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PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE || sezione I civile; sentenza 23 agosto 1990, n....

Date post: 27-Jan-2017
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sezione I civile; sentenza 23 agosto 1990, n. 8586; Pres. Scanzano, Est. Olla, P.M. Scala (concl. conf.); Min. finanze (Avv. dello Stato Cocco) c. Soc. Videocolor (Avv. Adonnino). Cassa App. Roma 15 luglio 1985 Source: Il Foro Italiano, Vol. 114, PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE (1991), pp. 497/498-503/504 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23185275 . Accessed: 28/06/2014 07:54 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 193.142.30.37 on Sat, 28 Jun 2014 07:54:57 AM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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sezione I civile; sentenza 23 agosto 1990, n. 8586; Pres. Scanzano, Est. Olla, P.M. Scala (concl.conf.); Min. finanze (Avv. dello Stato Cocco) c. Soc. Videocolor (Avv. Adonnino). Cassa App.Roma 15 luglio 1985Source: Il Foro Italiano, Vol. 114, PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE(1991), pp. 497/498-503/504Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23185275 .

Accessed: 28/06/2014 07:54

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

segnare materialmente l'atto da notificare. È vero che non vie

ne indicata la qualità del legale, cioè l'avere agito su incarico

della ricorrente, ma l'omissione è del tutto irrilevante, giacché

l'imputazione della notifica alla cassa scaturisce dallo stesso ri

corso e risulta, comunque, attestata nella relazione suddetta, attraverso la prima indicazione.

5. - Con l'unico motivo di ricorso, denunciando la violazione

dell'art. 395 c.p.c. e vizi della motivazione, la Cassa marittima

meridionale critica la sentenza impugnata per avere negato l'esi

stenza delle fattispecie revocatone di cui ai nn. 1, 2 e 3 della

disposizione. In relazione a ciascuna di tali previsioni sostiene

che: a) erroneamente la corte ha qualificato come «semplice silenzio» su circostanza decisiva il comportamento chiaramente

doloso del Marongiu, che non solo aveva taciuto l'esistenza del

rapporto assicurativo con l'Inail, ma aveva tenuto una condotta

processuale fraudolenta allo scopo di trarre in inganno essa cas

sa e di conseguire in danno della stessa una duplice rendita in

fortunistica; b) contrariamente a quanto affermato dalla corte, la sentenza revocanda era stata resa sul presupposto, evincibile

da documenti, che il Marongiu fosse assicurato dalla cassa e

non da altri enti, laddove tali circostanze erano poi risultate

false; c) la lettera dell'Inail del 13 giugno 1966, in base alla

quale era stata scoperta l'esistenza dell'altro rapporto assicura

tivo — e, dunque, la frode commessa dal Marongiu — docu

mentava un fatto determinante prima ignorato dalla cassa per motivi di forza maggiore, sicché si configurava anche l'ipotesi del rinvenimento di documento decisivo.

La censura sub a) è fondata. È vero che ad integrare la fatti

specie del dolo processuale revocatorio, ex n. 1 dell'art. 395

c.p.c., non basta la semplice violazione dell'obbligo di compor tarsi in giudizio con lealtà e probità né sono di per sé sufficienti

il mendacio e le false allegazioni, bensì si richiede un'attività

intenzionalmente fraudolenta, concretantesi in artifici o raggiri tali da pregiudicare o sviare la difesa avversaria facendo appari re una situazione diversa da quella reale e, quindi, da impedire al giudice la conoscenza della verità (sent. n. 1128 del 1987,

id., Rep. 1987, voce Revocazione, n. 6; n. 3642 del 1986, id.,

Rep. 1986, voce cit., n. 5; n. 3768 del 1983, id., Rep. 1983,

voce cit., n. 2). Ma del pari non è dubbio che anche il mendacio o il silenzio

su fatti decisivi possono realizzare il presupposto della fattispe

cie se costituiscono elementi essenziali di un'attività diretta pro

prio a trarre in inganno la controparte e idonea — in relazione

alle circostanze — a determinare le conseguenze suddette. Ciò

deve dirsi, fra l'altro, quando la stessa domanda giudiziale tro

vi fondamento sul mendacio o sull'occultamento del vero, co

stituendo lo strumento per conseguire un ingiusto profitto, e

il successivo comportamento processuale, attuativo del disegno

fraudolento, sia tale da impedire un'efficiente attività difensiva

della controparte e, comunque, da pregiudicare l'accertamento

della verità.

Nel caso in esame il tribunale si è sostanzialmente limitato

all'enunciazione del principio di (normale) irrilevanza del solo

silenzio, senza valutare in concreto il comportamento del Ma

rongiu nell'ambito dell'azione da lui intrapresa proprio per con

seguire nuovamente l'indennità temporanea e la costituzione di

una nuova rendita infortunistica, malgrado che avesse già otte

nuto l'una e l'altra dall'I nail. In particolare, ai fini del giudizio

sull'idoneità della condotta del Marongiu ad incidere negativa

mente sulla difesa della cassa, il giudice di merito non ha tenuto

conto del peculiare meccanismo della copertura assicurativa ga

rantita dalla medesima cassa, per cui — secondo la tesi di que

st'ultima— l'occultamento del già conseguito trattamento in

fortunistico determinava l'apparenza di una situazione oggetti

va tale da far ritenere esistente il rapporto assicurativo, sensa

possibilità di svolgere una proficua difesa al riguardo, giacché

l'inclusione tra i beneficiari dell'assicurazione (numerica) dei ma

rittimi postula l'inesistenza di altra posizione assicurativa.

