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PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE || sezione III civile; sentenza 27 giugno 1988,...

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sezione III civile; sentenza 27 giugno 1988, n. 4325; Pres. Laudato, Est. Vittoria, P.M. De Martini (concl. conf.); Min. difesa c. Brusi ed altri (Avv. Musio-Sale). Dichiara inammissibile ricorso avverso App. Bari 23 settembre 1982 Source: Il Foro Italiano, Vol. 112, PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE (1989), pp. 799/800-803/804 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23183858 . Accessed: 25/06/2014 00:27 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 185.2.32.46 on Wed, 25 Jun 2014 00:27:13 AM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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sezione III civile; sentenza 27 giugno 1988, n. 4325; Pres. Laudato, Est. Vittoria, P.M. DeMartini (concl. conf.); Min. difesa c. Brusi ed altri (Avv. Musio-Sale). Dichiara inammissibilericorso avverso App. Bari 23 settembre 1982Source: Il Foro Italiano, Vol. 112, PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE(1989), pp. 799/800-803/804Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23183858 .

Accessed: 25/06/2014 00:27

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PARTE PRIMA

all'attestazione dell'avvocatura dello Stato di non avere ricevuto

l'atto.

Vuol dirsi, cioè, che non potrebbe avere ulteriore rilievo la cir

costanza possibile, per quanto estremamente inverosimile, che ta

le notificazione sia stata effettuata, senza allegare per negligenza, o distrazione, la relata nel fascicolo d'ufficio, poiché questa corte

non può che giudicare insta alligata et probata. Ha ragione la parte resistente a declinare ogni propria respon

sabilità per un comportamento ascrivibile a negligenza dei fun

zionari della segreteria della commissione tributaria di secondo

grado; ma, ciò nonostante, resta indubbio che, avendo compor tato tale negligenza, indipendentemente dalle individuazioni del

soggetto colpevole, la violazione del principio del contradditto

rio, ne vanno tratti gli imprescindibili corollari.

Non varrebbe obiettare, ai sensi del successivo art. 27 del me

desimo d.p.r. n. 636 (che disciplina il procedimento davanti alla

Commissione centrale) che l'amministrazione finanziaria, avendo

ricevuto comunicazione della data di trattazione non comportan

do, come è noto, il processo davanti alla Commissione tributaria

centrale discussione (e quindi confronto delle tesi contrapposte) in correlazione alla quale è consentito alle parti di «prender visio

ne del fascicolo» (nonché di depositare memoria), avrebbe potu to rendersi conto della proposizione del ricorso incidentale del

contribuente per controbatterlo mediante memoria, perché la re

lativa facoltà non costituirebbe un onere dalla cui mancata osser

vanza si debba presumere la conoscenza legale di tutti gli atti

contenuti nel fascicolo.

Il precetto riguardante la notificazione del ricorso incidentale

al controinteressato ha carattere imperativo; ed è come tale insur

rogabile, non potendosi opporre in contrario (e comunque una

deduzione in tal senso non è stata fatta) che l'amministrazione

era venuta aliunde a conoscenza dell'avvenuta proposizione del

ricorso incidentale.

6. - In conclusione la constatazione del mancato rispetto della

regola del contraddittorio (la cui applicazione anche al processo tributario davanti alla Commissione tributaria centrale discende

ineluttabilmente dai principi generali, risultando comunque san

cita positivamente dal 5° comma dell'art. 25 d.p.r. 26 ottobre

1972 n. 636 (per quanto attiene al ricorso incidentale qui conside

rato) comporta che il secondo motivo, da esaminare per primo, atteso il suo carattere prioritario, deve essere accolto, rinviando

