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PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE || sezione III civile; sentenza 14 ottobre 1987,...

Date post: 30-Jan-2017
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sezione III civile; sentenza 14 ottobre 1987, n. 7615; Pres. Mattiello, Est. Fiduccia, P. M. Amirante (concl. parz. diff.); Alessi (Avv. Carpi de' Resmini) c. Scotti (Avv. Calzetta, Nociti). Cassa Trib. Roma 18 settembre 1985 Source: Il Foro Italiano, Vol. 111, PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE (1988), pp. 1625/1626-1629/1630 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23181265 . Accessed: 28/06/2014 07:38 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 193.142.30.116 on Sat, 28 Jun 2014 07:38:49 AM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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sezione III civile; sentenza 14 ottobre 1987, n. 7615; Pres. Mattiello, Est. Fiduccia, P. M.Amirante (concl. parz. diff.); Alessi (Avv. Carpi de' Resmini) c. Scotti (Avv. Calzetta, Nociti).Cassa Trib. Roma 18 settembre 1985Source: Il Foro Italiano, Vol. 111, PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE(1988), pp. 1625/1626-1629/1630Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23181265 .

Accessed: 28/06/2014 07:38

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

Nel controricorso e nella memoria si critica la ratio affermata dall'amministrazione a favore della sua tesi, che consisterebbe nel

l'esigenza che la p.a. fosse stata in grado di tener conto del cari co fiscale, nella determinazione dei corrispettivi, osservando, in

contrario, che l'amministrazione avrebbe potuto non approvare il contratto se avesse ritenuto che la nuova disciplina tributaria

(intervenuta nelle more fra la sottoscrizione e l'approvazione) aves se comportato un inaccettabile aggravio per la committente ed un inaccettabile beneficio per l'appaltatrice.

Il collegio osserva che si tratta di argomentazioni irrilevanti.

Invero, a parte il fatto che l'avvenuta approvazione del contrat

to, secondo la logica esposta, dovrebbe avere il significato che l'amministrazione era convinta che nessun nuovo beneficio sareb be spettato all'appaltatore, in base alla nuova legge, non conta affatto quale fosse il convincimento supposto dell'amministrazio ne (che non risulta da nessun atto), ma conta la disciplina di

legge, secondo la quale — peraltro — nessun aggravio per l'Anas sarebbe derivato dall'applicazione della nuova legge, perché il be neficio dell'esenzione dall'Ige rifletteva i rapporti fra l'appaltato re e la finanza e non quelli fra il primo e l'Anas, che in nessun caso avrebbe ricevuto un vantaggio dalla mancata esenzione dal

l'Ige, e cioè dalla non applicazione della legge del 1961. L'altro argomento consiste nel rilievo che l'art. 8 cit. dispone

che in luogo delle imposte, tasse e tributi di cui ai commi prece denti le società concessionarie corrisponderanno all'erario dello Stato una quota fissa di abbonamento annuo in ragione di cent. 5 per ogni mille lire dei costi delle costruzioni; da qui si inferisce che con l'assunto della ricorrente si sommerebbero, anziché sosti

tuirsi, il tributo forfetario ed il tributo oggetto di esenzione, se l'esenzione non fosse accordata.

L'argomento non è decisivo, sia perché la controversia dovrà ancora essere esaminata, in sede di rinvio, sotto il profilo enun ciato all'inizio (eventuale esenzione dall'Ige sui pagamenti effet tuati dopo il 27 agosto 1961, intesi come «atti» imponibili), sia perché — eventualmente — sarebbe illegittima l'imposta sostitu tiva (in tutto o in parte) e non l'imposta non compresa nell'e senzione.

Infine, nel controricorso si sostiene che anche secondo le tesi

dell'amministrazione, l'esenzione dovrebbe concedersi ai pagamenti (lire 16.737.368) effettuati in forza di contratti stipulati nel 1963, nel 1964 e nel 1967, concernenti la costruzione de qua. È evidente

però che si tratta di accertamento che non può essere compiuto in questa sede, ma soltanto in sede di rinvio, nell'ambito di en trambe le prospettazioni giuridiche, perché comporta l'esame in fatto di atti specifici che non risultano dalla sentenza impugnata.

