sezione II civile; sentenza 22 febbraio 1988, n. 1858; Pres. Carotenuto, Est. Volpe, P.M.Marinelli (concl. conf.); Patanella (Avv. Antoniuccio) c. Calandra. Regolamento di competenzaSource: Il Foro Italiano, Vol. 111, PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE(1988), pp. 1889/1890-1891/1892Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23181318 .
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
affermare che il carattere della stagionalità non deriva da qualche
particolarità strutturale del rapporto locativo, ma dal tipo del
l'attività svolta nell'immobile o del godimento per il quale viene
utilizzato; in altri termini, la natura dell'attività-godimento ridonda
sulla natura del rapporto, ancorché, ad esempio sia stabilita una
durata convenzionale superiore al periodo stagionale (cfr., in te
ma di locazione abitativa di natura transitoria: Cass. n. 4712/81, Foro it., 1982, I, 2004).
Ma, soprattutto, la lettera della disposizione rende arduo co
struire il rapporto come unitario, che si perfeziona cioè al mo
mento dell'originaria stipulazione — di durata identica agli altri
tipi di contratto concernenti immobili non abitativi previsti dallo
stesso art. 27 — ancorché cadenzato in una serie di fasi nelle
quali si attua compiutamente lo scambio godimento del bene
prezzo, pur venendo ognuna di esse attuata attraverso un parti colare meccanismo e restando subordinata alla volontà del con
duttore di continuare nel godimento.
Questo inquadramento, accolto nell'unica pronuncia nella qua le la corte ha affrontato sul piano teorico il problema (Cass. n.
6266/84, id., Rep. 1984, voce cit., n. 131), sembra incontrare
un ostacolo insormontabile nel fatto che è previsto, per il locato
re, l'obbligo di locare l'immobile per la stessa stagione negli anni
successivi, con un limite massimo e su richiesta del conduttore
prima delle singole scadenze annuali.
Obbligo di locare tale, evidentemente, da escludere in radice
l'ipotizzabili!à di un rapporto unitario, che altrimenti sarebbe sot
toposto alla condizione risolutiva della mancata richiesta, ma che
realizza una serie di rapporti, distinti anche se collegati, avendo
il legislatore assunto come presupposto la normale scadenza del
contratto al termine della stagione e la sua annuale rinnovabilità, ad nutum, del conduttore, per un arco di tempo prestabilito nella
misura massima.
Certo il legislatore ordinario ha anche presupposto un'altra con
dizione, sovente non riscontrabile nella pratica: che cioè il con
duttore non rimanga nella detenzione dell'immobile alle scadenze
contrattuali, restituendo la res locata nella disponibilità del lo
catore.
Ma, ove tale situazione non si verifici, delle due l'una: se man
ca l'adesione del locatore, trattandosi di rapporto a tempo deter
minato (art. 1596 c.c.), la detenzione del conduttore si trasforma
in un'occupazione abusiva e, quindi, illegittima; se, invece, c'è
acquiescenza, la locazione si rinnova tacitamente ai sensi dell'art.
1597 c.c. (con possibilità di ulteriori tacite rinnovazioni, finché non interviene l'opposizione del locatore, ma con la necessità che
il conduttore faccia espressa richiesta, prima della scadenza, se
vuole usufruire della disciplina prevista dall'art. 27 cit.). Giova aggiungere che la costruzione articolata della locazione
stagionale non è incompatibile con l'applicabilità, in regime tran
sitorio, dell'istituto del recesso per i motivi di cui all'art. 29 1.
n. 392 del 1978, atteso che anche la citata pronuncia — che tale
applicabilità ha per prima affermato — ha peraltro precisato che
siffatto istituto tende ad atteggiarsi in maniera diversa dall'ipote si normale «concretandosi, alternativamente, nel rilascio dell'im
mobile ovvero, qualora i tempi procedimentali del recesso
travalichino quelli di una delle fasi in cui il rapporto si cadenza,
nel venir meno dell'obbligo del locatore a contrarre per la stagio ne successiva».
