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PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE || sezione III civile; sentenza 14 marzo 1988,...

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sezione III civile; sentenza 14 marzo 1988, n. 2428; Pres. Laudato, Est. Vittoria, P.M. De Martini (concl. conf.) Bombardelli (Avv. Conti, Fronza) c. Dalla Costa (Avv. Manzi, Callegari). Cassa Trib. Trento 29 agosto 1983 Source: Il Foro Italiano, Vol. 111, PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE (1988), pp. 1885/1886-1887/1888 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23181316 . Accessed: 25/06/2014 02:28 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 195.78.108.81 on Wed, 25 Jun 2014 02:28:58 AM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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Page 1: PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE || sezione III civile; sentenza 14 marzo 1988, n. 2428; Pres. Laudato, Est. Vittoria, P.M. De Martini (concl. conf.) Bombardelli

sezione III civile; sentenza 14 marzo 1988, n. 2428; Pres. Laudato, Est. Vittoria, P.M. De Martini(concl. conf.) Bombardelli (Avv. Conti, Fronza) c. Dalla Costa (Avv. Manzi, Callegari). Cassa Trib.Trento 29 agosto 1983Source: Il Foro Italiano, Vol. 111, PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE(1988), pp. 1885/1886-1887/1888Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23181316 .

Accessed: 25/06/2014 02:28

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

In definitiva, va quindi affermato che ove, nella città di Roma ed in zona edilizia «a palazzine», si proceda alle costruzioni ac cessorie previste dell'art, unico 1. 10 maggio 1955 n. 444, la man

cata osservanza di una soltanto delle condizioni per esse poste sub e) di tale norma, si concreta nella violazione del distacco minimo tra gli edifici principali ed i confini di proprietà e com porta di conseguenza, ai sensi dell'art. 873 c.c., il diritto del vici no di chiedere la demolizione del corpo accessorio illegittimo.

Il ricorso va quindi respinto.

CORTE DI CASSAZIONE; sezione III civile; sentenza 14 marzo

1988, n. 2428; Pres. Laudato, Est. Vittoria', P.M. De Marti

ni (conci, conf.) Bombardelli (Avv. Conti, Fronza) c. Dalla

Costa (Avv. Manzi, Callegari). Cassa Trib. Trento 29 agosto 1983.

Locazione — Legge 392/78 — Controversie sulla determinazione

del canone — Domanda di ripetizione di indebito per canone — Inclusione — Tentativo obbligatorio di conciliazione — Omis

sione — Improcedibilità della domanda — Fattispecie (L. 27

luglio 1978 n. 392, disciplina delle locazioni di immobili urba ni, art. 43, 44, 45, 79).

La domanda proposta (nella specie, in via riconvenzionale) dal

conduttore di immobile urbano per la restituzione di somme

versate per aumenti del canone oltre la misura legalmente do

vuta, postula concettualmente le operazioni di determinazione ed aggiornamento del canone, e deve quindi essere preceduta — a pena di improcedibilità — dal tentativo obbligatorio di

conciliazione di cui all'art. 44 l. 392/78, senza che abbia alcuna

rilevanza il fatto che l'esperimento del procedimento conciliati

vo in questione si dimostri in concreto non necessario, per la

mancata contestazione della pretesa fatta valere dal condutto

re, oppure inutile, in considerazione della resistenza opposta dal locatore alla domanda non preceduta dal tentativo di con

ciliazione. (1)

(1) In termini, circa la riconducibilità all'art. 45 1. 392/78 della do manda di ripetizione di somme pagate in eccedenza rispetto al canone

legalmente dovuto, v., fra le tante, Cass. 25 febbraio 1983, n. 1461, Foro

it., Rep. 1983, voce Locazione, n. 1034 (per esteso in Arch, locazioni, 1983, 260); Cass. 5 novembre 1981, n. 5838, Foro it., 1982, I, 1957, con nota di G. Costantino; e, più recentemente: Trib. Brescia 30 gen naio 1987, Arch, locazioni, 1987, 347; Pret. Molfetta 12 novembre 1986, ibid., 169; Pret. Cavalese 10 marzo 1986, Foro it., Rep. 1986, voce cit., n. 340.

