comune di Udine aveva dato in concessione
per la durata di venti anni un'area per la costruzione di 52 alloggi
con i benefici delle agevolazioni e dei contributi previsti dalla
1. 5 agosto 1978 n. 457; che all'art. 5 della convenzione era stato
fissato in lire 553.000 al mq. il prezzo iniziale di cessione degli
alloggi da costruire; che era stata facoltizzata la revisione del co
(1) Sul punto specifico non constano precedenti. In generale, sulla nor
male inammissibilità della revisione dei prezzi di cessione, cosi come dei
canoni di locazione degli alloggi, quando la consegna di questi avviene
alla scadenza del biennio dalla stipula della convenzione tra comune e
concessionario-costruttore, e sulla possibilità residua di dare ingresso alla
attualizzazione dei prezzi, cfr., tra le più recenti, App. Bologna 18 gen naio 1985, Foro it., Rep. 1985, voce Edilizia popolare, n. 156, per esteso
in Arch, civ., 1985 , 991, con nota di Spampinato (anche in Arch, loca
zioni, 1985, 709); Cass. 10 maggio 1984, n. 2856, Foro it., Rep. 1984,
voce cit., n. 134; 11 febbraio 1982, n. 835, id., 1983, I, 1081, con nota
di richiami.
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PARTE PRIMA
sto di costruzione in base alle norme di cui alla 1. 21 giugno 1964
n. 463 e successive modificazioni per variazioni dei prezzi in mi
sura superiore al 5% nel perìodo compreso tra la data della sti
pulazione e quella dell'abitabilità degli alloggi, che il comune avreb
be dovuto rilasciare entro venti giorni dalla ultimazione dei lavo
ri; che essi attori avevano stipulato con la Side distinti contratti
preliminari, per l'acquisto dei singoli alloggi, nei quali era stata
richiamata la convenzione di cui sopra, che così ne era divenuta
parte integrante; che in tali contratti era stato stabilito che gli
alloggi sarebbero stati consegnati entro il 15 febbraio 1982, salvo
eventuale proroga dei termini di ultimazione dei lavori da accor
darsi per causa di forza maggiore, o per giustificati motivi, dal
comune di Udine. Esponevano ancora gli attori che all'art. 2 dei
singoli contratti preliminari era stata prevista la possibilità di re
visionare il prezzo sulla base delle variazioni risultanti dalle tabel
le della commissione provinciale prezzi del genio civile applicate ai parametri per l'edilizia abitativa e noti alla data del 15 feb
braio 1980 o, in mancanza, all'indice Istat del costo delle costru
zioni dei fabbricati residenziali nella provincia di Udine, fermo
restando che l'esercizio di tale facoltà era ammesso in presenza di una variazione superiore al 5%; che nel corso della costruzione
degli alloggi, la Side aveva preteso un acconto del 10% sulla revi
sione del prezzo; che gli immobili non erano stati ultimati entro
il termine convenzionale del 15 febbraio 1982 ma con notevole
ritardo, senza che il comune o la Side avessero fornito giustifica zione alcuna; che, una volta ultimati gli immobili, la Side, nono
stante il grave ritardo, aveva condizionato la consegna degli stessi
al pagamento di un'ulteriore somma, sempre a titolo di revisione
prezzi. Sostenevano gli attori che la fattispecie era disciplinata dal
l'art. 18 1. 5 agosto 1978 n. 157 e dall'art. 8 1. 28 gennaio 1977
n. 10, che dovevano considerarsi norme cogenti, non derogabili convenzionalmente dalle parti; che pertanto le clausole contrat
tuali in materia di revisione prezzi contenute nei singoli contratti
preliminari potevano essere ritenute valide solo se conformi al
disposto imperativo dell'art. 8 1. 10/77, che consente la revisione
esclusivamente per periodi contrattuali di consegna superiori al
biennio, cosicché nella specie nessuna revisione era dovuta dagli
acquirenti, posto che il venditore si era impegnato a consegnare
gli immobili entro il biennio. Gli istanti chiedevano perciò al tri
bunale di accertare che essi nulla dovevano alla Side a titolo di
revisione del prezzo di cessione dei singoli alloggi. Formulavano
poi altre richieste che più non rilevano in questa sede.
