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PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE || sezione I civile; sentenza 27 agosto 1990, n....

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sezione I civile; sentenza 27 agosto 1990, n. 8762; Pres. Vela, Est. Tilocca, P.M. Amirante (concl. diff.); Benedetti (Avv. Pirrongelli, Baldi Papini), c. Costagli (Avv. Manfredini, Tognoni). Cassa App. Firenze 28 luglio 1986 Source: Il Foro Italiano, Vol. 114, PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE (1991), pp. 117/118-121/122 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23185217 . Accessed: 28/06/2014 19:04 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 193.142.30.234 on Sat, 28 Jun 2014 19:04:25 PM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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sezione I civile; sentenza 27 agosto 1990, n. 8762; Pres. Vela, Est. Tilocca, P.M. Amirante (concl.diff.); Benedetti (Avv. Pirrongelli, Baldi Papini), c. Costagli (Avv. Manfredini, Tognoni). CassaApp. Firenze 28 luglio 1986Source: Il Foro Italiano, Vol. 114, PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE(1991), pp. 117/118-121/122Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23185217 .

Accessed: 28/06/2014 19:04

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

senso di escludere il riesame di questioni di diritto o di fatto che non

siano state oggetto di specifica censura: e ciò in coerenza con l'evolu

zione diretta a comprimere l'effetto devolutivo dell'appello e ad accen

tuare il valore dei motivi anche in funzione di individuare l'oggetto del giudizio d'appello, ma senza giungere al punto di escludere qualsiasi nuova deduzione di fatto in appello; bb) quanto all'accertamento del

fatto, nel senso di limitare il riesame al solo controllo logico della con

gruità della motivazione, ma di non escludere che — ove tale esame

si concluda nel senso della fondatezza della censura, nonché sempre che per ragioni di giustizia si consenta la deduzione di nuovi fatti o

nuove prove in appello — il giudice d'appello (in ipotesi tendenzialmen

te eccezionali) possa rinnovare o effettuare per la prima volta egli stesso

l'accertamento del fatto: il che mi sembra si muova nel senso di precise linee evolutive ancorché si situi ancora nel bel mezzo di una strada

le linee dei cui sviluppi male si riescono ad intravedere con precisione;

c) limitazione sia delle questioni di diritto suscettibili di essere fatte

valere in Cassazione (e ciò perché la formalizzazione dell'appello quale azione di impugnativa avente ad oggetto i motivi e non il rapporto e l'esclusione per il giudice d'appello di rilevare d'ufficio questioni di

diritto (30) dovrebbe agire nel senso di ridurre drasticamente le questio ni di diritto ancora deducibili in Cassazione in quanto non precluse o dal giudicato interno o dalla novità della questione) sia delle questioni relative alla congruità logica della motivazione in fatto suscettibili di

essere fatta valere in Cassazione (e ciò perché questo motivo di ricorso

per cassazione non dovrebbe mai potersi proporre direttamente contro

sentenze di rigetto dell'appello per infondatezza dei motivi (31) e con

tro sentenze rescissorie di accoglimento per motivi di diritto che non

comportino l'accertamento di fatti controversi non effettuato dal giudi ce di primo grado; cosi che le uniche sentenze d'appello suscettibili di

ricorso per questo motivo sarebbero quelle, residuali, indicate retro 8

sub é) nelle quali il giudice d'appello abbia rinnovato o effettuato per la prima volta egli stesso l'accertamento del fatto);

d) attribuzione all'appello della funzione di assicurare in modo pieno la garanzia soggettiva dell'impugnazione, e di agire da impugnazione filtro rispetto al ricorso per cassazione: e ciò allo scopo per un verso

di ridurre il numero dei ricorsi (per motivi di diritto e soprattutto per

controllo sulla congruità logica della motivazione in fatto), per altro

verso di consentire alla Corte di cassazione di svolgere il suo compito

istituzionale di nomofilachia. Strettamente conseguenziale alla funzione che si vorrebbe attribuire

ad un appello ristrutturato secondo le presenti linee, sarebbe, infine,

l'affermazione senza eccezioni dell'appellabilità di tutte le sentenze di

primo grado ed in genere di tutti i provvedimenti a cognizione piena

in unico grado con attitudine al giudicato, ancorché dichiarati inappel

labili (con conseguente abrogazione con clausola generale di tutte le

disposizioni che sanciscono l'inappellabilità di sentenze o di provvedi menti in unico grado con attitudine al giudicato) (32).

