sezione III civile; sentenza 24 ottobre 1987, n. 7833; Pres. Lo Surdo, Est. De Rosa, P. M. Iannelli(concl. conf.); Ina (Avv. De Vita, Punzi) c. Sliwka. Cassa App. Genova 9 maggio 1983Source: Il Foro Italiano, Vol. 111, PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE(1988), pp. 87/88-95/96Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23181020 .
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PARTE PRIMA
a questa autorità giudiziaria la Banca commerciale italiana s.p.a.
esponendo quanto segue. In data 19 novembre 1985 essa istante aveva subito lo smarri
mento, immediatamente denunciato alla stazione dei carabinieri
di viale Libia, Roma, del blocchetto di assegni di c/c n. 774967/01,
aperto presso l'agenzia n. 20 della Comit in Roma. Nel medesi
mo giorno la Comit pagava a tale Stefani Anna Maria, identifi
cata mediante patente auto B n. 17703 del 18 maggio 1980, la
somma di lire 450.000 a fronte dell'assegno bancario n.
0794/484769, facente parte del citato blocchetto smarrito e tratto sul c/c dell'attrice. La sig. Di Bastiano, che non aveva mai emes
so l'assegno in discorso, riteneva che la banca avesse eseguito un incauto pagamento in quanto, mentre la firma apposta sul
l'assegno de quo risultava essere «Di Bastiano Luciana», quella
regolarmente depositata era «Luciana Di Bastiano»; la patente, inoltre, era visibilmente falsa essendo errata la numerazione. Non
avendo avuto seguito la richiesta di rimborso, la sig. Di Bastiano
agiva quindi in via giudiziaria per ottenere quanto dovutole.
(Omissis) Motivi della decisione. — (Omissis) In ordine all'autenticità delle
possibili firme contenute in un assegno non vi è dubbio che, sulla base della specifica previsione dell'art. 38 legge sull'assegno, il
banchiere trattario non è tenuto a verificare gli autografi dei gi ranti del titolo, restando liberato da responsabilità se paga al le
gittimo portatore a seguito di una serie continua e non interrotta
di girate. Nell'assenza di un'apposita norma legislativa, non sono
invece pacifiche le conseguenze che possono scaturire dal paga mento di un assegno in cui sia stata falsificata la firma del traen te ed in particolare se in tal caso possa concorrere od escludersi
la responsabilità della banca. È stato ritenuto (cfr. Cass. 29 giu
gno 1981, n. 4209, Foro it., 1982, I, 472) che la responsabilità dell'istituto di credito si dovesse addirittura presumere, finché lo
stesso, mediante la produzione degli assegni a firma apocrifa e dello specimen del traente ovvero con altro idoneo mezzo di pro va, potesse dimostrare di non essere stato in grado di riscontrare la falsità nonostante l'uso della diligenza dell'accorto banchiere.
Occorre al riguardo precisare che la diligenza della banca non
può equipararsi a quella di un esperto calligrafo, nel caso di un'a bile e raffinata contraffazione dell'autografo, ma che senz'altro
deve essere conformata a prudenza e tale da individuare macro
scopiche o grossolane falsità emergenti in maniera chiara ed ine
quivocabile dalla comparazione con lo specimen. L'accertamento
della responsabilità della banca consegue, pertanto, ad una valu
tazione di fatto al livello di diligenza usato nell'esame dell'auto
grafo. Calando detta panoramica nella realtà di cui in causa, il
dato che emerge chiaramente è l'inversione del nome e cognome della firma apposta sull'assegno rispetto a quella depositata; det
to elemento, di per sé sufficiente a diversificare la due firme, avrebbe dovuto indurre l'impiegato addetto al riscontro ad effet tuare una comparazione più attenta e minuziosa. Se ciò fosse
avvenuto, sarebbe senz'altro emersa la falsificazione dell'autografo. Questo stesso magistrato, che, sebbene per tradizione giuridica
sia considerato peritus peritorum, non si vanta certamente di es sere un perito calligrafo, dopo un più attento esame delle firme in discorso, non ha avuto difficoltà a riscontrare elementi di dif formità tra le stesse, quale ad esempio la lettera «B», scritta sem
pre con un tratto interrotto dalla sig. Di Bastiano, e con un tratto continuato dal falsario.
La verità, come è emerso nella fase istruttoria dalle testimo nianze rese dai vari dipendenti della Comit, è che, trattandosi di un assegno di modesto valore (inferiore al milione di lire), fu effettuato un controllo estremamente superficiale; secondo la
prassi dell'agenzia 20, infatti, controlli maggiormente accurati ven
gono riservati solo ad assegni di maggior importo. Detta proce dura, se da un lato consente di snellire il disbrigo delle operazioni di minor rilievo, dall'altro riduce i margini di sicurezza. Se tale
comportamento può essere comprensibile sotto il profilo dell'eco nomicità gestionale, non può essere altrettanto giustificabile sotto
l'aspetto della responsabilità verso i correntisti. Da tutto ciò ne
consegue che la Comit effettuò il pagamento in parola senza por re in essere tutta la necessaria e potenziale diligenza professiona le. (Omissis)
Il Foro Italiano — 1988.
I
CORTE DI CASSAZIONE; sezione III civile; sentenza 24 otto
bre 1987, n. 7833; Pres. Lo Surdo, Est. De Rosa, P. M. Ian
nelli (conci, conf.); Ina (Avv. De Vita, Punzi) c. Sliwka. Cassa
App. Genova 9 maggio 1983.
Assicurazione (contratto di) — Assicurazione r.c.a. — Liquida zione coatta amministrativa — Fondo di garanzia — Pagamen to tardivo — Interessi di mora (D.l. 23 dicembre 1976 n. 857, modifica della disciplina dell'assicurazione obbligatoria della re
sponsabilità civile derivante dalla circolazione dei veicoli a mo
tore e dei natanti, art. 8, 9; 1. 26 febbraio 1977 n. 39, conversione in legge, con modificazioni, del d.l. 23 dicembre 1976 n. 857, art. unico; d.p.r. 16 gennaio 1981 n. 45, modificazioni al rego lamento sull'assicurazione obbligatoria della responsabilità ci vile derivante dalla circolazione dei veicoli a motore e dei natanti, art. 17, 18).
