sezione I civile; sentenza 4 aprile 1991, n. 3505; Pres. Corda, Est. R. Sgroi, P.M. Lo Cascio (concl.conf.); Soc. Csa (Avv. Cintio) c. Fall. Tenuta di Fosini (Avv. Zanuzzi), Ferrazza ed altri.Regolamento di competenza avverso Trib. Siena 21 aprile 1989Source: Il Foro Italiano, Vol. 114, PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE(1991), pp. 2793/2794-2795/2796Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23185676 .
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
tamente nel ricorso (con esclusione di qualsiasi rinvio per rela
tionem a scritti, memorie o comparse delle pregresse fasi del
giudizio) i fatti e le circostanze da provare nonché i singoli pun ti trascurati o valutati in modo illogico o insufficiente, al fine
di consentire la verifica della sussistenza della decisività dei fatti
e dei punti e dell'inadeguatezza della motivazione riguardo ad
essi.
È conseguenziale, pertanto, che la censura vada respinta, pre sentandosi come semplice revisione delle valutazioni e del con
vincimento del giudice del merito, inammissibile in questa sede
(sent. 4 gennaio 1983, n. 4469, Foro it., Rep. 1983, voce Cassa
zione civile, n. 73; 8 settembre 1983, n. 5530, ibid., n. 70; 1°
luglio 1981, n. 4276, id., Rep. 1981, voce Lavoro (rapporto), n. 1732).
Con il quarto motivo il ricorrente, denunciando violazione
degli stessi articoli di cui al secondo motivo, censura l'afferma
zione (contenuta nella sentenza impugnata), secondo cui il Rus
so avrebbe potuto conoscere con la dovuta diligenza la qualità di socio della società collettiva dei germani Pietro e Felice Ric
ci, risalendo dalla «ragione sociale» alla qualità di socio illimi
tatamente e solidalmente responsabile, sostenendo che tale af
fermazione è conseguenza di confusione tra conoscibilità e co
noscenza, attesa la condizione del Russo, operaio senza lettere
e senza alcuna esperienza degli affari e del commercio.
La doglianza non va condivisa, essendo sufficiente rilevare
che l'accertamento per presunzione, cui è pervenuto il giudice del merito risponde alla regola, desumibile dalle disposizioni degli art. 2727 e 2729 c.c., dell 'id quod plerumque accidit una volta
appurato un fatto noto, che consenta di risalire a quello da
accertare.
Nella specie, il fatto noto è che il Russo conosceva l'esistenza
della società in nome collettivo fra i germani Ricci, sicché il
fatto della loro responsabilità illimitata e solidale con la società
commerciale, da essi gestita, costituiva un'evidente conseguen
za, conoscibile con l'ordinaria diligenza, che si traduce, in di
fetto di rigorosa prova contraria, in concreta conoscenza nel
momento processuale della valutazione del giudice. Né l'illette
rata condizione del Russo costituiva prova (contraria) dirimente
il nesso di causalità logica, se si considera che, a maggior ragio
ne, tale condizione imponeva il ricorso all'ausilio di attività tec
nica altrui in un atto di compravendita di immobili, per il quale
occorreva l'atto scritto ad substantiam.
È superfluo aggiungere che, nella specie, difetta l'assunto che
tale assistenza tecnica sia mancata.
Il ricorso va rigettato.
CORTE DI CASSAZIONE; sezione I civile; sentenza 4 aprile
1991, n. 3505; Pres. Corda, Est. R. Sgroi, P.M. Lo Cascio
(conci, conf.); Soc. Csa (Avv. Cintio) c. Fall. Tenuta di Fo
sini (Avv. Zanuzzi), Ferrazza ed altri. Regolamento di com
petenza avverso Trib. Siena 21 aprile 1989.
Fallimento — Curatore — Fatto illecito — Credito per risarci
mento danni — Cognizione ordinaria — Esclusione — Com
petenza (R.d. 16 marzo 1942 n. 267, disciplina del fallimento,
art. 24, 52, 111).
