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sezione I civile; sentenza 20 novembre 1987, n. 8556; Pres. Scanzano, Est. Caizzone, P. M. LoCascio (concl. conf.); Fall. soc. Confitex (Avv. Prastaro, Laghi, Bordignon) c. Inps (Avv. Romoli,Picichè). Cassa App. Venezia 30 settembre 1983Source: Il Foro Italiano, Vol. 111, PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE(1988), pp. 1169/1170-1171/1172Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23181194 .
Accessed: 28/06/2014 10:39
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
amministrativo e la risoluzione del contratto — il preliminare di
vendita, quale contratto privatistico, sia soggetto a propria auto
noma disciplina di diritto comune e che in base a questa abbiano
rilevanza e possano essere denunciati dall'Iacp ed accertati dal
giudice i vizi del consenso nel momento perfezionativo del vinco
lo contrattuale, cosi come (sia pure implicitamente) ritenuto dalla
impugnata sentenza.
Il primo motivo del ricorso deve essere pertanto respinto.
(Omissis)
CORTE DI CASSAZIONE; sezione I civile; sentenza 20 novem
bre 1987, n. 8556; Pres. Scanzano, Est. Caizzone, P. M. Lo
Cascio (conci, conf.); Fall. soc. Confitex (Avv. Prastaro, La
ghi, Bordignon) c. Inps (Avv. Romoli, Picichè). Cassa App.
Venezia 30 settembre 1983.
Fallimento — Interessi — Decorrenza — Crediti in prededuzione — Maggior danno — Esclusione (Cod. civ., art. 1224; r.d. 16
marzo 1942 n. 267, disciplina del fallimento, art. 55).
Gli interessi ex art. 55 l. fall., che decorrono anche per i crediti
in prededuzione (nella specie, contributi e sanzioni civili per
omesso versamento ne! periodo di amministrazione controlla
ta), debbono intendersi assimilati ad interessi corrispettivi e com
pensativi e non moratori, in quanto nella procedura fallimentare non è concepibile una mora debendi in relazione a qualsiasi
tipo di credito, onde è da escludersi il risarcimento ex art. 1224,
2° comma, c.c., che presuppone la mora, in conseguenza di
un piano di riparto non tempestivo rispetto alla sentenza che
ha riconosciuto il credito. (1)
(1) La sentenza affronta direttamente il problema della configurabilità 0 meno della mora nel fallimento, procedendo alla qualificazione degli interessi ex art. 55 1. fall., e di conseguenza all'ammissibilità della do
manda di maggior danno ex art. 1224, 2° comma, c.c., che ha come
suo presupposto essenziale la mora stessa. La corte esplicitamente afferma che gli interessi ex art. 55, che costitui
sce una norma di chiusura, in quanto esaurisce tutti i casi di ammissibili
tà di interessi nel fallimento, debbono essere qualificati «corrispettivi o
compensativi» e mai moratori. Ciò in quanto la mora stessa, intesa come
«quel ritardo colpevole che costituisce il presupposto della risarcibilità
del maggior danno da inadempimento», non è configurabile nella proce dura fallimentare, perché incompatibile con il carattere satisfattivo di que st'ultima e soprattutto con i tempi e le modalità previste per i pagamenti, e con i precisi rimedi, ad eventuali ritardi ed irregolarità, che consente
la legge fallimentare ai creditori, rimedi richiamati in sentenza.
Pertanto quegli interessi che hanno natura moratoria prima della di
chiarazione di fallimento e che, ex art. 55, continuano a decorrere, mute
ranno la loro natura e saranno qualificati come compensativi o corrispettivi,
riprendendo il loro carattere iniziale in caso di ritorno in bonis.
Non conforme era stata la decisione del giudice di secondo grado del
medesimo giudizio, il quale (App. Venezia 30 settembre 1983, Foro it.,
Rep. 1984, voce Fallimento, n. 443), ritenuta pienamente ammissibile la
mora nel fallimento, ha affermato che, nel caso in cui sia stato ricono
sciuto un credito prededucibile con sentenza pronunciata in grado di ap
pello, gli organi fallimentari debbono procedere immediatamente ai
pagamenti e che, in difetto, si configurerebbe la mora con la conseguente
possibilità di risarcimento del maggior danno ex art. 1224, 2° comma, c.c.