Posto che, in caso di liquidazione coatta amministrativa dell'im
presa assicuratrice della r.c.a., l'obbligo dell'ente gestore del
fondo di garanzia di provvedere al pagamento della somma dovuta al danneggiato sorge automaticamente a seguito dell'ac cordo intervenuto con il commissario liquidatore, senza alcun
controllo di merito ma con semplice verifica formale sulla re
golarità dell'atto, spetta al giudice stabilire se il ritardo nell'a
dempimento superi i limiti di tempo necessari per lo svolgimento di quest'operazione e per la materiale erogazione della somma
(nella specie, è stata confermata la sentenza di merito che, con
riguardo ad un atto di liquidazione delle conseguenze di un
sinistro sottoscritto il 27 marzo 1979 e al relativo pagamento in data 20 febbraio 1980, aveva riconosciuto la spettanza degli interessi moratori a far tempo dal sollecito del danneggiato in
data 7 giugno 1979). (1)
II
CORTE DI CASSAZIONE; sezione III civile; sentenza 30 luglio 1987, n. 6587; Pres. Bile, Est. Taddeucci, P. M. Simeone
(conci, diff.); Ina (Avv. De Vita, Punzi) c. Lupo (Avv. Li
guori, Donaver). Conferma Trib. Genova 13 settembre 1982.
Assicurazione (contratto di) — Assicurazione r.c.a. — Liquida zione coatta amministrativa — Fondo di garanzia — Corre
sponsione del risarcimento concordato dal danneggiato con
l'impresa cessionaria — Pagamento tardivo — Interessi mora tori — Necessità di atto formale di costituzione in mora —
Insussistenza — Fattispecie (Cod. civ., art. 1219, 1224; d.l. 26 settembre 1978 n. 576, agevolazioni al trasferimento del porta foglio e del personale delle imprese di assicurazione poste in
liquidazione coatta amministrativa, art. 4; 1. 24 novembre 1978 n. 738, conversione in legge, con modificazioni, del d.l. 26 set tembre 1978 n. 576, art. unico; d.p.r. 16 gennaio 1981 n. 45, art. 22).
Posta in liquidazione coatta amministrativa una società assicura
trice, il fondo di garanzia ha l'obbligo di corrispondere il risar cimento al danneggiato fin dal momento in cui l'impresa cessionaria e lo stesso danneggiato perfezionano l'accordo sulla somma da liquidarsi ed è tenuto a corrispondere gli interessi
moratori, anche in mancanza di un atto formale di costituzione in mora, se non effettua il pagamento entro un congruo lasso di tempo (nella specie, la sentenza confermata aveva ritenuto
ingiustificato il ritardo del fondo, che non aveva ancora prov veduto al pagamento dopo circa due settimane dalla sottoscri
zione dell'accordo di liquidazione tra il danneggiato e l'impresa cessionaria). (2)
(1-2) In giurisprudenza v., da ultimo, Cass. 23 maggio 1986, n. 3460, Foro it., 1986, I, 2142, in cui il fondo di garanzia ha proposto l'identica linea difensiva sostenuta nelle sentenze in epigrafe, evidenziando come il creditore danneggiato non possa «pretendere di esigere la somma con cordata non appena perfezionato il negozio di liquidazione, perché la complessa procedura imposta dal legislatore. . . ed i principi che regola no l'adempimento dell'obbligazione da parte di un organismo pubblico — tenuto, quanto meno, al controllo della regolarità formale della liqui dazione già operata — fanno si che l'obbligazione in senso tecnico nasca
quando la pratica sia arrivata al fondo di garanzia e quando quest'ultimo abbia effettuato i controlli di legge». Ma, può ben obiettarsi, se il proble
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
I
Svolgimento de! processo. — Con sentenza 8 dicembre 1981-11
febbraio 1982 il Tribunale di Genova, pronunciando nella causa
proposta da Sliwka Edith contro l'Ina, fondo garanzia vittime
della strada, dopo aver dato atto che nel corso del giudizio l'Ina
aveva pagato all'attrice la somma capitale dovutale a titolo di
danni, e cioè lire 2.900.000, condannava il convenuto a pagare
gli interessi su detta somma nonché la rivalutazione monetaria
(indici Istat) dal 7 giugno 1979 al saldo. Spese processuali a cari
co dell'Ina.
Appellava quest'ultimo, con atto notificato il 22 marzo 1982,
e svolgeva i seguenti motivi di gravame: 1) il tribunale aveva con
fuso l'impresa cessionaria di cui al d.l. 576/78 con il commissario
liquidatore di cui al d.l. 23 dicembre 1976 conv. in legge 26 feb
braio 1977 n. 39; 2) il tribunale aveva inquadrato l'attività del
soggetto che quantifica il danno nello schema del mandato con
rappresentanza, contro il sistema vigente. Il commissario liquida
tore, invece, si limita a determinare il danno risarcibile, con netta
separazione dell'organo delegato al pagamento; 3) secondo il tri
bunale l'obbligo del fondo (di pagare la somma liquidata) decor
rerebbe dal momento dell'accordo sul quantum, mentre il termine
non coincide, perché l'atto di liquidazione deve essere trasmesso
al fondo, che successivamente pagherà; 4) il fondo può essere
considerato in mora ex art. 1183 c.c., quando non abbia rispetta
to il termine fissato dal giudice, ovvero abbia tardato il pagamen
to oltre un ragionevole termine di tolleranza; 5) in ogni caso la
somma dovuta è debito di valuta non suscettibile di rivalutazione.
Resisteva la Sliwka, la quale chiedeva la conferma della senten
za, vinte le spese. Con la sentenza in epigrafe indicata la Corte d'appello di Ge
nova ha respinto l'appello dell'Ina con condanna dello stesso alle
spese di giudizio. Avverso tale sentenza propone ricorso l'Ina formulando cinque
motivi di annullamento. La Sliwka non si è costituita.
