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PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE || sezione I civile; sentenza 25 giugno 1987, n....

Date post: 28-Jan-2017
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sezione I civile; sentenza 25 giugno 1987, n. 5588; Pres. Zucconi Galli Fonseca, Est. Favara, P.M. Lo Cascio (concl. conf.); Carraro e altri (Avv. Spaziani Testa, Giacometti) c. Soc. Side (Avv. Pasquale, Chersi) e Comune di Udine; Comune di Udine (Avv. Pujatti, Tonazzi) c. Soc. Side e Carraro. Conferma App. Trieste 18 ottobre 1984 Source: Il Foro Italiano, Vol. 111, PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE (1988), pp. 173/174-179/180 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23181032 . Accessed: 28/06/2014 17:11 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 46.243.173.129 on Sat, 28 Jun 2014 17:11:51 PM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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sezione I civile; sentenza 25 giugno 1987, n. 5588; Pres. Zucconi Galli Fonseca, Est. Favara, P.M.Lo Cascio (concl. conf.); Carraro e altri (Avv. Spaziani Testa, Giacometti) c. Soc. Side (Avv.Pasquale, Chersi) e Comune di Udine; Comune di Udine (Avv. Pujatti, Tonazzi) c. Soc. Side eCarraro. Conferma App. Trieste 18 ottobre 1984Source: Il Foro Italiano, Vol. 111, PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE(1988), pp. 173/174-179/180Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23181032 .

Accessed: 28/06/2014 17:11

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

Del resto, la disciplina legale — in quanto riferita al «diritto»,

pieno ed incondizionato, a permessi sindacali retribuiti — non

pare comparabile (in termini di maggiore o minor favore), attesa

l'evidente eterogeneità (sul punto, sia pure con riferimento a ma

terie diverse da quella controversa, vedi, per tutte, Cass. n. 31/86,

cit.; 4481/84, id., Rep. 1984, voce Sentenza civile, n. 43, anche

in motivazione), con una disciplina contrattuale degli stessi per

messi, che, ne subordini la fruizione alla compatibilità con esi

genze aziendali, come nella specie, oppure, addirittura, a conces

sione, autorizzazione o, in genere, provvedimento discrezionale

del datore di lavoro.

Comunque una disciplina contrattuale siffatta — ancorché pre veda una maggiore «quantità» od una semplificazione delle mo

dalità di fruizione dei permessi — non pare, in nessun caso, glo balmente più favorevole per i lavoratori rispetto alla disciplina

legale, che garantisca il «diritto», pieno ed incondizionato, ai per messi stessi, pur stabilendone una minore «quantità» e più com

plesse modalità di fruizione.

Resta, tuttavia, il problema — pure prospettato dalla ricorren

te ed affrontato nel prosieguo della motivazione — se la esamina

ta nullità parziale si estenda all'intero accordo aziendale.

2.1. - Con il quarto motivo — che, per il suo carattere logica mente pregiudiziale, precede il terzo nella trattazione — la socie

tà ricorrente, denunciando violazione e falsa applicazione di nor

me di diritto (art. 1355, 1419 c.c., 23 1. 300/70) nonché vizio di motivazione (art. 360, nn. 3 e 5, c.p.c.), censura la sentenza

impugnata per avere negato che la nullità dell'accordo aziendale — nella parte in cui subordina la fruizione di permessi retribuiti

alla compatibilità con «le esigenze produttive» si estende all'inte

ro accordo. Invero, ad avviso della ricorrente, la parte ritenuta

nulla non è una «clausola autonoma» dell'accordo, ma è in cor

relazione inscindibile con il resto. Pertanto — conclude la ricor

rente — la nullità travolge anche la parte dell'accordo, che preve de un monte ore di permessi retribuiti eccedenti il minimo legale

garantito, per cui — essendo incontroverso che, nella specie, il

lavoratore intendesse fruire di permesso retribuito, quando il mi

nimo legale era già stato ampliamente superato — è ingiustificata l'assenza addotta a motivazione della sanzione disciplinare, di cui

si discute.

Il motivo è fondato nei seguenti termini.

2.2. - Invero — secondo l'insegnamento di questa corte (vedi

ne, per tutte, le sentenze 3294/58, id., 1958, I, 1603; 1245/59,

id., 1959, I 732; 1631/62, id., 1962, I, 740; 2183/84, id., Rep. 1984, voce cit., n. 1353 anche in motivazione) — il termine «clau

sola» — nella disposizione di legge (art. 1419 c.c.) che disciplina

la nullità parziale del contratto (anche) collettivo — va inteso

in senso sostanziale, non in senso formale, giacché è assunto dal

legislatore come elemento precettivo del contratto, da considerare

nella sua unitarietà, per cui non si identifica con il concetto di

disposizione, ben potendo la clausola articolarsi in più disposizioni.

L'accertamento, poi, se la parte del contratto, inficiata da nul

lità, costituisca una «clausola», involgendo una quaestio volunta

tis, è riservato al giudice di merito e non può essere censurato,

in sede di legittimità, se sorretto da motivazione congrua ed im

mune da vizi logici e giuridici. Peraltro, quando la nullità investe effettivamente singole clau

sole, il principio di conservazione del contratto (utile per inutile

non vitiatur) — secondo l'insegnamento di questa corte (vedine,

per tutte, le sentenze 500, 1592, 3547, 4921, 5100/80, id., Rep.