La società Side e il comune di Udine si costituivano in giudi zio. La prima chiedeva il rigetto della domanda; il comune ecce
piva anche il difetto di giurisdizione in ordine al riscontro della
validità della convenzione.
Il Tribunale di Udine rigettava la domanda relativa alla conte
stata revisione dei prezzi, rilevando che la revisione dopo il bien
nio era prevista dall'art. 8 1. 10/77 e che il ritardo nell'ultimazio
ne dei lavori, che aveva determinato il superamento del termine
biennale, non era addebitabile alla Side.
In seguito ad appello degli attori, la Corte d'appello di Trieste, con sentenza 18 ottobre 1984, dichiarava la nullità delle clausole
sulla revisione dei prezzi contenute nei contratti preliminari di
compravendita, nella parte contenente il rinvio al meccanismo di
revisione previsto dall'art. 5 della convenzione tra il comune di
Udine e la società Side; dichiarava la validità di tali clausole, ai sensi dell'art. 8 1. 28 gennaio 1977 n. 10, solo per gli aumenti
verificatisi tra il 15 febbraio 1980 e il 15 febbraio 1982 e secondo
le modalità di calcolo della revisione stabilite dal citato art. 8; dichiarava che i promittenti compratori erano tenuti a corrispon dere alla Side, a titolo di revisione prezzi, solo le somme derivan
ti dagli eventuali aumenti verificatisi nel predetto periodo, secon
do le modalità previste dall'art. 8 1. 10/77.
La corte di Trieste riteneva che l'art. 5 della convenzione tra
il comune di Udine e la società Side, al quale rinviavano i con
tratti preliminari, prevedeva per la determinazione del prezzo di
vendita un meccanismo non conforme al disposto dell'art. 8 1.
28 gennaio 1977 n. 10; che pertanto le clausole dei contratti preli minari erano nulle per la parte che comportava una determina
zione del prezzo in misura eccedente i limiti fissati dal citato art.
8; che in base a questa disposizione l'aumento revisionale del quale doveva tenersi eventualmente conto era quello determinabile alla
scadenza del biennio 15 febbraio 1980 - 15 febbraio 1982, mentre
risultavano irrilevanti gli aumenti intervenuti successivamente, pri ma della scadenza del biennio 1982/84; che nella determinazione
Il Foro Italiano — 1988.
del prezzo di vendita doveva tenersi conto dell'aumento maturato
alla data del 15 febbraio 1982 perché nei preliminari era previsto che la stipulazione del contratto definitivo sarebbe avvenuta do
po tale data, posto che era stata stabilita la consegna degli appar tamenti entro il 15 febbraio 1982 e la stipulazione dei contratti
definitivi in epoca successiva.
Contro questa decisione hanno proposto ricorso per cassazione
i promittenti compratori in base ad unico motivo. Resiste con
controricorso il comune di Udine, il quale propone anche ricorso
incidentale sulla base di unico motivo, cui resiste con controri
corso la società Side. I ricorrenti hanno presentato memoria.
Motivi della decisione. — Il ricorso principale e quello inciden
tale vanno riuniti, ai sensi dell'art. 335.
Con l'unico motivo del ricorso principale si denunzia violazio
ne e falsa applicazione dell'art. 8 1. 28 gennaio 1977 n. 10 e degli art. 1187 e 2963 c.c. in relazione all'art. 360, n. 3, c.p.c., nonché
il vizio di motivazione illogica e contraddittoria (art. 360, n. 5,
c.p.c.), per avere la corte di Trieste ritenuto che il prezzo di ven
dita degli alloggi dovesse determinarsi tenendo conto della revi
sione biennale, nonostante che fosse contrattualmente prevista la
consegna dei singoli appartamenti prima della scadenza del bien
nio. E ciò in contraddizione con la premessa in diritto che la
stessa corte aveva correttamente enunciato e cioè che nel caso
di specie era applicabile l'art. 8 1. 28 gennaio 1977 n. 10 nella
parte in cui prevede un periodo di invariabilità dei prezzi degli immobili non inferiore ad un biennio; biennio che nella specie non poteva essere superato perché la consegna degli alloggi dove
va avvenire entro il 15 febbraio 1982, senza che potessero assu
mere rilievo eventuali ritardi, anche se incolpevoli, nella ultima
zione dei lavori o nella consegna degli alloggi e senza che potesse
ugualmente darsi rilevanza al diverso e successivo termine previ sto per la stipulazione dei contratti definitivi di cessione degli immobili da parte della società Side ai singoli acquirenti.
