sezione III civile; sentenza 27 ottobre 1987, n. 7925; Pres. Scribano, Est. Rebuffat, P. M. Fedeli(concl. parz. diff.); Ditta Edilprocos (Avv. Cevolotto, Ronfini) c. Impresa Malisani (Avv.Berghinz, Temperini). Cassa App. Venezia 31 gennaio 1983Source: Il Foro Italiano, Vol. 111, PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE(1988), pp. 2671/2672-2673/2674Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23181445 .
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2671 PARTE PRIMA 2672
stata fornita, si sarebbe dovuto ravvisare l'inadempimento della
venditrice, essendosi quest'ultima limitata a consegnare soltanto
alcuni dei motori alienati, e si sarebbe dovuta conseguentemente
accogliere l'istanza della società Sveva di accertamento incidenta
le dell'avvenuta risoluzione dei contratti, ovvero l'eccezione di
inadempimento che in tale istanza era contenuta. Infine, si sostie
ne che, se effettivamente vi fosse stato un inscindibile collega mento tra l'accordo di concessione e i due contratti di vendita, si sarebbe dovuto riconoscere il diritto della società Sveva al rim
borso della parte di prezzo già pagata verso la restituzione dei
motori consegnati. La censura è infondata. Come è noto, l'accertamento della vo
lontà delle parti contraenti in relazione al contenuto del negozio o di una sua clausola, impone un'indagine di fatto affidata alla
valutazione del giudice del merito, sindacabile in sede di legitti mità solo nel caso di violazione delle norme ermeneutiche o di
illogicità e inadeguatezza della motivazione.
Nella specie, la corte d'appello ha ritenuto che la risoluzione
della convenzione conclusa tra la Chrysler e la Elikon aveva cau
sato lo scioglimento non solo dell'accordo di concessione tra que st'ultima e la Sveva, ma anche dei due contratti di compravendita dei motori, in base al rilievo che la clausola n. 9 dell'accordo
di concessione doveva essere interpretato nel senso che il venire
meno della concessione tra la Chrysler e la Elikon, comportava la risoluzione immediata di tale accordo e dei rapporti che, in
base ad esso, fossero intervenuti tra le parti.
Ora, cosi decidendo, la corte non è incorsa nei denunciati vizi,
perché ha dato esauriente e logica giustificazione del suo convin
cimento osservando che la Elikon, mediante l'inserimento della
menzionata clausola nell'accordo di concessione, aveva voluto cau
telarsi per il caso di recesso ad nutum della Chrysler, anche con
riguardo alle prestazioni dei singoli contratti di vendita che, pur essendo già sottoscritti, non fosse in grado di eseguire per man
canza di disponibilità dei motori, dei quali era la fornitrice e non
la costruttrice; e che, comunque, ricorreva l'ipotesi della risolu
zione dei contratti di vendita per impossibilità sopravvenuta delle
prestazioni la cui prova era in re ipsa e si desumeva dalla consi
derazione che «la Elikon avrebbe avuto tutto l'interesse a evadere
l'ordine se avesse avuto la disponibilità dei motori non ancora
consegnati al momento in cui era venuto meno il rapporto con
la società produttrice». Con il secondo motivo, denunziandosi la violazione degli art.
1322, 1362 ss., 1372 e 2697 c.c. e il vizio di omessa, insufficiente
e contraddittoria motivazione, in relazione all'art. 360, nn. 3 e
5, c.p.c., si censura la sentenza impugnata per avere la corte d'ap
pello erroneamente escluso che l'inadempimento della società Eli
kon, consistente nella mancata consegna alla società Sveva dei
tagliandi di garanzia insieme con i motori venduti, abbia determi
nato l'incommerciabilità dei motori, benché la convenzione ri
chiamata nell'accordo di concessione prevedesse che la garanzia non sarebbe stata riconosciuta, qualora la concessionaria non aves
se inviato alla Elikon detti tagliandi firmati e timbrati entro il
termine di cinque giorni dalla data della vendita.
