sezione I civile; sentenza 23 agosto 1990, n. 8586; Pres. Scanzano, Est. Olla, P.M. Scala (concl.conf.); Min. finanze (Avv. dello Stato Cocco) c. Soc. Videocolor (Avv. Adonnino). Cassa App.Roma 15 luglio 1985Source: Il Foro Italiano, Vol. 114, PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE(1991), pp. 497/498-503/504Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23185275 .
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
segnare materialmente l'atto da notificare. È vero che non vie
ne indicata la qualità del legale, cioè l'avere agito su incarico
della ricorrente, ma l'omissione è del tutto irrilevante, giacché
l'imputazione della notifica alla cassa scaturisce dallo stesso ri
corso e risulta, comunque, attestata nella relazione suddetta, attraverso la prima indicazione.
5. - Con l'unico motivo di ricorso, denunciando la violazione
dell'art. 395 c.p.c. e vizi della motivazione, la Cassa marittima
meridionale critica la sentenza impugnata per avere negato l'esi
stenza delle fattispecie revocatone di cui ai nn. 1, 2 e 3 della
disposizione. In relazione a ciascuna di tali previsioni sostiene
che: a) erroneamente la corte ha qualificato come «semplice silenzio» su circostanza decisiva il comportamento chiaramente
doloso del Marongiu, che non solo aveva taciuto l'esistenza del
rapporto assicurativo con l'Inail, ma aveva tenuto una condotta
processuale fraudolenta allo scopo di trarre in inganno essa cas
sa e di conseguire in danno della stessa una duplice rendita in
fortunistica; b) contrariamente a quanto affermato dalla corte, la sentenza revocanda era stata resa sul presupposto, evincibile
da documenti, che il Marongiu fosse assicurato dalla cassa e
non da altri enti, laddove tali circostanze erano poi risultate
false; c) la lettera dell'Inail del 13 giugno 1966, in base alla
quale era stata scoperta l'esistenza dell'altro rapporto assicura
tivo — e, dunque, la frode commessa dal Marongiu — docu
mentava un fatto determinante prima ignorato dalla cassa per motivi di forza maggiore, sicché si configurava anche l'ipotesi del rinvenimento di documento decisivo.
La censura sub a) è fondata. È vero che ad integrare la fatti
specie del dolo processuale revocatorio, ex n. 1 dell'art. 395
c.p.c., non basta la semplice violazione dell'obbligo di compor tarsi in giudizio con lealtà e probità né sono di per sé sufficienti
il mendacio e le false allegazioni, bensì si richiede un'attività
intenzionalmente fraudolenta, concretantesi in artifici o raggiri tali da pregiudicare o sviare la difesa avversaria facendo appari re una situazione diversa da quella reale e, quindi, da impedire al giudice la conoscenza della verità (sent. n. 1128 del 1987,
id., Rep. 1987, voce Revocazione, n. 6; n. 3642 del 1986, id.,
Rep. 1986, voce cit., n. 5; n. 3768 del 1983, id., Rep. 1983,
voce cit., n. 2). Ma del pari non è dubbio che anche il mendacio o il silenzio
su fatti decisivi possono realizzare il presupposto della fattispe
cie se costituiscono elementi essenziali di un'attività diretta pro
prio a trarre in inganno la controparte e idonea — in relazione
alle circostanze — a determinare le conseguenze suddette. Ciò
deve dirsi, fra l'altro, quando la stessa domanda giudiziale tro
vi fondamento sul mendacio o sull'occultamento del vero, co
stituendo lo strumento per conseguire un ingiusto profitto, e
il successivo comportamento processuale, attuativo del disegno
fraudolento, sia tale da impedire un'efficiente attività difensiva
della controparte e, comunque, da pregiudicare l'accertamento
della verità.
Nel caso in esame il tribunale si è sostanzialmente limitato
all'enunciazione del principio di (normale) irrilevanza del solo
silenzio, senza valutare in concreto il comportamento del Ma
rongiu nell'ambito dell'azione da lui intrapresa proprio per con
seguire nuovamente l'indennità temporanea e la costituzione di
una nuova rendita infortunistica, malgrado che avesse già otte
nuto l'una e l'altra dall'I nail. In particolare, ai fini del giudizio
sull'idoneità della condotta del Marongiu ad incidere negativa
mente sulla difesa della cassa, il giudice di merito non ha tenuto
conto del peculiare meccanismo della copertura assicurativa ga
rantita dalla medesima cassa, per cui — secondo la tesi di que
st'ultima— l'occultamento del già conseguito trattamento in
fortunistico determinava l'apparenza di una situazione oggetti
va tale da far ritenere esistente il rapporto assicurativo, sensa
possibilità di svolgere una proficua difesa al riguardo, giacché
l'inclusione tra i beneficiari dell'assicurazione (numerica) dei ma
rittimi postula l'inesistenza di altra posizione assicurativa.