Non esistono precedenti specifici. La Suprema corte con altra decisione
(sent. 9 febbraio 1987, n. 1377, id., Mass., 229), sposta l'ottica del pro blema affermando che l'art. 55 non fa distinzione fra categorie di interes
si (moratori, corrispettivi o compensativi), ma fra categorie di crediti,
chirografari o assistiti da cause di prelazione, concedendo a questi ultimi
il beneficio della non sospensione degli interessi, interessi che decorrono, ovviamente se moratori prima dell'apertura del fallimento, anche dopo la sentenza dichiarativa a nulla rilevando che il ritardo nel pagamento non sia più imputabile al debitore.
Sulla questione in generale, cfr., in dottrina, C. Fulco, Il credito di
interessi nel fallimento, in Riv. dir. comm., 1943, II, 78; G. Alessi, Pri
vilegio generale e fallimento: applicabilità degli art. 54, 3° comma, e 55, 1 ° comma, I. fall, agli interessi, in Temi romana, 1964, 67; A. Di Lauro, Crediti assistiti da privilegio generale e produzione di interessi nel proces so di fallimento, in Dir. fallim., 1971, II, 61; M. Bronzini, Interessi
dovuti e non dovuti nel fallimento, id., 1980, II, 300.
Altro punto, marginalmente affrontato dalla sentenza e risolto positi
vamente, è l'applicabilità dell'art. 55 1. fall, anche ai crediti in prededuzione. Ormai costante giurisprudenza ritiene prededucibili nel fallimento i cre
diti, come quello di specie, sorti durante il periodo di amministrazione
controllata: v. Cass. 27 febbraio 1979, n. 1274, Foro it., Rep. 1979, voce
cit., n. 436.
Il Foro Italiano — 1988.
Svolgimento del processo. — Con decreto 12 dicembre 1972
il giudice delegato al fallimento della società Confitex (fallimento dichiarato consecutivamente a procedura di amministrazione con
trollata), nell'approvare lo stato passivo, escludeva che il credito
dell'Inps per sanzioni civili conseguenti all'omesso versamento di
contributi previdenziali, maturatesi durante il periodo di ammini
strazione controllata, potesse essere collocato in prededuzione. Il giudizio di opposizione a tale esclusione, instaurato dall'Inps,
si concludeva con esito favorevole a detto istituto già in primo
grado con sentenza del Tribunale di Treviso, confermata dalla
Corte d'appello di Venezia con sentenza pronunciata il 25 no
vembre 1975 e depositata il 19 febbraio 1976, notificata al cura
tore il 13 maggio 1976 e, in sede di legittimità, da questa Suprema
corte, con sentenza n. 1274 depositata il 27 febbraio 1979 (Foro
it., Rep. 1979, voce Fallimento, n. 436). Durante e dopo il giudizio, il curatore del fallimento Confitex
provvedeva a dare esecuzione a due piani di riparto parziali resi
esecutivi dal g.d. il 12 maggio 1975, ed il 4 luglio 1978: il primo
prevedeva il pagamento di una percentuale del 32%, ed il secon
do il pagamento di una percentuale del 40 per cento.
Tali percentuali sui crediti per sanzioni civili venivano corri
sposte all'Inps in data 27 luglio 1978 e cioè diversi mesi dopo
il deposito della sentenza di questa Suprema corte.
Sul rilievo che la sentenza della Corte d'appello di Venezia del
1976 aveva messo in mora il fallimento, con effetti risalenti alla
data del primo riparto, e che comunque aveva diritto agli interes
si civili sulle somme corrispostegli, l'Inps avanzava domanda di
insinuazione tardiva per ottenere il riconoscimento dei danni ex
art. 1224, 2° comma, c.c. e in varie forme subordinate, degli
interessi per il ritardato pagamento. In accoglimento delle difese della curatela fallimentare, ritual
mente costituitasi, il Tribunale di Treviso, con sentenza 29 aprile - 27 maggio 1982 respingeva l'insinuazione e condannava l'Inps
alle spese del giudizio.