Il ricorso è infondato. In materia di edilizia convenzionata,
quale disciplinata dalla 1. 28 gennaio 1977 n. 10, le convenzioni
che i comuni stipulano con i concessionari-costruttori che si im
pegnano ad applicare prezzi di vendita e canoni di locazione pre determinati (così beneficiando della riduzione del contributo per il rilascio della concessione di edificazione alla sola quota degli oneri di urbanizzazione di cui all'art. 5 della legge), devono con
tenere (art. 8, 1° comma) la determinazione dei prezzi di cessione
degli alloggi e dei canoni di locazione da applicarsi per la vendita
e la locazione ai privati, oltre ad indicare le caratteristiche tipolo
giche e costruttive degli alloggi e la durata della concessione. Ciò
in uniformità ai criteri ed ai parametri stabiliti nella convenzione
tipo approvata dalla regione o, in mancanza, in uno schema di
convenzione deliberato dal consiglio comunale, contenente gli ele
menti di cui al ricordato art. 8 della legge. In attuazione di simili convenzioni con i comuni, i concessio
nari che abbiano realizzato la costruzione di alloggi sulle aree
assegnate, rispettando la tipologia e le caratteristiche costruttive
previste nella convenzione, sono obbligati ad applicare, in caso
di vendita o di locazione degli immobili costruiti, i prezzi di ces
sione ed i canoni di locazione fissati nella convenzione medesima.
Poiché tuttavia la concessione ha (art. 8, 1° comma, lett. d) una
durata compresa tra i venti ed i trenta anni, a fronte delle varia
zioni che in tale arco di tempo si siano verificate, è prevista la
possibilità di periodiche revisioni dei predetti prezzi iniziali di ces
sione degli alloggi e dei canoni di locazione stabiliti al momento
della stipula delle convenzioni. Tali variazioni periodiche tuttavia
possono essere applicate «con frequenza non inferiore al biennio, in relazione agli indici ufficiali Istat dei costi di costruzione inter
venuti dopo la stipula delle convenzioni medesime» (art. 8, 4°
comma). Al riguardo è da notare che, mentre — ai sensi del 1°
comma dell'art. 8 — per la determinazione dei costi-base iniziali
di cessione degli alloggi deve tenersi conto: a) del costo delle aree, in misura tale che la sua incidenza non superi il 20% del costo
di costruzione come definito ai sensi del precedente art. 6, b) del costo della costruzione, c) del costo degli oneri di urbanizza
zione, d) delle spese generali (comprese quelle per la progettazio
ne) ed e) degli oneri di preammortamento e finanziamento, per le revisioni periodiche previste nel 4° comma dello stesso art. 8
va tenuto conto delle sole variazioni riguardanti i costi di costru
zione, riportati negli indici Istat.