La causa va rinviata per nuovo esame ad altra sezione della Corte d'appello di Roma.

CORTE DI CASSAZIONE; sezione III civile; sentenza 14 otto bre 1987, n. 7615; Pres. Mattiello, Est. Fiduccia, P. M. Ami rante (conci, parz. diff.); Alessi (Avv. Carpi de' Resmini) c. Scotti (Avv. Calzetta, Nociti). Cassa Trib. Roma 18 settem bre 1985.

Locazione — Legge 392/78 — Immobili adibiti ad abitazione —

Equo canone — Determinazione — Coefficiente tipologico —

Classamento catastale — Difetto dei requisiti — Fattispecie (L. 27 luglio 1978 n. 392, disciplina delle locazioni di immobili ur bani, art. 16).

Locazione — Legge 392/78 — Immobili adibiti ad abitazione —

Equo canone — Determinazione — Primo piano — Nozione

(L. 27 luglio 1978 n. 392, art. 19).

Nel determinare ai sensi dell'art. 16 I. 392/78 la categoria cata

stale di un immobile, in via incidentale e al limitato fine del

canone di locazione, qualora emergano carenze dei requisiti spe cifici attinenti all'edificio e all'unità immobiliare (relative non

solo all'epoca di costruzione e allo stato di manutenzione, ma anche agli impianti) tali da escludere la persistente classifica zione dell'immobile nella categoria A/1, il giudice che ritenga

Il Foro Italiano — 1988.

di attribuire quest'ultima categoria catastale in base al mero criterio dell'ubicazione deve motivare la sua valutazione non solo in relazione al superamento dell'incidenza degli anzidetti

fattori negativi propri dell'immobile, ma anche in relazione al

l'irrilevanza eziologica di essi rispetto al dato della localizzazio ne dell'immobile (ancorché sito in un quartiere particolarmente appetibile). (1)

A norma dell'art. 191. 392/78, va qualificato «primo piano» quello dei «piani intermedi» dell'edificio posto al di sopra del «piano terreno»; sicché un appartamento, anche se posto ad un livello

superiore rispetto al piano di calpestio esterno, non può consi derarsi al «primo piano» se manchino altri vani sottostanti. (2)

(1) Non constano precedenti negli esatti termini. Come si ricorda nella motivazione, peraltro, la giurisprudenza è ormai

consolidata nel senso che il giudice adito per la determinazione del c.d. equo canone ha il potere di disapplicare l'atto amministrativo di classa mento catastale e di accertare incidenter tantum, ai fini dell'art. 16 1. 392/78, l'effettiva categoria di appartenenza dell'immobile locato; v., ol tre alla richiamata Cass. 5844/84, Foro it., Rep. 1984, voce Locazione, n. 348 (per esteso in Giust. civ., 1985, I, 1131, con nota di R. Preden, e in Nuova giur. civ., 1985, I, 280, con nota di M. D'Amico): Cass. 17 novembre 1984, n. 5845, Foro it., 1985, I, 768, con osservazioni di D. Piombo, e Pret. Napoli 28 giugno 1985, id., 1986, I, 484, con nota di richiami; nonché, successivamente, Cass. 26 aprile 1986, n. 2918, id., Rep. 1986, voce cit., n. 279; 7 aprile 1987, n. 3364, id., Mass., 575; Pret. Cremona 20 settembre 1985, id., Rep. 1986, voce cit., n. 280 (e Arch, locazioni, 1985, 774), che riguarda proprio un caso di qualificazio ne come A/2, ai fini dell'equo canone, di un immobile accatastato come A/1.

In dottrina, v. anche P. Gotti, Accertamenti amministrativi rilevanti in rapporti inter-privati e sindacato giurisdizionale: il caso dell'accerta mento catastale di cui alla legge c.d. sull'equo canone, in Dir. proc. am min., 1985, 193; e, in generale sulla disapplicazione dell'atto amministrativo da parte del giudice ordinario, S. Cassammo, Problemi della disapplica zione degli atti amministrativi nel giudizio civile, in Riv. trim. dir. e proc. civ., 1985, 864; F. Roselli, La disapplicazione dell'atto amministrativo nella giurisprudenza della Cassazione civile, in Giur. it., 1986, I, 1, 703.

