sezione I civile; sentenza 9 agosto 1990, n. 8116; Pres. Bologna, Est. Baldassarre, P.M. Zema(concl. conf.); Min. finanze (Avv. dello Stato Palatiello) c. Ciaudano ed altri. Conferma Comm.trib. centrale 26 gennaio 1987, n. 750Source: Il Foro Italiano, Vol. 114, PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE(1991), pp. 503/504-507/508Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23185276 .
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PARTE PRIMA
3 1. 599/79 ha conservato in vigore, per l'intermedio, l'art. 6
del d.l. n. 478 e che questa norma, come si è enunciato, contie
ne il precetto impositivo del tributo anche con riferimento ai
tubi giacenti al 1° ottobre 1979.
La stessa viene poi corroborata, in parallelo, dal rilievo che,
sempre su base testuale, emerge che la legge di conversione ha
previsto in modo positivo la conservazione dell'imposizione tri
butaria anche con riferimento ai cinescopi giacenti alla data più volte richiamata.
È indubbio, innazitutto, che per siffatti prodotti il rapporto
giuridico relativo all'imposta della quale erano stati onerati dal
decreto legge, è sorto all'atto del verificarsi dei suoi presupposti
oggettivi avvenuti durante il periodo di vigenza dello stesso de
creto; tanto, non solo sulla traccia della costruzione qui accol
ta, ma, altresì, anche nell'ipotesi che nelle situazioni di giacenza il momento perfezionativo della fattispecie oggettiva fosse co
stituito soltanto dalla detenzione, ed in quella dell'istituzione
di una duplice imposta. Di conseguenza, in forza dell'art. 3, ultima parte, della legge di conversione, quel rapporto deve ri
manere efficace anche per il periodo intermedio, di modo che
i prodotti che ne formano oggetto (appunto i cinescopi detenuti
al 1° ottobre 1979) rimangono assoggettati all'imposizione ori
ginaria.
Inoltre, sempre l'art. 33 ha conservato espressamente in vigo re l'art. 17 del decreto che disciplinava le modalità di pagamen to del tributo sui cinescopi «giacenti» alla data della sua entrata
in vigore, ove destinati all'esportazione, e ciò si giustifica solo
a patto di riconoscere la conservazione dell'imposizione sulle
giacenze anche nel periodo intermedio.
Infine, la soluzione accolta è in totale sintonia con il princi
pio di omogeneità tra le situazioni economiche costituenti il pre
supposto mediato dell'imposta di fabbricazione. L'argomento
acquista uno spessore ancora maggiore considerando che non
vi è alcuna disposizione positiva che deponga in modo univoco
per l'interruzione dell'uniformità di trattamento tra le due si
tuazioni e che lo iato tra i due regimi, conseguenti all'opposta soluzione recepita dalla corte del merito, appare vieppiù inac
cettabile in quanto è carente di qualsiasi giustificazione sul pia no frazionale e su quello della ratio legis.
Né può condividersi l'obiezione sollevata dalla sentenza im
pugnata e dalla resistente secondo cui la legge di conversione
ha escluso la permanenza in vigore, anche per il periodo inter
medio, del disposto del 4° comma dell'art. 16 disciplinante l'at
tività di controllo e di liquidazione sui tubi catodici giacenti», e secondo cui la caducazione di quella disciplina comporta ne
cessariamente l'ablazione di ogni imposizione sulle giacenze. Come si è chiarito, da un canto il precetto istitutivo dell'im
posta sulle situazioni che hanno il presupposto mediato nella
giacenza è contenuto nell'art. 6 d.l. e non nel successivo art.
