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PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE || sezione III civile; sentenza 10 maggio 1988,...

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sezione III civile; sentenza 10 maggio 1988, n. 3415; Pres. Santosuosso, Est. Schermi, P.M. De Martini (concl. conf.); Alberti (Avv. Iannotta) c. Soc. Miodini (Avv. Angelini, Isi). Conferma App. Bologna 1° settembre 1982 Source: Il Foro Italiano, Vol. 111, PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE (1988), pp. 2271/2272-2279/2280 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23181373 . Accessed: 25/06/2014 02:42 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 195.34.79.208 on Wed, 25 Jun 2014 02:42:34 AM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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Page 1: PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE || sezione III civile; sentenza 10 maggio 1988, n. 3415; Pres. Santosuosso, Est. Schermi, P.M. De Martini (concl. conf.); Alberti

sezione III civile; sentenza 10 maggio 1988, n. 3415; Pres. Santosuosso, Est. Schermi, P.M. DeMartini (concl. conf.); Alberti (Avv. Iannotta) c. Soc. Miodini (Avv. Angelini, Isi). ConfermaApp. Bologna 1° settembre 1982Source: Il Foro Italiano, Vol. 111, PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE(1988), pp. 2271/2272-2279/2280Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23181373 .

Accessed: 25/06/2014 02:42

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2271 PARTE PRIMA 2272

il suo controvalore monetario ed imponendo ad altri di prestarsi a tanto mercé una sorta di acquisto coattivo.

In secondo luogo l'abbandono della proprietà del bene immo

bile, proprio perché di per sé incapace di approdare ad effetti

traslativi nei confronti di terzi determinati, provocherebbe quelle vacuità di assetto proprietario dante luogo, secondo la previsione

di cui all'art. 827 c.c., alla attribuzione del bene stesso al patri monio dello Stato (e non dell'ente che lo ha occupato, se diverso

dallo Stato). In terzo luogo, in tanto è possibile ricollegare una qualsiasi

conseguenza giuridica alla volontà, che il privato avrebbe mani

festato, di dismettere il diritto dominicale su di un bene, in quan

to nel momento della manifestazione non sia venuta meno la si

tuazione di soggettiva appartenenza, essendo prive di significato,

prima ancora che di effetti, la volontà di abbandono, o di rinun

zia alla rivendicazione, che avessero ad oggetto un bene alieno.

La costruzione in esame riposa, dunque, su di una premessa

(la superstite permanenza nel privato di un diritto dominicale di

tipo puramente nominale) che per quanto a suo luogo osservato

non può essere condivisa; e conduce ad una conclusione ancor

più inaccettabile: quale quella che riconnette l'acquisto della pro

prietà sul fondo utilizzato per la costruzione dell'opera pubblica e con quest'ultimo sussunto nell'ambito del regime pubblicistico

proprio dei beni demaniali o patrimoniali indisponibili, non già ad una volontà della p.a. (espressa mediante un atto di destina

zione), bensì ad una (presunta) volontà proveniente da un sogget to privato che, rispetto a quella destinazione, può rivestire posi zione passiva, di paziente e di danneggiato, non certo quella di

arbitro o di autore. (Omissisj

CORTE DI CASSAZIONE; sezione III civile; sentenza 10 mag

gio 1988, n. 3415; Pres. Santosuosso, Est. Schermi, P.M. De

Martini (conci, conf.); Alberti (Avv. Iannotta) c. Soc. Mio

dini (Aw. Angelini, Isi). Conferma App. Bologna 1° settem

bre 1982.

Circolazione stradale — Tamponamento a catena — Danni ai

veicoli intermedi — Presunzione di corresponsabilità — Fatti

specie (Cod. civ., art. 2054).

Nell'ipotesi di scontro tra veicoli, in cui non sia possibile rico

struire l'esatta dinamica del sinistro e individuare con certezza

l'atto generatore del danno, deve presumersi che tutti i condu

centi, la cui condotta colposa potrebbe aver causato tale dan

no, abbiano ugualmente concorso alla sua produzione (nella

specie, trattavasi di un tamponamento a catena in cui il condu

cente di un veicolo intermedio aveva riportato gravi danni fisici e non era stato possibile accertare in giudizio da quale tampo namento tali danni fossero stati causati). (1)

(1) La pronuncia della Cassazione verte su una controversia instaura

tasi tra i conducenti di due (dei tanti) veicoli intermedi coinvolti in un

tamponamento a catena di vaste proporzioni ed enuncia un decisum di

indubbio interesse. Si trattava, nella specie, di verificare la veridicità di due opposte «ver

sioni» circa la dinamica dell'incidente (tra autotreni), in cui il ricorrente aveva riportato rilevanti danni fisici. Il controricorrente non negava di aver tamponato, da tergo, l'automezzo dell'infortunato, ma asseriva che i danni riportati da quest'ultimo — il cui autotreno, ad incidente avvenu

to, si presentava letteralmente incastrato tra due mezzi pesanti — fossero stati causati da un precedente violento scontro di tale veicolo con quello antistante. Viceversa, il ricorrente sosteneva di essere riuscito ad arrestare in tempo utile il proprio automezzo, che sarebbe stato spinto contro quel lo antistante solo a seguito del tamponamento, da tergo, dell'autotreno condotto dal controricorrente. Non v'è chi non s'avveda come le opposte versioni conducano anche a differenti giudizi di responsabilità. Complice la fitta nebbia, nessuno aveva visto nulla, tranne, ovviamente, le parti in causa; nell'accertamento della polizia stradale si era «riconosciuto che

non esistevano elementi per stabilire» l'esatta versione dei fatti. Le stesse

risultanze istruttorie, infine, non avevano consentito di ricostruire la di

1l Foro Italiano — 1988.

II

PRETURA DI MILANO; sentenza 24 marzo 1987; Giud. Auli

sa; Foroni (Avv. Pisani) c. Torlai e altri (Avv. Monti, Scia

LANDRONE, LaURENTI).

Circolazione stradale — Tamponamento a catena — Responsabi lità (Cod. civ., art. 2043).

