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PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE || sezione I civile; sentenza 8 marzo 1991, n....

Date post: 31-Jan-2017
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sezione I civile; sentenza 8 marzo 1991, n. 2481; Pres. Scanzano, Est. Baldassarre, P.M. Golia (concl. conf.); Soc. coop. edilizia Ionio Residence (Avv. Simonetti) c. Domestico (Avv. Zimatore). Conferma App. Catanzaro 9 aprile 1986 Source: Il Foro Italiano, Vol. 114, PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE (1991), pp. 1427/1428-1429/1430 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23185448 . Accessed: 24/06/2014 22:51 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 185.44.77.28 on Tue, 24 Jun 2014 22:51:06 PM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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sezione I civile; sentenza 8 marzo 1991, n. 2481; Pres. Scanzano, Est. Baldassarre, P.M. Golia(concl. conf.); Soc. coop. edilizia Ionio Residence (Avv. Simonetti) c. Domestico (Avv. Zimatore).Conferma App. Catanzaro 9 aprile 1986Source: Il Foro Italiano, Vol. 114, PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE(1991), pp. 1427/1428-1429/1430Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23185448 .

Accessed: 24/06/2014 22:51

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1427 PARTE PRIMA 1428

vento, non espressamente previsti dalla legge, destinati ad inter

ferire nel concreto esercizio di quelle funzioni, e che determine

rebbero un ingiustificato appesantimento delle procedure am

ministrative ed una duplicazione di compiti, contro le stesse fi

nalità perseguite dal legislatore. In base alle considerazioni che precedono, il ricorso va dun

que accolto, con conseguente cassazione della sentenza impu

gnata e rinvio della causa ad altro pretore della Pretura circon

dariale di Belluno.

CORTE DI CASSAZIONE; sezione I civile; sentenza 8 marzo

1991, n. 2481; Pres. Scanzano, Est. Baldassarre, P.M. Go

lia (conci, conf.); Soc. coop, edilizia Ionio Residence (Avv.

Simonetti) c. Domestico (Avv. Zimatore). Conferma App. Catanzaro 9 aprile 1986.

Edilizia e urbanistica — Professionista incaricato della redazio

ne dello strumento urbanistico — Contratto d'opera profes sionale per la progettazione di opere private nello stesso co

mune — Nullità — Esclusione (L. 17 agosto 1942 n. 1150,

legge urbanistica, art. 41 bis; 1. 6 agosto 1967 n. 765, modifi

che ed integrazioni alla legge urbanistica 17 agosto 1942 n.

1150, art. 14).

L'inosservanza dell'art. 41 bis della legge urbanistica (introdot to dall'art. 14 l. 6 agosto 1967 n. 765), che consente al pro

fessionista incaricato della redazione del piano regolatore o

del programma di fabbricazione di assumere, nel territorio del comune interessato, nelle more dell'approvazione di detti

strumenti urbanistici, unicamente incarichi di progettazione di opere ed impianti pubblici, non è causa di nullità del con

tratto di prestazione d'opera intellettuale, stipulato dal pro

fessionista con privati, avente ad oggetto la progettazione, nello stesso comune, di opere o impianti privi del carattere

pubblicistico. (1)

Svolgimento del processo. — Con citazione dell'I 1 agosto 1975

l'architetto Franco Domestico esponeva che dal 1972 al 1975

aveva prestato opera professionale in favore della cooperativa edilizia Ionio Residence a r.l. per la progettazione di un com

plesso alberghiero e di tre villette da erigere in territorio di Isola

Capo Rizzuto, con intensa attività tecnica ed amministrativa, anche presso i vari enti interessati; che la convenuta, invocando l'art. 14 1. 6 agosto 1967 n. 765, aveva rilevato che il Domesti

co, quale autore del programma di fabbricazione del comune

(1) Il principio di cui alla massima era stato affermato da Trib. Santa Maria Capua Vetere 18 ottobre 1985, Foro it., Rep. 1986, voce Edilizia e urbanìstica, nn. 188, 189.