16 che attiene soltanto alla disciplina del sistema impositivo; dall'altro, la legge di conversione ha espressamente conservato in vigore l'art. 6. Quindi, la portata dell'ablazione del 4° com ma dell'art. 16 non può coinvolgere la caducazione dell'imposi zione su siffatta situazione, e non può che essere circoscritta
e limitata all'eliminazione della disciplina sull'attività di con
trollo e di liquidazione dell'ufficio fiscale. Ciò anche perché a tanto non consegue la carenza totale di regolamentazione po sitiva di tal materia una volta che, alla stregua del principio della omogeneità dei regimi, deve essere applicata la disciplina dettata nell'art. 10 d.l. per i tubi catodici costruiti dopo il 1°
ottobre 1979.
D'altra parte, si oppone nettamente alla validità dell'obiezio
ne la difficoltà di rendere ragione della conservazione in vigore delle disposizioni di cui ai primi tre commi dell'art. 16 discipli nanti le modalità della dichiarazione di imposta in relazione alle
situazioni di giacenza. Non si spiega, cioè, perché sia stato con servato in vigore l'obbligo della denuncia (tra l'altro sanzionata
pecuniariamente) della situazione in questione se ad essa non
dovesse seguire l'assoggettamento della fattispecie, completata con l'estrazione del prodotto, all'onere tributario anche nell'in
termedio. Né può dirsi che ciò avviene in quanto la denuncia
è direttamente funzionale all'attività di controllo dell'ammini
strazione fiscale in ordine alle situazioni collegate all'estrazione
dei prodotti fabbricati dopo il 1° ottobre 1979, una volta che
a tal fine operano, ed esaustivamente, le disposizioni degli arti
coli da 8 a 15 d.l. espressamente confermata per il periodo in
termedio dalla legge di conversione.
Il Foro Italiano — 1991.
Pertanto, deve necessariamente dirsi che per la legge di con
versione, la mancata conferma del 4° comma dell'art. 16 ha
lo scopo di evitare che, data la tecnica impositiva da esso adot
tata, proseguissero gli adempimenti ivi previsti con riferimento
alle giacenze in sé considerate; e, contemporaneamente, ribadir
si che rimangono assoggettati all'imposizione introdotta dal d.l.
478/79 i cinescopi detenuti dai fabbricanti al 1° ottobre 1979
ed estratti dai depositi fino al 30 novembre 1979.
7. - Nei limiti di questa ricostruzione risulta fondato il terzo
schema difensivo teso all'affermazione dell'esistenza di un pre cetto normativo avente il contenuto individuato da questa corte.
Correlativamente, risulta viziata da violazione di legge la sen
tenza della corte del merito che, interpretando erroneamente le
disposizioni positive, ha escluso siffatto assoggettamento ed ha
dichiarato non dovuta dalla Videocolor l'imposta in questione sui cinescopi dalla stessa detenuti nei propri depositi al 1° otto
bre 1979 ed estrattine sino al 30 novembre successivo.
8. - Pertanto, nei limiti enunciati il ricorso dell'amministra
zione finanziaria dello Stato deve essere accolto, la sentenza
impugnata cassata, ed il processo rimesso ad altra sezione della
Corte d'appello di Roma per il giudizio dirinvio. Tal giudice si atterrà al principio di diritto in base al quale
rimangono assoggettati all'imposta di cui agli art. 6, 10, 16,
1°, 2° 3° comma, d.l. 1° ottobre 1979 convertito con modifica
zioni nella 1. 30 novembre 1979 n. 599 i tubi catodici per televi
sori a colori detenuti nei locali di fabbrica alla data del 1° otto
bre 1979 ed estrattine successivamente entro il 30 novembre 1979
per il consumo nel mercato nazionale.
CORTE DI CASSAZIONE; sezione I civile; sentenza 9 agosto
1990, n. 8116; Pres. Bologna, Est. Baldassarre, P.M. Ze
ma (conci, conf.); Min. finanze (Aw. dello Stato Palatiel
lo) c. Ciaudano ed altri. Conferma Comm. trib. centrale 26
gennaio 1987, n. 750.