Nel tamponamento a catena causato da un autoveicolo, che ab

bia urtato l'ultima delle auto ferme in colonna, il conducente

del primo è responsabile nei confronti di tutti i danneggiati. (2)

I

Svolgimento del processo. — Il 1° aprile 1969, verso le ore

6,40, in territorio di Lodivecchio, sulla carreggiata nord dell'au

tostrada del sole, un autotreno Fiat 690 guidato da Primo Ca

priotti, costretto progressivamente a rallentare per la fitta neb

bia, era tamponato da un altro autotreno Fiat 690 di proprietà di Santo Bottani e guidato da Antonio Cavatorta. La motrice del

secondo autotreno usciva di strada, mentre il rimorchio era tam

namica dell'incidente e, quindi, di individuare l'atto generatore del danno

ed il responsabile. Questi i fatti. Quanto alla decisione, la corte di merito

aveva ritenuto applicabile la presunzione di pari concorso nella produzio ne del danno ex art. 2054, 2° comma, c.c., con il risultato di condannare

ciascuna parte a risarcire la metà del danno riportato dall'altra. Tale de

cisione è confermata dalla presente pronuncia del Supremo collegio, in

presenza di due «versioni» alternative, entrambe del tutto verosimili (per cui incongruo è da ritenersi il richiamo, in motivazione, a Cass. 24 gen naio 1975, n. 277, Foro it., 1975, I, 2041, dove si presunse esclusivamen

te un pari concorso di colpa in una fattispecie in cui era pacifica la dina

mica dell'incidente). Il motivo di principale interesse della sentenza è nella prospettata pos

sibilità di una duplice interpretazione della predetta norma. In grado di

appello l'attuale controricorrente aveva sostenuto che la nostra presun zione è presunzione di pari concorso colposo e trova applicazione nei

soli casi in cui sia certo l'atto che ha causato il sinistro e incerto solo

il grado di colpa attribuibile ai conducenti (per un'applicazione pratica, v. Trib. Piacenza 4 luglio 1984, id., Rep. 1985, voce Circolazione strada

le, n. 146, per esteso in Arch, circolaz., 1985, 514: «nel caso in cui non

sia possibile ricostruire l'esatta dinamica di uno scontro tra due autovei

coli, in quanto le versioni contrapposte fornite dai protagonisti hanno

riscontro nelle rispettive risultanze probatorie [nella specie: entrambi i

conducenti affermavano di essere transitati nell'area semaforizzata aven

do a proprio favore la luce verde], trova applicazione la presunzione di

pari concorso colposo ex art. 2054 c.c.»). In caso contrario — incertezza

dell'atto generatore del sinistro — non si riteneva possibile un giudizio affermativo di responsabilità perché mancherebbe la prova del nesso di

causalità tra collisione ed evento dannoso. In questa prospettiva, l'appli cabilità dell'art. 2054, 2° comma, c.c., presupporrebbe che sia certo il

comportamento, l'evento-danno e il nesso di causalità. Incerto è solo il

grado di colpa; beninteso, della particolare colpa — se proprio si vuole

adoperare questo termine (cfr., al riguardo, le osservazioni critiche di

M. Franzoni, Colpa presunta e responsabilità del debitore, Padova, 1988,

spec. 156 ss.) — di non aver fatto tutto il possibile per evitare il danno, ai sensi del 1° comma della norma in oggetto. Tale lettura dell'art. 2054, 2° comma, c.c., è stata di recente avvalorata da Cass. 25 luglio 1987, n. 6456, Foro it., Mass., 1102, a cui tenore «la sentenza penale di pro

scioglimento dell'imputato per insufficienza di prove da reati connessi

alla circolazione dei veicoli rende improponibile l'azione civile ex art. 2054

c.c., . . . quando abbia messo in dubbio ... il nesso causale tra collisio

ne e evento dannoso».

L'applicazione di tale criterio potrebbe comportare, di fatto, un arduo

onere probatorio a carico del danneggiato in tamponamenti a catena.

In tale fattispecie, infatti, i tamponamenti che coinvolgono gli autoveicoli

intermedi sono due ed è facile che il convenuto eccepisca che la causa

del danno non risiede nel «proprio» tamponamento. La tattica proces suale cui si ricorre nell'ipotesi di scontro tra due veicoli — scambiarsi

reciproche accuse di colpa — potrebbe, perciò, nella nostra fattispecie, essere estesa anche all'atto che ha causato il sinistro. Ponendosi in una

prospettiva di maggior tutela del danneggiato, la presente decisione si

pronuncia per l'applicabilità dell'art. 2054 c.c. anche quando non sia pos sibile accertare il comportamento che ha causato il danno: con la conse

guenza che, in tutti i casi in cui non sia possibile accertare l'atto genera tore del sinistro, quanti hanno subito i danni più rilevanti sarebbero in

centivati ad agire in giudizio e, limitandosi ad esporre l'avvenuto scontro,

potrebbero ottenere il risarcimento della metà dei danni. La presunzione contenuta nell'art. 2054, 2° comma, c.c. esprimerebbe, pertanto, una

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

ponato da un OM Tigrotto guidato da Angelo Alberti a sua volta

tamponato da un Leoncino guidato da Antonio Bianchi. Soprag

giunti altri tre autocarri, si verificavano ulteriori tamponamenti. Il Bianchi decedeva e l'Alberti riportava gravissime lesioni.

Antonio Cavatorta e Raffaele Mauri, quest'ultimo conducente

di uno degli autocarri sopraggiunti, venivano prosciolti dai reati

di omicidio e lesioni colpose con sentenza istruttoria 10 ottobre

1973, il primo perché il fatto non costituiva reato ed il secondo

per non aver commesso il fatto.

Con atto di citazione notificato il 26 settembre 1974 Angelo

Alberti, assumendo che egli aveva arrestato il suo autocarro in

quanto altri autotreni erano venuti a collisione ed ostruivano il

passaggio, che il suo autocarro fermo era stato violentemente tam

ponato da quello guidato da Antonio Bianchi, che a seguito del

l'urto il suo autocarro era stato spinto contro la parte posteriore del rimorchio dell'autotreno guidato da Antonio Cavatorta, che,

per effetto del tamponamento, egli aveva riportato lesioni ed il

suo autocarro era rimasto danneggiato, conveniva davanti al Tri

bunale di Parma la s.n.c. Miodini Gino e figlio, proprietaria del

(ben diversa) regola di pari concorso nella produzione del sinistro e an

drebbe applicata sol che sussista l'astratta idoneità degli atti (le opposte, non verificabili, «versioni», e cioè, nella specie: il tamponamento del vei

colo antistante da parte di quello condotto dal ricorrente ed il tampona mento di quest'ultimo veicolo da parte dell'autotreno del controricorren

te) a causare l'evento dannoso. In tale prospettiva sembrerebbero iscri

versi, ma non è dato verificarlo, trattandosi di decisioni non pubblicate, Cass. 8 agosto 1987, n. 6797, id., Mass., 1160, e 14 novembre 1986, n. 6696, id., Rep. 1986, voce cit., n. 158, a cui tenore la presunzione in oggetto si applica «nel caso in cui non sia possibile accertare in concre

to in quale misura la condotta dei due conducenti abbia cagionato l'even to dannoso».