Anche questa censura è infondata. Infatti, la corte d'appello, pur affermando che, in base all'indicata convenzione, la società Elikon era obbligata a consegnare i tagliandi di garanzia alla so cietà Sveva, in quanto questa, all'atto della vendita dei motori
ai propri clienti, doveva timbrare, datare e firmare ciascun ta
gliando e spedirlo nel termine di cinque giorni alla concedente
per consentire agli acquirenti di beneficiare della garanzia, me
diante il possesso dei relativi certificati, che tuttavia, negato che, nel caso concreto, la mancata consegna dei tagliandi abbia con
cretato un inadempimento della Elikon, da cui sia derivata l'in
commerciabilità dei motori, avendo correttamente osservato, con
argomentazione di carattere decisivo, che le finalità perseguite con il rilascio dei tagliandi erano state comunque raggiunte, perché la concedente, su richiesta dela società Ciemme, nuova distribu trice in Italia della Chrysler, aveva ammesso che i motori privi dei tagliandi erano stati venduti, e di essi aveva altresì trasmesso l'elenco e i dati distintivi.
Infine, infondato è anche il terzo motivo, in quanto con esso si denunzia un vizio (omessa condanna della società Frezza al
pagamento delle spese processuali ed al risarcimento del danno
ai sensi dell'art. 96 c.p.c.) della sentenza impugnata che, per am
missione della stessa ricorrente, avrebbbe presupposto l'accogli mento della sua opposizione al decreto ingiuntivo, la quale, inve
ce, come è pacifico, è stata respinta.
Consegue che si deve rigettare il ricorso
Il Foro Italiano — 1988.
CORTE DI CASSAZIONE; sezione III civile; sentenza 27 otto
bre 1987, n. 7925; Pres. Scribano, Est. Rebuffat, P. M. Fe
deli (conci, parz. diff.); Ditta Edilprocos (Avv. Cevolotto,
Ronfini) c. Impresa Malisani (Avv. Berghinz, Temperini). Cas
sa App. Venezia 31 gennaio 1983.
Contratto in genere — Clausole vessatorie — Ratifica — Ineffi
cacia (Cod. civ., art. 1341, 1399).
La ratifica delle clausole vessatorie deve avvenire con l'osservan
za delle forme prescritte per la validità delle clausole stesse. (1)
Svolgimento del processo. — Con citazione notificata il 15 lu
glio 1978, Giuseppe Pieretto, titolare della ditta Edilprocos, con
veniva in giudizio innanzi al Tribunale di Treviso Ennio Malisani
perché fosse condannato a risarcirgli i danni cagionatigli col ri
tardo frapposto nella esecuzione del contratto del 1° dicembre
1976, per la fornitura e la posa in opera di serramenti, e perché venisse operata la compensazione del relativo credito con quanto contabilmente da lui ancora dovuto al Malisani medesimo. Costi
tuitosi in giudizio, il convenuto contestava il fondamento della
domanda, deducendo che, in base agli art. 3, 4 e 16 delle condi
zioni generali del contratto, nessun risarcimento per il ritardo era
dovuto alla controparte, e chiedeva in via riconvenzionale la con
danna del Pieretto al pagamento della somma di lire 2.800.000
a saldo del prezzo nonché per risarcimento del danno.
Il tribunale, con sentenza del 12 maggio 1981, condannava il
Pieretto a pagare al Malisani la somma di lire 2.800.000 con gli interessi dal 1° giugno 1978. Il Pieretto appellava deducendo a
motivi: 1) che il tribunale aveva errato nel reputare valide clauso
le onerose contenute nel contratto de quo-. 2) che la forma scritta
richiesta ad substantiam per l'approvazione delle clausole vessa
torie è richiesta altresì per la ratifica, come nella specie, di con
tratto concluso da rappresentante senza potere. Il Malisani instava per la conferma della sentenza impugnata. La Corte d'appello di Venezia, terza sezione civile, con senten
za del 31 gennaio 1983, rigettava il gravame osservando, fra l'al
tro, quanto segue. Si legge nella raccomandata 19 luglio 1977, indirizzata da Giuseppe Pieretto al Malisani: «La presente per informarla che in data 1° dicembre 1976 abbiamo sottoscritto
un contratto di fornitura e posa serramenti a Preganziol via Ison
zo». Nel documento stesso, lo scrivente ritiene responsabile la
ditta Malisani della mancata consegna dei materiali nei termini
contrattuali e nelle successive missive del 14 settembre, 28 settem
bre e 17 ottobre 1977 egli fa espresso richiamo al contratto per evidenziare il ritardo della consegna, fino a ritenere, nella lettera
dell'11 novembre 1977, chiuso il rapporto commerciale. Le scrit
ture prodotte dimostrano non solo che Giuseppe Pieretto era a
conoscenza del contenuto del contratto stipulato dal figlio Giam
paolo, ma altresì che egli, facendo propria la sottoscrizione del
figlio per l'intero contratto, ha implicitamente convalidato anche
la firma che figura per l'approvazione di quelle clausole partico lari di cui invoca l'inefficacia.