Si desume da tale disciplina che i prezzi di cessione determinati
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
al momento della stipula della convenzione tra il comune e il
concessionario sono necessariamente dei prezzi-base, imposti au
toritativamente dal comune concedente in applicazione di precisi criteri fissati dalla legge e comunicati al costruttore richiedente
la concessione al fine di permettergli di conoscere i termini eco
nomici dell'attività d'impresa che è autorizzato a svolgere nel pe riodo di validità della concessione, con la costruzione degli alloggi
previsti, per il caso in cui, a costruzione eseguita, egli intenda
venderli o invece cederli in locazione. Tuttavia, proprio perché la concessione è destinata a durare nel tempo (almeno venti anni) e considerando che prima della convenzione-concessione l'attività
edilizia non può avere inizio, è evidente che il prezzo di cessione
(al pari del canone di locazione) fissato inizialmente è suscettibile
di revisione, qualora tra il momento della convenzione e quello in cui venga attuato il trasferimento di proprietà dal costruttore
all'acquirente degli alloggi (o pattuita la locazione) si determini
no variazioni nei costi di costruzione, incidenti sul valore capitale dell'immobile da cedere (o da locare) a terzi, che inducano a rite
nere modificato uno dei parametri (appunto quello relativo al
costo della costruzione) posti a base della iniziale determinazione
dei prezzi di cessione fatta con la convenzione e perciò a ritenere
necessaria l'attualizzazione dei detti prezzi. Questa tuttavia può essere effettuata solo alla scadenza del biennio dalla stipula della
convenzione, cosicché nel caso in cui la costruzione venga com
pletata entro tale periodo e l'immobile ceduto all'acquirente, non
può applicarsi un prezzo diverso da quello fissato nella conven
zione, da ritenersi perciò non perequabile né modificabile (perché
per presunzione di legge equo e remunerativo), almeno in pregiu dizio del terzo acquirente, per tutta la durata (minima) del pre detto biennio. Del resto la variazione che, allo scadere del biennio,
può essere apportata ai prezzi di cessione, anche se ragguagliata ai mutati costi di costruzione ed anche se a beneficiare è il
concessionario-costruttore, non vuole essere una revisione dei co
sti sostenuti da questi per la realizzazione degli alloggi, tanto ve
ro che i prezzi di cessione, come i canoni di locazione, sono
suscettibili di ulteriori aumenti periodici, in caso di alienazioni differite nel tempo, con la stessa frequenza non inferiore al bien
nio, per tutta la durata della concessione, quando cioè i costi
di costruzione sono stati ormai ammortizzati.
A presidio dei prezzi di vendita (e canoni di locazione) prede terminati autoritativamente e imposti al costruttore con la con
venzione, l'art. 8, 5° comma, 1. 10/77 stabilisce che ogni
pattuizione in violazione di questi «è nulla per la parte ecceden
te». Col che deve considerarsi vietata, in sede di stipula sia della
convenzione tra comune e costruttore sia dei contratti tra que
st'ultimo e i privati di vendita o di locazione, la pattuizione di
prezzi (e canoni) iniziali superiori, o diversamente determinati,
rispetto a quelli imposti in base ai criteri e parametri indicati dal
la legge. Ma deve considerarsi colpita da nullità (data la colloca
zione della disposizione in esame subito dopo il 4° comma, dove
è appunto regolata la variazione dei prezzi e dei canoni) anche
la pattuizione di meccanismi di adeguamento diversi, per misura
o frequenza, da quello prescritto (applicazione degli indici Istat
relativi ai soli costi di costruzione), e meno favorevoli per il con
traente privato, sempre limitatamente alla parte contra legem. Premessi questi principi giuridici, che sono stati peraltro cor
rettamente ricordati anche nella sentenza impugnata, va osserva
to che la corte di merito ha ritenuto la nullità, parziale e deriva
ta, delle clausole contenute nei contratti preliminari di vendita
stipulati dalla Side con i vari acquirenti e riproduttive della ana
loga pattuizione contenuta nella convenzione tra il comune di Udi
ne e la predetta società, riguardanti la revisione biennale dei prez
zi di cessione degli alloggi, in quanto difformi da quella prescrit ta dall'art. 8 della legge, sia perché diretta ad accordare al co
struttore una revisione dei costi di costruzione (per di più in base
a criteri diversi da quelli indicati nella legge stessa) anziché a sta
bilire l'aggiornamento dei prezzi di vendita ai privati (ragguaglia
ta ai costi di costruzione, ma tenendo presenti solo le variazioni
risultanti dai dati Istat), sia perché riferita anziché al biennio de
corrente dalla stipula della convenzione ad un periodo di tempo
il cui termine finale (data del certificato di abitabilità) poteva
cadere non solo dopo ma anche prima della scadenza del biennio
considerato nell'art. 8. In sostanza, tra comune e costruttore si
era previsto un meccanismo di revisione dei costi di costruzione
nell'interesse sia del concessionario-costruttore (che si vedeva ri
conosciuto il diritto alla detta revisione in base alle norme della
diversa 1. 21 agosto 1964 n. 463 appena ultimati i lavori ed otte
II Foro Italiano — 1988.