Tributi locali — Invim — Cessione gratuita di aree al comune
per opere di urbanizzazione — Valore dell'area ceduta — Spese incrementative — Inclusione (D.p.r. 26 ottobre 1972 n. 643, istituzione dell'imposta comunale sull'incremento di valore degli immobili, art. 13).
Ai fini del computo della base imponibile dell'Invim, il valore
della cessione gratuita di aree al comune per la realizzazione di opere di urbanizzazione, in forza di convenzione urbanisti ca per la lottizzazione di terreni a scopo edilizio, costituisce
spesa incrementativa ai sensi dell'art. 13 d.p.r. 643/72. (1)
(1) L'odierna pronuncia ribadisce il precedente di legittimità costitui to da Cass. 13 gennaio 1988, n. 186, Foro it., 1989, I, 1579 (ivi in nota i richiami ai precedenti delle commissioni tributarie). Si afferma, infatti, che il disposto di cui all'art. 13 d.p.r. 643/72 non contiene un'e lencazione tassativa delle ipotesi di detraibilità: si tratta, piuttosto, di
fattispecie indicate a titolo «essenzialmente esemplificativo e riguardan ti voci omogenee». Se cosi non fosse, aggiunge la Suprema corte, si dovrebbe sospettare il combinato disposto degli art. 11 e 13 di incosti tuzionalità.
In effetti, quanto previsto dalla norma citata è relativo alla definizio ne delle modalità di computo delle spese di urbanizzazione. Altro è il prolema inerente alla portata dell'art. 13, cosi come modificato dal
d.p.r. 688/74, se cioè tale norma abbia, o no, natura retroattiva. L'am ministrazione finanziaria (circolare 1/24/T 15 aprile 1988, in Codice delle imposte dirette e Invim, voi. 8, Milano, 13.37) sostiene che essa abbia carattere innovativo, costituendo una deroga di natura sostanzia le dell'art. 1 d.p.r. 688/74: tesi nella sostanza accolta da Cass. 7 feb braio 1989, n. 733, Foro it., 1990, I, 1678, con nota di richiami, secon do la quale, poiché l'articolo sopra citato «ha natura correttiva, esso
opera retroattivamente». Sulla questione della cessione gratuita delle aree ai comuni si riscon
tra una frattura tra giurisprudenza, alla quale si uniforma la dottrina, ed amministrazione finanziaria. Quest'ultima ha per tempo assunto una posizione molto ferma, sulla base di un'interpretazione strettamente let terale, affermando che la cessione delle aree non può essere detratta, poiché non costituisce una spesa in senso tecnico, bensì un costo. In
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
Svolgimento del processo. — L'amministrazione finanziaria
dello Stato ha proposto ricorso alla Commissione tributaria cen
trale avverso quattro decisioni in data 15 gennaio 1981 della
commissione di II grado di Torino, la quale, a conferma delle
pronunzie rese da quella di primo grado su ricorsi di Maria
Ciaudano, in proprio e nella qualità, aveva ritenuto non dovuti
i supplementi di imposte pretesi dall'ufficio del registro di Chi
vasso in relazione alle denunce ai fini dell'Invim riguardanti
quattro atti registrati tra il 22 gennaio e il 19 settembre 1975,
giudicando infondato l'assunto dell'amministrazione, secondo
cui la cessione gratuita al comune di aree non costituisce spesa incrementativa ai sensi dell'art. 13 d.p.r. 26 ottobre 1972 n.
643 e successive modifiche.
La Commissione centrale, richiamando la decisione n. 6590/85
(Foro it., Rep. 1985, voce Tributi locali, n. 245) di quelle sezio
ni unite, ha considerato che la cessione di aree, al pari delle
spese vere e proprie, è una diminuzione patrimoniale e può co
stituire la condizione indispensabile per la trasformazione urba
nistica e l'utilizzazione del terreno; che, pertanto, l'omessa pre visione tra le spese incrementative della cessione gratuita di aree
non va intesa nel senso di escludere la deducibilità, bensì nel
senso che il legislatore ha ritenuto superflua una previsione spe
cifica, essendo in materia sufficienti i principi generali e le di
sposizioni dell'art. 13; che, nella specie, le cessioni di aree al
comune erano avvenute in esecuzione di apposite convenzioni, che accollavano ai resistenti, oltre alla cessione gratuita di aree, anche le spese di urbanizzazione.