Andrea Proto Pisani

(30) V. per alcune precisazioni quanto osservato alla nota precedente; nonché il testo dell'art. 609, 2° comma, c.p.p. del 1988.

(31) Sarebbe invero pensabile che in Cassazione si possa censurare, sotto il profilo della congruità logica, la motivazione con cui il giudice

d'appello ha ritenuto congniamente motivata in fatto la pronuncia di

primo grado e rigettato la relativa censura (alla stessa stregua di come

già oggi accade, quanto agli accertamenti di fatto contenuti nella sen

tenza arbitrale, riguardo al controllo in Cassazione sulla motivazione

della sentenza con cui la corte d'appello, in sede di impugnazione per nullità ex art. 827 c.p.c., ha ritenuto congruamente motivata in fatto

la pronuncia arbitrate). Mi sembra però che una risistemazione dell'appello secondo le linee

che si è tentato di indicare, dovrebbe consentire nelle ipotesi ora in

esame: a) se non di escludere del tutto, quanto meno di limitare il con

trollo in Cassazione alle sole ipotesi di omesso esame del motivo d'ap

pello o di mancanza o manifesta illogicità della motivazione con cui

il motivo stesso è stato dichiarato infondato; b) di favorire un energico

selfrestraint della Corte di cassazione (e questo, mi sembra, dovrebbe

essere il risultato più importante). (32) Sul punto rinvio a quanto già osservato nelle Note introduttive

al dossier Per la Corte di cassazione, in Foro it., 1987, V, 205 ss., § 7.

Il Foro Italiano — 1991.

CORTE DI CASSAZIONE; sezione I civile; sentenza 27 agosto

1990, n. 8762; Pres. Vela, Est. Tilocca, P.M. Amirante

(conci, diff.); Benedetti (Avv. Pirrongelli, Baldi Patini),

c. Costagli (Avv. Manfredini, Tognoni). Cassa App. Firen

ze 28 luglio 1986.

Competenza civile — Dichiarazione giudiziale di paternità —

«Ius superveniens» in tema di competenza — Giudizi in corso — Applicazione (Cod. civ., art. 269; disp. att. cod. civ., art.

38; 1. 4 maggio 1983 n. 184, disciplina dell'adozione e dell'af

fidamento dei minori, art. 68).

Competenza civile — Dichiarazione giudiziale di paternità —

Sentenza emessa dal tribunale ordinario — Appello — «Ius

superveniens» in tema di competenza — Effetti (Disp. att.

cod. civ., art. 38; 1. 4 maggio 1983 n. 184, art. 68).

L'art. 68 l. 4 maggio 1983 n. 184 che, modificando l'art. 38

disp. att. c.c., ha attribuito la competenza a conoscere dell'a

zione per la dichiarazione giudiziale di paternità o di materni

tà naturale relativa a minori al tribunale per i minorenni, è

norma che — al pari di tutte quelle che modificano la compe

tenza — ha natura pubblicistica e trova quindi, in difetto di

una contraria disposizione transitoria, immediata applicazio

ne alle controversie già pendenti, alla data della sua entrata

in vigore. (1) Il sopravvenire nel corso del giudizio d'appello proposto innan

zi alla corte d'appello in composizione ordinaria dell'art. 68

I. 4 maggio 1983 n. 184 che — coordinato con l'ultimo com

ma dell'art. 38 disp. att. c.c. — attribuisce alla sezione mino

rile della corte d'appello la competenza a conoscere in secon

do grado delle controversie in tema di dichiarazione giudizia

le di paternità o maternità naturale di minore, pur non

determinando la nullità della sentenza emessa in primo grado

dal tribunale ordinario, impone alla corte d'appello di decli

nare la propria competenza in favore di quella del giudice

minorile. (2)

