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Sezione I civile; sentenza 12 aprile 1979, n. 2154; Pres. Aliotta, Est. Santosuosso, P. M. La Valva(concl. conf.); Zanutel (Avv. Orru, Forner) c. Min. interno (Avv. dello Stato Caramazza).Conferma App. Venezia 22 settembre 1975Source: Il Foro Italiano, Vol. 103, PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE(1980), pp. 193/194-195/196Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23171845 .
Accessed: 25/06/2014 01:12
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
legge di esso giudice, il quale appunto solo in base al suo ordi
namento (in cui è inserita e con il quale va coordinata anche la
convenzione internazionale ratificata) può spogliarsi della giuris dizione.
Più chiaramente, l'art. 5, n. 2/a, della stessa convenzione di
spone che il riconoscimento e l'esecuzione di una sentenza arbi
trale potranno essere rifiutati se l'autorità competente del paese, ove il riconoscimento e l'esecuzione sono richiesti, accerta che, secondo la legge di questo paese, l'oggetto della controversia non
può essere deciso in sede arbitrale. Con quest'ultima espressione, va subito precisato, la convenzione fa riferimento al requisito della (non) compromettibilità; e non a ragioni attinenti all'ordine
pubblico, giacché la conformità all'ordine pubblico, come condi
zione del riconoscimento, è espressamente e separatamente pre vista (art. 5, n. 2, lett. b).
Orbene, se il requisito della compromettibilità è condizione
anche del riconoscimento e dell'esecuzione della sentenza arbitra
le, e se per espressa norma della convenzione esso, a quei fini, va valutato in base all'ordinamento di appartenenza del giudi ce cui il riconoscimento e l'esecuzione sono domandati, sarebbe
incongruo ritenere che il requisito medesimo, ai fini dell'accerta
mento della competenza giurisdizionale, debba essere valutato in
base ad un ordinamento diverso. Vero è che l'art. 2, n. 1, e l'art.
5, n. 2/a, della convenzione hanno una diversa destinazione e
considerano il requisito in parola con riferimento a momenti ed
aspetti distinti della funzione della clausola compromissoria o
del compromesso.
L'interprete deve però coordinare le due disposizioni e, leg
gendo la prima alla luce della seconda, concludere che nell'ambi
to di uno stesso ordinamento la legge applicabile in ciascuno dei
due momenti deve essere identica, perché altrimenti all'interno
di esso la parte vittoriosa potrebbe finire col rimanere priva di
tutela. Ciò appunto si verificherebbe, nella specie, se il giudice italiano, nel momento della cognizione declinasse la giurisdizione e si spogliasse della domanda del Piersanti ritenendo compromet tibile la controversia alla stregua di un ordinamento diverso da
quello italiano, ed in un secondo momento negasse allo stesso
Piersanti (in ipotesi vittorioso) il riconoscimento della senten
za arbitrale, escludendo sulla base del nostro ordinamento la
compromettibilità prima riconosciuta. Deve dunque ritenersi, ri
guardo all'accertamento della compromettibilità, che se è la legge del giudice adito per il riconoscimento della sentenza arbitrale
quella che in tale sede rileva, deve essere la legge del giudice adito per il merito quella che rileva agli effetti della pronunzia sulla competenza giurisdizionale.
È stato osservato in sede di discussione che, se le disposizioni in esame dovessero essere cosi coordinate ed interpretate, la se
conda risulterebbe puramente ripetitiva della prima e quindi su
perflua. Ma l'obiezione è superabile: la precisazione contenuta
nell'art. 5, n. 2/a, appare necessaria con riferimento all'ipotesi che venga chiesto il riconoscimento della sentenza arbitrale (col relativo previo giudizio sulla compromettibilità) di uno Stato di
verso da quello il cui giudice si è spogliato della controversia,
per averla ritenuta compromettibile secondo il proprio ordina
mento (eventualmente recante una diversa disciplina sul punto), cosi consentendo che avesse luogo il giudizio arbitrale all'estero.
