sezione II civile; sentenza 5 dicembre 1988, n. 6594; Pres. Carotenuto, Est. Volpe, P. M. DeMartini (concl. conf.); Dionisi (Avv. C. M. Barone) c. D'Incisa di Camerana (Avv. Fiorentini).Cassa App. Roma 30 novembre 1984Source: Il Foro Italiano, Vol. 111, PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE(1988), pp. 3571/3572-3573/3574Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23181590 .
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3571 PARTE PRIMA 3572
comparationis ed avverti espressamente che ogni sistema previ denziale presenta una propria autonomia, in relazione alle pecu liarità della categoria a cui si riferisce, e non è quindi suscettibile
di estensione al di fuori del suo particolare ambito.
Ciò posto, la censura non può trovare accoglimento perché in
veste il merito della scelta operata dal legislatore, il quale, nei
limiti della sua specifica potestà discrezionale, ha ritenuto oppor tuno introdurre un regime previdenziale differenziato, collegan dolo all'eterogenea posizione dei soggetti interessati, ossia, da un
lato, quello dei professionisti non protetti da alcuna forma previ denziale e, dall'altro, di coloro che sono già tutelati. Né la diver
sa disciplina può considerarsi viziata da irrazionalità, giacché come
questa corte ha ritenuto con la ricordata sentenza, una (seconda)
partecipazione ad altro sistema di previdenza può bensì risultare
giustificata secondo una più accentuata concezione solidaristica, correlata alle esigenze proprie di una determinata categoria di
lavoratori autonomi. Ma altrettanto legittimamente può non sus
sistere, se il legislatore ritiene che nella singola fattispecie gli spe cifici fini da perseguire e i relativi mezzi economici non richiedano
di imporre la partecipazione ad una molteplicità di sistemi previ
denziali, con il conseguente onere di una pluralità di contributi.
Per questi motivi, la Corte costituzionale, riuniti i giudizi: di chiara non fondata la questione di legittimità costituzionale del
l'art. 14, 2° comma, d.l.lgt. 23 novembre 1944 n. 382, sollevata
da questa corte in riferimento all'art. 108 Cost, con l'ordinanza
indicata in epigrafe; dichiara non fondata la questione di legitti mità costituzionale dell'art. 92, 6° e 7° comma, d.p.r. 31 maggio 1974 n. 417, sollevata dal consiglio nazionale dei geometri in rife
rimento agli art. 3, 97 e 98 Cost, con le ordinanze indicate in
epigrafe; dichiara non fondata la questione di leggittimità costi
tuzionale dell'art. 1, ultimo comma, 1. 8 agosto 1977 n. 583, sol
levata dal detto consiglio nazionale in riferimento all'art. 3 Cost,
con l'ordinanza indicata in epigrafe.
CORTE DI CASSAZIONE; sezione II civile; sentenza 5 dicem
bre 1988, n. 6594; Pres. Carotenuto, Est. Volpe, P. M. De
Martini (conci, conf.); Dionisi (Avv. C. M. Barone) c. D'In
cisa di Camerana (Avv. Fiorentini). Cassa App. Roma 30 no
vembre 1984.
CORTE DI CASSAZIONE;
Usucapione — Manufatto prefabbricato — Distanza inferiore al
la legale — Utilizzazione — Condizioni (Cod. civ., art. 907,
1061, 1140, 1158).