(1-2) Con la sentenza in rassegna, la prima sezione della Corte di

cassazione torna a rimeditare il problema della sopravvenienza nel cor

so del processo d'appello iniziato avanti la corte d'appello in composi zione ordinaria dell'art. 68 1. 4 maggio 1983 n. 184 che, avendo attri

buito al tribunale per i minorenni la competenza a conoscere, in primo

grado, dei procedimenti per la dichiarazione giudiziale di paternità o

di maternità naturale relativamente ai minori, ha altresì determinato — in combinazione con l'ultimo comma dell'art. 38 disp. att. c.c. —

10 spostamento alla sezione per i minorenni della corte d'appello della

competenza a decidere sui motivi d'impugazione avverso i provvedi menti resi in primo grado dal tribunale per i minorenni.

In argomento qualche mese addietro la Suprema corte con la senten

za 13 marzo 1990, n. 2032 (est. Sensale, Foro it., 1990, I, 2544, con

nota di R. Oriani) modellando in gran parte le proprie argomentazioni, su quelle di Cass. 2 febbraio 1989, n. 654 (est. Borruso, id., 1989,

I, 2849, con osservazioni e richiami giurisprudenziali di A. Proto Pisa

ni) aveva sostenuto l'assoluta irrilevanza del novum ius sopravvenuto nel corso del giudizio d'appello: a) rispetto alla pregressa pronuncia di primo grado che parrebbe sopravvenire al mutamento della compe tenza determinatasi dopo la sua pubblicazione e in pendenza del secon

do grado in ossequio al principio tempus regit actum sancito dall'art.

11 preleggi (e a quello, più generale, della conservazione e dell'econo

mia dei giudizi); b) rispetto alla competenza dell'adita corte ordinaria

d'appello che — stante il principio della natura funzionale della compe

tenza del giudice d'appello, da sempre conseguenziale a quella del giu

dice che ha deciso in primo grado (cfr. art. 341 c.p.c.) — non potrebbe

«ritrarsi» a fronte del sopravvenire di una nuova legge modificativa

della competenza (che, nel caso dell'art. 68 1. 184/83, fa riferimento,

oltretutto, al solo primo grado del giudizio). Se i precedenti appena richiamati «non prendono volutamente posi

zione sul tema generale dell'applicabilità dell'art. 5 c.p.c. al caso di

mutamento della normativa sulla competenza, quale si riscontra nel

l'art. 68 1. 184/83» (cosi R. Oriani, Novità e conferme in tema di «per

petuano iurisdictionis», nota cit., 2548), la sentenza in epigrafe muove

le proprie premesse proprio da una generica riaffermazione dell'orien

tamento della pressoché unanime giurisprudenza di legittimità che ritie

ne estranea al principio della perpetuatio iurisdictionis ogni modifica

zione legislativa della competenza e della giurisdizione (per un completo

panorama giursprudenziale e dottrinario si rinvia allo studio di R. Oriani,

La «perpetuatio iurisdictionis» (art. 5 c.p.c.), id., 1989, V, 35, ss.; Id.,

Novità e conferme, cit., nota in margine ad un gruppo di pronunce

della Cassazione tra le quali le innovative sent. 4 maggio 1989, n. 2088

e 26 aprile 1989, n. 1937 che — pur con riferimento a fattispecie diverse

da quella esaminata dalla sentenza in epigrafe — hanno sostenuto la

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PARTE PRIMA

Svolgimento del processo. — Conclusosi, con il decreto 28

febbraio - 8 marzo 1978 del Tribunale di Pisa, il giudizio som

mario di cui all'art. 274 c.c. con la dichiarazione di ammissibili

tà dell'azione, Cosetta Postagli conveniva davanti lo stesso tri

bunale, con citazione notificata il 16 giugno 1978, Giuliano Be

nedetti deducendo che fra essa ed il convenuto era sorta

nell'aprile 1971 e si era protratta senza interruzione fino all'ot

tobre 1977 una relazione sentimentale, in conseguenza della quale

era rimasta in stato di gravidanza. La Costagli chiedeva, pertanto, che il Benedetti fosse dichia