L'azione promossa da colui che assume di vantare un credito
di natura risarcitoria derivante da fatto illecito commesso dal
curatore nell'espletamento del suo incarico, va radicata da
vanti al tribunale fallimentare, in quanto anche il debito della
massa va verificato nel procedimento di accertamento del
passivo. (1)
(1) La corte ribadisce che l'accertamento dell'esistenza di un credito
vantato nei confronti della massa deve avvenire davanti al tribunale
fallimentare, cosi riproponendo le conclusioni di un tracciato iniziato
da Cass. 13 giugno 1962, n. 1473, Foro it., 1962, I, 2023, e proseguito con le decisioni delle sez. un. 22 marzo 1972, n. 879, id., 1972, I, 3209,
sino alla più recente 12 settembre 1984, n. 4791, id., Rep. 1985, voce
Fallimento, n. 294.
Il Foro Italiano — 1991.
Svolgimento del processo. — In data 7 marzo 1988 la soc.
a r.l. Csa chiedeva che il presidente del Tribunale di Siena auto
rizzasse il sequestro conservativo in danno del fallimento della
società a r.l. Tenuta di Fosini fino a concorrenza della somma
di lire 1.000.000.000, esponendo che il 23 settembre 1987 era
rimasta aggiudicataria, nella procedura esecutiva immobiliare
pendente dinanzi al Tribunale di Siena a carico della suddetta
società, dell'intero complesso immobiliare di proprietà della fallita
e che, nelle more della procedura, il curatore del fallimento aveva
stipulato dei contratti con alcune ditte, relative a tagli del bo
sco, effettivamente eseguiti per un'estensione complessiva di et
tari 450.83.55; la società Csa lamentava che i contratti stipulati fra il curatore e le ditte che avevano eseguito i tagli dovevano
considerarsi inefficaci o nulli, a causa della mancata autorizza
zione del giudice dell'esecuzione; che, in ogni caso, il fallimento
doveva essere considerato responsabile dei danni causati dai ta
gli; di talché la Csa si era vista aggiudicare un immobile in
condizioni diverse e peggiori rispetto a quelle risultanti dagli atti ufficiali.
Il presidente del tribunale autorizzava il sequestro fino a con
correnza di lire 500.000.000.
La soc. Csa iniziava il giudizio di convalida' e di merito, ci
tando a comparire davanti al Tribunale di Siena il fallimento
della soc. Tenuta di Fosini, Pietro Ferrazza, Settimio Fabbrini
ed Italo Fedeli.
Si costituiva la curatela fallimentare, chiedendo il rigetto del
la domanda e, in via subordinata, dichiararsi gli altri convenuti
gli unici responsabili della produzione del danno e conseguente mente affermarsi il loro obbligo a garantire e manlevare il falli
mento dall'eventuale accoglimento in tutto o in parte della do
manda attrice.
Si costituiva il Fedeli, chiedendo il rigetto della domanda e,
in via riconvenzionale, condannarsi la curatela fallimentare a
Per vero nella sentenza si ripete in più occasioni che la ragione del
l'attrazione della competenza dàvanti al tribunale fallimentare si ritrova
nel fatto che l'art. 24 1. fall, abbraccia tutte le controversie in cui il
fallimento esplica un'influenza sull'azione proposta, trascurandosi, co
si, il rilievo assorbente dell'inammissibilità di una domanda svolta al
di fuori del procedimento di verifica dei crediti.