1980, voce Contratto in genere, nn. 251, 245, 247, 248, 252;

6917/82, id., Rep. 1982, voce cit., n. 223; 2012, 2499/83, id.,

Rep. 1983, voce cit., nn. 297, 296; 3116/86, id., Rep. 1986, voce

Lavoro (rapporto), n. 1275) — costituisce la regola, nel sistema

del codice civile, mentre l'estensione all'intero contratto degli ef

fetti della nullità costituisce l'eccezione, i cui estremi devono es

sere provati rigorosamente dalla parte interessata, che, all'uopo,

è tenuta a dimostrare che la clausola colpita da invalidità non

ha un'esistenza autonoma né persegue un suo risultato distinto,

ma è in correlazione inscindibile con il resto e funge da condicio

causava dans o condicio sine qua non, nel senso che le parti non

avrebbero concluso il contratto senza quella parte del suo conte

nuto colpita dalla nullità.

Anche l'accertamento della «inscindibilità» delle clausole nulle

da altre clausole dello stesso contratto — che va condotto, essen

zialmente, attraverso la valutazione della volontà delle parti —

è accertamento di fatto, riservato al giudice di merito, ed incen

surabile, in sede di legittimità, se sorretto da motivazione con

II Foro Italiano — 1988.

grua ed immune da vizi logici e giuridici (vedi, per tutte, Cass.

n. 5100/80, cit.). In relazione ai menzionati principi di diritto — che la corte

non ha motivo per non confermare — non risulta adeguatamente

motivata, nella sentenza impugnata, la statuizione, che nega l'e

stensione dell'accertata nullità parziale, all'intero accordo azien

dale, di cui si discute, o — per quel che qui interessa — quanto meno alla previsione contrattuale di un monte ore di permessi

superiore al minimo legale. 2.3. - La sentenza impugnata — come è stato ricordato in nar

rativa — si limita, infatti, ad osservare, che la nullità «... deve

comunque essere limitata alla pattuizione, come sopra individua

ta, attesoché la dimostrazione di un eventuale rapporto di inscin

dibilità tra la clausola nulla ed il restante contenuto negoziale costituisce onere della parte, non potendo il giudice procedere d'ufficio all'indagine sulle volontà delle parti contraenti, qualora

questa richieda accertamenti di fatto».

Pur enunciando, correttamente, la regola della ripartizione del

l'onere della prova (art. 2697 c.c.), la riferita motivazione suppo

ne, implicitamente quanto apoditticamente, che la parte, colpita da nullità, costituisca «clausola», nel senso sopra precisato.

Inoltre la sentenza omette qualsiasi valutazione della volontà

delle parti stipulanti — quale si desume, essenzialmente, dalla

corretta interpretazione dell'accordo aziendale, in ossequio ai ca

noni legali di ermeneutica (art. 1362 ss. c.c.) — a sostegno della

asserita esclusione della «inscindibilità» della parte dell'accordo

aziendale colpita da nullità — ancorché la stessa costituisca «clau

sola» — ed il contenuto residuo dell'accordo medesimo.

Tali accertamenti, previa cassazione della sentenza impugnata, vanno demandati, quindi, al giudice di rinvio. (Omissis)

CORTE DI CASSAZIONE; sezione i civile; sentenza 25 giugno

1987, n. 5588; Pres. Zucconi Galli Fonseca, Est. Favara,

P.M. Lo Cascio (conci, conf.); Carraro e altri (Avv. Spaziani

Testa, Glacometti) c. Soc. Side (Avv. Pasquale, Chersi) e

Comune di Udine; Comune di Udine (Avv. Pujatti, Tonazzi)

c. Soc. Side e Carraro. Conferma App. Trieste 18 ottobre 1984.

Edilizia e urbanistica — Convenzioni tra comuni e concessionari

costruttori — Prezzi di vendita e canoni di locazione degli al

loggi — Revisione dei prezzi di cessione (Cod. civ., art. 1187,

2963; 1. 28 gennaio 1977 n. 10, norme per la edificabilità dei

suoli, art. 8).

In materia di edilizia popolare economica, poiché l'aggiornamen to dei prezzi di cessione degli alloggi matura alla scadenza del

biennio dal momento della cessione degli immobili anche in

caso di ritardo colpevole nella consegna degli alloggi, il termine

di consegna non incide sulla revisione dei prezzi di vendita e

sui canoni di locazione. (1)

Svolgimento del processo. — Con atto di citazione notificato

il 30 settembre 1982, Carraro Paolo, (et coeteri) convenivano in

giudizio davanti al Tribunale di Udine la s.a.s. Side e il comune

di Udine. Gli attori esponevano che, con convenzione in data

15 febbraio 1980, il comune di Udine aveva dato in concessione

per la durata di venti anni un'area per la costruzione di 52 alloggi

con i benefici delle agevolazioni e dei contributi previsti dalla

1. 5 agosto 1978 n. 457; che all'art. 5 della convenzione era stato

fissato in lire 553.000 al mq. il prezzo iniziale di cessione degli

alloggi da costruire; che era stata facoltizzata la revisione del co

(1) Sul punto specifico non constano precedenti. In generale, sulla nor

male inammissibilità della revisione dei prezzi di cessione, cosi come dei

canoni di locazione degli alloggi, quando la consegna di questi avviene

alla scadenza del biennio dalla stipula della convenzione tra comune e

concessionario-costruttore, e sulla possibilità residua di dare ingresso alla

attualizzazione dei prezzi, cfr., tra le più recenti, App. Bologna 18 gen naio 1985, Foro it., Rep. 1985, voce Edilizia popolare, n. 156, per esteso

in Arch, civ., 1985 , 991, con nota di Spampinato (anche in Arch, loca

zioni, 1985, 709); Cass. 10 maggio 1984, n. 2856, Foro it., Rep. 1984,

voce cit., n. 134; 11 febbraio 1982, n. 835, id., 1983, I, 1081, con nota

di richiami.

