sezione III civile; sentenza 10 maggio 1988, n. 3415; Pres. Santosuosso, Est. Schermi, P.M. DeMartini (concl. conf.); Alberti (Avv. Iannotta) c. Soc. Miodini (Avv. Angelini, Isi). ConfermaApp. Bologna 1° settembre 1982Source: Il Foro Italiano, Vol. 111, PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE(1988), pp. 2271/2272-2279/2280Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23181373 .
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2271 PARTE PRIMA 2272
il suo controvalore monetario ed imponendo ad altri di prestarsi a tanto mercé una sorta di acquisto coattivo.
In secondo luogo l'abbandono della proprietà del bene immo
bile, proprio perché di per sé incapace di approdare ad effetti
traslativi nei confronti di terzi determinati, provocherebbe quelle vacuità di assetto proprietario dante luogo, secondo la previsione
di cui all'art. 827 c.c., alla attribuzione del bene stesso al patri monio dello Stato (e non dell'ente che lo ha occupato, se diverso
dallo Stato). In terzo luogo, in tanto è possibile ricollegare una qualsiasi
conseguenza giuridica alla volontà, che il privato avrebbe mani
festato, di dismettere il diritto dominicale su di un bene, in quan
to nel momento della manifestazione non sia venuta meno la si
tuazione di soggettiva appartenenza, essendo prive di significato,
prima ancora che di effetti, la volontà di abbandono, o di rinun
zia alla rivendicazione, che avessero ad oggetto un bene alieno.
La costruzione in esame riposa, dunque, su di una premessa
(la superstite permanenza nel privato di un diritto dominicale di
tipo puramente nominale) che per quanto a suo luogo osservato
non può essere condivisa; e conduce ad una conclusione ancor
più inaccettabile: quale quella che riconnette l'acquisto della pro
prietà sul fondo utilizzato per la costruzione dell'opera pubblica e con quest'ultimo sussunto nell'ambito del regime pubblicistico
proprio dei beni demaniali o patrimoniali indisponibili, non già ad una volontà della p.a. (espressa mediante un atto di destina
zione), bensì ad una (presunta) volontà proveniente da un sogget to privato che, rispetto a quella destinazione, può rivestire posi zione passiva, di paziente e di danneggiato, non certo quella di
arbitro o di autore. (Omissisj
CORTE DI CASSAZIONE; sezione III civile; sentenza 10 mag
gio 1988, n. 3415; Pres. Santosuosso, Est. Schermi, P.M. De
Martini (conci, conf.); Alberti (Avv. Iannotta) c. Soc. Mio
dini (Aw. Angelini, Isi). Conferma App. Bologna 1° settem
bre 1982.
Circolazione stradale — Tamponamento a catena — Danni ai
veicoli intermedi — Presunzione di corresponsabilità — Fatti
specie (Cod. civ., art. 2054).
Nell'ipotesi di scontro tra veicoli, in cui non sia possibile rico
struire l'esatta dinamica del sinistro e individuare con certezza
l'atto generatore del danno, deve presumersi che tutti i condu
centi, la cui condotta colposa potrebbe aver causato tale dan
no, abbiano ugualmente concorso alla sua produzione (nella
specie, trattavasi di un tamponamento a catena in cui il condu
cente di un veicolo intermedio aveva riportato gravi danni fisici e non era stato possibile accertare in giudizio da quale tampo namento tali danni fossero stati causati). (1)
(1) La pronuncia della Cassazione verte su una controversia instaura
tasi tra i conducenti di due (dei tanti) veicoli intermedi coinvolti in un
tamponamento a catena di vaste proporzioni ed enuncia un decisum di
indubbio interesse. Si trattava, nella specie, di verificare la veridicità di due opposte «ver
sioni» circa la dinamica dell'incidente (tra autotreni), in cui il ricorrente aveva riportato rilevanti danni fisici. Il controricorrente non negava di aver tamponato, da tergo, l'automezzo dell'infortunato, ma asseriva che i danni riportati da quest'ultimo — il cui autotreno, ad incidente avvenu
to, si presentava letteralmente incastrato tra due mezzi pesanti — fossero stati causati da un precedente violento scontro di tale veicolo con quello antistante. Viceversa, il ricorrente sosteneva di essere riuscito ad arrestare in tempo utile il proprio automezzo, che sarebbe stato spinto contro quel lo antistante solo a seguito del tamponamento, da tergo, dell'autotreno condotto dal controricorrente. Non v'è chi non s'avveda come le opposte versioni conducano anche a differenti giudizi di responsabilità. Complice la fitta nebbia, nessuno aveva visto nulla, tranne, ovviamente, le parti in causa; nell'accertamento della polizia stradale si era «riconosciuto che
non esistevano elementi per stabilire» l'esatta versione dei fatti. Le stesse
risultanze istruttorie, infine, non avevano consentito di ricostruire la di
1l Foro Italiano — 1988.
II
PRETURA DI MILANO; sentenza 24 marzo 1987; Giud. Auli
sa; Foroni (Avv. Pisani) c. Torlai e altri (Avv. Monti, Scia
LANDRONE, LaURENTI).
Circolazione stradale — Tamponamento a catena — Responsabi lità (Cod. civ., art. 2043).
