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PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE || sezione I civile; sentenza 16 febbraio 1991,...

Date post: 31-Jan-2017
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sezione I civile; sentenza 16 febbraio 1991, n. 1662; Pres. Granata, Est. Angarano, P.M. Romagnoli (concl. conf.); Iadanza (Avv. Ponticiello, Gallina) c. Prefetto di Venezia; Min. interno e Prefetto di Venezia c. Iadanza. Cassa Pret. San Donà di Piave 10 dicembre 1987 Source: Il Foro Italiano, Vol. 114, PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE (1991), pp. 2811/2812-2817/2818 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23185679 . Accessed: 28/06/2014 12:58 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 46.243.173.21 on Sat, 28 Jun 2014 12:58:33 PM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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Page 1: PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE || sezione I civile; sentenza 16 febbraio 1991, n. 1662; Pres. Granata, Est. Angarano, P.M. Romagnoli (concl. conf.); Iadanza (Avv.

sezione I civile; sentenza 16 febbraio 1991, n. 1662; Pres. Granata, Est. Angarano, P.M.Romagnoli (concl. conf.); Iadanza (Avv. Ponticiello, Gallina) c. Prefetto di Venezia; Min. internoe Prefetto di Venezia c. Iadanza. Cassa Pret. San Donà di Piave 10 dicembre 1987Source: Il Foro Italiano, Vol. 114, PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE(1991), pp. 2811/2812-2817/2818Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23185679 .

Accessed: 28/06/2014 12:58

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2811 PARTE PRIMA 2812

eventuali assalitori (e cui, del resto, normalmente le banche ri

corrono bensì, ma a difesa dei beni propri e non altrui)». Per concludere, deve osservarsi che nel quadro giuridico cosi

delineato non acquistano rilevanza neppure le particolari circo

stanze dedotte dal ricorrente, quali la «ripetitività della rapina e la sistemazione del bancone facilmente accessibile da parte dei rapinatori»: quest'ultima circostanza non è idonea a far rav

visare la pericolosità per il cliente dell'attività della banca in

sé considerata o di una situazione nell'ambito dell'attività stes

sa, che obbligasse a cautele.

Resta dunque corretta la decisione impugnata, nella quale il

giudice d'appello ha osservato che, peraltro, le lesioni patite dal Camerotti risultavano essere state prodotte dall'azione cri

minosa dei malviventi, espressione di azione autonoma illecita

di terzi, da sé sola idonea e sufficiente a provocare l'evento,

rispetto al quale la permanenza, nella banca, del cliente aveva

funzionato da mera occasione inidonea a fungere di causa effi

ciente del fatto.

Pertanto, il ricorso va rigettato.

CORTE DI CASSAZIONE; sezione I civile; sentenza 16 feb

braio 1991, n. 1662; Pres. Granata, Est. Angarano, P.M.

Romagnoli (conci, conf.); Iadanza (Avv. Ponticiello, Gal

lina) c. Prefetto di Venezia; Min. interno e Prefetto di Vene

zia c. Iadanza. Cassa Pret. San Donò di Piave 10 dicembre

1987.

Notificazione e comunicazione di atti civili — Notificazione per

posta — Mancato ritiro del plico — Momento di perfeziona mento (Cod. proc. civ., art. 149; 1. 20 novembre 1982 n. 890, notificazione di atti a mezzo posta e di comunicazioni a mez

zo posta connesse con la notificazione di atti giudiziari, art. 8).

Spese giudiziali in materia civile — Condanna alle spese — Esi

to della lite — Soccombenza (Cod. proc. civ., art. 90, 91, 92).

La notifica effettuata a mezzo della posta si perfeziona, nell'i

potesi di mancato ritiro del plico dall'ufficio postale, con il

compimento di tutte le formalità previste, e quindi anche con

il decorso del termine di dieci giorni dal deposito del medesi

mo nell'ufficio postale non verificandosi in tal caso la scissio ne temporale tra momento di perfezionamento della notifica

per il notificante ed efficacia della stessa per il destinatario. (1)

(1) Il primo principio è espressamente stabilito dall'art. 8 1. n. 890 del 1982: la norma infatti, per la parte che qui interessa (mancato reca

pito per temporanea assenza del destinatario, o per mancanza, inido neità o assenza delle altre persone cui può farsi la consegna), prevede che l'agente postale segua l'iter descritto al 3° comma dell'articolo me desimo:

a) immediato deposito del piego nell'ufficio postale; b) rilascio di avviso al destinatario mediante affissione alla porta d'in

gresso oppure mediante immissione nella cassetta della corrispondenza dell'abitazione, dell'ufficio o dell'azienda;

c) menzione delle formalità eseguite sull'avviso di ricevimento ed unione del medesimo al piego.

In ultimo espressamente il comma successivo dispone che, ove il de stinatario od un suo incaricato non abbia curato il ritiro del piego, «la notificazione si ha per eseguita decorsi dieci giorni dalla data del

deposito». Tale disposizione innova rispetto alla precedente regolamentazione

della fattispecie (art. 175 r.d. 18 aprile 1940 n. 689), che pur preveden do una similare sequenza di attività da parte dell'agente postale, aveva cura in primo luogo di considerare la notificazione come eseguita (3° comma), e solo al comma successivo contemplava il deposito per dieci

giorni presso l'ufficio postale. Secondo giurisprudenza prevalente tale ultima attività era da ritenersi

un adempimento successivo, obbligatorio, ma non costitutivo del perfe zionamento della notifica. In questo senso, Cass. 16 luglio 1975, n.

