sezione III civile; sentenza 11 giugno 1990, n. 5670; Pres. Schermi, Est. Giuliano, P.M. Scala(concl. conf.); Comune di Modugno (Avv. Martucci Zecca) c. Poli e altro (Avv. Lovecchio Musti).Conferma Trib. Bari 2 novembre 1984Source: Il Foro Italiano, Vol. 114, PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE(1991), pp. 527/528-531/532Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23185281 .
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PARTE PRIMA
ottobre 1978. Instauratosi il contraddittorio, la convenuta ecce
piva, tra l'altro, in riconvenzionale, la nullità della clausola che
determinava in quattro anni la durata del contratto e di quella
riguardante la rinunzia a ricevere l'indennità per avviamento
commerciale.
Il giudice adito con sentenza del 13 settembre 1974 rigettava la domanda e, in accoglimento delle dette eccezioni, dichiarava
la nullità delle clausole di cui sopra, avendo ritenuto che, ricor
rendo al negozio indiretto della transazione, le parti avevano
stipulato un nuovo contratto di locazione.
In accoglimento dell'appello della Borra e della Celioni —
cui resisteva la Malagolini —, la Corte d'appello di Genova
con la sentenza indicata in epigrafe ha ritenuto che con la citata
scrittura del 20 ottobre 1978 le parti avevano posto in essere
una transazione riguardante le modalità di cessazione del con
tratto di locazione, che ha ritenuto valida ed efficace anche per
quanto attiene alla rinunzia all'ulteriore durata del rapporto e
all'indennità per avviamento commerciale.
Ricorre per cassazione la Malagolini con due motivi. Le inti
mate resistono con controricorso.
Motivi della decisione. — Con il primo motivo — denunziata
la violazione e falsa applicazione degli art. 1571 e 1965 c.c. — si deduce che con le pattuizioni contenute nella scrittura del
20 ottobre 1978 le parti avevano posto in essere una locazione, avendo la locatrice assunto l'obbligo di far godere l'immobile
per un certo periodo di tempo verso un determinato corrispetti
vo, e, inoltre, che, qualora le parti avessero inteso disciplinare,
invece, la cessazione del contratto esistente, si sarebbe dovuto
ritenere configurabile, comunque, una locazione derivante dalla
transazione.
Con il secondo motivo la ricorrente denunzia la violazione
e falsa applicazione dell'art. 79 1. n. 392 del 1978, deducendo
che la locazione non poteva sottrarsi alla disciplina vincolistica
e in particolare alla norma di cui all'art. 79 cit., di carattere
imperativo, e quindi non derogabile, per il disposto dell'art.
1418 c.c.; rileva, inoltre, che non ricorrevano neanche le condi
zioni richieste dalla giurisprudenza anteriore alla 1. n. 392 del
1978 per la validità della rinunzia alla proroga o di un contrat
to, sciolto dalle norme vincolistiche, dato che con la scrittura
del 20 ottobre 1978 erano stati attribuiti vantaggi a favore della
locatrice, non proporzionati rispetto a quelli che ne erano deri
vati alla conduttrice, alla quale sarebbe stato agevole resistere
all'azione ex art. 73 1. cit., come prospettata dalla locatrice.
I motivi addotti vanno esaminati congiuntamente, stante la
loro evidente connessione, e debbono ritenersi infondati.