Nella succinta motivazione sembra si possano trarre spunti per rite
nere che la corte abbia optato per la prospettazione della questione come questione di competenza e non di rito, con la conseguenza che, ancora una volta, non si è fatta chiarezza sui rapporti fra rito e compe tenza nell'ambito dei procedimenti concorsuali (più in generale, sul te
ma delle interferenze fra regole di rito e regole di competenza, Arieta, La sentenza sulla competenza, Padova, 1990, 248). Un'emblematica rap
presentazione dell'andamento diacronico della giurisprudenza sull'argo
mento, è fornita dal confronto fra Cass. 6 dicembre 1989, n. 5401, Foro it., Rep. 1989, voce Competenza civile, n. 112 e 8 agosto 1989, n. 3634, ibid., n. 117 e voce Fallimento, n. 283, rispetto alla decisione
10 agosto 1988, n. 4909, ibid., n. 284.
Nelle prime due sentenze i ricorsi per regolamento di competenza vennero dichiarati inammissibili, mentre nel terzo caso il regolamento venne esaminato nel merito.
In senso favorevole alla soluzione del problema in termini di rito, Fabiani, L'esclusività del rito dell'accertamento del passivo, in Falli
mento, 1990, 900.
Orbene, se la soluzione adottata da Cass. 3505/91 implicitamente ri
conosce che i debiti della massa vanno verificati con il procedimento di cui agli art. 93 ss. 1. fall., va segnalato che tale scelta trova consen
ziente solo una parte minoritaria della dottrina: Fabiani, op. cit., 915;
Russo, L'accertamento del passivo, Milano, 1988, 202; Provinciali, Manuale di diritto fallimentare, Milano, 1962, 1389. La prevalenza de
gli autori, infatti, sostiene che le ragioni di credito vantate nei confronti
della massa debbano essere accertate secondo il rito a cognizione ordi
naria: Ferrara, Il fallimento, Milano, 1989, 558; Inzitari, Effetti del
fallimento per i creditori, in Commentario Scialoja-Branca, Bologna
Roma, 1988, 62; Alessi, I debiti della massa nelle procedure concorsua
li, Milano, 1987, 79; Bonsignori, Il fallimento, in Trattato diretto da
F. Galgano, Padova, 1986, 580; Pajardi, Manuale di diritto fallimen
tare, Milano, 1986, 550; Satta, Diritto fallimentare, Padova, 1974, 234;
Ragusa-Maggiore, Diritto fallimentare, Napoli, 1974, 557.
Pur facendone cenno nello svolgimento del fatto, la sentenza non
prende posizione sulla questione relativa all'ammissibilità di misure cau
telari nei confronti del fallimento a tutela di crediti contro la massa.
Sull'argomento si segnalano recentemente i contributi di Fabiani, Tute
la esecutiva e cautelare dei crediti di massa nel fallimento, in Fallimen
to, 1991, 406 e Bel viso, Sequestro conservativo e procedure concorsua
li, in Riv. dir. proc., 1991, 115, entrambi favorevoli alla tesi dell'inam
missibilità; contra, Tommaseo, Tutela cautelare d'urgenza nelle procedure
concorsuali, ibid., 147.
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2795 PARTE PRIMA 2796
rilevare indenne il comparente da ogni pretesa fatta valere da
parte attrice, nonché condannarsi la curatela al risarcimento dei
danni; analoga domanda proponeva il Fabbrini; il Ferrazza chie
deva il rigetto delle domande attrici, e proponeva domanda ri
convenzionale contro la Csa.
La Csa proponeva un'altra citazione, avente oggetto analogo
a quella precedente, nei confronti del fallimento Tenuta di Fo
sini, di Fabbrini Settimio, Fedeli Italo, Ferrazza Pietro, Cerbo
ni Pietro, ditta Carli Vasco e Pietro, ditta Tribulini Alvaro e
Figlio, Lai Costantino, Alberante Luigi, Pannocchieschi D'Elei
Vieri, Cigni Oris e Carli Vasco. Il giudice istruttore riuniva le due cause, stralciando però quelle
relative alle domande contro Luigi Alberante e Cerboni Pietro,
ai quali la citazione non era stata notificata.
