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sezione I civile; sentenza 10 agosto 1988, n. 4915; Pres. Scanzano, Est. Sensale, P.M. Golia (concl.conf.); Scicolone (Avv. Picozza, Serrao, Barenghi) c. Min. grazia e giustizia, Min. tesoro, Min.finanze, Min. beni culturali e ambientali (Avv. dello Stato De Figueiredo); Soc. immob. VillaSara (Avv. Ricciotti, Colacino) c. Min. grazia e giustizia, Min. tesoro, Min. finanze, Min. beniculturali e ambientali e Scicolone. ...Source: Il Foro Italiano, Vol. 112, PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE(1989), pp. 2897/2898-2907/2908Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23184229 .
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
maggior danno da svalutazione, sicché restano assorbite anche
le suesposte censure in ordine alla irritualità della relativa pro duzione.
Quanto alla doglianza proposta con il secondo motivo è suffi
ciente rilevare che le differenze di indennità premio di servizio,
sulla cui base il maggior danno da inadempimento è stato deter
minato, risultavano già accertate da sentenza passata in giudica
to, mentre difettava assolutamente la prova — secondo il giudice
di appello — che il creditore avesse, successivamente, ricevuto
più del dovutogli. Sempre la sussistenza del giudicato in ordine all'ammontare del
credito ed al colpevole ritardo nell'adempimento del medesimo
rende inconsistente il terzo motivo ed esonera dallo specifico esa
me delle questioni con esso proposte. Relativamente al quarto motivo è sufficiente osservare che la
sentenza impugnata — contrariamente a quanto si assume — ha
espressamente negato che il creditore potesse pretendere gli inte
ressi sulle somme già riscosse a far tempo dall'avvenuto paga
mento e che giustamente il pretore aveva, pertanto, respinto la
relativa domanda; mentre infondata è anche la censura — dedot
ta con il quinto motivo — concernente la mancata detrazione
dell'importo degli interessi moratori già percepiti dall'ammontare
del maggior danno, equitativamente liquidato sulla base degli in
dici Istat. Se è infatti esatto il principio che nella fattispecie lega
le del 2° comma dell'art. 1224 c.c. sussiste una relazione di
continenza tra «interessi» ed «ulteriore risarcimento», inteso quale
«misura complessiva della copertura del danno», nel senso che
l'ulteriore risarcimento ha per oggetto la sola eccedenza rispetto
alla copertura assicurata dal computo degli interessi moratori (v.
sent. 11 marzo 1981, n. 1377, id., Rep. 1981, voce Lavoro e pre
videnze (controversie), n. 278; 20 gennaio 1977, n. 300, id., 1977,
I, 1016); non è meno vero che il danno presunto, come sopra
riconosciuto al «modesto consumatore», consiste non già nel man
cato tempestivo impiego del denaro dovuto in forma di rispar
mio, ma nell'impossibilità di impiegarlo per gli ordinari bisogni di vita, con il pregiudizio di dover poi corrispondere somma mag
giore per l'acquisto dei corrispondenti beni e servizi. Orbene, men
tre nel primo caso il «danno maggiore» è indubbiamente costituito
dalla differenza tra il tasso annuo legale (che forma oggetto del
l'obbligo risarcitorio minimo di cui al 1° comma dell'art. 1224
c.c.) e quello ricavabile da altre più vantaggiose forme di rispar
mio (ad es. deposito bancario, v. in termini, sez. un. 3004/86,
cit.), nel secondo caso (quello del «modesto consumatore») con
siste, invece, nella maggior somma di denaro occorrente per l'ac
quisto degli anzidetti beni e, quindi, in un pregiudizio autonomo
ed eterogeneo rispetto a quello rappresentato dal lucro cessante
presunto, che il creditore avrebbe ricavato dal tempestivo impie
go della somma dovutagli (v. sent. 6 giugno 1981, n. 3661, id.,
Rep. 1981, voce Danni civili, n. 197; nonché da ultimo ed in
fattispecie identica a quella ora in esame, sent. 13 febbraio 1987,
n. 1607, id.. Rep. voce Lavoro e previdenza (controversie), n.
484), sicché i due pregiudizi si sommano ai fini di quell'«ulteriore risarcimento» dalla legge accordato quale «misura complessiva
della copertura del danno» (cosi sent. 1377/81, cit.). Indubbio
è poi che gli interessi legali decorrano anche sulla somma attri
buita a titolo di risarcimento con decorrenza dalla data della mo
ra, accertata dal precedente giudicato non già con riferimento
alle sole somme da esso portate (differenza di indenità e relativi
interessi), ma anche agli effetti dell' «ulteriore risarcimento» di
cui si discute, anche se successivamente e separatamente azionato.
Il ricorso deve essere dunque rigettato.
CORTE DI CASSAZIONE; sezione I civile; sentenza 10 agosto 1988, n. 4915; Pres. Scanzano, Est. Sensale, P.M. Golia
(conci, conf.); Scicolone (Avv. Picozza, Serrao, Barenghi)
c. Min. grazia e giustizia, Min. tesoro, Min. finanze, Min. beni culturali e ambientali (Avv. dello Stato De Figueiredo); Soc.
immob. Villa Sara (Avv. Ricciotti, Colacino) c. Min. grazia
e giustizia, Min. tesoro, Min. finanze, Min. beni culturali e
ambientali e Scicolone. Conferma App. Roma 13 gennaio 1986.
Giudizio (rapporto tra il giudizio civile o amministrativo e il pe
nale) e pregiudizialità penale — Incidente di esecuzione — Prov
vedimento del giudice penale — Efficacia (Cod. pen., art. 240;
cod. proc. pen., art. 622, 624, 628, 655). Giudizio (rapporto tra il giudizio civile o amministrativo e il pe
nale) e pregiudizialità penale — Confisca — Richiesta di resti
tuzione delle cose confiscate — Fattispecie (Cod. proc. pen.,
art. 622, 624, 655). Giudizio (rapporto tra il giudizio civile o amministrativo e il pe
nale) e pregiudizialità penale — Confisca obbligatoria — Inci
dente di esecuzione — Controversia sulla proprietà ritenuta ir
rilevante — Giudizio civile per la restituzione delle cose seque strate — Improponibilità (Cod. pen., art. 240; cod. proc. pen.,
art. 628, 632, 655).
L'ordinanza con cui, in sede di incidente di esecuzione, vengono
risolte le questioni sulla regolarità formale del titolo esecutivo
e sulla confiscabilità dei beni assoggettati alla misura di cui
all'art. 240 c.p. ha natura di vera e propria sentenza preclusiva come tale del riesame della questione già risolta. (1)
Non può essere disposta la restituzione dei beni assoggettati a
confisca obbligatoria ex art. 240 c.p. qualora il terzo che si
assume proprietario di detti beni non risulti estraneo al reato
(nella specie, è stata ritenuta irrilevante la questione relativa
alla titolarità dei beni confiscati). (2) Non può essere proposta dinanzi al giudice civile l'azione di ri
vendica della proprietà dei beni assoggettati a confisca obbliga
toria ex art. 240 c.p. qualora in sede di incidente di esecuzione
sia stata ritenuta irrilevante la questione relativa alla titolarità
di detti beni. (3)
(1-3) I. - Con la sentenza in epigrafe la Suprema corte ha risolto una
complessa controversia sorta a seguito del sequestro di una collezione
di opere d'arte che aveva ornato una villa, di proprietà della soc. Villa
Sara, abitata dalla ricorrente Sofia Scicolone (in arte Sofia Loren). Il procedimento, nel cui ambito era stato disposto il sequestro, iniziato
per il delitto di cui agli art. 2 e 2 to 1. 8 ottobre 1976 n. 689, e a cui
la Scicolone aveva partecipato come imputata (poi assolta perché non
residente in Italia e non proprietaria dei beni sequestrati), si era concluso, a seguito della morte dell'imputato — Elios Vercelloni, amministratore
della soc. Villa Sara — con sentenza di non doversi procedere e con la
confisca dei beni sequestrati. Avverso tale decisione la Scicolone aveva proposto incidente di esecu
zione, dichiarato inammissibile dal giudice istruttore, per la restituzione
dei beni confiscati, sostenendo che «i suddetti provvedimenti penali non
potevano fare stato nei suoi confronti e tanto meno costituire giudicato a lei opponibile» dal momento che il provvedimento di confisca non po teva ledere i diritti dei terzi.