La utilizzazione di manufatto, realizzato con elementi prefabbri cati a distanza inferiore a quella prevista dall'art. 907 c.c., se
protratta in modo continuativo per venti anni, è idonea a far
usucapire il diritto alla conservazione dell'opera. (1)
(1) L'affermazione riassunta in massima è la logica conseguenza del
l'applicazione al caso di specie del principio, puntualmente ribadito dalla
riportata sentenza, secondo cui, ai fini dell'art. 907 c.c., la nozione di «costruzione» e/o di «fabbrica» è comprensiva non solo di ogni manu fatto in calce e mattoni, ma anche di qualsiasi opera che, indipendente mente dalla forma assunta e dal materiale usato, determini un ostacolo all'esercizio della veduta. Il manufatto, ricondotto dalla pronuncia in ras
segna nella previsione del ripetuto art. 907, si pone cosi accanto alle altre
opere, diverse da quelle in muratura, precedentemente fatte rientrare dal la corte nell'ambito di operatività della medesima norma, quali, ad es., una tettoia in plastica (sent. 11 ottobre 1983, n. 5913, Foro it., Rep. 1983, voce Luci e vedute, n. 10); le realizzazioni con i caratteri della stabilità e della inamovibilità rispetto al suolo, anche se prive di una pro pria individualità e costituenti semplici accessori del fabbricato (sent. 23
gennaio 1982, n. 448, ibid., n. 14); una pensilina copripioggia appoggiata al muro perimetrale di un edificio (sent. 7 maggio 1981, n. 2952, id., 1982, I, 488, con nota di richiami); una veranda ottenuta mediante la
posa in opera, su corrcntini infissi nel muro, di lastre di fibrocemento, facilmente asportabili, in quanto bullonate a tali corrcntini (sent. 21 otto bre 1980, n. 5652, id., Rep. 1980, voce cit., n. 15, citata in motivazione); una rete metallica, con maglie di ampiezza superiore a quella prescritta dall'art. 901 c.c. per le grate delle luci (sent. 10 gennaio 1976, n. 56, id., Rep. 1976, voce cit., n. 33); una copertura di terrazza con lastre di «eternit» collocate su intelaiatura di ferro (sent. 5 luglio 1973, n. 1880, id., Rep. 1973, voce cit., n. 25).
Il Foro Italiano — 1988.
Svolgimento del processo. — Con atto notificato il 15 novem
bre 1977 Domicella D'Incisa di Camerana, premesso di essere
proprietaria di un appartamento sito in Roma, piazza S. Pancra
zio 13, sito al piano attico del fabbricato, distinto con l'interno
16, composto di due camere, bagno, cucina, ripostiglio e terrazza
a livello; che Sergio Dionisi, a sua volta proprietario dell'appar tamento interno 15 sito al quinto piano dello stesso stabile, al
di sotto della terrazza a livello di essa attrice, munito di altra
terrazza a livello costituente piano di copertura del fabbricato
condominiale, costruendo in tale terrazza, in aggetto rispetto al
corpo di fabbrica esistente, aveva realizzato un manufatto che
copriva un'area di circa 17 mq. della stessa terrazza, avente una
copertura in eternit su solaio in ferro e pareti in muratura; che
tale manufatto era stato costruito in violazione dell'art. 907 c.c.
e del nuovo piano regolatore del comune di Roma, che disponeva la conservazione dei volumi edilizi esistenti nella zona B/l, ove
è posto il fabbricato in questione, e danneggiava la sua proprietà sia dal punto di vista del diritto di affacciarsi, in quanto distava
dal parapetto della sua terrazza metri lineari 1,30, sia per la pos sibilità di immissione di esalazioni superiori alla normale tollera
bilità attraverso il camino che insisteva sul tetto, sia per la
possibilità di accedere alla sua terrazza attraverso la copertura; tanto premesso, conveniva il Dionisi dinanzi al Tribunale di Ro
ma chiedendo la demolizione del predetto manufatto ed il risarci
mento dei danni.
Il convenuto, costituitosi in giudizio, eccepiva la carenza di le
gittimazione attiva dell'attrice e deduceva che non sussisteva la
violazione dell'art. 907 c.c.; che la consistenza dell'intera pro
prietà era identica a quella esistente ancora prima dell'acquisto da parte dell'attrice, per cui qualsiasi pretesa doveva considerarsi
prescritta; che l'attrice, pertanto, non aveva alcun interesse ad
agire, non essendo ipotizzabile un danno derivantele dalla co
struzione.
Venivano disposti ed espletati accertamenti tecnici. Entrambe
le parti producevano documenti.