(2) Il principio di diritto enunciato può ritenersi pacifico, quando sia

accertata, nel corso del processo, la responsabilità esclusiva del condu

cente che, tamponando l'ultima delle auto ferme in colonna, abbia pro dotto danni anche alle autovetture antistanti. È da segnalare, tuttavia,

qualche incertezza della giurisprudenza su un punto delicato: e cioè se, una volta convenuto in giudizio dal conducente di una delle auto anti

stanti non il vero responsabile, bensì colui che lo ha direttamente tampo nato e questi, a sua volta, chiami in causa il secondo, sia necessario far

precedere tale chiamata da una formale richiesta di risarcimento ai sensi

dell'art. 22 1. 24 dicembre 1969 n. 990. La Suprema corte è per la tesi

negativa. La citata norma è infatti reputata far esclusivo riferimento al

l'azione risarcitoria proposta dall'attore: cfr. sent. 13 ottobre 1986, n.

5996, Foro it., Rep. 1986, voce Assicurazione (contratto), n. 144; 7 gen naio 1981, n. 121, id., Rep. 1981, voce cit., n. 296, nonché App. Torino

15 gennaio 1982, id., Rep. 1983, voce cit., n. 298, per esteso in Riv.

giur. circolaz. e trasp., 1983, 516, con nota di G. Fioravanti, Brevi note

sull'applicabilità dell'art. 22 I. n. 990 de! 1969 nell'ipotesi di chiamata

di terzo in causa. Contra, però, App. Milano 23 luglio 1982, Foro it.,

Rep. 1983, voce cit., n. 299; Trib. Monza 14 maggio 1982, id., 1983,

I, 216, e Trib. Monza 8 giugno 1981, id., Rep. 1982, voce cit., n. 261.

A detta della penultima decisione occorre peraltro distinguere tra l'ipotesi in cui la chiamata in causa del convenuto abbia «lo scopo di ottenere

il rigetto della domanda principale (sul presupposto dell'assoluta inesi stenza di una propria responsabilità)», nel qual caso non sarebbe necessa

rio adempiere alle formalità della norma in oggetto, dall'ipotesi che il

convenuto voglia piuttosto «conseguire un titolo che lo legittimi ad agire in regresso ex art. 2055 c.c. contro il terzo sul presupposto di una sua

concorsuale responsabilità». Quanto all'attore, invece, egli dovrà assolvere all'onere imposto dal

l'art. 22 nei confronti dei terzi chiamati in causa dal convenuto solo quando intenda estendere anche contro questi ultimi la domanda di risarcimento:

cosi, Cass. 27 ottobre 1982, n. 5626, id., 1983, I, 687, e, implicitamente, Trib. Monza 14 maggio 1982, cit., a cui parere l'attore, se intende conti

nuare ad avanzare la pretesa risarcitoria nei confronti del solo convenu

to, non deve assolvere all'onere ex art. 22. Da segnalare, infine, per la

peculiarità della decisione, App. Torino 15 gennaio 1982, cit., che, pur in mancanza di alcuna richiesta preventiva di risarcimento, ha ritenuto

ammissibile la domanda attorea, con cui si chiedeva l'estensione della

domanda originaria nei confronti del terzo chiamato in causa del conve

nuto, in quanto, nella specie, era stato provato che l'assicuratore del ter

zo ebbe tempestivamente «notizia» del sinistro. In dottrina, v. in tema

C. Caianiello, Profili di inammissibilità e di improponibilità della chia

mata in causa del terzo responsabile, in Dir. e pratica assic., 1983, 17, e F. Peccenini, La responsabilità civile per la circolazione dei veicoli, in La responsabilità civile a cura di G. Alpa e M. Bessone, II, t. 2°, in Giur. sist. dir. civ. e comm., fondata da W. Bigiavi, Torino, 1987, 685 s., ove si riporta la convenzione Ania sulla liquidazione dei danni

per i tamponamenti multipli ed a catena. [O. Troiano]

Il Foro Italiano — 1988.

l'autocarro guidato dal Bianchi, chiedendone la condanna al ri

sarcimento dei danni patrimoniali e non patrimoniali. La soc. Miodini, costituitasi, contestava la fondatezza della do

manda assumendo che il Leoncino condotto dal Bianchi aveva

colliso contro il Tigrotto condotto dall'Alberti dopo che questo aveva già violentemente tamponato l'autotreno Fiat 690 di pro

prietà del Bottani e condotto dal Cavatorta. Autorizzata dal giu dice istruttore, chiamava in causa costoro, i quali, costituitisi, a loro volta proponevano domanda riconvenzionale.

L'adito tribunale, con sentenza 29 gennaio 1979, condannava

la soc. Miodini a pagare all'Alberti, a titolo di risarcimento della

metà dei danni da questi riportati, la somma di lire 77.394.300

con gli interessi legali, nonché a rimborsare allo stesso le spese del giudizio, e condannava l'Alberti e la soc. Miodini in solido — nei rapporti interni in ragione di metà ciascuno — a pagare al Bottani, a titolo di risarcimento della metà dei danni da questi

riportati, la somma di lire 11.511.250, con gli interessi legali, non

ché a rimborsare in solido — nella stessa proporzione nei rappor ti interni — ai chiamati in causa le spese del giudizio.

La soc. Miodini proponeva appello. L'Alberti proponeva ap

pello incidentale. Il Bottani ed il Cavatorta chiedevano la confer

ma della sentenza impugnata. Interveniva l'Inail chiedendo la con

danna della soc. Miodini al pagamento di quanto erogato da esso

istituto a favore dell'Alberti.