Né il tribunale ha considerato la circostanza che, proprio con
riferimento alla domanda accolta con la sentenza oggetto di re
vocazione, nei confronti del Marongiu era stato iniziato proce
dimento penale per truffa in danno della cassa (precisamente,
per truffa quanto all'indennità temporanea e per tentata truffa
quanto alla rendita definitiva). L'accertamento suddetto dovrà essere compiuto, quindi, dal
giudice del necessario rinvio.
Non sono fondate, invece, le censure sub b) e c).
Il Foro Italiano — 1991.
Quanto alla prima, va ricordato che la fattispecie prevista dal n. 2 dell'art. 395 c.p.c. si realizza allorché la sentenza revo
canda è basata su prove la cui falsità sia stata accertata con
sentenza passata in giudicato oppure sia stata riconosciuta dalla
parte a cui vantaggio le prove medesime sono state utilizzate
dal giudice. Le quali ipotesi non ricorrono nella specie, cone
correttamente ha statuito la sentenza impugnata.
Quanto all'altra censura, effettivamente non può essere con
divisa la sentenza là dove afferma che, ai fini della fattispecie revocatoria di cui al n. 3 dell'art. 395, è necessario che la man
cata produzione in giudizio del documento sia dipesa da fatto
dell'avversario. Poiché la disposizione fa riferimento anche al
l'impedimento derivante da forza maggiore e, d'altra parte, es
sa va coordinata con gli art. 210 ss. c.p.c., sull'esibizione delle
prove, occorre ritenere che per proporre l'impugnativa per re
vocazione sia sufficiente l'assenza di colpa del soccombente nel
la mancata produzione del documento decisivo, di cui egli non
abbia potuto nemmeno chiedere l'esibizione perché senza colpa
ignorava l'esistenza del documento medesimo o la persona che
10 deteneva (v. sent. n. 950 e n. 248 del 1986, id., Rep. 1986,
voce cit., nn. 8, 9). Ma l'inapplicabilità della disposizione è stata argomentata dal
tribunale pure in base alla natura del documento, costituito dal
la missiva del 10 giugno 1986, con cui l'Inail aveva comunicato
alla cassa l'avvenuto pagamento dell'indennità di inabilità tem
poranea e la costituzione della rendita definitiva. Sotto questo
profilo, è stato (esattamente) osservato in sentenza che non trat
tasi di documento diretto di un fatto giuridico, giacché la scrit
tura non era destinata a provare le circostanze suddette, ma
semplicemente a darne notizia al destinatario; e che, pertanto, non si configurava il rinvenimento di un documento decisivo,
bensì la sopravvenuta conoscenza di un fatto decisivo prima
ignorato, di cui la cassa avrebbe potuto avere conoscenza aliun
de (se non fuorviata, secondo la tesi della ricorrente, dall'azio
ne fraudolenta del Marongiu).
Questo ragionamento, che implica apprezzamenti di fatto non
censurabili in ordine al contenuto e alla finalità della missiva,
non è qui sindacabile perché cosi sorretto da motivazione con
grua e priva di vizi (v., da ultimo, sent. n. 261 del 1981, id.,
Rep. 1981, voce cit., n. 14). In definitiva, la sentenza impugnata, in accoglimento del pri
mo profilo di censura, deve essere cassata con rinvio della cau
sa ad altro giudice, che si designa nel Tribunale di Oristano,
11 quale procederà a nuovo esame della controversia, attenendo
si ai principi di diritto e ai rilievi innanzi svolti.
CORTE DI CASSAZIONE; sezione I civile; sentenza 23 agosto
1990, n. 8586; Pres. Scanzano, Est. Olla, P.M. Scala (conci,
conf.); Min. finanze (Aw. dello Stato Cocco) c. Soc. Video
color (Avv. Adonnino). Cassa App. Roma 15 luglio 1985.
Fabbricazione (imposte di) — Tubi catodici per televisori a co
lorì — Materiali detenuti prima dell'entrata in vigore della
legge istitutiva dell'imposta — Assoggettamento — Disciplina
(D.l. 1° ottobre 1979 n. 478, modificazioni al regime fiscale
sulla birra e sulle banane. Istituzione di un'imposta di fabbri
cazione sui tubi catodici per televisori a colori, art. 6, 10,
16; 1. 30 novembre 1979 n. 599, conversione in legge, con
modificazioni, del d.l. 1° ottobre 1979 n. 478, art. 3).
I tubi catodici per televisori a colori, detenuti nei locali di fab
brica alla data del 1° ottobre 1979 e successivamente estratti
entro il 30 novembre 1979, per il consumo nel mercato nazio
nale, vanno assoggettati all'imposta di fabbricazione intro
dotta dal d.l. 1° ottobre 1979 n. 478, convertito, con modifi
cazioni, nella l. 30 novembre 1979 n. 599. (1)
(1) Questione nuova. In dottrina, sulla disciplina generale delle imposte di fabbricazione,
v., da ultimo, Svizzeretto, Fabbricazione (imposte di), voce à&VEnci
clopedia giuridica Treccani, Roma, 1989, XIII.