Come risulta dalla sentenza impugnata, la corte d'appello ha
considerato che con la scrittura del 20 ottobre 1978 le parti, nel vigore della 1. n. 392 del 1978, pur avendo la facoltà —
loro riconosciuta dall'art. 67 — di stipulare un nuovo contratto
di locazione, al fine di prevenire la lite che sarebbe insorta a
seguito della richiesta di rilascio per necessità, intimata dalla
Borra, avevano, invece, posto in essere un accordo transattivo, diretto a disciplinare le modalità di cessazione del contratto esi
stente. A tale accordo le parti erano addivenute, come accertato
dal detto giudice, mediante reciproche concessioni in quanto, mentre la Malagolini, come precisato nella scrittura, si assicura
va la locazione per un quadriennio e per un canone complessivo che dalla consulenza espletata in primo grado era risultato di
molto inferiore a quello di mercato, rinunziando alla proroga di sei anni e all'indennità di avviamento commerciale di cui si
era tenuto conto — come precisato nella scrittura — nella de
terminazione del canone, la Borra, a sua volta, rinunziava all'a
zione di rilascio per necessità. Il giudice d'appello, quindi, ri
chiamando principi di diritto enunciati in alcune decisioni di questa Suprema corte (sent. n. 1659 del 1982, Foro it., Rep.
1983, voce Locazione, n. 550 e n. 3634 del 1984, id., Rep. 1984, voce cit., n. 552) ha ritenuto valide le rinunzie contenute nella
citata scrittura, avendo considerato che la rinunzia alla proroga di sei anni da parte della Malagolini comportava la sottrazione
del rapporto alla disciplina vincolistica ed il sorgere di un nuo
vo contratto, svincolato dal precedente in forza della volontà
delle parti e dotato di una propria autonomia giuridica derivan
tegli dalla transazione e che in questa trovava la sua fonte rego latrice.
Da quanto sopra emerge l'insussistenza delle denunziate vio
lazioni di legge. Il giudice d'appello infatti — contrariamente
a quanto dedotto nel primo motivo, ma ammesso implicitamen
II Foro Italiano — 1991.
te nel secondo — non ha affermato che per effetto della transa
zione fosse stata concessa alla Malagolini la disponibilità del
l'immobile a titolo diverso dalla locazione, prevista dall'art. 1575
c.c. — ed ha correttamente applicato la norma di cui all'art.
1965 stesso codice —, ma ha ritenuto che la locazione quadrien nale stipulata con la citata scrittura, trovando la sua fonte nel
l'accordo transattivo diretto a regolare la cessazione del prece dente rapporto intercorso tra la Borra e la Bernardini — cui
era succeduta la Malagolini —, non era soggetta alla relativa
disciplina legale e che, quindi, dovevano considerarsi validi ed
efficaci i patti riguardanti, rispettivamente, la rinunzia all'ulte
riore durata del contratto e all'indennità di avviamento com
merciale. E ciò uniformandosi ad esatti criteri giuridici poiché, secondo la giurisprudenza di questo Supremo collegio, dalla quale non è motivo per dissentire, la disposizione dell'art. 71 1. n.
392 del 1978, che prevede, a favore del conduttore, una prose
cuzione, oltre la scadenza convenzionale, del contratto di loca
zione non abitativa non soggetto a proroga, in corso alla data
di entrata in vigore della detta legge, pur avendo natura impe rativa non esclude la possibilità per il conduttore, titolare del
diritto alla prosecuzione del rapporto, di rinunziarvi (tra le più
recenti, sent. n. 27 del 1988, id., Rep. 1988, voce cit., n. 160),
e, come è stato precisato (sent. n. 6634 del 1986, id., 1987,
I, 2825) il contratto con il quale il conduttore, in corso del
rapporto dietro corrispettivo, aderisca alla risoluzione anticipa ta della locazione e rinunci all'indennità di avviamento, non
incorre nella sanzione di nullità prevista dall'art. 79 cit. per i
patti in deroga alle disposizioni della legge medesima, in quanto tale norma è diretta ad evitare un'elusione di tipo preventivo dei diritti del locatario, ma non esclude la possibilità di dispor ne una volta che i diritti stessi siano insorti.
Né rileva, infine, l'affermazione secondo la quale i vantaggi
conseguiti, in conseguenza della transazione, rispettivamente dal
locatore e dal conduttore non sarebbero proporzionati, e quella
riguardante le possibilità di accoglimento dell'azione di recesso,
per la ragione assorbente che trattasi di censure generiche e che
comportano valutazioni di merito non consentite in sede di le
gittimità. Il ricorso deve essere, pertanto, respinto.