Gli altri convenuti si costituivano ad eccezione della ditta Tri
bulini, la ditta Carli Vasco e Pietro chiedeva, nei confronti del
fallimento, di essere rilevata indenne da ogni pagamento e dan
no; uguali conclusioni assumevano Cigni Oris e Carli Vasco.
Il Tribunale di Siena, con sentenza 21 aprile 1989, dichiarava
la propria incompetenza, essendo funzionalmente competente
il Tribunale fallimentare di Roma e condannava la soc. r.l. Csa
a rimborsare ai convenuti costituiti le spese di lite. Avverso la
suddetta sentenza la Csa ha proposto istanza di regolamento
di competenza. Soltanto il fallimento della soc. Tenuta di Fosi
ni ha depositato memoria difensiva.
Il procuratore generale ha chiesto che sia dichiarata la com
petenza del Tribunale di Roma, in ordine al giudizio promosso
dalla soc. r.l. Csa nei confronti del fallimento della soc. Tenuta
di Fosini, nonché in ordine alle domande proposte dagli altri
soggetti convenuti nei confronti del fallimento predetto; che sia
dichiarata la competenza del Tribunale di Arezzo, in ordine alla
domanda proposta dalla Csa nei confronti del fallimento di Fab
brini Settimio ed in ordine ad ogni altra domanda creditoria
fatta valere da altri verso il fallimento medesimo; la competen
za del Tribunale di Siena, in ordine alla domanda proposta dal
la Csa e da altri soggetti nei confronti degli altri convenuti in
bonis.
Motivi della decisione. — La ricorrente sostiene che l'azione
fatta valere, nei confronti non del solo fallimento, ma anche
delle altre persone che, insieme ad esso, hanno causato i danni
di cui si chiede il risarcimento, non può essere definita «ragione di credito», perché essa, pur tenendo ad una pronuncia di con
danna risarcitoria, presuppone l'accertamento e la declaratoria
di illegittimità dei contratti di disponibilità dei beni sottoposti a procedura esecutiva immobiliare, sottoscritti dal custode
curatore, senza la preventiva autorizzazione del giudice dell'ese
cuzione, e dell'illegittimità del comportamento omissivo di cu
stodia da parte del custode-curatore, per effetto del quale sono
stati compiuti atti che hanno danneggiato il patrimonio immo
biliare sottoposto a procedura esecutiva; pertanto, non si tratta
di crediti che si assumono sorti in conseguenza dell'attività de
gli organi fallimentari, ma di un'azione che deriva da fatti ille
citi o illegittimi derivanti da rapporti posti in essere dal curatore
per l'amministrazione delle attività fallimentari, per cui non si
applica l'art. Ill, n. 1, 1. fall., non trattandosi di un debito
della massa (pur essendo il pagamento a carico della c.d. mas
sa) e si richiede un giudizio non sulla violazione di norme di
diritto fallimentare, ma di norme di diritto comune procedurale e sostanziale; d'altra parte, la sede idonea a far valere un credi
to verso la massa è sempre quella del giudizio ordinario.
Inoltre (osserva la ricorrente) per la parte della domanda re
lativa ai convenuti in bonis la pronuncia di incompetenza è ille
gittima essendo inammissibile nei loro confronti la speciale pro cedura fallimentare di accertamento e di liquidazione del debito.
Secondo la ricorrente, non trattandosi di competenza funzio
nale, la pronuncia è illegittima, perché il fallimento della Tenu
ta di Fosini aveva rinunciato all'eccezione di incompetenza e
le altre parti non avevano interesse a proporla. La sentenza è, infine, illegittima, ove la si consideri alla luce
della sopravvenuta dichiarazione di fallimento di uno dei con
venuti (Fabbrini Settimio), per cui è competente il Tribunale
di Arezzo.
Osserva il collegio che l'istanza è solo parzialmente fondata,
e cioè per quanto riguarda la seconda e la quarta censura.