Con le considerazioni svolte rimane confutato anche l'assunto
sostenuto, particolarmente nella discussione ed anche con richia
mo di giurisprudenza straniera, dalla Co. ge. co., secondo cui, per
garantire l'uniformità dell'applicazione della convenzione di New
York in tutti gli Stati contraenti, il requisito della comprometti bilità dovrebbe essere valutato in base all'ordinamento interna
zionale e precisamente in base ai principi primi che costituisco
no l'ordine pubblico internazionale.
Può aggiungersi che, a parte il rilievo che la giurisprudenza richiamata — prevalentemente anteriore, peraltro, all'entrata in
vigore della convenzione di New York — esamina il problema della compromettibilità con riferimento alla qualità di una delle
parti (problema espressamente considerato poi dall'art. 11/1 del
la convenzione di Ginevra 21 aprile 1961 sull'arbitrato commer
ciale) e non alla natura della controversia, ed a parte ogni legit timo dubbio sulla idoneità del credito suggerito, ai fini dell'au
spicata uniformità, tale criterio è anche estraneo sia al protocol lo di Ginevra 24 settembre 1923 relativo alle clausole di arbitra
to in materia commerciale, sia alla citata convenzione europea sull'arbitrato commerciale internazionale firmata a Ginevra il 21
aprile 1961, che entrambe anzi depongono nel senso della tesi
qui accolta.
E, invero, l'art. 4 del detto protocollo, dopo aver disposto che
i tribunali degli Stati contraenti, in presenza di una clausola
compromissoria valida, rimetteranno le parti, a richiesta di una
di esse, avanti al collegio arbitrale, aggiunge, al secondo comma,
Il Foro Italiano — 1980 — Parte 1-13.
che tale rinvio non pregiudica la competenza del tribunale, nel
caso in cui, per qualsiasi motivo, il compromesso, la clausola
compromissoria e l'arbitrato non siano validi o efficaci. Sembra
chiaro che il tribunale la cui competenza è lasciata impregiudi cata decide, circa la invalidità o inefficacia della clausola, o del
compromesso (e quindi anche dalla compromettibilità della con
troversia), alla stregua della propria legge, la relativa questione concernendo un elemento condizionante la sua competenza.
L'art. VI/2 della convenzione del 21 aprile 1961, poi, dopo aver
indicato la legge applicabile riguardo al giudizio sulla validità
o l'inesistenza di una convenzione d'arbitrato, facendo riferimen
to a leggi nazionali, e non al criterio invocato dalla Co. ge. co.,
dispone, espressamente all'ultimo paragrafo, che « il giudice in
vestito potrà non riconoscere la convenzione d'arbitrato qualora secondo la legge del foro la controversia in questione non possa essere sottoposta all'arbitrato».
Sono, questi, argomenti di ordine storico la cui importanza non può essere sottovalutata.
Deve stabilirsi dunque in base alla legge italiana se la con
troversia sottoposta alla cognizione del pretore sia comprometti bile in arbitrato.
La risposta negativa non dà luogo a dubbio.
In proposito conviene premettere che quello previsto dalla
clausola compromissoria pattuita fra le parti è un arbitrato ri
tuale, ciò desumendosi dall'obbligo, fatto all'arbitrato, di osserva
re le norme processuali della legge del luogo, e soprattutto dalla
qualificazione di « sentenza » data alla sua pronunzia. "È chiaro, in tal modo, che questa sarebbe destinata a vincolare le parti su
un piano giurisdizionale e non su un piano negoziale: cioè, co
me una decisione riconducibile, formalmente e sostanzialmente, alla volontà dell'arbitrato e non alla volontà delle parti.
Detto questo, va osservato che la domanda del Piersanti è di
retta ad ottenere l'applicazione dell'art. 1 legge 15 luglio 1966
n. 604 sui licenziamenti individuali. Tale legge devolve al pre tore le controversie derivanti dalla sua applicazione (art. 5, ult.
comma), e consente che esse vengano definite consensualmente mediante « arbitrato irrituale » (art. 7, ult. comma), con esclu
sione, quindi, dell'arbitrato rituale. Tale norma non è modificata
dall'art. 18 dello statuto dei lavoratori (legge 20 maggio 1970 n.