CORTE DI CASSAZIONE; sezione III civile; sentenza 11 giu
gno 1990, n. 5670; Pres. Schermi, Est. Giuliano, P.M. Sca
ia (conci, conf.); Comune di Modugno (Aw. Martucci Zec
ca) c. Poli e altro (Avv. Lovecchio Musti). Conferma Trib. Bari 2 novembre 1984.
Locazione — Convalida di sfratto per morosità del conduttore — Successivo ripristino del rapporto — Esclusione — Fatti
specie (Cod. proc. civ., art. 658, 663). Provvedimenti di urgenza — Sfratto — Ordinanza di convalida
— Sospensione dell'esecuzione — Inammissibilità (Cod. proc.
civ., art. 663, 700).
È congruamente motivata la pronunzia del giudice del merito
che abbia escluso il ripristino di un rapporto di locazione ri
solto in seguito a convalida di sfratto per morosità, argomen tando che non costituiscono prova idonea" a tal fine né l'inti
mazione di un secondo sfratto e la proposizione di un nuovo
giudizio di risoluzione contrattuale da parte del locatore, né
il fatto che questi anche dopo la convalida dello sfratto abbia
accettato i canoni di locazione. (1)
(1) In senso contrario, v. Corte cost., ord. 26 febbraio 1990, n. 96, Foro it., 1990, I, 1801, con nota critica di D. Piombo (annotata anche da N. Izzo, in Giust. civ., 1990, I, 1164).
La pronunzia della Cassazione (che non risulta massimata in parte qua dall'ufficio massimario) argomenta, in particolare: a) che eventuali iniziative processuali poste in essere dal locatore per ottenere la risolu zione del contratto, nonostante la già ottenuta convalida dello sfratto, non sono univocamente sintomatiche di un ripristino del rapporto loca
tizio, ben potendo essere dirette ad «ottenere mediante più tentativi e più vie lo stesso risultato del rilascio dell'immobile locato, specie quan
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
È inammissibile il ricorso al provvedimento di urgenza ex art.
700 c.p.c. per ottenere la sospensione dell'esecuzione dell'or
dinanza di convalida di sfratto non opposta ai sensi dell'art.
668 stesso codice. (2)
Svolgimento del processo. — Con atto notificato il 18 set
tembre 1981 Poli Vito, Guanti Bruno e Lattanzio Ruggiero, pro
prietari di alcuni locali terreni siti in Modugno via Fondicello
n. 36-38 e 44 locati al comune di Modugno per uso diverso
da quello di abitazione, assumendo che il conduttore era moro
so nel pagamento di una semestralità posticipata di canone (lire
11.000 mensili per complessive lire 132.000) per ciascun locale,
intimavano al conduttore sfratto per morosità con contestuale
citazione per la convalida davanti al Pretore di Modugno.
Il pretore, con provvedimento 2 ottobre 1981, in assenza del
l'intimato, convalidava lo sfratto e fissava la data del 4 dicem
bre 1981 per l'esecuzione.
Con ricorso ex art. 700 c.p.c. depositato il 19 dicembre 1981
il comune di Modugno chiedeva la sospensione dell'esecuzione
dello sfratto sulla base di un grave pregiudizio. Il pretore acco
glieva la richiesta.
Con atto notificato il 28 maggio 1982 il comune di Modugno
riassumeva il giudizio davanti al locale pretore chiedendo che
fosse dichiarata la legittimità dell'ordinanza che sospendeva l'e
secuzione del provvedimento di convalida dello sfratto; che fos
sero dichiarate insussistenti le condizioni per la convalida; che
fosse dichiarato che gli oneri condominiali erano compresi nel
canone locatizio; che il contratto di locazione fosse dichiarato
valido ed efficace.