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PARTE PRIMA
Svolgimento del processo. — Con atto 22 novembre 1979, l'ufficio tecnico delle imposte di fabbricazione di Roma signifi cò alla s.p.a. Videocolor di aver liquidato in lire 1.319.475.000 il suo debito per l'assolvimento dell'imposta sui tubi catodici
per televisori a colori detenuti alla data del 1° ottobre 1979, introdotta dal d.l. 1° ottobre 1979 n. 478.
Con successivo atto 3 dicembre 1979, lo stesso ufficio, dopo aver premesso che la liquidazione del 23 novembre 1979 doveva
essere «considerata nulla» avendo l'art. 3 della legge di conver
sione 30 novembre 1979 n. 599 soppresso l'art. 16, 4° comma, d.l. 478/79, formulò un nuovo invito a versare il medesimo
importo sulla base dell'art. 10 del medesimo decreto legge che, invece, la legge di conversione aveva lasciato in vigore per i tubi catodici giacenti al 1° ottobre 1979 ed immessi in consumo
nel successivo periodo fino al 30 novembre 1979, come si era
verificato nella specie. Rimasto vano l'invito, il 7 gennaio 1980 l'ufficio ricevitoria
della dogana di Roma intimò alla Videocolor di versare la som ma di lire 1.290.975.000 per il titolo specificato nell'avviso di
liquidazione del 3 dicembre 1979.
Con citazione 17 gennaio 1980 la Videocolor propose opposi zione all'ingiunzione convenendo, all'uopo, l'amministrazione
finanziaria dello Stato davanti al Tribunale di Roma e deducen
do l'insussistenza della pretesa tributaria perché la 1. n. 599 del 1979 aveva soppresso, sin dall'origine, l'imposta sui tubi cato
dici giacenti alla data del 1° ottobre 1979.
Resistette l'amministrazione finanziaria. L'opposta premise che il d.l. n. 478 aveva assoggettato i cinescopi detenuti dai fabbri canti il 1° ottobre 1979 ad una duplice imposizione: all'imposta sulle giacenze, da assolversi con le modalità previste nell'art.
16; ed all'imposta di fabbricazione da assolversi, con le modali
tà previste nell'art. 10, al momento dell'estrazione dei cinescopi dai depositi dei fabbricanti. Sostenne, poi, che la legge di con
versione aveva conservato la seconda imposizione per cui la pro pria pretesa era fondata.
Con sentenza 21 settembre 1981 il Tribunale di Roma accolse
l'opposizione e dichiarò non dovute dalla opponente Videoco lor le somme richiestele con l'ingiunzione fiscale.
La statuizione fu confermata dalla Corte d'appello di Roma, adita in secondo grado dall'amministrazione finanziaria, con sen tenza 15 luglio 1985.
L'amministrazione finanziaria dello Stato ricorre per cassa zione sulla base di un unico motivo ed insiste nell'impugnazio ne con memoria. Resiste, con controricorso, la s.p.a. Videocolor.
Motivi della decisione. — 1. - Con il motivo di impugnazione l'amministrazione finanziaria dello Stato denuncia, ai sensi del l'art. 360, n. 3, c.p.c., la violazione e falsa applicazione del
l'art. 3 1. 30 novembre 1979 n. 599 in riferimento agli art. 10 e 16 d.l. 1° ottobre 1979 n. 478.
2.1. - Nella parte che qui rileva detto decreto legge aveva
assoggettato ad imposizione tributaria denominata di fabbrica
zione, la fabbricazione e l'importazione in Italia dei tubi cato dici per televisori a colori.
In dettaglio, aveva assoggettato all'imposizione dell'importo di lire 75.000.000 ad esemplare, i prodotti fabbricati dopo il 1° ottobre 1979, data di entrata in vigore del testo normativo
(art. 6) e quelli detenuti alla stessa data nei locali di fabbrica
(art. 2 e 16), nonché alla corrispondente sovrimposta di confine i prodotti importati (art. 6, 2° comma).
La legge di conversione n. 599 del 30 novembre 1979 non confermò il decreto legge e soppresse le predette imposizioni tributarie.
Nel contempo, nel suo art. 3 cosi regolò le situazioni createsi a seguito della legislazione d'urgenza: «Gli atti ed i provvedi menti adottati fino all'entrata in vigore della presente legge in
applicazione degli art. 6, 7, 8, 9, 10, 11, 12, 13, 14, 16, 1°, 2° e 3° comma, 17 e 18 d.l. 1° ottobre 1979 n. 478 conservano validità anche ai fini degli atti e provvedimenti ad esso conse
guenti. Conservano efficacia i rapporti giuridici sorti sulla base delle citate disposizioni».
2.2. - Siffatto complesso normativo, perlomeno nella fatti
specie in decisione, non determina questioni circa il regime giu ridico determinato dalla legge di conversione in ordine all'im posta dovuta sui tubi catodici costruiti ed estratti (cioè immessi in commercio) dopo il 1° ottobre 1979.