Parimenti non appare decisivo, in senso contrario alla costru
zione sopradelineata, la disposizione dell'art. 33 1. cit., per cui
«il canone delle locazioni stagionali può essere aggiornato con
le modalità dell'art. 32», il quale, a sua volta, stabiliva al 2°
comma (nel testo originario anteriore alla modificazione appresso
indicata) che «le parti possono convenire che dall'inizio del quar to anno il canone sia aggiornato con riferimento alle variazioni
verificatesi nel biennio precedente»; si è affermato, infatti, che,
avendo il legislatore adoperato il termine aggiornamento nel suo
significato tecnico giuridico, esso deve riferirsi ad un rapporto in corso e non invece a contratti che prendono vita di volta in
volta ed in maniera autonoma (Cass. n. 6266/84, cit.). Ma sembra agevole replicare che anche l'aggiornamento deve
adeguarsi alle caratteristiche peculiari del rapporto stagionale, o,
meglio, della pluralità successiva dei rapporti, nel senso che «le
modalità» a cui si riferisce l'art. 33 comportavano che, nelle lo
cazioni stagionali, solo a partire dalla quarta stagione il canone,
rimasto invariato nelle prime tre, poteva essere convenzionalmen
te aumentato in misura non superiore al 75% dell'indice Istat.
Analogo ragionamento vale anche dopo le modificazioni del
II Foro Italiano — 1988.
l'art. 32 introdotte dall'art. 1, comma 9 sexies, 1. n. 118 del 1985
(sfuggito alla censura di illegittimità pronunciata dalla Corte co
stituzionale con la sentenza n. 108 del 1986, id., 1986, I, 1145), secondo cui «le parti possono convenire che il canone di locazio
ne sia aggiornato annualmente, su richiesta del locatore, per even
tuali variazioni del potere di acquisto della lira» (sempre con il
massimale vigente in precedenza), non riscontrandosi alcuna pre clusione al fatto che le parti di una locazione stagionale conven
gano, instaurando il rapporto relativo alla prima stagione, che
l'obbligo a contrarre gravante sul locatore per le stagioni succes
sive sia in qualche misura mitigato dalla possibilità di aggiorna menti del canone iniziale per le singole stagioni successive.
Resta da aggiungere, per completare il quadro della disciplina delle locazioni stagionali, che ad esse non si applica il rinnovo
ai sensi dell'art. 28 1. cit. (il quale infatti richiama le locazioni
di cui al 1° e 2° comma dell'art. 27), essendo prevista una durata
«massima» di sei anni per l'obbligo del locatore di concedere il
bene in locazione per la medesima stagione, con conseguente esclu
sione anche del diritto di prelazione ex art. 40.
Concluso il discorso teorico e venendo specificamente all'esa
me del ricorso, è agevole rilevare che il giudice dell'appello, a
conferma della pronuncia di primo grado, ha fatto esatta ed ar
gomentata applicazione della norma censurata dalla ricorrente:
si trattava, infatti, di locazione stagionale, secondo il pacifico riconoscimento delle parti (atteso che, per motivi climatici e turi
stici, l'utilizzazione dell'impianto tennistico scoperto non è effet
tuabile nella stagione invernale ed autunnale) la quale, a tutto
concedere, si era eventualmente rinnovata per un anno, cessando
nel 1980 per l'opposizione del locatore e per il mancato adempi
mento, da parte della conduttrice, delle formalità previste dal 6°
comma dell'art. 27 più volte citato.
Il ricorso va, quindi, rigettato.
CORTE DI CASSAZIONE; sezione II civile; sentenza 22 feb
braio 1988, n. 1858; Pres. Carotenuto, Est. Volpe, P.M. Ma
rinelli (conci, conf.); Patanella (Avv. Antoniuccio) c.
Calandra. Regolamento di competenza.
Competenza civile — Causa relativa a beni immobili — Compe tenza per valore — Reddito dominicale e rendita catastale (Cod.
proc. civ., art. 15).
