sezione I civile; sentenza 24 luglio 1989, n. 3497; Pres. Vercellone, Est. Saggio, P.M. DeTommaso (concl. conf.); Berra (Avv. Stella Richter) c. Min. finanze (Avv. dello Stato DeStefano). Conferma Comm. trib. centrale 23 febbraio 1987, n. 1583Source: Il Foro Italiano, Vol. 113, PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE(1990), pp. 131/132-135/136Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23184450 .
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PARTE PRIMA
zione della sentenza impugnata (art. 360, n. 5, c.p.c.). Egli dedu
ce che la domanda di risarcimento dei danni, da lui proposta nei confronti della banca, individuava il comportamento illecito, causativo del pregiudizio, nel rifiuto, espresso dalla banca, il 6
settembre 1973, al notaio che procedeva al protesto dell'assegno di lire 5.500.000 per cui è controversia, di pagare il detto assegno
per insufficienza di fondi, rifiuto che aveva determinato la levata
del protesto. Conseguentemente, afferma ancora il ricorrente, la
corte d'appello si sarebbe dovuta limitare a stabilire se un tale
rifiuto fosse stato giustificato e legittimo e, quindi, ad accertare, in punto di fatto, se, alla data del 6 settembre 1973, esistesse
presso la banca la «provvista» sufficiente per coprire l'assegno
presentato all'incasso. La corte di merito, invece, avrebbe tras
curato di esaminare questo profilo della lite, incorrendo cosi nel
denunciato vizio di motivazione. Il ricorrente sottolinea altresì
che la sentenza impugnata sarebbe anche contraddittoria, per il
fatto di affermare da un lato che il bonifico di lire 3.000.000
operato tramite il Credito romagnolo di Porretta Terme era per venuto all'agenzia di viale Liegi (Roma) della Bna il 4 settembre
1973 e che il detto importo era stato registrato a valuta presso
l'agenzia a decorrere dalla stessa data, e dall'altro che il 6 settem
bre successivo non vi erano, presso la medesima agenzia, suffi
cienti fondi a copertura dell'assegno di lire 5.500.000.
Col secondo mezzo, poi, il ricorrente denuncia la violazione
dell'art.. 28 c.p.p., lamentando che la sentenza impugnata non
avrebbe tenuto conto della circostanza che la sentenza, con la
quale il 29 ottobre 1974 il Pretore di Milano lo aveva assolto
con la formula perché il fatto non costituisce reato dall'imputa zione di emissione di assegno a vuoto, aveva accertato che il bo
nifico di lire 3.000.000 era stato registrato presso l'agenzia prima della levata del protesto e che tale accertamento aveva autorità
di cosa giudicata a norma dell'art. 28 c.p.p. 2. -1 due motivi, strettamente collegati, vanno esaminati unita
riamente. Il collegio giudica corretta la premessa dalla quale muove
il ricorrente nel formulare le sue doglianze, ritiene, cioè, che la
responsabilità (contrattuale) della banca debba essere accertata
avendo come momento di riferimento quello della presentazione
dell'assegno all'agenzia per il pagamento, presentazione che ebbe
luogo il 6 settembre 1973 e che fu seguita dal rifiuto della banca
e dal conseguente protesto. Poiché il fatto causativo del pregiudi zio è ravvisabile proprio nel rifiuto di pagamento opposto dalla
banca, il giudice del merito avrebbe dovuto stabilire se tale rifiu
to era giustificato ovvero se piuttosto esso era da attribuire a
negligenza della banca. Al riguardo la motivazione della sentenza
impugnata è assolutamente coerente.
La corte d'appello ha escluso la responsabilità della banca sul
rilievo che l'operazione di bonifico di tre milioni di lire, effettua
ta in Porretta Terme il 29 agosto 1973, si era completata soltanto
il 13 settembre successivo con la registrazione del detto importo sul conto corrente del Mattioli presso l'agenzia della Bna di viale
Liegi, Roma; con la conseguenza che, al momento della presenta zione dell'assegno per l'incasso alla Banca popolare di Novara il 30 agosto 1973 dell'assegno di lire 5.500.000, emesso nella stes
sa data, l'assegno stesso era privo di copertura. L'indagine della corte d'appello, dunque, è stata rivolta esclusivamente a verifica re se al 30 agosto l'assegno potesse considerarsi coperto, se cioè
a quella data già esistesse la necessaria provvista presso l'agenzia romana della Bna ove era acceso il conto corrente.