rato il padre naturale del nascituro, nato, poi, di sesso femmi

nile, il 25 giugno 1978 nelle more del procedimento di primo

grado e registrato all'ufficio di stato civile con il nome di Giada

Costagli. Si costituiva il Benedetti resistendo alla domanda.

Con sentenza 16 ottobre - 23 dicembre 1980 il tribunale adito

dichiarava essere il Benedetti il padre naturale della bambina,

e lo condannava ad un contributo di mantenimeno della mede

sima in lire 400.000 mensili. Giuliano Benedetti proponeva ap

pello che veniva rigettato, nel contraddittorio della Costagli, dalla

Corte d'appello di Firenze in composizione ordinaria, con la

sentenza indicata in epigrafe. Ha proposto ricorso per cassazione Giuliano Benedetti sulla

base di cinque mezzi. Si è costituita, con controricorso, Cosetta

Costagli resistendo all'impugnazione. Motivi della decisione. — Con il primo mezzo, il ricorrente

deduce la violazione dell'art. 360, nn. 3 e 5, c.p.c., falsa appli cazione dell'art. 269 c.c. e motivazione insufficiente censurando

la sentenza impugnata per essersi fondata sulla sola affermazio

ne della Cosetta Costagli. Con il secondo mezzo il ricorrente lamenta la violazione del

l'art. 360, n. 5, c.p.c. (motivazione illogica e contraddittoria) rilevando «l'inconciliabilità del giudizio espresso nella sentenza

sulla credibilità della Costagli tratteggiata come fanciulla inge

nua, quasi vittima di un cinico Benedetti, con il passo della

stessa sentenza dove si ammette la di lei frequenza con altri

non applicabilità ai giudizi pendenti dello ius superveniens modificativo della disciplina sulla competenza e sulla giurisdizione; da ultimo, tutta

via, v. Cass. 20 aprile 1990, n. 3304, id., Mass., 486 che, con riferimen

to alle questioni di diritto intertemporale poste dall'art. 68 1. 184/83, ribadisce l'orientamento tradizionale).

Riaffermata cosi in nome della «natura pubblicistica delle norme che

modificano la competenza» l'immediata applicabilità alle controversie

già pendenti in primo grado ed in appello dell'art. 68 1. 184/83, la

pronuncia in rassegna da un lato non porta alle estreme conseguenze questo assunto rimarcando l'insensibilità della sentenza di primo grado al cambiamento di competenza sopravvenuto in appello, dall'altro si

contrappone nettamente ai precedenti specifici più recenti (le citate Cass.

13 marzo 1990, n. 2032 e 2 febbraio 1989, n. 654) nel sostenere la necessità che la corte d'appello adita in composizione ordinaria declini la propria competenza in favore della sezione per i minorenni rendendo cosi vana l'attività processuale fino a quel momento compiuta.

Aldilà dei rilevanti problemi di economia processuale che tale solu zione pare suscitare (cfr. Salme, La disciplina dell'adozione e dell'affi damento dei minori, in Nuove leggi civ., 1984, 217), la lettura della sentenza può far sorgere qualche perplessità con riferimento ad una certa forzatura che sembra aver operato sulla lettera dell'art. 38, ultimo

comma, disp. att. c.c., che nel disporre che «quando il provvedimento emesso dal tribunale per i minorenni il reclamo si propone davanti alla sezione di corte d'appello per i minorenni», parrebbe collegare funzio nalmente la competenza del giudice minorile di secondo grado all'impu gnazione avverso le sole pronunce che siano state emanate dal tribunale

per i minorenni e non anche — come finisce per dire la Suprema corte — avverso quelle rese dal tribunale ordinario e successivamente divenu te di competenza del tribunale per i minorenni.