Il reddito dominicale e la rendita catastale cui si deve fare riferi mento ai fini della determinazione della competenza per valore
sono quelli che si ottengono applicando alla tariffa d'estimo
il coefficiente di aggiornamento stabilito con decrreto ministe
riale al tempo della domanda. (1)
Svolgimento del processo. — Con citazione notificata il 31 mag
gio 1985 Francesca Patanella, nella qualità di procuratrice del
proprio marito Giuseppe Calandra, premesso che i germani Giu
seppe e Giovanni Calandra con scrittura privata del 20 luglio 1980
avevano concordato di sciogliere la comunione ereditaria dei beni
immobili pervenuti dalla successione materna, in possesso di Gio
vanni Calandra, e che questi, nonostante i vari solleciti, non ave
va ancora dato esecuzione alla predetta scrittura, conveniva in
giudizio davanti al Pretore di Lercara Friddi Giovanni Calandra,
chiedendo che venisse accertato che tra le parti era stato valida
mente concluso un contratto di divisione e, in via subordinata,
che venisse disposta la divisione secondo legge, con la condanna
(1) Non constano precedenti in termini. L'art. 15 c.p.c., nel testo modificato dalla 1. 399/84 ha posto un dub
bio interpretativo circa il significato di reddito dominicale e rendita cata
stale che la dottrina ha risolto in modo contrastato: in senso conforme
alla sentenza in epigrafe, v. Tarzia, in Nuove leggi civ., 1984, 1145 ss.,
spec. 1160 ss.; contra Levoni, Prime note alla l. 30 luglio 1984 n. 399, sulle modificazioni di competenza, in Riv. trim. dir. e proc. civ., 1984,
1192, ss., spec. 1206, secondo il quale non si deve tener conto dei coeffi
cienti di rivalutazione.
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1891 PARTE PRIMA 1892
del convenuto al rendiconto dei frutti dei beni immobili da asse
gnarsi a Giuseppe Calandra e al pagamento della relativa somma.
Il convenuto, costituitosi, eccepiva preliminarmente l'incompe tenza per valore del giudice adito, essendo competente per valore
e per territorio il Tribunale di Termini Imerese.
Il pretore, in accoglimento di tale eccezione, declinava la pro
pria competenza, rimettendo le parti dinanzi al Tribunale di Ter
mini Imerese.
Ha proposto istanza per regolamento di competenza la Pata
nella nell'anzidetta qualità. Non si è costituito Giovanni Calan
dra, cui è stato regolarmente notificato il ricorso.
Motivi della decisione. — La ricorrente, denunciando violazio
ne e falsa applicazione dell'art. 15 c.p.c., sostiene che erronea
mente il pretore ha aggiornato il reddito dominicale dei terreni
e la rendita catastale del fabbricato ricadenti nell'asse ereditario,
applicando i coefficienti di moltiplicazione stabiliti dal ministero delle finanze ai soli fini fiscali.
L'istanza della Patanella non può trovare accoglimento. Ritie
ne, invero, la corte di poter far proprie le argomentazioni e con
clusioni della requisitoria scritta del procuratore generale, che ha
chiesto dichiararsi la competenza del Tribunale di Termini imerese.
Va premesso che i criteri indicati nel codice di rito per la deter
minazione del valore delle cause per divisione sono dati, come
è noto, dall'ultimo comma dell'art. 12, il quale stabilisce che il
valore si determina da quello della massa attiva da dividersi, e
dagli art. 14 e 15, a seconda che l'oggetto della divisione sia co
stituito da somme di danaro, beni mobili o beni immobili. Nella specie, trattandosi di beni immobili e di causa introdotta
successivamente all'entrata in vigore della 1. 30 luglio 1984 n.
399, occorre applicare l'art. 15 c.p.c. nel testo sostituito dall'art.