È certamente corretta l'affermazione secondo cui l'accredita
mento di una somma da parte del correntista si perfeziona al
momento dell'annotazione sul conto: in tal senso si argomenta dall'art. 1852 c.c., a norma del quale il correntista può disporre in qualsiasi momento delle somme risultanti a suo credito dal
conto (v. Cass. n. 2545/72, Foro it., 1973, I, 2211). Ma nella
specie il tema della controversia è diverso e risiede nello stabilire se il comportamento della banca, che solo in data 13 settembre 1973 annotò l'accredito sul conto del Mattioli, sia stato conforme
al dovere di diligenza che incombe ai contraenti nell'adempimen to degli obblighi contrattuali o se invece vi sia stato un ritardo
imputabile a negligenza della banca. Cosi individuati i termini
della controversia, l'indagine compiuta dal giudice d'appello si
rivela parziale e lacunosa, perché trascura la circostanza che il
pregiudizio lamentato dal Mattioli era «collegato» al protesto e
che quindi occorreva accertare se, al momento del protesto, la
banca potesse legittimamente rifiutare il pagamento; e inoltre per ché non tiene conto del fatto che la banca non è libera di effet
II Foro Italiano — 1990.
tuare le registrazioni degli accrediti sul conto del cliente senza
limiti di tempo, ma che anzi a ciò deve provvedere con la massi
ma rapidità consentita dagli strumenti tecnici disponibili. Il giu dice del merito avrebbe in particolare dovuto tener conto della
circostanza che i funzionari dell'agenzia di viale Liegi erano stati
informati per via telefonica il 19 agosto 1973 del bonifico effet
tuato tramite il Credito romagnolo di Porretta Terme ed avreb
bero quindi dovuto essere particolarmente avvertiti nel fare con
la più grande celerità le necessarie annotazioni sul conto del Mat
tioli (al riguardo va sottolineato che la sentenza impugnata tiene
ferma l'attendibilità dei testi Stanzani e Pifferi sull'awenuta co
municazione telefonica del bonifico). Avrebbe dovuto considera
re che il bonifico era stato registrato a valuta presso la Bna sin
dal 4 settembre 1973 e verificare quindi se fosse giustificato, in
relazione all'ordinaria prassi bancaria ed alle peculiarità della fat
tispecie (preavviso telefonico da banca a banca dell'avvenuto bo
nifico sin dal 29 agosto 1973), il tempo impiegato per effettuare
l'annotazione del bonifico stesso sul conto del Mattioli. Avrebbe,
infine, dovuto quanto meno prendere in considerazione, ai fini
degli accertamenti ora indicati, la sentenza del Pretore di Milano
del 29 ottobre 1974, cui il ricorrente fa diretto riferimento con
il secondo mezzo, lamentando la violazione dell'art. 28 c.p.p. A quest'ultimo riguardo si osserva che l'accertamento della de
dotta violazione dell'art. 28 c.p.p. comporta indagini di fatto che
non possono essere compiute in questa sede. La corte di merito,
tuttavia, in sede di rinvio, valuterà ogni elemento, ivi compresa la sentenza penale del 29 ottobre 1974, che non è stata considera
ta nella sentenza impugnata. Sotto questo profilo, dunque, una
volta riconosciuta la fondatezza del motivo inerente alla motiva
zione, tale secondo motivo può considerarsi assorbito.
Il ricorso va, pertanto, accolto con riguardo alla rilevante ca
renza della motivazione su aspetti decisivi della controversia. Con
seguentemente, la sentenza impugnata deve essere cassata e la
causa rinviata, anche per le spese, ad altra sezione della Corte
d'appello di Roma.
CORTE DI CASSAZIONE; sezione I civile; sentenza 24 luglio 1989, n. 3497; Pres. Vercellone, Est. Saggio, P.M. De Tom
maso (conci, conf.); Berrà (Aw. Stella Richter) c. Min. fi
nanze (Avv. dello Stato De Stefano). Conferma Comm. trib.
centrale 23 febbraio 1987, n. 1583.
Tributi in genere — Contenzioso tributario — Ricorso — Omes so o tardivo inoltro di copia all'ufficio finanziario — Inammis
sibilità (D.p.r. 26 ottobre 1972 n. 636, revisione della disciplina del contenzioso tributario, art. 17; d.p.r. 3 novembre 1981 n.