Sulla base di tali rilievi, dopo aver disposto la riunione dei
ricorsi, li ha rigettati con la decisione 9 ottobre - 26 gennaio 1987.
Per la cassazione di questa l'amministrazione propone un unico
mezzo d'annullamento, con ricorso notificato a Maria Ciauda
no, in proprio e nella qualità, pacifica in atti, di procuratrice
degli altri intimati. Nessuno resiste.
Motivi della decisione. — La ricorrente amministrazione, de
nunziando violazione e falsa applicabilità degli art. 13 e 18
d.p.r. 16 ottobre 1972 n. 643 (nel testo risultante a seguito delle
modifiche introdotte con d.p.r. 23 dicembre 1974 n. 688), non
ché difetto di motivazione, sostiene che la cessione gratuita di
aree al comune, non è espressamente considerata tra le spese
detraibili; non è spesa in senso tecnico; era ricompresa tra i
costi detraibili nell'art. 28 1. 5 marzo 1963 n. 246, istitutiva
dell'imposta di valore sulle aree fabbricabili e la mancata previ sione nell'art. 13 denota una volontà del legislatore contraria
alla detraibilità del sacrificio patrimoniale in cui si risolve la
particolare, l'amministrazione fa leva, in riferimento all'art. 28 1. 246/63, sul brocardo ubi voluti...: per la cessione gratuita non può parlarsi di
spese, perché esse non sono state ricomprese nella legge istitutiva del
l'Invim. La dottrina sul punto segue itinerari variegati, ma finisce per giunge
re alla stessa conclusione, decisamente contrastante con la tesi dell'am
ministrazione finanziaria. Cosi, sulla natura giuridica e sulla definizio ne di spesa, si sostiene — Di Pietro, L'imposta sull'incremento di va lore degli immobili e le cessioni gratuite di aree ai comuni, in Riv. dir. fin., 1979, II, 161 — che vi è una connessione con la nozione
di utilità. Altri opina che il valore delle aree cedute sarebbe il valore corrispon
dente all'indennità di esproprio e, pertanto, computabile ai fini Invim
(Consonni, Invim, spese incrementative ex art. 13. Detraibilità del va
lore delle aree cedute gratuitamente al comune per l'urbanizzazione, in Riv. not., 1983, 427).
Circa la natura giuridica della cessione gratuita di aree ai comuni
si segnala l'opinione di chi (Dus, La cessione gratuita di aree al comune
nella disciplina dell'Invim, in Rass. trib., 1986, II, 485) la individua
nella datio in solutum, per cui «la ragione della detrazione dell'incre
mento deriva non dalla cessione, ma dalla natura della prestazione cui
si era tenuti». Secondo altri (Lops-Milone, La donazione, in Vita not., 1978, 371)
la cessione gratuita delle aree ai comuni non costituirebbe una donazio
ne, mancando lo spirito di liberalità (nello stesso senso anche ris. min.
fin. dir. gen. fin. loc. 28 marzo 1979, n. 4/767, id., 1979, 1037).
Recentemente, la rigida posizione dell'amministrazione finanziaria è
stata criticata da Lamedica, Dal ministero battaglia ad oltranza, in Cor
riere trib., 1988, 2181, che vede in tale atteggiamento un inaccettabile
contributo all'«ingolfamento» del contenzioso tributario; sino a chie
dersi se l'introduzione, a questo livello, del principio per cui «chi perde
paga» non possa valere ad imporre l'alt all'inutile resistenza dell'ammi
nistrazione finanziaria.