Nel senso che la violazione del disposto di cui all'art. 41 bis della legge urbanistica è penalmente sanzionata dall'art. 17, lett. a), 1. 28

gennaio 1977 n. 10, v. Pret. Messina 28 gennaio 1985, ibid., nn. 190, 191 (per esteso in Giur. merito, 1986, 723, con nota di I. Materia, Gli incaricati della progettazione di strumenti urbanistici ed il reato de rivante dall'art. 41 bis legge urbanistica).

L'esame della contrarietà a norme imperative di contratti d'opera pro fessionale è stato affrontato da Cass. 7 maggio 1988, n. 3390, Foro it., Rep. 1988, voce Professioni intellettuali, n. 71 (contratto stipulato dal dipendente di un ente pubblico in violazione di una norma statuta

ria); 5 dicembre 1987, n. 9044, ibid., n. 68; 25 febbraio 1986, n. 1182, id., Rep. 1986, voce cit., n. 54; 16 dicembre 1983, nn. 7428 e 7429, id., Rep. 1983, voce cit., nn. 77, 78 (contratto stipulato dal geometra in violazione delle norme che fissano le competenze di detto profes sionista).

In dottrina, in generale, sulla contrarietà del contratto a norme impe rative, v. G. De Nova, Il contratto contrario a norme imperative, in Riv. critica dir. privato, 1985, 435; R. Birke, Libertà contrattuale e norme imperative, ibid., 473; F. Corsi, Autonomia privata e norme

imperative, ibid., 493; U. Santarelli, Notazioni storiche sul rapporto tra autonomia privata e norme imperative, ibid., 569; R. Moschella, Il negozio contrario a norme imperative, in Legislazione economica (set tembre 1978-agosto 1979), Milano, 1981, 247.

Il Foro Italiano — 1991.

suddetto, non ancora approvato in sede regionale, non avrebbe

potuto assumere l'incarico di progettazione; che per gli ostacoli

frapposti dalla cooperativa il progetto non aveva ancora otte

nuto la definitiva approvazione. Tanto premesso, conveniva in

nanzi al Tribunale di Catanzaro la stessa cooperativa per la con

danna al pagamento di competenze ed onorari in lire 30 milioni

o nella diversa somma da determinarsi, con gli interessi e detra

zione dell'anticipo di lire 1.000.000. Nella resistenza della convenuta il giudice adito accoglieva

la domanda, condannando quest'ultima a pagare all'istante lire

37.945.465, oltre interessi e spese, con sentenza 12 gennaio -

6 marzo 1982, la quale, su appello della soccombente, era in

parte riformata dalla Corte d'appello di Catanzaro, come dalla

pronunzia ora impugnata per cassazione.

La corte territoriale disattendeva infatti l'assunto principale

dell'appellante, tendente alla declaratoria di nullità del contrat

to intercorso tra le parti; riteneva che il divieto di progettazione di opere private, previsto dal citato art. 14, implicando una in

compatibilità transitoria ed essendo previsto per la sua inosser

vanza una semplice segnalazione al consiglio dell'ordine profes sionale per i provvedimenti amministrativi del caso, non fosse

tutelato con la sanzione prevista dall'art. 1418 c.c.

Giudicava poi del tutto generica la censura relativa all'annul

labilità del contratto per asserita violenza ed infondata quella

riguardante il mancato conferimento dell'incarico, adducendo, con riguardo alla seconda di tali doglianze, un'ampia disamina

di atti istruttori, confortati dalle conclusioni del consulente tec

nico d'ufficio, nominato nel grado. Sulla base degli stessi elementi valutava infine l'entità dell'o

pera professionale e procedeva alla liquidazione del compenso, nella complessiva somma di lire 18.743.000, oltre interessi dall'I 1

agosto 1975, cosi riducendo l'importo determinato dal tribunale.

La cooperativa affida il ricorso a due mezzi d'annullamento, contrastati da controricorso dell'intimato.