La questione, invece, si pone per l'identificazione del regime conseguente alla medesima legge in ordine all'ipotesi in cui —
Il Foro Italiano — 1991.
come nella specie oggetto della presente controversia — i cine
scopi fossero stati costruiti avanti il 1° ottobre 1979, fossero
ancora giacenti a tal data presso i depositi dei fabbricanti, e
ne siano stati estratti nel periodo 1° ottobre - 30 novembre 1979.
Secondo la Corte d'appello di Roma (e la resistente s.p.a.
Videocolor) quei beni non sono più assoggettati ad alcuna im
posizione. Ciò perché, da un canto il d.l. aveva introdotto due
distinte imposte, di pari importo, tra loro alternative stante la
diversità dell'oggetto impositivo e, precisamente, una, di fab
bricazione in senso stretto, sui prodotti fabbricati dopo il 1°
ottobre 1979 e, l'altra, da ricondursi a quelle c.d. sulle giacen
ze, sui prodotti detenuti dai fabbricanti a quella data; ed aveva
assoggettato alla sola imposta sulle giacenze i beni ricompresi nella categoria oggetto della presente controversia. Dall'altro, la legge di conversione ha soppresso in modo radicale l'imposi zione sulle giacenze giusta il suo art. 3 che ha escluso la perma nenza in vigore, anche per il periodo intermedio della legislazio ne d'urgenza, del precetto di cui al 4° comma dell'art. 16 del
d.l. e, conseguentemente, della norma impositiva di quel tributo.
Di contro, la ricorrente propugna la soluzione opposta sulla
base di plurimi schemi difensivi tra loro alternativi.
Con un primo profilo ammette, anch'essa, che il d.l. abbia
introdotto due distinte imposte (di fabbricazione e sulle giacen
ze) diverse ed autonome tra loro. Le ritiene, tuttavia, sovrappo nibili in quanto inciderebbero su fattispecie oggettive diverse
e, pertanto, legittimanti la doppia imposizione ove nelle ipotesi concrete concorressero i rispettivi presupposti di fatto. Invero, a suo avviso, mentre l'imposta di fabbricazione colpiva tutti
indistintamente i cinescopi estratti dopo il 1° ottobre 1979 an
che se fabbricati antecedentemente a questa data, l'imposta sul le giacenze colpiva i cinescopi già costruiti e detenuti nei deposi ti dei fabbricanti al 1° ottobre 1979, indipendentemente dalla
loro estrazione: con la conseguenza, appunto, che i prodotti
giacenti al 1° ottobre 1979 ed estratti successivamente erano
assoggettati ad entrambe le imposizioni. Ciò posto, ammette anche che la legge di conversione abbia soppresso radicalmente
l'imposta sulle giacenze anche per il periodo intermedio, ma
assume che poiché, invece, ha conservato in vigore per il perio do intermedio l'imposta di fabbricazione dell'oggetto impositi vo incentrato sull'estrazione, i cinescopi in questione devono
rimanere assoggettati a quest'ultima imposizione proprio per ché estratti nel periodo 1° ottobre-30 novembre 1979.
Con il secondo profilo fonda l'asserita sovrapponibilità delle
due imposte direttamente sulle disposizioni della legge di con
versione e non più sul testo del decreto legge.
Infine, con la terza proposta argomentativa, già espressa co
me motivazione di fondo nel ricorso e sviluppata più compiuta mente nella memoria in questa sede, assume che dalla corretta
interpretazione dell'art. 3 1. 599/79 si evince che in sede di con
versione è stata «mantenuta l'impostazione sulle giacenze» sul
l'ipotesi oggetto della controversia in decisione. 3.- Manifestamente, la soluzione della problematica cosi' deli
neata esige, in via prioritaria, la ricostruzione del regime impo sitivo sui tubi catodici racchiuso nel decreto legge di per sé solo considerato.
In proposito è utile richiamare che, come è comune notazio
ne, su un piano di rigorosa coerenza, l'imposta di fabbricazione dovrebbe riguardare solo i fenomeni produttivi venuti in essere
dopo l'entrata in vigore della norma istitutiva.
Sennonché, sul piano economico la limitazione è atta a deter minare squilibri tra i beni immessi in commercio dopo la legge. Poiché il prezzo di mercato non potrà che scontare, in maggio razione, il nuovo tributo, e poiché per le leggi economiche il
prezzo generale di mercato si uniforma a quello dei prodotti che devono averlo più elevato per dover assorbire un maggior costo di produzione (nella specie, il nuovo tributo), il produtto re che dopo la legge ceda beni utilizzanti prodotti fabbricati in precedenza e, perciò non onerati dall'imposizione, finirebbe con il locupletarsi della parte del ricavato corrispondente al l'ammontare dell'imposta di fabbricazione gravante sui prodot ti creati successivamente.
