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PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE || Sezione I civile; sentenza 12 aprile 1979, n....

Date post: 31-Jan-2017
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Sezione I civile; sentenza 12 aprile 1979, n. 2154; Pres. Aliotta, Est. Santosuosso, P. M. La Valva (concl. conf.); Zanutel (Avv. Orru, Forner) c. Min. interno (Avv. dello Stato Caramazza). Conferma App. Venezia 22 settembre 1975 Source: Il Foro Italiano, Vol. 103, PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE (1980), pp. 193/194-195/196 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23171845 . Accessed: 25/06/2014 01:12 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 195.78.108.105 on Wed, 25 Jun 2014 01:12:28 AM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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Sezione I civile; sentenza 12 aprile 1979, n. 2154; Pres. Aliotta, Est. Santosuosso, P. M. La Valva(concl. conf.); Zanutel (Avv. Orru, Forner) c. Min. interno (Avv. dello Stato Caramazza).Conferma App. Venezia 22 settembre 1975Source: Il Foro Italiano, Vol. 103, PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE(1980), pp. 193/194-195/196Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23171845 .

Accessed: 25/06/2014 01:12

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

legge di esso giudice, il quale appunto solo in base al suo ordi

namento (in cui è inserita e con il quale va coordinata anche la

convenzione internazionale ratificata) può spogliarsi della giuris dizione.

Più chiaramente, l'art. 5, n. 2/a, della stessa convenzione di

spone che il riconoscimento e l'esecuzione di una sentenza arbi

trale potranno essere rifiutati se l'autorità competente del paese, ove il riconoscimento e l'esecuzione sono richiesti, accerta che, secondo la legge di questo paese, l'oggetto della controversia non

può essere deciso in sede arbitrale. Con quest'ultima espressione, va subito precisato, la convenzione fa riferimento al requisito della (non) compromettibilità; e non a ragioni attinenti all'ordine

pubblico, giacché la conformità all'ordine pubblico, come condi

zione del riconoscimento, è espressamente e separatamente pre vista (art. 5, n. 2, lett. b).

Orbene, se il requisito della compromettibilità è condizione

anche del riconoscimento e dell'esecuzione della sentenza arbitra

le, e se per espressa norma della convenzione esso, a quei fini, va valutato in base all'ordinamento di appartenenza del giudi ce cui il riconoscimento e l'esecuzione sono domandati, sarebbe

incongruo ritenere che il requisito medesimo, ai fini dell'accerta

mento della competenza giurisdizionale, debba essere valutato in

base ad un ordinamento diverso. Vero è che l'art. 2, n. 1, e l'art.

5, n. 2/a, della convenzione hanno una diversa destinazione e

considerano il requisito in parola con riferimento a momenti ed

aspetti distinti della funzione della clausola compromissoria o

del compromesso.

L'interprete deve però coordinare le due disposizioni e, leg

gendo la prima alla luce della seconda, concludere che nell'ambi

to di uno stesso ordinamento la legge applicabile in ciascuno dei

due momenti deve essere identica, perché altrimenti all'interno

di esso la parte vittoriosa potrebbe finire col rimanere priva di

tutela. Ciò appunto si verificherebbe, nella specie, se il giudice italiano, nel momento della cognizione declinasse la giurisdizione e si spogliasse della domanda del Piersanti ritenendo compromet tibile la controversia alla stregua di un ordinamento diverso da

quello italiano, ed in un secondo momento negasse allo stesso

Piersanti (in ipotesi vittorioso) il riconoscimento della senten

za arbitrale, escludendo sulla base del nostro ordinamento la

compromettibilità prima riconosciuta. Deve dunque ritenersi, ri

guardo all'accertamento della compromettibilità, che se è la legge del giudice adito per il riconoscimento della sentenza arbitrale

quella che in tale sede rileva, deve essere la legge del giudice adito per il merito quella che rileva agli effetti della pronunzia sulla competenza giurisdizionale.

È stato osservato in sede di discussione che, se le disposizioni in esame dovessero essere cosi coordinate ed interpretate, la se

conda risulterebbe puramente ripetitiva della prima e quindi su

perflua. Ma l'obiezione è superabile: la precisazione contenuta

nell'art. 5, n. 2/a, appare necessaria con riferimento all'ipotesi che venga chiesto il riconoscimento della sentenza arbitrale (col relativo previo giudizio sulla compromettibilità) di uno Stato di

verso da quello il cui giudice si è spogliato della controversia,

per averla ritenuta compromettibile secondo il proprio ordina

mento (eventualmente recante una diversa disciplina sul punto), cosi consentendo che avesse luogo il giudizio arbitrale all'estero.