7 della predetta legge che, per la determinazione del valore delle
cause relative a beni immobili fa riferimento al reddito dominica
le del terreno e alla rendita catastale del fabbricato alla data della
proposizione della domanda, reddito e rendita1 da moltiplicarsi
per duecento per le cause relative alla proprietà (come appunto nel caso in esame).
Fondatamente osserva il procuratore generale che per la deter
minazione del reddito dominicale, anche ai fini della regola di
competenza ex art. 15 c.p.c., nuovo testo, occorre far capo al
l'art. 24 d.p.r. 29 settembre 1973 n. 597: tale norma precisa che
il reddito dominicale è costituito dalla parte dominicale del reddi
to medio ordinario, ritraibile dal terreno attraverso l'esercizio delle
attività agricole di cui al successivo art. 28, ed è determinato me
diante l'applicazione della tariffa d'estimo e delle deduzioni nella
norma stessa specificate, suscettibili di revisione disposta con de
creto del ministro per le finanze, su parere conforme della com
missione censuaria centrale. Il predetto articolo stabilisce, inoltre,
che le modificazioni derivanti dalla revisione hanno effetto dal
l'anno sucessivo a quello di pubblicazione del nuovo prospetto delle tariffe e delle deduzioni nella Gazzetta ufficiale.
Analoghe previsioni sono contenute nell'art. 34 del citato de
creto 597/73 per quanto riguarda la determinazione del reddito
dei fabbricati.
Ora, il riferimento «alla data della proposizione della doman
da» fatto dal nuovo testo dell'art. 15 c.p.c. per la determinazione
del valore delle cause relative a beni immobili sulla base del red
dito dominicale del terreno e della rendita catastale del fabbrica
to, non è un pleonasmo per ribadire quanto già disposto dall'art.
5 a proposito del momento determinante della giurisdizione e del
la competenza, ma significa appunto che il reddito dominicale
e la rendita catastale, che costituiscono la base del calcolo per la determinazione del valore, devono essere aggiornati con riferi
mento alla data anzidetta.
Necessariamente, pertanto, si deve tener conto del reddito do
minicale e della rendita catastale quali risultano dall'applicazione dei coefficienti di aggiornamento dei redditi iscritti nel catasto
dei terreni e nel catasto dei fabbricati stabiliti con decreto del
ministero delle finanze.
Il criterio del riferimento agli estimi catastali adottato dalla
«novella» del 1984 comporta il logico riferimento ai coefficienti
di aggiornamento, da applicare ai fini della determinazione del
reddito dominicale del terreno e della rendita catastale del fabbri
cato «alla data della proposizione della domanda». Poiché la do
manda è stata proposta nel maggio 1985, correttamente il pretore ha tenuto conto dei coefficienti di aggiornamento stabiliti con
decreti ministeriali 6 novembre 1984, ricavando il reddito aggior
II Foro Italiano — 1988.
nato da moltiplicare per duecento (trattandosi di causa relativa
alla proprietà dei beni). In base ai predetti calcoli, è risultato un valore eccedente la
competenza del pretore. Osserva a tale riguardo il procuratore generale che, in applica
zione dell'art. 15, nuovo testo, e secondo l'interpretazione testé
delineata, è agevole rilevare che il valore della causa eccede il
limite di lire 5.000.000: dai certificati catastali risulta, infatti, un
reddito di lire 1.508,77 per i terreni e di lire 172 per il fabbricato, da ciò evincendosi che è sufficiente il solo reddito dominicale
dei terreni, moltiplicato per il coefficiente di rivalutazione relati
vo all'anno cui il reddito si riferisce, per dar luogo al superamen to del predetto limite della competenza pretorile.
L'indicato reddito dominicale, in base all'interpretazione qui
accolta, va, invero, moltiplicato per duecento (coefficiente di ag
giornamento, confermato anche dal d.m. 7 dicembre 1985 per i redditi iscritti nel catasto dei terreni per l'anno 1985) e l'impor
to cosi ricavato va poi ulteriormente moltiplicato per duecento,
trattandosi di causa relativa alla proprietà.