Per evitare l'arricchimento, del tutto ingiustificato, e la con nessa disparità di trattamento tra i produttori cedenti, il legisla tore è solito estendere l'imposizione agli omologhi prodotti fab bricati prima dell'entrata in vigore della legge istitutiva ma a
questa data ancora detenuti dai fabbricati, colpendo, appunto, anche le giacenze.
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
Si tratta di una imposizione che, come altra volta chiarito
da questa corte nell'unico precedente che abbia affrontato la
tematica come ratio decidendi (Cass. 30 aprile 1979, n. 1876, Foro it., Rep. 1979, voce Fabbricazione (imposte), n. 16) è on
tologicamente identica a quella di fabbricazione in senso stret
to, sicché è ad essa del tutto omogenea e partecipa della sua
natura e del suo regime. Per le stesse ragioni, usualmente, viene anche introdotta una
sovrimposta di confine di pari importo sugli omologhi prodotti
importati. In via normale, l'oggetto impositivo di siffatte fattispecie tri
butarie è costituito, rispettivamente, dalla fabbricazione del pro
dotto, dalla sua giacenza e dal passaggio del confine, sicché
prescinde dall'estrazione, cioè dall'immissione in commercio.
Invece, su questo punto, il d.l. 478/79 ha introdotto una si
tuazione normativa con caratteri di specificità anche se non è
ignota all'ampio spettro delle imposizioni riconducibili, genri
camente, a quelle di fabbricazione
Come è stato sottolineato in dottrina, nonostante che sulla
base di una corretta impostazione sistematica il debito delle im
poste di fabbricazione dovrebbe sorgere, in forma definitiva ed
irrevocabile, al momento dell'ultimazione del processo produt
tivo, tuttavia, per lo più, le leggi danno rilevanza, in senso af
fermativo dell'esigibilità, all'effettivo distacco del prodotto dal
l'azienda produttrice, vale a dire all'effettiva estrazione della
partita dallo stabilimento o dal deposito e, in senso negativo, ad eventi che escludono l'immissione del prodotto nel mercato
interno. Con l'ulteriore connesso rilievo che se le imposte di
fabbricazione si distinguono da quelle di consumo per il fatto
che le prime danno rilievo alla produzione e le seconde alla
immissione nel consumo, allora, in questi casi, si è in presenza
non già di un'imposta di fabbricazione in senso stretto, ma di
un'imposta di consumo caratterizzata dal suo incidere esclusi
vamente sul primo atto del ciclo commerciale.
Per vero, anche il d.l. n. 478 ricollega la definitività dell'im
posizione al fatto economico dell'estrazione del prodotto per il consumo nello Stato, di modo che a questo fine non attribui
sce una rilevanza immediata e definitiva al fatto economico del
la produzione che pur ne costituisce il necessario presupposto.
Difatti, in relazione ai cinescopi fabbricati dopo il 1° ottobre
1979, il dato è addirittura enunciato nell'art. 10, 1° comma,
del decreto che subordina il pagamento del tributo all'estrazio
ne del bene. È desumibile, poi, dai precetti per i quali l'imposta
non è dovuta (ove, invece, assolta è definita «pagata indebita
mente» e dà diritto alla restituzione: v. art. 12, 5° comma) per
i cinescopi che vengono esportati, nonché per quelli non immes
si nel ciclo commerciale per la precedente perdita o distruzione
per caso fortuito o per forza maggiore o, comunque, per fatti
imputabili a titolo di colpa non grave a terzi o allo stesso sog
getto passivo (art. 13): come è addirittura ovvio, l'esclusione
dell'imposizione si giustifica sol riconoscendo che il fatto impo
sitivo diviene irreversibile solo con l'estrazione del prodotto per
il consumo interno e che al medesimo fine il fatto produttivo
in sé considerato è privo di rilevanza decisiva. Per quanto attiene, invece, ai cinescopi importati la conclu
sione deriva direttamente dal disposto dell'art. 13 in tema di
perdita o distruzione dei cinescopi, espressamente dichiarato ap
plicabile anche alla sovrimposta di confine.
In relazione, infine, ai prodotti giacenti al 1° ottobre 1979,
la costruzione si fonda, oltre che su dati positivi, su un rilievo
sistematico.
Sotto la prima prospettiva valgono il disposto dell'art. 13 in
tema di perdita e distruzione di cinescopi, applicabile univoca
mente a siffatti prodotti una volta che, testualmente, la sua sfe
ra d'operatività si estende, senza limitazione alcuna, ai prodotti
«esistenti nei depositi di fabbrica o negli altri depositi soggetti a vigilanza doganale»; nonché quello dell'art. 17 che esonera
dal pagamento «i prodotti giacenti alla data di entrata in vigore
del decreto», ove destinati all'esportazione. Sotto la seconda prospettiva, vale il principio della necessaria
omogeneità di regime dell'imposizione sulle giacenze rispetto a
quello sui prodotti fabbricati dopo l'entrata in vigore della leg
ge di modo che il completamento della fattispecie impositiva
con l'estrazione prevista per la seconda ipotesi deve estendersi
anche a quella in esame.