Con le considerazioni svolte rimane confutato anche l'assunto

sostenuto, particolarmente nella discussione ed anche con richia

mo di giurisprudenza straniera, dalla Co. ge. co., secondo cui, per

garantire l'uniformità dell'applicazione della convenzione di New

York in tutti gli Stati contraenti, il requisito della comprometti bilità dovrebbe essere valutato in base all'ordinamento interna

zionale e precisamente in base ai principi primi che costituisco

no l'ordine pubblico internazionale.

Può aggiungersi che, a parte il rilievo che la giurisprudenza richiamata — prevalentemente anteriore, peraltro, all'entrata in

vigore della convenzione di New York — esamina il problema della compromettibilità con riferimento alla qualità di una delle

parti (problema espressamente considerato poi dall'art. 11/1 del

la convenzione di Ginevra 21 aprile 1961 sull'arbitrato commer

ciale) e non alla natura della controversia, ed a parte ogni legit timo dubbio sulla idoneità del credito suggerito, ai fini dell'au

spicata uniformità, tale criterio è anche estraneo sia al protocol lo di Ginevra 24 settembre 1923 relativo alle clausole di arbitra

to in materia commerciale, sia alla citata convenzione europea sull'arbitrato commerciale internazionale firmata a Ginevra il 21

aprile 1961, che entrambe anzi depongono nel senso della tesi

qui accolta.

E, invero, l'art. 4 del detto protocollo, dopo aver disposto che

i tribunali degli Stati contraenti, in presenza di una clausola

compromissoria valida, rimetteranno le parti, a richiesta di una

di esse, avanti al collegio arbitrale, aggiunge, al secondo comma,

Il Foro Italiano — 1980 — Parte 1-13.

che tale rinvio non pregiudica la competenza del tribunale, nel

caso in cui, per qualsiasi motivo, il compromesso, la clausola

compromissoria e l'arbitrato non siano validi o efficaci. Sembra

chiaro che il tribunale la cui competenza è lasciata impregiudi cata decide, circa la invalidità o inefficacia della clausola, o del

compromesso (e quindi anche dalla compromettibilità della con

troversia), alla stregua della propria legge, la relativa questione concernendo un elemento condizionante la sua competenza.

L'art. VI/2 della convenzione del 21 aprile 1961, poi, dopo aver

indicato la legge applicabile riguardo al giudizio sulla validità

o l'inesistenza di una convenzione d'arbitrato, facendo riferimen

to a leggi nazionali, e non al criterio invocato dalla Co. ge. co.,

dispone, espressamente all'ultimo paragrafo, che « il giudice in

vestito potrà non riconoscere la convenzione d'arbitrato qualora secondo la legge del foro la controversia in questione non possa essere sottoposta all'arbitrato».

Sono, questi, argomenti di ordine storico la cui importanza non può essere sottovalutata.

Deve stabilirsi dunque in base alla legge italiana se la con

troversia sottoposta alla cognizione del pretore sia comprometti bile in arbitrato.

La risposta negativa non dà luogo a dubbio.

In proposito conviene premettere che quello previsto dalla

clausola compromissoria pattuita fra le parti è un arbitrato ri

tuale, ciò desumendosi dall'obbligo, fatto all'arbitrato, di osserva

re le norme processuali della legge del luogo, e soprattutto dalla

qualificazione di « sentenza » data alla sua pronunzia. "È chiaro, in tal modo, che questa sarebbe destinata a vincolare le parti su

un piano giurisdizionale e non su un piano negoziale: cioè, co

me una decisione riconducibile, formalmente e sostanzialmente, alla volontà dell'arbitrato e non alla volontà delle parti.

Detto questo, va osservato che la domanda del Piersanti è di

retta ad ottenere l'applicazione dell'art. 1 legge 15 luglio 1966

n. 604 sui licenziamenti individuali. Tale legge devolve al pre tore le controversie derivanti dalla sua applicazione (art. 5, ult.

comma), e consente che esse vengano definite consensualmente mediante « arbitrato irrituale » (art. 7, ult. comma), con esclu

sione, quindi, dell'arbitrato rituale. Tale norma non è modificata

dall'art. 18 dello statuto dei lavoratori (legge 20 maggio 1970 n.