Nel tamponamento a catena causato da un autoveicolo, che ab
bia urtato l'ultima delle auto ferme in colonna, il conducente
del primo è responsabile nei confronti di tutti i danneggiati. (2)
I
Svolgimento del processo. — Il 1° aprile 1969, verso le ore
6,40, in territorio di Lodivecchio, sulla carreggiata nord dell'au
tostrada del sole, un autotreno Fiat 690 guidato da Primo Ca
priotti, costretto progressivamente a rallentare per la fitta neb
bia, era tamponato da un altro autotreno Fiat 690 di proprietà di Santo Bottani e guidato da Antonio Cavatorta. La motrice del
secondo autotreno usciva di strada, mentre il rimorchio era tam
namica dell'incidente e, quindi, di individuare l'atto generatore del danno
ed il responsabile. Questi i fatti. Quanto alla decisione, la corte di merito
aveva ritenuto applicabile la presunzione di pari concorso nella produzio ne del danno ex art. 2054, 2° comma, c.c., con il risultato di condannare
ciascuna parte a risarcire la metà del danno riportato dall'altra. Tale de
cisione è confermata dalla presente pronuncia del Supremo collegio, in
presenza di due «versioni» alternative, entrambe del tutto verosimili (per cui incongruo è da ritenersi il richiamo, in motivazione, a Cass. 24 gen naio 1975, n. 277, Foro it., 1975, I, 2041, dove si presunse esclusivamen
te un pari concorso di colpa in una fattispecie in cui era pacifica la dina
mica dell'incidente). Il motivo di principale interesse della sentenza è nella prospettata pos
sibilità di una duplice interpretazione della predetta norma. In grado di
appello l'attuale controricorrente aveva sostenuto che la nostra presun zione è presunzione di pari concorso colposo e trova applicazione nei
soli casi in cui sia certo l'atto che ha causato il sinistro e incerto solo
il grado di colpa attribuibile ai conducenti (per un'applicazione pratica, v. Trib. Piacenza 4 luglio 1984, id., Rep. 1985, voce Circolazione strada
le, n. 146, per esteso in Arch, circolaz., 1985, 514: «nel caso in cui non
sia possibile ricostruire l'esatta dinamica di uno scontro tra due autovei
coli, in quanto le versioni contrapposte fornite dai protagonisti hanno
riscontro nelle rispettive risultanze probatorie [nella specie: entrambi i
conducenti affermavano di essere transitati nell'area semaforizzata aven
do a proprio favore la luce verde], trova applicazione la presunzione di
pari concorso colposo ex art. 2054 c.c.»). In caso contrario — incertezza
dell'atto generatore del sinistro — non si riteneva possibile un giudizio affermativo di responsabilità perché mancherebbe la prova del nesso di
causalità tra collisione ed evento dannoso. In questa prospettiva, l'appli cabilità dell'art. 2054, 2° comma, c.c., presupporrebbe che sia certo il
comportamento, l'evento-danno e il nesso di causalità. Incerto è solo il
grado di colpa; beninteso, della particolare colpa — se proprio si vuole
adoperare questo termine (cfr., al riguardo, le osservazioni critiche di
M. Franzoni, Colpa presunta e responsabilità del debitore, Padova, 1988,
spec. 156 ss.) — di non aver fatto tutto il possibile per evitare il danno, ai sensi del 1° comma della norma in oggetto. Tale lettura dell'art. 2054, 2° comma, c.c., è stata di recente avvalorata da Cass. 25 luglio 1987, n. 6456, Foro it., Mass., 1102, a cui tenore «la sentenza penale di pro
scioglimento dell'imputato per insufficienza di prove da reati connessi
alla circolazione dei veicoli rende improponibile l'azione civile ex art. 2054
c.c., . . . quando abbia messo in dubbio ... il nesso causale tra collisio
ne e evento dannoso».
L'applicazione di tale criterio potrebbe comportare, di fatto, un arduo
onere probatorio a carico del danneggiato in tamponamenti a catena.
In tale fattispecie, infatti, i tamponamenti che coinvolgono gli autoveicoli
intermedi sono due ed è facile che il convenuto eccepisca che la causa
del danno non risiede nel «proprio» tamponamento. La tattica proces suale cui si ricorre nell'ipotesi di scontro tra due veicoli — scambiarsi
reciproche accuse di colpa — potrebbe, perciò, nella nostra fattispecie, essere estesa anche all'atto che ha causato il sinistro. Ponendosi in una
prospettiva di maggior tutela del danneggiato, la presente decisione si
pronuncia per l'applicabilità dell'art. 2054 c.c. anche quando non sia pos sibile accertare il comportamento che ha causato il danno: con la conse
guenza che, in tutti i casi in cui non sia possibile accertare l'atto genera tore del sinistro, quanti hanno subito i danni più rilevanti sarebbero in
centivati ad agire in giudizio e, limitandosi ad esporre l'avvenuto scontro,
potrebbero ottenere il risarcimento della metà dei danni. La presunzione contenuta nell'art. 2054, 2° comma, c.c. esprimerebbe, pertanto, una
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
ponato da un OM Tigrotto guidato da Angelo Alberti a sua volta
tamponato da un Leoncino guidato da Antonio Bianchi. Soprag
giunti altri tre autocarri, si verificavano ulteriori tamponamenti. Il Bianchi decedeva e l'Alberti riportava gravissime lesioni.
Antonio Cavatorta e Raffaele Mauri, quest'ultimo conducente
di uno degli autocarri sopraggiunti, venivano prosciolti dai reati
di omicidio e lesioni colpose con sentenza istruttoria 10 ottobre
1973, il primo perché il fatto non costituiva reato ed il secondo
per non aver commesso il fatto.
Con atto di citazione notificato il 26 settembre 1974 Angelo
Alberti, assumendo che egli aveva arrestato il suo autocarro in
quanto altri autotreni erano venuti a collisione ed ostruivano il
passaggio, che il suo autocarro fermo era stato violentemente tam
ponato da quello guidato da Antonio Bianchi, che a seguito del
l'urto il suo autocarro era stato spinto contro la parte posteriore del rimorchio dell'autotreno guidato da Antonio Cavatorta, che,
per effetto del tamponamento, egli aveva riportato lesioni ed il
suo autocarro era rimasto danneggiato, conveniva davanti al Tri
bunale di Parma la s.n.c. Miodini Gino e figlio, proprietaria del
(ben diversa) regola di pari concorso nella produzione del sinistro e an
drebbe applicata sol che sussista l'astratta idoneità degli atti (le opposte, non verificabili, «versioni», e cioè, nella specie: il tamponamento del vei
colo antistante da parte di quello condotto dal ricorrente ed il tampona mento di quest'ultimo veicolo da parte dell'autotreno del controricorren
te) a causare l'evento dannoso. In tale prospettiva sembrerebbero iscri
versi, ma non è dato verificarlo, trattandosi di decisioni non pubblicate, Cass. 8 agosto 1987, n. 6797, id., Mass., 1160, e 14 novembre 1986, n. 6696, id., Rep. 1986, voce cit., n. 158, a cui tenore la presunzione in oggetto si applica «nel caso in cui non sia possibile accertare in concre
to in quale misura la condotta dei due conducenti abbia cagionato l'even to dannoso».