Né il tribunale ha considerato la circostanza che, proprio con

riferimento alla domanda accolta con la sentenza oggetto di re

vocazione, nei confronti del Marongiu era stato iniziato proce

dimento penale per truffa in danno della cassa (precisamente,

per truffa quanto all'indennità temporanea e per tentata truffa

quanto alla rendita definitiva). L'accertamento suddetto dovrà essere compiuto, quindi, dal

giudice del necessario rinvio.

Non sono fondate, invece, le censure sub b) e c).

Il Foro Italiano — 1991.

Quanto alla prima, va ricordato che la fattispecie prevista dal n. 2 dell'art. 395 c.p.c. si realizza allorché la sentenza revo

canda è basata su prove la cui falsità sia stata accertata con

sentenza passata in giudicato oppure sia stata riconosciuta dalla

parte a cui vantaggio le prove medesime sono state utilizzate

dal giudice. Le quali ipotesi non ricorrono nella specie, cone

correttamente ha statuito la sentenza impugnata.

Quanto all'altra censura, effettivamente non può essere con

divisa la sentenza là dove afferma che, ai fini della fattispecie revocatoria di cui al n. 3 dell'art. 395, è necessario che la man

cata produzione in giudizio del documento sia dipesa da fatto

dell'avversario. Poiché la disposizione fa riferimento anche al

l'impedimento derivante da forza maggiore e, d'altra parte, es

sa va coordinata con gli art. 210 ss. c.p.c., sull'esibizione delle

prove, occorre ritenere che per proporre l'impugnativa per re

vocazione sia sufficiente l'assenza di colpa del soccombente nel

la mancata produzione del documento decisivo, di cui egli non

abbia potuto nemmeno chiedere l'esibizione perché senza colpa

ignorava l'esistenza del documento medesimo o la persona che

10 deteneva (v. sent. n. 950 e n. 248 del 1986, id., Rep. 1986,

voce cit., nn. 8, 9). Ma l'inapplicabilità della disposizione è stata argomentata dal

tribunale pure in base alla natura del documento, costituito dal

la missiva del 10 giugno 1986, con cui l'Inail aveva comunicato

alla cassa l'avvenuto pagamento dell'indennità di inabilità tem

poranea e la costituzione della rendita definitiva. Sotto questo

profilo, è stato (esattamente) osservato in sentenza che non trat

tasi di documento diretto di un fatto giuridico, giacché la scrit

tura non era destinata a provare le circostanze suddette, ma

semplicemente a darne notizia al destinatario; e che, pertanto, non si configurava il rinvenimento di un documento decisivo,

bensì la sopravvenuta conoscenza di un fatto decisivo prima

ignorato, di cui la cassa avrebbe potuto avere conoscenza aliun

de (se non fuorviata, secondo la tesi della ricorrente, dall'azio

ne fraudolenta del Marongiu).

Questo ragionamento, che implica apprezzamenti di fatto non

censurabili in ordine al contenuto e alla finalità della missiva,

non è qui sindacabile perché cosi sorretto da motivazione con

grua e priva di vizi (v., da ultimo, sent. n. 261 del 1981, id.,

Rep. 1981, voce cit., n. 14). In definitiva, la sentenza impugnata, in accoglimento del pri

mo profilo di censura, deve essere cassata con rinvio della cau

sa ad altro giudice, che si designa nel Tribunale di Oristano,

11 quale procederà a nuovo esame della controversia, attenendo

si ai principi di diritto e ai rilievi innanzi svolti.

CORTE DI CASSAZIONE; sezione I civile; sentenza 23 agosto

1990, n. 8586; Pres. Scanzano, Est. Olla, P.M. Scala (conci,

conf.); Min. finanze (Aw. dello Stato Cocco) c. Soc. Video

color (Avv. Adonnino). Cassa App. Roma 15 luglio 1985.

Fabbricazione (imposte di) — Tubi catodici per televisori a co

lorì — Materiali detenuti prima dell'entrata in vigore della

legge istitutiva dell'imposta — Assoggettamento — Disciplina

(D.l. 1° ottobre 1979 n. 478, modificazioni al regime fiscale

sulla birra e sulle banane. Istituzione di un'imposta di fabbri

cazione sui tubi catodici per televisori a colori, art. 6, 10,

16; 1. 30 novembre 1979 n. 599, conversione in legge, con

modificazioni, del d.l. 1° ottobre 1979 n. 478, art. 3).