Con atto di citazione del 28 maggio 1980 la Scicolone chiedeva al Tri
bunale di Roma di essere dichiarata proprietaria dei beni confiscati. An
che tale domanda, tuttavia, veniva respinta, sia in primo grado che in
appello: decisioni confermate adesso dalla pronuncia della Corte di cassa
zione qui riportata.
II. - Sul principio espresso nella prima massima, la Cassazione ha avu
to occasione di affermare che la decisione sull'incidente di esecuzione
ha natura di vera e propria sentenza, preclusiva di riesame, in qualsiasi
sede, della questione già risolta: Cass. 31 gennaio 1964, Marzullo, Foro
it., Rep. 1965, voce Esecuzione penale, n. 47; 2 ottobre 1964, Gervasoni,
ibid., voce Cosa giudicata penale, n. 29; 9 giugno 1965, Andretta, id.,
1966, II, 396. Ai fini della non riproponibilità delle questioni decise con l'ordinanza
di cui all'art. 628 c.p.p., la Cassazione si è limitata, in altri casi, ad
affermare la preclusione derivante dall'art. 90 c.p.p.: sent. 7 marzo 1958,
Roiatti, id., Rep. 1958, voce Esecuzione penale, n. 86; 31 ottobre 1960,
Cassinelli, id., Rep. 1961, voce cit., n. 52; 11 luglio 1966, Mattiello, id.,
Rep. 1966, voce cit., n. 97; 30 novembre 1966, Ciriello, id., Rep. 1967,
voce Cosa giudicata penale, n. 12; 10 gennaio 1977, Francia, id., Rep.
1977, voce Esecuzione penale, n. 39; 4 ottobre 1983, Cottone, id.. Rep.
1984, voce cit., n. 25. Sull'istituto degli incidenti di esecuzione, cfr. in
dottrina Secci, Incidenti di esecuzione (dir. proc. pen.), voce del Novissi
mo digesto, appendice, Torino, 1983, IV, 146; Gianzi, Incidenti di esecu
zione (dir. proc. pen.), voce dell 'Enciclopedia del diritto, Milano, 1971,
XXI, 12 ss.; E. D'Angelo - A. Scaglione, Gli incidenti di esecuzione
nel processo penale. Una ricostruzione attraverso la giurisprudenza, Giuffrè,
Milano, 1981; Barosio, Le origini dell'incidente di esecuzione, in Riv.
it. dir. e proc. pen., 1981, 1331; nonché, per ipotesi particolari, Marza
duri, Sull'esperibilità degli incidenti di esecuzione nel corso de! processo di cognizione, in Giur. it., 1982, II, 76 ss.; Ramatoli, Su una particolare
ipotesi di rapporti tra ordinanza «de plano» e di incidente di esecuzione,
in Cass, pen., 1986, 768; Casalinuovo, Incidenti di esecuzione, falsità dei documenti ed impugnazioni per i soli interessi civili, in Mass. pen.,
1981, 92 ss.
Il Foro Italiano — 1989.
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2899 PARTE PRIMA 2900
Svolgimento del processo. — Con citazione del 28 maggio 1980, Sofia Scicolone conveniva davanti al Tribunale di Roma il mini
stero del tesoro, il ministero di grazia e giustizia, il ministero
dei beni culturali e il ministero delle finanze, chiedendo di essere
dichiarata proprietaria di una collezione di opere d'arte (91 qua
dri, 24 disegni, 19 icone e 5 sculture), con conseguente condanna
delle amministrazioni convenute alla restituzione di detta collezione.
L'attrice deduceva che questa aveva ornato la sua dimora —
una villa in Marino di proprietà della società immobiliare Villa
Sara — dal 1960 al 1974; che era stata poi depositata in custodia
presso la Banca commerciale di Roma e il deposito era stato inte
stato alla società Sostar di Vaduz; che era stata ritirata l'8 mag
gio 1977 e trasferita a Milano, dove era stata sequestrata per or
ili. - Sulla seconda massima, cfr. Cass. 12 maggio 1987, Savino, Setti mana giur., 1988, III, 115, secondo cui in ogni caso la confisca, anche
se obbligatoria, non può essere disposta nei confronti di chi sia ricono
sciuto estraneo al reato. Secondo la Cassazione la nozione di persona estranea al reato cui appartiene e va restituita la cosa sequestrata (art. 240 c.p.) è diversa da persona estranea al procedimento penale, in quanto richiede l'estraneità al fatto-reato, che non ricorre in chi sia sfuggito al
procedimento penale: Cass. 6 luglio 1988, Tartaro, id., 1989, III, 65.
Qualora sorga controversia sulla proprietà delle cose sequestrate (o con
fiscate) — e non si verta in ipotesi di confisca obbligatoria — il giudice
penale deve rimettere, con ordinanza inoppugnabile, la decisione al giudi ce civile e poi, a seguito di tale decisione, respingere o accogliere l'istanza del terzo e secondo che il suo diritto sia negato o riconosciuto: Cass. 11 maggio 1982, Nicoletti, Foro it., Rep. 1983, voce Sequestro penale, n. 17; 13 novembre 1970, Colarossi, id., Rep. 1971, voce cit., n. 7; 18
ottobre 1974, Zanfardini, id., Rep. 1975, voce Esecuzione penale, n. 26; 30 giugno 1972, Spagnoli id., Rep. 1973, voce cit., n. 35; 9 dicembre
1966, Panegucci, id., Rep. 1967, voce cit., n. 21. In dottrina, cfr. (anche se non recenti) i contributi di Chiarotti, Sulla tutela dei diritti delle per sone estranee al reato in materia di confisca, in Giusi, pen., 1956, II, 636; S. Paxazzoio, La confisca, i diritti dei terzi e la loro tutela, in
Giur. sic., 1960, 483 ss.; Cavaila, La confisca di cose appartenenti ad estraneo al reato nella possibilità di revoca o modifica e l'intangibilità de! giudicato, in Giust. pen., 1964, III, 106; Manfellotto, Tutela del
terzo proprietario dei beni confiscati, id., 1972, III, 77 ss.; nonché, anche se con riferimento alla legge doganale, G. Vassalli, Confisca doganale e cose appartenenti a persone estranee al reato, in Giur. costit., 1977, I, 146 ss.
IV. - Con il principio di diritto affermato nella terza massima viene risolto il delicato problema relativo al rapporto tra la decisione emessa in sede di incidente di esecuzione e la successiva causa civile con la quale viene chiesta la restituzione dei beni confiscati.
È pacifico, secondo la Cassazione, che l'ordine di confisca della cosa
sequestrata, contenuto nella sentenza di condanna o di proscioglimento, fa stato nei confronti dei soggetti che non hanno partecipato al procedi mento di cognizione conclusosi con la stessa sentenza, ma non fa stato anche nei confronti dei terzi che non hanno rivestito la qualità di parte in quel procedimento, i quali possono proporre incidente di esecuzione davanti al giudice competente ex art. 628 c.p.p., per far valere nei con fronti dello Stato — successore a titolo particolare nella proprietà dei beni confiscati — gli stessi diritti che avrebbero potuto far valere nei confronti dell'imputato, compresa la restituzione della cosa confiscata: Cass. 5 agosto 1985, n. 4390, Foro it., Rep. 1985, voce Giudizio (rappor to), n. 34; 27 settembre 1984, Matarese, id., Rep. 1985, voce Confisca, n. 14 e voce Esecuzione penale, n. 48; 13 gennaio 1983, Biro, id., Rep. 1984, voce Confisca, n. 11; 13 gennaio 1983, Mediocredito, ibid., n. 10; 1° aprile 1974, Guarnaschelli, id., Rep. 1974, voce cit., n. 4; 18 gennaio 1972, Lo Turco, id., Rep. 1972, voce Impugnazioni penali, n. 124; 6 ottobre 1970, Shiffman, id., Rep. 1971, voce Confisca, n. 10.