L'or evidenziato contrasto giurisprudenziale, ove abbia a perdurare, parrebbe render necessario l'intervento nomofilattico delle sezioni unite della Corte di cassazione, intervento che non potrebbe non tener conto dei più recenti contributi dottrinali diretti a ridisegnare i limiti di opera tività del principo della perpetualo iurisdictionis atteso che i risultati di tali studi sono stati tenuti presenti dall'attuale legislatore che con il disegno di legge recante Provvedimenti urgenti per il processo civile, (ora definitivamente approvato con 1. 26 novembre 1990 n. 353, Le

leggi, 1990, I, 2275, e destinato ad entrare in vigore dal 1° gennaio 1992) ha novellato l'art. 5 c.p.c. statuendo all'art. 2: «la giurisdizione e la competenza si determinano con riguardo alla legge vigente e allo stato di fatto esistente al momento della proposizione della domanda e non hanno rilevanza rispetto ad esse i successivi mutamenti della legge o dello stato medesimo». [C. Brilli]

Il Foro Italiano — 1991.

uomini e la si definisce donna non illibata, intraprendente e

anzi adusa a rapporti carnali, e si può aggiungere spregiudicata e interessata se si pensa alle menzogne, alla commedia del suici

dio per circuire e indurre il Benedetti a legarsi a lei, disposta

a barattare con quattro milioni la pretesa del riconoscimento».

Con la terza censura il ricorrente prospetta la violazione del

l'art. 360, nn. 3 e 5, c.p.c. e dell'art. 269 c.c. sostenendo che

«se i rapporti ci furono, manca la prova che essi abbiano avuto

luogo anche nel settembre 1977, al quale deve farsi risalire il

concempimento ».

Con il quarto motivo il Benedetti lamenta vizi di motivazione

contestando di aver ammesso la propria paternità. Con il quinto ed ultimo mezzo deduce «omessa motivazione

circa un punto decisivo della controversia» censurando la sen

tenza impugnata per aver omesso di considerare le risultanze

dell'indagine ematologica, che pure la corte aveva stimato ne

cessario disporre.

Rispetto alle censure cosi sintetizzate va esaminata con prece denza logica e giuridica l'eccezione di incompetenza per materia

dei giudici aditi di primo e di secondo grado (e di competenza

dei giudici minorili), sollevata per la prima volta dal difensore

del ricorrente all'udienza di discussione, ma rilevabile ai sensi

dell'art. 38, 1° comma, c.p.c. anche d'ufficio, in qualunque stato e grado del processo e, quindi, persino in Cassazione qua lora non sia intervenuta un'esplicita statuizione non impugnata

sulla competenza e neppure una pronuncia di merito, passata in giudicato, che presupponga l'implicita affermazione della com

petenza del giudice che l'ha emessa (in generale Cass. n. 3490

del 1984, Foro it., Rep. 1984, voce Competenza civile, n. 91

e con riferimento specifico alla materia in esame Cass. n. 516

del 1987, id., Rep. 1987, voce Filiazione, n. 64). L'art. 68 1. 4 maggio 1983 n. 184 (sulla disciplina dell'adozio

ne e dell'affidamento dei minori), modificando l'art. 38 disp.

att. c.c., ha attribuito al tribunale per i minorenni e, quindi,

in grado d'appello alla corrispondente sezione specializzata del

la corte d'appello la competenza a conoscere dell'azione per la dichiarazione giudiziale della paternità o maternità naturale,

quando il soggetto della cui filiazione si controverta, sia ancora

minorenne.