Sulla conformità ai principi costituzionali dell'art. 16 1. 392/78, v., per vari aspetti, Corte cost. 23 gennaio 1985, n. 16, Foro it.., 1985, I, 1573, con nota di richiami; 29 ottobre 1985, n. 249, id., Rep. 1986, voce cit., n. 278; Cass. 17 giugno 1985, n. 3650, id., Rep. 1985, voce cit., n. 373 (riportata, tra l'altro, in Giur. it., 1986, I, 1, 593, con nota di S. Giove).

(2) La Cassazione, con la pronunzia in epigrafe, risolve il ricorrente problema della qualificazione del c.d. piano rialzato ai fini dell'applica zione dei coefficienti ex art. 19 1. 392/78. In senso conforme v., nella motivazione, Pret. Gallarate 28 gennaio 1981, Foro it., Rep. 1982, voce Locazione, n. 691 (e Locazioni urbane, 1982, 81), che nella specie ha applicato il coefficiente previsto per il «piano terreno» ed un apparta mento sito al di sopra del livello di calpestio esterno e non sovrastante alcun piano fuori terra, ma esclusivamente un «piano cantinato».

Definendo in primo grado la controversia che ha dato luogo alla sen tenza della Suprema corte, Pret. Roma 22 aprile 1983, Foro it., Rep. 1985, voce cit., n. 402 (per esteso in Temi romana, 1984, 633), ha invece ritenuto l'unità immobiliare in questione sita al «primo piano», argomen tando che ai fini del «livello di piano» di cui al citato art. 19 «deve aversi riguardo all'effettivo numero dei piani fuori terra».

Tra i giudici di merito, peraltro, è finora prevalsa l'opinione che il c.d. piano rialzato, non previsto dall'art. 19 1. 392/78, vada qualificato come «piano terreno» ovvero come «primo piano» a seconda della pre senza, o meno, in concreto di quegli «incomodi» (come la facile accessi bilità ad estranei dall'esterno, la possibilità che i passanti guardino nell'interno della casa, la scarsa luminosità, i rumori del traffico, la pre senza delle cassette postali e della portineria, ecc.) a causa dei quali la

legge ha assegnato al «piano terreno» un minore valore locativo. V., in

questo senso, Pret. Foggia 9 maggio 1984, Foro it., Rep. 1985, voce cit., n. 400; Pret. Bergamo 20 gennaio 1984, ibid., n. 401; Pret. Legnano 29 dicembre 1979, id., Rep. 1981, voce cit., n. 239.

Una soluzione ancora diversa è stata prospettata da Trib. Como 7 ot tobre 1980, ibid., n. 236, che, ritenendo che il piano rialzato non possa considerarsi né «piano terreno» né «primo piano», ha fatto applicazione (nella specie, ai fini del 2° comma dell'art. 19) di un coefficiente interme dio tra quelli indicati dalla norma di legge.

In dottrina, nel senso che il c.d. piano rialzato deve considerarsi, ai fini del calcolo dell'equo canone, come «piano terreno», v. F. Trifone, La locazione: disposizioni generali e locazioni di fondi urbani, in Tratta to diretto da Rescigno, III, 11, 1984, 577 (nota 39); e cosi pure, eccettua to il caso che il «piano rialzato» si trovi sopra quello «seminterrato», F. Lazzaro, Stato locativo, manutenzione e riparazione dell'immobile in regime di equo canone, Giuffrè, Milano, 1980, 55 ss. Sulla disposizio ne normativa in argomento, v., altresì, G. Pericoli, in Equo canone, Cedam, Padova, 1980, 152 ss.

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1627 PARTE PRIMA 1628

Svolgimento del processo. — Con ricorso del 4 novembre 1980

Carmelita Scotti Ferrario chiedeva ed otteneva dal Pretore di Ro

ma con sentenza del 22 aprile 1983 la determinazione dell'equo canone dovutole da Rosario Alessi conduttore di un appartamen to (ad uso abitativo) sito in Roma alla via Antonelli n. 44, di

proprietà di essa istante, nella misura di lire 217.682 mensili per il periodo 1° gennaio 1978-31 luglio 1979 e in lire 315.365 per

quello successivo, nonché la condanna dell'Alessi al pagamento delle dovute differenze di canone con la rivalutazione monetaria

dal 18 novembre 1980.