Per la precisazione che l'incidente di esecuzione in tanto è proponibile in quanto la sentenza che ordina la confisca sia passata in giudicato: Cass. 18 gennaio 1972, Lo Turco, cit.; 13 gennaio 1983, Mediocredito, cit.
Nel senso che il giudice istruttore che ha adottato il provvedimento di confisca è l'unico giudice competente a decidere su tutti gli incidenti
riguardanti l'esecuzione, anche nei confronti dei terzi rimasti estranei al
giudizio di cognizione nel quale fu emesso il provvedimento: Cass. 18
gennaio 1972, Lo Turco, cit. e, da ultimo, Cass. 27 agosto 1984, Ambro
sio, id., Rep. 1985, voce cit., n. 16. Da tali principi la Suprema corte trae il corollario che, essendo l'ambi
to dell'incidente di esecuzione, e del provvedimento che lo conclude, limi tato all'accertamento non solo della regolarità formale del titolo esecuti
vo, ma anche della confiscabilità dei beni assoggettati alla misura di cui all'art. 240 c.p., la controversia sulla proprietà di detti beni non può essere decisa con efficacia di giudicato dal giudice penale. Tale controver sia resta perciò impregiudicata poiché il provvedimento che conclude il
procedimento incidentale non esplica alcuna efficacia preclusiva. Si ritiene, tuttavia, che al giudice penale non sia precluso qualsiasi ac
II Foro Italiano — 1989.
dine del procuratore della repubblica di Roma che procedeva con
tro Elios Vercelloni, amministratore della soc. Villa Sara, per il
delitto di cui agli art. 2 e 2 bis 1. 8 ottobre 1976 n. 679. Morto
il Vercelloni, il giudice istruttore aveva pronunciato sentenza di
non doversi procedere, disponendo la confisca delle opere d'arte,
ritenute di proprietà della soc. Villa Sara. Il ricorso, con il quale lo Scicolone aveva proposto incidente di esecuzione chiedendo
la restituzione delle opere d'arte, era stato dichiarato inammissi
bile dal giudice istruttore, contro il provvedimento la Scicolone
aveva proposto ricorso per cassazione.
A sostegno della domanda, l'attrice sosteneva che i suddetti
provvedimenti penali non potevano fare stato nei suoi confronti
certamente) sulla proprietà trattandosi, per lo più, di accertamenti relativi
alla deliberazione sulla restituzione: la legge, in sostanza, gli sottrarrebbe soltanto la possibilità di dirimere eventuali controversie sorte tra parti e soggetti processuali. Da ciò alcuni deducono che a tale organo competa un potere di valutazione sulla fondatezza e serietà della controversia: Cass.
13 novembre 1970, Colarossi, cit.; 15 luglio 1966, Toscano, id., Rep. 1967, voce Esecuzione penale, n. 31; altri, al contrario, negano la possi bilità di una siffatta delibazione: Cass. 11 maggio 1982, Nicoletti, cit.; altri ancora, infine, parlano di «obbligo di remissione al giudice civile»:
Cass. 18 ottobre 1974, Zanfardini, cit.; mentre la sentenza in rassegna afferma che «la remissione al giudice civile è oggetto non di mera facoltà
ma di dovere processuale». L'esistenza di una controversia e l'impossibilità di un accertamento in
cidenter tantum, in una materia di esclusiva competenza del giudice civi
le, determinerebbe un caso di remissione obbligatoria, come tale sottratta
al sindacato del giudice penale. La rimessione è disposta dal giudice con ordinanza (o con decreto dal
pubblico ministero) che deve considerarsi inoppugnabile, al pari di tutti i provvedimenti dichiarativi di incompetenza, poiché la legge non prevede alcume mezzo di gravame: Cass. 18 ottobre 1974, Zanfardini, cit.; 30
giugno 1972, Spagnoli, cit. Per quanto riguarda le ipotesi di confisca obbligatoria è opportuno
ricordare che la confisca, di regola facoltativa, diviene obbligatoria per il giudice quando le cose sequestrate presentino un intrinseco carattere
criminoso: Cass. 12 dicembre 1977, Rizzo, id., Rep. 1978, voce Misure
di sicurezza, n. 16.
Nel senso che la confisca è obbligatoria quando si tratta di cose che costituiscono il prezzo del reato, ovvero la fabbricazione, l'uso, il porto, la detenzione o l'alienazione delle quali costituiscono di per sé reato, sen
za che occorra una qualsiasi modalità che caratterizzi l'illecito, dato che esse rappresentano obiettivamente un sostanziale o almeno potenziale pe ricolo sociale: Cass. 12 dicembre 1977, Rizzo, cit.; 1° aprile 1974, Guar
naschelli, id., Rep. 1974, voce Confisca, n. 4; 11 ottobre 1971, Salino, id., Rep. 1973, voce cit., n. 3; 11 ottobre 1969, Tripodi, id., Rep. 1971, voce cit., n. 6. Per un'ipotesi del tutto particolare di confisca obbligato ria di cose non oggetto di reato o disposta in assenza di fattispecie di
reato, cfr. Pret. Roma 5 febbraio 1979, id., 1979, II, 145. In altre occasioni la Cassazione, con specifico riferimento alla catego
ria delle «cose che servirono o furono destinate a commettere il reato», ha affermato che l'art. 240 c.p. riguarda le sole cose che si trovano in
una relazione immediata con il reato, escludendo che possa procedersi a confisca nelle ipotesi in cui tra le cose e il reato intercorra un nesso di mera agevolazione occasionale: Cass. 22 maggio 1978, Giordano, id.,
Rep. 1979, voce Misure di sicurezza, n. 11; 7 giugno 1972, Giovannoni, id., Rep. 1973, voce Confisca, n. 5; 29 gennaio 1971, Vocaturi, id., Rep. 1972, voce cit., n. 5; 24 giugno 1969, Marcorelli, id., Rep. 1970, voce
cit., n. 10. La confisca è invece facoltativa, ai sensi del 1° comma dell'art. 240
c.p., quando sia stato dimostrato il diretto carattere strumentale della cosa sequestrata al compimento del reato e formulata una prognosi sulla
pericolosità sociale derivante dal mantenimento del possesso della cosa stessa da parte del condannato: Cass. 3 maggio 1985, Cattaneo, id., Rep. 1986, voce cit., n. 10.
Ai fini della confisca facoltativa, per «cose servite o destinate a com mettere il reato» si intendono quelle consapevolmente usate a tal fine: Cass. 6 novembre 1981, Visani, id.. Rep. 1982, voce cit., n. 4; 2 aprile 1979, Milanesio, id., Rep. 1980, voce cit., n. 3.
Sulla natura giuridica della confisca prevista dall'art. 240 c.p. è stato
più volte ribadito che essa ha carattere cautelare e non punitivo, anche se i suoi effetti ablativi si risolvono spesso in una sanzione: Cass. 19 marzo 1986, Tedeschi, id., Rep. 1987, voce cit., n. 5; 22 gennaio 1983, Costa, id., Rep. 1983, voce cit., n. 17; 2 aprile 1979, Milanesio, cit.; cfr., in dottrina, Codagnone, Note sulle misure di sicurezza patrimoniale ed in particolare sulla confisca, in Giust. pen., 1962, II, 43; Baiocchi, La confisca: sanzione amministrativa o misura di sicurezza, in Arch. pen., 1985, 411.
In generale, sull'istituto della confisca, cfr. A. Alessandri, Confisca nel diritto penale, voce del Digesto pen., 1989, III, 39 ss.; M. Trapani, Confisca (dir. pen.), voce dell'Enciclopédia giuridica Treccani, 1988,
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
e tanto meno costituire giudicato a lei opponibile; e che il prov
vedimento di confisca non poteva ledere i diritti di terzi.