La conclusione introduce l'ulteriore rilievo secondo cui ai fini
dell'imposizione tributaria in parola il d.l. prevede, sostanzial
II Foro Italiano — 1991.
mente, una sola fattispecie oggettiva, l'estrazione dei cinescopi con la loro prima immissione nel ciclo commerciale italiano do
po il 1° ottobre 1979: estrazione che, comunque, costituisce il
presupposto necessario ma anche sufficiente per la tassazione
sia che il soggetto passivo (che è colui che procede all'estrazio
ne) abbia fabbricato i prodotti dopo tale data, sia che li dete
nesse alla stessa data, e sia che ne fosse l'importatore. In tal senso può affermarsi che, dunque, nell'ambito del de
creto legge è prevista un'unica fattispecie oggettiva, un unico
presupposto immediato e tanto comporta immediatamente che
è stata introdotta una sola fattispecie tributaria.
In altri termini, il decreto ha istituito una sola imposta (che ha denominato di fabbricazione in connessione alla considera
zione che, fuori dei casi dell'importazione, di fatto, il soggetto
passivo non può che essere il fabbricante) e non tre imposte
(una di fabbricazione, una sulle giacenze ed una sovrimposta di confine) distinte tra loro per il presupposto oggettivo, benché
di identico ammontare, regime e natura; ed ha strumentalizzato
le diversità delle situazioni produttive antecedenti l'estrazione,
soltanto ed esclusivamente per la determinazione e specificazio ne dei rispettivi sistemi impositivi di accertamento, liquidazione e riscossione.
Né è senza significato, in proposito, il constatare che la tecni
ca redazionale del decreto legge è strutturata proprio quale estrin
secazione formale di questa costruzione. Con l'unica disposizio
ne, contenuta nel 1° comma dell'art. 6, «è istituita una imposta di fabbricazione sui tubi catodici per televisori a colori», l'im
posizione è introdotta con riferimento ad enrambe le situazioni,
congiuntamente ed unitariamente considerate, dei cinescopi co
struiti dopo il primo ottobre e di quelli giacenti a tale data:
la formula non consente alcuna interpretazione restrittiva alla
prima ipotesi e, inoltre, nel contesto dell'intera fonte normativa
non esiste altra disposizione che possa essere intesa come istitu
tiva di un'imposizione autonoma che assuma come presupposto
autosufficiente ed irreversibile la sola situazione di giacenza. Cor
relativamente, il richiamo alla diversità delle situazioni tra chi
«intenda fabbricare» dopo il 1° ottobre 1979 (art. 8) e chi «alla
data di entrata in vigore del presente decreto detenga nei locali
di fabbrica i prodotti» (art. 16) e le stesse modalità di pagamen
to previste da quest'ultima disposizione, sono direttamente fun
zionali alla sola determinazione delle rispettive modalità di tec
nica impositiva.
Peraltro, esclusa l'istituzione di una pluralità di imposte dal
diverso oggetto impositivo, rimane automaticamente preclusa
la configurabilità di un sistema normativo che consenta la du
plicazione di imposizioni sui cinescopi detenuti al 1° ottobre
1979 ed estratti successivamente.
Ed è da aggiugere che, contrariamente a quanto sostenuto
nel secondo profilo difensivo della ricorrente, alla conclusione
sulla duplicità dell'imposizione non può pervenirsi neppure sul
la base della 1. 599/79 nella quale non è dato identificare alcuna
disposizione che possa essere utilizzata alla bisogna.
5. - Alla stregua del quadro normativo cosi individuato, ri
sultano infondate ed inaccettabili le proposte di ricostruzione
del sistema normativo formulate dalla ricorrente. Ne discende
ovviamente, per ciò solo, l'inaccettabilità e la reiezione dei pri
mi due schemi difensivi che incentrano la loro argomentazione
su siffatta ipotesi costruttiva.
Contemporaneamente, rimane inficiata la correttezza della ri
costruzione dello stesso sistema alla quale è pervenuta la corte
del merito in adesione alla prospettazione della Videocolor, an
ch'essa incentrata sull'istituzione di due imposte (una, di fab
bricazione e, l'altra, sulle giacenze) dal diverso oggetto imposi
tivo e tra loro separate e distinte.
6. - Non solo, ma valutando congiuntamente la portata della
legge di conversione che ha conservato in vigore per il periodo
di efficacia della legislazione d'urgenza (1° ottobre-30 novem
bre 1979) ipotesi impositive introdotte dal decreto legge, ed il
dato secondo cui quest'ultimo testo normativo aveva introdotto
un'unica imposta dal presupposto oggettivo avanti individuato,
già sotto un'angolatura meramente dialettica occorre ritenere,
necessariamente, che la legge di conversione ha conservato in
vigore, per il periodo intermedio, l'imposta sui cinescopi estrat
ti tra il 1° ottobre e il 30 novembre 1979, tanto se fabbricati
dopo l'entrata in vigore del decreto quanto se a questa data
giacenti nei depositi di fabbricanti. La conclusione ha un riscontro testuale una volta che l'art.