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PARTE PRIMA

sto di costruzione in base alle norme di cui alla 1. 21 giugno 1964

n. 463 e successive modificazioni per variazioni dei prezzi in mi

sura superiore al 5% nel perìodo compreso tra la data della sti

pulazione e quella dell'abitabilità degli alloggi, che il comune avreb

be dovuto rilasciare entro venti giorni dalla ultimazione dei lavo

ri; che essi attori avevano stipulato con la Side distinti contratti

preliminari, per l'acquisto dei singoli alloggi, nei quali era stata

richiamata la convenzione di cui sopra, che così ne era divenuta

parte integrante; che in tali contratti era stato stabilito che gli

alloggi sarebbero stati consegnati entro il 15 febbraio 1982, salvo

eventuale proroga dei termini di ultimazione dei lavori da accor

darsi per causa di forza maggiore, o per giustificati motivi, dal

comune di Udine. Esponevano ancora gli attori che all'art. 2 dei

singoli contratti preliminari era stata prevista la possibilità di re

visionare il prezzo sulla base delle variazioni risultanti dalle tabel

le della commissione provinciale prezzi del genio civile applicate ai parametri per l'edilizia abitativa e noti alla data del 15 feb

braio 1980 o, in mancanza, all'indice Istat del costo delle costru

zioni dei fabbricati residenziali nella provincia di Udine, fermo

restando che l'esercizio di tale facoltà era ammesso in presenza di una variazione superiore al 5%; che nel corso della costruzione

degli alloggi, la Side aveva preteso un acconto del 10% sulla revi

sione del prezzo; che gli immobili non erano stati ultimati entro

il termine convenzionale del 15 febbraio 1982 ma con notevole

ritardo, senza che il comune o la Side avessero fornito giustifica zione alcuna; che, una volta ultimati gli immobili, la Side, nono

stante il grave ritardo, aveva condizionato la consegna degli stessi

al pagamento di un'ulteriore somma, sempre a titolo di revisione

prezzi. Sostenevano gli attori che la fattispecie era disciplinata dal

l'art. 18 1. 5 agosto 1978 n. 157 e dall'art. 8 1. 28 gennaio 1977

n. 10, che dovevano considerarsi norme cogenti, non derogabili convenzionalmente dalle parti; che pertanto le clausole contrat

tuali in materia di revisione prezzi contenute nei singoli contratti

preliminari potevano essere ritenute valide solo se conformi al

disposto imperativo dell'art. 8 1. 10/77, che consente la revisione

esclusivamente per periodi contrattuali di consegna superiori al

biennio, cosicché nella specie nessuna revisione era dovuta dagli

acquirenti, posto che il venditore si era impegnato a consegnare

gli immobili entro il biennio. Gli istanti chiedevano perciò al tri

bunale di accertare che essi nulla dovevano alla Side a titolo di

revisione del prezzo di cessione dei singoli alloggi. Formulavano

poi altre richieste che più non rilevano in questa sede.

La società Side e il comune di Udine si costituivano in giudi zio. La prima chiedeva il rigetto della domanda; il comune ecce

piva anche il difetto di giurisdizione in ordine al riscontro della

validità della convenzione.

Il Tribunale di Udine rigettava la domanda relativa alla conte

stata revisione dei prezzi, rilevando che la revisione dopo il bien

nio era prevista dall'art. 8 1. 10/77 e che il ritardo nell'ultimazio

ne dei lavori, che aveva determinato il superamento del termine

biennale, non era addebitabile alla Side.

In seguito ad appello degli attori, la Corte d'appello di Trieste, con sentenza 18 ottobre 1984, dichiarava la nullità delle clausole

sulla revisione dei prezzi contenute nei contratti preliminari di

compravendita, nella parte contenente il rinvio al meccanismo di

revisione previsto dall'art. 5 della convenzione tra il comune di

Udine e la società Side; dichiarava la validità di tali clausole, ai sensi dell'art. 8 1. 28 gennaio 1977 n. 10, solo per gli aumenti

verificatisi tra il 15 febbraio 1980 e il 15 febbraio 1982 e secondo

le modalità di calcolo della revisione stabilite dal citato art. 8; dichiarava che i promittenti compratori erano tenuti a corrispon dere alla Side, a titolo di revisione prezzi, solo le somme derivan

ti dagli eventuali aumenti verificatisi nel predetto periodo, secon

do le modalità previste dall'art. 8 1. 10/77.

La corte di Trieste riteneva che l'art. 5 della convenzione tra

il comune di Udine e la società Side, al quale rinviavano i con

tratti preliminari, prevedeva per la determinazione del prezzo di

vendita un meccanismo non conforme al disposto dell'art. 8 1.