(2) Il principio di diritto enunciato può ritenersi pacifico, quando sia
accertata, nel corso del processo, la responsabilità esclusiva del condu
cente che, tamponando l'ultima delle auto ferme in colonna, abbia pro dotto danni anche alle autovetture antistanti. È da segnalare, tuttavia,
qualche incertezza della giurisprudenza su un punto delicato: e cioè se, una volta convenuto in giudizio dal conducente di una delle auto anti
stanti non il vero responsabile, bensì colui che lo ha direttamente tampo nato e questi, a sua volta, chiami in causa il secondo, sia necessario far
precedere tale chiamata da una formale richiesta di risarcimento ai sensi
dell'art. 22 1. 24 dicembre 1969 n. 990. La Suprema corte è per la tesi
negativa. La citata norma è infatti reputata far esclusivo riferimento al
l'azione risarcitoria proposta dall'attore: cfr. sent. 13 ottobre 1986, n.
5996, Foro it., Rep. 1986, voce Assicurazione (contratto), n. 144; 7 gen naio 1981, n. 121, id., Rep. 1981, voce cit., n. 296, nonché App. Torino
15 gennaio 1982, id., Rep. 1983, voce cit., n. 298, per esteso in Riv.
giur. circolaz. e trasp., 1983, 516, con nota di G. Fioravanti, Brevi note
sull'applicabilità dell'art. 22 I. n. 990 de! 1969 nell'ipotesi di chiamata
di terzo in causa. Contra, però, App. Milano 23 luglio 1982, Foro it.,
Rep. 1983, voce cit., n. 299; Trib. Monza 14 maggio 1982, id., 1983,
I, 216, e Trib. Monza 8 giugno 1981, id., Rep. 1982, voce cit., n. 261.
A detta della penultima decisione occorre peraltro distinguere tra l'ipotesi in cui la chiamata in causa del convenuto abbia «lo scopo di ottenere
il rigetto della domanda principale (sul presupposto dell'assoluta inesi stenza di una propria responsabilità)», nel qual caso non sarebbe necessa
rio adempiere alle formalità della norma in oggetto, dall'ipotesi che il
convenuto voglia piuttosto «conseguire un titolo che lo legittimi ad agire in regresso ex art. 2055 c.c. contro il terzo sul presupposto di una sua
concorsuale responsabilità». Quanto all'attore, invece, egli dovrà assolvere all'onere imposto dal
l'art. 22 nei confronti dei terzi chiamati in causa dal convenuto solo quando intenda estendere anche contro questi ultimi la domanda di risarcimento:
cosi, Cass. 27 ottobre 1982, n. 5626, id., 1983, I, 687, e, implicitamente, Trib. Monza 14 maggio 1982, cit., a cui parere l'attore, se intende conti
nuare ad avanzare la pretesa risarcitoria nei confronti del solo convenu
to, non deve assolvere all'onere ex art. 22. Da segnalare, infine, per la
peculiarità della decisione, App. Torino 15 gennaio 1982, cit., che, pur in mancanza di alcuna richiesta preventiva di risarcimento, ha ritenuto
ammissibile la domanda attorea, con cui si chiedeva l'estensione della
domanda originaria nei confronti del terzo chiamato in causa del conve
nuto, in quanto, nella specie, era stato provato che l'assicuratore del ter
zo ebbe tempestivamente «notizia» del sinistro. In dottrina, v. in tema
C. Caianiello, Profili di inammissibilità e di improponibilità della chia
mata in causa del terzo responsabile, in Dir. e pratica assic., 1983, 17, e F. Peccenini, La responsabilità civile per la circolazione dei veicoli, in La responsabilità civile a cura di G. Alpa e M. Bessone, II, t. 2°, in Giur. sist. dir. civ. e comm., fondata da W. Bigiavi, Torino, 1987, 685 s., ove si riporta la convenzione Ania sulla liquidazione dei danni
per i tamponamenti multipli ed a catena. [O. Troiano]
Il Foro Italiano — 1988.
l'autocarro guidato dal Bianchi, chiedendone la condanna al ri
sarcimento dei danni patrimoniali e non patrimoniali. La soc. Miodini, costituitasi, contestava la fondatezza della do
manda assumendo che il Leoncino condotto dal Bianchi aveva
colliso contro il Tigrotto condotto dall'Alberti dopo che questo aveva già violentemente tamponato l'autotreno Fiat 690 di pro
prietà del Bottani e condotto dal Cavatorta. Autorizzata dal giu dice istruttore, chiamava in causa costoro, i quali, costituitisi, a loro volta proponevano domanda riconvenzionale.
L'adito tribunale, con sentenza 29 gennaio 1979, condannava
la soc. Miodini a pagare all'Alberti, a titolo di risarcimento della
metà dei danni da questi riportati, la somma di lire 77.394.300
con gli interessi legali, nonché a rimborsare allo stesso le spese del giudizio, e condannava l'Alberti e la soc. Miodini in solido — nei rapporti interni in ragione di metà ciascuno — a pagare al Bottani, a titolo di risarcimento della metà dei danni da questi
riportati, la somma di lire 11.511.250, con gli interessi legali, non
ché a rimborsare in solido — nella stessa proporzione nei rappor ti interni — ai chiamati in causa le spese del giudizio.
La soc. Miodini proponeva appello. L'Alberti proponeva ap
pello incidentale. Il Bottani ed il Cavatorta chiedevano la confer
ma della sentenza impugnata. Interveniva l'Inail chiedendo la con
danna della soc. Miodini al pagamento di quanto erogato da esso
istituto a favore dell'Alberti.
In corso di causa la soc. Miodini pagava all'Alberti la somma
di lire 87.374.745. La Corte d'appello di Bologna con sentenza 1° settembre 1982,
in parziale riforma dell'impugnata pronuncia, determinava, tenu
to conto della surrogazione esercitata dall'Inail, il complessivo credito dell'Alberti verso la soc. Miodini in lire 54.989.668, oltre
gli interessi legali con varie decorrenze, rigettava la domanda pro
posta dal Bottani contro la soc. Miodini e contro l'Alberti, di
chiarava interamente compensate le spese di lite tra la soc. Mio
dini ed il Bottani, dichiarava compensate le spese del giudizio di primo grado tra il Bottani e l'Alberti, condannava la soc. Mio
dini a rimborsare all'Alberti metà delle spese del giudizio di ap
pello dichiarando compensata l'altra metà, condannava il Bottani
a rimborsare all'Alberti un quarto delle spese del giudizio di ap
pello dichiarando compensati gli altri tre quarti. La Corte di Bologna rilevava che la polizia stradale, la quale
aveva avuto visione diretta della situazione poco dopo la serie
di incidenti ed aveva raccolto le immediate dichiarazioni degli
interessati, aveva riconosciuto che non esistevano elementi per stabilire se l'autocarro dell'Alberti avesse tamponato il rimorchio
dell'autotreno del Cavatorta per proprio conto o perché a sua
volta tamponato dall'autocarro del Bianchi. Riteneva, pertanto,
che, nel rapporto Alberti-Miodini, dovesse essere confermata,
quanto a responsabilità, la statuizione del tribunale, che aveva
fatto richiamo alla presunzione di colpa di cui all'art. 2054, 2°
comma, c.c.