I tubi catodici per televisori a colori, detenuti nei locali di fab

brica alla data del 1° ottobre 1979 e successivamente estratti

entro il 30 novembre 1979, per il consumo nel mercato nazio

nale, vanno assoggettati all'imposta di fabbricazione intro

dotta dal d.l. 1° ottobre 1979 n. 478, convertito, con modifi

cazioni, nella l. 30 novembre 1979 n. 599. (1)

(1) Questione nuova. In dottrina, sulla disciplina generale delle imposte di fabbricazione,

v., da ultimo, Svizzeretto, Fabbricazione (imposte di), voce à&VEnci

clopedia giuridica Treccani, Roma, 1989, XIII.

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PARTE PRIMA

Svolgimento del processo. — Con atto 22 novembre 1979, l'ufficio tecnico delle imposte di fabbricazione di Roma signifi cò alla s.p.a. Videocolor di aver liquidato in lire 1.319.475.000 il suo debito per l'assolvimento dell'imposta sui tubi catodici

per televisori a colori detenuti alla data del 1° ottobre 1979, introdotta dal d.l. 1° ottobre 1979 n. 478.

Con successivo atto 3 dicembre 1979, lo stesso ufficio, dopo aver premesso che la liquidazione del 23 novembre 1979 doveva

essere «considerata nulla» avendo l'art. 3 della legge di conver

sione 30 novembre 1979 n. 599 soppresso l'art. 16, 4° comma, d.l. 478/79, formulò un nuovo invito a versare il medesimo

importo sulla base dell'art. 10 del medesimo decreto legge che, invece, la legge di conversione aveva lasciato in vigore per i tubi catodici giacenti al 1° ottobre 1979 ed immessi in consumo

nel successivo periodo fino al 30 novembre 1979, come si era

verificato nella specie. Rimasto vano l'invito, il 7 gennaio 1980 l'ufficio ricevitoria

della dogana di Roma intimò alla Videocolor di versare la som ma di lire 1.290.975.000 per il titolo specificato nell'avviso di

liquidazione del 3 dicembre 1979.

Con citazione 17 gennaio 1980 la Videocolor propose opposi zione all'ingiunzione convenendo, all'uopo, l'amministrazione

finanziaria dello Stato davanti al Tribunale di Roma e deducen

do l'insussistenza della pretesa tributaria perché la 1. n. 599 del 1979 aveva soppresso, sin dall'origine, l'imposta sui tubi cato

dici giacenti alla data del 1° ottobre 1979.

Resistette l'amministrazione finanziaria. L'opposta premise che il d.l. n. 478 aveva assoggettato i cinescopi detenuti dai fabbri canti il 1° ottobre 1979 ad una duplice imposizione: all'imposta sulle giacenze, da assolversi con le modalità previste nell'art.

16; ed all'imposta di fabbricazione da assolversi, con le modali

tà previste nell'art. 10, al momento dell'estrazione dei cinescopi dai depositi dei fabbricanti. Sostenne, poi, che la legge di con

versione aveva conservato la seconda imposizione per cui la pro pria pretesa era fondata.

Con sentenza 21 settembre 1981 il Tribunale di Roma accolse

l'opposizione e dichiarò non dovute dalla opponente Videoco lor le somme richiestele con l'ingiunzione fiscale.

La statuizione fu confermata dalla Corte d'appello di Roma, adita in secondo grado dall'amministrazione finanziaria, con sen tenza 15 luglio 1985.

L'amministrazione finanziaria dello Stato ricorre per cassa zione sulla base di un unico motivo ed insiste nell'impugnazio ne con memoria. Resiste, con controricorso, la s.p.a. Videocolor.

Motivi della decisione. — 1. - Con il motivo di impugnazione l'amministrazione finanziaria dello Stato denuncia, ai sensi del l'art. 360, n. 3, c.p.c., la violazione e falsa applicazione del

l'art. 3 1. 30 novembre 1979 n. 599 in riferimento agli art. 10 e 16 d.l. 1° ottobre 1979 n. 478.

2.1. - Nella parte che qui rileva detto decreto legge aveva

assoggettato ad imposizione tributaria denominata di fabbrica

zione, la fabbricazione e l'importazione in Italia dei tubi cato dici per televisori a colori.

In dettaglio, aveva assoggettato all'imposizione dell'importo di lire 75.000.000 ad esemplare, i prodotti fabbricati dopo il 1° ottobre 1979, data di entrata in vigore del testo normativo

(art. 6) e quelli detenuti alla stessa data nei locali di fabbrica

(art. 2 e 16), nonché alla corrispondente sovrimposta di confine i prodotti importati (art. 6, 2° comma).

La legge di conversione n. 599 del 30 novembre 1979 non confermò il decreto legge e soppresse le predette imposizioni tributarie.

Nel contempo, nel suo art. 3 cosi regolò le situazioni createsi a seguito della legislazione d'urgenza: «Gli atti ed i provvedi menti adottati fino all'entrata in vigore della presente legge in

applicazione degli art. 6, 7, 8, 9, 10, 11, 12, 13, 14, 16, 1°, 2° e 3° comma, 17 e 18 d.l. 1° ottobre 1979 n. 478 conservano validità anche ai fini degli atti e provvedimenti ad esso conse

guenti. Conservano efficacia i rapporti giuridici sorti sulla base delle citate disposizioni».