Motivi della decisione. — Con il primo motivo la cooperativa ricorrente denunzia violazione e falsa applicazione dell'art. 14

1. 6 agosto 1967 n. 765 (art. 41 bis 1. 17 agosto 1942 n. 1150), nonché dell'art. 1418 c.c. e art. 9, 2° comma, e 117 Cost, e

12, 2° comma, disp. sulla legge in generale, per non avere rite

nuto la corte d'appello che il contratto d'opera professionale fosse nullo, essendo sanzionato il divieto di cui all'art. 14 con

la nullità (virtuale) prevista dall'art. 1418.

Il motivo non è fondato. L'art. 41 bis della legge uranistica

17 agosto 1942 n. 1150, introdotto dall'art. 14 1. 6 agosto 1967

n. 765, prevede che «i professionisti incaricati della redazione

di un piano regolatore generale o di un programma di fabbrica

zione possono, fine all'approvazione del piano regolatore gene rale o del programma di fabbricazione, assumere nell'ambito

del territorio del comune interessato soltanto incarichi di pro

gettazione di opere ed impianti pubblici» e, al 2° comma, che

«ogni violazione viene segnalata al rispettivo consiglio dell'ordi

ne per i provvedimenti amministrativi del caso». In punto di fatto non è controverso che l'architetto Domesti

co, sebbene fosse incaricato della redazione del programma di

fabbricazione del comune di Isola Capo Rizzuto, non ancora

approvato in sede regionale, avesse stipulato il contratto di ope ra professionale, della validità del quale qui si controverte, per la progettazione di fabbricati da realizzare dalla cooperativa ri

corrente sul territorio di detto comune.

La questione della nullità del contratto, risolta in senso nega tivo dai giudici del merito, si pone con riguardo alla contrarietà

a norma imperativa si sensi dell'art. 1418 c.c., posto che la leg ge non stabilisce, in materia, un caso espresso di invalidità ai

sensi del 3° comma del citato articolo.

Quest'ultimo contempla distinte ipotesi di nullità del contrat

to contrario a norme imperative nei primi due commi.

Difatti, dal coordinamento del 2° comma, rispettivamente, con l'art. 1343 e con l'art. 1346 si desumono ipotesi di nullità

per la contrarietà a norme imperative della causa e dell'oggetto del contratto.

La convenzione con la quale il professionista si impegna, nei confronti di altro soggetto privato e contro corrispettivo, a rea lizzare opere o impianti privi del carattere pubblicistico, di cui al cit. art. 41 bis, integra un tipico controllo di prestazione d'o

pera intellettuale, ai sensi dell'art. 2230 c.c., avente quale og getto tale prestazione, la quale non è, in sé, illecita.

Allo stesso modo non contrasta con norme imperative la fun

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

zione pratica che, secondo le comuni finalità delle parti, tale

contratto è, in via immediata, chiamato ad assolvere; mentre

non è stata in alcun modo prospettata una consapevole diver

genza tra la causa tipica del contratto e una diversa fraudolenta

determinazione delle stesse parti, tale da rendere il contratto

in frode alla legge (art. 1344 c.c.). Rimane da stabilire se il contratto in parola, considerato nel

la sua ontologica unitarietà, sia riconducibile nella previsione del 1° comma dell'art. 1418 per essere in contrasto con la di

sposizione del cit. art. 41 bis, della quale non può disconoscersi

il carattere di norma imperativa. Il 1° comma dell'art. 1418, introducendo la nullità (virtuale)

per l'obiettiva violazione di precetti imperativi, alla quale non

corrisponda una espressa sanzione di nullità del negozio che

la realizza, pone un limite a tale sanzione, allorché fa salve le

diverse disposizioni di legge. Al fine di definire questo limite va considerato che la riserva

sarebbe inutile se riferita alle ipotesi di esplicita esclusione della

nullità del negozio, posto che — a parte la difficoltà di com

plesse costruzioni normative in tal senso — le singole previsioni

legislative esprimerebbro, in ogni caso, la propria, diretta effi

cacia cogente. La natura della disposizione violata, per dedurne la nullità

o la semplice irregolarità dell'atto, deve ricercarsi, quindi, nella

sua intrinseca portata precettiva, in base all'indagine sullo sco

po della legge e sul livello della tutela apprestata, ritenendo col

pito dalla sanzione di nullità soltanto il negozio che violi norma

imperativa dettata per soddisfare un interesse pubblico e gene rale (conf. sent. 2697/72, Foro it., Rep. 1972, voce Contratto

in genere, n. 291; 1901/77, id., Rep. 1977, voce cit., n. 124;

3642/85, id., Rep. 1985, voce Edilizia popolare, n. 138; 6271/85,

id., 1988, I, 554, tra altre), nel cui ambito l'attività negoziale

privatistica, posta in essere dalla libera determinazione delle parti, finirebbe per incidere negativamente.