739, norme integrative e correttive del d.p.r. 26 ottobre 1972 n. 636, art. 8).
Secondo la nuova formulazione dell'art. 17 d.p.r. 26 ottobre 1972 n. 636, l'inoltro di una copia del ricorso all'ufficio finanziario è collocato sullo stesso piano della presentazione dell'originale alla commissione tributaria e, pertanto, deve intendersi assog
gettato allo stesso termine di quest'ultima a pena di inammissi bilità. (1)
(1) La Cassazione sanziona con la sentenza in rassegna l'interpretazio ne dell'art. 17 d.p.r. 636/72, nella nuova formulazione ex art. 8 d.p.r. 739/81, desumibile dalle pronunzie della Corte costituzionale che hanno
disposto la rimessione degli atti ai giudici a quibus dopo l'emanazione del d.p.r. 739 ovvero hanno respinto le questioni di legittimità sollevate avverso l'art. 17 nella formulazione originaria: Corte cost. 22 ottobre 1987, n. 327, Foro it., Rep. 1988, voce Tributi in genere, n. 944; 6 dicem bre 1985, n. 318, id., Rep. 1986, voce cit., n. 948; 3 dicembre 1984, n. 265, id., Rep. 1985, voce cit., n. 792; 31 dicembre 1982, n. 264, id., 1983, I, 533, con nota di A. Proto Pisani sulle più rilevanti problemati che processuali sorte, in relazione ai precetti costituzionali, a seguito del la revisione del contenzioso tributario. La giurisprudenza delle
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
Motivi della decisione. — 1. - Con l'unico motivo di ricorso
il Berrà denuncia la violazione degli art. 6 e 8 d.p.r. 3 novembre
1981 n. 739 (modificativi degli art. 15 e 17 d.p.r. 26 ottobre 1972
n. 636), in relazione all'art. 360, n. 3, c.p.c. Egli lamenta che
la Commissione tributaria centrale abbia ritenuto, con riferimen
to ai ricorsi da lui presentati alla commissione di primo grado
contro gli avvisi di rettifica degli imponibili Irpef e Ilor riguar
danti le dichiarazioni dei redditi presentate per gli anni dal 1976
al 1980, che la mancata consegna di una copia in carta semplice
di ciascun ricorso all'ufficio tributario abbia comportato l'inam
missibilità dell'impugnativa. La questione sollevata col gravame verte essenzialmente sull'in
terpretazione dell'art. 8 d.p.r. 739/81 (modificativo dell'art. 17
d.p.r. 636/72), che disciplina, nell'ambito del contenzioso tribu
tario, la presentazione del ricorso, stabilendo che «il ricorso è
proposto mediante consegna o spedizione, in plico senza busta
raccomandato con avviso di ricevimento, dell'originale alla segre
teria della commissione e di una copia in carta semplice all'uffi
cio tributario». La Commissione tributaria centrale, nella deci
sione impugnata, interpreta la disposizione testé riportata nel senso
che la proposizione del ricorso «non può considerarsi perfeziona
ta se non nel momento in cui siano state ritualmente adempiute
entrambe le previste formalità», cioè sia la consegna (o spedizio
ne) dell'originale che la consegna (o spedizione) del ricorso, con
l'implicazione che, ove a tali formalità «venga ottemperato in
momenti successivi, la proposizione del ricorso, agli effetti pro
cessuali, si verifica solo al momento del compimento della secon
da di esse». La Commissione centrale osservava anche che la pro
posta interpretazione dell'art. 8 non contrastava con l'art. 24 Cost,
in quanto la norma, nel significato ad essa riconosciuto, non re
cava nocumento al diritto di difesa, limitandosi a regolare le mo
dalità del suo esercizio in relazione alla particolare struttura del
giudizio tributario (v. Corte cost. 327/87, Foro it., Rep. 1988,
voce Tributi in genere, n. 944).