28 gennaio 1977 n. 10; che pertanto le clausole dei contratti preli minari erano nulle per la parte che comportava una determina

zione del prezzo in misura eccedente i limiti fissati dal citato art.

8; che in base a questa disposizione l'aumento revisionale del quale doveva tenersi eventualmente conto era quello determinabile alla

scadenza del biennio 15 febbraio 1980 - 15 febbraio 1982, mentre

risultavano irrilevanti gli aumenti intervenuti successivamente, pri ma della scadenza del biennio 1982/84; che nella determinazione

Il Foro Italiano — 1988.

del prezzo di vendita doveva tenersi conto dell'aumento maturato

alla data del 15 febbraio 1982 perché nei preliminari era previsto che la stipulazione del contratto definitivo sarebbe avvenuta do

po tale data, posto che era stata stabilita la consegna degli appar tamenti entro il 15 febbraio 1982 e la stipulazione dei contratti

definitivi in epoca successiva.

Contro questa decisione hanno proposto ricorso per cassazione

i promittenti compratori in base ad unico motivo. Resiste con

controricorso il comune di Udine, il quale propone anche ricorso

incidentale sulla base di unico motivo, cui resiste con controri

corso la società Side. I ricorrenti hanno presentato memoria.

Motivi della decisione. — Il ricorso principale e quello inciden

tale vanno riuniti, ai sensi dell'art. 335.

Con l'unico motivo del ricorso principale si denunzia violazio

ne e falsa applicazione dell'art. 8 1. 28 gennaio 1977 n. 10 e degli art. 1187 e 2963 c.c. in relazione all'art. 360, n. 3, c.p.c., nonché

il vizio di motivazione illogica e contraddittoria (art. 360, n. 5,

c.p.c.), per avere la corte di Trieste ritenuto che il prezzo di ven

dita degli alloggi dovesse determinarsi tenendo conto della revi

sione biennale, nonostante che fosse contrattualmente prevista la

consegna dei singoli appartamenti prima della scadenza del bien

nio. E ciò in contraddizione con la premessa in diritto che la

stessa corte aveva correttamente enunciato e cioè che nel caso

di specie era applicabile l'art. 8 1. 28 gennaio 1977 n. 10 nella

parte in cui prevede un periodo di invariabilità dei prezzi degli immobili non inferiore ad un biennio; biennio che nella specie non poteva essere superato perché la consegna degli alloggi dove

va avvenire entro il 15 febbraio 1982, senza che potessero assu

mere rilievo eventuali ritardi, anche se incolpevoli, nella ultima

zione dei lavori o nella consegna degli alloggi e senza che potesse

ugualmente darsi rilevanza al diverso e successivo termine previ sto per la stipulazione dei contratti definitivi di cessione degli immobili da parte della società Side ai singoli acquirenti.

Il ricorso è infondato. In materia di edilizia convenzionata,

quale disciplinata dalla 1. 28 gennaio 1977 n. 10, le convenzioni

che i comuni stipulano con i concessionari-costruttori che si im

pegnano ad applicare prezzi di vendita e canoni di locazione pre determinati (così beneficiando della riduzione del contributo per il rilascio della concessione di edificazione alla sola quota degli oneri di urbanizzazione di cui all'art. 5 della legge), devono con

tenere (art. 8, 1° comma) la determinazione dei prezzi di cessione

degli alloggi e dei canoni di locazione da applicarsi per la vendita

e la locazione ai privati, oltre ad indicare le caratteristiche tipolo

giche e costruttive degli alloggi e la durata della concessione. Ciò

in uniformità ai criteri ed ai parametri stabiliti nella convenzione

tipo approvata dalla regione o, in mancanza, in uno schema di

convenzione deliberato dal consiglio comunale, contenente gli ele

menti di cui al ricordato art. 8 della legge. In attuazione di simili convenzioni con i comuni, i concessio

nari che abbiano realizzato la costruzione di alloggi sulle aree

assegnate, rispettando la tipologia e le caratteristiche costruttive

previste nella convenzione, sono obbligati ad applicare, in caso

di vendita o di locazione degli immobili costruiti, i prezzi di ces

sione ed i canoni di locazione fissati nella convenzione medesima.

Poiché tuttavia la concessione ha (art. 8, 1° comma, lett. d) una

durata compresa tra i venti ed i trenta anni, a fronte delle varia

zioni che in tale arco di tempo si siano verificate, è prevista la

possibilità di periodiche revisioni dei predetti prezzi iniziali di ces

sione degli alloggi e dei canoni di locazione stabiliti al momento

della stipula delle convenzioni. Tali variazioni periodiche tuttavia

possono essere applicate «con frequenza non inferiore al biennio, in relazione agli indici ufficiali Istat dei costi di costruzione inter

venuti dopo la stipula delle convenzioni medesime» (art. 8, 4°

comma). Al riguardo è da notare che, mentre — ai sensi del 1°

comma dell'art. 8 — per la determinazione dei costi-base iniziali

di cessione degli alloggi deve tenersi conto: a) del costo delle aree, in misura tale che la sua incidenza non superi il 20% del costo

di costruzione come definito ai sensi del precedente art. 6, b) del costo della costruzione, c) del costo degli oneri di urbanizza

zione, d) delle spese generali (comprese quelle per la progettazio

ne) ed e) degli oneri di preammortamento e finanziamento, per le revisioni periodiche previste nel 4° comma dello stesso art. 8

va tenuto conto delle sole variazioni riguardanti i costi di costru

zione, riportati negli indici Istat.