Il Foro Italiano — 1991.
cessione; non figura nel 3° comma dell'art. 13 cit., che conside
ra invece gli oneri di urbanizzazione, ai quali andrebbe appa
rentata; non può essere documentaa secondo le modalità indi
cate dagli art. 13, 3° comma, e 18 d.p.r. 643/72, richiedendo,
quindi, se ammessa, una valutazione di cui non è traccia nelle
previsioni legislative; non può essere inclusa fra le spese previ ste come deducibili in via di interpretazione analogica o estensiva.
Tanto premesso, rileva il collegio che questa sezione con sen
tenza n. 186 del 13 gennaio 1988 (id., 1989, I, 1579) ha preso
posizione in ordine alla questione riproposta con il ricorso in
esame, giungendo alla stessa conclusione a cui è pervenuta la
Commissione centrale, peraltro con motivazione in parte cor
rettiva di quella adottata dei giudici tributari sulla base di argo mentazioni recepite anche dalla decisione qui in esame.
Quest'ultima deve essere tenuta ferma per le ragioni che
seguono. L'art. 13, nella sua originaria formulazione, stabiliva che «si
considerano spese di costruzione e incrementati ve quelle relative
ad opere ed utilità esistenti alla data di determinazione del valo
re finale del bene» e, al 2° comma, che «rientrano fra le utilità
la liberazione del bene da servitù, oneri reali ed altri vincoli».
Con le «disposizioni correttive ed integrative del d.p.r. 26
ottobre 1972 n. 643...» introdotte con il d.p.r. 23 dicembre 1974
n. 688, i due commi dell'art. 13 previgente sono stati unificati
con la sola aggiunta, nell'elencazione degli oneri detraibili, delle
spese «per demolire le costruzioni esistenti sulle aree utilizzate
a fini edificatori». Al 1° comma, cosi ottenuto, ne sono stati aggiunti altri due,
riguardanti, rispettivamente, la determinazione e documentazio
ne dell'importo delle opere eseguite in economia e l'accollo per
legge delle spese per l'urbanizzazione primaria e secondaria, ri
spetto alle quali è previsto che «il valore iniziale è maggiorato anche della quota parte di tali spese, ancorché non eseguite alla
data del trasferimento» e sono definite le modalità di computo. L'art. 13, in entrambe le versioni, completa e chiarisce (al
pari dell'art. 12 per le spese di acquisto) la portata della norma
dell'art. 11, non modificato dal d.p.r. 688/74, il quale — in
attuazione degli scopi e in aderenza alla natura della particolare
imposta, diretta a tassare l'incremento di valore del bene ed
il connesso arricchimento del proprietario — afferma il princi
pio dell'esclusione dall'imponibile delle spese di acquisto, di co
struzione e incrementative, adottando il mezzo tecnico della mag
giorazione del valore iniziale. L'art. 13 non adempie, però, la
sua funzione definitoria con un'elencazione tassativa degli oneri
detraibili, essendo diretta l'indicazione di alcuni di essi a diri mere possibili e settoriali incertezze interpretative.
E se si considerano funzione e natura dell'imposta, risulta
disagevole la ricerca di una ragione che potrebbe avere indotto
il legislatore a non ricomprendere fra gli oneri detraibili il valo
re delle aree, di cui la convenzione urbanistica imponga la ces
sione gratuita al comune per la realizzazione di opere di urba
nizzazione; d'altra parte, se si negasse la detraibilità, potrebbe
sospettarsi d'inconstituzionalità il combinato disposto dagli art.
11 e 13.
Entrambe le fatte considerazioni debbono indurre, quindi, ad
una interpretazione della normativa che consenta di ricompren dere detto valore tra le spese incrementative.