Motivi della decisione. — Con il primo motivo il ricorrente
denunzia violazione e falsa applicazione del d.l. 23 dicembre 1976
conv. in 1. 26 febbraio 1977 n. 39, del d.l. 26 settembre 1978
n. 576, nonché omessa ed insufficiente motivazione della senten
za impugnata per avere la corte di merito apoditticamente affer
ma verte sul ritardo dell'impresa cessionaria nel trasmettere al fondo di
garanzia i documenti attestanti l'intervenuto accordo di liquidazione, es
so va risolto non a scapito del danneggiato, bensì chiamando in giudizio il vero responsabile. Se, invece, il problema verte sui giusti tempi necessa
ri ad effettuare i controlli del caso (che, comunque, vertono sulla sola
regolarità formale degli atti trasmessi dall'impresa cessionaria ovvero dal
commissario liquidatore) la soluzione non può che essere quella contenu
ta nelle decisioni in epigrafe, a cui tenore gli interessi moratori sulla som
ma liquidata decorrono solo a partire da un congruo termine concesso
al fondo di garanzia per espletare le formalità di pagamento. In tema
v. altresì', in senso conforme, Trib. Genova 28 agosto 1982, id., Rep.
1983, voce Assicurazione (contratto), n. 276, a cui parere in caso di costi
tuzione in mora del fondo di garanzia occorre indicare un termine con
gruo per l'adempimento, termine che, «atteso il rilevante numero delle
pratiche all'esame del fondo, non può essere, in ogni caso, inferiore a
quarantacinque giorni». Per quanto concerne la configurazione dell'impresa cessionaria quale
rappresentante ex lege del fondo di garanzia, v., tra le tante decisioni
in tal senso, Cass. 11 febbraio 1985, n. 1127, id., Rep. 1985, voce cit.,
n. 196; 10 dicembre 1984, n. 6489, ibid., n. 199; App. Milano 18 novem
bre 1983, ibid., n. 205; App. Cagliari 10 luglio 1981, id., Rep. 1982,
voce cit., n. 326; Trib. Genova 28 agosto 1982, cit. In dottrina, sulla
disciplina dell'attività dell'impresa cessionaria e del commissario liquida
tore, v. da ultimo M. Franzoni, Il terzo danneggiato nell'assicurazione
obbligatoria della responsabilità civile, Padova, 1986, 82 ss. Sull'affer
mazione del principio per cui il creditore può esigere la prestazione e
gli interessi moratori indipendentemente dalla fissazione di un termine
da parte del giudice e dalla costituzione in mora dell'obbligato, quando
quest'ultimo «lasci trascorrere un lasso di tempo che, secondo la valuta
zione insindacabile del giudice di merito, sia ritenuto congruo rispetto
ad una determinata obbligazione inadempiuta», v., oltre alle decisioni
citate in motivazioni, Cass. 5 novembre 1985, n. 5360, id., Rep. 1986,
voce Obbligazioni in genere, n. 14 (dalla cui massima è tratto il passo
citato supra). Sulla natura di debito di valuta dell'obbligazione del fondo di garan
zia, v., per i primi riferimenti, la nota di richiami ad App. Milano 29
novembre 1985, id., 1986, I, 1990, ove è segnalata l'esistenza di un orien
tamento ormai consolidato (salvi incidenti di percorso: Cass. 30 marzo
1987, n. 3050, id., Mass., 520).
Il Foro Italiano — 1988.
mato che la sentenza del tribunale, che aveva confuso l'impresa
cessionaria di cui al d.l. n. 576 con il commissario liquidatore
di cui alla 1. n. 39 del 1977, è sostanzialmente corretta, e che
la soluzione non muterebbe anche a voler giudicare sulla scorta
dei principi enunciati dall'appellante. Con i successivi tre mezzi il medesimo ricorrente denunzia vio
lazione delle stesse leggi, nonché degli art. 17 ss. d.p.r. 16 gen
naio 1981 n. 45 e dell'art. 1704 c.c., e, inoltre, omessa e
insufficiente motivazione ai sensi dell'art. 360, n. 5, c.p.c., in
relazione a specifiche censure concernenti l'erronea qualificazio
ne di mandataria con rappresentanza dell'impresa cessionaria, nella
specie inesistente, fatta dal tribunale senza considerare che l'ac
cordo liquidatorio era stato concluso dalla Sliwka con il commis
sario liquidatore che è un mandatario ex lege senza rappresentanza,
si che l'Ina, quale ente gestore del fondo per le vittime della stra
da, non poteva considerarsi obbligato al pagamento della somma
determinata nella liquidazione prima della ricezione del relativo
atto sottoscritto dal creditore, che, come documentato, era avve
nuta il 24 gennaio 1980, dopo la notifica dell'atto introduttivo
del giudizio di primo grado. Pertanto il ricorrente chiede l'annul
lamento della sentenza impugnata in ordine alla condanna al pa
gamento degli interessi moratori sulla somma liquidata a favore
della danneggiata. Tali censure non sono fondate. L'art. 19 1. 24 dicembre 1969
n. 990, che istituisce il fondo di garanzia per le vittime della stra
da per il risarcimento dei danni causati dalla circolazione di vei
coli e dei natanti per i quali vi è obbligo di assicurazione, dispone,
in linea generale, che la liquidazione dei danni, nei limiti indicati
dal 2° comma, sia effettuata dall'impresa designata, a norma del
successivo art. 20, dal ministero per l'industria commercio e arti
gianato per ogni regione o gruppi di regione del territorio na
zionale.
Con i d.l. 23 dicembre 1976 n. 857 (conv. in 1. 26 febbraio
1977 n. 39) e 26 settembre 1978 n. 576 (conv. in 1. 24 novembre
1978 n. 738) è stata introdotta una parziale deroga a tale norma,
per l'ipotesi in cui l'impresa di assicurazione sia stata posta in
liquidazione coatta amministrativa, essendo stato demandato al
commissario liquidatore e all'impresa cessionaria del portafoglio
il predetto compito di liquidazione, con il solo limite, per il pri
mo, della preventiva autorizzazione degli organi preposti alla li
quidazione coatta, e dell'esclusione dei suoi poteri nel caso di
trasferimento ad altra impresa del portafoglio dell'impresa assi
curatrice in stato di liquidazione coatta (art. 7 d.l. n. 576 del 1978).
Nello svolgimento di tale compito sia l'impresa cessionaria che
il commissario liquidatore agiscono per conto dell'Ina, gestione
autonoma del fondo di garanzia (v. art. 9 d.l. n. 857 del 1976
e art. 4 d.l. n. 576 del 1978) e, qualora essi raggiungano un ac
cordo con il creditore-danneggiato sulla somma da liquidare per
il risarcimento del danno, debbono trasmettere l'atto di liquida
zione all'Ina, nella predetta qualità, affinché provveda diretta
mente al pagamento della somma stessa (v. cpv. art. 4 d.l. n.