Tuttavia la corte si dava carico dell'assunto della soc. Miodini,
la quale aveva impostato il problema in termini di causalità rile
vando che in tanto si può fare riferimento alla presunzione di
colpa in quanto si dimostri il nesso tra il fatto e la condotta
(la soc. Miodini sosteneva che il Tigrotto dell'Alberti aveva già violentemente tamponato l'autotreno del Bottani prima di venire
tamponato dal Leoncino del Bianchi, per cui l'Alberti si era ca
gionato le lesioni con il detto autonomo tamponamento; l'Alber
ti, invece, sosteneva che egli era riuscito tempestivamente ad ar
restarsi sicché solo al tamponamento da parte del Leoncino era
dovuto il fatto che il suo Tigrotto era stato sbalzato contro l'au
totreno Fiat 690, tamponandolo a sua volta). Asseriva di rendersi
conto della complessità del problema sul piano della causalità
sorgente qualora non si sia in presenza di un singolo fatto e di
un singolo evento, ma, come nella specie, risulti impossibile di
stinguere anche cronologicamente un episodio dall'altro ed una
serie causale dall'altra, essendo il danno di un soggetto in astrat
to riferibile, come possibilità, a più cause che potrebbero anche
essere autonome e porsi in alternativa una dell'altra. Riteneva,
al riguardo, di poter affermare che, in presenza di più cause con
correnti, ciascuna in concreto idonea a determinare in tutto od
in parte l'evento, che a ciascuna potrebbe quindi essere rapporta
to come a causa unica, tutti gli autori delle condotte sono da
ritenere responsabili, per quote interne presumibilmente uguali,
dovendo l'unicità del fatto illecito, sul quale si fonda la responsa
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2275 PARTE PRIMA 2276
bilità solidale di cui all'art. 2055 c.c., essere riferita unicamente
al danneggiato e non dovendo essere intesa come identità delle
azioni dei danneggiami. Ed osservava che, una delle serie causali
sia, anche soltanto potenzialmente, attribuibile al leso, il criterio
resta ugualmente applicabile, restando identica, dal punto di vi
sta causale, l'incidenza delle condotte, chiunque ne sia l'autore,
per cui al leso spetta il risarcimento con detrazione della quota,
pur essa uguale, ascrivibile alla sua responsabilità, da ritenere
allo stesso titolo al quale viene addebitato agli altri (possibili)
compartecipi alla determinazione dell'evento. Considerava che,
pertanto, nella specie, poiché l'azione del Bianchi era in concreto
idonea a provocare il danno (e segnatamente quello alla persona)
dell'Alberti, che dal tamponamento poteva essere stato proiettato contro il rimorchio del Fiat 690, non giovava alla soc. Miodini, una volta che era pacifica la circostanza di tale tamponamento,
prospettare la mera possibilità che l'Alberti si fosse già infortu
nato, restando il Bianchi corresponsabile del fatto, inteso nell'ac
cezione civilistica.
La corte osservava che diversamente si sarebbe dovuto ritenere
sul piano penale, in cui alla certezza della condotta colposa del
Bianchi (insita nel fatto del tamponamento che rilevava non tan
to l'inosservanza della distanza di sicurezza, quanto il procedere a velocità superiore e quella che la visibilità consentiva) non face
va riscontro che proprio da tale condotta fossero derivate, o fos
sero derivate tutte e nella loro gravità, le lesioni dell'Alberti. Da
ciò faceva derivare l'impossibilità di considerare il fatto come
reato e, quindi di accordare all'Alberti il risarcimento dei danni
non patrimoniali. Infine la corte liquidava, tenuto conto della surrogazione eser
citata dall'Inail, il danno per invalidità temporanea ed invalidità
permanente, il danno alla vita di relazione — consistente in ciò,
che, prima dell'incidente, l'Alberti, oltre a guidare in proprio un
autocarro, disponeva di altri due veicoli ed era quindi titolare
di una piccola azienda di autotrasporti, venuta meno, quando,
dopo l'incidente, egli, per le lesioni subite, non era stato più in
grado di guidare un automezzo — e il danno per spese erogate. Avverso questa sentenza l'Alberti ha proposto ricorso per cas
sazione deducendo tre motivi. La soc. Miodini resiste con contro
ricorso. Il Bottani ed il Cavatorta non si sono costituiti. Le parti costituite hanno depositato memoria.
Motivi della decisione. — Con il primo motivo il ricorrente, denunciando violazione e falsa applicazione degli art. 2055 e 2054
c.c. e dell'art. 107, 1° comma, cod. stradale (d.p.r. 15 giugno 1959 n. 393) nonché omessa, insufficiente e contraddittoria moti
vazione circa un punto decisivo della controversia in relazione
all'art. 360, nn. 3 e 5, c.p.c., lamenta che la corte di Bologna:
a) abbia erroneamente fatto riferimento all'art. 2055 c.c., che
riguarda l'ipotesi che vi sia un terzo danneggiato da un fatto im
putabile a più soggetti, dei quali dispone la responsabilità solida
le; b) abbia erroneamente fatto riferimento all'art. 2054 c.c. ed
alla relativa presunzione che, peraltro, non è circoscritta alla col
pa, ma riguarda la condotta pregiudizievole; c) non abbia consi
derato che, essendo dato incontestabile il tamponamento dell'au
tocarro di Alberti da parte di quello della soc. Miodini, vi era
la prova della violazione dell'art. 107, 1° comma, cod. stradale
da parte dell'autista dell'autocarro di detta società, con l'ulterio
re presunzione di inosservanza della distanza di sicurezza, il che
era sufficiente a rendere inoperante la presunzione di cui al 2°
comma dell'art. 2054 c.c., con il conseguente onere a carico della
soc. Miodini di fornire la prova liberatoria che il mancato arresto
dell'autocarro di sua proprietà era stato determinato da cause
non imputabili dall'autista dello stesso.
