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PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE || Sezione I civile; sentenza 9 maggio 1979, n....

Date post: 27-Jan-2017
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Sezione I civile; sentenza 9 maggio 1979, n. 2657; Pres. Santosuosso, Est. Zappulli, P. M. Cammarota (concl. conf.); Prefetto di Bari c. Grilli. Conferma Pret. Corato 12 febbraio 1976 Source: Il Foro Italiano, Vol. 103, PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE (1980), pp. 187/188-189/190 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23171843 . Accessed: 28/06/2014 08:21 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 193.105.245.33 on Sat, 28 Jun 2014 08:21:55 AM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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Sezione I civile; sentenza 9 maggio 1979, n. 2657; Pres. Santosuosso, Est. Zappulli, P. M.Cammarota (concl. conf.); Prefetto di Bari c. Grilli. Conferma Pret. Corato 12 febbraio 1976Source: Il Foro Italiano, Vol. 103, PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE(1980), pp. 187/188-189/190Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23171843 .

Accessed: 28/06/2014 08:21

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PARTE PRIMA

ne — quale è sollevata nel ricorso — che si deve rivolgere l'esa me di questa Suprema corte.

Appare al collegio che la statuizione censurata è sotto vari

profili erronea.

Lo è anzitutto per un'errata configurazione dell'istituto del'a

pensione di riversibilità in regime di assicurazione generale obbli

gatoria. allorché considera che la morte dell'assicurato-pensionato costituisca elemento proprio della fattispecie in questione, e che la disciplina applicabile sia quella vigente, appunto, al momento del'a morte del pensionato stesso.

Il tribunale non ha considerato che elemento proprio della

fattispecie non è, e mon può essere, l'evento della morte del

pensionato, ma la qualità o posizione di superstite del destinata rio del trattamento di riversibilità: qualità che deriva, ovviamen

te, non dalla legge, ma dall'evento naturale del decesso di altra

persona. La legge può attribuire determinati effetti a tale qualità o po

sizione naturaliter determinatasi e, ciò facendo, presuppone, di

necessità, l'evento che d'ha determinata, che funziona quale im

plicito presupposto storico-materiale, rispetto al quale non ha

alcuna rilevanza il momento nel quale esso si è verificato o si

verificherà, salvo che la legge stessa intenda espressamente con ferire rilevanza a tale momento.

La questione appariva, poi, di tutta evidenza nella normativa che il tribunale era chiamato ad applicare. Infatti, in virtù del ricordato 2° comma dell'art. 18 legge n. 1047 del 1957, la vedova del pensionato aveva già diritto sia pure condizionato alla pen sione di riversibilità, onde la sua posizione di « superstite » era

già presa in considerazione a tali fini ed essa era già virtualmente destinataria della pensione ove fossero sussistite determinate con

dizioni, tra le quali la non titolarità di altra pensione. La suc

cessiva legge n. 613 del 1966 rimosse tale ultima condizione, ed

era appunto questa la circostanza che l'attrice faceva valere in

questa controversia. Ne conseguiva ohe ogni considerazione circa

il momento del decesso del coniuge pensionato-diretto rispetto alla

vigenza della legge n. 613 del 1966 era del tutto irrilevante ai fini

della decisione, dacché sin da quel momento l'attrice predetta era

potenzialmente soggetto del rapporto giuridico previdenziale, al

cui perfezionamento ostava solo la sua qualità di titolare di pen sione diretta. Rapporto che sarebbe venuto automaticamente a

perfezionarsi quando la legge avesse rimosso quella condizione

ostativa, cosi come si sarebbe comunpue perfezionato quando quella condizione stessa per qualsiasi motivo fosse venuta a ces

sare.

Del resto, sull'aspetto generale della questione, questa Suprema corte aveva avuto già occasione di svolgere approfondito esame

con la sentenza n. 1083 del 1972 (Foro it., 1972, I, 2852), dalla

quale, in questa causa, il primo giudice perspicuamente e dili

gentemente aveva tratto le ragioni del suo convincimento, immo

tivatamente poi disattese dal tribunale.

In quella sentenza si era conclusivamente ritenuto che l'evento della morte, il quale conclude, esaurendola, la vicenda del rap porto assicurativo previdenziale pertinente al de cuius, rimane esterno alla genesi del rapporto di riversibilità, anche se non estra

neo per ciò che ne rende possibile l'attuazione.