2.2. - Siffatto complesso normativo, perlomeno nella fatti

specie in decisione, non determina questioni circa il regime giu ridico determinato dalla legge di conversione in ordine all'im posta dovuta sui tubi catodici costruiti ed estratti (cioè immessi in commercio) dopo il 1° ottobre 1979.

La questione, invece, si pone per l'identificazione del regime conseguente alla medesima legge in ordine all'ipotesi in cui —

Il Foro Italiano — 1991.

come nella specie oggetto della presente controversia — i cine

scopi fossero stati costruiti avanti il 1° ottobre 1979, fossero

ancora giacenti a tal data presso i depositi dei fabbricanti, e

ne siano stati estratti nel periodo 1° ottobre - 30 novembre 1979.

Secondo la Corte d'appello di Roma (e la resistente s.p.a.

Videocolor) quei beni non sono più assoggettati ad alcuna im

posizione. Ciò perché, da un canto il d.l. aveva introdotto due

distinte imposte, di pari importo, tra loro alternative stante la

diversità dell'oggetto impositivo e, precisamente, una, di fab

bricazione in senso stretto, sui prodotti fabbricati dopo il 1°

ottobre 1979 e, l'altra, da ricondursi a quelle c.d. sulle giacen

ze, sui prodotti detenuti dai fabbricanti a quella data; ed aveva

assoggettato alla sola imposta sulle giacenze i beni ricompresi nella categoria oggetto della presente controversia. Dall'altro, la legge di conversione ha soppresso in modo radicale l'imposi zione sulle giacenze giusta il suo art. 3 che ha escluso la perma nenza in vigore, anche per il periodo intermedio della legislazio ne d'urgenza, del precetto di cui al 4° comma dell'art. 16 del

d.l. e, conseguentemente, della norma impositiva di quel tributo.

Di contro, la ricorrente propugna la soluzione opposta sulla

base di plurimi schemi difensivi tra loro alternativi.

Con un primo profilo ammette, anch'essa, che il d.l. abbia

introdotto due distinte imposte (di fabbricazione e sulle giacen

ze) diverse ed autonome tra loro. Le ritiene, tuttavia, sovrappo nibili in quanto inciderebbero su fattispecie oggettive diverse

e, pertanto, legittimanti la doppia imposizione ove nelle ipotesi concrete concorressero i rispettivi presupposti di fatto. Invero, a suo avviso, mentre l'imposta di fabbricazione colpiva tutti

indistintamente i cinescopi estratti dopo il 1° ottobre 1979 an

che se fabbricati antecedentemente a questa data, l'imposta sul le giacenze colpiva i cinescopi già costruiti e detenuti nei deposi ti dei fabbricanti al 1° ottobre 1979, indipendentemente dalla

loro estrazione: con la conseguenza, appunto, che i prodotti

giacenti al 1° ottobre 1979 ed estratti successivamente erano

assoggettati ad entrambe le imposizioni. Ciò posto, ammette anche che la legge di conversione abbia soppresso radicalmente

l'imposta sulle giacenze anche per il periodo intermedio, ma

assume che poiché, invece, ha conservato in vigore per il perio do intermedio l'imposta di fabbricazione dell'oggetto impositi vo incentrato sull'estrazione, i cinescopi in questione devono

rimanere assoggettati a quest'ultima imposizione proprio per ché estratti nel periodo 1° ottobre-30 novembre 1979.

Con il secondo profilo fonda l'asserita sovrapponibilità delle

due imposte direttamente sulle disposizioni della legge di con

versione e non più sul testo del decreto legge.

Infine, con la terza proposta argomentativa, già espressa co

me motivazione di fondo nel ricorso e sviluppata più compiuta mente nella memoria in questa sede, assume che dalla corretta

interpretazione dell'art. 3 1. 599/79 si evince che in sede di con

versione è stata «mantenuta l'impostazione sulle giacenze» sul

l'ipotesi oggetto della controversia in decisione. 3.- Manifestamente, la soluzione della problematica cosi' deli

neata esige, in via prioritaria, la ricostruzione del regime impo sitivo sui tubi catodici racchiuso nel decreto legge di per sé solo considerato.

In proposito è utile richiamare che, come è comune notazio

ne, su un piano di rigorosa coerenza, l'imposta di fabbricazione dovrebbe riguardare solo i fenomeni produttivi venuti in essere

dopo l'entrata in vigore della norma istitutiva.

Sennonché, sul piano economico la limitazione è atta a deter minare squilibri tra i beni immessi in commercio dopo la legge. Poiché il prezzo di mercato non potrà che scontare, in maggio razione, il nuovo tributo, e poiché per le leggi economiche il

prezzo generale di mercato si uniforma a quello dei prodotti che devono averlo più elevato per dover assorbire un maggior costo di produzione (nella specie, il nuovo tributo), il produtto re che dopo la legge ceda beni utilizzanti prodotti fabbricati in precedenza e, perciò non onerati dall'imposizione, finirebbe con il locupletarsi della parte del ricavato corrispondente al l'ammontare dell'imposta di fabbricazione gravante sui prodot ti creati successivamente.