Costituitesi in giudizio, le amministrazioni convenute deduce
vano il proprio difetto di legittimazione passiva, l'incompetenza
del giudice civile e l'infondatezza della domanda.
Disposta l'integrazione del contraddittorio nei confronti della
soc. Villa Sara, il tribunale dichiarava passivamente legittimato
il solo ministero di grazia e giustizia e manifestamente infondate
le questioni di legittimità costituzionale degli art. 25, 26, 27 e 28 c.p.p. in relazione agli art. 3 e 24 Cost. Nel merito rigettava
la domanda.
Tale decisione è stata confermata dalla Corte d'appello di Ro
ma, la quale ha osservato: a) disposta la confisca ai sensi dell'art.
240 c.p., il terzo estraneo al reato, cui le cose confiscate appar
tengono, può proporre incidente di esecuzione ai sensi dell'art.
628 c.p.p., il che la Scicolone aveva fatto con esito negativo,
essendo risultato — in particolare dalla sentenza del tribunale
penale nei suoi confronti del 23 gennaio 1979, passata in giudica
to — che ella non era titolare dei beni oggetto del provvedimento
di confisca; b) nell'ambito dell'unica procedura possibile per ot
tenere la restituzione degli oggetti confiscati, la Scicolone aveva
avuto la possibilità di far valere le sue ragioni nei limiti che la
procedura stessa consente e che attengono all'esame della regola
rità del titolo esecutivo e non consentono il riesame della proce
dura di cognizione; c) in conseguenza, l'eccezione relativa all'op
ponibilità del giudicato penale al terzo estraneo al giudizio non
era pertinente nel caso in esame, perché alla Scicolone non era
stata opposta l'irrevocabilità della sentenza di non doversi proce
dere nei confronti del Vercelloni, ma i limiti della procedura di
cui all'art. 628 c.p.p. che ella voleva superare proponendo censu
re riguardanti il procedimento di cognizione chiuso, appunto, con
quella sentenza; d) ulteriore conseguenza era l'assoluta idoneità
dell'ordinanza conclusiva della procedura relativa all'incidente di
esecuzione, in base al principio del ne bis in idem; e) irrilevante
era la questione di incostituzionalità degli art. da 25 a 28 c.p.p.,
sia perché alla Scicolone non era stato opposto il giudicato for
matosi nei confronti di terzi, sia soprattutto perché quelle que
stioni andavano proposte nel procedimento relativo all'incidente
di esecuzione; f) quanto osservato rendeva evidente l'impossibili
tà di configurare un giudizio di rivendicazione avulso dalla pro
cedura prevista dal combinato disposto degli art. 240 c.p. e 628
c.p.p., nell'ambito della quale era risultato inutile rimettere al
giudice civile l'accertamento del diritto di proprietà da parte del
giudice penale, comunque competente a trarne le opportune con
seguenze, in quanto nella suddetta procedura non era sorta alcu
na controversia in ordine alla proprietà dei beni confiscati e d'al
tra parte la non appartenenza di essi alla Scicolone risultava già
dalla sentenza con la quale la stessa era stata assolta perché non
residente sul territorio dello Stato e perché riconosciuta non pro
prietaria delle opere d'arte, tanto che proprio da questo giudicato
penale, opponibile alla Scicolone per avervi partecipato come im
putata, aveva preso inizio il procedimento a carico del Vercello
ni; g) evidente era pure che nel proposto giudizio non potevano
trovare ingresso le questioni attinenti alla validità della sentenza
penale di non doversi procedere, non prospettabile dal terzo estra
neo a quel procedimento, per di più in un giudizio civile; h) in
dubbia era la legittimazione passiva del ministero di grazia e giu
stizia che aveva acquistato la titolarità degli oggetti d'arte per
effetto della confisca e ne conservava tale titolarità pur se dete
nuti per mezzo del museo criminale o di altri enti.
Contro questa sentenza la Scicolone ha proposto ricorso per
cassazione in base a sei motivi. Le amministrazioni del tesoro,
di grazia e giustizia, dei beni culturali e ambientali e delle finanze hanno resistito con controricorso. La soc. immob. Villa Sara ha
Vili; D. Gullo, La confisca, in Giust. pen., 1981, II, 38 ss.; Cacciavi!
lani - Giustozzi, Sulla confisca, in Giust. pen., 1974, II, 459 ss.; M.
Massa, Confisca (dir. e proc. pen.), voce dell' Enciclopedia del diritto,
Milano, 1961, Vili, 980 ss. Sulle prospettive dell'istituto nelle proposte
di riforma, v. Maggini, La confisca nelle progettate modifiche al sistema
penale, in Temi, 1977, 549. Sull'esperienza di altri paesi, v. G. Tessito
re, Sulla confisca penale nella normativa contro la criminalità organizza
ta negli Usa (nota a Corte suprema Usa 1° novembre 1983), in Foro
it., 1985, IV, 81 ss. [F. Brezzi]
Il Foro Italiano — 1989.
depositato controricorso incidentale adesivo. La ricorrente prin
cipale ha depositato memoria.
Motivi della decisione. — 1. - Ai sensi dell'art. 335 c.p.c., deve
preliminarmente procedersi alla riunione del ricorso (n. 2422/87)
di Sofia Scicolone e del ricorso «incidentale adesivo» (n. 3793/87)
della s.p.a. immob. Villa Sara, proposti contro la stessa sentenza.
2. - Con il primo motivo la Scicolone denunzia la violazione
degli art. 28, 90 e 628 ss. c.p.p. e dell'art. 240, 2°, 3° e 4° com
ma, c.p., in relazione all'art. 360, nn. 3 e 5, c.p.c. Premesso
che la decisione terminativa dell'incidente di esecuzione ha carat
tere provvisorio e revocabile e non esplica autorità di giudicato
o effetti preclusivi finanche in sede penale, ma, a maggior ragio
ne in sede civile o, comunque, extrapenale, e che, anche a voler
ammettere che essa produca effetto nell'ambito penale, l'applica
bilità dell'art. 90 c.p.p., si potrebbe ravvisare solo con riferimen
to alla riproposizione del medesimo incidente d'esecuzione, la ri
corrente censura la sentenza impugnata per avere ritenuto oppo
nibile, la decisione sull'incidente, alla rei vindicatio in un giudizio civile e per avere finito con l'attribuire efficacia nel giudizio civile
anche alla sentenza istruttoria a carico del defunto Vercelloni,
la quale per sua natura non costituisce giudicato, tanto meno
su un diritto (quello di proprietà della collezione d'arte di cui
si discute) non dipendente dai «fatti materiali» oggetto del giudi
zio penale, ed era, per di più, giuridicamente inesistente per esse
re stata promossa l'azione penale a carico di un imputato che
si sapeva già deceduto.
Con il secondo motivo la ricorrente denunzia la violazione de
gli art. 948 e 832 c.c., anche con riferimento agli art. 28, 90,
624 ss. c.p.p., nonché la violazione dell'art. 24 Cost., in relazio
ne all'art. 360, nn. 3 e 5, c.p.c. Si deduce che il ragionamento,
con il quale la corte d'appello ha negato ingresso all'azione di
rivendicazione, è inficiato da gravi contraddizioni di omissioni
di motivazione e di clamorose violazioni di legge. Pur ammetten
do che l'incidente di esecuzione attiene solo alla validità formale
del titolo esecutivo, la corte d'appello avrebbe contraddittoria
mente ritenuto precluso — al proprietario delle cose confiscate
in un processo a carico di altri — qualsiasi altro rimedio, in tal
modo violando le norme che, invece, tutelano il diritto del pro
prietario. Inoltre, la corte, dopo avere affermato che l'intervento
dal giudice civile resta limitato al solo accertamento del diritto
di proprietà, avrebbe ritenuto che sarebbe stato inutile la remis
sione dal giudice penale al giudice civile dell'indagine sulla titola
rità dei beni in base a due erronee considerazioni e cioè a) che
nella procedura ex art. 628 c.p.p. non era sorta alcuna controver
sia in ordine alla proprietà dei beni confiscati (il che sarebbe smen
tito dal fatto che proprio questo era l'oggetto dell'incidente e
che, in sede di ricorso alla Cassazione penale proposto contro
la declaratoria d'inammissibilità dell'incidente, era stata presen
tata istanza per la remissione della questione sulla proprietà al
giudice civile); b) che la non appartenenza dei beni alla Scicolone
risultava dalla sentenza con la quale ella era stata assolta dal rea
to di esterovestizione perché non residente e perché non proprie
taria dei beni; laddove quest'ultimo rilievo, estraneo alla ratio
decidendi, era del tutto incidentale ed irrilevante e, per di più,
non rispondente al vero.