In corso di causa la soc. Miodini pagava all'Alberti la somma

di lire 87.374.745. La Corte d'appello di Bologna con sentenza 1° settembre 1982,

in parziale riforma dell'impugnata pronuncia, determinava, tenu

to conto della surrogazione esercitata dall'Inail, il complessivo credito dell'Alberti verso la soc. Miodini in lire 54.989.668, oltre

gli interessi legali con varie decorrenze, rigettava la domanda pro

posta dal Bottani contro la soc. Miodini e contro l'Alberti, di

chiarava interamente compensate le spese di lite tra la soc. Mio

dini ed il Bottani, dichiarava compensate le spese del giudizio di primo grado tra il Bottani e l'Alberti, condannava la soc. Mio

dini a rimborsare all'Alberti metà delle spese del giudizio di ap

pello dichiarando compensata l'altra metà, condannava il Bottani

a rimborsare all'Alberti un quarto delle spese del giudizio di ap

pello dichiarando compensati gli altri tre quarti. La Corte di Bologna rilevava che la polizia stradale, la quale

aveva avuto visione diretta della situazione poco dopo la serie

di incidenti ed aveva raccolto le immediate dichiarazioni degli

interessati, aveva riconosciuto che non esistevano elementi per stabilire se l'autocarro dell'Alberti avesse tamponato il rimorchio

dell'autotreno del Cavatorta per proprio conto o perché a sua

volta tamponato dall'autocarro del Bianchi. Riteneva, pertanto,

che, nel rapporto Alberti-Miodini, dovesse essere confermata,

quanto a responsabilità, la statuizione del tribunale, che aveva

fatto richiamo alla presunzione di colpa di cui all'art. 2054, 2°

comma, c.c.

Tuttavia la corte si dava carico dell'assunto della soc. Miodini,

la quale aveva impostato il problema in termini di causalità rile

vando che in tanto si può fare riferimento alla presunzione di

colpa in quanto si dimostri il nesso tra il fatto e la condotta

(la soc. Miodini sosteneva che il Tigrotto dell'Alberti aveva già violentemente tamponato l'autotreno del Bottani prima di venire

tamponato dal Leoncino del Bianchi, per cui l'Alberti si era ca

gionato le lesioni con il detto autonomo tamponamento; l'Alber

ti, invece, sosteneva che egli era riuscito tempestivamente ad ar

restarsi sicché solo al tamponamento da parte del Leoncino era

dovuto il fatto che il suo Tigrotto era stato sbalzato contro l'au

totreno Fiat 690, tamponandolo a sua volta). Asseriva di rendersi

conto della complessità del problema sul piano della causalità

sorgente qualora non si sia in presenza di un singolo fatto e di

un singolo evento, ma, come nella specie, risulti impossibile di

stinguere anche cronologicamente un episodio dall'altro ed una

serie causale dall'altra, essendo il danno di un soggetto in astrat

to riferibile, come possibilità, a più cause che potrebbero anche

essere autonome e porsi in alternativa una dell'altra. Riteneva,

al riguardo, di poter affermare che, in presenza di più cause con

correnti, ciascuna in concreto idonea a determinare in tutto od

in parte l'evento, che a ciascuna potrebbe quindi essere rapporta

to come a causa unica, tutti gli autori delle condotte sono da

ritenere responsabili, per quote interne presumibilmente uguali,

dovendo l'unicità del fatto illecito, sul quale si fonda la responsa

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2275 PARTE PRIMA 2276

bilità solidale di cui all'art. 2055 c.c., essere riferita unicamente

al danneggiato e non dovendo essere intesa come identità delle

azioni dei danneggiami. Ed osservava che, una delle serie causali

sia, anche soltanto potenzialmente, attribuibile al leso, il criterio

resta ugualmente applicabile, restando identica, dal punto di vi

sta causale, l'incidenza delle condotte, chiunque ne sia l'autore,

per cui al leso spetta il risarcimento con detrazione della quota,

pur essa uguale, ascrivibile alla sua responsabilità, da ritenere

allo stesso titolo al quale viene addebitato agli altri (possibili)

compartecipi alla determinazione dell'evento. Considerava che,

pertanto, nella specie, poiché l'azione del Bianchi era in concreto

idonea a provocare il danno (e segnatamente quello alla persona)

dell'Alberti, che dal tamponamento poteva essere stato proiettato contro il rimorchio del Fiat 690, non giovava alla soc. Miodini, una volta che era pacifica la circostanza di tale tamponamento,

prospettare la mera possibilità che l'Alberti si fosse già infortu

nato, restando il Bianchi corresponsabile del fatto, inteso nell'ac

cezione civilistica.

La corte osservava che diversamente si sarebbe dovuto ritenere

sul piano penale, in cui alla certezza della condotta colposa del

Bianchi (insita nel fatto del tamponamento che rilevava non tan

to l'inosservanza della distanza di sicurezza, quanto il procedere a velocità superiore e quella che la visibilità consentiva) non face

va riscontro che proprio da tale condotta fossero derivate, o fos

sero derivate tutte e nella loro gravità, le lesioni dell'Alberti. Da

ciò faceva derivare l'impossibilità di considerare il fatto come

reato e, quindi di accordare all'Alberti il risarcimento dei danni

non patrimoniali. Infine la corte liquidava, tenuto conto della surrogazione eser

citata dall'Inail, il danno per invalidità temporanea ed invalidità

permanente, il danno alla vita di relazione — consistente in ciò,

che, prima dell'incidente, l'Alberti, oltre a guidare in proprio un

autocarro, disponeva di altri due veicoli ed era quindi titolare

di una piccola azienda di autotrasporti, venuta meno, quando,

dopo l'incidente, egli, per le lesioni subite, non era stato più in

grado di guidare un automezzo — e il danno per spese erogate. Avverso questa sentenza l'Alberti ha proposto ricorso per cas

sazione deducendo tre motivi. La soc. Miodini resiste con contro

ricorso. Il Bottani ed il Cavatorta non si sono costituiti. Le parti costituite hanno depositato memoria.

Motivi della decisione. — Con il primo motivo il ricorrente, denunciando violazione e falsa applicazione degli art. 2055 e 2054

c.c. e dell'art. 107, 1° comma, cod. stradale (d.p.r. 15 giugno 1959 n. 393) nonché omessa, insufficiente e contraddittoria moti

vazione circa un punto decisivo della controversia in relazione

all'art. 360, nn. 3 e 5, c.p.c., lamenta che la corte di Bologna:

a) abbia erroneamente fatto riferimento all'art. 2055 c.c., che

riguarda l'ipotesi che vi sia un terzo danneggiato da un fatto im

putabile a più soggetti, dei quali dispone la responsabilità solida

le; b) abbia erroneamente fatto riferimento all'art. 2054 c.c. ed

alla relativa presunzione che, peraltro, non è circoscritta alla col

pa, ma riguarda la condotta pregiudizievole; c) non abbia consi

derato che, essendo dato incontestabile il tamponamento dell'au

tocarro di Alberti da parte di quello della soc. Miodini, vi era

la prova della violazione dell'art. 107, 1° comma, cod. stradale

da parte dell'autista dell'autocarro di detta società, con l'ulterio

re presunzione di inosservanza della distanza di sicurezza, il che

era sufficiente a rendere inoperante la presunzione di cui al 2°

comma dell'art. 2054 c.c., con il conseguente onere a carico della

soc. Miodini di fornire la prova liberatoria che il mancato arresto

dell'autocarro di sua proprietà era stato determinato da cause

non imputabili dall'autista dello stesso.