Per evitare l'arricchimento, del tutto ingiustificato, e la con nessa disparità di trattamento tra i produttori cedenti, il legisla tore è solito estendere l'imposizione agli omologhi prodotti fab bricati prima dell'entrata in vigore della legge istitutiva ma a

questa data ancora detenuti dai fabbricati, colpendo, appunto, anche le giacenze.

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

Si tratta di una imposizione che, come altra volta chiarito

da questa corte nell'unico precedente che abbia affrontato la

tematica come ratio decidendi (Cass. 30 aprile 1979, n. 1876, Foro it., Rep. 1979, voce Fabbricazione (imposte), n. 16) è on

tologicamente identica a quella di fabbricazione in senso stret

to, sicché è ad essa del tutto omogenea e partecipa della sua

natura e del suo regime. Per le stesse ragioni, usualmente, viene anche introdotta una

sovrimposta di confine di pari importo sugli omologhi prodotti

importati. In via normale, l'oggetto impositivo di siffatte fattispecie tri

butarie è costituito, rispettivamente, dalla fabbricazione del pro

dotto, dalla sua giacenza e dal passaggio del confine, sicché

prescinde dall'estrazione, cioè dall'immissione in commercio.

Invece, su questo punto, il d.l. 478/79 ha introdotto una si

tuazione normativa con caratteri di specificità anche se non è

ignota all'ampio spettro delle imposizioni riconducibili, genri

camente, a quelle di fabbricazione

Come è stato sottolineato in dottrina, nonostante che sulla

base di una corretta impostazione sistematica il debito delle im

poste di fabbricazione dovrebbe sorgere, in forma definitiva ed

irrevocabile, al momento dell'ultimazione del processo produt

tivo, tuttavia, per lo più, le leggi danno rilevanza, in senso af

fermativo dell'esigibilità, all'effettivo distacco del prodotto dal

l'azienda produttrice, vale a dire all'effettiva estrazione della

partita dallo stabilimento o dal deposito e, in senso negativo, ad eventi che escludono l'immissione del prodotto nel mercato

interno. Con l'ulteriore connesso rilievo che se le imposte di

fabbricazione si distinguono da quelle di consumo per il fatto

che le prime danno rilievo alla produzione e le seconde alla

immissione nel consumo, allora, in questi casi, si è in presenza

non già di un'imposta di fabbricazione in senso stretto, ma di

un'imposta di consumo caratterizzata dal suo incidere esclusi

vamente sul primo atto del ciclo commerciale.

Per vero, anche il d.l. n. 478 ricollega la definitività dell'im

posizione al fatto economico dell'estrazione del prodotto per il consumo nello Stato, di modo che a questo fine non attribui

sce una rilevanza immediata e definitiva al fatto economico del

la produzione che pur ne costituisce il necessario presupposto.

Difatti, in relazione ai cinescopi fabbricati dopo il 1° ottobre

1979, il dato è addirittura enunciato nell'art. 10, 1° comma,

del decreto che subordina il pagamento del tributo all'estrazio

ne del bene. È desumibile, poi, dai precetti per i quali l'imposta

non è dovuta (ove, invece, assolta è definita «pagata indebita

mente» e dà diritto alla restituzione: v. art. 12, 5° comma) per

i cinescopi che vengono esportati, nonché per quelli non immes

si nel ciclo commerciale per la precedente perdita o distruzione

per caso fortuito o per forza maggiore o, comunque, per fatti

imputabili a titolo di colpa non grave a terzi o allo stesso sog

getto passivo (art. 13): come è addirittura ovvio, l'esclusione

dell'imposizione si giustifica sol riconoscendo che il fatto impo

sitivo diviene irreversibile solo con l'estrazione del prodotto per

il consumo interno e che al medesimo fine il fatto produttivo

in sé considerato è privo di rilevanza decisiva. Per quanto attiene, invece, ai cinescopi importati la conclu

sione deriva direttamente dal disposto dell'art. 13 in tema di

perdita o distruzione dei cinescopi, espressamente dichiarato ap

plicabile anche alla sovrimposta di confine.

In relazione, infine, ai prodotti giacenti al 1° ottobre 1979,

la costruzione si fonda, oltre che su dati positivi, su un rilievo

sistematico.

Sotto la prima prospettiva valgono il disposto dell'art. 13 in

tema di perdita e distruzione di cinescopi, applicabile univoca

mente a siffatti prodotti una volta che, testualmente, la sua sfe

ra d'operatività si estende, senza limitazione alcuna, ai prodotti

«esistenti nei depositi di fabbrica o negli altri depositi soggetti a vigilanza doganale»; nonché quello dell'art. 17 che esonera

dal pagamento «i prodotti giacenti alla data di entrata in vigore

del decreto», ove destinati all'esportazione. Sotto la seconda prospettiva, vale il principio della necessaria

omogeneità di regime dell'imposizione sulle giacenze rispetto a

quello sui prodotti fabbricati dopo l'entrata in vigore della leg

ge di modo che il completamento della fattispecie impositiva

con l'estrazione prevista per la seconda ipotesi deve estendersi

anche a quella in esame.