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PARTE PRIMA
3 1. 599/79 ha conservato in vigore, per l'intermedio, l'art. 6
del d.l. n. 478 e che questa norma, come si è enunciato, contie
ne il precetto impositivo del tributo anche con riferimento ai
tubi giacenti al 1° ottobre 1979.
La stessa viene poi corroborata, in parallelo, dal rilievo che,
sempre su base testuale, emerge che la legge di conversione ha
previsto in modo positivo la conservazione dell'imposizione tri
butaria anche con riferimento ai cinescopi giacenti alla data più volte richiamata.
È indubbio, innazitutto, che per siffatti prodotti il rapporto
giuridico relativo all'imposta della quale erano stati onerati dal
decreto legge, è sorto all'atto del verificarsi dei suoi presupposti
oggettivi avvenuti durante il periodo di vigenza dello stesso de
creto; tanto, non solo sulla traccia della costruzione qui accol
ta, ma, altresì, anche nell'ipotesi che nelle situazioni di giacenza il momento perfezionativo della fattispecie oggettiva fosse co
stituito soltanto dalla detenzione, ed in quella dell'istituzione
di una duplice imposta. Di conseguenza, in forza dell'art. 3, ultima parte, della legge di conversione, quel rapporto deve ri
manere efficace anche per il periodo intermedio, di modo che
i prodotti che ne formano oggetto (appunto i cinescopi detenuti
al 1° ottobre 1979) rimangono assoggettati all'imposizione ori
ginaria.
Inoltre, sempre l'art. 33 ha conservato espressamente in vigo re l'art. 17 del decreto che disciplinava le modalità di pagamen to del tributo sui cinescopi «giacenti» alla data della sua entrata
in vigore, ove destinati all'esportazione, e ciò si giustifica solo
a patto di riconoscere la conservazione dell'imposizione sulle
giacenze anche nel periodo intermedio.
Infine, la soluzione accolta è in totale sintonia con il princi
pio di omogeneità tra le situazioni economiche costituenti il pre
supposto mediato dell'imposta di fabbricazione. L'argomento
acquista uno spessore ancora maggiore considerando che non
vi è alcuna disposizione positiva che deponga in modo univoco
per l'interruzione dell'uniformità di trattamento tra le due si
tuazioni e che lo iato tra i due regimi, conseguenti all'opposta soluzione recepita dalla corte del merito, appare vieppiù inac
cettabile in quanto è carente di qualsiasi giustificazione sul pia no frazionale e su quello della ratio legis.
Né può condividersi l'obiezione sollevata dalla sentenza im
pugnata e dalla resistente secondo cui la legge di conversione
ha escluso la permanenza in vigore, anche per il periodo inter
medio, del disposto del 4° comma dell'art. 16 disciplinante l'at
tività di controllo e di liquidazione sui tubi catodici giacenti», e secondo cui la caducazione di quella disciplina comporta ne
cessariamente l'ablazione di ogni imposizione sulle giacenze. Come si è chiarito, da un canto il precetto istitutivo dell'im
posta sulle situazioni che hanno il presupposto mediato nella
giacenza è contenuto nell'art. 6 d.l. e non nel successivo art.
16 che attiene soltanto alla disciplina del sistema impositivo; dall'altro, la legge di conversione ha espressamente conservato in vigore l'art. 6. Quindi, la portata dell'ablazione del 4° com ma dell'art. 16 non può coinvolgere la caducazione dell'imposi zione su siffatta situazione, e non può che essere circoscritta
e limitata all'eliminazione della disciplina sull'attività di con
trollo e di liquidazione dell'ufficio fiscale. Ciò anche perché a tanto non consegue la carenza totale di regolamentazione po sitiva di tal materia una volta che, alla stregua del principio della omogeneità dei regimi, deve essere applicata la disciplina dettata nell'art. 10 d.l. per i tubi catodici costruiti dopo il 1°
ottobre 1979.
D'altra parte, si oppone nettamente alla validità dell'obiezio
ne la difficoltà di rendere ragione della conservazione in vigore delle disposizioni di cui ai primi tre commi dell'art. 16 discipli nanti le modalità della dichiarazione di imposta in relazione alle
situazioni di giacenza. Non si spiega, cioè, perché sia stato con servato in vigore l'obbligo della denuncia (tra l'altro sanzionata
pecuniariamente) della situazione in questione se ad essa non
dovesse seguire l'assoggettamento della fattispecie, completata con l'estrazione del prodotto, all'onere tributario anche nell'in
termedio. Né può dirsi che ciò avviene in quanto la denuncia
è direttamente funzionale all'attività di controllo dell'ammini
strazione fiscale in ordine alle situazioni collegate all'estrazione
dei prodotti fabbricati dopo il 1° ottobre 1979, una volta che
a tal fine operano, ed esaustivamente, le disposizioni degli arti
coli da 8 a 15 d.l. espressamente confermata per il periodo in
termedio dalla legge di conversione.