Non è escluso che la norma imperativa violata possa prevede re una sanzione penale o amministrativa e che l'uno o l'altra

(o entrambe) concorrano con quella civilistica dell'invalidità.

Quando vi sia nella legge una tale previsione, l'indagine erme

neutica dovrà tenerne conto, potendo essa manifestare un in

tento del legislatore, da valutare caso per caso, sia nel senso

della negazione di detta concorrenza di sanzioni, sia quale dato

significativo di una esigenza di più intensa tutela dell'interesse

pubblico, che ispira la norma.

Il legislatore del 1967, introducendo (con l'art. 14 1. n. 765) l'art. 41 bis nella 1. n. 1150 del 1942, non ha comminato alcuna

sanzione, in via diretta, per la violazione di tale norma, in quanto ha rimesso ai competenti consigli degli ordini professionali la

valutazione in ordine all'opportunità ed alla natura della san

zione amministrativa «del caso».

La genericità e lo stesso contenuto della previsione del 2°

comma dell'art. 41 bis denotano già la non decisiva rilevanza

della violazione, rispetto agli interessi generali e pubblici, e tro

va riscontro nella funzióne certamente considerevole, ma non

decisiva, svolta dal professionista incaricato dal comune di redi

gere lo strumento urbanistico, soggetto ad approvazione e con

trolli amministrativi, oltre che a forme di pubblicità che posso no dar luogo ad interventi dei cittadini interessati, ma senza

alcuna possibilità — da parte del professionista medesimo —

di incidere sull'ulteriore corso e sulla sorte del progetto da lui

formato.

Se ne deduce l'insussistenza della nullità virtuale invocata dalla

ricorrente, con il conseguente rigetto del primo motivo.

Con il secondo la cooperativa denunzia omessa e contraddi

toria motivazione, omesso esame di documenti decisivi, viola

zione ed obliterazione del d.m. 27 luglio 1971 e degli art. 1

e 4 1. reg. Calabria 15 aprile 1974 n. 20, con riferimento agli art. 14 e 17 1. 765/65, svolgendo due distinti profili di censura.

Il primo si ricollega alla eccezione di nullità, già illustrata

con il primo mezzo, con l'addebito alla corte territoriale di non

avere tenuto in debito conto gli atti acquisiti al processo dai

quali si desume «essersi verificato anche in concreto il gravissi mo inquinamento» (che giustifica la nullità del contratto), né

l'enorme importanza urbanistica attribuita ex lege al territorio

di isola Capo Rizzuto.

Al riguardo — richiamato quanto già rilevato nel trattare il

primo motivo — è sufficiente notare che la sanzione di nullità

del contratto non può rapportarsi a singole concrete situazioni,

li Foro Italiano — 1991.

ma deve trovare astratta previsione in norme di legge, mentre

la disposizione (art. 43 bis) che considera la fattispecie in esame

non commina, nemmeno virtualmente, nullità di negozi posti in essere in sua violazione.

Le rimanenti censure attengono allo «stato di assoluta sogge zione e di nessuna libertà negoziale della cooperativa», che do

vrebbe determinare l'annullamento del contratto, ed all'espleta mento di una progettazione insufficiente, incompleta e disordi

nata, senza che vi sia stata riduzione dei compensi dell'architetto

Domestico.

Si tratta di censure inammissibili, in quanto affidate a mere

asserzioni o a generiche deduzioni (già cosi' vagliate dalla corte

d'appello), in violazione del principio della specificità dei moti

vi di cui all'art. 366, n. 4, c.p.c.

Consegue l'integrale rigetto del ricorso.