576 e, per quanto riguarda il commissario, art. 8 stesso decreto).
Con il d.p.r. 16 gennaio 1981 n. 45, che ha regolato organica
mente tutta la materia, il predetto meccanismo legislativo, pur
restando immutato nella sostanza, è stato meglio chiarito con la
precisazione che il commissario liquidatore, nell'assolvimento dei
compiti di cui al cit. art. 9 d.l. del 1976, accerta l'esistenza e
la risarcibilità dei danni, ne determina l'ammontare e trasmette
l'atto di liquidazione all'ente gestore del fondo che provvede al
pagamento della somma ivi indicata inviando al creditore vaglia
postale o assegno di pari importo, ovvero accreditando la somma
dovuta sul conto corrente postale o bancario dello stesso (v. art.
17 e 18). Con l'art. 22, poi, lo stesso decreto presidenziale stabili
sce identiche modalità per il pagamento da parte dell'Ina, gestio
ne autonoma del fondo di garanzia, del danno in caso di accordo
raggiunto tra il creditore e l'impresa cessionaria del portafoglio
a norma del d.l. 26 settembre 1978 n. 576, conv. in 1. 24 novem
bre 1976 n. 738: la somma determinata nella liquidazione, se ac
cettata dal creditore, è corrisposta, nei limiti di legge, direttamente
dall'istituto inviando al creditore vaglia od assegno postale o ac
creditando la somma sul conto corrente postale o bancario del
creditore stesso.
Dal complesso di tali norme si desume che, tanto nel caso di
liquidazione del danno concordata con il commissario liquidato
re, quanto nel caso di liquidazione del danno concordata con
l'impresa cessionaria, sorge automaticamente l'obbligo da parte
dell'ente gestore del fondo di provvedere al pagamento della rela
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PARTE PRIMA
tiva somma, senza alcun controllo di merito sull'operato dei pre detti soggetti, ma con il semplice controllo formale della regolari tà dell'atto di liquidazione.
Si verifica, cioè, come questa corte ha già ritenuto con riferi
mento alla impresa cessionaria (v. sent. Ina - Lupo Marco del
10 ottobre 1986 — 30 luglio 1987, n. 6587, Foro it., 1988, I,
88) un trasferimento della legittimazione a perseguire l'accordo
liquidatorio dall'ente gestore del fondo ai soggetti medesimi, con
l'inevitabile conseguenza che gli effetti della loro attività si riper cuotono immediatamente nella sfera patrimoniale del primo, dando
luogo ad un rapporto di rappresentanza necessaria ex lege. Come già messo in luce nella sentenza citata, la diversa opinio
ne del ricorrente, che qualifica tale rapporto come semplice man
dato senza rappresentanza, incontra ostacoli dommatici
insuperabili. In un primo luogo, se si accettasse quella tesi, si dovrebbe rite
nere, in conformità degli schemi tipici del mandato senza rappre sentanza (art. 1705 c.c.), che gli effetti dell'accordo liquidatorio si producono esclusivamente nella sfera patrimoniale del manda
tario, si che sarebbe necessaria un'ulteriore manifestazione di vo
lontà del mandante (ente gestore del fondo) per rendere operativi
gli obblighi nascenti da quell'accordo. Invece le citate norme dell'art. 9 d.l. del 1976, dell'art. 4 d.l.
del 1978 e degli art. 17 e 22 d.p.r. n. 45 del 1981 stabiliscono
che, raggiunto l'accordo tra il commissario liquidatore (o l'im
presa cessionaria) ed il creditore, l'istituto gestore del fondo prov veda direttamente al pagamento della somma, essendo ormai
vincolato all'adempimento dell'accordo stesso.
Inoltre, se si ritenesse necessaria una adesione, sia pure forma
le, dell'ente medesimo all'accordo consacrato nell'atto di liquida
zione, non si comprenderebbe perché la richiesta di risarcimento
dovrebbe essere rivolta, a norma dell'art. 8 1. 738 del 1978, con
le modalità indicate nell'art. 22 1. n. 990 del 1969, all'impresa cessionaria o al commissario liquidatore e perché non sia stata
prevista dalla stessa norma la concessione di un autonomo spa tium deliberandi, anche a favore dell'ente gestore del fondo pri ma dell'inizio dell'azione risarcitoria (v. sent, cit.).
Né, infine, può ravvisarsi un ostacolo all'accoglimento della
tesi qui sostenuta in quella clausola inserita nell'atto di liquida zione cui fa riferimento il ricorrente («l'atto sottoscritto dalle parti sarà trasmesso al fondo di garanzia che provvederà al pagamen
to») non potendosi ravvisare nella stessa la previsione di un ter
mine per l'adempimento, che deve essere espressamente stabilito, e trattandosi invece di una clausola del tutto formale che ripete la formula prevista dalla legge (v. art. 17 e 22 d.p.r. del 1981) e non costituisce altro che «una conferma della prontezza del
soggetto obbligato a procedere alla sollecita ed incondizionata estin
zione del debito» (v. sent. cit.).
Deve, quindi, conclusivamente, ritenersi che, perfezionatosi con
l'adesione del creditore l'accordo liquidatorio, il debito dell'ente
gestore del fondo diventa liquido, certo ed esigibile, e la relativa
prestazione deve essere eseguita entro il più breve tempo, compa tibilmente con il particolare meccanismo di pagamento previsto della legge.
Da ciò deriva la duplice conseguenza che gli eventuali ritardi
o intralci nei rapporti tra il commissario liquidatore e l'Ina -gestore del fondo non possono farsi ricadere sul creditore, e, dall'altro,
che, stante la necessità da parte dell'ente di un controllo, sia pure
formale, della regolarità dell'accordo anzidetto, spetta al giudice stabilire in concreto se il ritardo nell'adempimento superi i limiti
di tempo necessari per lo svolgimento di tali compiti e per la
materiale erogazione della somma (cfr. Cass. n. 2980 del 1977,
id., Rep. 1977, voce Obbligazioni in genere, n. 19, e n. 3089
del 1973, id., Rep. 1973, voce cit., n. 8). Nella specie, i giudici del merito, dopo aver rilevato che l'atto
di liquidazione del danno subito dalla Sliwka era stato sottoscrit
to il 27 marzo 1979, che la creditrice aveva inviato all'Ina-fondo
di garanzia sollecito di pagamento in data 7 giugno 1979, e che
la somma era stata pagata il 20 febbraio 1980 (circostanze pacifi
che), hanno ritenuto che l'ente gestore del fondo dovesse corri
spondere gli interessi legali sulla somma dovuta con decorrenza
dalla data del predetto sollecito.