Dunque, già solo in relazione ai terreni da dividersi il valore
della causa supera ampiamente la competenza pretorile.
Va, perciò, dichiarata la competenza del Tribunale di Termini
Imerese.
CORTE DI CASSAZIONE; sezione lavoro; sentenza 16 febbraio
1988, n. 1656; Pres. Cassata, Est. De Rosa, P.M. Leo (conci,
conf.); Moretto (Avv. Marino) c. Inadel (Avv. Capobianco) Cassa Trib. Genova 18 aprile 1984.
Impiegato degli enti locali — Dipendente della soppressa Onmi — Iscrizione alla cassa di previdenza enti locali — Indennità
di buonuscita — Criteri di computo — Rivalutazione (L. 20
marzo 1975 n. 70, disposizioni sul riordinamento degli enti pub blici e del rapporto di lavoro del personale dipendente, art.
1, 2, 13; 1. 23 dicembre 1975 n. 698, scioglimento e trasferi
mento delle funzioni dell'Opera nazionale per la protezione della
maternità e dell'infanzia, art. 1, 3, 6, 9; 1. 1° agosto 1977 n.
563, modifiche e integrazioni alla 1. 23 dicembre 1975 n. 698,
art. 3, 5).
Il dipendente ex Onmi trasferito ad ente locale, che abbia optato
per la iscrizione alla Cpdel, non ha diritto, stante l'unicità del
rapporto, ad una liquidazione anticipata delle previdenze ma
turate nel corso del periodo di servizio presso l'ente disciolto,
anche se derivanti da forme integrative aziendali, mentre le som
me maturate vanno accantonate presso l'ente locale ricevente
per essere corrisposte, in unica erogazione ed a titolo di inden
nità di buonuscita, al termine del rapporto, con rivalutazione
delle somme accantonate. (1)
(1) Giurisprudenza prevalente; in termini, Corte cost. 5 febbraio 1987, n. 31, Foro it., 1987, I, 1359 e 12 dicembre 1984, n. 280, id., 1985,
I, 359, con note di richiami; Cass. 20 ottobre 1984, n. 5321 ed altre, ibid., 494, con nota di richiami (cui acide, Cass. 15 gennaio 1987, n.
250, id., Mass., 46; 9 dicembre 1986, n. 7290, id., Rep. 1986, voce Im
piegato degli enti locali, n. 170; 18 luglio 1986, n. 4637, ibid., n. 175; ecc.). Sulla spettanza di interessi e rivalutazione al pubblico dipendente per
crediti di natura retributiva verso la p.a., v. T.A.R. Liguria 14 marzo
1987, n. 140, id., 1987, III, 466, con nota di richiami, cui acide, per riferimenti di ordine generale, Trib. Genova 7 ottobre 1986, ibid., I, 1301, con nota di D. Caruso; per i dipendenti Onmi transitati ad enti locali, v. la contraria (rispetto alla Cassazione in epigrafe) posizione di Cons.
Stato, sez, VI, 15 settembre 1986, n. 713, id., Rep. 1986, voce Impiegato dello Stato, n. 849 (ove si esclude sia l'obbligo dell'Inadel al pagamento di interessi e rivalutazione sulla indennità di anzianità spettante al lavora
tore per il periodo di lavoro presso l'Onmi, sia la configurabilità di un
fenomeno successorio fra enti pubblici in seguito alla soppressione del detto ente). Da ultimo, cfr. Cons. Stato, sez. VI, 28 gennaio 1988, n.
141, 5 novembre 1987, n. 881, 31 luglio 1987, n. 502, Corte conti, sez.
riun., 27 gennaio 1987, n. 525/A, T.A.R. Lazio, sez. II, 3 marzo 1987, n. 302, id., 1988, III, 325, con nota di richiami.
In dottrina, v. G. Ciocca, La previdenza integrativa dei disciolti enti
mutualistici, in Riv. it. dir. lav., 1985, II, 883.
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