Il Foro Italiano — 1991.
Pertanto, deve necessariamente dirsi che per la legge di con
versione, la mancata conferma del 4° comma dell'art. 16 ha
lo scopo di evitare che, data la tecnica impositiva da esso adot
tata, proseguissero gli adempimenti ivi previsti con riferimento
alle giacenze in sé considerate; e, contemporaneamente, ribadir
si che rimangono assoggettati all'imposizione introdotta dal d.l.
478/79 i cinescopi detenuti dai fabbricanti al 1° ottobre 1979
ed estratti dai depositi fino al 30 novembre 1979.
7. - Nei limiti di questa ricostruzione risulta fondato il terzo
schema difensivo teso all'affermazione dell'esistenza di un pre cetto normativo avente il contenuto individuato da questa corte.
Correlativamente, risulta viziata da violazione di legge la sen
tenza della corte del merito che, interpretando erroneamente le
disposizioni positive, ha escluso siffatto assoggettamento ed ha
dichiarato non dovuta dalla Videocolor l'imposta in questione sui cinescopi dalla stessa detenuti nei propri depositi al 1° otto
bre 1979 ed estrattine sino al 30 novembre successivo.
8. - Pertanto, nei limiti enunciati il ricorso dell'amministra
zione finanziaria dello Stato deve essere accolto, la sentenza
impugnata cassata, ed il processo rimesso ad altra sezione della
Corte d'appello di Roma per il giudizio dirinvio. Tal giudice si atterrà al principio di diritto in base al quale
rimangono assoggettati all'imposta di cui agli art. 6, 10, 16,
1°, 2° 3° comma, d.l. 1° ottobre 1979 convertito con modifica
zioni nella 1. 30 novembre 1979 n. 599 i tubi catodici per televi
sori a colori detenuti nei locali di fabbrica alla data del 1° otto
bre 1979 ed estrattine successivamente entro il 30 novembre 1979
per il consumo nel mercato nazionale.
CORTE DI CASSAZIONE; sezione I civile; sentenza 9 agosto
1990, n. 8116; Pres. Bologna, Est. Baldassarre, P.M. Ze
ma (conci, conf.); Min. finanze (Aw. dello Stato Palatiel
lo) c. Ciaudano ed altri. Conferma Comm. trib. centrale 26
gennaio 1987, n. 750.
Tributi locali — Invim — Cessione gratuita di aree al comune
per opere di urbanizzazione — Valore dell'area ceduta — Spese incrementative — Inclusione (D.p.r. 26 ottobre 1972 n. 643, istituzione dell'imposta comunale sull'incremento di valore degli immobili, art. 13).
Ai fini del computo della base imponibile dell'Invim, il valore
della cessione gratuita di aree al comune per la realizzazione di opere di urbanizzazione, in forza di convenzione urbanisti ca per la lottizzazione di terreni a scopo edilizio, costituisce
spesa incrementativa ai sensi dell'art. 13 d.p.r. 643/72. (1)
(1) L'odierna pronuncia ribadisce il precedente di legittimità costitui to da Cass. 13 gennaio 1988, n. 186, Foro it., 1989, I, 1579 (ivi in nota i richiami ai precedenti delle commissioni tributarie). Si afferma, infatti, che il disposto di cui all'art. 13 d.p.r. 643/72 non contiene un'e lencazione tassativa delle ipotesi di detraibilità: si tratta, piuttosto, di
fattispecie indicate a titolo «essenzialmente esemplificativo e riguardan ti voci omogenee». Se cosi non fosse, aggiunge la Suprema corte, si dovrebbe sospettare il combinato disposto degli art. 11 e 13 di incosti tuzionalità.
In effetti, quanto previsto dalla norma citata è relativo alla definizio ne delle modalità di computo delle spese di urbanizzazione. Altro è il prolema inerente alla portata dell'art. 13, cosi come modificato dal
d.p.r. 688/74, se cioè tale norma abbia, o no, natura retroattiva. L'am ministrazione finanziaria (circolare 1/24/T 15 aprile 1988, in Codice delle imposte dirette e Invim, voi. 8, Milano, 13.37) sostiene che essa abbia carattere innovativo, costituendo una deroga di natura sostanzia le dell'art. 1 d.p.r. 688/74: tesi nella sostanza accolta da Cass. 7 feb braio 1989, n. 733, Foro it., 1990, I, 1678, con nota di richiami, secon do la quale, poiché l'articolo sopra citato «ha natura correttiva, esso
opera retroattivamente». Sulla questione della cessione gratuita delle aree ai comuni si riscon
tra una frattura tra giurisprudenza, alla quale si uniforma la dottrina, ed amministrazione finanziaria. Quest'ultima ha per tempo assunto una posizione molto ferma, sulla base di un'interpretazione strettamente let terale, affermando che la cessione delle aree non può essere detratta, poiché non costituisce una spesa in senso tecnico, bensì un costo. In
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