Il motivo è infondato. Soltanto nel corso dell'argomentazione, ed incidentalmente, la corte di Bologna ha fatto riferimento al

l'art. 2055 c.c., il cui 1° comma prevede l'ipotesi che più perso

ne, con un unico comportamento commissivo ed omissivo, co

mune a tutte o con più distinti comportamenti a ciascun di esse

imputabili, cagionino un unico evento dannoso per una terza per

sona, ed a tale ipotesi ricollega l'obbligazione solidale, di tutti

gli autori dell'unico e dei più distinti comportamenti, di risarci

mento del danno nei confronti del terzo; ipotesi, questa, non ve

rificatasi nella fattispecie concreta in esame, consistente nel tam

ponamento a catena di autoveicoli in movimento. Nell'esame di

tale fattispecie concreta, la linea argomentativa che struttura la

motivazione della sentenza impugnata è incentrata nella configu rabilità o meno, in siffatta ipotesi, della presunzione di colpa

Il Foro Italiano — 1988.

dei conducenti di due autoveicoli, intermedi, nella colonna tra

i quali si è verificato uno dei tamponamenti, superabile soltanto

dalla prova che uno di essi abbia fornito della colpa esclusiva

dell'altro, avendo egli, a sua volta, fatto tutto il possibile per evitare il danno: presunzione che è quella di cui al 2° comma

dell'art. 2054 c.c.

La corte di Bologna si è posta, appunto, questo problema, sol

lecitata dalla soc. Miodini, la quale, sotto il profilo della causali

tà, sosteneva che per poter applicare la presunzione di colpa a

carico del conducente dell'autoveicolo di sua proprietà sarebbe

stato necessario dimostrare il nesso eziologico tra l'evento danno

so e la condotta di detto conducente; e di tale problema ha rile

vato la complessità, trattandosi non di un unico fatto e di un

unico evento, ma di più fatti distinti ciascuno dei quali poteva, in astratto, essere in relazione causale con l'evento dannoso. Pro

blema, questo, che, con articolata argomentazione logico-giuridica, ha risolto nel senso dell'applicabilità della presunzione.

Tale soluzione del problema è già nella giurisprudenza di que sta Suprema corte, ove, con la sentenza 24 gennaio 1975, n. 277

(Foro it., 1975, I, 2041), è stato enunciato il principio di diritto

che, nel tamponamento a catena di autoveicoli in movimento, trova applicazione il 2° comma dell'art. 2054 c.c., che stabilisce

una presunzione di colpa a carico di entrambi i conducenti, qua lora non sia fornita da essi la prova liberatoria. Principio di dirit

to, questo, che il collegio ritiene di ribadire, precisando che la

presunzione, a carico di ciascuno dei conducenti, è di avere tenu

to una condotta di guida, colposa, in rapporto eziologico con

l'evento dannoso, causato, quindi, dai due concorrenti compor tamenti colposi presunti. La fattispecie astratta della responsabi lità extracontrattuale, quale configurata, in via generale, nell'art.

2043 c.c., è composta da una pluralità di elementi posti rispetti vamente in relazione eziologica tra loro. Un comportamento com

missivo od omissivo, di una persona, qualificato dall'elemento

soggettivo del dolo o della colpa, produttivo di un evento, con

il quale è, quindi, in rapporto, di causalità; il quale evento, a

sua volta, è produttivo, e quindi causa, di un danno ad una terza

persona. Sono ipotizzabili, poi, più comportamenti, ciascuno di

una diversa persona, tutti produttivi dell'evento causativo del dan

no al terzo. Ed è ipotizzabile che l'evento causativo del danno

sia ricollegato, in relazione concausale, al comportamento di una

persona ed al comportamento dello stesso danneggiato. La norma di cui al 2° comma dell'art. 2054 c.c. cosi dispone:

«Nel caso di scontro tra veicoli si presume, fino a prova contra

ria, che ciascuno dei conducenti abbia concorso ugualmente a

produrre il danno subito dai singoli veicoli» (nonché dalle perso ne che vi si trovano).

La norma ipotizza, nella fattispecie astratta tipizzata, lo «con

tro tra veicoli»: che è urto, collisione, in qualunque modo e posi zione avvenuta; e quindi anche tamponamento, cioè urto verifi

catosi tra la parte anteriore di un veicolo e la parte posteriore di altro veicolo. «Scontro tra veicoli» che, nella complessa fatti

specie di responsabilità extracontrattuale, è l'evento; il quale è

ricollegato, in relazione causale, ad uno o più comportamenti, ed è causa del danno.

Ipotizzato lo «scontro tra veicoli», che è l'evento, causativo

del danno, la norma ricollega ad esso una presunzione, salva pro va contraria: «che ciascuno dei conducenti abbia concorso a pro durre il danno dei singoli veicoli».

Presunzione, che partendo dall'evento «scontro tra veicoli», fatto

noto, risale ai comportamenti, fatti ignoti, che hanno causato

l'evento; causa presunta dell'evento sono, in egual misura, i com

portamenti, qualificati dall'elemento soggettivo della colpa, di en

trambi i conducenti dei due veicoli scontratisi, anche se uno solo

di essi sia la persona danneggiata. E presunzione fino a prova contraria (iuris tantum): superabile soltanto dalla prova che uno

dei conducenti fornisca che lo scontro è ricollegabile al solo com

portamento colposo dell'altro conducente e che egli ha fatto tut

to il possibile per evitare il verificarsi dell'evento dannoso.