Al riguardo non può ritenersi di ostacolo la previsione del
l'ultimo comma del nuovo art. 13, in quanto — posto che il
precetto di ordine generale che consente la maggiorazione del
valore iniziale va ricercato nel coordinamento dell'art. 11 con
il 1° comma dell'art. 13, ora in vigore — la finalità dell'ultimo
comma predetto non è quella di sancire la detraibilità dell'ac
collo delle spese di urbanizzazione, ma soltanto quella di defini
re le modalità del computo di esse e di consentire la detrazione
anche della quota parte delle spese non ancora eseguite (sulla
qualificazione di tale norma, «rivolta a precisare i presupposti
del tributo e a riformulare la disposizione sostituita senza modi
ficarne sostanzialmente la portata precettiva», vedi le sent. nn.
6252 del 1987, id., Rep. 1987, voce cit., n. 221; 414 del 1989,
id., Rep. 1989, voce cit., n. 112 e 733 del 1989, id., 1990, I, 1678, di questa sezione in tema di efficacia della disposizione che autorizza la detrazione delle spese per opere di urbanizza
zione non ancora eseguite con riguardo ai rapporti anteriori al
la riforma).
Orbene, se soltanto un'esigenza di specificazione (quantitati va e temporale) ha indotto il legislatore a rendere esplicita e
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PARTE PRIMA
dettagliata la previsione già reperibile nel preesistente generico
prcetto, non si può trarre da siffatta produzione normativa un
argomento, a contrario, per negare la ricomprensione nello stesso
precetto indifferenziato della previsione di detraibilità di altro
onere, similare per natura ed effetti patrimoniali. Né argomento a favore dell'opposta tesi offre il 1° comma
dell'art. 13, ora vigente, in quanto l'elencazione ivi prevista, essenzialmente esemplificativa e riguardante voci omogenee, non
è di ostacolo, per tale suo carattere, all'estensione ad altre spese od onorari.
Allo stesso modo la dedotta non conciliabilità con il valore
delle aree, cedute gratuitamente, dei criteri di computo e delle
modalità di documentazione di cui al 3° comma dell'art. 13
(ma il rilievo vale anche per la disposizione del 2° comma) non
assume il significato negativo rappresentato in ricorso, atteso
che gli uni e le altre sono riferiti a particolari importi ammessi
alla maggiorazione del valore iniziale (spese di urbanizzazione
in quota parte e, anche, opere eseguite in economia) e sono
correlate alle origini ed alle caratteristiche proprie degli oneri
detraibili. Pertanto, tenuta presente l'ampia portata del precetto nor
mativo, deve affermarsi, in conclusione, che, nel caso di con
venzione urbanistica per la lottizzazione di terreni a scopo edili
zio, con cessione gratuita al comune di suoli occorrenti alla rea lizzazione di opere di urbanizzazione, il valore del terreno ceduto
costituisce onere incrementativo, ai sensi e per gli effetti del
combinato disposto degli art. 11 e 13 d.p.r. 26 ottobre 1972
n. 643 (il secondo nel testo introdotto dall'art, unico d.p.r. 23
dicembre 1974 n. 688), da detrarre, mediante maggiorazione del
valore iniziale, dall'incremento di valore ai fini dell'Invim.
Consegue il rigetto del ricorso.
CORTE DI CASSAZIONE; sezione I civile, sentenza 2 agosto 1990, n. 7759; Pres. Bologna, Est. Grieco, P.M. Tridico
(conci, conf.); Arciconfraternità della misericordia di Firenze
(Aw. Rastello) c. Min. finanze (Avv. dello Stato Favara).
Conferma Comm. trib. centrale 24 novembre 1986, n. 9002.
Tributi locali — In vim — Imposta per decorso decennio — Im
mobili appartenenti ad enti non esercenti attività commerciali — Esenzione — Condizioni (D.p.r. 26 ottobre 1972 n. 643, istituzione dell'imposta comunale sull'incremento di valore degli immobili, art. 3, 25; d.p.r. 29 settembre 1973 n. 598, istitu
zione e disciplina dell'imposta sul reddito delle persone giuri diche, art. 2; 1. 22 dicembre 1975 n. 694, modifiche alla disci
plina dell'imposta comunale sull'incremento di valore degli immobili, art. 3).