Avverso questa sentenza proponeva appello l'Alessi lamentan

do l'erronea classificazione nella categoria catastale A/1 dell'ap

partamento in locazione, come pure dell'errata posizione al primo

piano, nonché la concessa rivalutazione monetaria. Resisteva al

gravame la Scotti.

Il Tribunale di Roma con la sentenza del 18 settembre 1985

rigettava l'appello dell'Alessi. I giudici di appello confermavano

la classificazione in A/1 dell'immobile locato nonostante le con

trarie indicazioni (del consulente tecnico) circa lo stato di conser

vazione, l'epoca di costruzione e gli impianti, dando prevalenza all'ubicazione dell'immobile in una delle zone più lussuose, cen

trali e quindi richieste di Roma (quartiere Parioli) e cosi al conse

guente elevato valore di mercato. Inoltre, ritenevano che

l'appartamento doveva reputarsi al primo piano, ancorché al di

sotto non vi fossero vani praticabili, essendo il piano di calpestio

dell'appartamento più elevato di quello esterno. Infine, ribadiva

no la condanna per il maggior danno da svalutazione monetaria

anche per la genericità del gravame al riguardo. Contro questa sentenza l'Alessi ha proposto ricorso per la sua

cassazione con tre motivi di censura. La Scotti Ferrario ha pre sentato controricorso.

Motivi della decisione. — Con il primo motivo del ricorso l'A

lessi denuncia violazione dell'art. 16 1. 27 luglio 1978 n. 392 (art.

360, nn. 3 e 5, c.p.c.) al riguardo della ritenuta classificazione

dell'immobile locato per l'omessa motivazione circa i criteri di

classificazione (importanza architettonica, servizi, rifiniture ed im

pianti condominiali) all'uopo indicati ed adottati dall'ufficio

tecnico-erariale del comune di Roma. Identico vizio il ricorrente

lamenta, oltre l'applicazione di una normativa catastale non in

vigore nella zona di Roma, pure al riguardo dei criteri adottati

ed in ispecie circa la prevalenza data alla richiesta di mercato.

Il motivo è fondato nei limiti che saranno delineati. In propo sito al problema che il ricorrente ripropone a questa Corte supre ma, cioè il valore dell'atto di «classamento» dell'unità immobiliare

operato dall'autorità amministrativa nel giudizio per la determi

nazione dell'equo canone ai sensi della 1. n. 392 del 1978, è d'uo

po ricordare che sin dalla sentenza delle sezioin unite n. 5844

del 17 novembre 1984 (Foro it., Rep. 1984, voce Locazione, n.

348) si è riconosciuto che la normativa dell'art. 16 della detta

legge non attribuisce ai citati atti un valore tassativo e vincolante

tra le parti del rapporto locativo, trattandosi di un rapporto au tonomo e distinto da quello tributario per cui quegli atti sono stati compiuti, con la conseguenza che resta in facoltà delle indi cate parti di contestare — al fine della disapplicazione da parte del giudice ordinario adito per la determinazione del canone —

la corrispondenza delle risultanze catastali all'effettiva situazione di fatto sia per modificazioni sopravvenute non ancora registrate in catasto, sia per violazioni di legge o per errori di apprezzamen

Per altre ipotesi problematiche emerse in sede di applicazione dell'art. 19 1. 392/78, che presuppone l'ubicazione dell'appartamento in un immo bile costituito da «almeno tre piani fuori terra», v.:

— con riferimento al caso di edificio con più ingressi siti su piani stra dali a diversa altezza, Trib. Roma 12 marzo 1983, Foro it., Rep. 1984, voce cit., n. 374 (secondo cui, per stabilire il coefficiente del livello di

piano, deve farsi riferimento anzitutto all'ingresso principale, e seconda riamente al numero effettivo dei piani fuori terra);