I convenuti, costituitisi, chiedevano il rigetto della domanda.
II pretore adito, con sentenza in data 5-7 dicembre 1983, ac
coglieva la domanda dichiarando che non sussistevano le condi
zioni per la convalida dello sfratto per morosità pronunciato il 2 ottobre 1981; che era legittimo il provvedimento d'urgenza
19 febbraio 1982; che gli oneri accessori erano compresi nel
canone e che il contratto di locazione era in corso.
Il Tribunale di Bari, con la sentenza ora impugnata, dichiara
va estinto il processo tra l'appellante Guanti Bruno e l'appella
to comune di Modugno per rinuncia agli atti del giudizio; acco
glieva l'appello degli altri locatori e, in riforma della sentenza
di primo grado, dichiarava inammissibile la domanda di annul
lamento dell'ordinanza di convalida 2 ottobre 1981; annullava
il decreto 19 febbraio 1982 e l'ordinanza 16 aprile 1982 dello
stesso pretore; e rigettava per il resto la domanda del comune
di Modugno. Il pretore osservava che avverso l'ordinanza di convalida di
sfratto è esperibile soltanto l'opposizione di cui all'art. 668 c.p.c.
(cioè in caso di mancata comparizione dell'intimato per irrego
larità della notificazione o per caso fortuito o per forza mag
giore; ipotesi che qui non ricorrevano); che, convalidato lo sfrat
to, non era ammessa la procedura d'urgenza ex art. 700 c.p.c.;
che, nel merito, la morosità sussisteva; che dopo la convalida
dello sfratto, contrariamente a quanto aveva ritenuto il pretore,
non era stato concluso dalle parti alcun nuovo contratto né era
stato ripristinato il precedente rapporto locatizio risolto essendo
do, come nel caso di specie, il primo giudizio è ancora sub iudice ...»,
e «rappresentare piuttosto l'espressione di una persistente ed ostinata
volontà del locatore di ottenere il rilascio del bene»; b) che parimenti
priva di univoco significato è l'accettazione dei canoni di locazione do
po la convalida dello sfratto, trattandosi di somme dovute anche dal
conduttore in mora nella riconsegna dell'immobile, ex art. 1591 c.c.
Da ultimo, Pret. Viareggio 30 novembre 1989, Arch, locazioni, 1990,
124, ha ritenuto che, una volta convalidato lo sfratto per morosità,
e ancorché sia stata proposta opposizione tardiva ex art. 668 c.p.c., il locatore non possa proporre azione di finita locazione con riferimen
to alla scadenza contrattuale successiva.
(2) Analogamente, con riferimento ad un ricorso ex art. 700 diretto
a paralizzare l'efficacia esecutiva dell'ordinanza di rilascio emessa ai
sensi dell'art. 665 c.p.c., v. Trib. Foggia, ord. 14 ottobre 1985, Foro
it., 1986, I, 299, con nota di richiami.
Per l'ipotesi in cui l'ordinanza di convalida di sfratto ex art. 663
c.p.c. sia stata emessa in difetto dei presupposti di legge e contro di
essa venga proposto appello (ammissibile, trattandosi di provvedimento avente natura di sentenza), v. da ultimo, nel senso che al giudice del
l'appello è consentito inibirne, l'esecuzione a norma dell'art. 351 c.p.c., Trib. Pisa 25 novembre 1989, id., 1990, I, 3279.
Il Foro Italiano — 1991.
irrilevante la circostanza che i locatori avevano intimato un nuovo
sfratto per morosità; e, infine, che la pronuncia sugli oneri ac
cessori emessa dal pretore si riferiva ad un ipotetico nuovo con
tratto, che invece doveva escludersi nel caso di specie.
Avverso detta sentenza il comune di Modugno ha proposto ricorso per cassazione sulla base di nove motivi. Poli Vito e
Lattanzio Ruggiero hanno resistito con controricorso.