2910, Foro it., 1976, I, 739, con nota di richiami sottolinea come, a

Il Foro Italiano — 1991.

La parte interamente vittoriosa non può essere condannata nean

che per una minima quota al pagamento delle spese pro cessuali. (2)

Agli effetti del regolamento delle spese la soccombenza può es

sere determinata non soltanto da ragioni di merito, ma anche

da ragioni di ordine processuale. (3)

ritenere il contrario, «ne conseguirebbe ... il beneficio per il soggetto notificando di un ulteriore termine di dieci giorni, non previsto dalla

legge». Sulla disciplina previgente si veda pure, da ultimo, Cass. 27 gennaio

1986, n. 531, id., Rep. 1986 voce Notificazione civile, n. 53; 25 gennaio 1988, n. 598, id., Rep. 1989, voce cit., n. 31 e Giust. civ., 1989, I, 207.

Sotto l'attuale disciplina normativa le sentenze sul punto specifico risultano poco numerose: cfr. Cass. 2 dicembre 1987, Sacchi, Foro it., Rep. 1989, voce Notificazione penale, n. 10; 19 maggio 1986, Grassia, id., Rep. 1987, voce cit., n. 22, che affermano doversi computare i dieci giorni dal deposito nell'ufficio postale affinché la notificazione

possa considerarsi perfezionata. Il principio del perfezionamento della notifica solamente decorsi i

giorni di c.d. «compiuta giacenza» ha costituito presupposto per ritene re non manifestamente infondata la questione di legittimità costituzio nale di procedimenti notificatori diversi da quello disciplinato all'art. 8 1. 890/82; procedimenti ritenuti meno attinenti alle garanzie di difesa del destinatario proprio se confrontati con la disciplina del mancato ritiro prevista dalla suddetta legge.

Cosi Trib. Brescia 19 marzo 1987, id., Rep. 1987, voce Notificazione civile, n. 16 e Arch, civ., 1987, 1187, ha ritenuto non manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 140 c.p.c., nella parte in cui considera perfezionata la notifica dal momento del

compimento della formalità ad opera dell'ufficiale giudiziario, «e non

già . . . dall'esito di dieci giorni di compiuta giacenza del piego presso l'ufficio postale, secondo quanto accade per l'ipotesi della notifica a mezzo posta» (nella fattispecie si trattava di decreto ingiuntivo ai fini del computo del termine per proporre opposizione). La Corte costitu zionale ha dichiarato manifestamente infondata la questione con ordi nanza 26 luglio 1988, n. 904, Foro it., 1989, I, 2673 e Giur. costit., 1988, I, 4214, con nota di G. Garrì, con la motivazione che l'adozione di correttivi in materia resta riservata alle scelte discrezionali del legis latore.

Per un più generale panorama dei recenti interventi della Corte costi tuzionale in tema di notificazione e comunicazione degli atti civili, si veda comunque I. Pagni, Rassegna della giurisprudenza della Corte costituzionale sul processo civile, in Foro it., 1989, 1, 2357.

Mentre, dunque, in caso di mancato ritiro, il decorso dei dieci giorni di c.d. «compiuta giacenza» è parte integrante del procedimento di per fezionamento dell'attività notificatoria a mezzo posta, con la sentenza che qui si riporta, la corte valuta se possa trovare accoglimento il ri chiamo prospettato dalla difesa dell'amministrazione ricorrente al prin cipio della scissione temporale di efficacia tra momento di perfeziona mento dell'attività notificatoria per il notificante e momento di effica cia della notificazione per il destinatario; principio che in giurisprudenza risulta elaborato soprattutto in relazione all'art. 143 c.p.c. (notificazio ne a persona di residenza, dimora e domicilio sconosciuti).

In tale fattispecie difatti, secondo il Supremo collegio, la notificazio

ne, per quanto riguarda il notificante deve ritenersi perfezionata dal momento in cui sono state compiute le formalità di cui ai primi due commi dell'art. 143 c.p.c., indipendentemente dal decorso dei venti giorni previsti all'ultimo comma di detto articolo; decorso invece da conside rarsi indispensabile perché la notificazione possa ritenersi eseguita an che per quanto riguarda la posizione del destinatario.

In questo senso, Cass. 25 giugno 1981, n. 4129, id., 1981, I, 2172, con nota di richiami. In senso contrario, però, più recentemente, si veda Cass. 8 maggio 1987, n. 4267, id., Rep. 1987, voce Termini pro cessuali civili, n. 20 (richiamata in motivazione nella sentenza in epigra fe), per la quale i venti giorni de quibus costituiscono parte integrante del procedimento notificatorio anche per il notificante.