E si era chiarito che è solo con riguardo al primo aspetto del l'unico evento costituito dalla morte dell'assicurato che assume

rilevanza la normale irretroattività delle successive modifiche del

la precedente disciplina (salva diversa disposizione); viceversa

quel principio non subisce deroga sia nel caso che il rapporto di

riversibilità abbia avuto origine, nella ricorrenza di tutti gli ele menti costitutivi, fin dal momento dell'estinzione, per morte, del

rapporto precedente, sia nel caso in cui insorga in un momento

successivo e cioè quando, sussistendo il presupposto della mor

te dell'assicurato, vengano a maturare le componenti della nuova

fattispecie normativa: e ciò «perché, in entrambi i casi, ilo ius

superveniens, disponendo appunto in ordine al compimento della

fattispecie considerata od al completamento di quella in con

tinenti, ne attua la disciplina per l'avvenire, non estendendo i

propri effetti giuridici ad un fatto preterito (ancorché possa coin

volgere gli stessi criteri di accertamento del diritto e di determi nazione del trattamento pensionistico non previamente attuati nei

diretti confronti dell'assicurato per l'intervenuta estinzione del rap porto al medesimo pertinente: sent. 3795/69, id., Rep. 1970, voce Previdenza sociale, n. 514).

Con riguardo al sistema positivamente attuato in materia, quella sentenza, citando le varie fonti legislative, dimostrava come nei

singoli provvedimenti succedutisi si era adottato cosi il criterio di accordare il trattamento di riversibilità nel solo caso in cui la

morte dell'assicurato si fosse verificata nella vigenza del provve dimento stesso, come l'altro — opposto — che accordava il trat

tamento anche a posizioni pensionistiche (o di pensionabilità) ed

assicurative pertinenti ad assicurati deceduti in epoca remota:

talché si concludeva trattarsi dell'esercizio di una scelta socio

politica pur dovendosi precisare essere sempre più affermata la

preminenza del!a scelta nel secondo dei sensi indicati.

A conferma di queste considerazioni converrà qui aggiungere come il legislatore, allorché ha voluto che il trattamento di river sibilità decorresse solo quando l'assicurato fosse deceduto dopo l'entrata in vigore del provvedimento, ha ritenuto di doverlo chia

ramente esplicitare (cfr. art. 5 legge n. 153 del 1969). Si deve quindi concludere ohe il ricorso è fondato, in relazione

ai motivi sin qui esaminati.

Quanto al restante quinto motivo, con il quale si invoca l'art.

2 ter legge 16 apri'e 1974 n. 114, si osserva che l'argomento è

dedotto dal ricorrente più come elemento di ulteriore rafforza

mento della sua tesi che per necessità di dimostrazione.

Si osserva, comunque, al riguardo, che l'esame dell'articolo ci

tato non potrebbe essere condotto se non secondo lo schema 'o

gico-giuridico già esposto e quindi1 consisterebbe in una non

utile ripetizione di esegesi. .La sentenza deve essere quindi cassata e la causa rinviata per

nuovo esame ad altro giudice che nell'interpretazione dell'art. 21, 4° comma, legge n. 613 del 1966 si atterrà al principio di diritto

che risulta da quanto sinora considerato, cioè che, ricorrendo le

condizioni previste, la pensione di riversibilità spetta ai super stiti contemplati dat detta norma anche in relazione ad eventi di

morte dell'assicurato anteriori alla entrata in vigore della legge

predetta. Il giudice di rinvio provvedere anche sulle spese del presente

giudizio di cassazione.

Per questi motivi, ecc.

CORTE DI CASSAZIONE; Sezione I civile; sentenza 9 maggio 1979, n. 2657; Pres. Santosuosso, Est. Zappulli, P.M. Cam

marota (conci, conf.); Prefetto di Bari c. Grilli. Conferma Pret.

Corato 12 febbraio 1976.

Circolazione stradale — Divieto nei giorni festivi — Contrav

venzione — Illegittimità — Fattispecie (D. 1. 23 novembre

1973 n. 741, sanzioni per l'inosservanza di divieti di circola

zione nei giorni festivi, art. 1; d. pres. 15 giugno 1959 n. 393, t. u. delle norme sulla circolazione stradale, art. 4; r. d. 3

marzo 1934 n. 383, t. u. legge comunale e provinciale, art. 82).