Il motivo è infondato. Soltanto nel corso dell'argomentazione, ed incidentalmente, la corte di Bologna ha fatto riferimento al
l'art. 2055 c.c., il cui 1° comma prevede l'ipotesi che più perso
ne, con un unico comportamento commissivo ed omissivo, co
mune a tutte o con più distinti comportamenti a ciascun di esse
imputabili, cagionino un unico evento dannoso per una terza per
sona, ed a tale ipotesi ricollega l'obbligazione solidale, di tutti
gli autori dell'unico e dei più distinti comportamenti, di risarci
mento del danno nei confronti del terzo; ipotesi, questa, non ve
rificatasi nella fattispecie concreta in esame, consistente nel tam
ponamento a catena di autoveicoli in movimento. Nell'esame di
tale fattispecie concreta, la linea argomentativa che struttura la
motivazione della sentenza impugnata è incentrata nella configu rabilità o meno, in siffatta ipotesi, della presunzione di colpa
Il Foro Italiano — 1988.
dei conducenti di due autoveicoli, intermedi, nella colonna tra
i quali si è verificato uno dei tamponamenti, superabile soltanto
dalla prova che uno di essi abbia fornito della colpa esclusiva
dell'altro, avendo egli, a sua volta, fatto tutto il possibile per evitare il danno: presunzione che è quella di cui al 2° comma
dell'art. 2054 c.c.
La corte di Bologna si è posta, appunto, questo problema, sol
lecitata dalla soc. Miodini, la quale, sotto il profilo della causali
tà, sosteneva che per poter applicare la presunzione di colpa a
carico del conducente dell'autoveicolo di sua proprietà sarebbe
stato necessario dimostrare il nesso eziologico tra l'evento danno
so e la condotta di detto conducente; e di tale problema ha rile
vato la complessità, trattandosi non di un unico fatto e di un
unico evento, ma di più fatti distinti ciascuno dei quali poteva, in astratto, essere in relazione causale con l'evento dannoso. Pro
blema, questo, che, con articolata argomentazione logico-giuridica, ha risolto nel senso dell'applicabilità della presunzione.
Tale soluzione del problema è già nella giurisprudenza di que sta Suprema corte, ove, con la sentenza 24 gennaio 1975, n. 277
(Foro it., 1975, I, 2041), è stato enunciato il principio di diritto
che, nel tamponamento a catena di autoveicoli in movimento, trova applicazione il 2° comma dell'art. 2054 c.c., che stabilisce
una presunzione di colpa a carico di entrambi i conducenti, qua lora non sia fornita da essi la prova liberatoria. Principio di dirit
to, questo, che il collegio ritiene di ribadire, precisando che la
presunzione, a carico di ciascuno dei conducenti, è di avere tenu
to una condotta di guida, colposa, in rapporto eziologico con
l'evento dannoso, causato, quindi, dai due concorrenti compor tamenti colposi presunti. La fattispecie astratta della responsabi lità extracontrattuale, quale configurata, in via generale, nell'art.
2043 c.c., è composta da una pluralità di elementi posti rispetti vamente in relazione eziologica tra loro. Un comportamento com
missivo od omissivo, di una persona, qualificato dall'elemento
soggettivo del dolo o della colpa, produttivo di un evento, con
il quale è, quindi, in rapporto, di causalità; il quale evento, a
sua volta, è produttivo, e quindi causa, di un danno ad una terza
persona. Sono ipotizzabili, poi, più comportamenti, ciascuno di
una diversa persona, tutti produttivi dell'evento causativo del dan
no al terzo. Ed è ipotizzabile che l'evento causativo del danno
sia ricollegato, in relazione concausale, al comportamento di una
persona ed al comportamento dello stesso danneggiato. La norma di cui al 2° comma dell'art. 2054 c.c. cosi dispone:
«Nel caso di scontro tra veicoli si presume, fino a prova contra
ria, che ciascuno dei conducenti abbia concorso ugualmente a
produrre il danno subito dai singoli veicoli» (nonché dalle perso ne che vi si trovano).
La norma ipotizza, nella fattispecie astratta tipizzata, lo «con
tro tra veicoli»: che è urto, collisione, in qualunque modo e posi zione avvenuta; e quindi anche tamponamento, cioè urto verifi
catosi tra la parte anteriore di un veicolo e la parte posteriore di altro veicolo. «Scontro tra veicoli» che, nella complessa fatti
specie di responsabilità extracontrattuale, è l'evento; il quale è
ricollegato, in relazione causale, ad uno o più comportamenti, ed è causa del danno.
Ipotizzato lo «scontro tra veicoli», che è l'evento, causativo
del danno, la norma ricollega ad esso una presunzione, salva pro va contraria: «che ciascuno dei conducenti abbia concorso a pro durre il danno dei singoli veicoli».
Presunzione, che partendo dall'evento «scontro tra veicoli», fatto
noto, risale ai comportamenti, fatti ignoti, che hanno causato
l'evento; causa presunta dell'evento sono, in egual misura, i com
portamenti, qualificati dall'elemento soggettivo della colpa, di en
trambi i conducenti dei due veicoli scontratisi, anche se uno solo
di essi sia la persona danneggiata. E presunzione fino a prova contraria (iuris tantum): superabile soltanto dalla prova che uno
dei conducenti fornisca che lo scontro è ricollegabile al solo com
portamento colposo dell'altro conducente e che egli ha fatto tut
to il possibile per evitare il verificarsi dell'evento dannoso.