300), che disciplina pili specificamente il contenuto del provve dimento del giudice ed il contenuto delle obbligazioni risarcitone

poste a carico del datore di lavoro. Ma anche le norme poste, in

tema di arbitrato, dal codice di procedura civile, pur con le mo

dificazioni ed integrazioni introdotte dalla legge 11 agosto 1973

n. 533, conducono allo stesso risultato riguardo alle controver sie individuali di lavoro in genere.

Ed invero, il generale divieto di compromesso deriva, per esse, dall'art. 806 cod. proc. civ. che è rimasto modificato solo nel

senso che il riferimento, in esso contenuto, all'art. 429 deve in

tendersi fatto ora all'art. 409, perché è quest'ultimo, e non il

primo, che nel nuovo testo del detto codice indica le controversie

individuali di lavoro. Gli art. 4 e 5 legge n. 533/73 attenuano il

divieto, disponendo che, per tali controversie, sia l'arbitrato ri

tuale che quello irrituale (salvo il caso che quest'ultimo sia pre visto dalla legge) sono ammessi solo quando previsti nei contratti

e accordi collettivi, purché ciò avvenga senza pregiudizio della

facoltà delle parti di adire l'autorità giudiziaria. Essi perciò com

portano sempre e comunque che, secondo il principio espresso dall'art. 806 cod. proc. civ., le dette controversie non possono es

sere materia di compromesso o clausola compromissoria preclu sivi della giurisdizione o della competenza dell'autorità giudizia ria. E tale sarebbe, appunto, la clausola invocata dalla Co.ge.co.: la quale, quindi, non è idonea a sottrarre la controversia al giu dice che è stato adito, anche perché non risulta che essa trovi riscontro comunque in contratti o accordi collettivi.

L'accertata infondatezza dell'istanza di regolamento importa la condanna della società ricorrente alle spese del presente giu dizio.

Per questi motivi, ecc.

CORTE DI CASSAZIONE; Sezione I civile; sentenza 12 apri le 1979, n. 2154; Pres. Aliotta, Est. Santosuosso, P. M.

La Valva (conci, conf.); Zanutel (Avv. Orru, Forner) c.

Min. interno (Aw. dello Stato Car am azza). Conferma App. Venezia 22 settembre 1975.

Delibazione — Convenzione dell'Aja del 1958 — Data di en

trata in vigore (Legge 4 agosto 1960 n. 918, ratifica ed esecu

zione della convenzione sulla legge applicabile alle obbliga zioni alimentari nei riguardi dei figli minori, conclusa all'Aja

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PARTE PRIMA

il 24 ottobre 1956, e della convenzione concernente il ricono

scimento e l'esecuzione delle sentenze sugli obblighi alimen

tari verso i figli minori, conclusa all'Aja il 15 aprile 1958: con

venzione del 1958, art. 12).

L'art. 12 della convenzione dell'Aja del 15 aprile 1958, sul

riconoscimento e sull'esecuzione della sentenza straniera in tema di obblighi alimentari verso i minori, il quale stabilisce che « la présente convention ne s'applique pas aux décisions

rendues avant son entrée en vigueur », va interpretato nel

senso che l'applicazione della suddetta convenzione è subor

dinata alla sua entrata in vigore per lo Stato al quale si chie de il riconoscimento della sentenza straniera, non già per lo

Stato in cui fa sentenza è stata resa; può pertanto essere de

libata in Italia la sentenza svedese emanata in data anterio

re alla entrata in vigore della convenzione per la Svezia, ma

posteriormente all'entrata in vigore della convenzione per l'Italia. (1)

La Corte, ecc. — Svolgimento del processo. — L'amministrazio

ne dell'interno dello Stato italiano, quale istituzione interme

diaria agente ai sensi della convenzione di New York del 20

giugno 1956 ed altresì' in forza di procura speciale conferita dal

la cittadina svedese Maivor Elisabeth Nilson, con atto di ci

tazione 23 marzo 1973 conveniva in giudizio Angelo Zanutel per sentir dichiarare dalla Corte d'appello di Venezia l'efficacia in

Italia della sentenza 13 aprile 1962, con la quale il Tribunale di

Stoccolma, premesso che lo Zanutel doveva ritenersi padre na

turale di Mariana Elisabeth nata dalla" predetta Nilsson il 4 no

vembre 1961, lo condannava a pagare la somma una tantum di

300 corone a favore dell'attrice e l'assegno mensile di 83 corone

a favore della figlia fino al compimento del suo 18° anno di età.