300), che disciplina pili specificamente il contenuto del provve dimento del giudice ed il contenuto delle obbligazioni risarcitone
poste a carico del datore di lavoro. Ma anche le norme poste, in
tema di arbitrato, dal codice di procedura civile, pur con le mo
dificazioni ed integrazioni introdotte dalla legge 11 agosto 1973
n. 533, conducono allo stesso risultato riguardo alle controver sie individuali di lavoro in genere.
Ed invero, il generale divieto di compromesso deriva, per esse, dall'art. 806 cod. proc. civ. che è rimasto modificato solo nel
senso che il riferimento, in esso contenuto, all'art. 429 deve in
tendersi fatto ora all'art. 409, perché è quest'ultimo, e non il
primo, che nel nuovo testo del detto codice indica le controversie
individuali di lavoro. Gli art. 4 e 5 legge n. 533/73 attenuano il
divieto, disponendo che, per tali controversie, sia l'arbitrato ri
tuale che quello irrituale (salvo il caso che quest'ultimo sia pre visto dalla legge) sono ammessi solo quando previsti nei contratti
e accordi collettivi, purché ciò avvenga senza pregiudizio della
facoltà delle parti di adire l'autorità giudiziaria. Essi perciò com
portano sempre e comunque che, secondo il principio espresso dall'art. 806 cod. proc. civ., le dette controversie non possono es
sere materia di compromesso o clausola compromissoria preclu sivi della giurisdizione o della competenza dell'autorità giudizia ria. E tale sarebbe, appunto, la clausola invocata dalla Co.ge.co.: la quale, quindi, non è idonea a sottrarre la controversia al giu dice che è stato adito, anche perché non risulta che essa trovi riscontro comunque in contratti o accordi collettivi.
L'accertata infondatezza dell'istanza di regolamento importa la condanna della società ricorrente alle spese del presente giu dizio.
Per questi motivi, ecc.
CORTE DI CASSAZIONE; Sezione I civile; sentenza 12 apri le 1979, n. 2154; Pres. Aliotta, Est. Santosuosso, P. M.
La Valva (conci, conf.); Zanutel (Avv. Orru, Forner) c.
Min. interno (Aw. dello Stato Car am azza). Conferma App. Venezia 22 settembre 1975.
Delibazione — Convenzione dell'Aja del 1958 — Data di en
trata in vigore (Legge 4 agosto 1960 n. 918, ratifica ed esecu
zione della convenzione sulla legge applicabile alle obbliga zioni alimentari nei riguardi dei figli minori, conclusa all'Aja
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PARTE PRIMA
il 24 ottobre 1956, e della convenzione concernente il ricono
scimento e l'esecuzione delle sentenze sugli obblighi alimen
tari verso i figli minori, conclusa all'Aja il 15 aprile 1958: con
venzione del 1958, art. 12).
L'art. 12 della convenzione dell'Aja del 15 aprile 1958, sul
riconoscimento e sull'esecuzione della sentenza straniera in tema di obblighi alimentari verso i minori, il quale stabilisce che « la présente convention ne s'applique pas aux décisions
rendues avant son entrée en vigueur », va interpretato nel
senso che l'applicazione della suddetta convenzione è subor
dinata alla sua entrata in vigore per lo Stato al quale si chie de il riconoscimento della sentenza straniera, non già per lo
Stato in cui fa sentenza è stata resa; può pertanto essere de
libata in Italia la sentenza svedese emanata in data anterio
re alla entrata in vigore della convenzione per la Svezia, ma
posteriormente all'entrata in vigore della convenzione per l'Italia. (1)
La Corte, ecc. — Svolgimento del processo. — L'amministrazio
ne dell'interno dello Stato italiano, quale istituzione interme
diaria agente ai sensi della convenzione di New York del 20
giugno 1956 ed altresì' in forza di procura speciale conferita dal
la cittadina svedese Maivor Elisabeth Nilson, con atto di ci
tazione 23 marzo 1973 conveniva in giudizio Angelo Zanutel per sentir dichiarare dalla Corte d'appello di Venezia l'efficacia in
Italia della sentenza 13 aprile 1962, con la quale il Tribunale di
Stoccolma, premesso che lo Zanutel doveva ritenersi padre na
turale di Mariana Elisabeth nata dalla" predetta Nilsson il 4 no
vembre 1961, lo condannava a pagare la somma una tantum di
300 corone a favore dell'attrice e l'assegno mensile di 83 corone
a favore della figlia fino al compimento del suo 18° anno di età.