La presunzione, cosi precisata, va applicata anche all'ipotesi di tamponamento a catena di autoveicoli in movimento, ma limi

tatamente agli autoveicoli intermedi, con esclusione del primo au

toveicolo della colonna (tamponato dal secondo autoveicolo, a

carico del cui conducente è la presunzione di non aver osservato

la distanza di sicurezza) e dell'ultimo autoveicolo (tamponante il penultimo autoveicolo, e, ovviamente, non tamponato, essendo

la detta presunzione a carico del suo conducente). E va applicata

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

nei rapporti tra i due conducenti di ogni coppia di autoveicoli

tamponati e tamponanti. In ciascuno di tali rapporti si presume, salva la prova contraria avente il detto contenuto, che lo scontro

(tamponamento) è stato causato, in egual misura, dai comporta menti colposi di entrambi i conducenti; anche se uno solo di essi

(e/o l'autoveicolo da lui condotto) abbia riportato danno, aven

dosi in tal caso concorso di colpa del danneggiato. Il detto principio di diritto, cosi analiticamente precisato, la

corte di Bologna ha applicato nella fattispecie concreta in esame,

nel rapporto tra l'Alberti e la soc. Miodini, proprietari di due

autoveicoli intermedi nella colonna di autoveicoli in movimento

tutti tamponatisi: ha applicato la presunzione di cui al 2° comma

dell'art. 2054 c.c. perché né l'Alberti né la soc. Miodini avevano

fornito la prova, liberatoria dalla presunzione a carico di ciascu

no di essi, che il tamponamento dei rispettivi autoveicoli era da

ricollegare esclusivamente al comportamento colposo di uno dei

due conducenti. Né rileva che, come sostiene l'odierno ricorrente

Alberti, essendo avvenuto il tamponamento, era a carico del Bian

chi, conducente del Leoncino di proprietà della s.n.c. Miodini, la presunzione di inosservanza della distanza di sicurezza, perché

egli, a sua volta, aveva tamponato l'autotreno che lo precedeva nella colonna (senza che fosse stato provato se, come sosteneva

no rispettivamente le parti, il Tigrotto guidato dall'Alberti avesse

già violentemente tamponato l'autotreno che lo precedeva prima

di venire tamponato dal Leoncino guidato dal Bianchi, essendo

state quindi cagionate da tale tamponamento le lesioni riportate

dall'Alberti, oppure se questi avesse tempestivamente arrestato

il suo autoveicolo, il quale, per il tamponamento subito da parte del Leoncino, sospinto in avanti, avrebbe tamponato l'autotreno

che lo precedeva), essendo quindi anche a carico dell'Alberti la

presunzione di inosservanza della distanza di sicurezza. (Omissis)

II

Svolgimento del processo. — Con atto di citazione notificato

il 26 ed il 27 maggio 1982, nonché il 27 settembre 1982, Foroni

Maurizio conveniva in giudizio Torlai Paolo, la soc. Robert Bosch

e la Sun Insurance Office Limited, per sentire dichiarare il primo

responsabile dell'incidente stradale avvenuto il 18 luglio 1981 al

casello autostradale di Pescara (tra la sua auto BMW tg.

MO/519758 e la Fiat 127 tg. MI/46581D di proprietà della soc.

Robert Bosch condotta dal Torlai) con la conseguente condanna

in solido dei convenuti al risarcimento dei danni nella misura di

389.850 lire, oltre fermo tecnico, svalutazione commerciale, inte

ressi e rivalutazione monetaria. Con vittoria di spese. A sostegno

della domanda assumeva che la propria BMW, ferma al casello

autostradale, era stata tamponata dalla Fiat 127.

Costituitisi ritualmente in giudizio i convenuti contestavano l'av

versa pretesa deducendo che nell'occasione si era verificato un

tamponamento a catena tra cinque mezzi e che causa unica di

tutti i tamponamenti era stato il violento urto provocato dall'au

tocarro Fiat 691 tg. BA/356510 di proprietà di tale Oronzo Mar

zio che era piombato sul quarto veicolo della fila ferma, il quale a sua volta aveva spinto il terzo che era andato a tamponare il secondo che aveva urtato cosi il primo del Foroni. Precisavano

poi che la s.p.a. Robert Bosch non era la proprietaria della Fiat

127 (che era di proprietà dello stesso conducente Torlai) ma solo

contraente della polizza di assicurazione cumulativa per tutti i

suoi dipendenti (compreso il Torlai). Concludevano quindi per

la estromissione della stessa s.p.a. Robert Bosch dal giudizio e

per l'assoluzione del Torlai e della Sun Insurance Office Ltd.

da tutte le domande attrice per essere esclusivo responsabile il

terzo Oronzo Marzio. Previa autorizzazione, chiamavano in cau

sa il predetto Marzio con atto di citazione notificato il 14 feb

braio 1982, il commissario liquidatore della compagnia di assicu

razioni Euroloyd e la società italiana Assicurazione danni s.p.a.,

entrambi con atto di citazione notificato il 4 settembre 1984, e

concludevano affinché, accertata l'esclusiva responsabilità del Mar

zio e della compagnia «Euroloyd» in liquidazione, questi ultimi

fossero condannati in solido «... a tenere manlevati ed indenni

i convenuti Torlai Paolo e la Sun Insurance Office Limited da

tutte le domande avanzate dal Foroni . . .». Nessuna conclusione

veniva invece assunta nei confronti della società italiana Assicu

razione danni s.p.a. Spese rifuse.

Il Foro Italiano — 1988.

Oronzo Marzio, nonostante la regolare notifica della citazione

non si costituiva in giudizio per cui, non essendo ciò stato fatto

in fase di trattazione, lo si dichiara ora contumace.

Non si costituiva neppure la compagnia di assicurazione Euro

loyd in persona del suo commissario liquidatore e anch'essa veni

va pertanto dichiarata contumace. La s.p.a. società italiana Assi

curazione danni, costituitasi invece ritualmente, eccepiva di esse

re stata convenuta in giudizio in proprio e non per conto

dell'Ina-fondo di garanzia vittime della strada. Pertanto conclu

deva per la dichiarazione del proprio difetto di legittimazione pas

siva, con il favore delle spese. I convenuti chiedevano allora di poter rinotificare la citazione

all'Ina-fondo di garanzia ma, nonostante fossero stati a ciò auto

rizzati, non eseguivano poi la richiesta vocatio in ius. (Omissis) Motivi della decisione. — Si può dire accertata in punto di

fatto la esclusiva responsabilità di Marzio Oronzo nella causazio

ne del tamponamento a catena in questione. Infatti dal rapporto in atti, dalle dichiarazioni dei conducenti dei veicoli coinvolti e

del conducente dello stesso autotreno di proprietà di Marzio. È

emerso che il predetto autotreno ha tamponato l'ultimo veicolo

di una «colonna ferma» di auto che si urtavano cosi a vicenda.