I dubbi manifestati da alcuni giudici di merito sulla legittimi tà costituzionale della norma in relazione agli art. 3 e 102 Cost,

sono stati già ritenuti infondati da Corte cost. n. 193 del 1987

(id., 1988, I, 2802). I predetti giudici avevano stimato intrinsicamente irragione

vole la norma in quanto la declaratoria della paternità e della

maternità naturale richiede al giudice un accertamento sulla ge nitura assolutamente indifferente al dato estrinseco costituito

dall'età del generato, essendo l'accertamento stesso «attinente

ad un fatto biologico storico ed oggettivo», senza alcun condi

zionamento alle esigenze psicologiche del procreato. La Corte costituzionale ha osservato in contrario che l'ordi

namento giuridico attribuisce al giudice, quando l'azione per la dichiarazione giudiziale di paternità o di maternità naturale

riguardi un minore, un complesso di particolari poteri, «ben

confacenti al tribunale per i minorenni, nell'ottica della sua spe cializzazione ai sensi dell'art. 102 Cost.», poteri che sono «sen

za riscontro quando si tratti di un maggiorenne», che fornisco

no, perciò, per il loro contenuto e per la loro portata, alla nor

ma «sufficiente giustificazione». Siffatta considerazione dimostra, già di per sé, che la norma

in esame, al pari del resto delle norme che modificano la com

petenza hanno natura pubblicistica e, perciò, non essendo di

versamente stabilito, trova applicazione anche nelle controver

sie che erano già pendenti alla data della sua entrata in vigore

(Cass. n. 4425 del 1985, id., 1985, I, 3119; n. 7763 del 1987, id., Rep. 1987, voce cit., n. 63), pur se davanti al giudice com

petente secondo la legge vigente all'epoca della loro instaurazione.

Si deve tuttavia al riguardo precisare che, secondo l'orienta

mento consolidato di questa corte (sent. n. 211 del 1977, id.,

Rep. 1977, voce Competenza civile, n. 14; n. 4376 del 1986,

id., 1987, I, 140), lo ius superveniens in materia processuale in genere e di competenza in specie non travolge né rende inva

lidi gli atti o le fasi che precedentemente abbiano avuto luogo alla stregua del diritto allora vigente.

La nuova legge, precisamente, è applicabile (oltre che alle

fasi successive) alla fase processuale in corso, ancorché intro

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121 GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE 122

dotta sotto la precedente normativa (Cass. n. 8218 del 1987,

id., Rep. 1987, voce cit., n. 62; n. 4376 del 1986, cit.).

In base a tale principio si è ritenuto (Cass. n. 7763 del 1987,

ibid., n. 63; n. 4425 del 1985, cit.), che la sopravvenienza della

nuova norma nella fase di merito non può spiegare alcun effet

to sulla fase preliminare di ammissibilità, svoltasi interamente

davanti al tribunale ordinario, pur se ormai può ritenersi pacifi co che detta norma si riferisca anche a quest'ultima fase (Cass.

n. 516 del 1987, ibid., n. 64). Il principio richiamato e cioè che lo ius superveniens in mate

ria di competenza è immediatamente applicabile ma limitata

mente alla fase in corso e senza alcuna riflessione sulle fasi già

esaurite (e non se alla data della sua entrata in vigore è ancora

in corso il primo grado), conduce a ritenere che esso debba

trovare applicazione in grado d'appello qualora il giudizio si

trovi pendente in tal grado alla predetta data, mentre è ovvio

che il nuovo diritto non ha possibilità di interessare la fase di

legittimità in cui esso eventualmente sopraggiunga (Cass. n. 4376

del 1986, cit.), tranne che non riguardi specificamente la com

petenza (o i poteri) della Corte di cassazione.