Con sentenza 4 giugno - 15 ottobre 1982 il tribunale condanna
va il Dionisi all'arretramento del manufatto fino al rispetto della
distanza di tre metri, nonché al risarcimento del danno in lire
100.000 annue (al valore attuale e comprensive degli interessi le
gali) a decorrere dal 1973. Interponeva appello il Dionisi.
L'appellata, costituitasi, contestava la fondatezza del gravame e ne chiedeva il rigetto.
Con sentenza 26 ottobre - 30 novembre 1984 la Corte d'appello di Roma rigettava l'appello, confermando integralmente l'impu
gnata decisione.
Ha proposto ricorso per cassazione il Dionisi sulla base di un
solo motivo. Resiste con controricorso Domicella D'Incisa di Ca
merana, che ha anche presentato memoria.
Motivi della decisione. — Con il motivo a sostegno del ricorso, denunciando violazione e falsa applicazione degli art. 12 preleg
gi, 115, 116, 194, 196, 244, 245, 345 c.p.c., 907, 1158, 2697 c.c., in relazione all'art. 360, n. 3, c.p.c. omessa o quanto meno in
sufficiente motivazione su punti decisivi della controversia, il Dio
nisi censura l'impugnata sentenza relativamente al rigetto del quinto motivo di appello, volto ad ottenere la riforma della pronuncia di primo grado e il rigetto della domanda attorea in considerazio
ne del diritto, acquistato per usucapione da esso ricorrente, di
tenere il manufatto in contestazione alla distanza attuale.
In particolare si deduce che è errata — perché contraddetta
Per quanto riguarda, poi, la usucapione delle servitù di veduta (sulle cui caratteristiche, cons., di recente, Pret. Rodi Garganico 10 dicembre
1985, id., 1986, I, 1109, con nota di richiami) è il caso di ricordare che la stessa (usucapione) presuppone la esistenza, per il tempo necessario ad usucapire, di opere stabili e visibili, idonee a rivelare senza equivoci l'esistenza del peso sul fondo assoggettato al vincolo (fra le altre, Cass. 12 maggio 1980, n. 3124, id., Rep. 1980, voce Servitù, n. 53; 12 luglio 1979, n. 4042, id., Rep. 1979, voce cit., n. 47), con la precisazione che il contenuto e la estensione delle servitù acquistate per usucapione sono delimitati dalle caratteristiche del possesso, cosi come condizionato dallo stato dei luoghi in base al quale si è determinata la usucapione medesima, senza possibilità di ampliamenti correlati alle successive modifiche del
fondo servente (Cass. 28 maggio 1983, n. 804, id., Rep. 1983, voce cit., n. 36; adde, con riguardo agli obblighi di chi esegue una nuova costruzio
ne, Cass. 15 maggio 1972, n. 1462, id., 1973, I, 188, con ulteriori indi
cazioni).
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
dalle consolidate acquisizioni della giurisprudenza sulla portata dell'art. 907 c.c., sul suo ambito di applicazione e sul significato dei termini «fabbricare» e «costruzione» usati nella norma —
l'argomentazione della corte d'appello circa l'irrilevanza della pree sistente consistenza di «prefabbricato» del manufatto in questio ne ai fini del decorso della prescrizione acquisitiva e che la rilevata
illegittimità di detta argomentazione si ripercuote anche sulle con
seguenti enunciazioni formulate dalla corte d'appello per negare
ingresso alle richieste istruttorie dell'attuale ricorrente. Tali ri
chieste, dirette a fare accertare la data della originaria realizza
zione, erano, invece, imprenscindibili, essendo le sole in grado di consentire al Dionisi (che, avendo invocato il compimento del
la usucapione a suo favore, era tenuto al relativo onere della pro
va) di fornire l'unico elemento probatorio di carattere decisivo
non ancora acquisito al processo, vale a dire la data di originaria esecuzione del manufatto. La dimostrazione, attraverso l'espleta mento degli incombenti istruttori, dell'avvenuta collocazione del
manufatto fin dal 1951, rendeva, invero, inattaccabile la situazio
ne del proprietario, per il maturarsi della prescrizione acquisitiva. Il ricorso merita accoglimento. La corte del merito ha disatteso
il quinto motivo dell'appello proposto dal Dionisi, con il quale si deduceva che il manufatto in questione esisteva da oltre venti
anni, osservando che all'atto dell'acquisto, compiuto dal Dionisi
nel 1973, detto manufatto era costituito da elementi prefabbrica
ti, alcuni dei quali successivamente sostituiti con strutture in mu
ratura. Solo in epoca successiva al 1973 esso, quindi, aveva assunto
le caratteristiche di un fabbricato soggetto alla norma di cui al
l'art. 907 c.c. E dall'acquisto alla data di notifica della citazione
introduttiva del giudizio, idonea ad interrompere il termine pre scrizionale ai sensi dell'art. 903 c.c., non si era maturata l'eccepi ta usucapione.