Tale decisione, nonostante una certa superficialità di motiva
zione, non appare censurabile alla luce dei principi suesposti nel
punto in cui, avallando le statuizioni del tribunale, ha ritenuto
che il ritardo nell'adempimento superasse i limiti di tempo neces
sari per l'esecuzione dell'accordo liquidatorio.
11 Foro Italiano — 1988.
Con il quinto motivo il ricorrente censura, infine, la sentenza
impugnata, denunziando violazione degli art. 1124 c.c., 19 e 20
1. n. 990 del 1969, 2043 c.c. per avere la corte del merito dichia
rato che il debito dell'istituto-fondo di garanzia nei confronti del
la Sliwka è un debito di valore, perché discendente da fatto illecito,
applicando, quindi, sulla somma liquidata il coefficiente di svalu
tazione monetaria.
La censura è fondata. Come ripetutamente affermato da que sta corte (sez. un. n. 5218 del 1983, id., 1983, I, 2389; sez. Ili
n. 2064 del 1985, id., Rep. 1985, voce cit., n. 238) nella disciplina dell'assicurazione obbligatoria della responsabilità civile derivan
te dalla circolazione dei veicoli e dei natanti, l'assicuratore e l'im
presa designata per la liquidazione delle somme dovute dal fondo
di garanzia a norma degli art. 19 e 20 1. n. 990 del 1969, a fronte
della richiesta del danneggiato ex art. 18 1. cit. sono direttamente
obbligati ad adempiere nei confronti del danneggiato medesimo
il debito scaturente dal contratto assicurativo che, quindi, ha na
tura pecuniaria e non si trasforma in debito di valore (come quel lo del danneggiato verso l'assicurato) per il solo effetto di
un'iniziativa di detto terzo.
Qualora, poi, come nella specie, sia intervenuto accordo tra
il danneggiato e l'organo delegato dall'Ina-fondo di garanzia per la liquidazione del danno da risarcire, l'obbligazione che ne deri
va ha natura contrattuale, e non può essere, quindi, assimilata, a quella extracontrattuale originariamente esistente a carico del
danneggiante, si che il debito che ne deriva è un debito pecunia
rio, per la cui estinzione vale il principio nominalistico di cui
all'art. 1277 c.c.
Su tale punto, quindi, la sentenza impugnata deve essere cassa
ta in parte qua con rinvio ad altra sezione della stessa corte d'ap
pello per nuovo esame.
II
Svolgimento del processo. — Marco Lupo — proprietario di
un veicolo rimasto danneggiato, in data 5 novembre 1978, da
un'auto di proprietà di Antonietta Bruzzone e da quest'ultima assicurata per i danni da responsabilità civile presso la società
per azioni Lloyd Centauro italiana, società successivamente posta in liquidazione coatta amministrativa, con trasferimento del suo
portafoglio alla società italiana Assicurazioni danni s.p.a. — evo
cava in giudizio davanti al Pretore di Genova Voltri, con atto
di citazione notificato il 5 settembre 1979, l'Ina quale gestore del fondo di garanzia per le vittime della strada, chiedendone
la condanna al pagamento della somma di lire 153.000, oltre agli interessi moratori ed alla rivalutazione monetaria.
Esponeva: che rivolta la richiesta risarcitoria alla impresa ces
sionaria, aveva con questa avviato trattative sfociate in un accor
do transattivo, comportante l'impegno per il fondo di garanzia del pagamento della somma di lire 153.000, come da atto di li
quidazione da lui firmato ed inviato alla Siad con lettera racco
mandata del 27 giugno 1979, unitamente ad una sollecitazione
di pagamento entro I'll luglio successivo; che a tanto non era
seguito il pagamento del debito.
L'ente gestore del fondo, costituitosi, provvedeva alla rimessa
al Lupo della somma-capitale sopra specificata in data 14 dicem
bre 1979 e la controversia proseguiva limitatamente alle pretese accessorie.
Queste venivano riconosciute fondate dal pretore, ma il Tribu
nale di Genova, con sentenza del 13 settembre 1982, in parziale
accoglimento del gravame interposto dall'Ina, ne limitava la con
danna al pagamento degli interessi moratori ed al ristoro del mag
gior danno ex art. 1224, ultimo comma, c.c., globalmente e
forfettariamente liquidati nella misura del 15% della somma ca
pitale, con decorrenza dall'11 luglio 1979.
Per la cassazione di tale sentenza l'Ina ha proposto ricorso, sulla base di tre motivi di censura. Marco Lupo ha resistito con
controricorso.
Motivi della decisione. — 1) Con il primo mezzo di annulla
mento il ricorrente — deducendo la violazione falsa applicazione
degli art. 1703, 1704 c.c., art. 1 e 4 1. 24 novembre 1978 n. 738, art. 16, 17, 18, 21 e 22 d.p.r. 16 gennaio 1981 n. 45, in relazione
all'art. 360, n. 3, c.p.c. — sostiene che il tribunale sarebbe incor
so in errore di diritto con l'affermare che per il fondo di garanzia
l'obbligo del pagamento sorgerebbe con immediatezza sin dal mo
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
mento dell'accordo, raggiunto tra l'impresa cessionaria ed il dan
neggiato, per la quantificazione del danno. E l'errore consiste
rebbe nel non avere considerato che — mancando un incarico
diretto, da parte del fondo, perché l'impresa cessionaria provve da alla quantificazione dei danni e sussistendo autonomia opera tiva tra l'attività di liquidazione (demandata all'impresa predetta) e l'attività di erogazione della spesa (demandata al fondo) — non
potrebbe ravvisarsi tra i due enti un rapporto di mandato con
rappresentanza, bensì' e contrariamente a quanto ritenuto dai giu dici del merito, un rapporto sui generis regolato dalla legge nel
senso che l'obbligazione di pagamento in capo al fondo, nasce
rebbe dopo la trasmissione dell'atto di liquidazione predisposto dalla impresa cessionaria con l'accettazione del creditore e solo
dopo che il fondo medesimo abbia riscontrato la regolarità for
male di quell'atto e richiesto i documenti eventualmente occor
renti per la erogazione del dovuto.