La citata Cass. 1461/83, al pari della pronunzia in epigrafe, ha affer mato l'obbligatorietà del tentativo di conciliazione ex art. 43-44 1. 392/78 in relazione ad un'ipotesi di domanda riconvenzionalmente proposta dal conduttore. Sulla contraria opinione espressa sul punto da una parte del la giurisprudenza di merito e della dottrina, che argomenta dalla ratio delle disposizioni citate la «inutilità», in caso di giudizio già in corso, della preventiva procedura conciliativa, v. Pret. Foggia 7 dicembre 1985, id., 1987, I, 1147, e Pret. Lecco, ord. 1° ottobre 1985, id., 1986, I, 2966, e le relative note di richiami; nonché Corte cost., ord. 18 dicembre 1987, n. 566, id., 1988, I, 1010 (che ha dichiarato manifestamente inammissibi

le, per difetto di motivazione sulla rilevanza, la questione di costituziona lità degli art. 43 ss. 1. 392/78 sollevata dall'ordinanza ora citata del Pretore di Lecco).

Mette conto pertanto rilevare che la sentenza qui riprodotta, nell'affer mare che la obbligatorietà del tentativo di conciliazione in argomento prescinde da fattori contingenti, quali la sua «necessità» o la sua «utili

tà», ricava tale principio: a) quanto alla irrilevanza del fatto che l'esperi mento del procedimento di cui all'art. 44 1. 392/78 si riveli (secondo una valutazione ex post) non necessario, dalla considerazione che il mezzo

processuale in questione è diretto a tutelare un interesse, generale ma anche della parte convenuta, alla più economica soluzione della contro

versia; ti) quanto alla irrilevanza della «inutilità» di riportare il procedi mento alla preliminare fase conciliativa, dal fatto che altrimenti il legislatore avrebbe ragionevolmente previsto la rilevabilità solo ad eccezione di parte del mancato esperimento del tentativo di conciliazione, anziché sanzio narlo (come ha fatto) con la improcedibilità della domanda rilevabile an che di ufficio in ogni stato e grado del processo.

In argomento v. anche Pret. Cavalese 28 febbraio - 10 marzo 1986,

id., Rep. 1986, voce cit., n. 667, e Trib. Trento 2 dicembre 1986, Giur.

merito, 1987, 587 (circa la obbligatorietà de! tentativo di conciliazione ex art. 43 ss. anche nel caso che la domanda di determinazione del cano

II Foro Italiano — 1988.

Svolgimento del processo. — Erminio Bombardelli, con ricor

so depositato il 6 luglio 1982, chiedeva al Pretore di Trento di

disporre, in confronto di Milena Dalla Costa Sperandio, il rila

scio dell'appartamento con annesso garage, datole in locazione

ad uso di abitazione, sito in Trento, via Giovanni a Prato n. 24.

Il ricorrente esponeva che, con lettera raccomandata del 23 aprile

1982, aveva comunicato alla Dalla Costa Sperandio il proprio recesso dal contratto, per la necessità di destinare l'immobile ad

abitazione e studio professionale del figlio Tiziano che, medico

chirurgo iscritto all'albo, attendeva di poter cosi iniziare ad eser

citare la libera professione. Il ricorso veniva notificato alla Dalla Costa Sperandio, che si

costituiva in giudizio opponendosi al rilascio.

La convenuta sosteneva che la necessità addotta a motivo del

recesso non sussisteva, il che si poteva desumere da un complesso di ragioni: l'espressione generica usata nella comunicazione «a

uso abitativo e professionale dei propri figli»; una precedente let

tera 4 marzo 1982, in cui era chiaramente indicata l'intenzione

di voler vendere l'appartamento; le precisazioni fornite al riguar do dallo stesso attore che, avendo acquistato dalla ditta Angelini una notevole porzione del nuovo condominio in via Piave a Trento,

per adibirla a studio professionale suo e di suo figlio», aveva

detto d'aver bisogno di vendere l'appartamento per far fronte

alle spese di tale acquisto, ma perciò anche di riaverne la disponi bilità così da ottenere un maggior prezzo.

La Dalla Costa Sperandio proponeva poi una domanda ricon

venzionale e chiedeva che il Bombardelli fosse condannato a re

stituirle la somma di lire 2.906.662, con i relativi interessi per aumenti di canone corrisposti oltre il dovuto e quella di lire

195.000, prestata come cauzione anche questa con i relativi in

teressi.