Avverso la sentenza della corte veneta hanno proposto ricorso
per cassazione Giuseppe Pieretto, titolare della ditta Edilprocos, in via principale e in base a un solo motivo, ed Ennio Malisani, in via incidentale subordinata e in relazione a due motivi. Il Pie
retto e il Malisani hanno esperito controricorso nei confronti del
le avverse impugnazioni.
(1) Non constano precedenti negli esatti termini. Sulla inesistenza della ratifica del contratto, concluso dal falsus procu
rator, quand'essa non sia avvenuta nel rispetto delle forme prescritte per la conclusione del contratto, v. Cass. 11 gennaio 1973, n. 91, Foro it., Rep. 1973, voce Rappresentanza nei contratti, n. 19. V. anche, in moti
vazione, Cass. 17 gennaio 1983, n. 375, id., 1983, I, 2186, la quale affer ma che il conferimento della procura e la ratifica dell'atto compiuto sen za rappresentanza debbono rivestire la forma scritta anche nel caso in cui detta forma sia richiesta soltanto ad probationem, invece che ad sub
stantiam-, e Cass. 19 novembre 1984, n. 5890, id., Rep. 1984, voce cit., n. 8, dove si sostiene che, in mancanza di specifica autorizzazione del
rappresentato, il rappresentante incaricato della stipulazione di un con tratto non ha il potere di approvare specificamente per iscritto la clausola
derogativa della competenza territoriale che sia stata inserita tra le condi zioni generali predisposte dall'altro contraente.
In dottrina v., riassuntivamente, C. M. Bianca, Diritto civile, 3, Il
contratto, Giuffré, Milano, 1987, 114 ss.
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
Motivi della decisione. — È preliminare la riunione dei ricorsi, nella specie principale e incidentale subordinato, proposti contro
la medesima sentenza (art. 335 c.p.c.). La sentenza impugnata reputa che una ratifica globale, in for
ma scritta di un contratto, delle clausole vessatorie predisposte dall'altro contraente, stipulato dal rappresentante senza potere,
operi anche in relazione all'approvazione delle clausole stesse sot
toscritte specificamente, ai sensi dell'art. 1341 c.c., dal falsuspro
curator, qualora risulti la volontà del dominus di far proprio nel
suo complesso quel contratto. Nell'unico motivo del ricorso prin
cipale si oppone a tale opinione che perché la ratifica estenda
la sua efficacia anche alle clausole onerose è necessario che essa
contenga un esplicito riferimento, scritto e specificamente sotto
scritto, alle clausole medesime. L'antitesi fa implicito richiamo
alle norme combinate degli art. 1341, 2° comma, e 1399, 2° com
ma, c.c. Si pone, inoltre, in rilievo che il tenore del documento
del 1° dicembre 1976, a cui si riferisce espressamente la sentenza
impugnata, non contiene alcun riferimento alle clausole vessatorie.
Il motivo è fondato. L'art. 1341 c.c., dopo avere, al 1° com
ma, subordinato l'efficacia delle condizioni generali di contratto,
predisposte da uno dei contraenti, alla loro conoscenza o possibi lità di conoscenza da parte dell'altro, stabilisce, nel 2° comma, che «in ogni caso» le clausole c.d. vessatorie non hanno effetto
se non sono specificamente approvate per iscritto.