L'assunto che sostanzia la censura non può essere condiviso.
Una volta avvenuto il fenomeno del trasferimento del portafo
glio relativo alle assicurazioni contro i danni da un'impresa posta in liquidazione coatta amministrativa ad altra impresa, definita
«cessionaria», è quest'ultima che provvede — ai sensi dell'art.
4 1. n. 738 del 1978 — alla liquidazione «per conto» dell'Ina,
gestione autonoma del fondo di garanzia per le vittime della stra
da, dei danni verificatisi anteriormente alla data di pubblicazione del decreto di liquidazione coatta, che dovranno essere risarciti
dal predetto ente a norma dell'art. 19 1. n. 990 del 1969.
La somma determinata nella liquidazione, se accettata dal cre
ditore, è corrisposta, nei limiti di cui al 2° comma e 21, 3° com
ma, della legge per ultima citata, dall'ente medesimo.
A tale effetto l'art. 22 d.p.r. 16 gennaio 1981 n. 45 precisa che l'impresa cessionaria, provveduto alla liquidazione dei danni, trasmette all'Ina-fondo di garanzia l'atto di liquidazione sotto
scritto anche dal creditore e l'istituto provvede al pagamento del
la somma a suo carico indicata nell'atto di liquidazione.
Qualora, invece, non sia intervenuto accordo sulla somma li
quidata — sempre ai sensi dell'art. 4 1. n. 738 del 1978 — il
creditore ha azione nei confronti dell'istituto gestore del fondo,
per conseguire quanto da quest'ultimo dovuto; e l'azione si eser
cita convenendo in giudizio l'impresa cessionaria «in nome» del
l'istituto predetto. Precisa ancora l'art. 8 della legge ora citata che gli aventi dirit
to al risarcimento per sinistri che debbono essere liquidati dal
l'impresa cessionaria a norma del precedente art. 4, devono inviare
alla impresa stessa richiesta di risarcimento con le modalità indi
cate all'art. 22 1. n. 990 del 1969, anche se sia stata precedente mente presentata all'impresa posta in liquidazione coatta, e che
nessuna azione per il risarcimento può essere proposta prima che
siano decorsi sei mesi dall'invio della richiesta.
L'assetto normativo della materia mostra all'evidenza come —
di fronte alla vischiosità data dalla pluralità di soggetti interessati
alla vicenda risarcitoria, impresa in liquidazione coatta, impresa
cessionaria, ente gestore del fondo di garanzia — si sia posto
riparo, per fini di prontezza di tutela del danneggiato, attraverso
una semplificazione di rapporti ed una separazione della fase più
delicata, dell'accertamento, stragiudiziale, del debito, da quella successiva e meramente esecutiva del suo soddisfacimento.
L'assetto normativo della materia palesa cioè, già anteriormen
te al momento in cui si renda necessario adire le vie giudiziarie, il fenomeno della sostituzione della impresa cessionaria all'istitu
to gestore del fondo, in virtù di un'investitura conferita per leg
ge, nella titolarità del potere gestore e dispositivo, nei confronti
del danneggiato, per la definizione in linea negoziale di ogni con
trasto circa Van ed il quantum del risarcimento.
Sostituzione caratterizzata dal trasferimento della legittimazio ne a perseguire l'accordo liquidatorio «per conto», e cioè nell'in
teresse altrui, del soggetto gravato dal debito risarcitorio; dalla
esternazione del vincolo funzionale di gestione che lega l'impresa cessionaria al soggetto debitore; dalla immediata produzione de
gli effetti dell'attività svolta dal primo nella sfera patrimoniale del secondo.
Sussistono pertanto, gli estremi tutti per ravvisare tra questi
due soggetti durante la fase di accertamento del debito risarcito
rio un rapporto di rappresentanza necessaria ex lege, destinato
eventualmente a propagarsi dal terreno negoziale a quello proces
suale; mentre la contraria tesi sostenuta dal ricorrente, secondo
cui quel rapporto dovrebbe essere sussunto nello schema del man
II Foro Italiano — 1988.
dato (ex lege) senza rappresentanza, incontra ostacoli logico sistematici insuperabili.
Se cosi fosse, anzitutto gli effetti dell'accordo sulla somma li
quidata si produrrebbero esclusivamente nella sfera patrimoniale della mandataria impresa «cessionaria», e per la loro finale inci
sione nella sfera patrimoniale dell'istituto gestore del fondo di
garanzia occorrerebbe un'ulteriore manifestazione di volontà a
carattere dispositivo da parte di quest'ultimo; laddove le citate
norme dell'art. 4 1. n. 738 del 1978 e dell'art. 22 d.p.r. n. 45
del 1981 prevedono (oltre alla devoluzione esclusiva di quel pote re all'impresa cessionaria) l'unicità infrazionabile dell'accordo sul
1 'an e sul quantum del debito risarcitorio, e la vincolatività assoluta
e diretta dell'accordo stesso per l'Ina.
E se una adesione, sia pure formale, da parte di questo istituto
all'accordo consacrato nell'atto di liquidazione fosse necessario, non si comprenderebbe in secondo luogo perché la richiesta di
risarcimento — di cui all'art. 8 1. n. 738 del 1978 — dovrebbe
essere rivolta esclusivamente alla impresa cessionaria e perché con
seguenzialmente non sia stata prevista dalla citata norma la con
cessione di un autonomo spatium deliberandi anche a favore
dell'ente gestore del fondo, prima che sia consentito intraprende re l'azione risarcitoria.