E difatti questa corte ha avuto occasione di affermare (sent,

n. 3578 del 1981, id., Rep. 1981, voce Contratti agrari, n. 256),

che «poiché l'art. 26, 1° comma, 1. 11 febbraio 1971 n. 11 ha

attribuito tutte le controversie concernenti l'affitto di fondi ru

stici alle sezioni specializzate agrarie ampliandone la competen

za per materia, esso, quale ius superveniens, trova applicazione

ai giudizi in corso sin dal momento della sua emanazione, an

che di ufficio, con la conseguenza, che, ove la controversia si

trovi in grado d'appello la stessa deve essere rimessa alla sezio

ne specializzata agraria della corte d'appello». Senonché una recente sentenza di questa stessa sezione (n.

654 del 1989, id., 1989, I, 2849) ha accolto un diverso orienta

mento proprio con riguardo al giudizio di dichiarazione della

paternità o maternità naturale di minore statuendo precisamen

te che «la sopravvenienza, in pendenza del gravame proposto

davanti la corte d'appello avverso la sentenza resa dal tribunale

in composizione ordinaria, della 1. 4 maggio 1983 n. 184 non

determina, in difetto di espressa disposizione transitoria, né la

invalidità della pronuncia di primo grado, perché la nuova nor

ma in tema di competenza non può travolgere retroattivamente

le sentenze emesse dal giudice competente secondo la disciplina

all'epoca vigente, né l'obbligo di rimettere il procedimento di

secondo grado alla sezione per i minorenni della corte d'appel

lo, posto che il giudice del gravame va individuato in correla

zione dal giudice che ha reso la statuizione impugnata (art. 341

c.p.c.)». Il collegio non ritiene di conformarsi alla seconda pronuncia.

L'art. 341 c.p.c. mira ad indicare il giudice d'appello secon

do che la sentenza di primo grado sia stata pronunciata dal

pretore o dal tribunale nonché a stabilire quale fra i possibili

giudici d'appello, astrattamente competenti per materia, sia an

che competente per territorio.

Ora tale duplice statuizione non esclude che il giudizio di ap

pello sia deferito alla sezione per i minorenni della corte d'ap

pello pur se la sentenza di primo grado sia stata pronunciata

dal tribunale in composizione ordinaria, atteso che la detta se

zione è organo della corte d'appello, e perciò la corte d'appello

stessa (art. 58, 1° comma, ord. giud.). La sezione di particolare non presenta rispetto alla sezione

c.d. ordinaria altra connotazione che quella di giudicare con

l'intervento di due esperti (art. 102, 2° comma, e 108, 2° com

ma, Cost.), i quali, peraltro, rivestono la qualifica di «consi

glieri onorari» della sezione stessa (art. 58, 3° comma, ord.

giud.). Il fatto, poi, che l'art. 68 1. n. 184 del 1983, modificando

l'art. 38 disp. att. c.c., «sottrae con effetto immediato la com

petenza in ordine alle cause per la dichiarazione giudiziale della

paternità e della maternità di minori al tribunale ordinario in

favore del tribunale per i minori, ma non anche alla corte d'ap

pello in favore della sezione specializzata in relazione al giudi

zio di secondo grado avanti la medesima pendenti», non sem

bra comportare il principio accolto nella precedente sentenza

di questa stessa sezione.

L'art. 68 1. n. 184 del 1983 si è limitato a sostituire il 1°

comma del predetto art. 38, il quale elenca i provvedimenti di

competenza del tribunale per i minorenni aggiungendo, in parti

colare, i provvedimenti contemplati dall'art. 269, 1° comma,

Il Foro Italiano — 1991.

c.c., di conseguenza è venuta ad ampliarsi anche la sfera di

competenza della sezione minorile della corte d'appello, sfera

che ai sensi dell'ultimo comma dello stesso art. 38 s'individua

sulla base di quella assegnata al tribunale per i minorenni.