La terza censura è di carattere pregiudiziale, ma è infondata,
nei limiti in cui il problema da risolvere attiene alla competenza
Il Foro Italiano — 1991.
di cui all'art. 24 1. fall., e cioè ad un tipo di competenza funzio
nale e rilevabile d'ufficio. Nell'interpretare l'art. 24 1. fall, occorre seguire un criterio
direttivo rigoroso, che è quello secondo cui sono attratte nel
foro fallimentare non già le cause che hanno influenza sul falli
mento, ma quelle in cui il fallimento esplica un'influenza sull'a
zione proposta, sia per il particolare atteggiarsi dell'azione stes
sa, sia per le forme in cui essa deve essere esercitata (per es.:
insinuazione al passivo fallimentare). Ciò premesso, occorre sottolineare che la Csa, aggiudicataria
dell'immobile nella procedura esecutiva che il curatore ha pro
seguito dinanzi al Tribunale di Siena sull'immobile della fallita,
ai sensi dell'art. 107 1. fall., lamenta che il curatore stesso (non
in proprio, ma quale organo della procedura, tanto è vero che
è stato convenuto «il fallimento») abbia stipulato dei contratti
di utilizzazione dell'immobile senza l'osservanza delle autoriz
zazioni di legge e non abbia adeguatamente custodito l'immobi
le stesso, contravvenendo ai suoi doveri di amministrazione (art.
31 1. fall.) e di custodia (art. 88 1. fall.). Sembra evidente che
sull'azione proposta influisca la particolare procedura di custo
dia, amministrazione e liquidazione dei beni del fallimento (massa
attiva), per cui la cognizione sulla validità ed efficacia degli atti
compiuti dal curatore, nella qualità, appartiene al tribunale di
cui all'art. 24 1. fall.
D'altra parte, la cognizione di tale domanda costituisce la
premessa ed il mezzo attraverso cui l'aggiudicataria Csa intende
ottenere il riconoscimento dell'obbligazione di risarcimento dei
danni, vantata nei confronti del fallimento, nel passivo falli
mentare, e tale diritto di credito va accertato all'interno della
procedura fallimentare (cfr. Cass. 1729/90, Foro it., Rep. 1980,
voce Fallimento, n. 261). Non rileva, in contrario, che si tratti di debito della massa,
perché anche il corrispondente credito (riconducibile alla gestio ne fallimentare) va verificato ed ammesso al passivo, in caso
di contestazione, quale è quella riguardante la specie, esclusiva
mente davanti al tribunale fallimentare (Cass. 592/82, id., Rep.
1982, voce cit., n. 468; 2268/84, id., Rep. 1984, voce cit., n.
367, fra le altre conformi).
Concludendo, sulle domande proposte dalla Csa nei confron
ti del fallimento Tenuta di Fosini è competente il Tribunale di
Roma, che ne ha dichiarato il fallimento.
Sulle domande proposte dalla Csa contro tutti gli altri conve
nuti, in bonis, sarebbe applicabile l'art. 33 c.p.c., sul cumulo
soggettivo, che però attribuisce una semplice facoltà, non un
obbligo per l'attore, sicché bene lo stesso li ha convenuti dinan
zi al Tribunale di Siena, luogo di commissione dei pretesi fatti
dannosi. La riconvenzionale del Ferrazza contro la Csa appar
tiene allo stesso Tribunale di Siena.
Sulle domande proposte dai predetti convenuti contro il falli
mento, è competente il Tribunale di Roma, per le ragioni già
esposte. Sulle domande proposte dal fallimento contro i soggetti in
bonis è competente il Tribunale di Siena, non essendovi le ra
gioni della competenza esclusiva del foro fallimentare, sopra individuate.
Sulla domanda proposta dalla Csa e dal fallimento Tenuta
di Fosini contro il fallimento di Fabbrini Settimio, dichiarato
dal Tribunale di Arezzo, è competente questo tribunale medesi
mo, perché si tratta di domanda da far valere col rito dell'am
missione al passivo (il credito sarebbe sorto nei confronti del
fallito).
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