Si desume da tale disciplina che i prezzi di cessione determinati

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

al momento della stipula della convenzione tra il comune e il

concessionario sono necessariamente dei prezzi-base, imposti au

toritativamente dal comune concedente in applicazione di precisi criteri fissati dalla legge e comunicati al costruttore richiedente

la concessione al fine di permettergli di conoscere i termini eco

nomici dell'attività d'impresa che è autorizzato a svolgere nel pe riodo di validità della concessione, con la costruzione degli alloggi

previsti, per il caso in cui, a costruzione eseguita, egli intenda

venderli o invece cederli in locazione. Tuttavia, proprio perché la concessione è destinata a durare nel tempo (almeno venti anni) e considerando che prima della convenzione-concessione l'attività

edilizia non può avere inizio, è evidente che il prezzo di cessione

(al pari del canone di locazione) fissato inizialmente è suscettibile

di revisione, qualora tra il momento della convenzione e quello in cui venga attuato il trasferimento di proprietà dal costruttore

all'acquirente degli alloggi (o pattuita la locazione) si determini

no variazioni nei costi di costruzione, incidenti sul valore capitale dell'immobile da cedere (o da locare) a terzi, che inducano a rite

nere modificato uno dei parametri (appunto quello relativo al

costo della costruzione) posti a base della iniziale determinazione

dei prezzi di cessione fatta con la convenzione e perciò a ritenere

necessaria l'attualizzazione dei detti prezzi. Questa tuttavia può essere effettuata solo alla scadenza del biennio dalla stipula della

convenzione, cosicché nel caso in cui la costruzione venga com

pletata entro tale periodo e l'immobile ceduto all'acquirente, non

può applicarsi un prezzo diverso da quello fissato nella conven

zione, da ritenersi perciò non perequabile né modificabile (perché

per presunzione di legge equo e remunerativo), almeno in pregiu dizio del terzo acquirente, per tutta la durata (minima) del pre detto biennio. Del resto la variazione che, allo scadere del biennio,

può essere apportata ai prezzi di cessione, anche se ragguagliata ai mutati costi di costruzione ed anche se a beneficiare è il

concessionario-costruttore, non vuole essere una revisione dei co

sti sostenuti da questi per la realizzazione degli alloggi, tanto ve

ro che i prezzi di cessione, come i canoni di locazione, sono

suscettibili di ulteriori aumenti periodici, in caso di alienazioni differite nel tempo, con la stessa frequenza non inferiore al bien

nio, per tutta la durata della concessione, quando cioè i costi

di costruzione sono stati ormai ammortizzati.

A presidio dei prezzi di vendita (e canoni di locazione) prede terminati autoritativamente e imposti al costruttore con la con

venzione, l'art. 8, 5° comma, 1. 10/77 stabilisce che ogni

pattuizione in violazione di questi «è nulla per la parte ecceden

te». Col che deve considerarsi vietata, in sede di stipula sia della

convenzione tra comune e costruttore sia dei contratti tra que

st'ultimo e i privati di vendita o di locazione, la pattuizione di

prezzi (e canoni) iniziali superiori, o diversamente determinati,

rispetto a quelli imposti in base ai criteri e parametri indicati dal

la legge. Ma deve considerarsi colpita da nullità (data la colloca

zione della disposizione in esame subito dopo il 4° comma, dove

è appunto regolata la variazione dei prezzi e dei canoni) anche

la pattuizione di meccanismi di adeguamento diversi, per misura

o frequenza, da quello prescritto (applicazione degli indici Istat

relativi ai soli costi di costruzione), e meno favorevoli per il con

traente privato, sempre limitatamente alla parte contra legem. Premessi questi principi giuridici, che sono stati peraltro cor

rettamente ricordati anche nella sentenza impugnata, va osserva

to che la corte di merito ha ritenuto la nullità, parziale e deriva

ta, delle clausole contenute nei contratti preliminari di vendita

stipulati dalla Side con i vari acquirenti e riproduttive della ana

loga pattuizione contenuta nella convenzione tra il comune di Udi

ne e la predetta società, riguardanti la revisione biennale dei prez

zi di cessione degli alloggi, in quanto difformi da quella prescrit ta dall'art. 8 della legge, sia perché diretta ad accordare al co

struttore una revisione dei costi di costruzione (per di più in base

a criteri diversi da quelli indicati nella legge stessa) anziché a sta

bilire l'aggiornamento dei prezzi di vendita ai privati (ragguaglia

ta ai costi di costruzione, ma tenendo presenti solo le variazioni

risultanti dai dati Istat), sia perché riferita anziché al biennio de

corrente dalla stipula della convenzione ad un periodo di tempo

il cui termine finale (data del certificato di abitabilità) poteva

cadere non solo dopo ma anche prima della scadenza del biennio

considerato nell'art. 8. In sostanza, tra comune e costruttore si

era previsto un meccanismo di revisione dei costi di costruzione

nell'interesse sia del concessionario-costruttore (che si vedeva ri

conosciuto il diritto alla detta revisione in base alle norme della

diversa 1. 21 agosto 1964 n. 463 appena ultimati i lavori ed otte

II Foro Italiano — 1988.