Il Bombardelli resisteva alla domanda riconvenzionale. Dedu

ceva che nel 1978 e nel 1980 erano stati eseguiti interventi straor

dinari alle parti comuni del condominio (scarichi per lire 316.000, caldaia e asfalto per lire 1.221.000) per cui sul complessivo im

porto di lire 1.536.000 erano dovuti gli interessi al tasso legale a norma dell'art. 23 1. 27 luglio 1978 n. 392; osservava che la

«tavola sinottica», formata dalla convenuta per mostrare la dif

ferenza tra canoni dovuti e canoni pagati, conteveva un errore,

giacché, quanto al 1978, la differenza doveva riguardare nove

mesi e non dodici, il che comportava che venissero richieste circa

400 mila lire in più; concludeva nel senso che, «considerati quin di gli aumenti di cui all'art. 62 (indicati in scheda) e gli aggiona menti del canone a sensi dell'art. 63, quanto corrisposto volontariamente dall'inquilino, in esecuzione di precisa analoga richiesta del locatore, è legittimo e corrispondente appunto all'e

satto conteggio del dovuto».

Il Pretore di Trento, istruita la causa, con sentenza del 30 apri le 1983 rigettava la domanda di rilascio e dichiarava la propria

incompetenza per ragioni di valore a conoscere della domanda

riconvenzionale.

Il pretore riteneva tra l'altro che mancava la necessità addotta

a motivo del recesso e che l'azione di ripetizione preveduta dal

l'art. 79 1. 27 luglio 1978 n. 392, configurandosi come un'ordina

ria azione di ripetizione di indebito, ne segue le regole quanto alla competenza giacché gli art. 43 ss. 1. 392 «hanno implicita mente soppresso il giudizio di equo fitto delineato negli art. 20, 30 e 31 1. 23 maggio 1950 n. 253».

La sentenza veniva impugnata da ambedue le parti. Il Tribunale di Trento, con sentenza 29 agosto 1983, rigettava

l'appello del Bombardelli e perciò confermava la pronuncia di

ne sia stata impropriamente proposta con il rito ordinario, e venga quindi

disposto il mutamento di rito ex art. 48 1. 392/78); Trib. Napoli 12 feb

braio 1986, Foro it., Rep. 1986, voce cit., n. 666 (che rileva come la

sanzione della improcedibilità non impedisce il ricorso al giudice, ma de

termina l'arresto del processo); Cass. 27 novembre 1986, n. 6996, ibid., n. 665 (nel senso che il giudice adito per la determinazione del canone, se incompetente per materia, deve limitarsi a dichiarare la propria incom

petenza, senza poter prendere in esame la questione della necessità del

previo tentativo di conciliazione); Cass. 17 dicembre 1986, n. 7626, ibid., n. 664 (secondo la quale l'improcedibilità della domanda prevista dal ci

tato art. 43 trova applicazione soltanto se la controversia riguardi la de

terminazione, l'aggiornamento e l'adeguamento del canone dovuto ai sensi

della stessa 1. 392/78); e, da ultimo, Pret. Foggia 19 giugno 1987, id., 1988, I, 304 (sul caso della domanda ex art. 44 cit. proposta avanti a

giudice incompetente per territorio).

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1887 PARTE PRIMA 1888

rigetto della domanda di rilascio, mentre accoglieva l'appello del

la Dalla Costa Sperandio e quindi condannava il locatore alla

restituzione della somma richiesta con la domanda riconvenzionale.

Il tribunale riteneva che il locatore nella sua prima lettera del

4 marzo 1982, aveva chiaramente indicato il suo intento di vende

re l'appartamento, sicché non poteva poi pretendere che di tale

intenzione non si tenesse conto, una volta che si trattava di accer

tare se la necessità dichiarata nella successiva lettera del 23 aprile 1982 era reale e nascondeva un diverso intendimelo.