nuta la dichiarazione di abitabilità degli alloggi) sia del comune
(che tali variazioni riconosceva solo se superiori al 5%), ma che — quale che fosse in concreto la vantaggiosità per le parti predet te — era sicuramente diverso da quello previsto nell'art. 8 e ri
versabile sugli acquirenti, che deve condurre all'attualizzazione
dei prezzi di cessione degli alloggi costruiti in base alle variazioni
Istat dei costi di costruzione calcolati alla scadenza del biennio
della stipula della convenzione. La corte di Trieste, dichiarata
la nullità delle predette clausole, ha pronunziato la nullità parzia le dei contratti privati ma al tempo stesso ha proceduto, ai siensi
degli art. 1419, cpv., e 1339 c.c., alla integrazione di essi median
te sostituzione di diritto delle clausole difformi nulle con la nor
mativa di legge in materia, trattandosi di prezzi imposti. Ed ha
cosi dichiarato applicabili — se in concreto sussistenti e con le
modalità di calcolo previste nell'art. 8 1. 10 del 1977 — le varia
zioni Istat maturate alla data del 15 febbraio 1982, di scadenza
del biennio con esclusione di quelle ulteriori maturate in corso
di causa dopo detta data e con esclusione altresì' del sistema di
revisione pattuito tra comune e costruttore; sistema da questi fat
to accettare ai singoli promittenti compratori e destinato a dive
nire operante al momento dell'ultimazione dei lavori, anche se
gli alloggi non fossero stati venduti in tale momento.
I ricorrenti principali non pongono in discussione tali conclu
sioni (accettano cioè la dichiarazione di nullità parziale e la sosti
tuzione legale delle clausole nulle con la disciplina prevista dal
l'art. 8 1. 10/77) e si limitano a sostenere che, riconoscendo detta
norma un periodo biennale di invariabilità dei prezzi di cessione,
nella specie tale biennio non era stato superato perché contrat
tualmente la consegna degli alloggi doveva avvenire il 15 febbraio
1982 e cioè l'ultimo giorno utile del biennio di cui trattasi. Ma
è evidente l'equivoco in cui essi cadono ed anzi la contraddizione
logica con le stesse premesse da loro accettate e da cui muovono:
se infatti la revisione non riguarda il costo di costruzione e cioè
le spese che il costruttore deve sostenere per realizzare l'opera ma il prodotto finito e cioè il valore commerciale di alienazione
degli alloggi, mediante applicazione al prezzo base iniziale, deter
minato nella convenzione secondo i criteri e parametri di legge, delle variazioni intervenute e risultanti dagli indici Istat (occasio
nalmente) riferiti agli stessi costi di costruzione (ma non anche
ad altri elementi), è evidente che il termine di consegna degli al
loggi — anteriore o posteriore che sia rispetto alla cessione degli
stessi — non può avere alcuna rilevanza al fine di decidere circa
l'applicabilità della revisione dei prezzi di cessione, la quale ma
tura per il solo fatto del superamento del biennio al momento
appunto della cessione degli immobili, anche se in ipotesi sussi
stesse ritardo (colpevole o meno) da parte del costruttore nella
consegna (salvi ovviamente gli eventuali diversi danni derivanti
da tale ritardo). La pattuizione perciò con la quale le parti aveva
no convenuto la consegna anticipata (al 15 febbraio 1982) degli
alloggi da parte della Side rispetto alla stipula del contratto defi
nitivo di trasferimento non comportava di per sé invariabilità del
prezzo di acquisto, una volta che — come la corte di merito ha
accertato in punto di fatto — la cessione degli alloggi per con
tratto doveva avvenire dopo la consegna e, per ciò stesso, quan do ormai il prezzo di cessione era divenuto suscettibile di varia
zione, secondo la disciplina legale inderogabile contenuta nell'art.