La comparizione fra le due discipline — quella delle condizioni
generali e quella delle clausole in disamina — evidenzia che men
tre la prima opera sul piano sostanziale della scientia del con
traente più debole e dell'affidamento secondo l'ordinaria diligen za — con riferimento alla contrattazione standardizzata — po nendo problemi di verifica dell'idoneità concreta di strumenti di
comunicazione, la seconda — più rigorosa — trasferisce la prote zione di quel contraente sul piano della legalità formale, stabilen
do un requisito di forma costitutiva che, per la sua categoricità,
supera e relega nell'irrilevanza ogni considerazione contenutistica
dell'effettivo stato soggettivo di conoscenza del contraente mede
simo. Nonostante il generico riferimento alla inefficacia, nel te
sto legislativo, il difetto del requisito formale in discorso produce la nullità della clausola perché, nella fattispecie astratta, esso in
terferisce nel momento genetico del patto, impedendo che all'ac
cordo delle parti segue l'effetto tipico fisiologico. Nel paradigma
normativo, infatti, quel difetto comporta innanzitutto l'inattitu
dine del consenso all'esplicazione dell'autonomia negoziale e non
è senza significato esegetico la collocazione della norma nella se
zione del codice destinata alla disciplina della conclusione del con
tratto. La logica del codice stesso, dunque, quale espressa negli art. 1325, n. 4, e 1350, attrae nell'orbita della nullità il difetto
del requisito essenziale dell'approvazione specifica per iscritto delle
clausole vessatorie. È per questo che, in tema di tali clausole, è assolutamente inconferente una mera loro consapevolezza da
parte «dell'altro contraente», la quale non sia tratta da un'ap
provazione specifica per iscritto, non potendo lo stato soggettivo di quella parte surrogare l'assenza del requisito imposto imperati vamente dal legislatore per il realizzarsi del corrispondente patto
negoziale. In altri termini, dappoiché la carenza di forma costitutiva ren
de la clausola giuridicamente nulla, l'efficacia che da questa sa
rebbe discesa non può derivare da una pura e semplice condizio
ne soggettiva a cui l'ordinamento, proprio nel quadro dell'impe ratività del requisito formale introdotto, non riconosce rilevanza
negoziale. Acclarato che la specifica approvazione per iscritto, richiesta
nel 2° comma dell'art. 1341 c.c., è una forma ad substantiam
(negli stessi sensi, Cass., sez. un., 11 novembre 1974, n. 3508, Foro it., Rep. 1974, voce Contratto in genere, n. 119; 13 ottobre
1960, n. 2721, id., Rep. 1960, voce Assicurazione (contratto), n. 62; 3 maggio 1954, n. 1362, id., Rep. 1954, voce Obbligazioni e contratti, n. 125), è, infine, consequenziale — a norma dell'art.
1399 c.c. — che lo stesso rigore formale sia richiesto per la vali
dità della ratifica di dette clausole, atteso che quest'ultima deve
avvenire con l'osservanza delle forme prescritte per la conclusio
ne del contratto e, a fortiori, delle singole pattuizioni di cui esso
consta.
Nella specie, nota esattamente il ricorrente principale, la sen
tenza impugnata ammette l'assenza della specifica approvazione
per iscritto, da parte del dominus negotii, della clausola di esone
ro del Malisani dalla responsabilità per ritardo dell'adempimen
to, sottoscritta specificamente dal rappresentante senza potere.
Il Foro Italiano — 1988.
Essa incorre, peraltro, in illegittimità nel riconoscere tuttavia ef
fetto monogenetico alla clausola stessa, sulla base di una inter
pretazione della globalità della ratifica, la quale si traduce in so
stanziale elusione dell'insopprimibile requisito formale imposto dal legislatore.