nuta la dichiarazione di abitabilità degli alloggi) sia del comune

(che tali variazioni riconosceva solo se superiori al 5%), ma che — quale che fosse in concreto la vantaggiosità per le parti predet te — era sicuramente diverso da quello previsto nell'art. 8 e ri

versabile sugli acquirenti, che deve condurre all'attualizzazione

dei prezzi di cessione degli alloggi costruiti in base alle variazioni

Istat dei costi di costruzione calcolati alla scadenza del biennio

della stipula della convenzione. La corte di Trieste, dichiarata

la nullità delle predette clausole, ha pronunziato la nullità parzia le dei contratti privati ma al tempo stesso ha proceduto, ai siensi

degli art. 1419, cpv., e 1339 c.c., alla integrazione di essi median

te sostituzione di diritto delle clausole difformi nulle con la nor

mativa di legge in materia, trattandosi di prezzi imposti. Ed ha

cosi dichiarato applicabili — se in concreto sussistenti e con le

modalità di calcolo previste nell'art. 8 1. 10 del 1977 — le varia

zioni Istat maturate alla data del 15 febbraio 1982, di scadenza

del biennio con esclusione di quelle ulteriori maturate in corso

di causa dopo detta data e con esclusione altresì' del sistema di

revisione pattuito tra comune e costruttore; sistema da questi fat

to accettare ai singoli promittenti compratori e destinato a dive

nire operante al momento dell'ultimazione dei lavori, anche se

gli alloggi non fossero stati venduti in tale momento.

I ricorrenti principali non pongono in discussione tali conclu

sioni (accettano cioè la dichiarazione di nullità parziale e la sosti

tuzione legale delle clausole nulle con la disciplina prevista dal

l'art. 8 1. 10/77) e si limitano a sostenere che, riconoscendo detta

norma un periodo biennale di invariabilità dei prezzi di cessione,

nella specie tale biennio non era stato superato perché contrat

tualmente la consegna degli alloggi doveva avvenire il 15 febbraio

1982 e cioè l'ultimo giorno utile del biennio di cui trattasi. Ma

è evidente l'equivoco in cui essi cadono ed anzi la contraddizione

logica con le stesse premesse da loro accettate e da cui muovono:

se infatti la revisione non riguarda il costo di costruzione e cioè

le spese che il costruttore deve sostenere per realizzare l'opera ma il prodotto finito e cioè il valore commerciale di alienazione

degli alloggi, mediante applicazione al prezzo base iniziale, deter

minato nella convenzione secondo i criteri e parametri di legge, delle variazioni intervenute e risultanti dagli indici Istat (occasio

nalmente) riferiti agli stessi costi di costruzione (ma non anche

ad altri elementi), è evidente che il termine di consegna degli al

loggi — anteriore o posteriore che sia rispetto alla cessione degli

stessi — non può avere alcuna rilevanza al fine di decidere circa

l'applicabilità della revisione dei prezzi di cessione, la quale ma

tura per il solo fatto del superamento del biennio al momento

appunto della cessione degli immobili, anche se in ipotesi sussi

stesse ritardo (colpevole o meno) da parte del costruttore nella

consegna (salvi ovviamente gli eventuali diversi danni derivanti

da tale ritardo). La pattuizione perciò con la quale le parti aveva

no convenuto la consegna anticipata (al 15 febbraio 1982) degli

alloggi da parte della Side rispetto alla stipula del contratto defi

nitivo di trasferimento non comportava di per sé invariabilità del

prezzo di acquisto, una volta che — come la corte di merito ha

accertato in punto di fatto — la cessione degli alloggi per con

tratto doveva avvenire dopo la consegna e, per ciò stesso, quan do ormai il prezzo di cessione era divenuto suscettibile di varia

zione, secondo la disciplina legale inderogabile contenuta nell'art.

8 1. n. 10 del 1977.

II fatto che il comune, all'atto della convenzione con il

concessionario-costruttore si fosse (erroneamente) dato carico della

revisione dei costi di costruzione, imponendo al concessionario

(che poi riprodusse tale pattuizione nei singoli preliminari di ven

dita stipulati con i privati) un regime di variazione di detti costi

difforme da quello legale (e presumibilmente per lui meno van

taggioso, perché operante solo se le variazioni avessero superato

il 5%), restava in effetti privo di conseguenze perché il meccani

smo prescelto era destinato, proprio perché illegale, ad essere so

stituito — in forza del sistema di integrazione sopra ricordato

del contratto parzialmente nullo previsto dagli art. 1339 e 1419

c.c. — da quello scaturente dalla disciplina contenuta nell'art.

8 1. 10/77, che prevede l'aggiornamento biennale dei costi di co

struzione e dei canoni di locazione per il solo fatto che gli alloggi

costruiti siano da cedere o da locare in data successiva alla sca

denza di uno dei periodi biennali di variazione; come in effetti

è avvenuto nel caso in esame, attraverso la pronunzia adottata

dai giudici del merito. E pertanto il prezzo che gli attuali ricor

renti dovevano pagare per l'acquisto degli alloggi, quale che fos

se la disciplina convenzionale riguardo ai costi di costruzione e

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Page 5: PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE || sezione I civile; sentenza 25 giugno 1987, n. 5588; Pres. Zucconi Galli Fonseca, Est. Favara, P.M. Lo Cascio (concl. conf.);

PARTE PRIMA

all'epoca di ultimazione dei lavori e di consegna, non poteva che essere il prezzo legale applicabile al momento della cessione, te nendo conto delle variazioni Istat maturate alla data del 15 feb braio 1982, se in concreto sussistenti.