2. - Il ricorrente contesta l'interpretazione dell'art. 8 accolta
dalla commissione. Egli fa notare: a) che, nella sua originaria
formulazione, l'art. 17 d.p.r. 636/72 prevedeva che il ricorso do
vesse essere presentato alla segreteria della commissione insieme
ad una copia in carta semplice e che la mancata allegazione della
copia dava luogo all'inammissibilità del ricorso; b) che, essendo
stata sollevata la questione di legittimità costituzionale della detta
disposizione per (asserito) contrasto con gli art. 3 e 24 Cost.,
la Corte costituzionale, con l'ordinanza n. 318 del 6 dicembre
1985 (id., Rep. 1986, voce cit., n. 948), aveva restituito gli atti
al giudice a quo per un nuovo esame della rilevanza in quanto
commissioni tributarie era per lo più orientata, prima della pronunzia della Cassazione, per un'interpretazione che escludeva la sanzione del
l'improcedibilità qualora la copia del ricorso fosse comunque pervenuta nella disponibilità dell'amministrazione ed avesse consentito l'instaura
zione di regolare contraddittorio: in termini con Cass. 3497/89, v. Comm.
trib. I grado Salerno 16 giugno 1986, id., Rep. 1987, voce cit., n. 841;
Comm. trib. I grado Milano 18 settembre 1986, id., Rep. 1986, voce
cit., n. 934; Comm. trib. II grado Piacenza 1° giugno 1985, ibid., n.
933; Comm. trib. I grado Busto Arsizio 30 marzo 1985, ibid., n. 935;
Comm. trib. I grado Fermo 20 marzo 1985, id., Rep. 1985, voce cit.,
n. 805; Comm. trib. II grado Vercelli 20 novembre 1984, ibid., n. 798;
contra, Comm. trib. centrale 31 marzo 1989, n. 2372, Comm. trib. centr.,
1989, I, 287; 23 febbraio 1989, n. 1381, ibid., 169 (in motivazione); 28
marzo 1988, n. 3024, Foro it., Rep. 1988, voce cit., n. 945 ; 22 febbraio
1986, n. 1496, id., Rep. 1986, voce cit., n. 931; 28 settembre 1983, n.
2468, id., Rep. 1984, voce cit., n. 758; Comm. trib. I grado Treviso
27 giugno 1988, Rass. trib., 1989, II, 510; Comm. trib. I grado Torino
24 ottobre 1986, Foro it., Rep. 1988, voce cit., n. 950; Comm. trib. I
grado Milano 5 giugno 1984, id., Rep. 1985, voce cit., n. 802; Comm.
trib. II grado Padova 18 gennaio 1984, ibid., n. 803.
In dottrina, v., da ultimo, M. Chiechi, Ancora sull'inammissibilità
o improcedibilità del ricorso per omessa presentazione di copia all'ufficio
tributario, in Bollettino trib., 1988, 1246; C. Bendin, Brevi osservazioni
in tema di omessa presentazione all'ufficio della copia del ricorso, in
Dir. e pratica trib., 1987, II, 835; L. P. Comoglio, Proposizione del ri
corso tributario e rilevanza della copia da presentare all'ufficio contrad
dittore: un rebus insoluto, in Giur. it., 1987, III, 2, 17.
Sui problemi posti dal processo tributario in relazione ai principi costi
tuzionali, v., oltre alla cit. nota di A. Proto Pisani, Cass. 14 luglio 1988,
n. 4594, Foro it., 1989, I, 795 e Corte cost. 23 febbraio 1989, n. 76,
che sarà riportata in un prossimo fascicolo.
li Foro Italiano — 1990.
nelle more del giudizio era sopravvenuto il d.p.r. 739/81, il cui
art. 8 aveva sostituito l'originario art. 17, tra l'altro sopprimendo
proprio il comma che disponeva l'improcedibilità per la mancata
allegazione della copia. Ciò posto, il ricorrente osserva che la
nuova disciplina delle modalità di presentazione del ricorso dove
va essere interpretata tenendo conto del fatto che essa era stata
giudicata costituzionalmente legittima proprio per effetto della
soppressione della sanzione dell'improcedibilità per la mancata
allegazione della copia destinata all'ufficio (v. Corte cost., ord.
n. 265 del 3 dicembre 1984, id., Rep. 1985, voce cit., n. 792) e che, pertanto, si doveva ritenere che il nuovo regime innovava
rispetto al precedente soltanto per la mancata previsione della
sanzione dell'improcedibilità, soltanto, cioè, nel senso di una mag
giore semplificazione della formalità richiesta al ricorrente per
la proposizione dell'impugnazione. Sulla base di queste conside
razioni il ricorrente considera erronea la tesi secondo cui per la
presentazione del ricorso dovevano, alla stregua del nuovo testo
dell'art. 17, essere compiute, tempestivamente, sia la consegna
(o spedizione) alla commissione che la consegna (o spedizione)
all'ufficio. A conforto di questa proposizione il ricorrente fa va
lere anche il rilievo, d'ordine generale, secondo cui il processo
tributario è instaurato mediante ricorso, con l'implicazione che,
in conformità ai principi che regolano i procedimenti introdotti
in questa forma, la presentazione del ricorso presso l'ufficio del
giudice adito doveva essere considerata di per sé sufficiente per
realizzare una valida vocatio in ius.