La presunzione, cosi precisata, va applicata anche all'ipotesi di tamponamento a catena di autoveicoli in movimento, ma limi
tatamente agli autoveicoli intermedi, con esclusione del primo au
toveicolo della colonna (tamponato dal secondo autoveicolo, a
carico del cui conducente è la presunzione di non aver osservato
la distanza di sicurezza) e dell'ultimo autoveicolo (tamponante il penultimo autoveicolo, e, ovviamente, non tamponato, essendo
la detta presunzione a carico del suo conducente). E va applicata
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
nei rapporti tra i due conducenti di ogni coppia di autoveicoli
tamponati e tamponanti. In ciascuno di tali rapporti si presume, salva la prova contraria avente il detto contenuto, che lo scontro
(tamponamento) è stato causato, in egual misura, dai comporta menti colposi di entrambi i conducenti; anche se uno solo di essi
(e/o l'autoveicolo da lui condotto) abbia riportato danno, aven
dosi in tal caso concorso di colpa del danneggiato. Il detto principio di diritto, cosi analiticamente precisato, la
corte di Bologna ha applicato nella fattispecie concreta in esame,
nel rapporto tra l'Alberti e la soc. Miodini, proprietari di due
autoveicoli intermedi nella colonna di autoveicoli in movimento
tutti tamponatisi: ha applicato la presunzione di cui al 2° comma
dell'art. 2054 c.c. perché né l'Alberti né la soc. Miodini avevano
fornito la prova, liberatoria dalla presunzione a carico di ciascu
no di essi, che il tamponamento dei rispettivi autoveicoli era da
ricollegare esclusivamente al comportamento colposo di uno dei
due conducenti. Né rileva che, come sostiene l'odierno ricorrente
Alberti, essendo avvenuto il tamponamento, era a carico del Bian
chi, conducente del Leoncino di proprietà della s.n.c. Miodini, la presunzione di inosservanza della distanza di sicurezza, perché
egli, a sua volta, aveva tamponato l'autotreno che lo precedeva nella colonna (senza che fosse stato provato se, come sosteneva
no rispettivamente le parti, il Tigrotto guidato dall'Alberti avesse
già violentemente tamponato l'autotreno che lo precedeva prima
di venire tamponato dal Leoncino guidato dal Bianchi, essendo
state quindi cagionate da tale tamponamento le lesioni riportate
dall'Alberti, oppure se questi avesse tempestivamente arrestato
il suo autoveicolo, il quale, per il tamponamento subito da parte del Leoncino, sospinto in avanti, avrebbe tamponato l'autotreno
che lo precedeva), essendo quindi anche a carico dell'Alberti la
presunzione di inosservanza della distanza di sicurezza. (Omissis)
II
Svolgimento del processo. — Con atto di citazione notificato
il 26 ed il 27 maggio 1982, nonché il 27 settembre 1982, Foroni
Maurizio conveniva in giudizio Torlai Paolo, la soc. Robert Bosch
e la Sun Insurance Office Limited, per sentire dichiarare il primo
responsabile dell'incidente stradale avvenuto il 18 luglio 1981 al
casello autostradale di Pescara (tra la sua auto BMW tg.
MO/519758 e la Fiat 127 tg. MI/46581D di proprietà della soc.
Robert Bosch condotta dal Torlai) con la conseguente condanna
in solido dei convenuti al risarcimento dei danni nella misura di
389.850 lire, oltre fermo tecnico, svalutazione commerciale, inte
ressi e rivalutazione monetaria. Con vittoria di spese. A sostegno
della domanda assumeva che la propria BMW, ferma al casello
autostradale, era stata tamponata dalla Fiat 127.
Costituitisi ritualmente in giudizio i convenuti contestavano l'av
versa pretesa deducendo che nell'occasione si era verificato un
tamponamento a catena tra cinque mezzi e che causa unica di
tutti i tamponamenti era stato il violento urto provocato dall'au
tocarro Fiat 691 tg. BA/356510 di proprietà di tale Oronzo Mar
zio che era piombato sul quarto veicolo della fila ferma, il quale a sua volta aveva spinto il terzo che era andato a tamponare il secondo che aveva urtato cosi il primo del Foroni. Precisavano
poi che la s.p.a. Robert Bosch non era la proprietaria della Fiat
127 (che era di proprietà dello stesso conducente Torlai) ma solo
contraente della polizza di assicurazione cumulativa per tutti i
suoi dipendenti (compreso il Torlai). Concludevano quindi per
la estromissione della stessa s.p.a. Robert Bosch dal giudizio e
per l'assoluzione del Torlai e della Sun Insurance Office Ltd.
da tutte le domande attrice per essere esclusivo responsabile il
terzo Oronzo Marzio. Previa autorizzazione, chiamavano in cau
sa il predetto Marzio con atto di citazione notificato il 14 feb
braio 1982, il commissario liquidatore della compagnia di assicu
razioni Euroloyd e la società italiana Assicurazione danni s.p.a.,
entrambi con atto di citazione notificato il 4 settembre 1984, e
concludevano affinché, accertata l'esclusiva responsabilità del Mar
zio e della compagnia «Euroloyd» in liquidazione, questi ultimi
fossero condannati in solido «... a tenere manlevati ed indenni
i convenuti Torlai Paolo e la Sun Insurance Office Limited da
tutte le domande avanzate dal Foroni . . .». Nessuna conclusione
veniva invece assunta nei confronti della società italiana Assicu
razione danni s.p.a. Spese rifuse.
Il Foro Italiano — 1988.
Oronzo Marzio, nonostante la regolare notifica della citazione
non si costituiva in giudizio per cui, non essendo ciò stato fatto
in fase di trattazione, lo si dichiara ora contumace.
Non si costituiva neppure la compagnia di assicurazione Euro
loyd in persona del suo commissario liquidatore e anch'essa veni
va pertanto dichiarata contumace. La s.p.a. società italiana Assi
curazione danni, costituitasi invece ritualmente, eccepiva di esse
re stata convenuta in giudizio in proprio e non per conto
dell'Ina-fondo di garanzia vittime della strada. Pertanto conclu
deva per la dichiarazione del proprio difetto di legittimazione pas
siva, con il favore delle spese. I convenuti chiedevano allora di poter rinotificare la citazione
all'Ina-fondo di garanzia ma, nonostante fossero stati a ciò auto
rizzati, non eseguivano poi la richiesta vocatio in ius. (Omissis) Motivi della decisione. — Si può dire accertata in punto di
fatto la esclusiva responsabilità di Marzio Oronzo nella causazio
ne del tamponamento a catena in questione. Infatti dal rapporto in atti, dalle dichiarazioni dei conducenti dei veicoli coinvolti e
del conducente dello stesso autotreno di proprietà di Marzio. È
emerso che il predetto autotreno ha tamponato l'ultimo veicolo
di una «colonna ferma» di auto che si urtavano cosi a vicenda.