Nel secondo motivo del ricorso incidentale subordinato — mo
tivo che, prospettando una questione preliminare, deve essere an
teposto nella disamina all'altro dell'impugnazione medesima —
si contesta alla sentenza di appello di non motivare circa l'am
missibilità del «rilievo», mosso da Giuseppe Pieretto, di carenza
nel figlio Giampaolo, del potere di rappresentarlo. All'uopo, si
sostiene essersi invano dedotto che quel «rilievo» era inammissi
bile perché costituiva una domanda tardivamente proposta solo
con la comparsa conclusionale nel primo grado del giudizio. Il motivo è inconsistente. Innanzitutto, nel profilo dedotto con
riferimento all'art. 360, n. 5, c.p.c., la censura non ha rilevanza
giuridica perché in tema di legittimità o non delle vicende proces suali interne la motivazione della sentenza impugnata non ha al
cuna incidenza, potendo e dovendo questa corte conoscere quei fatti direttamente dalla disamina degli atti relativi. In secondo
luogo, nel profilo propriamente processuale, la implicita denun
cia, d'inammissibilità è infondata, dato che la carenza del confe
rimento dei poteri rappresentativi a Giampaolo Pieretto è stata
sempre dedotta dal titolare della ditta Edilprocos nel quadro del
l'originaria domanda di risarcimento dei danni, come difesa o
contro-eccezione paralizzante l'avversa adduzione della vincolati
vità della clausola di esonero sottoscritta dallo stesso Giampaolo Pieretto e non come domanda ulteriore di autonomo accertamen
to negativo del difetto di rappresentanza. Nel primo motivo del ricorso incidentale subordinato — de
nunciandosi la violazione dell'art. 1398 c.c. e il difetto di motiva
zione — si lamenta che la sentenza impugnata non prenda in
considerazione che, come sostenuto dal Malisani in entrambi i
gradi del giudizio di merito, Giampaolo Pieretto, anziché essere
un falsus procurator del padre, era rappresentante di lui, abilita
to, con procura scritta, a sottoscrivere anche la clausola vessato
ria de qua. Il motivo, pur teoricamente preliminare, nel merito, alle do
glianze mosse nell'impugnazione principale, in concreto non le
assorbe perché è formulato subordinatamente all'accoglimento del
ricorso principale. In tal guisa, esso non elimina a priori l'eventuale rilevanza de
cisoria dei principi enunciati da questa corte nella disamina del
ricorso principale ma, semplicemente, tende a provocarne la con
creta inapplicabilità in conseguenza dello sperato accertamento
positivo di una situazione (esistenza di procura scritta, estesa al
l'approvazione della clausola vessatoria) escludente, nel fatto, l'i
potesi inizialmente accertata dal giudice del merito e sulla quale necessariamente poggia detta enunciazione.
Il motivo è fondato. La sentenza d'appello non si occupa della
questione ricordata nel motivo di ricorso, in esame, né è negato dal ricorrente principale, nella memoria depositata avverso il ri
corso incidentale, che il Malisani abbia tempestivamente sostenu
to l'esistenza della procura scritta specifica suddetta. Giuseppe Pieretto si limita ad argomentare che quella difesa dell'avversario
sarebbe infondata. Orbene, questa corte non può sostituirsi al
giudice del merito nell'accertamento e nel vaglio del fatto dedot
to dalla parte, né può esentare il giudice stesso da quel compito, che il fatto possa rivestire rilievo decisorio. Essenziale, perciò,
per l'accoglimento del motivo del ricorso incidentale, è che l'ipo tesi non controllata né valutata nella sentenza impugnata potreb be effettivamente integrare una ratio decidendi della lite. Per questo verso è persino ovvio, ai sensi dell'art. 1392 c.c., che l'esistenza
accertata di una procura scritta contenente specifica attribuzione
del potere di approvare la clausola vessatoria de qua inciderebbe
decisivamente sulla definizione della lite, superando ogni proble ma di necessità di una valida ratifica.
In conclusione, riuniti i ricorsi, si deve accogliere il ricorso prin
cipale e il primo motivo di quello incidentale subordinato; riget tare il secondo motivo di quest'ultimo ricorso; cassare la senten
za impugnata, nei punti interessati dai motivi accolti; e rinviare
la causa a giudice pari-ordinato a quello di appello — giudice che si designa in altra sezione della Corte d'appello di Venezia — perché l'esamini e la decida tenendo conto dei motivi di cassa
zione e uniformandosi, secondo l'alternativa sopra precisata, al
pertinente principio di diritto enunciato da questa corte.
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