Il ricorso principale deve perciò essere rigettato. (Omissis)

CORTE DI CASSAZIONE; sezione I civile; sentenza 19 giugno 1987, n. 5378; Pres. Zucconi Galli Fonseca, Est. Vercello

ne, P.M. Paolucci (conci, diff.); Proc. rep. Trib. min. Geno va c. Leone, Fiori, Faggi. Cassa Trib. min. Genova 6 aprile 1985.

Adozione — Adozione internazionale — Provvedimento stranie ro — Legalizzazione delle firme — Necessità (L. 4 gennaio 1968 n. 15, norme sulla documentazione amministrativa, il rilascio di copie, la legalizzazione di firme, art. 17; 1. 4 maggio 1983 n. 184, disciplina dell'adozione e dell'affidamento dei minori, art. 31, 32).

Non può essere dichiarata l'efficacia nello Stato della sentenza straniera di affidamento preadottivo le cui sottoscrizioni non siano legalizzate. (1)

(1) Non constano precedenti in termini. L'affermazione della ineffica cia nello Stato degli atti formati all'estero privi della legalizzazione delle firme si rinviene in giurisprudenza, con riferimento all'ipotesi di procura alle liti, in Cass. 6 maggio 1980, n. 2987, Foro it., 1980, I, 2818, con nota di richiami, nella quale si fa espressamente riferimento alla 1. 4 gen naio 1968 n. 15, e in Cass. 12 maggio 1976, n. 1660, id., 1976, I, 1471, con nota di richiami (tra cui si segnala Cass. 7 febbraio 1975, n. 468, id., 1975, I, 1114, con osservazioni di C.M. Barone), relativa all'applica zione della 1. 3 dicembre 1942 n. 1700. In dottrina, in senso conforme alla massima, v. Rossi Carleo, L'affidamento e le adozioni, in Trattato di diritto privato, diretto da Rescigno, Utet, Torino, 1985, IV, 362, e A. e M. Finocchiaro, Disciplina dell'adozione e dell'affidamento dei minori (commento teorico-pratico alla l. 4 maggio 1983 n. 184), Giuffrè, Milano, 1983, 354, i quali, evidenziando la diversità della natura della legalizzazione rispetto a quella della dichiarazione di conformità alla legi slazione dello Stato da parte delle autorità consolari prevista dall'art. 31 1. n. 184 del 1983, affermano che: «per principio generale atti e documen ti formati all'estero fanno fede davanti all'autorità italiana solo se lega lizzati dalle autorità consolari o diplomatiche italiane residenti nello Stato in cui l'atto è stato formato, salve le esenzioni dall'obbligo della legaliz zazione (e della traduzione) stabilite da leggi e da accordi internazionali (1. 4 gennaio 1968 n. 15, art. 17). Nulla disponendo l'art. 31 al riguardo, deve concludersi nel senso che l'autorità consolare italiana all'estero, ol tre a rilasciare la dichiarazione di cui si è detto, deve altresì legalizzare il provvedimento straniero di adozione (provvedimento che deve essere

accompagnato da una traduzione in lingua italiana, certificata conforme al testo straniero dalla stessa rappresentanza diplomatica o da un tradut tore ufficiale), salvo che esistano con lo Stato di provenienza del minore particolari accordi internazionali nel senso che non sia necessaria alcuna legalizzazione».

Sull'adozione internazionale, con particolare riferimento alla proble matica della dichiarazione di efficacia dei provvedimenti stranieri, v. Ba ratta, Il riconoscimento dei provvedimenti stranieri nella nuova legge sull'adozione, in Riv. dir. internaz., 1985, 782; Ballarino, Due convegni sull'adozione internazionale, in Riv. dir. civ., 1985, II, 239; Morozzo Della Rocca, Brevi note in tema di adozione internazionale, in Dir. famiglia, 1984, 754; Beghè-Loreti, Innovazioni introdotte nell'ordina mento giuridico italiano dalla nuova legge dell'adozione dei minori in tema di dichiarazione di efficacia delle sentenze straniere, in L'adozione internazionale dei minori in Italia. La legislazione dell'adozione dei mi nori nei paesi dell'America latina, coordinato da Beghè-Loreti, Unico pli, Milano, 1984, 11; Artigliere, Influenza dei principi che regolano nello Stato il diritto di famiglia e dei minori nella dichiarazione di effica cia dei provvedimenti stranieri di adozione, ibid., 29; Jaime, L'adozione internazionale, tendenze e riforme, in Riv. dir. civ., 1984, I, 545; Catta neo, Adozione, ibid., II, 385; Franchi, L'adozione internazionale dei minori, in Quadrimestre, 1984, 6; Saulle, L'adozione internazionale nel la nuova legge sull'adozione e sull'affidamento dei minori, in Riv. dir. internai., 1984, 299; Beghè-Loreti, Adozione internazionale: considera zioni sulle innovazioni introdotte nell'ordinamento giuridico italiano, in Giust. civ., 1984, II, 274; Poletti Di Teodoro, in Nuove leggi civ., 1984, 141; Franchi, ibid., 141; Uccella, Il minore tra affidamento familiare e adozione. Commento alla l. 4 maggio 1983 n. 184, Ianua, Roma, 1984, 68; Manera, L'adozione e l'affidamento familiare. Commento alla l. 4 maggio 1983 n. 184 con la giurisprudenza relativa alla parte della vecchia disciplina trasfusa nella nuova, Jovene, Napoli, 1983, 204; Sacchetti,

Il Foro Italiano — 1988.