Motivi della decisione. — Va preliminarmente rigettata l'ec
cezione di inammissibilità del ricorso, formulata dai controri
correnti sotto il profilo che esso sarebbe «totalmente privo di
veri motivi di diritto». Infatti, il ricorso contiene denunce di violazione di articoli
di legge e di omessa motivazione che devono essere esaminati.
Nel merito, con i primi quattro motivi del ricorso, che per
ragioni di connessione logico-giuridica vengono esaminati con
giuntamente, il ricorrente denuncia il difetto di motivazione della
sentenza impugnata su vari punti relativi al da esso comune
dedotto «ripristino» del contratto di locazione dopo la convali
da dello sfratto per morosità. Tale «ripristino» si desumerebbe
dall'intimazione di un secondo sfratto per morosità e dalla ri
chiesta di risoluzione del contratto a seguito di tale' intimazione
conclusasi con declaratoria di inammissibilità, oltre che dalla
instaurazione di un autonomo successivo giudizio di risoluzio
ne, e, infine, dall'incasso dei canoni anche dopo la convalida
dello sfratto.
L'articolata censura è infondata. Infatti, l'impugnata senten
za è esaurientemente motivata sulla questione di cui sopra aven
do essa escluso che dopo la convalida dello sfratto le parti aves
sero concluso un nuovo contratto perché questo non era stato
provato, anzi di esso non erano stati neppure indicati dal con
duttore la durata, il canone e altri elementi.
Quanto, poi, all'asserito «ripristino» del rapporto di locazio
ne risolto, esso non poteva ritenersi provato dall'intimazione
di un secondo sfratto e da un giudizio di risoluzione del contratto.
Tale motivazione è corretta perché questi atti processuali, suc
cessivi alla convalida dello sfratto per morosità, non hanno un
significato univoco nel senso voluto dal ricorrente ma ben pos
sono essere stati fatti — ed in effetti spesso sono fatti — per
ottenere mediante più tentativi e più vie lo stesso risultato del
rilascio dell'immobile locato specie quando, come nel caso di
specie, il primo giudizio è ancora sub iudice e l'esito della vi
cenda giudiziaria non è stato ancora definito. In tali ipotesi es
so può rappresentare piuttosto l'espressione di una persistente
ed ostinata volontà del locatore di ottenere il rilascio del bene.
Circa la declaratoria di inammissibilità del secondo giudizio di risoluzione del contratto di locazione, si osserva che a torto
il ricorrente pretende di farne discendere un giudicato sull'esi
stenza — e quindi sul «ripristino» — del rapporto di locazione
perché, trattandosi di declaratoria di inammissibilità anziché di
rigetto, essa precluse ogni pronuncia in merito al problema ora
prospettato. Da ciò consegue che l'omessa motivazione della
sentenza impugnata verte su un punto non decisivo ed è, per
ciò, irrilevante.
Infine, l'accettazione dei canoni da parte del locatore dopo la convalida dello sfratto nulla dimostra in ordine all'asserito
ripristino della locazione perché i canoni sono dovuti anche dal
conduttore in mora nel rilascio dell'immobile locato, a norma
dell'art. 1591 c.c.
Con il quinto ed il sesto motivo che, essendo connessi, ven
gono esaminati congiuntamente, il ricorrente denuncia il difetto
di motivazione della sentenza impugnata sul problema se gli
oneri accessori fossero stati compresi, o non nel canone di lo
cazione.
La censura è infondata. La sentenza impugnata ha indicato
le ragioni per cui non ha emesso una statuizione su tale punto,
cioè perché la domanda del comune sugli oneri accessori si rife
riva all'asserito nuovo rapporto di locazione che le parti avreb
bero posto in essere, per cui, escluso che tale rinnovo si fosse
verificato, era venuto meno ogni motivo di pronunciarsi in
merito.