Attese, poi, le stesse ammissioni fatte dal Dionisi al consulente
tecnico circa l'epoca nella quale egli aveva sostituito alcune strut
ture prefabbricate del manufatto con altre in muratura, la prova
testimoniale, ad avviso della corte d'appello, si rivelava inammis
sibile in ordine ad alcune delle dedotte circostanze ed irrilevante
in ordine alle altre. Come pure andava disattesa la richiesta di
supplemento di consulenza tecnica, avendo il Dionisi sollecitato
l'accertamento di circostanze contrastanti con le sue ammissioni
in sede di consulenza e del tutto irrilevanti al fine della dimostra
zione dell'asserita intervenuta usucapione. Le argomentazioni anzidette non possono esser condivise. Non
è esatto, invero, che in presenza di elementi prefabbricati un ma
nufatto non possa farsi rientrare nel concetto di costruzione o
fabbrica, soggetta alla norma di cui all'art. 907 c.c. per quanto
riguarda il rispetto della distanza dalle vedute.
Questa corte già ha avuto occasione di affermare che, ai fini
dell'art. 907 c.c., diretto a preservare l'esercizio delle vedute da
ogni eventuale ostacolo con carattere di stabilità, la nozione di
costruzione è comprensiva non soltanto dei manufatti in calce
e mattoni, ma di qualsiasi opera che, indipendentemente dalla
forma e dal materiale con cui è stata realizzata, determini un
ostacolo all'esercizio della veduta (v. sent. 21 ottobre 1980, n.
5652, Foro it., Rep. 1980, voce Luci e vedute, n. 15), tra le altre,
per la quale «fabbricare» vuol dire eseguire qualsiasi opera che
si elevi stabilmente dal suolo ed ostacoli l'esercizio della veduta). Anche un manufatto realizzato con elementi prefabbricati rien
tra, dunque, nel concetto di costruzione voluto dalla indicata
norma.
Su questo presupposto non poteva, pertanto, negarsi ingresso alle richieste istruttorie del Dionisi, tendenti a dimostrare l'epoca di realizzazione del manufatto, le sue caratteristiche originarie e
l'infissione del medesimo su base di cemento, circostanze utili
ai fini della dedotta usucapione.
L'impugnata sentenza va, perciò, cassata con rinvio della cau
sa ad altra sezione della stessa corte d'appello.
Il Foro Italiano — 1988 — Parte 1- 68.
CORTE DI CASSAZIONE; sezioni uniti civili; sentenza 12 no
vembre 1988, n. 6125; Pres. Brancaccio, Est. Taddeucci, P.
M. Caristo (conci, conf.); Formusa (Avv. Del Castillo) c.
Anas (Aw. dello Stato La Porta). Conferma App. Palermo
26 novembre 1983.
Espropriazione per pubblico interesse — Occupazione d'urgenza
illegittima — Realizzazione dell'opera pubblica — Proprietà del
terreno — Acquisto — Danni al privato — Azione risarcitoria — Prescrizione (Cod. civ., art. 934, 948, 2043, 2497; 1. 25 giu
gno 1865 n. 2359, espropriazioni per causa di pubblica utilità, art. 50, 73).