Il convenuto, costituendosi, deduceva che nella specie man
cavano i requisiti per far luogo alla delibazione della sentenza
straniera e chiedeva che, comunque, la corte d'appello proce desse al riesame del merito, ai sensi dell'art. 798 cod. proc. civile.
In accoglimento della domanda dell'amministrazione, la cor
te d'appello, pur riconoscendo che la convenzione dell'Aja del
15 apri'.e 1958 (resa esecutiva in Italia con legge 4 agosto 1960
n. 918) e stata ratificata dalla Svezia il 31 dicembre 1965, dopo l'emanazione della sentenza in questione, rilevava che dalla
interpretazione degli art. 12 e 16 della menzionata convenzione
risultava che la stessa è entrata in vigore sessanta giorni dopo il deposito del quarto strumento di ratifica, e che tale unico ter
mine, per appagare esigenze di certezza del diritto e di parità
di trattamento, vale uniformemente per tutti gli Stati aderenti,
anche nei confronti degli Stati che abbiano ratificato l'accordo
successivamente. Riteneva, inoltre, la corte d'appello che Jo
Zanutel risultava ritualmente e tempestivamente citato dinan
zi al Tribunale di Stoccolma e ohe detto convenuto non aveva
addotto alcuna plausibile 'giustificazione alla sua contumacia,
limitandosi a scrivere una lettera, di cui il Tribunale di Stoc
colma aveva tenuto conto. Rilevava, infine, che la predetta convenzione dell'Aja vieta il riesame nel inerito in questo spe ciale procedimento di delibazione.
Lo Zanutel propone ora ricorso per cassazione, articolato in
due mezzi. Resiste l'amministrazione dell'interno con contro
ricorso. Motivi della decisione. — Il primo mezzo di ricorso, chia
rito da quanto dedotto nell'odierna discussione orale, si snoda
attraverso tre censure: a) si contesta anzitutto la possibilità di dare efficacia in Italia a pronunce di condanna ad obblighi
alimentari senza pregiudizialmente approfondire la questione
della legittimità del titolo posto a base di tale condanna; b)
si contesta, inoltre, che la ratifica della convenzione de l'Aja,
operata dalla Svezia solo nel dicembre del 1965, possa avere
l'effetto retroattivo di riguardare anche la sentenza emessa dal
Tribunale di Stoccolma nell'aprile del 1962; c) si duole infine
il ricorrente Che la corte d'appello non abbia motivato nel ri
tenere che, ai fini dell'accertamento dell'entrata in vigore di
detta convenzione de l'Aja, siano stati effettivamente deposi tati quattro strumenti di ratifica, cosi' come previso dall'art.
16 della convenzione medesima.
Sotto il triplice profilo, il motivo di ricorso si appalesa in
fondato. (Omissis) Più delicata appare la seconda censura, che 'ha solo un parven
za di fondamento. Se, invero, ci si fermasse a considerare Ja
norma dell'art. 42 della citata convenzione de l'Aia (« La présen te Convention ne s'applique pas aux décision rendues avant son
entrée en vigueur »), coordinata con il secondo comma dell'art.
(1) Esplicitamente in senso conforme (menzionata in motivazione) Cass. 4 aprile 1977, n. 1279, Foro it., 1978, I, 1003, con nota di
richiami.
16 dello stesso testo (« Pour chaque Etat signataire, ratifiant
postérieurement la Convention, celle-ci entrerà en vigueur le soixantième jour à partir de la date du dépót de son instrument de ratification ») si potrebbe essere indotti a concludere che non sa
rebbe delibatole la sentenza emessa dal Tribunale di Stoccol ma nel 1962, prima cioè dell'entrata in vigore de'.la convenzione de l'Aja per la Svezia (1965).
Senonehè, un più attento esame di questa fonte normativa in
duce a diversa conclusione.