La conclusione introduce l'ulteriore rilievo secondo cui ai fini

dell'imposizione tributaria in parola il d.l. prevede, sostanzial

II Foro Italiano — 1991.

mente, una sola fattispecie oggettiva, l'estrazione dei cinescopi con la loro prima immissione nel ciclo commerciale italiano do

po il 1° ottobre 1979: estrazione che, comunque, costituisce il

presupposto necessario ma anche sufficiente per la tassazione

sia che il soggetto passivo (che è colui che procede all'estrazio

ne) abbia fabbricato i prodotti dopo tale data, sia che li dete

nesse alla stessa data, e sia che ne fosse l'importatore. In tal senso può affermarsi che, dunque, nell'ambito del de

creto legge è prevista un'unica fattispecie oggettiva, un unico

presupposto immediato e tanto comporta immediatamente che

è stata introdotta una sola fattispecie tributaria.

In altri termini, il decreto ha istituito una sola imposta (che ha denominato di fabbricazione in connessione alla considera

zione che, fuori dei casi dell'importazione, di fatto, il soggetto

passivo non può che essere il fabbricante) e non tre imposte

(una di fabbricazione, una sulle giacenze ed una sovrimposta di confine) distinte tra loro per il presupposto oggettivo, benché

di identico ammontare, regime e natura; ed ha strumentalizzato

le diversità delle situazioni produttive antecedenti l'estrazione,

soltanto ed esclusivamente per la determinazione e specificazio ne dei rispettivi sistemi impositivi di accertamento, liquidazione e riscossione.

Né è senza significato, in proposito, il constatare che la tecni

ca redazionale del decreto legge è strutturata proprio quale estrin

secazione formale di questa costruzione. Con l'unica disposizio

ne, contenuta nel 1° comma dell'art. 6, «è istituita una imposta di fabbricazione sui tubi catodici per televisori a colori», l'im

posizione è introdotta con riferimento ad enrambe le situazioni,

congiuntamente ed unitariamente considerate, dei cinescopi co

struiti dopo il primo ottobre e di quelli giacenti a tale data:

la formula non consente alcuna interpretazione restrittiva alla

prima ipotesi e, inoltre, nel contesto dell'intera fonte normativa

non esiste altra disposizione che possa essere intesa come istitu

tiva di un'imposizione autonoma che assuma come presupposto

autosufficiente ed irreversibile la sola situazione di giacenza. Cor

relativamente, il richiamo alla diversità delle situazioni tra chi

«intenda fabbricare» dopo il 1° ottobre 1979 (art. 8) e chi «alla

data di entrata in vigore del presente decreto detenga nei locali

di fabbrica i prodotti» (art. 16) e le stesse modalità di pagamen

to previste da quest'ultima disposizione, sono direttamente fun

zionali alla sola determinazione delle rispettive modalità di tec

nica impositiva.

Peraltro, esclusa l'istituzione di una pluralità di imposte dal

diverso oggetto impositivo, rimane automaticamente preclusa

la configurabilità di un sistema normativo che consenta la du

plicazione di imposizioni sui cinescopi detenuti al 1° ottobre

1979 ed estratti successivamente.

Ed è da aggiugere che, contrariamente a quanto sostenuto

nel secondo profilo difensivo della ricorrente, alla conclusione

sulla duplicità dell'imposizione non può pervenirsi neppure sul

la base della 1. 599/79 nella quale non è dato identificare alcuna

disposizione che possa essere utilizzata alla bisogna.

5. - Alla stregua del quadro normativo cosi individuato, ri

sultano infondate ed inaccettabili le proposte di ricostruzione

del sistema normativo formulate dalla ricorrente. Ne discende

ovviamente, per ciò solo, l'inaccettabilità e la reiezione dei pri

mi due schemi difensivi che incentrano la loro argomentazione

su siffatta ipotesi costruttiva.

Contemporaneamente, rimane inficiata la correttezza della ri

costruzione dello stesso sistema alla quale è pervenuta la corte

del merito in adesione alla prospettazione della Videocolor, an

ch'essa incentrata sull'istituzione di due imposte (una, di fab

bricazione e, l'altra, sulle giacenze) dal diverso oggetto imposi

tivo e tra loro separate e distinte.

6. - Non solo, ma valutando congiuntamente la portata della

legge di conversione che ha conservato in vigore per il periodo

di efficacia della legislazione d'urgenza (1° ottobre-30 novem

bre 1979) ipotesi impositive introdotte dal decreto legge, ed il

dato secondo cui quest'ultimo testo normativo aveva introdotto

un'unica imposta dal presupposto oggettivo avanti individuato,

già sotto un'angolatura meramente dialettica occorre ritenere,

necessariamente, che la legge di conversione ha conservato in

vigore, per il periodo intermedio, l'imposta sui cinescopi estrat

ti tra il 1° ottobre e il 30 novembre 1979, tanto se fabbricati

dopo l'entrata in vigore del decreto quanto se a questa data

giacenti nei depositi di fabbricanti. La conclusione ha un riscontro testuale una volta che l'art.