la causa per nuovo esame, da effettuarsi nella dialettica delle con

trapposte argomentazioni giuridiche contenute rispettivamente nel

ricorso principale ed in quello incidentale, da parte della medesi

ma Commissione tributaria centrale (in altra composizione). De

ve ritenersi infatti, che il mancato adempimento dell'onere di

notificazione del ricorso incidentale da parte della segreteria della

commissione di secondo grado che ha emesso le decisione impu

gnata ex adverso in via principale dia luogo ad un vizio cui deve

porsi riparo ad iniziativa dello stesso giudice tributario investito

dell'impugnazione principale medesima che lo abbia rilevato in

un procedimento strutturato come quello in esame, in cui l'onere

della parte che intende impugnare resta circoscritto alla presenta zione dell'atto di impugnazione e quello della notificazione è af

fidato alla segreteria del giudice a quo (cfr. art. 25, commi 3°,

4°, 5°, d.p.r. n. 636 del 1972). A seguito della presente pronuncia di cassazione la Commissio

ne tributaria centrale dovrà disporre che la propria segreteria prov veda a porre riparo alla omissione della segreteria del giudice di

secondo grado, che aveva emesso la decisione impugnata dispo nendo essa stessa la notificazione all'amministrazione finanziaria

del ricorso incidentale, e cosi restaurando il contraddittorio non

rispettato al momento in cui venne resa la precedente decisione.

Resta conseguentemente assorbito il primo mezzo attinente alla

puntualizzazione dei poteri della Commissione centrale rispetto a questioni di mera estimazione, dovendosi preliminarmente al

riguardo stabilire la portata del terzo motivo del ricorso inciden

tale, verificando se con esso si muove una censura alla motivazio

ne della decisione di secondo grado in tema di estimazione del

reddito induttivamente determinato, da ridimensionare alla stre

gua della controprova offerta, ovvero si richieda (inammissibil

mente) alla Commissione tributaria centrale l'esercizio diretto di

poteri estimativi.

Il Foro Italiano — 1989.

CORTE DI CASSAZIONE; sezione III civile; sentenza 27 giu gno 1988, n. 4325; Pres. Laudato, Est. Vittoria, P.M. De

Martini (conci, conf.); Min. difesa c. Brusi ed altri (Avv.

Musio-Sale). Dichiara inammissibile ricorso avverso App. Bari

23 settembre 1982.

Cassazione civile — Sentenza non definitiva — Riserva di impu

gnazione — Successiva proposizione del ricorso immediato av

verso la sentenza riservata — Inammissibilità (Cod. proc. ci v., art. 361).

Sentenza, ordinanza e decreto in materia civile — Sentenza non

definitiva — Nozione — Fattispecie (Cod. proc. civ., art. 277,

278, 279).

È inammissibile il ricorso per cassazione avverso sentenza non

definitiva proposto da chi ha dichiarato di voler far riserva

d'impugnazione. (1) Tutte le sentenze, che, non decidendo totalmente il merito, nep

pure concludono il procedimento, sono da considerare sentenze

non definitive se alla decisione di una parte del giudizio non

si accompagna un provvedimento di separazione (nella specie, il giudice, pronunciata condanna al risarcimento dei danni pa trimoniali da liquidarsi in altro giudizio, rimetteva la causa al

giudice istruttore perché trasmettesse gli atti al procuratore del

la repubblica per accertare la esistenza del danno non patri

moniale). (2)

Svolgimento del processo. — Giovanni Brusi, Maria Baleffi ed

Ivano Brusi convenivano in giudizio il ministero della difesa da

vanti al Tribunale di Bari e, con la citazione notificata il 2 dicem

bre 1976, proponevano una domanda di condanna al risarcimento

dei danni da fatto illecito. In particolare, gli attori deducevano

che andava imputata al ministero della difesa la responsabilità

per la morte del loro prossimo congiunto, Sergio Brusi, avvenuta

I'll marzo 1974 a Bari, dove prestava servizio militare: a cagio nare il decesso era stata la non adeguata assistenza prestata dai

medici militari in occasione d'una appendicite, da cui il Brusi

era stato colto.