8 1. n. 10 del 1977.
II fatto che il comune, all'atto della convenzione con il
concessionario-costruttore si fosse (erroneamente) dato carico della
revisione dei costi di costruzione, imponendo al concessionario
(che poi riprodusse tale pattuizione nei singoli preliminari di ven
dita stipulati con i privati) un regime di variazione di detti costi
difforme da quello legale (e presumibilmente per lui meno van
taggioso, perché operante solo se le variazioni avessero superato
il 5%), restava in effetti privo di conseguenze perché il meccani
smo prescelto era destinato, proprio perché illegale, ad essere so
stituito — in forza del sistema di integrazione sopra ricordato
del contratto parzialmente nullo previsto dagli art. 1339 e 1419
c.c. — da quello scaturente dalla disciplina contenuta nell'art.
8 1. 10/77, che prevede l'aggiornamento biennale dei costi di co
struzione e dei canoni di locazione per il solo fatto che gli alloggi
costruiti siano da cedere o da locare in data successiva alla sca
denza di uno dei periodi biennali di variazione; come in effetti
è avvenuto nel caso in esame, attraverso la pronunzia adottata
dai giudici del merito. E pertanto il prezzo che gli attuali ricor
renti dovevano pagare per l'acquisto degli alloggi, quale che fos
se la disciplina convenzionale riguardo ai costi di costruzione e
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PARTE PRIMA
all'epoca di ultimazione dei lavori e di consegna, non poteva che essere il prezzo legale applicabile al momento della cessione, te nendo conto delle variazioni Istat maturate alla data del 15 feb braio 1982, se in concreto sussistenti.
Il ricorso principale deve perciò essere rigettato. (Omissis)
CORTE DI CASSAZIONE; sezione I civile; sentenza 19 giugno 1987, n. 5378; Pres. Zucconi Galli Fonseca, Est. Vercello
ne, P.M. Paolucci (conci, diff.); Proc. rep. Trib. min. Geno va c. Leone, Fiori, Faggi. Cassa Trib. min. Genova 6 aprile 1985.
Adozione — Adozione internazionale — Provvedimento stranie ro — Legalizzazione delle firme — Necessità (L. 4 gennaio 1968 n. 15, norme sulla documentazione amministrativa, il rilascio di copie, la legalizzazione di firme, art. 17; 1. 4 maggio 1983 n. 184, disciplina dell'adozione e dell'affidamento dei minori, art. 31, 32).
Non può essere dichiarata l'efficacia nello Stato della sentenza straniera di affidamento preadottivo le cui sottoscrizioni non siano legalizzate. (1)
(1) Non constano precedenti in termini. L'affermazione della ineffica cia nello Stato degli atti formati all'estero privi della legalizzazione delle firme si rinviene in giurisprudenza, con riferimento all'ipotesi di procura alle liti, in Cass. 6 maggio 1980, n. 2987, Foro it., 1980, I, 2818, con nota di richiami, nella quale si fa espressamente riferimento alla 1. 4 gen naio 1968 n. 15, e in Cass. 12 maggio 1976, n. 1660, id., 1976, I, 1471, con nota di richiami (tra cui si segnala Cass. 7 febbraio 1975, n. 468, id., 1975, I, 1114, con osservazioni di C.M. Barone), relativa all'applica zione della 1. 3 dicembre 1942 n. 1700. In dottrina, in senso conforme alla massima, v. Rossi Carleo, L'affidamento e le adozioni, in Trattato di diritto privato, diretto da Rescigno, Utet, Torino, 1985, IV, 362, e A. e M. Finocchiaro, Disciplina dell'adozione e dell'affidamento dei minori (commento teorico-pratico alla l. 4 maggio 1983 n. 184), Giuffrè, Milano, 1983, 354, i quali, evidenziando la diversità della natura della legalizzazione rispetto a quella della dichiarazione di conformità alla legi slazione dello Stato da parte delle autorità consolari prevista dall'art. 31 1. n. 184 del 1983, affermano che: «per principio generale atti e documen ti formati all'estero fanno fede davanti all'autorità italiana solo se lega lizzati dalle autorità consolari o diplomatiche italiane residenti nello Stato in cui l'atto è stato formato, salve le esenzioni dall'obbligo della legaliz zazione (e della traduzione) stabilite da leggi e da accordi internazionali (1. 4 gennaio 1968 n. 15, art. 17). Nulla disponendo l'art. 31 al riguardo, deve concludersi nel senso che l'autorità consolare italiana all'estero, ol tre a rilasciare la dichiarazione di cui si è detto, deve altresì legalizzare il provvedimento straniero di adozione (provvedimento che deve essere
accompagnato da una traduzione in lingua italiana, certificata conforme al testo straniero dalla stessa rappresentanza diplomatica o da un tradut tore ufficiale), salvo che esistano con lo Stato di provenienza del minore particolari accordi internazionali nel senso che non sia necessaria alcuna legalizzazione».