L'Inps appellava detta sentenza davanti alla Corte d'appello
di Venezia, insistendo nelle sue richieste.
La curatela fallimentare, integrato il contraddittorio anche in
quel grado, resisteva chiedendo la reiezione dell'appello. La Corte d'appello di Venezia, accogliendo l'appello, ammet
teva l'Inps al passivo del predetto fallimento, in prededuzione,
per l'ulteriore credito di lire 129.036.500, osservando, sui punti
che poi sarebbero stati investiti dal ricorso per cassazione, che,
per effetto della esecutività della sentenza d'appello, il fallimento
avrebbe dovuto provvedere senza indugio alla corresponsione delle
percentuali di riparto già approvato e cioè subito dopo la notifica
di detta sentenza al curatore.
Il non averlo fatto e l'avere, invece, atteso la pronuncia della
Corte di cassazione, configuravano, secondo la corte del merito,
gli estremi della mora che, unitamente alla documentazione ed
alla incontrovertibile possibilità dell'Inps di percepire interessi in
misura superiore a quella legale, consentiva di ravvisare il mag
gior danno allegato dal creditore ex art. 1224, 2° comma, c.c.,
quantificato secondo i presumibili interessi bancari.
Avverso detta sentenza ricorre per cassazione il fallimento con
un unico motivo, articolato in molteplici censure. Resiste l'Inps
con controricorso.
Motivi della decisione. — Con l'unico mezzo il fallimento della
soc. Confitex denuncia violazione e falsa applicazione degli art.
Ili r.d.l. 4 ottobre 1935 n. 1827, 82 t.u. 30 maggio 1955 n. 797,
53 r.d.l. n. 1827 del 1935 e 53 t.u. n. 797 del 1955. Denuncia,
altresì, violazione e falsa applicazione degli art. 1224 c.c. e 55
1. fall, e difetto e, comunque, insufficienza della motivazione in
relazione all'art. 360, nn. 3 e 5, c.p.c. Secondo il ricorrente, la Corte d'appello di Venezia non avreb
be considerato: 1) che il pagamento di una somma aggiuntiva
costituisce obbligazione alternativa rispetto al pagamento degli
interessi secondo una scelta discrezionale tra queste due forme
di risarcimento dell'ente pubblico assicuratore che, una volta eser
citata, diviene irrevocabile; 2) che, liquidando il maggior danno
in forma di interessi al tasso superiore a quello legale, avrebbero
dovuto liquidarsi anche gli interessi legali di cui al 1° comma
dell'art. 1224 c.c.; 3) che il maggior danno non era stato prova
to; 4) che la mora, quale titolo dell'obbligazione risarcitoria di
cui all'art. 1224, 2° comma, c.c., richiede un'intimazione forma
le di pagamento e l'impugnabilità del ritardo nell'adempimento
e, pertanto, anche attesi i tempi tecnici necessari all'amministra
zione fallimentare per effettuare i pagamenti, non poteva confi
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PARTE PRIMA
gurarsi ritardo colpevole e, quindi, mora, avendo l'istituto richie
sto il pagamento dei crediti per sanzioni civili solo con lettera
1° giugno 1979, mentre il pagamento da parte del curatore era
avvenuto il 27 luglio 1979, come anche risultava dalla domanda
di insinuazione tardiva; 5) che la notifica della sentenza d'appel
lo, senza la notifica del precetto non poteva costituire atto di
costituzione in mora; 6) che l'art. 55 1. fall, consente il decorso
degli interessi solo per i crediti garantiti da pegno, ipoteca o pri
vilegio e non contempla i crediti prededucibili, mentre della sud
detta norma non sarebbe consentita applicazione analogica, trattandosi di norma eccezionale.
Il motivo di ricorso dev'essere accolto per quanto di ragione.