Ed infine il riconoscimento (pacifico, secondo la giurispruden za di questa corte: cfr. sent n. 5315 del 1983, Foro it., 1983,
I, 2753; n. 6489 del 1984, id., Rep. 1984, voce Assicurazione
(contratto), n. 195; n. 1127 del 1985, id., Rep. 1985, voce cit., n. 196) della legittimazione passiva dell'impresa cessionaria all'a
zione risarcitoria di cognizione, nella specifica qualità di rappre sentante ex lege del fondo di garanzia, avrebbe ben scarso
fondamento logico-giuridico se si dovesse negare che tale posizio ne rappresentativa costituisce la proiezione ed il prolungamento sul piano processuale (quando la soluzione amichevole della con
troversia non sia andata a buon fine) di una omologa posizione rivestita dall'impresa cessionaria sul piano negoziale (quando l'ac
cordo stragiudiziale sia stato raggiunto). Ritiene quindi questa corte di non potere avallare l'affermazio
ne — in altra sua pronuncia (sent. n. 3460 del 1986, id., 1986,
I, 2142) accolta incidentalmente e non essenziale nell'economia
di quella decisione — secondo cui l'affidamento all'impresa ces
sionaria di specifici compiti relativi all'acclaramento dell'esisten
za ed alla risarcibilità del danno con determinazione del relativo
ammontare a carico del fondo non darebbe luogo ad un fenome
no di rappresentanza; ritiene invece di ribadire l'opposto princi
pio già espresso — sempre in ipotesi di sinistro anteriore alla
liquidazione coatta amministrativa dell'impresa assicurativa — con
le sentenze n. 1127 del 1985 e n. 5315 del 1983.
Orbene, una volta ravvisati nel rapporto tra l'Ina fondo di ga ranzia ed impresa cessionaria anche durante la fase della liquida zione dei danni per via negoziale, gli estremi della rappresentanza ex lege nei confronti del danneggiato, l'accordo liquidatorio deve
tenersi per come proposto in nome e per conto del fondo di ga ranzia e per come accettato dal creditore nei suoi immediati con
fronti; e poiché l'atto di accettazione della proposta, ricevuto dal
rappresentante, nei limiti delle facoltà conferitegli, è produttivo di effetti diretti nella sfera del rappresentato ex art. 1388 (ed ex
art. 1326 c.c.), neppure in astratto è proponibile un problema di graduata produzione di quegli effetti medesimi, secondo la di
stinta conoscenza che dell'accettazione àbbia prima il rappresen tante e poi il rappresentato.
Tanto meno può essere condiviso quanto dal ricorrente soste
nuto, che le obbligazioni assunte mediante l'accordo concluso tra
il danneggiato e l'impresa cessionaria, prendano data ed inizino
a gravare sull'ente gestore del fondo di garanzia, non solo dopo che questi ne abbia avuto conoscenza tramite la ricezione dell'at
to di liquidazione trasmessogli dall'impresa, ma sinanche in esito
al riscontro che della regolarità formale di quell'atto e della suffi
cienza dei documenti occorrenti per la erogazione della somma
concordata il fondo debitore si riserva — senza limiti di tempo — di effettuare.
Con l'adesione del creditore all'accordo liquidatorio (normal mente di natura transattiva) proposto dall'impresa cessionaria,
la fase di accertamento del debito è ormai conclusa, ed il debito
medesimo si presenta come certo, liquido ed esigibile; né a que st'ultimo effetto sarebbe lecito ipotizzare una appendicolare, se
conda fase di accertamento da parte del fondo debitore.
Ad esso competono invero, secondo la chiara indicazione degli
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PARTE PRIMA
art. 4 1. n. 738 del 1978 e 22 d.p.r. n. 45 del 1981 — compiti meramente esecutivi di erogazione di spesa in adempimento di
una prestazione già nei suoi confronti definitivamente ed indefet
tibilmente esigibile. Con la conseguenza che ogni disguido od intralcio nello svolgi
mento dei rapporti (interni) tra impresa cessionaria e fondo di
garanzia, oppure nello svolgimento della procedura di pagamento del debito, nessuna menomazione o condizionamento di diritti
può arrecare in pregiudizio del creditore, trattandosi di rapporti e di procedura che non implicano, per il creditore stesso, alcun
onere di collaborazione.
2) Nelle considerazioni sinora esposte sono implicite le ragioni che ostano all'accoglimento delle restanti censure del ricorrente.
Questi — impostando il secondo motivo sulla violazione e fal
sa applicazione degli art. 1183 e 1362 c.c., dell'art. 4 1. n. 738
del 1978 e dell'art. 22 d.p.r. n. 45 del 1981 nonché sull'omesso
esame delle clausole contrattuali, in relazione all'art. 360, nn.
3 e 5, c.p.c. — addebita ad errore del tribunale l'aver ritenuto
che il credito risarcitorio diviene esigibile sin dal momento della
conclusione dell'accordo liquidatorio, senza cosi avvedersi: a) che
il fondo debitore ha posizione di terzo rispetto all'atto di liquida
zione; b) che una clausola di quest'ultimo prevedeva come eventi
futuri la trasmissione del documento al fondo ed il pagamento. Già si è detto della infondatezza della prima proposizione (sub
a), e quanto alla seconda è sufficiente notare come la clausola
contrattuale cui si allude sia meramente confermativa e descritti
va delle conseguenze esecutive indefettibilmente ricollegate dal ci
tato art. 22 alla conclusione dell'accordo di liquidazione. Di modo che nella locuzione adoperata («l'atto sottoscritto dalle
parti sarà trasmesso al fondo di garanzia che provvederà al paga
mento») null'altro poteva ravvisarsi se non la espressa conferma
della prontezza del soggetto obbligato a procedere alla sollecita
ed incondizionata estinzione del debito.
Sarebbe invero ben strano che un sistema normativo come quello in esame, caratterizzato dalla presenza di termini volti a favorire
la definizione negoziale della pretesa risarcitoria del danneggiato
prima che il giudice possa essere adito (cfr. in particolare l'art.
8 1. n. 738 del 1978) postulasse poi proprio l'intervento del giudi ce ex art. 1183 c.c. per la fissazione del termine entro cui l'accor
do risarcitorio debba ricevere concreto soddisfacimento.
Vero è, invece, che secondo generali principi il debitore ed il
creditore devono comportarsi secondo le regole della correttezza
(art. 1175 c.c.) e che anche l'atto di liquidazione (ed in particola re la clausola cui il ricorrente allude) devono essere interpreti se
condo nuova fede (art. 1366 c.c.). In questa ottica, le peculiarità del rapporto sono date, da un
lato, dal rilievo che l'accordo liquidatorio consacra la nascita di
un'obbligazione di pagamento certo, liquida ed esigibile senza pre determinazione di un termine, e per altro verso dalla circostanza
che il meccanismo esecutivo dell'obbligazione, delineato dalla legge, non consente la contemporaneità tra sottoscrizione dell'accordo
ed erogazione della somma dovuta.