È illegittimo il provvedimento prefettizio che irroga una san

zione amministrativa pecuniaria per la contravvenzione al di

vieto di circolazione nei giorni festivi, se l'ordinanza del sin

daco, che prevede il divieto, non è stata pubblicata per quindici

giorni all'albo pretorio. (1)

La Corte, ecc. — Svolgimento del processo. — Con verbale

redatto il 30 dicembre 1973 i vigili urbani di Corato contesta

rono a Luigi Grilli la violazione dell'art. 1 d. 1. 23 novembre

1973 n. 741 per avere circolato nell'ambito di quel comune gui dando un autoveicolo nonostante il divieto di circolazione di au

tomezzi nei giorni festivi sancito da quel decreto. In seguito a

ciò, il prefetto di Bari, con ordinanza 24 marzo 1975 emessa ai

sensi dell'art. 9 legge 3 maggio 1967 n. 317, ingiunse al Grilli di

pagare la sanzione pecuniaria di lire 400.000 per la violazione

della citata norma.

Il Grilli propose opposizione innanzi il Pretore di Corato, con

ricorso notificato al suddetto prefetto insieme al. decreto di con

vocazione il 5 maggio 1975, deducendo l'illegittimità di quel l'ordinanza perché alla data del fatto contestato non era stata

ancora pubblicata mediante affissione nell'albo pretorio l'ordi

nanza del sindaco di Corato n. 82/73, statuente il divieto di

(1) In termini, Cass. 5 febbraio 1979, n. 744, Foro it., Mass., 164, citata in motivazione, nonché Cass. 10 aprile 1979, n. 2051, ibid., 437 (quest'ultima ha escluso che il divieto debba essere pubbli cizzato con segnali stradali).

Sulla necessità di pubblicazione all'albo pretorio, per quindici giorni, delle ordinanze del sindaco, che abbiano carattere di generalità, non vi sono precedenti; l'orientamento in senso positivo appare, però, fondato, ove si consideri che ordinanze del genere sono norme secon darie (A. M. Sandulli, Manuale dir. amm., 1974, 351; Gasparri, Il

potere di ordinanza in materia di circolazione stradale, in Riv. amm., 1966, I, 589) e che sussiste un principio costituzionale che impone la

pubblicazione degli atti normativi, nonché un principio generale che

impone un vincolo giuridico tra la pubblicazione e l'entrata in vigore degli stessi (Pizzorusso, La pubblicazione degli atti normativi, 1963, 74).

Per riferimenti sul potere di ordinanza del sindaco ex art. 4 codice della strada, T.A.R. Lazio, Sez. II, 30 aprile 1975, n. 130, Foro it., 1976, III, 189, con nota di richiami.

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

circolazione per gli automezzi nel territorio comunale e non

era stata resa nota in altri modi né mediante segnali nelle strade

di quel comune.

Il prefetto convenuto si costituì, chiedendo il rigetto dell'op posizione.

Il pretore adito, con sentenza 12 febbraio 1976, dichiarò l'il

legittimità di quell'ordinanza prefettizia perché, alla data di ac certamento dell'infrazione in questione, il provvedimento di di

vieto del sindaco competente, come da certificato esibito dall'op

ponente, non era stato affisso nell'albo pretorio nelle forme di cui all'art. 62 t. u. approvato con r. d. 3 marzo 1934 n. 383, né,

comunque, risultava che fosse stato reso noto in altro modo o con segnali nelle strade.

Il suddetto prefetto ha proposto ricorso per cassazione con unico motivo; il Grilli non ha svolto alcuna attività difensiva.

Motivi della decisione. — Il prefetto ricorrente ha censurato la sentenza impugnata, con l'unico motivo del ricorso, per viola zione degli art. 1 d. 1. 23 novembre 1973 n. 741, 3, 1° comma, e

4, 1° comma, d. pres. 15 giugno 1959 n. 393 (codice stradale), 82 t. u. della legge provinciale e comunale approvato con r. d. 3 marzo 1934 n. 383 e 21 legge 9 luglio 1947 n. 530, 115 cod.

proc. civ., per avere dichiarato illegittima l'ordinanza prefetti zia di sanzione amministrativa in base alla ritenuta mancata ope ratività (rectius esecutività) delle prescrizioni e dei divieti con tenuti nell'ordinanza del sindaco di Corato 30 novembre 1973 n. 82/73, relativi alla circolazione stradale perché non resi noti

agli utenti stradali mediante adeguate forme di pubblicità. Ha sostenuto il ricorrente che il provvedimento doveva ritenersi reso noto « mediante comunicati nella stampa e per radio, mezzi più che idonei allo scopo, a prescindere dalla generale notorietà della attuazione in tutte le province », tanto più che il citato d. 1. del 1973 era stato pubblicato nella Gazzetta ufficiale e non poteva essere ignoto.