— Pret. Lonato 29 novembre 1985, Arch, locazioni, 1987, 579, che ha escluso l'applicabilità dei coefficienti differenziati di cui all'art. 19 nel caso di immobile composto da due corpi di fabbrica con piani sfalsa ti, ciascuno dei quali (corpi) costituito da due piani fuori terra. Sulla nozione di «piano attico» (art. 19, lett. d), v. Cass. 21 novembre 1984, Foro it., 1985, I, 755, con nota di richiami, e successivamente (tutte con

formi): Cass. 4 giugno 1985, n. 3314, id.. Rep. 1985, voce cit., n. 395; 16 gennaio 1987, n. 290, Rass. equo canone, 1987, 185; 26 gennaio 1987, n. 726, Riv. giur. edilizia, 1987, I, 192.

Il Foro Italiano — 1988.

to nel corso del procedimento di classificazione catastale (v. an

che da ultimo Cass. 7 aprile 1987, n. 3364, id., Mass., 575).

Orbene, il giudice di appello nel provvedere a determinare, in

via incidentale ed al limitato fine del canone locativo, la catego ria catastale dell'immobile in locazione al ricorrente, non ha sa

puto dare compiuta ragione dei criteri adottati per individuare

nell'attribuita classe catastale A/1 quella corrispondente all'effet

tiva situazione di fatto dell'immobile, laddove pur dando atto

della carenza di requisiti per la detta categoria, concernenti lo

stato di conservazione dell'immobile, l'epoca della costruzione, e gli impianti (carenza indicata dal consulente tecnico d'ufficio), nonché dell'assenza di ulteriori pregi rispetto alla categoria di ci

vile abitazione (A/2), ha apoditticamente considerato quale valo

re preponderante e decisivo quello dell'ubicazione dell'immobile

(e cosi il valore di mercato ad esso attribuibile), senza fornire

alcuna spiegazione di tale decisivo rilievo rispetto alle carenze che

10 stesso ausiliare aveva attribuito specificamente all'immobile della

cui «classificazione» si contendeva.

Non par dubbio, invero, che ove, come nel caso dell'immobile

che ne occupa, siano riscontrabili carenze dei requisiti specifici che attengono all'edificio e all'unità immobiliare e non solo all'e

poca della relativa costruzione ed allo stato di conservazione ma

benanco alla sussistenza di impianti tali da escludere nell'epoca attuale una classificazione nella categoria A/1, la diversa valuta

zione da parte del giudice in considerazione del mero criterio del

l'ubicazione dell'immobile richiede non solo il ragionato

superamento dell'incidenza di quei fattori negativi propri dell'im

mobile stesso, ma vieppiù la debita spiegazione della loro eziolo

gica irrilevanza rispetto al mero dato della localizzazione

dell'immobile (ancorché in un quartiere particolarmente appetibi

le), non dovendosi perdere di vista che i valori catastali sono as

sunti nella controversia non in vista di un rapporto di valore

imponibile ai fini fiscali, bensì in quelli attinenti all'autonomo

rapporto di locazione e cosi per la determinazione del canone

in funzione del corrispettivo godimento dell'immobile fruibile dal

conduttore.

A tale criterio, come alle indicate indagini motivazionali, non

si è attenuto il giudice di appello, sicché ad esse dovrà provvedere 11 giudice di rinvio nella rinnovata disamina della «classificazio

ne» dell'immobile in locazione dell'Alessi per la richiesta deter

minazione del suo equo canone.

Con il secondo motivo il ricorrente lamenta violazione dell'art.

19 1. 27 luglio 1978 n. 392 (art. 360, nn. 3 e 5, c.p.c.) al riguardo della considerata condizione di «primo piano» dell'appartamen

to, contestando la mancanza di un piano sottostante nonché l'o

messa considerazione di quelle altre condizioni di facile

accessibilità, di poca luminosità, ecc., che caratterizzano il piano terreno nonché la mancata verifica in concreto dell'altezza del

l'appartamento dal piano stradale, che si era omessa dal consu

lente tecnico e che non era pertanto controllabile. Anche questo motivo merita di essere accolto. Invero la deci

sione del giudice d'appello che — sempre al fine della determina zione del canone e dell'attribuzione del relativo coefficiente —

ha condiviso l'indicazione del consulente tecnico d'uffico circa la posizione al «primo piano» dell'appartamento locato dall'A lessi in base al suo superiore livello rispetto al piano di calpestio esterno e senza alcuna rilevanza per l'assenza di altri vani sotto

stanti, non può essere approvata, apparendo ispirata ad un'ine satta interpretazione e cosi ad un'errata applicazione della norma dell'art. 19 1. n. 392 del 1978.