Occupato illegittimamente dalla pubblica amministrazione, per de
corso del termine biennale previsto dall'art. 73 I. 25 giugno 1865 n. 2359, un terreno appartenente a privato, destinato alla
esecuzione di opera pubblica, la radicale trasformazione del fon
do, conseguente alla irreversibile realizzazione dell'opera, de
termina l'acquisto, a titolo originario, della proprietà da parte della medesima pubblica amministrazione e l'insorgere del di
ritto del privato ai danni, conseguibili attraverso l'esercizio del
l'azione risarcitoria soggetta alla prescrizione quinquennale. (1)
Svolgimento del processo. — Antonio Formusa, con atto noti
ficato il 25 novembre 1975 conveniva in giudizio, davanti al Tri
bunale di Palermo, l'Azienda nazionale autonoma delle strade
e ne chiedeva la condanna al risarcimento dei danni arrecatigli con la definitiva occupazione di un'area di mq. 1.300 di sua pro
prietà utilizzata per la costruzione dell'autostrada Palermo-Catania;
occupazione autorizzata in via temporanea e d'urgenza, iniziata
nel 1967, e divenuta illegittima per effetto della scadenza del ter
mine biennale all'uopo assegnato e per la successiva realizzazione
in loco della opera pubblica, senza che alcun provvedimento abla
torio fosse stato adottato.
Resistente l'azienda convenuta, il tribunale rigettava la doman
da sul rilievo che il diritto al risarcimento del danno si era pre scritto per l'inutile decorso del termine quinquennale, cominciato
a decorrere sin dalla data dell'inizio della costruzione dell'opera
pubblica.
Interposto dal Formusa gravame (al quale l'Anas resisteva), la Corte d'appello di Palermo con sentenza del 26 novembre 1983
rigettava la impugnazione, previa correzione della motivazione
adottata dal primo giudice. In piena adesione ai principi di diritto enunciati da queste se
zioni unite con pronuncia n. 1464 del 1983 (Foro it., 1983, I,
626), osservava quella corte che in caso di occupazione da parte della pubblica amministrazione di un suolo privato occorrente per la realizzazione di un'opera di pubblica utilità (occupazione dive
nuta illegittima per la consumazione del termine finale del decre
to autorizzativo prima che sia intervenuta pronunzia di
provvedimento ablatorio) la radicale trasformazione del bene con
la sua irrevocabile destinazione alla realizzazione dell'opera pub blica comporta l'estinzione del diritto del privato ed il contestua
le acquisto, a titolo originario, della proprietà da parte dell'ente;
che il fatto commesso dalla pubblica amministrazione non costi
tuisce un illecito permanente ma integra un illecito istantaneo, sia pure ad effetti permanenti, il quale si consuma nel momento
della irreversibile trasformazione del terreno nei sensi sopraindi
cati, ed appunto a questo momento (non già a quello dell'inizio
della costruzione, come ritenuto dal tribunale), si ricollega la de
correnza iniziale del termine di cinque anni per l'esercizio della
azione risarcitoria; che, nella fattispecie, il diritto al risarcimento
si presentava irrimediabilmente perduto in quanto fatto valere,
con l'atto di citazione del 25 novembre del 1975, a quinquennio
decorso, e ciò in quanto la irreversibile trasformazione del suolo
doveva ritenersi avvenuta anteriormente al 23 novembre 1970 (data
di ultimazione dei lavori stradali, risultante dal relativo e non
contestato certificato). Per la cassazione di tale sentenza Antonio Formusa ha propo
sto ricorso, affidato a unico ma articolato motivo di censura.
L'Azienda nazionale autonoma delle strade statali ha resistito con
controricorso.
(1) Nello stesso senso, la citata Cass. 10 giugno 1988, n. 3940, Foro
it., 1988, I, 2262 con nota di richiami, che, avendo riguardo agli stessi
precedenti ricordati nella parte motiva della riportata sentenza, si è sof
fermata anche sulla questione della prescrizione applicabile all'azione ri
sarcitoria del privato.
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