Chiedevano che il tribunale, accertata la responsabilità del mi

nistero, ne pronunciasse la condanna al risarcimento dei danni, morali e materiali, questi ultimi da liquidarsi in separata sede, ed al pagamento di una provvisionale.

Il ministero della difesa, costituitosi, chiedeva che la domanda

fosse rigettata. Il Tribunale di Bari procedeva all'istruzione della causa, acqui

siva documenti, assumeva una prova per testimoni e disponeva

un'indagine tecnica; quindi, con sentenza 3 luglio 1981, condan

nava il ministero a risarcire i danni agli attori, e, avendo ritenuto

che vi fosse la prova che essi avessero quantomeno subito danni

morali, assegnava loro una provvisionale. La sentenza veniva impugnata dal ministero della difesa, men

tre gli attori chiedevano che l'importo dei danni, liquidato attra

veso la provvisionale, fosse rivalutato.

La Corte d'appello di Bari accoglieva in parte l'impugnazione e riteneva: che era provato che la morte di Sergio Brusi era deri

vata dalla colpa grave dei medici militari, sicché al ministero del

la difesa andava imputata la relativa responsabilità e ne andava

pronunciata la condanna a risarcire i danni patrimoniali, da li

(1) In termini, proprio con riferimento al ricorso per cassazione, Cass. 9 marzo 1982, n. 1498, Foro it., Rep. 1982, voce Cassazione civile, n.

80; 4 luglio 1981, n. 4392, id., Rep. 1981, voce cit.,.n. 59; 8 giugno 1979, n. 3284, id., Rep. 1979, voce cit., n. 51; 3 novembre 1978, n.

4987, id., Rep. 1978, voce cit., n. 34; 4 agosto 1977, n. 3514, id., Rep. 1977, voce cit., n. 52; 8 luglio 1976, n. 2568, id., Rep. 1976, voce cit., n. 84; 19 maggio 1976, n. 1788, ibid., n. 25; 24 marzo 1976, n. 1060, ibid., n. 85; 16 maggio 1975, n. 1877, id., Rep. 1975, voce cit., n. 43. Lo stesso indirizzo è seguito con riguardo all'art. 340 c.p.c.; v. Cass. 4 giugno 1985, n. 3325, id., 1987, I, 144, con nota di richiami.

(2) In senso conforme, nel senso che la decisione parziale della causa, senza esplicito provvedimento di separazione, dia luogo a sentenza non definitiva, v. Cass. 28 giugno 1986, n. 4331 e 4 giugno 1985, n. 3325, Foro it., 1987, I, 144, con nota di richiami ed osservazioni di Cea, Plura lità di domande e sentenze non definitive, nonché Cass. 6 febbraio 1985, n. 883, id., Rep. 1985, voce Cassazione civile, n. 19; contra, Cass. 21 dicembre 1984, n. 6659, id., 1985, I, 1742, con nota di Cocchi, e in Giust. civ., 1985, I, 3132, con nota di Montesano.

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

quidarsi in altro giudizio, in conformità dell'originaria domanda; che non poteva esser pronunziata per tali danni una condanna

al pagamento di provvisionale, poiché, nonostante la richiesta fat

tane dagli attori in primo grado, il tribunale non li aveva ritenuti

già in parte provati e sul punto non v'era stato appello incidenta

le; che la condanna al risarcimento dei danni non patrimoniali

presupponeva fosse accertato, dal giudice penale, che la morte

del Brusi era riconducibile ad un reato, sicché la condanna al

pagamento della provvisionale andava riformata e la causa anda

va rimessa in istruttoria perché fosse trasmesso al procuratore della repubblica il rapporto preveduto dall'art. 3 c.p.p.

La corte d'appello, pronunciando la sentenza 23 settembre 1982,

qualificava la propria decisione come «sentenza non definitiva

limitatamente all 'an dei danni patrimoniali». Il ministero della difesa, dopo aver dichiarato di volersi avvale

re della facoltà di differire il ricorso per cassazione, lo proponeva con atto notificato il 7 novembre 1983, deducendo due motivi.