In tema di notificazione a persona di residenza, dimora e domicilio

sconosciuti, si vedano altresì Cass. 17 marzo 1989, n. 1325, id., Rep. 1989, voce Giurisdizione civile, n. 79 e Dir. famiglia, 1989, 565; 28

giugno 1988, n. 4365, Foro it., Rep. 1988, voce Notificazione civile, n. 26; 22 giugno 1981, n. 4072, id., Rep. 1982, voce cit., n. 41 e Giust.

civ., 1982, I, 2425, e Foro pad., 1981, I, 98 con nota di A. Pesce. Deve essere pure ricordato che l'attuale formulazione del 3° comma

dell'art. 143 c.p.c. deriva dalla 1. 6 febbraio 1981 n. 42, tramite la

quale è stata data ratifica ed esecuzione alla convenzione relativa alla notifica all'estero di atti giudiziari ed extragiudiziari in materia civile e commerciale, adottata a l'Aja il 15 novembre 1965. Il precedente te sto di questa norma era stato censurato di illegittimità costituzionale da Corte cost. 2 febbraio 1978, n. 10, Foro it., 1978, I, 550, con osser vazioni di A. Proto Pisani e Giur. costit., 1978, I, 787, con nota di V. Andrioli. In argomento, si veda inoltre Cass. 27 febbraio 1981, n. 1201, Foro it., 1981, I, 1970, con nota di A. Proto Pisani, ed i richiami di giurisprudenza e dottrina ivi citati.

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

Svolgimento del processo. — Con ordinanza emessa dal pre fetto di Venezia il 19 marzo 1987 e notificata il 16 maggio suc

cessivo veniva ingiunto a Iadanza Paolo di pagare la somma

di lire 30.000 quale sanzione amministrativa per la violazione

della norma di cui all'art. 4 del codice della strada per avere

il giorno 14 agosto 1986 parcheggiato l'autovettura targata TV

447909 in località in cui era vietata la sosta.

Con ricorso depositato nella Pretura di S. Donà di Piave il

4 giugno 1987 lo Iadanza proponeva rituale opposizione ai sensi

dell'art. 22 1. 24 novembre 1981 n. 698, sostenendo che il verba

le di contravvenzione relativo alla infrazione de qua non gli era stato mai notificato.

In generale, sui c.d. procedimenti speciali di notifica, v., da ultimo, Cass. 9 gennaio 1991, n. 104, id., 1991, I, 1456, con nota di richiami.

Riguardo al principio affermato in motivazione e secondo cui il ri

schio costituito dai tempi e dalle operazioni necessarie per il compimen to della fattispecie non può che gravare sulla parte cui incombe l'onere

della notifica la corte ribadisce che «è irrilevante il fatto del destinata

rio che abbia dato causa al ricorso all'uno o all'altra modalità di notifi

ca» (cosi Cass. 19 maggio 1986, n. 3291, id., Rep. 1986, voce cit., n. 57, richiamata nella sentenza riportata).

Con riferimento specifico alla notificazione per mezzo del servizio

postale, il Supremo collegio ha altresì stabilito che il notificante si assu

me il rischio, prescegliendo tale mezzo di notificazione, del mancato

adempimento da parte dell'agente postale delle formalità previste, «con

la conseguenza che l'inosservanza anche di una sola di queste formalità

comporta non nullità della notificazione, ma la sua inesistenza, come

tale non sanabile con la costituzione dell'intimato» (cosi Cass. 10 gen naio 1983, n. 177, id., Rep. 1983, voce cit., n. 48).

Da segnalare infine che la fattispecie da cui trae origine il giudizio di cassazione attiene alla notifica per mezzo della posta di verbale di

contravvenzione relativa ad infrazione al codice della strada: il termine

per la notifica de qua (novanta giorni), espressamente definito «ampio» dalla Suprema corte in questa sentenza, è stato ulteriormente dilatato, e portato a centocinquanta giorni con la modifica dell'art. 141 t.u. n.

393 del 1959 operata dall'art. 22 1. 24 marzo 1989 n. 122.

In tema di ammissibilità della notificazione a mezzo posta in materia

di sanzioni amministrative, e relativa interpretazione dell'art. 14 1. 689/81, v. Cass. 23 giugno 1987, n. 5493, id., 1987, 1, 3027, con nota di richiami.

Sulla 1. 20 novembre 1982 n. 890 si veda in dottrina: V. Andrioli, Sulle notificazioni per mezzo del serivzio postale (due novità normati

ve), in Dir. e giur., 1982, 828; G. Vacirca, Prime riflessioni sulla nuo

va legge in materia di notificazioni di atti a mezzo posta, in Foro amm.,

1982, I, 2315; M. Vellani, Atti giudiziari e servizio postale tra il d.p.r. 29 maggio 1982 n. 655 e la l. 20 novembre 1982 n. 890, in Riv. trim,

dir. e proc. civ., 1982, 1500; A. Leoni, Nuove norme sulle notificazioni

postali di atti giudiziari civili, in Riv. dir. proc., 1983, 1486.

Da ultimo, infine, R. Murra, Notificazione a mezzo del servizio po stale: la costituzione in giudizio sana la mancata allegazione dell'avviso

di ricevimento, in Giust. civ., 1989, I, 2680.

(2-3) In tema di condanna alle spese la Corte di cassazione con que sta pronuncia riafferma:

a) l'impossibilità di condannare la parte interamente vittoriosa, nep

pure per una piccola quota, al pagamento delle spese processuali;

b) che la soccombenza può essere determinata non solo da ragioni di merito, ma anche da ragioni di ordine processuale, atteso che l'art.

91 c.p.c. non richiede per la statuizione sulle spese una decisione che

attenga al merito della controversia, ma semplicemente una pronuncia la quale chiuda il processo di fronte al giudice.

Su entrambi i punti la giurisprudenza del Supremo collegio è costan

te: si vedano, per quanto attiene al punto a), ex plurimis: Cass. 10

marzo 1981, n. 1339, Foro it., Rep. 1981, voce Spese giudiziali in mate

ria civile, n. 22; 11 gennaio 1982, n. 115, id., Rep. 1982, voce cit.,

n. 22; 20 maggio 1983, n. 3507, id., Rep. 1983, voce cit., n. 31, sino

a Cass. 11 gennaio 1988, n. 13, id., Rep. 1988, voce cit., n. 25, nonché

Cass., 15 ottobre 1973, n. 2596, id., 1974, I, 109, con nota di richiami.