Il motivo è infondato. Invero, va preliminarmente posta in rilievo la distinzione, e addirittura la contrapposizione, tra il citato art. 1 d.l. n. 741 del 1973 e il provvedimento del sindaco di Corato statuente l'espresso divieto di circolazione nelle stra de di proprietà di quel comune. La suddetta norma legislativa statale, infatti, si è limitata, con il carattere di una norma san zionatoria in bianco analoga all'art. 650 cod. pen. del campo pro priamente penale, a stabilire l'applicabilità della sanzione pecu niaria da lire 100.000 a lire 1.000.000 a carico di «chiunque non osserva i provvedimenti che dispongano i divieti di circolazione nei giorni festivi dei veicoli a motore... », mentre i singoli men zionati provvedimenti limitatori sono stati lasciati alla compe tenza generale dei prefetti e dei sindaci loro attribuita rispetti vamente agli art. 3 e 4 d. pres. 19 giugno 1959 n. 393.

Il legislatore italiano, per le note esigenze delle riduzioni dei rifornimenti petroliferi nel quadro di una solidarietà europea e di una comune difesa economica con analoghe restrizioni di

sposte in altri Stati, nella propria scelta politica non ha ritenuto di modificare con nuove norme le suddette attribuzioni di poteri regolatori della circolazione stradale agli organi provinciali sta tali e ai comuni, ma si è limitato ad aumentare le sanzioni per le infrazioni ai divieti e limiti che quelle autorità, sulla base di direttive delle amministrazioni competenti, avessero emesso con i rispettivi adattamenti alle esigenze locali.

Conseguentemente la norma regolatrice degli utenti stradali motorizzati e limitatrice nei loro diritti di circolazione non era il citato decreto legge, istitutivo delle nuove sanzioni pecuniarie, ma il singolo provvedimento emesso dall'autorità competente in virtù dei poteri attribuiti dai citati art. 3 e 4 cod. stradale.

A causa di tale distinzione l'avvenuta pubblicazione della ci tata legge statale nella Gazzetta ufficiale, e la sua effettiva cono scenza da parte del singolo utente stradale, sono del tutto ir rilevanti al fine dell'applicazione della relativa sanzione quando il provvedimento amministrativo del quale è contestata l'infra zione non sia stato precedentemente emesso o non sia ancora divenuto esecutivo.

Giova osservare che, pur in via ipotetica, non poteva escluder si che qualche comune avesse omesso o ritardato di emettere

quei provvedimenti, cosi come, d'altra parte, il loro contenuto variava secondo le rispettive esigenze e valutazioni, mentre le condizioni per la loro efficacia, in assenza di norme speciali, non

potevano essere se non quelle prescritte per le singole rispettive categorie anche per la relativa pubblicazione.

Ciò premesso, per le ordinanze dei sindaci va applicato l'art. 21 legge 9 giugno 1947 n. 530, il quale, nel modificare l'art. 52 t. u. della legge provinciale e comunale approvata con il r. d. 3 marzo 1934 n. 383, ha statuito che ogni comune deve avere un albo pretorio « per la pubblicazione delle deliberazioni, delle

ordinanze, dei manifesti e degli atti che debbono essere portati a conoscenza del pubblico » e che le deliberazioni del consi

glio comunale, come i regolamenti, ai quali sono assimilabili per il loro contenuto generale e normativo le ordinanze del sindaco

emesse in virtù dell'art. 4 del cosiddetto codice stradale, devono

essere pubblicate nei giorni e nella durata ivi stabiliti. Pertan to. in assenza di tale pubblicazione obbligatoria, quei provvedi menti delle autorità comunali, noti o ignoti per gli interessati, non conseguono l'esecutività e restano inefficaci, così come già affermato da questa Suprema corte per le deliberazioni istitu tive dell'imposta sull'incremento di valore delle aree fabbri cabili (Cass. 25 novembre 1977, n. 5139, Foro it., Rep. 1977, voce Tributi locali, n. 241), e recentemente, proprio per analo

ga controversia relativa al divieto di circolazione previsto dalla citata legge del 1977 su ricorso del medesimo prefetto di Bari