I Brusi-Baleffi resistevano con controricorso.

Motivi della decisione. — Il ricorso proposto dal ministero del

la difesa si articola su due motivi; l'esposizione di questi è prece duta da considerazioni intese a dimostrare che l'impugnazione è ammissibile, sebbene sia stata fatta riserva di impugnare la sen

tenza con ricorso differito.

Osserva, dunque, il ministero che la sentenza resa dalla corte

d'appello contiene statuizioni autonome ed autonomamente im

pugnabili, suscettibili di passare in cosa giudicata formale ove

la impugnazione non venga immediatamente proposta: la statui

zione autonoma, cui il ministero fa riferimento, è, evidentemen

te, l'accertamento con cui la corte d'appello ha considerato dovuta

a colpa grave dei medici militari la morte del soldato Sergio Bru

si, accertamento su cui è stata basata la condanna generica del

l'amministrazione al risarcimento dei danni patrimoniali.

Considera, ancora, il ministero, che «fuori dell'ipotesi prevista

dagli art. 279, n. 4, e 278 c.p.c. al giudice del merito non è con

sentito frazionare il procedimento decisorio in più pronunzie, aventi

per oggetto la stessa causa; pertanto, nel caso di violazione di

tale principio, tutte le sentenze assumono carattere definitivo, an

che se la prima pronuncia erroneamente sia stata indicata «non

definitiva», cosicché priva di ogni effetto è la riserva di impugna zione ex art. 340 e 361 c.p.c. compiuta dalla parte totalmente

e parzialmente soccombente «che ha perciò l'onere di proporre

l'impugnazione immediata»: al riguardo richiama la sentenza 4

giugno 1981, n. 3605 (Foro it., Rep. 1981, voce Sentenza civile, n. 58) di questa corte. Come anche si desume dal primo motivo

di ricorso, il ministero intende sostenere che la violazione del prin

cipio della prevalenza del giudicato penale, principio che impone la sospensione del giudizio quando la cognizione del reato influi

sce sulla decisione della controversia civile, vale a rendere defini

tiva la sentenza pronunciata sulla responsabilità per danni

patrimoniali, allo stesso modo che è definitiva la sentenza che

pronuncia su una parte dell'oggetto del giudizio, fuori dei casi

consentiti dagli art. 279, n. 4, e 278 c.p.c. Con il primo motivo, il ministero della difesa denuncia poi

la violazione e falsa applicazione degli art. 2043 c.c. e 3 c.p.p. in relazione all'art. 360, n. 3, c.p.c.: sostiene che, avendo gli at

tori richiesto anche il risarcimento dei danni non patrimoniali, la corte d'appello avrebbe dovuto fare rapporto al procuratore della repubblica e soprassedere all'esame della richiesta di con

danna al risarcimento dei danni patrimoniali, giacché uno era

il fatto illecito e sul suo accertamento influiva la cognizione del

reato. Inutilmente ed erroneamente la corte d'appello avrebbe ri

tenuto di basarsi sull'esistenza di una colpa grave dei medici mili

tari per procedere alla separata condanna dell'amministrazione

al risarcimento dei danni patrimoniali, giacché «il ricorso alla

responsabilità ex art. 2236 (peraltro inapplicabile, com'è noto,

per l'ipotesi di militari di leva cui non è riconosciuto alcun potere di scelta del prestatore d'opera) non consentiva alla corte del me

rito di sfuggire all'esigenza di valutare il presupposto di respon sabilità in termini unitari non essenso consentito distinguere, tra

danni patrimoniali immediatamente risarcibili e danni non patri moniali, subordinati (questi ultimi) all'accertamento di fatti pe nalmente rilevanti.