Il convenuto, costituendosi, deduceva che nella specie man

cavano i requisiti per far luogo alla delibazione della sentenza

straniera e chiedeva che, comunque, la corte d'appello proce desse al riesame del merito, ai sensi dell'art. 798 cod. proc. civile.

In accoglimento della domanda dell'amministrazione, la cor

te d'appello, pur riconoscendo che la convenzione dell'Aja del

15 apri'.e 1958 (resa esecutiva in Italia con legge 4 agosto 1960

n. 918) e stata ratificata dalla Svezia il 31 dicembre 1965, dopo l'emanazione della sentenza in questione, rilevava che dalla

interpretazione degli art. 12 e 16 della menzionata convenzione

risultava che la stessa è entrata in vigore sessanta giorni dopo il deposito del quarto strumento di ratifica, e che tale unico ter

mine, per appagare esigenze di certezza del diritto e di parità

di trattamento, vale uniformemente per tutti gli Stati aderenti,

anche nei confronti degli Stati che abbiano ratificato l'accordo

successivamente. Riteneva, inoltre, la corte d'appello che Jo

Zanutel risultava ritualmente e tempestivamente citato dinan

zi al Tribunale di Stoccolma e ohe detto convenuto non aveva

addotto alcuna plausibile 'giustificazione alla sua contumacia,

limitandosi a scrivere una lettera, di cui il Tribunale di Stoc

colma aveva tenuto conto. Rilevava, infine, che la predetta convenzione dell'Aja vieta il riesame nel inerito in questo spe ciale procedimento di delibazione.

Lo Zanutel propone ora ricorso per cassazione, articolato in

due mezzi. Resiste l'amministrazione dell'interno con contro

ricorso. Motivi della decisione. — Il primo mezzo di ricorso, chia

rito da quanto dedotto nell'odierna discussione orale, si snoda

attraverso tre censure: a) si contesta anzitutto la possibilità di dare efficacia in Italia a pronunce di condanna ad obblighi

alimentari senza pregiudizialmente approfondire la questione

della legittimità del titolo posto a base di tale condanna; b)

si contesta, inoltre, che la ratifica della convenzione de l'Aja,

operata dalla Svezia solo nel dicembre del 1965, possa avere

l'effetto retroattivo di riguardare anche la sentenza emessa dal

Tribunale di Stoccolma nell'aprile del 1962; c) si duole infine

il ricorrente Che la corte d'appello non abbia motivato nel ri

tenere che, ai fini dell'accertamento dell'entrata in vigore di

detta convenzione de l'Aja, siano stati effettivamente deposi tati quattro strumenti di ratifica, cosi' come previso dall'art.

16 della convenzione medesima.

Sotto il triplice profilo, il motivo di ricorso si appalesa in

fondato. (Omissis) Più delicata appare la seconda censura, che 'ha solo un parven

za di fondamento. Se, invero, ci si fermasse a considerare Ja

norma dell'art. 42 della citata convenzione de l'Aia (« La présen te Convention ne s'applique pas aux décision rendues avant son

entrée en vigueur »), coordinata con il secondo comma dell'art.

(1) Esplicitamente in senso conforme (menzionata in motivazione) Cass. 4 aprile 1977, n. 1279, Foro it., 1978, I, 1003, con nota di

richiami.

16 dello stesso testo (« Pour chaque Etat signataire, ratifiant

postérieurement la Convention, celle-ci entrerà en vigueur le soixantième jour à partir de la date du dépót de son instrument de ratification ») si potrebbe essere indotti a concludere che non sa

rebbe delibatole la sentenza emessa dal Tribunale di Stoccol ma nel 1962, prima cioè dell'entrata in vigore de'.la convenzione de l'Aja per la Svezia (1965).

Senonehè, un più attento esame di questa fonte normativa in

duce a diversa conclusione.