3. - Le argomentazioni svolte dal ricorrente per sorreggere l'im
pugnazione non persuadono. Innanzi tutto sembra arbitrario trarre argomento contro l'in
terpretazione dell'art. 17 (nuovo testo), accolta dalla commissio
ne, dalle ordinanze della Corte costituzionale relative al testo ori
ginario della medesima disposizione. Da quelle ordinanze si rica
va che l'allegazione al ricorso di una copia per l'ufficio, prevista
nel testo originario a pena di improcedibilità, poteva essere so
spettata di illegittimità, ma niente di più. La sanzione dell'impro
cedibilità venne soppressa dal legislatore e in relazione a ciò la
corte giudicò manifestamente infondata la questione.
Le ragioni delle innovazioni vengono esposte con molta chia
rezza nella relazione ministeriale allo schema del d.p.r. 739/81.
Ivi si ricorda che il meccanismo previsto nel testo originario del
l'art. 17, che comportava l'onere per il ricorrente di presentare
con il ricorso anche una copia in carta semplice di esso (da inol
trare poi all'ufficio a cura della segreteria della commissione) e
al tempo stesso attribuiva al ricorrente la facoltà di sanare entro
un anno l'improcedibilità conseguente alla mancata presentazio
ne della predetta copia, aveva finito per dare ai contribuenti «più
callidi» la possibilità di dilazionare la trattazione del processo
per tre anni, tenuto conto che analoga facoltà è prevista non solo
per i procedimenti di primo grado, ma anche per quelli in secon
do grado e per quelli innanzi alla Commissione tributaria centra
le. L'art. 17 venne modificato proprio per modificare questo sta
to di cose e quindi non per semplificare, a vantaggio del contri
buente, le modalità di presentazione del ricorso, facendo cadere
la sanzione dell'improcedibilità, ma per la finalità opposta, e pre
cisamente per sottrarre al contribuente la possibilità di ritardare
in misura notevole la trattazione dei ricorsi. Per conseguire que
sto risultato la nuova norma prevede che il ricorso, «redatto in
due esemplari uguali ed aventi pari dignità» (cosi si esprime la
relazione), deve essere consegnato o spedito tanto alla segreteria
della commissione quanto all'ufficio tributario. Ovviamente —
chiarisce sempre la relazione — entrambe le consegne o spedizio
ni debbono avvenire entro il termine di sessanta giorni.
La storia della norma, cosi come è possibile trarla dalla rela
zione ministeriale, concorre a chiarirne il senso e dimostra che
le ragioni che stanno alla base della nuova formula non sono
collegate se non occasionalmente alle ordinanze della Corte costi
tuzionale. Le questioni di legittimità costituzionale, sollevate da
diversi giudici circa la compatibilità fra il diritto di difesa e la sanzione di improcedibilità per la mancata allegazione al ricorso
della copia destinata all'ufficio, hanno cioè costituito l'occasione
per l'intervento normativo che poi si è mosso, nel modificare l'art.
17, secondo una linea autonoma e precisamente con la finalità
— come già sottolineato — di sottrarre ai ricorrenti la possibilità
di ritardare la trattazione del ricorso facendo un uso anomalo
della facoltà loro concessa di depositare con ritardo la copia per
l'ufficio.