Con il secondo motivo, il ministero della difesa censura invece

la decisione resa dalla corte d'appello sul merito della domanda

e deduce un vizio di omessa, insufficiente e contraddittoria moti

vazione su un punto decisivo della controversia, in relazione al

l'art. 360, n. 5, c.p.c.

II Foro Italiano — 1989.

Il ricorso è inammissibile perché proposto contro sentenza non

definitiva, avverso la quale la parte aveva in precedenza dichiara

to di volere differire l'esercizio del diritto di impugnazione (Cass. 4 luglio 1981, n. 439, id., Rep. 1981, voce cit., n. 59).

La corte d'appello ha espressamente qualificato come non de

finitiva la sentenza che veniva pronunciando. La rilevanza di questa

qualificazione, secondo l'amministrazione ricorrente, è da esclu

dere e nel rilievo si deve concordare, pur considerando che il punto non si trova risolto in modo univoco nella giurisprudenza della

corte, anche la più recente (nel senso della rilevanza, da ultimo, Cass. 27 marzo 1987, n. 2992, id., Rep. 1987, voce cit., n. 67; in quello contrario, Cass. 21 dicembre 1984, n. 6659, id., 1985,

I, 1742). Invero, il principio per cui forme e termini dell'impugnazione

della sentenza dipendono dalla qualificazione, che il giudice ha

dato alla domanda propostagli, si basa su una valutazione, ope rata in base alla legge processuale, del modo in cui è stato eserci

tato il potere giurisdizionale, non invece sulla qualificazione che

lo stesso giudice abbia dato del proprio provvedimento. Come si è veduto, l'amministrazione della difesa considera, poi,

che la sentenza impugnata sia da riguardare come definitiva, in

primo luogo per il fatto di contenere una statuizione autonoma, suscettibile di passare in cosa giudicata formale.

L'assunto non può essere condiviso. La valutazione espressa dalla ricorrente trova, indubbiamente, corrispondenza in pronun zie della corte, dove è presente l'enunciato per cui «deve conside

rarsi definitiva e, come tale, immediatamente impugnabile la

decisione che esaurisca l'oggetto della controversia attribuendo

o negando il bene in contestazione; che presenti carattere di auto

nomia rispetto alle decisioni riservate al prosieguo del giudizio e che non debba essere integrata da ulteriori pronunce sull'ogget to della domanda, cui si riferisce la decisione» (Cass. 10 ottobre

1977, n. 4321, id., Rep. 1977, voce Appello civile, 16). Di questo argomento, peraltro, non tanto è a dire che non è

incontroveso, quanto è ben noto come sia, in giurisprudenza e

dottrina, dei più controversi (Cass. 4 giugno 1985, n. 3325, id.,

1987, I, 144, considera non definitiva la sentenza che «in caso

di pluralità di domande o di questioni» decida solo «alcuni dei

temi proposti» e nello stesso ordine di idee si collocano, in prece denza e tra le altre, Cass. 23 ottobre 1980, n. 5718, id., Rep.

1980, voce cit., n. 62; e 12 ottobre 1978, n. 4574, id., Rep. 1978, voce cit., n. 54, che qualificano non definitiva la sentenza che

pronuncia su uno, ma non su tutti gli effetti di un unico compor tamento illecito dedotto come elemento della domanda; Cass. 28

giugno 1986, n. 4431, id., 1987, I, 144, considera non definitiva

la sentenza che pronuncia su alcune domande, esaurendole, senza

disporre la separazione dei procedimenti rispetto alle domande

non decise; Cass. 21 dicembre 1984, n. 6659, cit., considera per contro definitive le sentenze che decidono solo alcune delle do

mande proposte, ritenendo in tal caso implicita la separazione dei procedimenti relativi alle altre domande o cause originaria mente riunite).