La corte del merito — si deduce con il terzo motivo con il
quale, in relazione all'art. 360, nn. 3 e 5, c.p.c., viene denunziata
la violazione degli art. 816, 1156 e 1160 c.c. con riferimento al
l'art. 240, 2°, 3° e 4° comma, c.p. — non avrebbe, poi, conside
rato che i beni rivendicati dalla ricorrente costituiscono una colle
zione, ossia una universalità di mobili, non soggetta alla regola
per cui «possesso vale titolo» ed alla disciplina dell'usucapione
dei beni mobili, il che avrebbe dovuto impedire che se ne potesse
ro ravvisare la titolarità in capo alla soc. Villa Sara o alla Sostar
e trasferimenti mai avvenuti.
Con il quarto motivo la ricorrente denunzia il vizio d'insuffi
cienza e contraddittorietà della motivazione in ordine al proble
ma dell'inesistenza della «sentenza Vercelloni», con cui è stata
ordinata la confisca, e la violazione degli art. 150 c.p., 28, 90,
152, 1° comma, 184 e 185 c.p.p., nonché degli art. 3, 24 e 27
Cost., in relazione all'art. 360, nn. 3 e 5, c.p.c.; e sostiene che
l'inesistenza giuridica del procedimento e della sentenza «Vercel
loni», per essere stata iniziata l'azione penale nei confronti di
un soggetto già deceduto, avrebbe travolto tutto ciò che ne era
seguito, ossia la confisca, l'esecuzione di essa ed il relativo inci
dente, compresa l'ordinanza della Corte di cassazione pronuncia
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2903 PARTE PRIMA 2904
ta sul ricorso proposto contro la declaratoria d'inammissibilità
del giudice istruttore, e che, d'altra parte, non essendo stato tale
problema esaminato da detto giudice né dalla Corte di cassazio
ne, esso sarebbe «intatto» e potrebbe essere riproposto in qual siasi modo e in qualsiasi sede, compresa quella del giudizio di
rivendica.
Nessuna risposta — si assume con il quinto motivo, denun
ziandosi, ai sensi dell'art. 360, nn. 3 e 5, c.p.c., la violazione
degli art. 240 c.p., 28, 29 e 628 c.p.p., in rapporto agli art. 816,
948, 832, 1156, 1160 c.c. e con riferimento agli art. 3, 24 e 27
Cost, e alla 1. 1° giugno 1939 n. 1089 — la corte d'appello avreb
be dato alla tesi, prospettata, della impugnabilità in sede civile,
sempre, del provvedimento di confisca e alla tesi della non obbli
gatorietà della confisca medesima quando la detenzione delle co
se, oggetto di essa, possa essere consentita mediante autorizzazio
ne amministrativa anche a favore dello straniero, parificato al
cittadino, nel possesso delle opere d'arte dagli art. 1 e 36 1.
1089/39. Con il sesto motivo, infine, la ricorrente solleva la questione
d'illegittimità costituzionale degli art. 240 e 150 c.p., 89 e 152
c.p.c., 28, 90, 624, 1° comma, e 628 ss. c.p.p., come interpretati dalla corte d'appello, per contrasto con gli art. 3, 24, 25 e 27
Cost. Si sostiene, in particolare, che contrasta con gli art. 3, 24
e 27 Cost., l'interpretazione data dalla corte d'appello agli art.
150 c.p. e 89 e 152 c.p.c. nel riconoscere legittimo e nel far pro
prio l'accertamento del fatto reato compiuto dal giudice istrutto
re nel procedimento iniziato contro il (già) defunto Vercelloni, senza che tale circostanza consentisse il compimento di attività
istruttoria e l'accertamento del fatto reato; e che contrasta con
l'art. 28 c.p.p., nel testo risultante dalla pronunzia della Corte
costituzionale n. 55 del 1971 (Foro it., 1971, I, 824), l'attribuzio
ne di efficacia vincolante della «sentenza Vercelloni» nei confronti
di essa ricorrente, rimasta estranea al relativo procedimento. Si
sostiene, inoltre, che contrasta con gli art. 3 e 24 Cost., ponendo in pericolo i diritti garantiti da tali norme, l'interpretazione data
dalla corte del merito all'art. 90 c.p.p. nel senso di attribuire
efficacia preclusiva (ne bis in idem) extrapenale ai provvedimenti terminativi dell'incidente di esecuzione.
Premesso che la corte d'appello ha dichiarato passivamente le
gittimato il solo ministero di grazia e giustizia (rigettando il moti
vo di gravame proposto dalla Scicolone contro l'omologa statui
zione del tribunale) e che, non essendo censurato tale punto della
decisione, l'impugnazione in questa sede va ritenuta ammissibile
solo nei confronti del ministero di grazia e giustizia, ritiene la
corte che i suesposti motivi di ricorso, da esaminarsi congiunta mente in quanto connessi fra loro, non possano essere accolti
e che uguale sorte debba seguire il ricorso incidentale adesivo,
privo di autonomo contenuto, in quanto fondato dalla soc. Villa
Sara sulle medesime ragioni prospettate nel ricorso principale. 3. - L'art. 240 c.p., dopo aver stabilito che, nel caso di con
danna, il giudice può ordinare la confisca delle cose che serviro
no o furono destinate a commettere il reato e delle cose che ne sono il prodotto o il profitto (1° comma), dispone che è sempre ordinata la confisca 1) delle cose che costituiscono il prezzo del
reato e 2) delle cose, la fabbricazione, l'uso, il porto, la detenzio
ne o l'alienazione delle quali costituisce reato, anche se non è
stata pronunciata condanna (2° comma); precisando che le di
sposizioni della prima parte e del n. 1 del capoverso precedente non si applicano se la cosa appartiene a persona estranea al reato
(3° comma) e che la disposizione del n. 2 non si applica se la cosa appartiene a persona estranea al reato e la fabbricazione,
l'uso, il porto, la detenzione e l'alienazione possono essere con
sentiti mediante autorizzazione amministrativa.
È pacifico che sia il soggetto, nei cui confronti la confisca è
stata disposta, sia il terzo che tenda ad ottenere la restituzione
delle cose sequestrate, assumendosene proprietario, possono pro
porre incidente di esecuzione ai sensi degli art. 628 ss. c.p.p., allo stesso modo in cui si procede se il giudice dell'esecuzione
debba provvedere alla confisca quando non si sia provveduto con
la sentenza di condanna o di proscioglimento (art. 655 c.p.p.). È del pari pacifico che le regole processuali, dettate dagli art. 622 ss. c.p.p. ai fini della restituzione, o meno, delle cose seque strate, trovino applicazione anche a proposito della confisca. A
norma dell'art. 622, 4° comma, infatti, dopo la sentenza irrevo
cabile di proscioglimento, le cose sequestrate sono restituite qua lora non siano soggette a confisca, si che il provvedimento, nega tivo o positivo, di restituzione implica necessariamente l'accerta
li Foro Italiano — 1989.
mento circa la confiscabilità delle cose sequestrate e la soluzione
della relativa controversia tra l'autorità che abbia disposto il se
questro (e la successiva eventuale confisca) e il soggetto che pre tenda la restituzione delle cose sequestrate (ed eventualmente con
fiscate). Inoltre, insorgendo controversia sulla proprietà di tali
cose a norma del 2° comma dell'art. 624, espressamente richia
mato dall'art. 665 c.p.p., il giudice penale ne «rimette» la risolu
zione al giudice civile del luogo competente in primo grado. 4. - Conviene chiarire, al riguardo, perché il pensiero della cor
te del merito non sembra chiaramente esplicitato sul punto, che
la controversia sulla proprietà è sottratta alla potestas iudicandi
del giudice penale e che la rimessione di essa al giudice civile
forma oggetto non di un mera facoltà attribuita al primo, ma
un dovere processuale, che, ove non venga osservato, consente
alla parte, la quale rivendichi il diritto alla restituzione dei beni
confiscati, di adire — durante e dopo il procedimento incidentale — il giudice civile, esclusivamente competente, perché risolva la
controversia che non gli sia stata rimessa dal giudice penale (cfr., in argomento, Cass. 29 gennaio 1952, n. 254, id., Rep. 1952, voce Sequestro penale, n. 35).