Per il principio sub b), Cass. 28 marzo 1981, n. 1802, id., Rep. 1981,

voce cit., n. 25; 6 marzo 1987, n. 2377, id., Rep. 1987, voce cit., n. 15.

A corollario di quanto statuito sub a), ed altrettanto costantemente,

la Corte di cassazione afferma che rientra nei poteri discrezionali del

giudice di merito la valutazione dell'opportunità di compensare le spe

se, sia nell'ipotesi di soccombenza reciproca, sia in quella di concorso

di altri giusti motivi, sempreché a giustificazione della disposta com

pensazione non siano addotte ragioni illogiche od erronee (v., oltre le

sentenze citate supra sub a, da ultimo Cass. 23 novembre 1989, n. 5025,

id., Rep. 1989, voce cit., n. 34). Per il Supremo collegio i «giusti motivi» possono in generale riguar

dare tanto il merito della controversia quanto aspetti processuali o di

condotta processuale (cosi sent. 22 aprile 1987, n. 3911, id., Rep. 1987,

Il Foro Italiano — 1991.

Il prefetto di Venezia si costituiva in giudizio e sosteneva che

il verbale era stato invece ritualmente notificato allo Iadanza

con il mezzo della posta, come risultante da atti esibiti in fo

tocopia. Con sentenza del 10 dicembre 1987 il Pretore di San Donà

di Piave accoglieva la proposta opposizione annullando la in

giunzione e compensando totalmente tra le parti le spese del

giudizio. Premesso che dalla documentazione prodotta risultava che la

violazione era stata contestata allo Iadanza mediante notifica

zione del verbale a mezzo posta ai sensi del 2° e 3° comma

dell'art. 8 1. 20 novembre 1982 n. 890, con deposito del piego nell'ufficio postale e con conseguente avviso in data 7 novem

bre 1986, evidenziava il pretore che ai sensi del 5° comma dello

stesso art. 8 la notificazione risultava formalmente eseguita il

17 novembre 1986, con la conseguenza che, essendo stata la

infrazione accertata il 14 agosto 1986 e cioè novantacinque giorni

prima della formale contestazione, l'obbligazione, di pagare la

somma dovuta per la violazione, si era ormai estinta ai sensi

dell'art. 14 1. 24 novembre 1981 n. 689.

Aggiungeva lo stesso giudice che l'avvenuta estinzione del

l'obbligazione come conseguenza della particolare modalità di

notifica della contestazione integrava i giusti motivi per dichia

rare interamente compensate tra le parti le spese del giudizio. Avverso la predetta sentenza lo Iadanza ha proposto ricorso

per cassazione con un unico articolato motivo, illustrato anche

con memoria.

L'amministrazione dell'interno si è costituita depositando con

troricorso e proponendo ricorso incidentale con un solo moti

vo. Lo Iadanza ha replicato con proprio controricorso al ricor

so incidentale.

Motivi della decisione. — Preliminarmente va disposta la riu

nione dei due ricorsi in un unico giudizio.

Quanto al ricorso principale va dato atto che con esso lo la

danza, denunziando ai sensi dell'art. 360, nn. 3 e 5, c.p.c. vio

lazione e falsa applicazione degli art. 92, 2° comma, e 96, 1°

comma, c.p.c., nonché insufficienza e contraddittorietà della

motivazione su un punto decisivo della controversia, evidenzia

come nella specie non fosse minimamente configurabile un ra

gionevole motivo di compensazione delle spese, dato che l'am

ministrazione, oltre ad avere irrogato una sanzione palesemente

illegittima, aveva deciso di resistere temerariamente in giudizio, sostenendo infondatamente la tempestività della notifica ed ag

gravando in tal modo le spese processuali di esso ricorrente.

A loro volta il ministero dell'interno e la prefettura di Vene

zia, con il loro ricorso incidentale, denunziando ai sensi dei

voce cit., n. 32), sfuggendo cosi a qualsiasi enumerazione anche soltan

to esemplificativa (cosi sent. 9 ottobre 1985, n. 4918, id., Rep. 1985, voce cit., n. 32).

Per ipotesi che sono state ritenute integrare la ricorrenza dei «giusti motivi», si veda comunque, F. Carpi, V. Colesanti, M. Taruffo, Com

mentario breve al codice di procedura civile, Padova, 1988, 164, cui

adde Cass. 9 ottobre 1985, n. 4918, cit., con la quale la corte ha ritenu to corretta la valutazione del giudice di merito che aveva disposto la

compensazione delle spese processuali sul rilievo della novità delle que stioni trattate; Cass. 9 maggio 1987, n. 4294, Foro it., Rep. 1987, voce

cit., n. 30, che ha ricompreso nel potere discrezionale del giudice del

merito la valutazione di disporre la compensazione de qua anche nell'i

potesi di tardiva produzione di un documento da parte dell'appellante rimasto contumace in primo grado.

Per una pronuncia in cui viceversa il Supremo collegio non ha riscon

trato la presenza dei giusti motivi ai fini della compensazione, v. Cass.