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PARTE PRIMA
4. - Contro questa interpretazione del testo attuale dell'art. 17
il ricorrente invoca il modello tipico del procedimento su ricorso, sottolinenado che in esso il giudizio si instaura col deposito del
ricorso presso il giudice adito, e rileva che la presentazione di
una copia del ricorso all'ufficio risponde ad una funzione diver
sa, e precisamente a quella di rendere edotto l'ufficio stesso della
controversia, e che conseguentemente l'omissione o la tardività
di tale ulteriore adempimento non può incidere sull'ammissibilità
dell 'impugnazione. Una simile tesi non può essere condivisa. Depone in senso con
trario la lettera della disposizione, che manifestamente colloca
sullo stesso piano la consegna (o spedizione) dell'originale alla
commissione tributaria e la consegna (o spedizione) della copia all'ufficio. Il fatto che la disposizione preveda la consegna dell'o
riginale alla commissione e della copia all'ufficio non può con
durre a diversa conclusione. È significativo che, nel descrivere
le modalità di presentazione del ricorso, si indichino in un unico
contesto entrambe le conseguenze. Si aggiunga poi che la relazio ne sul punto esplicitamente chiarisce che i due esemplari (origina le e copia) hanno «pari dignità». Né può tacersi che il legislatore è libero di disciplinare le formalità introduttive del giudizio e che non è quindi lecito alterare una previsione normativa assoluta
mente chiara adducendo che essa si discosta dal modello ordina
rio del giudizio introdotto con ricorso. La variante di tale model
lo, che è stata prevista per il giudizio tributario, risponde allo
scopo di tutelare l'ufficio e di evitare che i ricorrenti possano ritardare la trattazione dei ricorsi. Il legislatore, come si ricava
dalla relazione, ha inteso privilegiare questa formalità e l'inter
prete non può che prendere atto di questo dato, allontanarsi dal
quale significherebbe operare un'arbitraria manipolazione del te
sto legislativo. 5. - Una conferma dell'esattezza della tesi accolta dalla Com
missione centrale si trae dal 2° comma dell'art. 8 d.p.r. 739/81, ove si prevede che, se la copia consegnata all'ufficio tributario
è difforme rispetto all'originale consegnato alla commissione, il
ricorso, su richiesta dell'ufficio, è dichiarato inammissibile. Tale
disposizione non avrebbe senso se il termine per la consegna o
spedizione della copia all'ufficio non fosse perentorio. Se la pre sentazione della copia all'ufficio potesse compiersi senza limiti
di tempo anche l'avvenuta presentazione di copia sostanzialmente
difforme dell'originale dovrebbe essere suscettibile di sanatoria
senza bisogno di una norma ad hoc che tale sanatoria consenta. La previsione di una sanatoria per la copia difforme conferma
quindi che anche la stessa consegna o spedizione della copia al l'ufficio deve avvenire a pena di ammissibilità entro il termine
perentorio di sessanta giorni. 6. - Il ricorso deve dunque essere respinto.
CORTE DI CASSAZIONE; sezione lavoro; sentenza 20 luglio 1989, n. 3413; Pres. Farinaro, Est. O. Fanelli, P.M. Iannel li (conci, conf.); Inps (Aw. Giordano, Li Marzi, Gigante) c. Soc. coop. Sinco (Aw. Comandini De Luca, Petronio). Conferma Trib. Parma 29 novembre 1985.
Previdenza sociale — Cassa integrazione guadagni — Trattamen to di integrazione salariale — Controversia — Legittimazione del datore di lavoro (L. 20 maggio 1975 n. 164, provvedimenti
per la garanzia del salario, art. 7).
Il datore di lavoro è legittimato ad agire giudizialmente nei con
fronti dell'Inps per il riconoscimento del diritto all'integrazione salariale a favore dei dipendenti (nella specie, l'Inps pretendeva di corrispondere l'integrazione per un numero di ore inferiore rispetto a quello di cui all'istanza datoriale). (1)
(1) Per i precedenti, anche in via di obiter dicta, si rinvia ai richiami puntualmente contenuti in sentenza. Sulla diversa tematica della giuris dizione in materia di cassa integrazione guadagni solo accennata nella decisione in epigrafe per le ragioni (formazione del giudicato sul punto)
Il Foro Italiano — 1990.
Motivi della decisione. — Con il primo motivo, deducendo vio
lazione di legge e vizio di motivazione, il ricorrente sostiene che
la sentenza impugnata ha errato nel ritenere che il datore di lavo
ro sia legittimato ad agire giudizialmente per il riconoscimento
del diritto all'integrazione salariale.
La censura è infondata, alla stregua del nuovo corso giuris
prudenziale inaugurato dalle sezioni unite di questa corte con la
sent. 20 giugno 1987, n. 5454 (Foro it., 1988, I, 2201), e seguito da ulteriori decisioni (11 dicembre 1987, n. 9217, ibid., 715, e altre).