Ne deriva, in punto di diritto, l'applicazione del principio causa

causae est causa causati per il quale, nei cosiddetti urti a catena,

qualora tutti gli urti successivi prendano origine da un primo, la responsabilità andrà riferita al soggetto che li ha determinati

(tranne ovviamente il caso di interruzione del nesso causale). Ci

si limita a ricordare in proposito tra le tante una sola massima

della Suprema corte (Cass. 18 ottobre 1960, n. 2813, Foro it.,

Rep. 1960, voce Circolazione stradale, n. 262): «. . . nel caso di

scontri successivi tra veicoli facenti parte di una colonna in sosta

per effetto del tamponamento, da parte dell'ultimo veicolo di quel lo antistante e del conseguente urto a catena, il conducende del

l'ultimo veicolo, quale unico responsabile delle varie collisioni, è tenuto al risarcimento dei danni subiti da uno dei veicoli inter

medi e dal relativo conducente, ancorché non si sia materialmen

te scontrato col veicolo stesso . . .». Nello stesso senso confr.

Cass. 13 febbraio 1970, n. 35$ (id., Rep. 1970, voce cit., n. 276).

Pertanto, nel caso di specie, anche il danno sofferto dalla BMW

nella parte posteriore non va ascritto ai convenuti ma al terzo

chiamato Marzio Oronzo.

La conseguenza di ciò sull'esito complessivo della causa, oltre

che per le ragioni che si diranno, e tenuto conto delle conclusioni

finali del Foroni, sta innanzitutto nell'accoglimento della doman

da attorea alternativa di condanna del Marzio, con assoluzione

dei convenuti Torlai e Sun Insurance Office Ltd. in quanto non

responsabili dell'evento per essere appunto responsabile esclusivo

il terzo. La domanda dell'attore nei confronti della soc. Robert

Bosch va invece rigettata sotto altro profilo e cioè nel senso che

la mancanza di responsabilità è qui strettamente collegata, prima

ancora che alle risultanze processuali sulla dinamica del sinistro

alla mancanza stessa della qualità di proprietaria del mezzo in

capo alla predetta società. È ovvio che di fronte alla specifica difesa della convenuta sul punto, spettava all'attore Foroni (in base agli ordinari criteri sull'onere della prova fissati dall'art. 2697

c.c.) dimostrare le circostanze relative alla individuazione della

medesima società come uno dei soggetti passivi del rapporto de

dotto in causa. Ora, non solo ciò non è avvenuto, ma risulta

al contrario ex actis, e cioè dal rapporto redatto dalla polizia

stradale, che l'autovettura Fiat 127 condotta dal Torlai era di

proprietà dello stesso. Con la conseguenza già detta che, non trat

tandosi nella specie di questione di legittimazione passiva ma d'er

rata identificazione e indicazione di uno dei supposti responsabi

li, s'impone per le predette considerazioni il rigetto nel merito

della pretesa avanzata.

La prosecuzione della esposizione delle ragioni della presente

decisione nel suo complesso (come si anticipava poc'anzi) impone

a questo punto l'esame e la qualificazione della domanda avanza

ta dai convenuti, nei confronti del Marzio stesso, della compa

gnia di assicurazioni Euroloyd in persona del commissario liqui

datore e della Siad s.p.a., a mezzo della chiamata in causa effet

tuata ai sensi dell'art. 106 c.p.c. I chiamanti, dopo aver premesso che il lamentato incidente era dovuto esclusivamente a fatto e

colpa di un terzo, hanno chiesto di chiamare in causa quest'ulti mo con la sua compagnia assicuratrice ed hanno concluso per la loro condanna ad essere tenuti manlevati ed indenni dalle do

mande attoree. Va osservato preliminarmente che la man

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2279 PARTE PRIMA 2280

canza di conclusioni specifiche nei confronti della Siad s.p.a. è, con ogni evidenza, da attribuirsi certamente ad una mera omis

sione materiale frutto di disattenzione si che, per implicito, esse

possono ritenersi come le stesse assunte avverso gli altri due chia

mati in causa (del resto è poi discutibile un eventuale interesse

della stessa Siad ad una tale eccezione nel senso evidenziato dalle

sezioni unite della Cassazione con sentenza del 4 luglio 1985, n.

4042, id., 1985, I, 3128, in un processo riguardante peraltro pro

prio tale società). Ciò posto, e riprendendo il discorso interrotto,

va detto che, se alla chiamata in causa in questione deve essere

dato un senso, la domanda in essa contenuta non può essere cer

to di manleva o garanzia impropria. È noto, infatti, che la man

leva è tra l'altro l'oggetto del contratto di assicurazione nel signi

ficato che oggetto del contratto in parola è la «manleva» dell'as

sicuratore nei confronti dell'assicurato per le turbative del suo

patrimonio da parte di eventuali danneggiami, con la conseguen za che non è titolare della stessa manleva il terzo estraneo al

rapporto. Né si può parlare in questo caso di garanzia al risarci

mento del danno per il caso di soccombenza eventuale: è evidente

che un risarcimento ai convenuti, per quanto questi fossero stati

tenuti a pagare nei confronti dell'attore, non è ipotizzabile se

si pensa che, a monte di una eventuale condanna degli stessi con

venuti verso il Foroni, doveva esservi il presupposto dell'accerta

mento della loro responsabilità, esclusiva o concorrente, per la

quale gli stessi convenuti ovviamente non avrebbero potuto pre tendere nulla da altri. In altre parole i convenuti hanno posto il problema in termini di responsabilità alternativa (con conse

guenziale ipotesi di legittimazione alternativa) nei confronti del

l'attore, e nulla per proprio conto hanno lamentato e vantato

verso i chiamati. Si deve allora concludere che i convenuti hanno

chiamato in giudizio i terzi, non al fine di far valere un rapporto di garanzia (inesistente) nei loro confronti, bensì' al fine più limi

tato della propria liberazione conseguente alla individuazione di

costoro quali unici responsabili dell'evento e pertanto diretti ob

bligati in ordine alla pretesa attrice. Ma una domanda di rivalsa

non può che riguardare un eventuale rapporto interno (si ripete

più inesistente) tra chiamante e chiamato e non certo il diverso

rapporto esterno intercorrente tra danneggiato e responsabile (cfr.,

indirettamente, Cass. 10 gennaio 1983, n. 163, id., Rep. 1983, voce Appello civile, n. 37). Se tutto quanto precede, come ritiene

questo giudicante, è esatto ne deriva che la domanda contenuta

nell'atto di chiamata, se non proprio come semplice litis denun

tiatio, può essere interpretata e qualificata come domanda di ac

certamento rivolta ad ottenere la dichiarazione di responsabilità dei terzi chiamati nella causazione del sinistro al fine della pro

pria liberazione.