In proposito, questa corte (sent. 16 novembre 1962, n. 979) ha affermato che, ove non sorga controversia, il che avviene se
l'amministrazione dello Stato riconosca il diritto del terzo (pro
prietà, controproprietà o ipoteca), il giudice dell'esecuzione, se
condo i casi, revocherà o limiterà la confisca, e che, ove al con
trario sorga controversia, nel senso che l'amministrazione disco
nosca il diritto reale del terzo (e — occorre aggiungere — non
si verta in ipotesi di confisca obbligatoria, nel qual caso la con
troversia sulla proprietà può non essere risolutiva, ostandovi la
non estraneità al reato della persona che chieda la restituzione
o la circostanza che la detenzione, l'uso, il porto non possano essere consentiti mediante autorizzazione amministrativa), deve
rimettere la decisione della controversia al giudice civile e poi, in seguito a tale decisione e secondo il suo contenuto, respingere l'istanza del terzo, se il suo diritto sia negato, e accoglierla, se
la sussistenza del diritto venga riconosciuto.
Tali principi risultano confermati da questa corte non solo in
sede civile (sent. 16 ottobre 1964, n. 1285), ma anche in sede
penale (ord. 18 dicembre 1964, n. 902, Crescini; sent. 3 gennaio
1966, n. 3875, Zoni; 9 dicembre 1966, Panefucci; 30 novembre
1970, n. 2233, Colarossi; 13 ottobre 1982, n. 9093, Nicoletti), e se ne trae il corollario che, essendo l'ambito dell'incidente di
esecuzione, e del provvedimento che lo conclude, limitato all'ac
certamento non solo della regolarità formale del titolo esecutivo, ma anche della confiscabilità dei beni assoggettati alla misura di
cui all'art. 240 c.p., la controversia sulla proprietà di detti beni
non può essere decisa, in sede di incidente di esecuzione, con
efficacia di giudicato dal giudice penale, il quale, se lo facesse, si approprierebbe di una potestas iudicandi che la legge gli sot
trae. Tale controversia resta, per ciò, impregiudicata e su di essa
il provvedimento che conclude il procedimento incidentale nessu
na efficacia preclusiva è in grado di esplicare. 5. - Con queste affermazioni non contrastano né l'ordinanza
27 settembre 1984, p.m. in c. Matarese (id., Rep. 1985, voce Con
fisca, n. 14 e voce Esecuzione penale, n. 48) della Cassazione
penale (segnalata, con altre analoghe, dal procuratore generale) né la sentenza civile 5 agosto 1985, n. 4390 (ibid., voce Giudizio
(rapporto), n. 34), criticata dalla ricorrente come affermativa di
principi contrari a quelli sopra enunciati.
Nel primo caso, la corte non era chiamata a decidere una con
troversia sulla proprietà, che non era contestato appartenesse ad
un soggetto estraneo al procedimento penale ed acquirente di una
imbarcazione in data anteriore al provvedimento di confisca, ma
era investita da una questione concernente la confiscabilità di quel
bene, che la parte assumeva doversi negare per la mancanza di
una sentenza di condanna (in quanto il procedimento penale si
era concluso con sentenza istruttoria di non doversi procedere
per morte del reo); perché si trattava di un bene già acquistato
prima della confisca e perché l'imbarcazione, battente bandiera
panamense, era stata «nazionalizzata» e se ne rivendicava, sotto
questo profilo, la legittima utilizzazione.
Investita da tali questioni, la corte annullò il provvedimento, con il quale il bene era stato restituito all'acquirente, per la ra
gione assorbente che era stato omesso l'avviso all'amministrazio
ne finanziaria al fine di consentirne la comparizione quale parte interessata.
Ne consegue che l'affermazione, contenuta nella motivazione,
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
secondo la quale il giudice istruttore, per avere adottato il prov vedimento di confisca, è l'unico competente a decidere su tutti
gli incidenti riguardanti la sua esecuzione, anche nei confronti
dei terzi rimasti estranei al giudizio di cognizione, altro non signi fica se non che la sede in cui devono essere decise le questioni concernenti la confiscabilità dei beni, che abbiano formato og
getto di provvedimenti ai sensi dell'art. 240 c.p., è soltanto quella
degli incidenti di esecuzione e non altra, ma non intende estende
re, al di là dei limiti del procedimento incidentale, i poteri deciso ri del giudice penale, tanto meno per comprendervi la controver
sia sulla proprietà, che, del resto, nel caso esaminato non era sorta.
Nell'ipotesi considerata da questa corte in sede civile, con la
sentenza n. 4390/85 cit., si trattava di confisca ai sensi dell'art.
116 della legge doganale 25 settembre 1940 n. 1424, a seguito di condanna di alcuni imputati per i delitti di associazione per
delinquere e di contrabbando, e di incidente di esecuzione propo sto da una società, proprietaria delle cose sequestrate, per conte
stare la legittimità della confisca in quanto ordinata in un proce dimento penale, al quale essa assumeva di non essere stata posta in grado di partecipare, e in quanto ad essa non poteva imputarsi alcun difetto di vigilanza sulle cose adeoperate per commettere
il reato. Si poneva, cioè, non una controversia sulla proprietà, ma una questione avente ad oggetto la confiscabilità sotto il du
plice profilo della estraneità del proprietario delle cose confiscate
al procedimento penale e l'esplicazione su di esse, da parte del
proprietario, della dovuta vigilanza, diffettando la quale, soltan
to, si assumeva essere legittima la confisca, tenuto conto dell'art.
116 della citata legge doganale nel testo risultante dalla declarato
ria di parziale incostituzionalità di tale norma (Corte cost. 17
luglio 1974, n. 229, id., 1974, I, 3268). Ed essendosi riproposta in sede civile l'identica questione, relativa alla confiscabilità per ottenere il rilascio dei beni confiscati, questa corte ha osservato
che, in un caso come quello esaminato, il terzo rimasto estraneo
al processo, per tutelare il suo diritto di proprietà non può con
venire la pubblica amministrazione o l'imputato, rispettivamente con l'azione di rivendica o di risarcimento del danno, davanti
al giudice civile, «la cui competenza è limitata alla risoluzione
delle controversie che insorgano circa la proprietà delle cose con
fiscate da restituire (art. 624 e 655 c.p.p.)», ma deve adire il giu dice penale con il procedimento di cui agli art. 628 ss. c.p.p., il quale — prosegue la citata sentenza — si conclude con un prov vedimento anch'esso soggetto al principio della preclusione pro cessuale sancito dall'art. 90 c.p.p.