Con il settimo e l'ottavo motivo, anch'essi connessi, il ricor
rente censura la declaratoria di inammissibilità dell'impugna
zione, da lui proposta, avverso l'ordinanza di convalida dello
sfratto per morosità. In particolare, il tribunale avrebbe anche
errato nel qualificare «di nullità» anziché «di annullamento»
l'azione da lui proposta e avrebbe omesso di esaminare un do
cumento decisivo.
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PARTE PRIMA
L'articolata censura va respinta per la ragione preminente e
assorbente che avverso l'ordinanza di convalida dello sfratto
è ammessa soltanto l'opposizione ex art. 668 c.p.c. in caso di
assenza dell'intimato in quel procedimento per irregolarità della
notificazione o per caso fortuito o forza maggiore (ipotesi que ste che non solo non ricorrevano ma non erano state neppure
prospettate dal conduttore). Con il nono motivo il ricorrente sostiene che il tribunale avreb
be errato nel dichiarare nullo il provvedimento di sospensione dell'esecuzione dell'ordinanza di convalida adottato dal pretore ex art. 700 c.p.c. Inoltre, il tribunale avrebbe dovuto dichiarare
inammissibile l'appello proposto dai locatori avverso la senten
za del pretore che aveva ritenuto legittimo il suddetto provvedi mento ex art. 700 c.p.c., data l'inappellabilità di questo.
Le due censure sono infondate. In ordine alla prima, si osser
va che i provvedimenti di urgenza ex art. 700 c.p.c. possono essere adottati soltanto nella specifica ipotesi (pericolo di pre
giudizio imminente e irreparabile durante il tempo occorrente
per fare valere il diritto in via ordinaria) e per la specifica fina
lità (assicurare provvisoriamente gli effetti della decisione sul
merito) contemplate in tale articolo.
Pertanto, tali provvedimenti non possono essere emessi per il conseguimento di finalità proprie di un istituto diverso, quale è quello della sospensione dell'esecuzione di un provvedimento del giudice.
Ne consegue che è illegittimo il provvedimento di sospensione dell'esecuzione dell'ordinanza di convalida di sfratto non oppo sta ex art. 668 c.p.c. adottata nelle forme dell'art. 700 c.p.c.
Sul secondo punto, è vero che i provvedimenti d'urgenza pre visti dall'art. 700 c.p.c., avendo natura provvisoria ed essendo
privi del carattere della decisorietà (in quanto diretti ad assicu
rare provvisoriamente gli effetti della successiva decisione sul
merito), non sono impugnabili in via autonoma per cui ogni
questione relativa alla legittimità e ritualità di essi può essere
fatta valere solo nel giudizio di merito; però la sentenza emessa
nel giudizio di merito può, al pari di ogni altra sentenza, essere
appellata.
Pertanto, il ricorso va rigettato.
CORTE DI CASSAZIONE; sezione I civile; sentenza 1 ° giugno
1990, n. 5152; Pres. Scanzano, Est. Olla, P.M. Dettori
(conci, conf.); Soc. Vinavil (Aw. Salvucci, De Mita) c. Min.
finanze. Cassa App. Torino 12 marzo 1986.
Riscossione delle imposte — Energia elettrica — Imposta era riale sul consumo — Avviso di accertamento — Necessità —
Esclusione — Ingiunzione — Sufficienza (R.d. 14 aprile 1910
n. 639, testo unico delle disposizioni di legge relative alla pro cedura coattiva per la riscossione delle entrate patrimoniali dello Stato e degli altri enti pubblici, dei proventi di demanio
pubblico e di pubblici servizi e delle tasse sugli affari, art.
2; d.m. 8 luglio 1924, testo unico delle disposizioni di caratte re legislativo concernenti l'imposta sul consumo del gas e del
l'energia elettrica, art. 15, 19). Fabbricazione (imposte di) — Energia elettrica — Imposta era
riale sul consumo — Aliquote — Aumento — Decorrenza
(L. 27 aprile 1981 n. 160, modificazioni alla imposta erariale sul consumo dell'energia elettrica art. 2).