Va debitamente premesso che la citata norma, che significati vamente si intitola «livello di piano» ed a esso fa testuale riferi mento nello stabilire i coefficienti da applicare limitatamente alle

unità immobiliari situate in immobili costituiti da almeno tre pia ni fuori terra, esclude chiaramente qualsiasi relazione con para metri che non siano quelli della collocazione dell'appartamento

rispetto allo sviluppo verticale dell'edificio in cui esso è contenu to. La detta norma, inoltre, nello specificare i coefficienti ed i

corrispettivi piani prende in considerazione il piano seminterrato, il piano terreno, i piani intermedi e all'ultimo piano, nonché il

piano attico.

Orbene, ove si consideri che nessun dubbio può insorgere in

proposito all'identificazione del piano «seminterrato», rivelando si questo per la sua posizione anche parzialmente entro terra, non diversamente è a dirsi al riguardo del «piano terreno» deri

vando correlativamente, questo, la sua qualificazione dalla piena

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

emergenza dal suolo, ed in sostanza dalla notazione negativa di

non essere il suo livello interno neppure parzialmente al di sotto

del piano esterno.

Quanto all'individuazione del c.d. «primo piano», ancorché nel

l'art. 19 non soccorra — come si è indicato — una testuale speci ficazione dello stesso, l'interpretazione della detta norma conduce

univocamente all'individuazione dello stesso in quei piani «inter

medi» che sono collocati significativamente tra l'espressa previ sione del «piano terreno» e quella dell'ultimo piano, ed in tal

modo, ponendosi lo stesso termine adoperato dal legislatore in

necessaria e cosi insopprimibile relazione con quel piano inferiore

e quello superiore, con la conseguenza che secondo lo schema

delineato dalla legge dell'equo canone per gli immobili aventi al

meno tre piani fuori terra il c.d. «primo piano» per la sua consi

derata qualificazione di piano intermedio, come non può non

configurarsi rispetto ad un ulteriore (intermedio od ultimo) pia

no, cosi non può non presupporre di necessità la sussistenza di

un «piano terreno» al di sotto di esso.

In tale direttiva doveva trovare riferimento l'indagine del giu dice di appello che per contro nella qualificazione dell'apparta mento (in locazione all'Alessi) al «primo piano», obliterando la

considerazione della non sussistenza di altri vani al di sotto dello

stesso, è stato indirizzato da un'errata interpretazione della nor

ma dell'art. 19 1. n. 392 del 1978 e della definizione che da questa è dato attribuire al c.d. «primo piano» di un edificio ai fini del coefficiente del canone di locazione.

In conseguenza, a tale indagine dovrà sopperire il giudice di

rinvio tenendo presente che a norma dell'art. 19 citato va qualifi cato «primo piano», rientrante tra i «piani intermedi», quello

posto al di sopra del «piano terreno» dell'edificio. (Omissis)

CORTE DI CASSAZIONE; sezione III civile; sentenza 4 agosto

1987, n. 6707; Pres. Scribano, Est. Rebuffat, P.M. Grossi

(conci, conf.); Usi n. 1 Ventimigliese (Avv. Papetti, Lorenzi) c. Aste e Carrara. Conferma App. Genova 4 dicembre 1982.

Responsabilita civile — Neonato sottratto dal «nido» di ospedale — Responsabilità della Usi (Cod. civ., art. 2043).