Tributi locali — Invim — Imposta per decorso decennio — Im mobili appartenenti ad enti non esercenti attività commerciali — Esenzioni — Disciplina — Questioni manifestamente in fondate di costituzionalità (Cost., art. 3, 53; d.p.r. 26 ottobre 1972 n. 643, art. 25; 1. 22 dicembre 1975 n. 694, art. 3; 1. 16 dicembre 1977 n. 904, modificazioni alla disciplina del
l'imposta sul reddito delle persone giuridiche e al regime tri butario dei dividendi e degli aumenti di capitale, adeguamen to del capitale minimo delle società e altre norme in materia fiscale e societaria, art. 8).
Tributi locali — Invim — Imposta per decorso decennio — Di chiarazione — Tempestività — Ricezione dell'ufficio compe tente — Presentazione all'ufficio postale — Irrilevanza (D.p.r. 26 ottobre 1972 n. 643, art. 18).
L'esenzione totale dal pagamento dell'Invim per decorso decen
nio, prevista per gli immobili appartenenti ad enti pubblici e privati che esercitino attività diverse da quelle commerciali, è subordinata alla condizione della destinazione immediata e diretta degli immobili all'esercizio delle attività istitu zionali. (1)
(1-2) Prima pronuncia della Cassazione sul tema delle condizioni ne cessarie per conseguire l'esenzione dalla c.d. «Invim decennale». In pre
li Foro Italiano — 1991.
Sono manifestamente infondate le questioni di legittimità costi
tuzionale dell'art. 25, cpv., lett. c) e lett. g), e 5° comma, lett. a), d.p.r. 26 ottobre 1972 n. 643 (in relazione all'art.
8 l. 16 dicembre 1977 n. 904), nella parte in cui prevede una
diversa misura dell'esenzione dall'Invim per gli immobili ap
partenenti alla stessa categoria di soggetti in funzione del cri
terio dell'effettiva destinazione degli immobili ai fini istitu zionali dell'ente e concede ai benefici ecclesiastici l'esenzione
dall'Invim senza imporre alcun obbligo circa l'uso dell'immo
bile, in riferimento agli art. 3 e 53 Cost. (2) La dichiarazione ai finì dell'Invim per decorso decennio è tem
pestiva se perviene, nel termine di trenta giorni dal compi mento del decennio, all'ufficio del registro della circoscrizio ne in cui è sito l'immobile, mentre non ha alcun rilievo la
data di consegna all'ufficio postale del plico raccomandato. (3)
cedenza, i giudici tributari avevano espresso un orientamento che ha trovato conferma con la decisione in epigrafe; infatti, era stato affer mato che l'esenzione in toto dall'imposta era condizionata all'accerta
mento, in concreto, della destinazione degli immobili di proprietà degli enti individuati dall'art. 2, lett. c), d.p.r. 598/73 (ossia, «gli enti pub blici e privati ... non aventi per oggetto esclusivo o principale l'esercizio di attività commerciali che hanno nel territorio dello Stato la sede legale o amministrativa o l'oggetto principale») all'esercizio delle attività isti tuzionali (v. Comm. trib. centrale 7 settembre 1989, n. 5410, Foro it., Rep. 1989, voce Tributi locali, n. 67), sicché — ove fosse stata accerta ta la produzione di reddito in conseguenza dell'uso dell'immobile (Comm. trib. centrale 8 giugno 1989, n. 4228, ibid., n. 68), come nel caso della concessione in locazione di un edificio (Comm. trib. centrale 26 novem bre 1984, n. 10227, id., Rep. 1985, voce cit., n. 186) — l'esenzione andava riconosciuta nella diversa misura del 50%, prevista appunto per le ipotesi in cui gli immobili non risultino destinati all'esercizio delle attività istituzionali (v. art. 25, 5° comma, lett. a, d.p.r. 643/72).