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Page 5: PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE || sezione I civile; sentenza 23 agosto 1990, n. 8586; Pres. Scanzano, Est. Olla, P.M. Scala (concl. conf.); Min. finanze (Avv.

PARTE PRIMA

3 1. 599/79 ha conservato in vigore, per l'intermedio, l'art. 6

del d.l. n. 478 e che questa norma, come si è enunciato, contie

ne il precetto impositivo del tributo anche con riferimento ai

tubi giacenti al 1° ottobre 1979.

La stessa viene poi corroborata, in parallelo, dal rilievo che,

sempre su base testuale, emerge che la legge di conversione ha

previsto in modo positivo la conservazione dell'imposizione tri

butaria anche con riferimento ai cinescopi giacenti alla data più volte richiamata.

È indubbio, innazitutto, che per siffatti prodotti il rapporto

giuridico relativo all'imposta della quale erano stati onerati dal

decreto legge, è sorto all'atto del verificarsi dei suoi presupposti

oggettivi avvenuti durante il periodo di vigenza dello stesso de

creto; tanto, non solo sulla traccia della costruzione qui accol

ta, ma, altresì, anche nell'ipotesi che nelle situazioni di giacenza il momento perfezionativo della fattispecie oggettiva fosse co

stituito soltanto dalla detenzione, ed in quella dell'istituzione

di una duplice imposta. Di conseguenza, in forza dell'art. 3, ultima parte, della legge di conversione, quel rapporto deve ri

manere efficace anche per il periodo intermedio, di modo che

i prodotti che ne formano oggetto (appunto i cinescopi detenuti

al 1° ottobre 1979) rimangono assoggettati all'imposizione ori

ginaria.

Inoltre, sempre l'art. 33 ha conservato espressamente in vigo re l'art. 17 del decreto che disciplinava le modalità di pagamen to del tributo sui cinescopi «giacenti» alla data della sua entrata

in vigore, ove destinati all'esportazione, e ciò si giustifica solo

a patto di riconoscere la conservazione dell'imposizione sulle

giacenze anche nel periodo intermedio.

Infine, la soluzione accolta è in totale sintonia con il princi

pio di omogeneità tra le situazioni economiche costituenti il pre

supposto mediato dell'imposta di fabbricazione. L'argomento

acquista uno spessore ancora maggiore considerando che non

vi è alcuna disposizione positiva che deponga in modo univoco

per l'interruzione dell'uniformità di trattamento tra le due si

tuazioni e che lo iato tra i due regimi, conseguenti all'opposta soluzione recepita dalla corte del merito, appare vieppiù inac

cettabile in quanto è carente di qualsiasi giustificazione sul pia no frazionale e su quello della ratio legis.

Né può condividersi l'obiezione sollevata dalla sentenza im

pugnata e dalla resistente secondo cui la legge di conversione

ha escluso la permanenza in vigore, anche per il periodo inter

medio, del disposto del 4° comma dell'art. 16 disciplinante l'at

tività di controllo e di liquidazione sui tubi catodici giacenti», e secondo cui la caducazione di quella disciplina comporta ne

cessariamente l'ablazione di ogni imposizione sulle giacenze. Come si è chiarito, da un canto il precetto istitutivo dell'im

posta sulle situazioni che hanno il presupposto mediato nella

giacenza è contenuto nell'art. 6 d.l. e non nel successivo art.

16 che attiene soltanto alla disciplina del sistema impositivo; dall'altro, la legge di conversione ha espressamente conservato in vigore l'art. 6. Quindi, la portata dell'ablazione del 4° com ma dell'art. 16 non può coinvolgere la caducazione dell'imposi zione su siffatta situazione, e non può che essere circoscritta

e limitata all'eliminazione della disciplina sull'attività di con

trollo e di liquidazione dell'ufficio fiscale. Ciò anche perché a tanto non consegue la carenza totale di regolamentazione po sitiva di tal materia una volta che, alla stregua del principio della omogeneità dei regimi, deve essere applicata la disciplina dettata nell'art. 10 d.l. per i tubi catodici costruiti dopo il 1°

ottobre 1979.

D'altra parte, si oppone nettamente alla validità dell'obiezio

ne la difficoltà di rendere ragione della conservazione in vigore delle disposizioni di cui ai primi tre commi dell'art. 16 discipli nanti le modalità della dichiarazione di imposta in relazione alle

situazioni di giacenza. Non si spiega, cioè, perché sia stato con servato in vigore l'obbligo della denuncia (tra l'altro sanzionata

pecuniariamente) della situazione in questione se ad essa non

dovesse seguire l'assoggettamento della fattispecie, completata con l'estrazione del prodotto, all'onere tributario anche nell'in

termedio. Né può dirsi che ciò avviene in quanto la denuncia

è direttamente funzionale all'attività di controllo dell'ammini

strazione fiscale in ordine alle situazioni collegate all'estrazione

dei prodotti fabbricati dopo il 1° ottobre 1979, una volta che

a tal fine operano, ed esaustivamente, le disposizioni degli arti

coli da 8 a 15 d.l. espressamente confermata per il periodo in

termedio dalla legge di conversione.