Prima di procedere sulle conseguenze di tale qualificazione, va

però esaminata l'eccezione di difetto di legittimazione passiva spie

gata dalla s.p.a. Siad, sulla base di un certo orientamento giuris

prudenziale della Cassazione, per essere stata — a suo dire —

chiamata in giudizio in proprio mentre chiaramente l'art. 4 d.l.

26 settembre 1978 n. 576 (convertito in 1. 738/78) individua il

soggetto passivo dell'azione risarcitoria dell'Ina-fondo di garan zia vittime della strada. Per quello che può valere in ordine alle

conseguenze pratiche della decisione derivanti dalla qualificazio ne sopra data della domanda contenuta nell'atto di chiamata, e quindi, come si vedrà, ai soli fini processuali, va detto che l'ec

cezione non appare fondata e deve essere disattesa. Non certo

perché il principio di diritto delle sentenze richiamate dalla parte non sia condiviso, ma per l'altrettanto valido principio, enuncia

to dalle sezioni unite nella già ricordata sentenza del 4 luglio 1985, n. 4042, cit., per il quale ai fini della «... individuazione del rapporto di rappresentanza non è necesario l'uso di formule sa

cramentali, dovendosi tenere conto dell'effettiva volontà della parte

attrice, purché riconoscibile alla luce del principio di buona fe

de . . .». E quale sia stata nel caso concreto l'effettiva volontà

dei chiamanti la si ricava dalla premessa alla citazione della Siad

s.p.a. laddove si parla di «commissario liquidatore» e di «società

di assicurazione designata per la gestione del sinistro», si che una

chiamata in proprio della stessa Siad s.p.a. avrebbe contrastato

la premessa medesima per la quale era stata effettuata la sua ci

tazione.

Sgombrato il campo dalla eccezione di cui sopra, va ora preci sato che per ogni sinistro stradale vanno individuati due possibili

tipi di responsabilità. Vi è la responsabilità dell'autore del fatto

Il Foro Italiano — 1988.

(anche per via mediata, come nel caso del proprietario non con

ducente) e la responsabilità contrattuale della società assicuratri

ce. Ebbene mentre si può ipotizzare l'interesse di un terzo non

danneggiato a chiamare in causa l'autore del fatto per sentirlo

dichiarare responsabile al suo posto, manca tale interesse in capo allo stesso terzo non danneggiato relativamente all'istituto assicu

ratore. Infatti è solo il danneggiato che ai sensi dell'art. 18 1.

990/69 ha azione nei confronti dall'assicuratore, mentre se ci si

vuole discolpare perché erroneamente indicati da alcuno come au

tori di un sinistro, basterà indicare il vero responsabile dell'even

to non avendo senso scomodare per ciò solo la sua assicurazione.

Sulla base di tali principi si deve dedurre che, nella fattispecie, i convenuti avevano interesse ad agire (con relativa legittimazione

attiva) nei soli confronti di Marzio Oronzo indicato come respon sabile unico del tamponamento in questione.

Gli stessi non avevano, invece, lo stesso interesse ad agire (con relativa legittimazione attiva) nei confronti della compagnia assi

curatrice in liquidazione di quest'ultimo e della compagnia ces

sionaria rappresentante dell'Ina-fondo garanzia, non avendo in

questa sede richiesto alcuno autonomo risarcimento dei propri danni. Per converso le predette due compagnie assicurative erano

passivamente legittimate per responsabilità contrattuale solamen

te verso l'attore danneggiato. Ed essendo, come è noto, la pre senza dell'interesse ad agire (e della derivante legittimazione) con

dizione di ammissibilità del provvedimento sulla domanda o con

dizione dell'azione, si deve concludere per la inammissibilità della

domanda di accertamento proposta dai convenuti nei confronti

della compagnia di assicurazioni Euroloyd in liquidazione e della

Siad s.p.a. La domanda di dichiarazione di responsabilità del Marzio è

invece fondata, ma resta assorbita nella regolamentazione diretta

già effettuata del rapporto attore Foroni-terzo chiamato Marzio.

Sulla quantificazione del danno sofferto dal Foroni si può af

fermare che lo stesso, tenuto conto della fattura in atti n. 109

del 30 luglio 1981 non contestata da alcuna parte, può ritenersi

accertato in 389.850 lire più 8.000 lire quale somma che si stima

equo liquidare per un presumibile giorno di fermo tecnico. Trat

tandosi nella specie di tipica obbligazione di valore, che non mu

ta tale natura neppure per eventuali esborsi anticipatori da parte del danneggiato (Cass., sez. un., 9 febbraio 1978, n. 57, id., 1978,

I, 336), l'importo complessivo di cui sopra (397.850 lire) va riva

lutato dal fatto (18 luglio 1981) al saldo effettivo con l'ausilio

equitativo degli indici Istat prezzi-consumo famiglie operai ed im

piegati provincia di Modena. Sulla intera somma rivalutata, e

dalla stessa data, decorrendo gli interessi legali di natura com

pensativa. (Omissis)

CORTE DI CASSAZIONE; sezioni unite civili; sentenza 13 apri le 1988, n. 2925; Pres. Brancaccio, Est. Taddeucci, P. M.

Caristo (conci, parz. diff.); Rosace e altri (Avv. P. Federico,

Muggia, C. M. Barone) c. Soc. Mauro; Soc. Mauro (Avv.

Pannuccio, Pennestri) c. Rosace. Cassa Trib. Reggio Cala

bria 7 marzo 1985.

Impugnazioni civili in genere — Sentenza di primo grado provvi soriamente esecutiva — Riforma in appello con sentenza non

passata in giudicato — Effetti (Cod. proc. civ., art. 336, 337; 1. 20 maggio 1970 n. 300, norme sulla tutela della libertà e

dignità dei lavoratori, della libertà sindacale e dell'attività

sindacale nei luoghi di lavoro e norme sul collocamento, art. 18).

La sentenza d'appello che riforma la sentenza di primo grado

provvisoriamente esecutiva non travolge, prima del suo passag

gio in giudicato, gli atti di esecuzione spontanea o coatta posti in essere anteriormente alla riforma, ma impedisce che sulla

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