La tutela della salute, che rientra tra i compiti istituzionali prima ri degli enti ospedalieri, in relazione alle persone di minorata

o nulla autotutela (nella specie, neonato), non si esaurisce nella

mera prestazione delle cure medico-chirurgiche generali o spe

cialistiche, ma comprende anche la protezione delle stesse per sone: pertanto, quando la mancata predisposizione di una

organizzazione volta a sopperire a tale compito abbia favorito il prodursi di un danno (nella specie, il rapimento del neonato

dal nido ad opera di ignoti), va affermata la responsabilità del

l'ente ospedaliero per la violazione dei suoi obblighi istitu zionali. (1)

(1) «Furto» di neonato e responsabilità civile dell'ospedale.

Ci si potrebbe subito chiedere perché, con la sentenza in epigrafe, i

giudici del Supremo collegio abbiano ritenuto di dover ricondurre la pro tezione delle persone incapaci di badare a se stesse, che siano affidate alle cure degli enti ospedalieri, nell'ambito della tutela della salute. La

risposta potrebbe essere presto detta. Ma prima, in due battute, il fatto.

In un piccolo ospedale, in quel di Ventimiglia, viene lasciato incustodito il «nido», che ospita un solo bambino. Per colmare la misura, la porta del nido è anche facilmente apribile dall'esterno. La conclusione è scon

volgente: durante l'orario in cui sono consentite le visite ai degenti, il

piccolo scompare senza lasciare traccia alcuna, portato via da rapitori rimasti per sempre ignoti.

A questo punto immaginiamo che, lasciandosi guidare anche solo dal

comune buon senso, nessuno più sia rimasto tranquillo a leggere queste note e non abbia, invece, già concluso che la vicenda non poteva avere

esito diverso: la condanna dell'amministrazione dell'ente ospedaliero al

risarcimento del danno subito dagli ignari e fidenti genitori. E pochi non

saranno stati percorsi da un fremito di sdegno nell'apprendere, dalla let

tura della sentenza, che la domanda era stata, ohibò!, respinta dai giudici di primo grado.

Tra costoro, poi, non mancherà qualcuno a cui potrà apparire fuori

Il Foro Italiano — 1988.

Svolgimento del processo. — Il 9 aprile 1979, Carrara Maria

Teresa in Aste partoriva un bambino nell'ospedale S. Spirito di

Ventimiglia. Due giorni dopo, l'infante, Aste Andrea Emanuele, era sottratto da ignoti dal «nido» dell'ospedale e di lui non si

rinveniva più traccia nonostante le ricerche svolte dalla polizia. Con citazione notificata il 20 maggio 1980, i genitori del picco

lo, Aste Karl Torbjorn e Carrara Maria Teresa, convenivano da

vanti al Tribunale di Sanremo l'ente ospedaliero S. Spirito di

Ventimiglia, e, attribuendo il rapimento del figlio alla deficiente

luogo ed addirittura blasfemo tornare ad insistere ancora sull'interrogati vo iniziale, quasi a voler mettere in discussione un risultato tutto somma to ineccepibile per chi, con «Diogene» (rubrica del telegiornale di Raidue), voglia rendere pronta giustizia al cittadino vessato dalle istituzioni. Eppu re è da ritenere che, ove non ci si voglia limitare al lato cronachistico della vicenda o ad una lettura del dato giurisprudenziale condotta secon do la filosofia del 'tutto è bene quel che finisce bene' (facendo chiudere subito la porta dall'ultimo di turno), non si possa fare a meno di ravvisa re di primo acchito una certa forzatura in quel voler ricondurre a tutti i costi la custodia dei neonati nell'ambito della tutela della salute, andan do a scomodare finanche l'art. 32 Cost, e la 1. 23 dicembre 1978 n. 833, istitutiva del servizio sanitario nazionale.

Il fatto è che occorreva fare i conti con un ben saldo orientamento

giurisprudenziale a termini del quale una condotta omissiva in tanto può comportare responsabilità per il fatto illecito del terzo, in quanto sussista un vero e proprio obbligo giuridico di impedire quel determinato evento

dannoso, obbligo che può derivare da una norma di legge, ovvero da uno specifico rapporto intercorrente tra il titolare dell'interesse leso ed il soggetto chiamato a risponderne (1).