È opportuno al riguardo precisare che tale comma («quando

il provvedimento è di competenza del tribunale per i minorenni

il reclamo si propone davanti alla sezione di corte d'appello

per i minorenni»). Ora va osservato che né nell'art. 68 1. n. 184 del 1983, né

nel testo del 1° comma dell'art. 38 si precisa che la nuova com

petenza del tribunale per i minorenni è riferibile anche ai giudi

zi in corso; siffatto principio, senza dubbio esatto con i limiti

sopra indicati, si deduce dalla natura pubblicistica delle norme

che modificano la competenza sempreché, come nella specie,

non sia disposto altrimenti dalle stesse norme o da norme inclu

se nel medesimo testo legislativo.

Se, dunque, la 1. n. 184 del 1983 ha inteso includere nella

competenza dei giudici minorili, con effetto immediato, le con

troversie in materia di dichiarazione della paternità o maternità

naturale in relazione alla specificità dei poteri attribuiti al giudi

ce quando si tratti di figli minori (come ha osservato la Corte

costituzionale) e perciò nel preminente interesse dei medesimi

(e non soltanto, come si legge nella precedente sentenza, per

la sola ragione di concentrare presso un solo organo tutti i prov

vedimenti attinenti ai minori dedotta, peraltro, dalla considera

zione, confutata dalla Corte costituzionale, che si verterebbe

esclusivamente su fatti commessi da altri prima della nascita

del minore), non si vede perché debba privarsi il minore della

garanzia del giudice specializzato nel grado di appello solo per

ché il primo grado si è svolto davanti il tribunale ordinario per

essere entrato in vigore lo ius superveniens immediatamente do

po il suo esaurimento.

È ben noto che il giudice di appello, sia pure nell'ambito

dei motivi dedotti, ha gli stessi poteri del giudice di primo gra

do, di cui può riformare anche in toto la decisione sia per una

diversa valutazione degli elementi di fatto, sia per una differen

te interpretazione di norme giuridiche.

Che, infine, l'applicazione della nuova norma sulla compe

tenza dei giudici minorili ai giudici d'appello in corso presenti

degli inconvenienti (quali la reiterazione di tali giudizi e la pos

sibilità che nelle more della reiterazione il minore raggiunga la

maggior età) è rilievo che interferisce sulla discrezionalità pro

pria del legislatore che ha preferito devolvere, con effetto im

mediato, la cognizione delle controversie suindicate, al giudice

specializzato; inoltre, va osservato che si tratta di inconvenienti

che possono verificarsi sia per la norma in sé sia per la sua

riferibilità alla fase di primo grado, già in corso alla data in

cui essa è entrata in vigore. La sopravvenienza dell'art. 68 1. n. 184 ha colto il presente

giudizio nella fase d'appello, di conseguenza va dichiarato nullo

soltanto il secondo grado in quanto doveva essere rimesso alla

sezione per i minorenni della stessa Corte d'appello di Firenze.

I

CORTE DI CASSAZIONE; sezione lavoro; sentenza 21 agosto

1990, n. 8508; Pres. Chiavelli, Est. De Rosa, P.M. Marti

nelli (conci, conf.); Inps (Avv. Vario, Ausenda, Starnoni)

c. Guareschi (Avv. Agostini). Conferma Trib. Roma 3 di

cembre 1987.

Previdenza sociale — Pensione sociale — Natura — Equipara

zione a prestazione previdenziale — Clausola di residenza in

Italia — Inapplicabilità (Trattato Cee, art. 177; 1. 30 aprile

1969 n. 153, revisione dei trattamenti pensionistici e norme

in materia di sicurezza sociale, art. 26; reg. 14 giugno 1971

n. 1408 Cee del consiglio, relativo all'applicazione dei regimi

di previdenza sociale ai lavoratori subordinati e autonomi e

alle loro famiglie che si spostano nell'ambito della Comunità,

art. 4, 10; d.l. 2 marzo 1974 n. 30, norme per il miglioramen

to di alcuni trattamenti previdenziali ed assistenziali, art. 3;

1. 16 aprile 1974 n. 114, conversione in legge, con modifica

zioni, del d.l. 2 marzo 1974 n. 30, art. 1).

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