La citata decisione non nega, ma anzi testualmente afferma
la esclusiva competenza del giudice civile a decidere la controver
sia sulla proprietà delle cose confiscate da restituire ed enuncia
il diverso principio, con il quale in questa sede si concorda, che
la soluzione delle questioni relative alla confiscabilità trova la sua
sede obbligata, per la competenza funzionale attribuita al giudice dell'esecuzione penale, nel procedimento di cui agli art. 628 ss.
c.p.p., il cui provvedimento conclusivo preclude (proprio in virtù
del principio della unità della giurisprudenza invocato dalla ricor
rente) il riesame della stessa questione da parte di un altro giudice. 6. - Delineati in tal modo l'oggetto e l'ambito del procedimen
to incidentale — quale giudizio sulla regolarità formale del titolo
esecutivo e sulla confiscabilità dei beni assoggettati alla misura
di cui all'art. 240 c.p. (e non anche quale giudizio sulla proprietà dei beni, ove sorga controversia al riguardo e questa sia rilevante
ai fini della confiscabilità) — deve rilevarsi che il giudice, il quale abbia deliberato un provvedimento, è competente a «giudicare»
(cosi testualmente si esprime l'art. 628, 1° comma, c.p.p.) con
ordinanza su tutti gli incidenti riguardanti l'esecuzione del prov vedimento medesimo, ossia, limitatamente all'oggetto ed all'am
bito di quel procedimento, è competente ad esercitare un potere
giurisdizionale sostanzialmente decisorio di una controversia che
vede contrapposto il diritto dello Stato ad apprendere i beni at
traverso la confisca e il diritto soggettivo del proprietario a sot
trarli a tale apprensione al di fuori dei casi in cui la confisca
deve ritenersi legittima. Ciò ha indotto un'autorevole dottrina ad
affermare che la decisione sull'incidente di esecuzione, impropria
mente denominata ordinanza, ha natura di vera e propria senten
za, preclusiva del riesame, in qualsiasi sede, della questione già
risolta. In tal senso si è più volte espressa questa corte (Cass.
31 gennaio 1964, Marzullo id., Rep. 1965, voce Esecuzione pena
le, n. 47; 2 ottobre 1964, Gervasoni, ibid., voce Cosa giudicata
penale, n. 29; 9 giugno 1965, Andretta, id., 1966, II, 396 ed inol
tre sent. nn. 1010 del 1971, 3349 del 1972, 721 del 1975, 954
Il Foro Italiano — 1989.
del 1977 e 2753 del 1982, richiamate nella sentenza civile n.
4390/85), pur limitando altre volte (ma, ai fini della non ripropo nibilità delle questioni decise con l'ordinanza di cui all'art. 628
c.p.p., ciò è sufficiente) ad affermare la preclusione derivante
dell'art. 90 c.p.p. (Cass. 7 marzo 1958, Roiatti, id., Rep. 1958, voce Esecuzione penale, n. 86; 31 ottobre 1960, Cassinelli, id.,
Rep. 1961, voce cit., n. 52; 7 dicembre 1965, Cerbi, id., Rep.
1966, voce cit., n. 98; 30 novembre 1966, Ciriello, id., Rep. 1967, voce Cosa giudicata penale, n. 39; 10 gennaio 1977, Francia, id.,
Rep. 1977, voce Esecuzione penale, n. 39). 7. - Ne consegue che — ove non sorga controversia sulle pro
prietà o questa non incida sulla configurabilità — tutto ciò che
attiene alla formazione del titolo esecutivo e all'esistenza del suo
presupposto, costituito, nel caso concreto, dalla sentenza di non
doversi procedere a carico del Vercelloni, rimane riservato al giu dice dell'incidente (onde la palese inammissibilità delle censure
proposte dal quarto motivo e l'irrilevanza della connessa questio ne di costituzionalità sollevata con il sesto motivo), cosi come
oggetto proprio di tale giudizio è lo stabilire — con riguardo alla
estraneità al reato, o meno, del terzo, che chieda la restituzione
dei beni confiscati, ed alla possibilità della loro detenzione me
diante autorizzazione amministrativa (v. quinto motivo), anche
alla stregua della disciplina comunitaria cui è fatto cenno nelle
deduzioni della ricorrente — se si verta in ipotesi di confisca ob
bligatoria ovvero facoltativa. Si tratta, in tali casi, di questioni sulla confiscabilità e sulla revocabilità della misura già disposta e non già di una questione sulla proprietà da rimettere al giudice civile. Solo se, nel caso concreto, fosse sorta una cotroversia sul
la proprietà rilevante agli effetti della confiscabilità, tale contro
versia, per le ragioni già spiegate, dovrebbe essere decisa dal giu dice civile; e solo in tal caso potrebbe trovare spazio, con i profili di costituzionalità prospettati nei motivi primo e sesto, ultima
parte, la questione a) circa l'efficacia (vincolante, oppur no) da
attribuire, in ordine ad eventuali affermazioni della proprietà in
capo alla soc. Villa Sara dei beni confiscati che dovessero conte
nere, alla menzionata sentenza di non doversi procedere nei con
fronti dei Vercelloni (v. primo motivo) ed a quella di assoluzione
della Scicolone dal reato di esterovestizione (v. secondo motivo),
b) e circa la modalità di acquisto della proprietà di una collezione
d'arte, intesa dalla ricorrente come universalità di mobili (v. ter
zo motivo). 8. - Punto focale della causa è, dunque, lo stabilire se, nel
procedimento relativo all'incidente di esecuzione, non solo era
sorta una controversia sulla proprietà dei beni confiscati, ma che
la soluzione di essa poteva decidere la questione (di competenza del giudice penale) circa la confiscabilità di quei beni, nel qual caso soltanto assumerebbero rilievo le censure prospettate, fra
l'altro, con il primo ed il secondo motivo sub a) del ricorso e
la soluzione data dal giudice penale alla controversia sarebbe non
vincolante per il giudice penale e non ne precluderebbe la ripro
posizione dinanzi ad esso.
9. - Occorre considerare, al riguardo, che la misura di sicurez
za patrimoniale della confisca obbligatoria può essere applicata anche nel caso in cui il reato, al quale è collegata, sia estinto
per morte dell'imputato e che non è controversa, nel caso in esa
me, l'esistenza del reato come fatto storico. Ciò premesso, torna
applicabile il principio che la confisca obbligatoria di cui al n.
2 dell'art. 240 c.p. è impedita dalla dimostrazione che le cose
confiscate appartengono a persone estranee al reato e che la de
tenzione di esse può essere consentita mediante autorizzazione am
ministrativa.
Perché le norme sulla confisca obbligatoria siano derogate de
vono, pertanto, concorrere tra condizioni, costituite a) dall'estra
neità della persona al reato, b) dall'appartenenza a tale persona
delle cose confiscate e c) dalla possibilità dell'autorizzazione am
ministrativa; ed è evidente che l'eventuale controversia sulla pro
prietà non è risolutiva (e per ciò non può dirsi sorta in modo
rilevante), qualora faccia difetto un'altra delle suindicate condi
zioni. In particolare, non sarebbe necessario risolvere la contro
versia sulla proprietà (e in tal senso può dirsi che la questione
non sorge) quando si ritenga che, anche ammessa la proprietà
dei beni in capo al terzo che ne chieda la restituzione, questi
non possa ritenersi estraneo al reato. Al riguardo, la giurispru
denza di questa corte in sede penale è nel senso che l'estraneità
al reato è concetto diverso dalla estraneità al processo penale;
e che può ritenersi estraneo al reato soltanto chi risulti non aver
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2907 PARTE PRIMA 2908
avuto alcun collegamento, né diretto né indiretto, con la commis
sione del reato (sent. 15 gennaio 1979, n. 528), ossia soltanto
chi non vi abbia partecipato in alcun modo, con una qualsiasi attività di concorso o altrimenti, per qualsiasi ragione, connessa,
ancorché non punibile (sent. 3 aprile 1979, n. 3390), e non anche
il terzo il quale, pur risultando implicato nel reato, sia sfuggito al procedimento penale (sent. 17 marzo 1972, n. 1619).