Ne deriva, in punto di diritto, l'applicazione del principio causa
causae est causa causati per il quale, nei cosiddetti urti a catena,
qualora tutti gli urti successivi prendano origine da un primo, la responsabilità andrà riferita al soggetto che li ha determinati
(tranne ovviamente il caso di interruzione del nesso causale). Ci
si limita a ricordare in proposito tra le tante una sola massima
della Suprema corte (Cass. 18 ottobre 1960, n. 2813, Foro it.,
Rep. 1960, voce Circolazione stradale, n. 262): «. . . nel caso di
scontri successivi tra veicoli facenti parte di una colonna in sosta
per effetto del tamponamento, da parte dell'ultimo veicolo di quel lo antistante e del conseguente urto a catena, il conducende del
l'ultimo veicolo, quale unico responsabile delle varie collisioni, è tenuto al risarcimento dei danni subiti da uno dei veicoli inter
medi e dal relativo conducente, ancorché non si sia materialmen
te scontrato col veicolo stesso . . .». Nello stesso senso confr.
Cass. 13 febbraio 1970, n. 35$ (id., Rep. 1970, voce cit., n. 276).
Pertanto, nel caso di specie, anche il danno sofferto dalla BMW
nella parte posteriore non va ascritto ai convenuti ma al terzo
chiamato Marzio Oronzo.
La conseguenza di ciò sull'esito complessivo della causa, oltre
che per le ragioni che si diranno, e tenuto conto delle conclusioni
finali del Foroni, sta innanzitutto nell'accoglimento della doman
da attorea alternativa di condanna del Marzio, con assoluzione
dei convenuti Torlai e Sun Insurance Office Ltd. in quanto non
responsabili dell'evento per essere appunto responsabile esclusivo
il terzo. La domanda dell'attore nei confronti della soc. Robert
Bosch va invece rigettata sotto altro profilo e cioè nel senso che
la mancanza di responsabilità è qui strettamente collegata, prima
ancora che alle risultanze processuali sulla dinamica del sinistro
alla mancanza stessa della qualità di proprietaria del mezzo in
capo alla predetta società. È ovvio che di fronte alla specifica difesa della convenuta sul punto, spettava all'attore Foroni (in base agli ordinari criteri sull'onere della prova fissati dall'art. 2697
c.c.) dimostrare le circostanze relative alla individuazione della
medesima società come uno dei soggetti passivi del rapporto de
dotto in causa. Ora, non solo ciò non è avvenuto, ma risulta
al contrario ex actis, e cioè dal rapporto redatto dalla polizia
stradale, che l'autovettura Fiat 127 condotta dal Torlai era di
proprietà dello stesso. Con la conseguenza già detta che, non trat
tandosi nella specie di questione di legittimazione passiva ma d'er
rata identificazione e indicazione di uno dei supposti responsabi
li, s'impone per le predette considerazioni il rigetto nel merito
della pretesa avanzata.
La prosecuzione della esposizione delle ragioni della presente
decisione nel suo complesso (come si anticipava poc'anzi) impone
a questo punto l'esame e la qualificazione della domanda avanza
ta dai convenuti, nei confronti del Marzio stesso, della compa
gnia di assicurazioni Euroloyd in persona del commissario liqui
datore e della Siad s.p.a., a mezzo della chiamata in causa effet
tuata ai sensi dell'art. 106 c.p.c. I chiamanti, dopo aver premesso che il lamentato incidente era dovuto esclusivamente a fatto e
colpa di un terzo, hanno chiesto di chiamare in causa quest'ulti mo con la sua compagnia assicuratrice ed hanno concluso per la loro condanna ad essere tenuti manlevati ed indenni dalle do
mande attoree. Va osservato preliminarmente che la man
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2279 PARTE PRIMA 2280
canza di conclusioni specifiche nei confronti della Siad s.p.a. è, con ogni evidenza, da attribuirsi certamente ad una mera omis
sione materiale frutto di disattenzione si che, per implicito, esse
possono ritenersi come le stesse assunte avverso gli altri due chia
mati in causa (del resto è poi discutibile un eventuale interesse
della stessa Siad ad una tale eccezione nel senso evidenziato dalle
sezioni unite della Cassazione con sentenza del 4 luglio 1985, n.
4042, id., 1985, I, 3128, in un processo riguardante peraltro pro
prio tale società). Ciò posto, e riprendendo il discorso interrotto,
va detto che, se alla chiamata in causa in questione deve essere
dato un senso, la domanda in essa contenuta non può essere cer
to di manleva o garanzia impropria. È noto, infatti, che la man
leva è tra l'altro l'oggetto del contratto di assicurazione nel signi
ficato che oggetto del contratto in parola è la «manleva» dell'as
sicuratore nei confronti dell'assicurato per le turbative del suo
patrimonio da parte di eventuali danneggiami, con la conseguen za che non è titolare della stessa manleva il terzo estraneo al
rapporto. Né si può parlare in questo caso di garanzia al risarci
mento del danno per il caso di soccombenza eventuale: è evidente
che un risarcimento ai convenuti, per quanto questi fossero stati
tenuti a pagare nei confronti dell'attore, non è ipotizzabile se
si pensa che, a monte di una eventuale condanna degli stessi con
venuti verso il Foroni, doveva esservi il presupposto dell'accerta
mento della loro responsabilità, esclusiva o concorrente, per la
quale gli stessi convenuti ovviamente non avrebbero potuto pre tendere nulla da altri. In altre parole i convenuti hanno posto il problema in termini di responsabilità alternativa (con conse
guenziale ipotesi di legittimazione alternativa) nei confronti del
l'attore, e nulla per proprio conto hanno lamentato e vantato
verso i chiamati. Si deve allora concludere che i convenuti hanno
chiamato in giudizio i terzi, non al fine di far valere un rapporto di garanzia (inesistente) nei loro confronti, bensì' al fine più limi
tato della propria liberazione conseguente alla individuazione di
costoro quali unici responsabili dell'evento e pertanto diretti ob
bligati in ordine alla pretesa attrice. Ma una domanda di rivalsa
non può che riguardare un eventuale rapporto interno (si ripete
più inesistente) tra chiamante e chiamato e non certo il diverso
rapporto esterno intercorrente tra danneggiato e responsabile (cfr.,
indirettamente, Cass. 10 gennaio 1983, n. 163, id., Rep. 1983, voce Appello civile, n. 37). Se tutto quanto precede, come ritiene
questo giudicante, è esatto ne deriva che la domanda contenuta
nell'atto di chiamata, se non proprio come semplice litis denun
tiatio, può essere interpretata e qualificata come domanda di ac
certamento rivolta ad ottenere la dichiarazione di responsabilità dei terzi chiamati nella causazione del sinistro al fine della pro
pria liberazione.