(Cass. 5 febbraio 1979, n. 744, id.,' Mass., 164), nonché, per vari

regolamenti e deliberazioni, dal Consiglio di Stato (dee. 4 feb braio 1961, n. 42, id., Rep. 1961, voce Giustizia amministrativa, n. 226; 12 marzo 1968, n. 268, id., Rep. 1968, voce Piano regola tore, n. 615; 25 maggio 1976, n. 363, id., Rep. 1976, voce Co

mune, n. 183). Nell'assenza della precedente pubblicazione dell'ordinanza del

sindaco tra l'altro non indicata nel verbale di accertamenti e re lativa al divieto di circolazione, l'ordinanza stessa non era ese cutiva e quel divieto non poteva trovare applicazione. Né, per l'obbligatorietà della suddetta pubblicazione nell'albo pretorio, potevano valere altre forme di pubblicità dell'ordinanza stessa, o le comunicazioni generali per radio e stampa, che, tra l'altro, dalle stesse deduzioni del ricorrente, appaiono avvenute per la norma generale contenuta nel citato decreto legge, e non per il

provvedimento del sindaco, onde il ricorso va rigettato. Per questi motivi, ecc.

CORTE DI CASSAZIONE; Sezioni unite civili; sentenza 27 apri le 1979, n. 2429, Pres. G. Rossi, Est. Scanzano, P. M. Gambo gi (conci, conf.); Soc. Compagnia generale costruzioni - Co.

ge.co. (Avv. A. Lupoi) c. Piersanti (Avv. Ventura). Regola mento di giurisdizione.

Arbitrato e compromesso — Controversia avanti il pretore tra lavoratore e imprenditore italiani — Clausola compromissoria per arbitrato estero — Deduzione — Compromettibilità della

questione — Accertamento — Applicabilità della legge italiana — Fattispecie (Legge 19 gennaio 1968 n. 62, adesione alla con venzione per il riconoscimento e l'esecuzione delle sentenze arbi trali straniere, adottata a New York il 10 giugno 1958 e sua esecuzione, art. 2, 5).

Arbitrato e compromesso — Controversie individuali di lavoro — Clausola compromissoria per arbitrato rituale estero — De

roga alla giurisdizione italiana — Esclusione (Cod. proc. civ., art. 806, 808).

Se nella controversia avanti il giudice nazionale tra lavoratore e imprenditore italiani quest'ultimo deduca la esistenza della clau sola compromissoria (inserita nel contratto di lavoro, regola to, per volontà dei contraenti, dalla legge saudita) che deman da ad arbitro da nominarsi a Gedda la definizione di ogni questione relativa al contratto e venga in discussione la

possibilità di deferire alla cognizione arbitrale la controver sia, la sua compromettibilità deve essere accertata, in mancan za di specifiche previsioni al riguardo nella convenzione di New York 10 giugno 1958, in base alla legge del giudice la cui

giurisdizione è contestata alla stregua di quella clausola com

promissoria. (1) Le controversie individuali di lavoro non possono formare ogget

to di clausola compromissoria per arbitrato rituale estero, non

prevista in contratti o accordi collettivi, che precluda la giuris dizione dell'autorità giudiziaria italiana. (2)

(1-2) Le sezioni unite, con la riportata sentenza e la coeva n. 2430 (est. Scanzano), Foro it., Mass., 496, per esteso in Giur. it., 1979, I, 1, 1976, con nota di G. Franchi, Arbitrabilità all'estero delle con troversie di lavoro, dopo aver definito clausola compromissoria per arbitrato rituale estero quella presa in considerazione (con la quale lavoratore e datore di lavoro italiani avevano stabilito, all'atto della conclusione del contratto di lavoro che prevedeva la esecuzione in Arabia Saudita delle prestazioni del primo, di assoggettare alla legge di questo paese il rapporto cosi instaurato, contestualmente deman dando al console italiano di Gedda il compito di nominare un arbi tro cui devolvere ogni controversia relativa alla validità, all'esecu zione od all'interpretazione del contratto medesimo [G. Franchi, nella nota citata, sostiene, invece, che l'arbitrato in questione sareb be un arbitrato nazionale e non estero « in quanto soggetto a im pugnazione dinanzi al Tribunale di Roma e sottratto alla delibazione

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