10. - Che nel caso in esame la controversia sulla proprietà fos
se irrilevante ai fini della confiscabilità (obbligatoria), risulta dal
la sentenza impugnata, che non ignorava l'ordinanza con la qua le questa corte aveva rigettato il ricorso proposto contro il prov vedimento del giudice istruttore, che aveva rifiutato la restituzione
dei beni confiscati, essendo stata tale ordinanza prodotta nel giu dizio di merito dalla difesa erariale, che ad essa si è richiamata
anche nel controricorso.
Dimostrazione di tale ritenuta irrilevanza proviene dalla stessa
ricorrente, la quale, con il sesto motivo d'appello, aveva dedotto
che nessuna pronunzia sulla proprietà era stata emessa dal giudi ce penale e si trae con certezza dalla sentenza impugnata nella
parte in cui afferma che trattavasi di confisca obbligatoria (ciò del resto si desume dell'essere stata disposta con sentenza dichia
rativa di non doversi procedere e non è neanche contestato dalla
ricorrente); che dal giudice penale era stata accertata la non ri
correnza dei requisiti (tutti evidentemente) richiesti dall'art. 240, 2° comma, c.p. e che il diritto del terzo alla restituzione può scaturire solo da tale norma (la quale, come si è osservato, richie
de il concorso delle tre condizioni indicate).
Queste sono le ragioni per le quali la corte d'appello — pur attardandosi in considerazioni, non rilevanti ai fini della decisio
ne, circa la prova del diritto di proprietà dei beni in capo alla
società Villa Sara ed all'opponibilità alla Scicolone delle sentenze
pronunciate in sede penale (e pur indugiando nel confutare le
eccezioni d'incostituzionalità sollevate dalla Scicolone, che, per le stesse ragioni, erano prive di rilevanza) — ha esattamente rite
nuto che sarebbe stata inutile la remissione al giudice civile della
indagine in ordine alla titolarità dei beni, posto che nel corso
della procedura di cui all'art. 628 c.p.p. non era sorta alcuna
controversia sulla proprietà dei beni confiscati, che potesse rile
vare ai fini della confiscabilità, in quanto, evidentemente, alme
no una delle condizioni, necessarie perché possa derogarsi alla
obbligatorietà della confisca, non ricorreva.
Del resto, a prescindere dalla possibilità, o meno, di detenere
i beni, già confiscati, mediante autorizzazone amministrativa, delle
stesse allegazioni della ricorrente (sua proprietà dei beni; colloca
zione e successivo ritiro di essi presso la Banca commerciale ita
liana in deposito intestato alla società straniera Sostar; sua asso
luzione dal reato di esterovestizione in quanto non residente e
non perché non fosse proprietaria dei beni) è ragionevole presu mere che il giudice penale, avendo tenuto fermo il provvedimento di confisca in tutte le sedi adite dalla ricorrente stessa, non l'ab
bia ritenuta estranea al reato, nel senso poc'anzi precisato; circo
stanza, questa, sufficiente ad escludere, indipendentemente dalla
titolarità dei beni confiscati, una delle condizioni che devono con
correre perché se ne possa disporre la restituzione.
In conseguenza, tenuta ferma la confisca dei beni in forza di
provvedimenti ormai irrevocabili del giudice penale, e, quindi, l'attuale proprietà in capo allo Stato, la ricorrente non poteva rivendicarne la proprietà facendo valere un titolo anteriore alla
confisca o contestando, in sede civile, l'assoggettabilità di quei beni alla misura patrimoniale obbligatoria prevista dall'art. 240 c.p.
11. - Il rigetto delle censure fin qui esaminate toglie rilevanza
alle residue questioni di costituzionalità prospettate col sesto mo
tivo di ricorso.
12. - La sentenza impugnata, la cui motivazione va precisata e corretta nei sensi suindicati, dev'essere tenuta ferma ed i ricor
si, pertanto, devono essere rigettati.
Il Foro Italiano — 1989.
I
CORTE DI CASSAZIONE; sezione lavoro; sentenza 13 luglio
1988, n. 4150; Pres. Sandulli, Est. Marotta, P.M. Scala
(conci, parz. diff.); Principe (Avv. De Dona) c. Comune Roc cabascerana (Aw. Acone). Cassa Trib. Avellino 27 dicembre
1985.
Lavoro (rapporto) — Lavoro subordinato — Qualificazione —
Subordinazione — Estremi (Cod. civ., art. 2094, 2222).
Elemento essenziale del rapporto di lavoro subordinato è la su
bordinazione — intesa questa come vincolo personale di sogge
zione del prestatore al potere direttivo del datore di lavoro —
mentre altri elementi «caratteristici» del rapporto (quali l'og
getto della prestazione, l'inesistenza di una organizzazione im
prenditoriale in testa al prestatore, l'assenza di rischio del me
desimo ed altri) hanno valore secondario e, eventualmente, fun
zione sussidiaria ed indiziaria, restando, comunque, escluso che,
in difetto della subordinazione, gli altri elementi possano, da
soli, far qualificare il rapporto di lavoro come subordinato. (1)
li
CORTE DI CASSAZIONE; sezione lavoro; sentenza 25 febbraio
1987, n. 1714; Pres. Antoci, Est. Alicata, P.M. Visaixi (conci,
conf.); Bertone e altro (Avv. C.M. Barone, Barberio) c. Soc.
Dart Italia (Avv. Arcarese, Ruccellai, Borghi). Conferma Trib. Milano 19 gennaio 1985.
Lavoro (rapporto) — Lavoro subordinato e autonomo — Criteri
discretivi — «Nomen iuris» usato dalle parti — Rilevanza —
Limiti — Fattispecie (Cod. civ., art. 2094, 2222).
Pur essendo la subordinazione — intesa questa come vincolo per sonale di soggezione del prestatore al potere direttivo del dato
re di lavoro, inerente all'intrinseco svolgimento delle prestazio ni lavorative e non già al loro risultato — l'elemento essenziale
del rapporto di lavoro subordinato (mentre altri elementi han
no portata non decisiva ma sussidiaria), non può essere, tutta
via, negata rilevanza al nomen iuris usato dalle parti, nell'eser
cizio della loro autonomia contrattuale, ove non si dimostri
che, contrariamente alla dichiarazione delle parti di volere esclu
dere la subordinazione, tale elemento si sia di fatto realizzato
nel concreto svolgimento del rapporto (nella specie, la corte
ha confermato la sentenza impugnata, che aveva negato la su
bordinazione — in conformità della dichiarazione delle parti, non contraddetta dalla prova contraria — alla prestazione d'o
pera svolta per l'attuazione del sistema di vendita c.d. home
party pian). (2)
III
PRETURA DI MILANO; sentenza 7 ottobre 1988; Giud. Cano
sa; Patrucchi e Bocconi (Avv. Tancredi) c. Ispettorato pro vinciale del lavoro di Milano.
Lavoro (rapporto) — Lavoro subordinato ed autonomo — Crite
ri discretivi — Prestazione dei c. d. «pony express» — Natura
subordinata (Cod. civ., art. 2094, 2222).
Ha natura subordinata la prestazione lavorativa resa, con l'im
piego di mezzo proprio, da motociclisti addetti al ritiro e reca
pito di plichi (c.d. «pony express»), non rilevando, in contra
rio, né la breve durata del rapporto, né la possibilità di rifiuta re l'esecuzione delle prestazioni lavorative richiamate e, peraltro, sussistendo un controllo sui prestatori, sia pure a distanza (me diante contatto radio). (3)
(1-2) Su subordinazione e autonomia del rapporto di lavoro, v. Cass. 24 gennaio 1987, n. 685, Foro it., 1988, I, 220, con nota L. Turci Ca
stelvetri; 1° marzo 1984, n. 1457, id., 1985, I, 1486, con nota di richiami.
(3) Sulla natura subordinata delle prestazioni dei c.d. «pony express», v., in senso conforme alla sentenza in epigrafe, Cass. 21 marzo 1989, Tavazzani, Foro it., 1989, II, 462, con nota di richiami. In senso contra
rio, Trib. Milano 10 ottobre 1987 e Pret. Milano 20 dicembre 1988, ibid., I, 2632, con nota di richiami.
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