L'ingiunzione emessa dall'amministrazione finanziaria per la ri
scossione dell'imposta erariale di consumo sull'energia elettri ca non deve essere necessariamente preceduta dalla notifica di un avviso di accertamento. (1)
(1) Note in tema di ingiunzione fiscale.
I. - La Suprema corte esclude che la normativa in materia di imposta erariale sul consumo dell'energia elettrica (d.m. 8 luglio 1924, r.d.l. 19 maggio 1932 n. 533, r.d.l. 16 gennaio 1936 n. 54, convertito nella 1. 4 giugno 1936 n. 1334, r.d.l. 24 febbraio 1938 n. 67, r.d.l. 5 settem bre 1938 n. 1431, convertito nella 1. 19 gennaio 1939 n. 262, r.d.l. 30
gennaio 1941 n. 40, convertito nella 1. 7 aprile 1941 n. 260, d. leg.
Il Foro Italiano — 1991.
Nei confronti delle imprese non distributrici di energia elettrica
che presentano dichiarazione di consumo agli uffici tecnici
delle imposte di fabbricazione, le nuove aliquote dell'imposta sul consumo dell'energia elettrica, introdotte dall'art. 2 l. 27
aprile 1981 n. 160, si applicano solo sui consumi effettuati dopo il 1° maggio 1981, data della sua entrata in vigore. (2)
lgt. 26 aprile 1945 n. 223, d.l. 11 aprile 1947 n. 226, d.l. 6 ottobre 1948 n. 1199, convertito nella 1. 3 dicembre 1948 n. 1387, d.l. 11 otto bre 1949 n. 707, d.l. 11 marzo 1950 n. 50, convertito nella 1. 9 maggio 1950 n. 202, 1. 26 giugno 1965 n. 717, 1. 31 ottobre 1966 n. 940, d.l. 30 agosto 1968 n. 918, convertito nella 1. 25 ottobre 1968 n. 1089, 1. 17 luglio 1975 n. 391, 1. 27 aprile 1981 n. 160, d.m. 23 gennaio 1982, d.l. 30 maggio 1988 n. 173, covertito nella 1. 26 luglio 1988 n. 291) espressamente imponga all'amministrazione finanziaria la notifica di un avviso di accertamento antecedentemente all'emissione dell'ingiunzione di cui al r.d. 14 aprile 1910 n. 639. La Cassazione esclude inoltre che la necessità della previa notifica di tale avviso discenda da un principio generale del sistema tributario: in termini, oltre alla sentenza, deposita ta contestualmente a quella in epigrafe, n. 5153 (Fisco, 1990, 5542), v. Cass. 3 aprile 1990, n. 2702, ibid., 3863, con nota di Lambert, e Bollettino trib., 1990, 1653, con nota di Looozzo, Capacità contributi va e interpretazione della legge tributaria.
La giurisprudenza e la dottrina (quantomeno la più recente) concor dano nel ritenere che, più in generale, l'ingiunzione fiscale possa essere
legittimamente emessa senza la previa notifica di un avviso di accerta mento (o di altro atto avente analoga natura): in tal caso, secondo una massima consolidata, l'ingiunzione non opererebbe come mero atto di riscossione ma assolverebbe (anche) una funzione di accertamento del tributo dovuto (ovviamente, non è dato parlare di ingiunzione come atto — anche — di accertamento quando la notifica diretta trova il suo presupposto nella stessa dichiarazione del contribuente).