In realtà, occorre distinguere nel citato testo, tre punti di riferimento temporale: a) il momento in cui la norma viene ad
esistenza dell'ordinamento giuridico internazionale; momento
che è stato fissato dall'art. 16, 1" comma, in quello in cui un
minimo di Stati (quattro) abbia ratificato la convenzione; b) la data in cui la convenzione può ritenersi entrata in vigore nei confronti di ogni singolo Stato ratificante; momento che
viene dall'art. 16, 2° comma, identificato in quello del deposi
to dello strumento di ratifica di quel determinato Stato; c) in
fine, l'effettivo inserimento della convenzione nell'ordinamento
giuridico interno attraverso la legge di approvazione che ne
dà piena esecuzione.
La convenzione prevede altresì (art. 17) la possibilità di una
particolare forma di « adesione » di altri Stati; nel quale caso
la convenzione entrerà in vigore fra lo Stato aderente e gli Stati contraenti che abbiano accettato tale adesione dal ses
santesimo giorno dopo la data del deposito dell'atto di adesione.
Ma tra f(li Stati contraenti o ratificanti, la predetta convenzio
ne entra in vigore quando si siano verificate le condizioni so
praindicate sub a) e b), senza che occorra il verificarsi di al
cuna altra condizione di reciprocità bilaterale; meccanismo di
c.d. « bilateralizzazione » mediante un accordo complementare che solo altri trattati multilaterali contemplano (Cass. 4 apri le 1977, n. 1279 Foro it., 1978, I, 1003).
Già in linea generale, questa corte 'ha più volte affermato
(sent. nn. 1476/69, id., Rep. 1969, voce Delibazione, n. 32;
2895/66, id., 1967, I, 1831; 1939/63, id., Rep. 1963, voce cit., n. 7) che gli art. 796 segg. cod. proc. civ., nell'ammettere le sen
tenze straniere al giudizio di delibazione, non fanno alcun
riferimento al principio della reciprocità come condizione di
ammissibilità del giudizio stesso, cioè alla circostanza che an
che lo Stato estero, dalla cui autorità giudiziaria è stata emes
sa la sentenza deli-banda, ammetta, a sua volta, le sentenze ita
liane alla delibazione per l'esecuzione e l'efficacia nel pro
prio territorio.
Questo principio generale trova particolare conferma nella
convenzione in esame, intesa a far riconoscere all'estero le
sentenze sugli obblighi alimentari verso i figli minori.
Tale riconoscimento infatti è richiesto agli Stati diversi da quel li in cui le sentenze medesime siano state rese, essendo ovvio
che queste sono già esecutive nei paesi in cui furono pronun ciate.
Da tutto quanto sopra esposto risulta che, quando l'art. 12
della predetta convenzione stabilisce Che « La présente Con
vention ne s'applique pas aux décision rendues avant son entrée
en vigueur », si riferisce, non all'entrata in vigore per lo Stato
in cui la sentenza è stata resa, ma al momento in cui la con
venzione è entrata in vigore per lo Stato al quale si chieda il
riconoscimento della sentenza stessa.
Nella specie, tale riconoscimento è stato chiesto all'Italia
nel 1973, quando la convenzione era da tempo entrata in vigore
per l'Italia e per la Svezia, per dare esecuzione ad una senten
za resa dal Tribunale di Stoccolma nel 1962, dopo che la con
venzione de l'Aja era entrata in vigore sia in via generale che
per l'Italia (avendo quest'ultima approvato e dato piena ese
cuzione alla convenzione con legge 4 agosto 1960 n. 918). (Omis
sis) Per questi motivi, ecc.
CORTE DI CASSAZIONE; Sezione lavoro; sentenza 3 marzo
1979, n. 1345; Pres. Iannitti Piromallo, Est. Buffoni, P. M.
La Valva (conci, parz. diff.); Bonura (Avv. L. Montesano) c.
Min. finanze (Avv. dello Stato Fiumara). Conferma Trib. Tren
to 29 maggio 1976.
Impiegato dello Stato e pubblico — Ex combattenti — Benefìci — Personale delle dogane — Indennità di cessazione dal ser
vizio — Computo — Criteri (Legge 12 luglio 1912 n. 812,
istituzione del fondo di previdenza per il personale delle do
gane; d. pres. 4 dicembre 1956 n. 1572, nuovo regolamento del fondo previdenziale per il personale delle dogane, art. 11,
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