Sull'adozione internazionale, con particolare riferimento alla proble matica della dichiarazione di efficacia dei provvedimenti stranieri, v. Ba ratta, Il riconoscimento dei provvedimenti stranieri nella nuova legge sull'adozione, in Riv. dir. internaz., 1985, 782; Ballarino, Due convegni sull'adozione internazionale, in Riv. dir. civ., 1985, II, 239; Morozzo Della Rocca, Brevi note in tema di adozione internazionale, in Dir. famiglia, 1984, 754; Beghè-Loreti, Innovazioni introdotte nell'ordina mento giuridico italiano dalla nuova legge dell'adozione dei minori in tema di dichiarazione di efficacia delle sentenze straniere, in L'adozione internazionale dei minori in Italia. La legislazione dell'adozione dei mi nori nei paesi dell'America latina, coordinato da Beghè-Loreti, Unico pli, Milano, 1984, 11; Artigliere, Influenza dei principi che regolano nello Stato il diritto di famiglia e dei minori nella dichiarazione di effica cia dei provvedimenti stranieri di adozione, ibid., 29; Jaime, L'adozione internazionale, tendenze e riforme, in Riv. dir. civ., 1984, I, 545; Catta neo, Adozione, ibid., II, 385; Franchi, L'adozione internazionale dei minori, in Quadrimestre, 1984, 6; Saulle, L'adozione internazionale nel la nuova legge sull'adozione e sull'affidamento dei minori, in Riv. dir. internai., 1984, 299; Beghè-Loreti, Adozione internazionale: considera zioni sulle innovazioni introdotte nell'ordinamento giuridico italiano, in Giust. civ., 1984, II, 274; Poletti Di Teodoro, in Nuove leggi civ., 1984, 141; Franchi, ibid., 141; Uccella, Il minore tra affidamento familiare e adozione. Commento alla l. 4 maggio 1983 n. 184, Ianua, Roma, 1984, 68; Manera, L'adozione e l'affidamento familiare. Commento alla l. 4 maggio 1983 n. 184 con la giurisprudenza relativa alla parte della vecchia disciplina trasfusa nella nuova, Jovene, Napoli, 1983, 204; Sacchetti,
Il Foro Italiano — 1988.
Svolgimento del processo. — Con decreto 21 marzo - 6 aprile 1985 il Tribunale per i minorenni di Genova su istanza dei coniu
gi Domenico Leoni e Rosalba Fiori ha pronunciato l'efficacia
in Italia come affidamento preadottivo della sentenza emessa dal
Tribunale dei minori Secondo di Pichinga (Ecuador) che aveva
affidato ai coniugi istanti per l'inserimento nella loro famiglia il bambino Francisco José Bautista Guerrero, nato a Quito (Ecua dor) il 2 dicembre 1984.
Contro tale decreto il p.m. presso quel tribunale ha proposto ricorso per cassazione ex art. 32, ultimo comma, 1. 184/83. Il ricorso è articolato su tre motivi.