Il contrasto interno alla giurisprudenza ed i ricorrenti tentativi

della dottrina di dare sistemazione alla materia, con esiti tuttavia

anche essi non collimanti, ad avviso della corte consigliano di

preferire la soluzione che, rispettando le linee fondamentali del

sistema, non incontra un insuperabile ostacolo nella lettura della

legge e sia tale da permettere un'applicazione della norma scevra

quanto possibile da difficoltà, in modo da evitare incertezze nella

condotta processuale delle parti. Gli art. 340 e 361 c.p.c. consentono di differire, rispettivamen

te, l'appello e il ricorso per cassazione ovvero le sentenze previste

dagli art. 278 e 279, 2° comma, n. 4. Lo stabilire rispetto a quali sentenze l'ordinamento rimetta alle parti la scelta tra impugna zione immediata ed impugnazione differita consiste dunque nel

l'individuare lo spartiacque tra le fattispecie delineate dai nn. 4

e 5 del 2° comma dell'art. 279 c.p.c.

Ora, la seconda fattispecie si caratterizza per il dato che la

sentenza, mentre decide una delle cause sin lì riunite in unico

procedimento, delle altre attua un'esplicita separazione, di tal che,

venendo a cessare la compresenza di più giudizi in unico procedi

mento, la sentenza viene per questa via a definire il giudizio.

Questo dato, che è espressivo del modo in cui il giudice ha

esercitato il proprio potere nel decidere delle domande ed ecce

zioni propostegli, si presta, in quanto sia presente o manchi, a

far riconoscere la natura definitiva o parziale della sentenza in

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PARTE PRIMA

base ad un elemento formale, quindi scevro da incertezze nella

pratica applicazione della norma. Inoltre, è cosi rispettato il prin

cipio che la qualificazione della sentenza, ai fini della scelta dei

modi e termini dell'impugnazione, va operata sulla base del mo

do in cui il giudice a quo ha esercitato il proprio potere di co

gnizione. Deriva da ciò, che vanno per contro ricondotte al n. 4 del 2°

comma dell'art. 279 c.p.c. tutte le sentenze che, non decidendo

totalmente il merito, neppure concludono il procedimento, in quan to alla decisione di una parte dell'oggetto del giudizio (questione,

capo di domanda, domanda autonoma) non si accompagna, do

ve pure sarebbe possibile, un provvedimento di separazione.

Questa interpretazione della disposizione contenuta nel n. 4 del

l'art. 279, 2° comma, non incontra insormontabili ostacoli dal

punto di vista letterale.

Al riguardo è sufficiente rilevare che, in dottrina, si è potuta condurre la dimostrazione che il termine «questioni», presente nel n. 4, ha valore di domanda, quando lo si collochi nell'ambito

della norma che risulta dal collegamento con il n. 3, giacché lo

stesso termine, nell'ambito della norma che risulta dal collega mento con il n. 2, sta ad individuare la questione di merito po tenzialmente idonea a definire il giudizio, ma decisa nel senso

di non comportare una tale definizione.

Ancora nello spirito del rilevare la compatibilità tra interpreta zione accolta e formulazione letterale delle disposizioni aventi at

tinenza con il problema che si esamina, deve essere rilevato come

la sentenza parzialmente definitiva su domanda, cui si è conside

rato aver riguardo l'art. 279, 2° comma, n. 4, c.p.c. (e già il

3° comma dell'originario testo dell'art. 279), è stata in dottrina

ritenuta potersi avere sia nel caso di decisione su una tra più cause riunite in unico procedimento sia nel caso di decisione su

uno tra più capi di domanda inerenti ad una sola causa, attingen do tale risultato dal collegamento con l'art. 277, cpv., c.p.c.: di

sposizione, quest'ultima, che, in dottrina, ha potuto essere intesa

sia nel senso di riferirsi solo al caso di più domande inerenti ad

un'unica causa, sia in quello di riferirsi anche a quello di più domande connesse.