Aggiungeva il tribunale che, se la necessità del figlio vi fosse

stata, non poteva non esserci anche prima e però non era stata

manifestata; d'altro canto, nella comunicazione di recesso la ne

cessità era stata genericamente riferita ai «propri figli», mentre

soltanto nel ricorso come soggetto di tale necessità era stato indi

cato il figlio Tiziano. Quanto alla domanda riconvenzionale, il tribunale riteneva che

l'azione per la ripetizione di somme corrisposte in più del canone

dovuto implica quella di determinazione del canone e vi rientra, risultando cosi di competenza del pretore e che, nel caso, mentre

il canone base non era controverso, le contestazioni mosse in or

dine agli aumenti extralegali erano generiche, come generica e

comunque in parte anche infondata era l'eccezione di compensa zione proposta sulla base dell'art. 23 1. n. 392 del 1978.

Per la cassazione di questa sentenza ha presentato ricorso Er

minio Bombardelli con due mezzi di annullamento; Milena Dalla

Costa Sperandio resiste con controricorso.

Motivi della decisione. — (Omissis). Con il secondo motivo, il ricorrente deduce la violazione degli art. 23, 43, 44, 45 e ss., 78 1. 27 luglio 1978 n. 392. Sostiene che la domanda di ripetizio ne delle somme, che la conduttrice assumeva di aver pagato in

più del canone dovuto, non era stata preceduta dal tentativo di

conciliazione preveduto dall'art. 44 ed era perciò improcedibile;

che, avendo egli contestato sia il fondamento sia la entità della

pretesa, il tribunale non avrebbe potuto accogliere la domanda

se non dopo aver dimostrato l'infondatezza delle contestazioni

mosse al calcolo operato dalla conduttrice; che, infine, il tribuna

le aveva omesso di esaminare il fondamento dell'eccezione pro

posta sulla base dell'art. 23 della legge, per averla erroneamente

qualificata come generica. La prima delle tre censure svolte con il motivo è fondata ed

assorbente.

La domanda di restituzione delle somme versate dal condutto

re oltre la misura del canone legalmente dovuto (art. 79, 2° com

ma, 1. 27 luglio 1978 n. 392) postula concettualmente le operazioni di determinazione ed aggiornamento del canone e, come la corte

ha più volte ritenuto, è disciplinata, quanto alla competenza, dal

le norme che regolano le controversie relative alla determinazio

ne, aggiornamento ed adeguamento del canone (Cass. 5 novembre

1981, n. 5838, Foro it., 1982, I, 1957; 26 agosto 1983, n. 5484,

id., Rep. 1983, voce Locazione, n. 467; 26 marzo 1986, n. 2152, id., Rep. 1986, voce cit., n. 339).

Per la stessa ragione, è da ritenere che sul riguardo parimenti

operino le disposizioni dettate dagli art. 43 e 44 della legge, in

tema di improcedibilità della domanda e di tentativo obbligatorio di conciliazione, la cui inosservanza è rilevabile, anche di ufficio, in ogni stato e grado dal procedimento (Cass. 25 febbraio 1983,

id., Rep. 1983, voce cit., n. 1034). Il tribunale ha ritenuto di poter prescindere dal mancato espe

rimento del tentativo obbligatorio di conciliazione, evidentemen

te per aver considerato non controverso il canone e non specifiche le eccezioni assunte dal pretore sul calcolo degli aumenti ed ag

giornamenti. Il ragionamento fatto non appare sorretto da un'esatta appli

cazione delle norme in discussione.

Se, infatti, esso vuole esprimere la valutazione che il tentativo

di conciliazione si è rilevato ex post non necessario sulla scorta

della sostanziale mancata contestazione della pretesa, il ragiona mento va contro la funzione della norma, che tutela un interesse

generale, ma anche quello della parte, nei cui confronti la pretesa è formulata, alla più economica conclusione del giudizio, assicu

rata dall'art. 44 della legge. Se invece si ritiene che la resistenza opposta alla pretesa non

preceduta da tentativo di conciliazione dimostri l'inutilità di ri

portare indietro il procedimento per sperimentarlo, non si spiega perché il legislatore non abbia ritenuto sufficiente l'eccezione del la parte per assicurare, nell'interesse di questa, il rispetto della

norma ed abbia invece inteso garantirne l'osservanza attraverso

li Foro Italiano — 1988.

la sanzione dell'improcedibilità affidata al rilievo di ufficio, in

ogni stato e grado del procedimento. Il ricorso va in conclusione accolto, e con la cassazione della

sentenza impugnata, la causa va rinviata per nuovo esame al Tri

bunale di Rovereto.