23 novembre 1989, n. 5025, cit.: nella fattispecie le spese erano state

compensate sul rilievo della delicatezza della questione circa la decaden

za dalla prova del convenuto tardivamente costituitosi nel rito del lavo

ro. Criterio questo ritenuto erroneo dalla Cassazione, attesa la pacifici tà della giurisprudenza sull'art. 416 c.p.c.

Il Supremo collegio ha escluso inoltre che il giudice d'appello che

pronunci una sentenza meramente processuale (nella specie: inammissi

bilità dell'impugnazione per tardività) possa trarre i suddetti giustificati motivi da una valutazione di merito di fatti od atti processuali, estranea

al contenuto precettivo della pronuncia (cosi Cass. 22 aprile 1987, n.

3911, cit.). Da segnalare infine che la Corte di cassazione ha ritenuto manifesta

mente infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 92, 2° comma, c.p.c., interpretato nel senso che il giudice di merito non

ha il dovere di motivare in ordine al provvedimento di compensazione delle spese del giudizio per la ritenuta sussistenza di giusti motivi (cosi Cass. 21 luglio 1989, n. 3471, id., Rep. 1989, voce cit., n. 30). [G. Baldacci]

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2815 PARTE PRIMA 2816

l'art. 360, nn. 3 e 5, c.p.c. violazione dell'art. 8, 2° e 3° com

ma, 1. n. 890 del 1982, censurano la sentenza impugnata per non avere il pretore considerato che il predetto art. 8 opera una scissione tra il momento del completamento del procedi mento di notificazione e quello della sua efficacia, e realizza

in conseguenza una deroga al principio della normale coinci

denza tra compimento ed efficacia della notificazione.

Ragioni di opportunità logica consigliano di esaminare per

primo il ricorso incidentale proposto dall'amministrazione del

l'interno onde assodare preliminarmente se nel caso di specie, come in sostanza sostiene la predetta amministrazione ricorren

te, debba ritenersi tempestiva la notificazone del verbale di con

testazione dell'infrazione per essere avvenuta l'ottantacinquesi mo giorno dalla contestata violazione, ossia il giorno della ten

tata consegna a mano del destinatario temporaneamente assente, e quindi prima del compimento delle particolari formalità pre

viste, dall'art. 8 1. 890/82, nelle ipotesi di mancata consegna diretta del plico.

Il pretore con la sua decisione è pervenuto a soluzione negati va del quesito, evidenziando che la notifica era avvenuta il no

vantacinquesimo giorno della commessa infrazione giacché, a

suo avviso, era da conteggiare anche il tempo occorso per l'e

spletamento di tutte le formalità previste dal 2° e dal 3° comma

del menzionato art. 8.

L'assunto del pretore non merita censura e, pertanto, il ricor

so incidentale deve essere rigettato. Il collegio non ignora i precedenti giurisprudenziali ai quali

si è riferita l'amministrazione ricorrente e secondo i quali, at

traverso il fenomeno della scissione temporale tra momento di

perfezionamento della notifica per il notificante e momento di

efficacia della stessa per il destinatario, si è giunto ad afferma

re, a proposito della norma di cui all'art. 143 c.p.c., che la

vacatio di venti giorni, dal compimento delle prescritte formali

tà conseguenti alla notificazione e prevista a favore dei destina

tari dell'atto da notificare, non incide sulla durata dei termini

perentori stabiliti dalla legge o dal giudice, sicché nei confronti

della parte istante la notificazione si perfeziona con il compi mento delle indicate formalità (cfr. Cass. 16 luglio 1975, n. 2797, Foro it., Rep. 1975, voce Notificazione civile, n. 19).

A parte, però, la considerazione che quella menzionata non

risulta essere una giurisprudenza del tutto consolidata tanto che

recentemente questa corte, con sentenza n. 4267 dell'8 maggio 1987 (id., Rep. 1987, voce Termini processuali civili, n. 20), ha affermato l'inammissibilità del ricorso ex art. 360 c.p.c. no

tificato ai sensi dell'art. 143 c.p.c., in quanto il ventesimo gior no successivo al compimento delle formalità prescritte da tale

norma veniva a cadere oltre l'anno dal deposito della sentenza

non notificata (con ciò presupponendo che il decorso del termi

ne di venti giorni dal deposito fosse rilevante non solo per pro vocare l'efficacia della notificazione rispetto al destinatario, ma

anche per poter considerare compiutamente eseguita la stessa

da parte dell'istante), è da obiettare che nella fattispecie il rife

rimento alla «scissione temporale», di cui innanzi si è detto e

che risulta posto a fondamento del ragionamento dell'odierna

ricorrente, non risulta essere né pertinente né decisivo.

Infatti, mentre in base all'art. 143 c.p.c. le formalità prescrit te sono costituite unicamente dal «deposito di copia dell'atto

nella casa comunale» del luogo di ultima residenza (o di nasci

ta) del destinatario, nonché dall'«affissione di altra copia nel

l'albo dell'ufficiale giudiziario» davanti al quale si procede, nel

caso della notifica a mezzo posta regolato dall'art. 8 1. 20 no

vembre 1982 n. 890 le formalità imposte all'ufficiale postale

nell'ipotesi, come nel caso in esame, di temporanea assenza del

destinatario sono ben diverse.