In siffatta situazione occorre fare richiamo ai criteri altre volte
elaborati e costantemente seguiti da questa corte regolatrice, se
condo cui in caso di mancata indicazione del preciso termine cro
nologico per la esecuzione di un obbligo assunto da una parte, detto termine può essere dedotto per implicito dalla natura stessa
del rapporto con riferimento alle normali finalità di esso; con
la conseguenza che sussiste inadempimento colpevole — genera tore dell'obbligazione dei danni ex art. 1224 c.c. — allorché sia
trascorso, senza che la prestazione venga eseguita, un lasso di
tempo che il giudice del merito consideri, con riferimento alle
circostanze concrete, congruo e comunque non eccedente la nor
male tollerabilità (cfr. Cass. n. 5173 e n. 1647 del 1981, id., Rep.
1981, voce Obbligazioni in genere, nn. 30, 28; n. 1765 del 1975,
id., Rep. 1975, voce cit., n. 28; n. 962 del 1972, id., Rep. 1972, voce cit., n. 64).
Pertanto, anche quando la prestazione satisfattoria, postuli per le sue modalità un certo tempo per poter essere eseguita (di modo
che l'obbligazione non possa essere adempiuta immediatamente) e le parti non abbiano determinato un termine, non è sempre necessario che il creditore costituisca in mora la controparte fa
cendo previamente ricorso al giudice per la fissazione del termine
stesso ex art. 1183 c.c., ma è sufficiente affinché possa ravvisarsi
responsabilità da inesatto adempimento che, tenuto conto delle
caratteristiche del rapporto e delle finalità del contratto, il rifar
li. Foro Italiano — 1988.
do del debitore nell'adempiere ecceda i limiti segnati dalla nor
male eseguibilità della prestazione (in questo senso, cfr. Cass.
n. 2980 del 1977, id., Rep. 1977, voce cit., n. 19, e n. 3089 del
1973, id., Rep. 1973, voce cit., n. 8).
Ritardo, dunque, la cui consapevolezza richiede certo una va
lutazione rigorosa, dato il distacco cronologico dei compiti in au
tomatica successione affidati all'impresa cessionaria (trasmissione dell'atto di liquidazione) ed assolvendi direttamente dal fondo de
bitore (erogazione della somma dovuta); ma che, una volta ravvi
sato dal giudice del merito (mediante apprezzamento di fatto,
non censurabile in sede di legittimità: cfr. Cass. n. 5173 del 1981,
id., Rep. 1981, voce cit., n. 30), concreta un illecito contrattuale.
È quanto, in definitiva, ha riscontrato il tribunale con la sen
tenza impugnata: laddove ha riconosciuto ingiustificato il ritardo
dell'ente gestore del fondo di garanzia, con conseguente sua re
sponsabilità per il pagamento degli interessi legali ed il ristoro
dei danni maggiori, con decorrenza dall'11 luglio 1979, dopo cioè
che erano trascorse circa due settimane dalla sottoscrizione del
l'atto di liquidazione, senza che il debitore avesse provveduto al
pagamento. Né ai fini della imputabilità del ritardo (oltre I'll luglio 1979)
occorreva uno specifico atto di costituzione in mora del non so
lerte debitore: atto non richiesto, ai sensi dell'art. 1219, 2° com
ma, n. 3, c.c. quando, scaduto il termine (espresso od implicito), resti insoddisfatta la prestazione che deve essere eseguita al domi
cilio del creditore.
Nel caso in esame è infatti del tutto incontrovertibile che l'ob
bligazione, avente ad oggetto una somma di denaro, dovesse es
sere adempiuta presso il domicilio del creditore (art. 1182, 3°
comma, c.c.); e che fosse operante la mora ex re in quanto la
collaborazione del creditore all'adempimento era limitato al com
pimento meramente passivo di ricevere la somma dovuta (cfr. Cass. n. 4664 del 1976, id., Rep. 1976, voce cit., n. 46a; n. 1992
del 1973, id., Rep. 1973, voce cit., n. 29). La superfluità di un atto di costituzione in mora mediante inti
mazione o richiesta fatta per iscritto, ai fini del riconoscimento
del debito, per interessi e danni maggiori ex art. 1224 c.c., da
ritardato adempimento, rende in radice sterile l'ultima censura
del ricorrente (di cui al terzo motivo) secondo cui la richiesta
ex art. 1219 c.c. avrebbe dovuto essere rivolta direttamente all'I
na ed inutilmente sarebbe stata nella specie ricevuta dall'impresa cessionaria quale soggetto diverso dal debitore e privo di poteri di rappresentanza ex lege.
3) In conclusione, il ricorso deve essere rigettato.
CORTE DI CASSAZIONE; sezione lavoro; sentenza 22 ottobre
1987, n. 7819; Pres. Afeltra, Est. Alibrandi, P. M. Marto
ne (conci, diff.); Sindacato autonomo personale viaggiante en
te Ferrorie dello Stato (Avv. Li Gotti) c. Ente Ferrovie dello
Stato. Regolamento di competenza avverso Pret. Reggio Cala
bria 26 febbraio 1986.
Sindacati — Repressione di condotta antisindacale — Ente Fer
rovie dello Stato — Competenza del pretore — Foro erariale — Esclusione (R.d. 30 ottobre 1933 n. 1611, t.u. delle leggi sulla rappresentanza e difesa in giudizio dello Stato e sull'ordi
namento dell'avvocatura dello Stato, art. 7; 1. 20 maggio 1970
n. 300, norme sulla tutela della libertà e dignità dei lavoratori,
della libertà sindacale e dell'attività sindacale nei luoghi di la
voro e norme sul collocamento, art. 28; 1. 17 maggio 1985 n.
210, istituzione dell'ente «Ferrovie dello Stato», art. 23, 24).
Il procedimento per la repressione della condotta antisindacale
previsto dall'art. 28 I. 300/70 non rientra nell'ambito di appli
cazione dell'art. 23 l. 210/85, trattandosi di controversia collet
tiva, ma in quello dell'art. 24, 3° comma, e, pertanto, la
competenza del pretore va determinata secondo il principio ge nerale di cui all'art. 7 t.u. 1611/33, richiamato dal cit. art.
24, che esclude l'applicazione del c.d. foro erariale nelle cause
avanti al pretore. (1)
(1) La corte si pronunzia per la prima volta sull'argomento della disci
plina della procedura ex art. 28 1. 300/70 nei confronti del nuovo ente
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