CORTE DI CASSAZIONE; sezione III civile; sentenza 8 marzo

1991, n. 2473; Pres. Schermi, Est. Vittoria, P.M. Fedeli

(conci, conf.); Soc. Finsider e Soc. Terni (Avv. Lemme) c. Banco di Roma (Aw. Orlandi Contucci, Ferri), Min. te

soro e Ufficio italiano cambi; Min. tesoro c. Banco di Roma, Soc. Finsider e Soc. Terni. Cassa App. Roma 22 aprile 1985.

Prescrizione e decadenza — Risarcimento danni — Inadempi mento — Dichiarazione del debitore — Comunicazione —

Decorrenza (Cod. civ., art. 1219, 2935).

In caso di inadempimento, che si concreti nella dichiarazione

della volontà di non adempiere, il termine di prescrizione de

cennale per l'azione di risarcimento dei danni si computa dal

giorno in cui detto inadempimento sia stato portato a cono

scenza del creditore. (1)

(1) La massima si discosta dal più recente orientamento della giuris prudenza di legitimità. Nel senso che, a far decorrere il termine pre scrizionale, sia sufficiente il verificarsi di tutti gli elementi idonei per ché il diritto «possa essere fatto valere», vale a dire perché si integri la sola possibilità legale di esercitare il diritto, si pronunciano Cass. 16 giugno 1987, n. 5327, Foro it., Rep. 1987, voce Prescrizione e

decadenza, n. 25 (nella quale si considera però, in via del tutto margi nale, la necessità che il creditore venga a conoscenza dell'inadempi

mento); 6 febbraio 1987, n. 1247 ibid., n. 27 («il principio, secondo il quale la prescrizione comincia a decorrere dal giorno in cui il dirit

to, può essere fatto valere, si riferisce alla sola possibilità legale e

non anche a quella materiale, e meno ancora all'incuria del titolare, anche se dovuta a mancata conoscenza delle facoltà spettantigli, di esercitare il diritto», in questi stessi termini Galgano, Diritto civile e commerciale, Padova, 1990, IV, 281); 4 giugno 1988, n. 3790, Foro

it., Rep. 1988, voce Previdenza sociale, n. 1008; 3 febbraio 1988, n. 1047, ibid., voce Prescrizione e decadenza, n. 96; 28 marzo 1988, n. 2604, ibid., voce Mediazione, n. 3; 19 novembre 1985, n. 5682, id., Rep. 1985, voce Prescrizione e decadenza, n. 15; 19 febbraio

1985, n. 1445, ibid., n. 16 (per esteso in Giust. civ., 1985, I, 1327). Allo stesso principio si è del resto riportato il legislatore in materia

contabile, prevedendo (art. 20 t.u. 10 gennaio 1957 n. 3) — nel caso in cui, per tardiva conoscenza da parte del procuratore generale della Corte dei conti dei fatti lesivi, il diritto al ristoro del danno prodotto dal pubblico dipendente si sia estinto per decorrenza del termine de

cennale di prescrizione — che rispondano del danno erariale i soggetti tenuti a dare notizia al procuratore generale del fatto dannoso. Con

questa norma si riconosce infatti, implicitamente, la decorrenza della

prescrizione del diritto al risarcimento dal momento in cui il danno

si è verificato, a prescindere dal fatto che il legittimato all'azione

risarcitoria non ne avesse avuto conoscenza (su questo punto, Corte

conti, sez. I, 9 gennaio 1984, n. 7, Foro it., Rep. 1985, voce Respon sabilità contabile, n. 72; 18 settembre 1984, n. 148, ibid., n. 78; 13

luglio 1987, n. 109, id., Rep. 1988, voce cit., n. 70: «la mancata

conoscenza del credito costituisce legittimo impedimento alla decorren

za del termine iniziale di prescrizione soltanto nell'ipotesi in cui il

debitore abbia dolosamente occultato l'esistenza del debito al credito

re». Sulla necessità del dolo del debitore perché l'ignoranza del diritto

valga a impedirne il decorso della prescrizione, v. Galgano, op. cit., 282).

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