Esse infatti comportano, per un verso, l'immediato deposito dell'atto presso l'ufficio postale, il rilascio di avviso al destina

tario mediante affissione alla porta di ingresso o immissione

nella cassetta della corrispondenza, la menzione delle suddette

attività sull'avviso di ricevimento con apposizione su di esse della

data e della sottoscrizione ed unione dello stesso al piego (2° comma dell'art. 8), e, per altro verso, l'apposizione di data e

sottoscrizione e restituzione al mittente del piego (con l'indica

zione «non ritirate») unitamente all'avviso di ricevimento, dopo che siano trascorsi dieci giorni dalla data del deposito senza

che il piego sia stato ritirato (3° comma dell'art. 8). Da ciò si ricava che, se a favore del destinatario sono previsti

dieci giorni di «sfasamento» dell'efficacia della notifica rispetto

Il Foro Italiano — 1991.

al deposito (art. 8, 4° comma), anche per il completamento del

le formalità di notifica si esige che sia trascorso un periodo di dieci giorni dal deposito del piego (art. 8, 3° comma), essen

do evidente che prima del compimento di tale termine gli ultimi

adempimenti non possono concretamente essere eseguiti e con

seguentemente la stessa notificazione non può considerarsi

espletata.

Deve, pertanto, convenirsi che la notifica effettuata ai sensi

dell'art. 8, 2° comma, 1. 890/82 si perfeziona, nell'ipotesi del

mancato ritiro del plico dall'ufficio postale, con il compimento di tutte le formalità di cui al 3° comma e quindi anche con

il decorso del termine di dieci giorni dal deposito del plico nel

l'ufficio postale, atteso che tale decorrenza è necessaria per l'e

spletamento delle formalità in questione. A conferma della correttezza di tale interpretazione soccorre

l'ultimo comma dello stesso art. 8 che, nell'ipotesi di mancanza

od incertezza dei dati annotati sull'avviso di ricevimento dal

l'impiegato postale nell'eventualità del ritiro del plico durante

la sua permanenza presso l'ufficio postale, prevede l'avvenuta

esecuzione della notificazione «alla data risultante dal bollo di

spedizione dell'avviso stesso».

È stato opportunamente osservato che tale ultima data non

può essere stata prevista per il destinatario, sia perché non avreb

be senso prevedere per il predetto la decorrenza dell'efficacia

della notifica da un momento successivo a quello dell'effettiva

conoscenza dell'atto conseguente al suo ritiro, sia perché tratta

si di una data apposta su un documento che non è nella dispo nibilità del notificando, ma del mittente.

L'ultimo comma dell'art. 8 quindi non può che essere stato

previsto proprio a tutela del notificante, il quale, pur rischian

do di essere penalizzato nell'ipotesi di ritardi dell'impiegato po

stale, ottiene tuttavia in tal modo il risultato che la notifica

abbia una data certa e non corre rischi di conseguenti nullità.

Conseguentemente, se è stabilita in favore dell'istante l'unica

ipotesi (quella di cui all'ultimo comma) parzialmente sfavorevo

le allo stesso, debbono ritenersi rivolte al medesimo istante tut

te le altre norme che disciplinano la normalità dei casi, con

l'ovvia conclusione che la notifica in tali casi è perfetta per l'at

tore solo con il compimento di tutte le formalità prescritte. Nel caso in esame, dunque, il richiamo all'art. 143 c.p.c. de

ve ritenersi frutto di un'analisi affrettata del testo di cui all'art.

8 1. 890/82: occorre convenire che meglio avrebbe fatto l'ammi

nistrazione verbalizzante ad evitare di spingersi fino al limite

del già ampio termine (90 giorni) di notificazione dei verbali

di contravvenzione, previsto dall'art. 141, 1° comma, t.u. 393/59,

all'epoca vigente. Deve a quest'ultimo proposito ribadirsi il principio già enun

ciato da questa corte, secondo cui il rischio costituito dai tempi e dalle operazioni necessarie per il compimento della fattispecie non può che gravare sulla parte cui incombe l'onere della noti

fica, la quale dovrà, pertanto, valutare i tempi eventuali, neces

sari in relazione alle varie evenienze (ricerche ed altre), per ese

guire la notificazione entro i termini previsti (cfr. Cass. 19 mag

gio 1986, n. 3291, id., Rep. 1986, voce Notificazione civile, n.

57). Passando ad esaminare la doglianza prospettata dallo Iadan

za con il ricorso principale, deve evidenziarsene la sostanziale

fondatezza attesa l'indiscutibile illogicità della motivazione con

la quale il pretore ha ritenuto di giustificare la disposta com

pensazione delle spese.

Quel giudice, riferendo quella giustificazione alla «particola re modalità della notifica» che aveva causato l'estinzione della

obbligazione, ha finito in sostanza con il porre a carico dello

Iadanza parte delle spese processuali sebbene il predetto fosse

risultato totalmente vittorioso, ed ha quindi travalicato l'unico

limite posto alla piena discrezionalità del giudice del merito nel

provvedere per la compensazione totale e parziale delle spese. In proposito, va infatti ribadito il principio, più volte enun

ciato da questa corte, secondo cui la parte interamente vittorio

sa non può essere condannata, neanche per una minima quota, al pagamento delle spese processuali (cfr., da ultimo, Cass. 11

gennaio 1988, n. 13, id., Rep. 1988, voce Spese giudiziali in

materia civile, n. 25). È appena il caso poi di evidenziare che, agli effetti del regola

mento delle spese, la soccombenza può essere determinata non

soltanto da ragioni di merito, ma anche da ragioni di ordine

processuale, non richiedendo l'art. 91 c.p.c. per la pronuncia

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Page 5: PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE || sezione I civile; sentenza 16 febbraio 1991, n. 1662; Pres. Granata, Est. Angarano, P.M. Romagnoli (concl. conf.); Iadanza (Avv.

GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

sulle spese una decisione che attenga al merito, ma una pronun cia che chiuda il processo davanti al giudice (Cass. 6 marzo

1987, n. 2377, id., Rep. 1987, voce cit., n. 15; 2850/71, id.,

Rep. 1971, voce cit., n. 36). In definitiva, poiché in tema di regolamento delle spese pro

cessuali il sindacato della Corte di cassazione è consentito pro

prio in relazione alla violazione del principio che non consente

di porre le spese a carico della parte vittoriosa e nella fattispecie il giudice del merito, disponendone la compensazione in base

a considerazioni di ordine processuale, ha irrazionalmente ed

erroneamente posto a carico della parte vittoriosa le spese dallo

stesso sostenute per il giudizio, il ricorso dello Iadanza deve

essere accolto.

All'accoglimento del ricorso consegue la cassazione dell'im

pugnata decisione, nella parte relativa alla questione prospetta ta nel ricorso accolto, con rinvio della causa ad altro giudice

per nuovo esame della medesima questione.

CORTE DI CASSAZIONE; sezione i civile; sentenza 10 gen naio 1991, n. 180; Pres. Vela, Est. Bibolini, P.M. Martone

(conci, conf.); Soc. Coripel (Avv. Schiavone, Pancrazi) c.

Soc. Fpa (Avv. Balsamo). Conferma Trib. Latina, decr. 16

settembre 1988.

Cassazione civile — Decreto di ammissione ad amministrazione

controllata — Ricorribilità — Documenti — Produzione

(Cost., art. Ill; cod. proc. civ., art. 372; r.d. 16 marzo 1942

n. 267, disciplina del fallimento, art. 188). Amministrazione controllata — Condizioni — Normale opera

tività imprenditoriale (R.d. 16 marzo 1942 n. 267, art. 160,

187, 188). Amministrazione controllata — Giudizio di meritevolezza — Cri

teri (R.d. 16 marzo 1942 n. 267, art. 188).

Anche in sede di ricorso ex art. Ill Cost, avverso il decreto

di ammissione alla procedura di amministrazione controllata

la produzione di documenti è ammessa con le forme e nei

limiti stabiliti dall'art. 372 c.p.c. (1)

(1) Nulla in termini sull'applicabilità dell'art. 372 c.p.c. anche al giu dizio di legittimità conseguente al ricorso ex art. Ill Cost, contro il

decreto del tribunale ex art. 188 r.d. 16 marzo 1942 n. 267. La Cassa

zione motiva sulla base del carattere di legittimità del giudizio, che esclude

qualsiasi indagine istruttoria e che quindi comporta l'irrilevanza della

produzione di documenti formatisi successivamente al provvedimento impugnato e, pertanto, non conoscibili dal giudice a quo. In motivazio ne la Cassazione dà inoltre atto del deposito dei suddetti documenti

contestualmente ad una memoria, successivamente quindi alla presenta zione del ricorso, e individua in ciò un ulteriore motivo di inammissibilità.

In giurisprudenza, nel senso dell'inammissibilità della produzione di

documenti relativi a fatti sopravvenuti, si veda Cass. 5 marzo 1982, n. 1384, Foro it., 1983, I, 1704, relativamente ad una fattispecie, di

espropriazione per pubblica utilità ed ivi nota di richiami giurisprudenziali. Nel senso dell'applicabilità dell'art. 372 c.p.c. anche al regolamento

di giurisdizione proposto avverso sentenza di primo grado che, nel con

traddittorio delle parti, abbia statuito sulla giurisdizione, v. Cass., sez.

un., 24 aprile 1970, n. 1179, id., 1970, I, 1566, con nota di richiami.

In motivazione si legge che «se talvolta si è ritenuto (cfr. sent. n. 2038

del 31 luglio 1967, id., 1967, I, 2006; n. 1795 del 3 luglio 1963, id.,

1963, I, 1346) che il divieto di depositare nuovi documenti nel giudizio

per cassazione non è applicabile al regolamento di giurisdizione, tutta

via si è anche, sebbene genericamente, indicato il limite della deroga all'art. 372 c.p.c. con l'espressione: 'perché tale regolamento consente

di offrire le prove documentali che le parti avrebbero potuto dedurre

in sede di merito se non si fossero avvalse del regolamento'. Meglio

precisando, si deve ritenere che solo in sede di regolamento preventivo di giurisdizione, quando il ricorso relativo non ha i caratteri propri di un mezzo ordinario o straordinario di impugnazione ... e la que stione relativa alla giurisdizione viene portata subito da una parte in

nanzi le sezioni unite civili cosicché l'altra parte non può essere stata

in grado di produrre la propria documentazione, il divieto dell'art. 372

c.p.c. non è applicabile. Ove invece vi sia stata, come nella specie, una

Il Foro Italiano — 1991.