Prima di procedere sulle conseguenze di tale qualificazione, va
però esaminata l'eccezione di difetto di legittimazione passiva spie
gata dalla s.p.a. Siad, sulla base di un certo orientamento giuris
prudenziale della Cassazione, per essere stata — a suo dire —
chiamata in giudizio in proprio mentre chiaramente l'art. 4 d.l.
26 settembre 1978 n. 576 (convertito in 1. 738/78) individua il
soggetto passivo dell'azione risarcitoria dell'Ina-fondo di garan zia vittime della strada. Per quello che può valere in ordine alle
conseguenze pratiche della decisione derivanti dalla qualificazio ne sopra data della domanda contenuta nell'atto di chiamata, e quindi, come si vedrà, ai soli fini processuali, va detto che l'ec
cezione non appare fondata e deve essere disattesa. Non certo
perché il principio di diritto delle sentenze richiamate dalla parte non sia condiviso, ma per l'altrettanto valido principio, enuncia
to dalle sezioni unite nella già ricordata sentenza del 4 luglio 1985, n. 4042, cit., per il quale ai fini della «... individuazione del rapporto di rappresentanza non è necesario l'uso di formule sa
cramentali, dovendosi tenere conto dell'effettiva volontà della parte
attrice, purché riconoscibile alla luce del principio di buona fe
de . . .». E quale sia stata nel caso concreto l'effettiva volontà
dei chiamanti la si ricava dalla premessa alla citazione della Siad
s.p.a. laddove si parla di «commissario liquidatore» e di «società
di assicurazione designata per la gestione del sinistro», si che una
chiamata in proprio della stessa Siad s.p.a. avrebbe contrastato
la premessa medesima per la quale era stata effettuata la sua ci
tazione.
Sgombrato il campo dalla eccezione di cui sopra, va ora preci sato che per ogni sinistro stradale vanno individuati due possibili
tipi di responsabilità. Vi è la responsabilità dell'autore del fatto
Il Foro Italiano — 1988.
(anche per via mediata, come nel caso del proprietario non con
ducente) e la responsabilità contrattuale della società assicuratri
ce. Ebbene mentre si può ipotizzare l'interesse di un terzo non
danneggiato a chiamare in causa l'autore del fatto per sentirlo
dichiarare responsabile al suo posto, manca tale interesse in capo allo stesso terzo non danneggiato relativamente all'istituto assicu
ratore. Infatti è solo il danneggiato che ai sensi dell'art. 18 1.
990/69 ha azione nei confronti dall'assicuratore, mentre se ci si
vuole discolpare perché erroneamente indicati da alcuno come au
tori di un sinistro, basterà indicare il vero responsabile dell'even
to non avendo senso scomodare per ciò solo la sua assicurazione.
Sulla base di tali principi si deve dedurre che, nella fattispecie, i convenuti avevano interesse ad agire (con relativa legittimazione
attiva) nei soli confronti di Marzio Oronzo indicato come respon sabile unico del tamponamento in questione.
Gli stessi non avevano, invece, lo stesso interesse ad agire (con relativa legittimazione attiva) nei confronti della compagnia assi
curatrice in liquidazione di quest'ultimo e della compagnia ces
sionaria rappresentante dell'Ina-fondo garanzia, non avendo in
questa sede richiesto alcuno autonomo risarcimento dei propri danni. Per converso le predette due compagnie assicurative erano
passivamente legittimate per responsabilità contrattuale solamen
te verso l'attore danneggiato. Ed essendo, come è noto, la pre senza dell'interesse ad agire (e della derivante legittimazione) con
dizione di ammissibilità del provvedimento sulla domanda o con
dizione dell'azione, si deve concludere per la inammissibilità della
domanda di accertamento proposta dai convenuti nei confronti
della compagnia di assicurazioni Euroloyd in liquidazione e della
Siad s.p.a. La domanda di dichiarazione di responsabilità del Marzio è
invece fondata, ma resta assorbita nella regolamentazione diretta
già effettuata del rapporto attore Foroni-terzo chiamato Marzio.
Sulla quantificazione del danno sofferto dal Foroni si può af
fermare che lo stesso, tenuto conto della fattura in atti n. 109
del 30 luglio 1981 non contestata da alcuna parte, può ritenersi
accertato in 389.850 lire più 8.000 lire quale somma che si stima
equo liquidare per un presumibile giorno di fermo tecnico. Trat
tandosi nella specie di tipica obbligazione di valore, che non mu
ta tale natura neppure per eventuali esborsi anticipatori da parte del danneggiato (Cass., sez. un., 9 febbraio 1978, n. 57, id., 1978,
I, 336), l'importo complessivo di cui sopra (397.850 lire) va riva
lutato dal fatto (18 luglio 1981) al saldo effettivo con l'ausilio
equitativo degli indici Istat prezzi-consumo famiglie operai ed im
piegati provincia di Modena. Sulla intera somma rivalutata, e
dalla stessa data, decorrendo gli interessi legali di natura com
pensativa. (Omissis)
CORTE DI CASSAZIONE; sezioni unite civili; sentenza 13 apri le 1988, n. 2925; Pres. Brancaccio, Est. Taddeucci, P. M.
Caristo (conci, parz. diff.); Rosace e altri (Avv. P. Federico,
Muggia, C. M. Barone) c. Soc. Mauro; Soc. Mauro (Avv.
Pannuccio, Pennestri) c. Rosace. Cassa Trib. Reggio Cala
bria 7 marzo 1985.
Impugnazioni civili in genere — Sentenza di primo grado provvi soriamente esecutiva — Riforma in appello con sentenza non
passata in giudicato — Effetti (Cod. proc. civ., art. 336, 337; 1. 20 maggio 1970 n. 300, norme sulla tutela della libertà e
dignità dei lavoratori, della libertà sindacale e dell'attività
sindacale nei luoghi di lavoro e norme sul collocamento, art. 18).
La sentenza d'appello che riforma la sentenza di primo grado
provvisoriamente esecutiva non travolge, prima del suo passag
gio in giudicato, gli atti di esecuzione spontanea o coatta posti in essere anteriormente alla riforma, ma impedisce che sulla
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