Il Foro Italiano — 1991.

Pertanto, deve necessariamente dirsi che per la legge di con

versione, la mancata conferma del 4° comma dell'art. 16 ha

lo scopo di evitare che, data la tecnica impositiva da esso adot

tata, proseguissero gli adempimenti ivi previsti con riferimento

alle giacenze in sé considerate; e, contemporaneamente, ribadir

si che rimangono assoggettati all'imposizione introdotta dal d.l.

478/79 i cinescopi detenuti dai fabbricanti al 1° ottobre 1979

ed estratti dai depositi fino al 30 novembre 1979.

7. - Nei limiti di questa ricostruzione risulta fondato il terzo

schema difensivo teso all'affermazione dell'esistenza di un pre cetto normativo avente il contenuto individuato da questa corte.

Correlativamente, risulta viziata da violazione di legge la sen

tenza della corte del merito che, interpretando erroneamente le

disposizioni positive, ha escluso siffatto assoggettamento ed ha

dichiarato non dovuta dalla Videocolor l'imposta in questione sui cinescopi dalla stessa detenuti nei propri depositi al 1° otto

bre 1979 ed estrattine sino al 30 novembre successivo.

8. - Pertanto, nei limiti enunciati il ricorso dell'amministra

zione finanziaria dello Stato deve essere accolto, la sentenza

impugnata cassata, ed il processo rimesso ad altra sezione della

Corte d'appello di Roma per il giudizio dirinvio. Tal giudice si atterrà al principio di diritto in base al quale

rimangono assoggettati all'imposta di cui agli art. 6, 10, 16,

1°, 2° 3° comma, d.l. 1° ottobre 1979 convertito con modifica

zioni nella 1. 30 novembre 1979 n. 599 i tubi catodici per televi

sori a colori detenuti nei locali di fabbrica alla data del 1° otto

bre 1979 ed estrattine successivamente entro il 30 novembre 1979

per il consumo nel mercato nazionale.

CORTE DI CASSAZIONE; sezione I civile; sentenza 9 agosto

1990, n. 8116; Pres. Bologna, Est. Baldassarre, P.M. Ze

ma (conci, conf.); Min. finanze (Aw. dello Stato Palatiel

lo) c. Ciaudano ed altri. Conferma Comm. trib. centrale 26

gennaio 1987, n. 750.

Tributi locali — Invim — Cessione gratuita di aree al comune

per opere di urbanizzazione — Valore dell'area ceduta — Spese incrementative — Inclusione (D.p.r. 26 ottobre 1972 n. 643, istituzione dell'imposta comunale sull'incremento di valore degli immobili, art. 13).

Ai fini del computo della base imponibile dell'Invim, il valore

della cessione gratuita di aree al comune per la realizzazione di opere di urbanizzazione, in forza di convenzione urbanisti ca per la lottizzazione di terreni a scopo edilizio, costituisce

spesa incrementativa ai sensi dell'art. 13 d.p.r. 643/72. (1)

(1) L'odierna pronuncia ribadisce il precedente di legittimità costitui to da Cass. 13 gennaio 1988, n. 186, Foro it., 1989, I, 1579 (ivi in nota i richiami ai precedenti delle commissioni tributarie). Si afferma, infatti, che il disposto di cui all'art. 13 d.p.r. 643/72 non contiene un'e lencazione tassativa delle ipotesi di detraibilità: si tratta, piuttosto, di

fattispecie indicate a titolo «essenzialmente esemplificativo e riguardan ti voci omogenee». Se cosi non fosse, aggiunge la Suprema corte, si dovrebbe sospettare il combinato disposto degli art. 11 e 13 di incosti tuzionalità.

In effetti, quanto previsto dalla norma citata è relativo alla definizio ne delle modalità di computo delle spese di urbanizzazione. Altro è il prolema inerente alla portata dell'art. 13, cosi come modificato dal

d.p.r. 688/74, se cioè tale norma abbia, o no, natura retroattiva. L'am ministrazione finanziaria (circolare 1/24/T 15 aprile 1988, in Codice delle imposte dirette e Invim, voi. 8, Milano, 13.37) sostiene che essa abbia carattere innovativo, costituendo una deroga di natura sostanzia le dell'art. 1 d.p.r. 688/74: tesi nella sostanza accolta da Cass. 7 feb braio 1989, n. 733, Foro it., 1990, I, 1678, con nota di richiami, secon do la quale, poiché l'articolo sopra citato «ha natura correttiva, esso

opera retroattivamente». Sulla questione della cessione gratuita delle aree ai comuni si riscon

tra una frattura tra giurisprudenza, alla quale si uniforma la dottrina, ed amministrazione finanziaria. Quest'ultima ha per tempo assunto una posizione molto ferma, sulla base di un'interpretazione strettamente let terale, affermando che la cessione delle aree non può essere detratta, poiché non costituisce una spesa in senso tecnico, bensì un costo. In

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