Motivi della decisione. — Preliminare è l'esame del primo mo tivo con cui il ricorrente p.m. denuncia violazione dell'art. 17, 2° comma, 1. 4 gennaio 1968 n. 15 per mancata legalizzazione delle firme apposte sul provvedimento 18 gennaio 1985 del Tribu
nale per i minorenni di Pichinga. La norma richiamata stabilisce che «le firme sugli atti e docu
menti formati all'estero da autorità straniera e da valere nello Stato sono legalizzate dalle rappresentanze diplomatiche o conso lari italiane all'estero».
Ora, è pacifico che la sentenza di cui si tratta è documento formato all'estero da autorità straniera da valere in Italia, ap punto perché di questo si voleva e si chiese appunto dichiararne l'efficacia in Italia; ed è pacifico che le firme dei magistrati e
funzionari, che formarono quell'atto, non sono state legalizzate. Si tratta di stabilire le conseguenze di questa accertata mancan
za di una dovuta legalizzazione. Il primo postulato da affermare è che la legalizzazione è neces
saria.
La legalizzazione (art. 15 citata legge 4 gennaio 1968) è «atte stazione ufficiale della legale qualità di chi ha apposto la propria firma sopra atti, certificati, copie ed estratti, nonché dell'autenti cità della firma stessa». Senza la legalizzazione, l'atto o docu mento estero non offre la certezza di provenire davvero dalla au torità competente all'estero per «formarlo»; non si conosce infat ti né se la firma è stata apposta proprio dalla persona fisica che
appare aver firmato né se quella persona ha la legale qualità ne cessaria per «formarlo»; in specie se la firma che appare sul prov vedimento che si vorrebbe dichiarare efficace sia davvero della
persona fisica che nel provvedimento appare essere il giudice e se quella persona fisica sia davvero giudice presso quel tribunale.
Il secondo postulato è che qualunque autorità italiana la quale deve valersi in Italia di un atto o documento formato all'estero da autorità straniera non può valersene se manca la necessaria
legalizzazione. Il disposto dell'art. 17, 2° comma, 1. 4 gennaio 1968 ha un
senso solo se se ne deduce la non utilizzabilità in Italia del docu mento non legalizzato.
Questo vale senza dubbio nell'ipotesi in cui l'atto dell'autorità straniera sia una pronuncia giudiziaria e questa voglia farsi valere nello Stato addirittura come provvedimento straniero del quale si debba pronunciare l'efficacia in Italia.
Il giudice investito della istanza di dichiarazione di efficacia non può pronunciarsi sulla relativa istanza se il provvedimento straniero non è legalizzato ex art. 17 1. 4 gennaio 1968. Non è tanto questione del rispetto di una regola formale. Ma di una
esigenza assolutamente da soddisfare per la tutela degli interessi del minorenne. È principio fondamentale della nostra legislazione in materia di adozione internazionale che in tanto un minorenne
Adozione e affidamento dei minori. Commento alla nuova l. 4 maggio 1983 n. 184, Maggioli, Rimini, 1983, 110; Cafari - Panico, Minori (ado zione internazionale dei), voce del Novissimo digesto, appendice, Utet, Torino, 1984, 68.
Sulla legislazione, con riferimento alla 1. 15 del 1968, v. Morone, Do cumentazione amministrativa, autenticazione e legalizzazione di firme, voce del Novissimo digesto, appendice, Utet, Torino, 1982, 120; con riferi mento invece alla normativa previgente (d.p.r. 2 agosto 1957 n. 678 e 1. 3 dicembre 1942, n. 1700), cfr. Verde, Legalizzazione, voce del Novis simo digesto, Utet, Torino, IX, 582 e Valentini, Legalizzazione, voce
dell'Enciclopedia del diritto, Giuffrè, Milano, 1973, XXIII, 702, il quale asserisce che la legalizzazione «conferisce all'atto una particolare qualità: quella di esplicare i suoi effetti oltre i limiti territoriali propri dell'autori tà che ha emesso l'atto ... Il fatto che la legalizzazione attenga all'effica cia spaziale ha un'immediata ed intuitiva conseguenza: che il vizio, o addirittura l'assenza della legalizzazione non possono mai tradursi in vi zio dell'atto legalizzato, ma solo limitarne l'efficacia spaziale».
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