Va premesso che non si pone nella presente causa alcuna que stione di giurisdizione innanzittutto perché, come esattamente posto in rilievo dal resistente in memoria, essendo passato in giudicato, in quanto non formante oggetto di censura in questa sede, un
capo di merito della decisione (quello relativo all'applicabilità al
la Sinco del contratto collettivo per le cooperative edilizie del 25
ottobre 1979, e non di quello per le imprese edili), è venuto a
formarsi il giudicato implicito sulla giurisdizione del giudice che
quella statuizione di merito ha pronunciato, con la conseguenza — secondo la costante giurisprudenza di questa corte — che non
può trovare più applicazione il principio della rilevabilità d'uffi
cio del difetto di giurisdizione in ogni stato e grado del processo, tenendo tale principio a trovare limitazione e l'acquiescenza tacita.
Comunque, una questione di giurisdizione non si pone neppure secondo l'impostazione risultante da detta decisione delle sezioni
unite, in quanto non si discute di ammissione o meno alla cassa
integrazione (valutazione discrezionale rimessa a provvedimento
amministrativo, eventualmente sindacabile davanti al giudice am
ministrativo e che nella specie è stato emanato in senso positivo, cosicché essendo l'ammissione al beneficio avvenuta, non vi è
luogo a contestazione alcuna circa quella discrezionale valutazio
ne), ma solo della spettanza dell'integrazione salariale per trenta
cinque o per quaranta ore, questione di interpretazione della di
sciplina collettiva attinente a posizione inequivocabilmente di di
ritto soggettivo (cfr., in situazione analoga, la sentenza n. 6748
del 1988, id., Rep. 1988, voce Previdenza sociale, n. 698). Ciò posto, e venendo all'esame della censura, deve ritenersi
che la legittimazione a far valere in giudizio l'anzidetta posizione
soggettiva non può non spettare (anche) al datore di lavoro.
Tale soluzione è già contenuta, sia pure come obiter dictum, nelle stesse sentenze innanzi richiamate, ed espressamente adotta
ta già dalla sent. 4 maggio 1987, n. 4134 (id., Rep. 1987, voce
cit., n. 753), che ha ritenuto legittimato il datore di lavoro, peral tro, riconoscendogli in relazione all'ammissione o meno alla cig una posizione di diritto soggettivo, che invece le sezioni unite
hanno, in tal caso, escluso; ma che invece ricorre — e con essa
la legittimazione — in relazione ad ipotesi quale quella oggetto della presente controversia, cosi come è stato ritenuto, in situa
zione analoga, dalle stesse sezioni unite con la sent. 6748/88.
Orbene, sia che si ritenga assicurato (oltreché assicurante) an
che il datore di lavoro cosi come i lavoratori (questione lasciata
impregiudicata dalle sezioni unite nella citata sentenza, in quanto la sua soluzione non appariva necessaria ai fini del decidere; e
risolta invece positivamente della sezione lavoro con la cit. sent.
4134/87), sia che si ravvisi comunque (ad ammissione avvenuta) una posizione di diritto soggettivo, nascente dal provvedimento ammissivo, in ordine al rimborso delle integrazioni salariali ero
gate quale adiectus solutionis causa dell'istituto, in ogni caso è
evidente la sussistenza di un suo interesse giuridicamente tutelato
(e non di mero fatto, come ritenuto dalla giurisprudenza poi di
sattesa dalle decisioni delle sezioni unite), di volta in volta davan ti al giudice amministrativo o davanti a quello ordinario, alla
stregua del criterio di riparto della giurisdizione adottato dalle
sezioni unite, e perciò legittimante il datore di lavoro ad agire nell'una o nell'altra sede.
ivi enunciate, e sulle sottostanti elaborazioni teoriche, cfr., oltre ai riferi menti in sentenza, la rassegna ragionata di M. D'Antona-M.T. Salimbe ni, Glossario giurisprudenziale della cassa integrazione guadagni, nota a Cass. 15 giugno 1988, n. 4058, 20 giugno 1987, n. 5456, Trib. Milano 28 febbraio 1987, Trib. Napoli 14 novembre 1986, Pret. Milano, ord. 21 novembre 1987, Pret. Roma 26 maggio 1987, Pret. Torino, decr. 6 marzo 1987, Pret. Napoli - Barra 11 novembre 1986, Foro it., 1988, I, 2203. In materia di cassa integrazione guadagni, cfr. Pret. Verbania 9
luglio 1988, id., 1989, I, 2993, con nota di richiami; Trib. Napoli 6 otto bre 1988, ibid., 1961, con nota di P. Bellocchi.
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