CORTE DI CASSAZIONE; sezione III civile; sentenza 10 marzo

1988, n. 2380; Pres. Scribano, Est. Varrone, P.M. Dettori

(conci, conf.); Buccelloni (Avv. Cascino, Borgna) c. Soc. im

mob. La Castellana (Avv. Giove). Conferma Trib. Verbania

27 maggio 1983.

Locazione — Legge 392/78 — Immobili adibiti ad uso diverso

dall'abitazione — Locazione a carattere stagionale — Nozione

(L. 27 luglio 1978 n. 392, disciplina delle locazioni di immobili urbani, art. 27).

La locazione a carattere stagionale disciplinata dall'art. 27, 6°

comma, I. 392/78 va concepita come pluralità di rapporti, a

durata stagionale e autonomi l'uno dall'altro, e non come rap

porto unitario con durata sessennale, a decorrere dalla stipula zione originaria, seppur caratterizzato da un godimento dell'immobile da parte del conduttore non continuo ma caden

zato secondo fasi alterne. (1)

Motivi della decisione. — Con l'unico motivo la ricorrente la

menta la violazione e la falsa applicazione, con riferimento al

l'art. 360, n. 3, c.p.c., dell'art. 27, 6° comma, 1. n. 392 del 1978,

imputando al giudice del merito un duplice errore: l'aver confuso

il concetto di «attività stagionale» con quello di «locazione sta

gionale»; l'aver obliterato che la disposizione de qua presuppone — diversamente da quanto accaduto nel caso di specie — la ces

sazione del rapporto locativo al termine del periodo di utilizza

zione del bene ed il ritorno dello stesso nella disponibilità giuridica e materiale del locatore.

Cosi chiarita, la complessa censura risulta priva di fondamen

to; e valga il vero.

Al riguardo, occorre premettere una ricostruzione teorica della

cosiddetta «locazione stagionale», quale specifico tipo di locazio

ne introdotto per la prima volta dal legislatore del 1978, distin

guendolo dalla categoria delle locazioni non abitative e

disciplinandolo ai sensi del 6° comma dell'art. 27 della citata leg

ge, il quale stabilisce che «se la locazione ha carattere stagionale, il locatore è obbligato a locare l'immobile, per la medesima sta

gione dell'anno successivo, allo stesso conduttore che gliene ab

bia fatto richiesta con lettera raccomandata prima della scadenza

del contratto», precisando che tale obbligo «ha la durata massi

ma di sei anni consecutivi o di nove se si tratta di utilizzazione

alberghiera». Già la semplice formulazione letterale della norma induce ad

(1) La decisione fornisce una «costruzione articolata» della locazione a carattere stagionale di cui all'art. 27, 6° comma, 1. 392/78, diametral mente opposta a quella «unitaria» delineata, nella motivazione, da Cass. 29 novembre 1984, n. 6267, Foro it., 1985, I, 1761, e n. 6266, id., Rep. 1984, voce Locazione, n. 130.

La motivazione della sentenza, fondata su di un'interpretazione più rigorosamente vincolata alla lettera della legge, ribalta specularmente le

argomentazioni dei precedenti, che attribuiscono accentuato rilievo all'e lemento sistematico-finalistico. In particolare, secondo la pronunzia ri

portata, la previsione a carico del locatore dell'obbligo di rilocare l'immobile

per la stessa stagione degli anni successivi (per un massimo di sei e a richiesta del conduttore) esclude in radice l'ipotizzabilità di un rapporto unitario, mentre l'applicabilità in regime transitorio dell'istituto del reces so ex art. 29 e 73 1. 392/78 e la possibilità (prevista dall'art. 33 1. 392/78) di aggiornamento del canone secondo le modalità di cui all'art. 32 non costituiscono elementi incompatibili con l'interpretazione opposta.

In dottrina, v. A.M. Bruni, in Nuova giur. civ., 1985, I, 295; F. Lazzaro-R. Preden, Le locazioni per uso non abitativo, Giuffrè, Mila

no, 1985, 65; P. Cosentino-P. Vitucci, Le locazioni dopo le riforme del 1978-1985, Utet, Torino, 1986, 280.

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