Tale principio è stato invocato per escludere la responsabilità della banca

per i danni cagionati da rapinatori ai clienti, in quanto nessuna norma

impone di far presidiare i locali da guardie armate e nessun impegno in tal senso hanno assunto le banche (2); per escludere la responsabilità del gestore del supermercato nell'ipotesi di danni cagionati all'interno dello stesso da un cliente ad un altro mentre si serviva di un carrello metalli co (3); per escludere la responsabilità dell'ente proprietario di una strada

per aver omesso di segnalare una cunetta fiancheggiante la carreggiata, non essendo l'ente obbligato a provvedere alla segnalazione (4); per esclu

dere, infine, la responsabilità dell'azienda di stato per le foreste demania li (5); nonché la responsabilità della p.a. per i danni prodotti a privati da fenomeni o calamità naturali, avendo essa solo un generico dovere di natura politica, ma non giuridica, di adottare misure dirette a preveni re tali danni (6), e quella del sindaco per i danni conseguenti al crollo

(1) Cfr., tra le altre, in tal senso, su cui torneremo tra un istante, non vanno dimenticate Cass. 28 ottobre 1978, n. 4934, Foro it., Rep. 1979, voce Responsabilità civile, n. 67; 6 dicembre 1972, n. 3529, id., Rep. 1973, voce cit., n. 76; 27 novembre 1972, n. 3462, ibid., n. 78.

(2) V. Trib. Napoli 5 marzo 1985, Foro it., Rep. 1986, voce Responsa bilità civile, n. 86; Cass. 14 aprile 1983, n. 2619, id., Rep. 1983, voce

cit., n. 48; 2 febbraio 1983, n. 908, id., Rep. 1984, voce cit., n. 58, e in Dir. e pratica assic., 1983, 569, annotata da Antinozzi, Esclusione della responsabilità della banca per i danni subiti dai clienti durante una

rapina; le due pronunce del Supremo collegio possono leggersi anche in Giur. it., 1985, I, 1, 567, con il commento di Garrì, Danni da rapina e responsabilità della banca: tendenze e prospettive; Cass. 908/83 ha con fermato App. Genova 21 febbraio 1980, Foro it., Rep. 1981, voce cit., n. 129, e Trib. Genova 5 aprile 1978, ibid., n. 130, entrambe in Giur.

it., 1981, I, 2, 152, annotate da Alpa, Sulla responsabilità della banca

per i danni subiti dai clienti nel corso di una rapina (la prima è commen tata pure da Bouché, Rapina, danni e responsabilità della banca, in Ban

ca, borsa, ecc., 1980, II, 465), unitamente a Trib. Roma 2 febbraio 1977, Foro it., Rep. 1981, voce cit., n. 47, e in Banca, borsa, ecc., 1977, II, 342, con la nota di Casalengo, Responsabilità degli istituti bancari per i danni riportati dalla clientela nel corso delle rapine, che aveva, invece, deciso in senso diametralmente opposto, ma è stata poi riformata da App. Roma 5 marzo 1980, Foro it., Rep. 1982, voce cit., n. 125, e, commenta ta da Rossello, In tema di responsabilità degli istituti di credito per dan ni occorsi a clienti durante una rapina, in Giur. merito, 1982, 92, confermata da Cass. 2619/83, cit.

(3) Cass. 9 marzo 1982, n. 1526, Foro it., Rep. 1984, voce Responsabi lità civile, n. 59, e in Resp. civ., 1983, 788, con nota di Letta, La vendi ta nei supermercati ed i relativi problemi di responsabilità-, v. anche, per una conclusione assai simile, pur se ottenuta applicando diversi principi giuridici, Cass. 29 maggio 1972, n. 1712, Foro it., Rep. 1973, voce cit., n. 134, che ha escluso la responsabilità del gestore di uno stabilimento balneare per i danni provocati da un cliente ad un bagnante durante l'uso

di un pattino. (4) Cass. 30 ottobre 1980, n. 5856, Foro it., Rep. 1980, voce Responsa

bilità civile, n. 64.

(5) Per i danni cagionati da cinghiali usciti da dette foreste, Cass. 28

aprile 1979, n. 2488, Foro it., Rep. 1979, voce Responsabilità civile, n. 120.

(6) App. Napoli 24 febbraio 1978, Foro it., Rep. 1979, voce Responsa bilità civile, n. 72.

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