In giurisprudenza ritengono la possibilità che l'ingiunzione non sia
preceduta da avviso di accertamento (operando essa stessa in tale fun
zione): Cass. 22 marzo 1990, n. 2390, Rass. trib., 1990, II, 486; Comm. trib. II grado Catania 14 aprile 1988, n. 2%, Foro it., Rep. 1988, voce Tributi in genere, n. 1044 e Fisco, 1988, 4135; Trib. Potenza 16 dicem bre 1987, Foro it., Rep. 1988, voce Riscossione delle imposte, n. 140 e Giust. civ., 1988,1, 1033, con nota di Toscano; Cass. 11 marzo 1987, n. 2531, Foro it., Rep. 1988, voce Consumo (imposte di), n. 5; Comm. trib. centrale 17 febbraio 1987, n. 1271, id., Rep. 1987, voce Registro, n. 295, che ha ritenuto legittima l'ingiunzione emessa per la riscossione
dell'imposta suppletiva di registro non preceduta dall'avviso di liquida zione di cui all'art. 54 d.p.r. 634/72; 13 giugno 1986, n. 5278, id., Rep. 1986, voce Riscossione delle imposte, n. 173; Comm. trib. II gra do Forlì 27 novembre 1985, id., Rep. 1987, voce Registro, n. 296 (per un caso di riscossione dell'imposta principale di registro a mezzo in
giunzione); Cass. 18 dicembre 1984, n. 6630, id., Rep. 1985, voce cit-, n. 295 (in motivazione); Trib. Torino 21 giugno 1984, ibid., voce Fab
bricazione (imposte di), n. 20 (in motivazione); Cass. 8 settembre 1983, n. 5529, id., Rep. 1984, voce Riscossione delle imposte, n. 132; Comm. trib. centrale 18 novembre 1983, n. 3757, ibid., n. 135 (in motivazione); App. Milano 5 ottobre 1982, id., Rep. 1983, voce Tributi locali, n.
412; Cass. 7 maggio 1981, n. 2965, id., Rep. 1982, voce Riscossione delle imposte, n. 95 (in motivazione); 16 marzo 1981, n. 1479, id., Rep. 1981, voce cit., n. 116; 13 gennaio 1981, n. 362, ibid., voce Tributi
locali, n. 286; 4 febbraio 1980, n. 768, id., Rep. 1980, voce Riscossione delle imposte, n. 144; 29 novembre 1979, n. 6271, id., Rep. 1979, voce
cit., n. 93; 8 ottobre 1979, n. 5193, ibid., voce Registro, n. 95; 24 marzo 1979, n. 1701, ibid., voce Riscossione delle imposte, n. 87; 25 novembre 1976, n. 4444, id., Rep. 1976, voce cit., n. 78; 13 novembre
1976, n. 4213, ibid., n. 76; 22 luglio 1976, n. 2902, id., 1976, I, 2101
(in motivazione). In dottrina, v. la ricostruzione operata da Looozzo, Sulla illegittimi
tà dell'ingiunzione fiscale non preceduta da accertamento (nota a Comm. trib. I grado Napoli 22 giugno 1989, 7667, in Rass. trib., 1990, II, 243 ss.); tale a. ritiene che l'ingiunzione ha normalmente un ruolo me ramente esattivo, anche se, per le imposte per la cui applicazione non è richiesto un atto di accertamento, la stessa può assumere anche la forma di atto di imposizione. Per Dolfin, Ingiunzione fiscale, voce del Novissimo digesto, appendice, Torino, 1983, IV, 254 s., vi sono nell'ordinamento alcune fattispecie (definite «residuali») in cui «l'in
giunzione congiunge i due caratteri di atto d'imposizione e di atto di riscossione» (in un sistema che, per l'a., separa nettamente la fase del l'accertamento dalla fase dell'attuazione coattiva del prelievo). Per Pa
vone, L'ingiunzione fiscale, Rimini, 1985, 60 ss., la possibilità che l'in
giunzione assolva anche funzione di atto di accertamento è ammessa dal sistema e la stessa non costituisce affatto ipotesi eccezionale. V.
anche, in argomento, Tesauro, Profili sistematici del processo tributa rio, Padova, 1980, 130; Russo, Il nuovo processo tributario, Milano, 1974, 499; Glendi, L'oggetto del processo tributario, Padova, 1984,
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