Va ricordato, peraltro, che analoghe destinazioni d'uso non hanno fatto venir meno l'esenzione totale dal pagamento dell'imposta quando è stata riscontrata la conformità della destinazione alle previsioni statu tarie dell'ente: cfr. Comm. trib. centrale 21 giugno 1986, n. 5722, id., Rep. 1987, voce cit., n. 189 (nella specie, una pia congregazione di carità aveva concesso in locazione i propri immobili in favore di fami
glie bisognose); Comm. trib. II grado Parma 10 novembre 1983, id., Rep. 1984, voce cit., n. 312.
Mette conto sottolineare come, anche in relazione a differenti sistemi
impositivi, i meccanismi di esenzione — in favore di soggetti giuridici individuati mediante la specificazione di taluni fini istituzionali — siano
ugualmente collegati con l'accertamento in concreto della strumentalità «diretta ed immediata» dell'attività svolta dall'ente rispetto ai fini isti tuzionali che il legislatore ha inteso agevolare: cfr., di recente, Cass. 29 marzo 1990, n. 2573, id., Mass., 372, riguardante il beneficio —
previsto dall'art. 6, lett. h), d.p.r. 29 settembre 1973 n. 601 — della riduzione alla metà dell'Irpeg nei confronti degli enti equiparati a quelli di beneficenza o istruzione.
In ordine ai profili di legittimità costituzionale del sistema di esenzio ne dall'Invim, vanno ricordate: Corte cost. 7 aprile 1988, n. 410, id., 1989, I, 43, con nota di richiami (ed in Giur. costit., 1988, I, 1847, con nota di Tabet, Esenzione giustificata o privilegio per gli immobili
appartenenti agli istituti per il sostentamento del clero?) che ha dichia rato infondata la questione relativa all'omessa previsione degli immobi li appartenenti alle Ipab tra quelli che comunque godono dell'esenzio ne; Corte cost., ord. 27 giugno 1986, n. 160, Foro it., Rep. 1987, voce cit., n. 179 (annotata da Giuffré, Immobili di «enti ecclesiastici» ed Invim decennale, in Giur. costit., 1986, I, 1846) e Corte cost. 28 marzo 1985, n. 86, Foro it., 1985, I, 1917, con nota di Colaianni, L'esenzio ne dall'Invim decennale: un segno di contraddizione nel trattamento tributario degli enti ecclesiastici, riguardanti le agevolazioni fissate per gli immobili degli enti ecclesiastici.
(3) In senso conforme, v. Comm. trib. centrale 22 febbraio 1986, n. 1538, Foro it., Rep. 1986, voce Tributi locali, n. 229, secondo la quale la tempestività della dichiarazione relativa all'Invim decennale «va calcolata con riferimento alla data nella quale la dichiarazione sia per venuta e sia quindi nella materiale disponibilità dell'ufficio»; ma la mag gioranza dei giudici tributari — a cominciare proprio della stessa Com missione tributaria centrale — in più occasioni ha reclamato per le di sparità di trattamento operato dal legislatore dal 1972, rispetto ad altre
tipologie di sistemi di dichiarazione dei redditi e di imposte, sostenendo che è tempestiva la dichiarazione che risulti inviata con plico raccoman dato, con avviso di ricevimento, prima della scadenza dei termini indi cati dall'art. 18 d.p.r. 643/72 (cfr. Comm. trib. centrale 29 gennaio 1987, n. 868, id., Rep. 1987, voce cit., n. 243 ; 31 maggio 1985, n. 5351, id., Rep. 1985, voce cit., n. 249; Comm. trib. I grado Monza 10 dicembre 1985, id., Rep. 1986, voce cit., n. 230), non senza sollevare dubbi circa la legittimità costituzionale di tale normativa, nonché del l'analoga previsione contenuta nell'art. 26 d.l. 55/83, convertito nella
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