Sussiste, infatti, da parte della sentenza impugnata la violazio
ne degli art. 55 1. fall, e 1224 c.c. denunciato col punto 4 della
riassunta censura, nella parte in cui si contesta la configurabilità — nei confronti del fallimento — di una mora, cioè di quel ritar
do colpevole che costituisce il presupposto della risarcibilità del
maggior danno da inadempimento. Occorre premettere che è illogico ritenere che l'eccezione alla
sospensione del corso degli interessi prevista dall'art. 55 1. fall,
per i crediti consensuali garantiti da privilegio non si estende an
che ai crediti, quale quello vantato dall'istituto, corrispondenti a debiti del fallimento sorti nel corso dell'amministrazione con
trollata, considerati prededucibili da costante giurisprudenza di
legittimità (Cass. 1274/79, id., Rep. 1979, voce cit., n. 436;
5883/82, id., Rep. 1982, voce cit., n. 38), considerato che la pre deducibilità del credito lo pone indiscutibilmente in situazione po ziore rispetto ai crediti privilegiati.
Detto ciò, deve però subito rilevarsi che la menzionata norma
dev'essere considerata, nel quadro della procedura fallimentare, una vera e propria norma di chiusura, in quanto esaustiva di
tutte le ipotesi di ammissibilità di corresponsione degli interessi
«legali e convenzionali».
Essi, infatti, debbono intendersi assimilati ad interessi corri
spettivi e compensativi.
Esula, infatti, dalla previsione normativa la corresponsione di
interessi moratori che è incompatibile con la natura satisfattiva
della procedura fallimentare, con i tempi e le modalità previste
per i pagamenti e con i precisi rimedi procedimentali offerti ai
creditori dalla legge fallimentare, quali il ricorso al giudice dele
gato per accelerare i tempi della procedura di formazione del pro
getto di ripartizione (che il curatore, salvo che il giudice delegato stabilisca un termine diverso, deve presentare ogni due mesi: art.
110, 1° comma, 1. fall.), le osservazioni al piano di riparto (art.
110, 3° comma) e, infine, il reclamo avverso il decreto del g.d. di approvazione del piano di riparto (art. 26 1. fall.), tutela che
si completa con il ricorso per cassazione ex art. Ill Cost, contro
il decreto emesso dal tribunale sul reclamo stesso.
Nella motivazione della sentenza impugnata non v'è traccia di
alcun piano di riparto posteriore alla menzionata lettera dell'Inps del 1° giugno 1979 con cui si richiedeva il pagamento della som ma capitale corrispondente al credito dell'Inps per sanzioni civili,
piano che avrebbe provveduto, positivamente o negativamente, in ordine ai richiesti interessi, mentre vengono menzionati, nella
parte narrativa, due piani di riparto parziali resi esecutivi dal g.d. il 12 maggio 1975 ed il 4 luglio 1978 concernenti la somma capi tale, solo poi aggiungendosi che il pagamento era avvenuto diver
si mesi dopo il deposito della sentenza di questa corte.
Ma non è alla ritardata esecuzione dei piani di riparto che la
sentenza impugnata ricollega la mora — e non avrebbe potuto
farlo, non trattandosi di azioni di responsabilità contro il curato
re ma di insinuazione tardiva del credito alla massa fallimentare — ma alla mancata immediata esecuzione della sentenza d'appel lo subito dopo la sua notifica al curatore (13 maggio 1976).
L'impugnata sentenza ha omesso di considerare che i paga menti dei debiti fallimentari vengono effettuati dal curatore esclu
sivamente secondo i piani di ripartizione stabiliti dal giudice
delegato (art. 115 in relazione agli art. 110-113 1. fall.), sicché la esecutività delle sentenze trova inevitabilmente un limite nei
tempi della procedura fallimentare.
Tali tempi tecnici non hanno scadenze fisse, essendo connessi
al potere direttivo del giudice delegato (art. 25 1. fall.) cui non
può negarsi carattere di discrezionalità, particolarmente in rela
zione alla facoltà di stabilire termine diverso di quello periodico
assegnato al curatore dall'art. 110, 1° comma, 1. fall, per la pre sentazione di un prospetto delle somme disponibili e del progetto di ripartizione delle medesime, anche se nei limiti impostigli dal
Il Foro Italiano — 1988.
dovere di imprimere alla procedura la massima speditezza possi bile in relazione ai casi concreti, speditezza cui concorre il potere di sollecitazione e di reclamo delle parti.