Nell'esame dell'ammissibilità della procedura di amministrazio

ne controllata, il tribunale deve accertare, oltreché l'esistenza

delle condizioni di cui agli art. 187 e 160 l. fall., anche il

presupposto oggettivo relativo all'esistenza di un adeguato ca

pitale sociale e, quindi, alla possibilità di una normale opera tività imprenditoriale. (2)

Il requisito della meritevolezza richiesto dall'art. 188 I. fall, non

implica la valutazione di aspetti morali e comunque personali

dell'imprenditore, sostanziandosi, soprattutto nelle imprese

«collettive», nell'esame dei soli dati patrimoniali e gè

pronuncia sulla giurisdizione e la relativa questione sia stata trattata in nanzi al giudice di primo grado espressamente e funditus dalle parti in pieno contraddittorio e con ogni agevolezza nell'allegare tutta la documentazione in loro possesso, il divieto dell'art. 372 c.p.c. va tenuto fermo . . .».

Si è voluta riportare per esteso la motivazione poiché pare emergere dalla sentenza in epigrafe che il ricorrente basasse l'inapplicabilità del l'art. 372 cit. sul fatto che il provvedimento impugnato non fosse stato

preceduto da una fase contenziosa, nella quale, pare di poter aggiunge re, le parti avrebbero potuto esplicare una propria attività di interven

to, cosi come è invece previsto nel caso di procedura di concordato

preventivo. Si vuole con ciò evidenziare il problema della tutela delle

ragioni di una parte che non si prevede possa interloquire nella fase di ammissione alla procedura, essendole riservato esclusivamente il di ritto di voto nella fase di adunanza dei creditori. Anche questo proble ma sarebbe tuttavia suscettibile di un'ulteriore distinzione con possibili tà di opposte soluzioni a seconda si tratti della produzione di documen ti di formazione anteriore o successiva al provvedimento impugnato, e che si riallaccia alla già indicata natura del giudizio ex art. 111 Cost, come giudizio di legittimità. Ed infatti la Corte di cassazione nella sen tenza 2038/67, cit., nella motivazione sopra riportata, afferma che «nelle

questioni di giurisdizione il Supremo collegio è giudice dei presupposti di fatto sulla base dei quali la giurisdizione si determina», con ciò for

nendo, nel caso non si versi nella fattispecie descritta, l'ulteriore ragio ne della ritenuta inapplicabilità dell'art. 372, cit.; per cui una soluzione

negativa al nostro problema appare necessitata nel caso di produzione di documenti formatisi successivamente al provvedimento impugnato. In senso critico rispetto all'effettività della tutela garantita alle parti mediante l'estensibilità del ricorso ex art. Ill Cost, anche a ipotesi non

espressamente ricomprese nel dettato costituzionale, cfr. V. Denti, in

Commentario della Costituzione a cura di G. Branca, sub art. 111-113, 25 ss. («Il ricorso in Cassazione, infatti, per la sua natura e per il fatto

di dar luogo ad un controllo di legittimità non è il mezzo più idoneo

ad assicurare alle parti un rimedio contro le decisioni che le vedono

soccombenti. Se veramente il legislatore avesse inteso offrire una garan zia di piena tutela delle situazioni soggettive sostanziali, avrebbe sancito il principio del doppio grado di giurisdizione . . .»). Sempre sul punto, cfr. V. Andrioli, Diritto processuale civile, 842 ss.

Un ulteriore spunto di riflessione, che può anche andare oltre il limi

tato ambito del ricorso straordinario in materia di amministrazione con

trollata, è dato dalla riforma al codice di procedura civile nella parte in cui introduce il giudizio di merito in Cassazione nel caso di ricorso

per violazione o falsa applicazione di regole di diritto, «qualora non siano necessari ulteriori accertamenti di fatto» (art. 384 nuovo testo), fermo rimanendo il dettato dell'art. 372 c.p.c. con maggiore rilevanza

che nel vigore della presente normativa, l'esigenza di tutela delle parti, cosi come evidenziato da V. Denti, La Cassazione giudice del merito, in Foro it., 1991, V, 1 ss., specialmente in una situazione, come quella che qui interessa, dove non è previsto alcun potere di intervento del

creditore nella fase precedente al ricorso in Cassazione; a seconda del

l'interpretazione che si darà al concetto di ulteriori accertamenti di fat

to, si presenteranno forse allora come inevitabili problemi di legittimità costituzionale dell'art. 372 cit.

(2) Non constano precedenti in termini. La Suprema corte desume

il requisito indicato dalla modifica apportata alla normativa dalla 1.

391/78, con la quale, elevandosi a finalità della procedura il risanamen

to dell'impresa ed a presupposto la possibilità di detto risanamento, si è venuto implicitamente ad escludere che l'imprenditore possa liqui dare l'azienda al fine di soddisfare regolarmente le proprie obbligazio

ni; nello stesso senso si pone Trib. Latina 28 ottobre 1982, Foro it.,

Rep. 1984, voce Amministrazione controllata, n. 17 e Dir. fallim., 1983,

II, 460, con nota di Di Gravio, la quale, relativamente alla possibilità di risanamento dell'impresa, la esclude nel caso di riduzione del capita le sociale al disotto dei minimi di legge senza l'adozione del provvedi mento di cui all'art. 2247 c.c., causa di scioglimento e di conseguente necessità della messa in liquidazione della società. Per Trib. Milano

9 giugno 1959, Foro it., Rep. 1959, voce cit., n. 2 e Dir. fallim., 1959,

II, 501, non può ammettersi al procedimento di amministrazione con

trollata la società non attualmente funzionante; nel caso di specie, dalla

massima si ricava trattarsi di società già posta in liquidazione, che per la ripresa dell'attività necessitava di una licenza ministeriale.

La Cassazione ha con ciò esplicitato un ulteriore presupposto di am

missibilità alla procedura, in grado di differenziare l'amministrazione

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