Questa intepretazione, d'altro canto, appare rispettosa delle li

nee fondamentali del sistema. Invero, attribuendo alle parti la

possibilità di impugnare immediatamente la sentenza parzialmen te definitiva, l'ordinanza ha consentito ad esse di valutare se sus

sisteva un interesse a rimuovere quella decisione prima della

conclusione del procedimento. Esso resta non di meno orientato

a mantenere l'originario collegamento delle domande nell'unico

procedimento e ad assicurare l'unità del procedimento nelle fasi

di gravame, come si desume sia dal mantenimento del principio tendenziale enunciato al 1° comma dell'art. 277 c.p.c. sia dalla

facoltatività dell'impugnazione immediata.

Orbene, è congruo a questa impostazione, che la cessazione

del collegamento delle domande nell'unico procedimento derivi

da un esercizio da parte del giudice della facoltà di separazione, invece d'essere considerato come un effetto normativamente ri

collegato all'esercizio del diverso potere di decidere una delle di

verse domande propostagli prima delle altre.

L'amministrazione ricorrente ha però osservato, richiamandosi

alla sentenza 4 giugno 1981, n. 3605 (id., Rep. 1981, voce cit., n. 58) di questa corte, che ogni sentenza dovrebbe essere conside

rata definitiva quando assuma ad oggetto di decisione una parte della materia da decidere, senza che ciò sia consentito dagli art.

278 e 279, 2° comma, n. 4, c.p.c. Ciò varrebbe a rendere definiti

va e perciò immediatamente impugnabile la sentenza della corte

d'appello, che, non sospendendo di decidere sulla domanda di

risarcimento anche per quanto riguarda il danno patrimoniale, avrebbe illegittimamente frazionato il procedimento decisorio.

La soluzione indicata nella sentenza 4 giugno 1981, n. 3605

cit., non sembra coerente con il sistema. Una volta che l'ordina

mento processuale conosce la sentenza che decide una questione senza concludere il procedimento, la pronuncia di una tale sen

tenza fuori dei casi in cui possa dirsi consentito, non dovrebbe

valere a sottrarla al regime dell'impugnazione delle sentenze non

definitive, ma solo rilevare ai fini della denuncia dell'errore pro cessuale compiuto dal giudice.

Peraltro, nel caso in esame, la norma che non sarebbe stata

osservata neppure è quella dettata dall'art. 279, 2° comma, n.

4, c.p.c.

Invero, la possibilità di domandare al giudice civile la condan

na al risarcimento del solo danno patrimoniale (Cass. 31 gennaio

Il Foro Italiano — 1989.

1967, n. 286, id., Rep. 1968, voce Responsabilità civile, n. 115) vale a qualificare la pronuncia resa su tale punto, in un giudizio in cui sia stato chiesto anche il danno non patrimoniale, come

sentenza resa su capo di domanda e quindi come sentenza non

definitiva alla stregua dello stesso dettato dell'art. 279, 2° com

ma, n. 4, c.p.c. Non attiene invece alla qualificazione della sentenza, ma al con

tenuto della decisione ed al (precluso) esame dei motivi di ricor

so, lo stabilire se il giudice della causa, cui sia richiesto anche

il risarcimento del danno non patrimoniale, dopo aver fatto rap

porto al procuratore della repubblica, debba soprassedere alla de

cisione, quanto alla responsabilità per il dannno patrimoniale, in attesa che sia iniziata l'azione penale, per ciò che la cognizione del reato è in grado di influire anche sulla decisione relativa a

quel capo della domanda.

In conclusione, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile

perché proposto contro decisione non suscettibile di impugnazio ne immediata.

CORTE DI CASSAZIONE; sezione I civile; sentenza 23 giugno

1988, n. 4279; Pres. F. E. Rossi, Est. Lipari, P. M. Donna

rumma (conci, conf.); Faggin ed altri (Aw. Terzi) c. Comune

di Udine; Comune di Udine (Avv. Mazzitelli) c. Faggin e al

tri. Cassa Pret. Udine 6 agosto 1983.