In ciò può rinvenirsi la ratio della norma di chiusura di cui
all'art. 55 1. fall, di cui si è già parlato, secondo la quale nella
procedura fallimentare è inconcepibile la corresponsione di inte
ressi moratori, tanto più sotto la forma del risarcimento del mag
gior danno di cui al 2° comma dell'art. 1224 c.c. che presuppone,
per l'appunto, la mora.
Le condizioni che precedono assorbono le censure relative alla
mancata prova del danno maggiore (3), ed alla costituzione in
mora (5), mentre deve dichiararsi inammissibile la censura circa la mancata attribuzione all'Inps anche degli interessi legali (62)
per difetto di interesse (art. 100 c.p.c.).
Quanto alla prima censura relativa alla irrevocabilità della scel
ta discrezionale dell'ente assicuratore tra interessi sui contributi
omessi e sanzione civile, essa è infondata.
Infatti, una volta operata la scelta irrevocabile relativa alla san
zione civile come somma aggiuntiva, tale somma, che è dovuta
come conseguenza automatica del mancato tempestivo pagamen to dei contributi previdenziali a norma dell'art. Ili r.d.l. 4 otto
bre 1935 n. 1827, pur avendo anche la funzione di risarcire in
misura predeterminata dalla legge, con presunzione iuris et de
iure, il danno cagionato all'istituto assicuratore, dà luogo ad un
debito che si compenetra con quello concernente l'obbligazione contributiva ed assume anch'essa la caratteristica di somma ca
pitale. Ne consegue che sulla intera somma così dovuta, in dipenden
za della violazione delle obbligazioni contributive, spettano all'i
stituto assicuratore — come già rilevato — gli interessi nella misura
legale (Cass. 2064/65, id., Rep. 1965, voce Previdenza sociale, n. 288; 3264/69, id., Rep. 1969, voce cit., n. 311; 3161/83, id., Rep. 1983, voce cit., n. 316), interessi che hanno natura morato
ria quando il debitore inadempiente sia in bonis, e che soggiac ciono alla disciplina dell'art. 55 I. fall., nei sensi di cui si è detto,
dopo il suo fallimento.
Alla stregua delle considerazioni svolte deve conclusivamente
affermarsi che nella procedura fallimentare non è concepibile una
mora debendi in relazione a qualsiasi tipo di credito e, quindi, anche nel caso che il credito sia stato ammesso in prededuzione da sentenza immediatamente esecutiva intervenuta nel corso di
detta procedura, dal momento che il pagamento di ogni debito
fallimentare non può che effettuarsi secondo progetti e piani di
riparto come espressamente prevede l'art. 115 in relazione agli art. 110-113 1. fall, nei confronti dei quali progetti e piani i credi
tori hanno poteri sollecitatori, di osservazione e di reclamo, il
cui esercizio si esaurisce all'interno della stessa procedura. Per tale motivo, l'eccezione alla regola della sospensione del
corso degli interessi a partire dalla dichiarazione di fallimento
e fino alla chiusura di esso, posta dall'art. 55 1. fall, per i crediti
ipotecari, pignoratizi e privilegiati — ed estesa dalla giurispru denza ai crediti prededucibili — non può che limitarsi agli inte ressi da assimilarsi a quelli corrispettivi o compensativi, esclusi
gli interessi moratori e, a maggior ragione la risarcibilità del mag
gior danno di cui all'art. 1224, 2° comma, c.c. il riconoscimento
del quale diritto presuppone, appunto, la mora.
L'accoglimento, per quanto di ragione, del ricorso comporta la cassazione della sentenza in relazione alle censure accolte ed il rinvio della causa ad altro giudice — che si designa in altra
sezione della Corte d'appello di Venezia — il quale dovrà atte
nersi ai principi di diritto sopra enunciati.
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