In realtà, occorre distinguere nel citato testo, tre punti di riferimento temporale: a) il momento in cui la norma viene ad

esistenza dell'ordinamento giuridico internazionale; momento

che è stato fissato dall'art. 16, 1" comma, in quello in cui un

minimo di Stati (quattro) abbia ratificato la convenzione; b) la data in cui la convenzione può ritenersi entrata in vigore nei confronti di ogni singolo Stato ratificante; momento che

viene dall'art. 16, 2° comma, identificato in quello del deposi

to dello strumento di ratifica di quel determinato Stato; c) in

fine, l'effettivo inserimento della convenzione nell'ordinamento

giuridico interno attraverso la legge di approvazione che ne

dà piena esecuzione.

La convenzione prevede altresì (art. 17) la possibilità di una

particolare forma di « adesione » di altri Stati; nel quale caso

la convenzione entrerà in vigore fra lo Stato aderente e gli Stati contraenti che abbiano accettato tale adesione dal ses

santesimo giorno dopo la data del deposito dell'atto di adesione.

Ma tra f(li Stati contraenti o ratificanti, la predetta convenzio

ne entra in vigore quando si siano verificate le condizioni so

praindicate sub a) e b), senza che occorra il verificarsi di al

cuna altra condizione di reciprocità bilaterale; meccanismo di

c.d. « bilateralizzazione » mediante un accordo complementare che solo altri trattati multilaterali contemplano (Cass. 4 apri le 1977, n. 1279 Foro it., 1978, I, 1003).

Già in linea generale, questa corte 'ha più volte affermato

(sent. nn. 1476/69, id., Rep. 1969, voce Delibazione, n. 32;

2895/66, id., 1967, I, 1831; 1939/63, id., Rep. 1963, voce cit., n. 7) che gli art. 796 segg. cod. proc. civ., nell'ammettere le sen

tenze straniere al giudizio di delibazione, non fanno alcun

riferimento al principio della reciprocità come condizione di

ammissibilità del giudizio stesso, cioè alla circostanza che an

che lo Stato estero, dalla cui autorità giudiziaria è stata emes

sa la sentenza deli-banda, ammetta, a sua volta, le sentenze ita

liane alla delibazione per l'esecuzione e l'efficacia nel pro

prio territorio.

Questo principio generale trova particolare conferma nella

convenzione in esame, intesa a far riconoscere all'estero le

sentenze sugli obblighi alimentari verso i figli minori.

Tale riconoscimento infatti è richiesto agli Stati diversi da quel li in cui le sentenze medesime siano state rese, essendo ovvio

che queste sono già esecutive nei paesi in cui furono pronun ciate.

Da tutto quanto sopra esposto risulta che, quando l'art. 12

della predetta convenzione stabilisce Che « La présente Con

vention ne s'applique pas aux décision rendues avant son entrée

en vigueur », si riferisce, non all'entrata in vigore per lo Stato

in cui la sentenza è stata resa, ma al momento in cui la con

venzione è entrata in vigore per lo Stato al quale si chieda il

riconoscimento della sentenza stessa.

Nella specie, tale riconoscimento è stato chiesto all'Italia

nel 1973, quando la convenzione era da tempo entrata in vigore

per l'Italia e per la Svezia, per dare esecuzione ad una senten

za resa dal Tribunale di Stoccolma nel 1962, dopo che la con

venzione de l'Aja era entrata in vigore sia in via generale che

per l'Italia (avendo quest'ultima approvato e dato piena ese

cuzione alla convenzione con legge 4 agosto 1960 n. 918). (Omis

sis) Per questi motivi, ecc.

CORTE DI CASSAZIONE; Sezione lavoro; sentenza 3 marzo

1979, n. 1345; Pres. Iannitti Piromallo, Est. Buffoni, P. M.

La Valva (conci, parz. diff.); Bonura (Avv. L. Montesano) c.

Min. finanze (Avv. dello Stato Fiumara). Conferma Trib. Tren

to 29 maggio 1976.

Impiegato dello Stato e pubblico — Ex combattenti — Benefìci — Personale delle dogane — Indennità di cessazione dal ser

vizio — Computo — Criteri (Legge 12 luglio 1912 n. 812,

istituzione del fondo di previdenza per il personale delle do

gane; d. pres. 4 dicembre 1956 n. 1572, nuovo regolamento del fondo previdenziale per il personale delle dogane, art. 11,

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