Svolgimento del processo. — Con decreto 21 marzo - 6 aprile 1985 il Tribunale per i minorenni di Genova su istanza dei coniu

gi Domenico Leoni e Rosalba Fiori ha pronunciato l'efficacia

in Italia come affidamento preadottivo della sentenza emessa dal

Tribunale dei minori Secondo di Pichinga (Ecuador) che aveva

affidato ai coniugi istanti per l'inserimento nella loro famiglia il bambino Francisco José Bautista Guerrero, nato a Quito (Ecua dor) il 2 dicembre 1984.

Contro tale decreto il p.m. presso quel tribunale ha proposto ricorso per cassazione ex art. 32, ultimo comma, 1. 184/83. Il ricorso è articolato su tre motivi.

Motivi della decisione. — Preliminare è l'esame del primo mo tivo con cui il ricorrente p.m. denuncia violazione dell'art. 17, 2° comma, 1. 4 gennaio 1968 n. 15 per mancata legalizzazione delle firme apposte sul provvedimento 18 gennaio 1985 del Tribu

nale per i minorenni di Pichinga. La norma richiamata stabilisce che «le firme sugli atti e docu

menti formati all'estero da autorità straniera e da valere nello Stato sono legalizzate dalle rappresentanze diplomatiche o conso lari italiane all'estero».

Ora, è pacifico che la sentenza di cui si tratta è documento formato all'estero da autorità straniera da valere in Italia, ap punto perché di questo si voleva e si chiese appunto dichiararne l'efficacia in Italia; ed è pacifico che le firme dei magistrati e

funzionari, che formarono quell'atto, non sono state legalizzate. Si tratta di stabilire le conseguenze di questa accertata mancan

za di una dovuta legalizzazione. Il primo postulato da affermare è che la legalizzazione è neces

saria.

La legalizzazione (art. 15 citata legge 4 gennaio 1968) è «atte stazione ufficiale della legale qualità di chi ha apposto la propria firma sopra atti, certificati, copie ed estratti, nonché dell'autenti cità della firma stessa». Senza la legalizzazione, l'atto o docu mento estero non offre la certezza di provenire davvero dalla au torità competente all'estero per «formarlo»; non si conosce infat ti né se la firma è stata apposta proprio dalla persona fisica che

appare aver firmato né se quella persona ha la legale qualità ne cessaria per «formarlo»; in specie se la firma che appare sul prov vedimento che si vorrebbe dichiarare efficace sia davvero della

persona fisica che nel provvedimento appare essere il giudice e se quella persona fisica sia davvero giudice presso quel tribunale.

Il secondo postulato è che qualunque autorità italiana la quale deve valersi in Italia di un atto o documento formato all'estero da autorità straniera non può valersene se manca la necessaria

legalizzazione. Il disposto dell'art. 17, 2° comma, 1. 4 gennaio 1968 ha un

senso solo se se ne deduce la non utilizzabilità in Italia del docu mento non legalizzato.

Questo vale senza dubbio nell'ipotesi in cui l'atto dell'autorità straniera sia una pronuncia giudiziaria e questa voglia farsi valere nello Stato addirittura come provvedimento straniero del quale si debba pronunciare l'efficacia in Italia.

Il giudice investito della istanza di dichiarazione di efficacia non può pronunciarsi sulla relativa istanza se il provvedimento straniero non è legalizzato ex art. 17 1. 4 gennaio 1968. Non è tanto questione del rispetto di una regola formale. Ma di una

esigenza assolutamente da soddisfare per la tutela degli interessi del minorenne. È principio fondamentale della nostra legislazione in materia di adozione internazionale che in tanto un minorenne

Adozione e affidamento dei minori. Commento alla nuova l. 4 maggio 1983 n. 184, Maggioli, Rimini, 1983, 110; Cafari - Panico, Minori (ado zione internazionale dei), voce del Novissimo digesto, appendice, Utet, Torino, 1984, 68.

Sulla legislazione, con riferimento alla 1. 15 del 1968, v. Morone, Do cumentazione amministrativa, autenticazione e legalizzazione di firme, voce del Novissimo digesto, appendice, Utet, Torino, 1982, 120; con riferi mento invece alla normativa previgente (d.p.r. 2 agosto 1957 n. 678 e 1. 3 dicembre 1942, n. 1700), cfr. Verde, Legalizzazione, voce del Novis simo digesto, Utet, Torino, IX, 582 e Valentini, Legalizzazione, voce

dell'Enciclopedia del diritto, Giuffrè, Milano, 1973, XXIII, 702, il quale asserisce che la legalizzazione «conferisce all'atto una particolare qualità: quella di esplicare i suoi effetti oltre i limiti territoriali propri dell'autori tà che ha emesso l'atto ... Il fatto che la legalizzazione attenga all'effica cia spaziale ha un'immediata ed intuitiva conseguenza: che il vizio, o addirittura l'assenza della legalizzazione non possono mai tradursi in vi zio dell'atto legalizzato, ma solo limitarne l'efficacia spaziale».

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