Procedimento civile — Procura «ad litem» — Conferimento con

atto diverso da quelli indicati dalla norma — Validità — Con

dizioni — Fattispecie (Cod. proc. civ., art. 83, 125, 156).

La procura apposta in calce ad un atto diverso da quelli elencati

all'art. 83 c.p.c. deve ritenersi idonea a raggiungere lo scopo di instaurare un valido rapporto processuale se detto atto sia

depositato al momento della costituzione in giudizio e la con

troparte non abbia sollevato specifiche contestazioni sulla rego larità del mandato (nella specie, il procuratore incaricato da

una pluralità di soggetti di sollevare opposizione ad ordinanze

ingiunzioni, aveva depositato un unico ricorso collettivo per tutti gli opponenti richiamando in esso le procure che ogni sin

golo opponente aveva conferito in un proprio ricorso indivi

duale, tutti depositati in cancelleria col fascicolo di parte). (1)

(1) La giurisprudenza della Cassazione — confermata anche dalla sen tenza in epigrafe che ha dedicato al tema una sin troppo ampia riflessione — può oramai dirsi orientata prevalentemente ad attenuare il rigore del tenore letterale dell'art. 83, 2° comma, c.p.c., sebbene ciò ancora non costituisca un indirizzo costante. Conf. Cass. 3 dicembre 1985, n. 6048, Foro it., Rep. 1985, voce Procedimento civile, n. 58; 7 novembre 1983, n. 6571, id., Rep. 1984, voce cit., n. 50; 17 giugno 1983, n. 4179, id., Rep. 1983, voce cit., n. 55; 12 luglio 1979, n. 4060, id., Rep. 1979, voce

cit., n. 106; 8 settembre 1977, n. 3930, id., Rep. 1977, voce cit., n. 70. Il principio è stato applicato in particolare all'ipotesi di conferimento della procura sulla copia notificata del ricorso e pedissequo decreto nel

procedimento monitorio: Cass. 15 febbraio 1985, n. 1309, id., Rep. 1985, voce Ingiunzione (procedimento), n. 36; 15 maggio 1982, n. 3034, id., Rep. 1982, voce cit., n. 22.

Molto numerosi sono i procedimenti conformi alla sentenza riportata, nell'ipotesi in cui la procura per il giudizio di appello sia stata conferita sulla copia notificata della sentenza di primo grado; v. Cass. 14 febbraio

1987, n. 1685, 15 gennio 1987, n. 240, id., Rep. 1987, voce Procedimento

civile, nn. 54, 55; 3 maggio 1986, n. 3009, 15 aprile 1986, n. 2651, 8 febbraio 1986, n. 789, id., Rep. 1986, voce cit., nn. 35, 39, 40; 22 feb braio 1985, n. 1591, id., Rep. 1985, voce cit., n. 61; 17 novembre 1983, n. 6838, 24 giugno 1983, n. 4335, id., Rep. 1983, voce cit., nn. 52, 53; 17 novembre 1982, n. 6155, 15 settembre 1982, n. 4887, id., Rep. 1982, voce cit., nn. 51, 54, entrambe per altra parte in Foro it., 1983, I, 353 e 704; 12 dicembre 1979, n. 6482, 14 maggio 1979, n. 2786, id., Rep. 1979, voce cit., nn. Ili, 113; 6 agosto 1977, n. 3571, id., 1977, I, 2139, con nota di richiami; cui adde Cass. 4 marzo 1980, n. 1466, id., Rep. 1980, voce cit., n. 81. In senso contrario all'indirizzo prevalente si è espressa Cass. 26 settembre 1986, n. 5970, id., Rep. 1986, voce cit., n. 33, e, con specifico riferimento al caso di procura rilasciata sulla copia notifica ta della sentenza di primo grado, Cass. 2 febbraio 1983, n. 910, id., Rep. 1983, voce cit., n. 54; 2 agosto 1977, n. 3408, id., Rep. 1977, voce cit.,

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