sezione III civile; sentenza 23 agosto 1990, n. 8613; Pres. Meo, Est. Schermi, P.M. M. De Martini(concl. conf.); Moro (Avv. Menghini, Filippi) c. Vercellino (Avv. Barrera). Conferma Trib.Genova 1° settembre 1987Source: Il Foro Italiano, Vol. 114, PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE(1991), pp. 1165/1166-1169/1170Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23185403 .
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
L'adito conciliatore, con sentenza 6 aprile 1984, accoglieva la domanda del ricorrente, con conseguente condanna del con
venuto al rilascio immediato dell'immobile e si dichiarava in
competente a conoscere delle domande riconvenzionali, rimet
tendo all'uopo le parti davanti al Pretore di Campi. Con atto del 22 maggio 1984 il Vetrugno proponeva appello
contro la condanna al rilascio e con separato atto del 1° giugno 1984 riassumeva la causa davanti allo stesso pretore del luogo
per ottenere il pagamento delle indennità per l'avviamento com
merciale nonché per i miglioramenti e le ristrutturazioni. Costi
tuendosi in tale giudizio, il Grasso contestava la pretesa del con
duttore alle invocate indennità e, con verbale del 19 settembre
1984, faceva offerta reale della somma di lire 435.600, pari a
18 mensilità dell'ultimo canone corrisposto, a titolo di indenni
tà ex art. 69 1. n. 392 del 1978. Rifiutata tale somma dal Vetru
gno, veniva effettuato rituale deposito presso il locale Banco
di Napoli con verbale 9 ottobre 1984, notificato il 12 dicembre
1984 e, quindi, con citazione del 18 dicembre 1984, il Grasso
conveniva il Vetrugno davanti al Giudice conciliatore di Campi Salentino per la convalida. Il convenuto si costituiva, eccepen do preliminarmente l'incompetenza del giudice adito e conte
stando nel merito la congruità dell'offerta. Con la sentenza di
cui in epigrafe il Conciliatore di Campi dichiarava valido il de
posito e condannava il Vetrugno alle spese giudiziali. Riteneva
11 suddetto giudice che l'eccezione di incompetenza fosse infon
data, trattandosi di giudizio di convalida dell'offerta reale, che
non investiva né 1 'an, né il quantum debeatur; aggiungeva co
munque che l'indennità era stata correttamente rapportata al
l'ultimo canone corrisposto e non a quello corrente di mercato, versandosi in tema di recesso per necessità.
Ha proposto ricorso per cassazione il Vetrugno sulla base di
quattro motivi, ai quali ha resistito il Grasso con controricorso.
Motivi della decisione. — Con il primo motivo il ricorrente, denunciando la violazione degli art. 360, n. 3, e 113 c.p.c., co
me modificato dall'art. 5 1. n. 399 del 1984, in relazione agli art. 69 e 45, 3° comma, 1. n. 392 del 1978 ed agli art. 10 e
12 del codice di rito, assume che il conciliatore avrebbe dovuto
dichiararsi incompetente per valore o per materia in quanto la
controversia relativa alle indennità per l'avviamento commer
ciale ed i miglioramenti ex art. 1592 c.c. spettava alla compe tenza funzionale del pretore, davanti al quale infatti era pen dente il relativo giudizio; più precisamente, dovendo il giudice chiamato a valutare la validità dell'offerta reale esaminare an
che la legittimità del rapporto obbligatorio a monte, la prima
questione, di natura accessoria, era devoluta alla cognizione del
giudice competente sulla domanda principale. La censura è fondata. Già in epoca remota questa corte ha
rilevato che «la mora accipiendi e la stessa procedura per accer
tarla presuppongono l'esistenza di un vinculum iuris, all'estin
zione del quale si opponga ingiustamente il creditore; ciò si de
duce dalla stessa norma obiettiva, la quale, nell'enunciare al
l'art. 1208 c.c., i requisiti per la validità dell'offerta, sancisce
esplicitamente il potere del magistrato, chiamato a giudicare sulla
validità dell'offerta stessa, di entrare nel merito del rapporto che lega il debitore al creditore, ond'è che l'accertamento della
validità dell'offerta non si esaurisce nella mera indagine estrin
seca e formale dell'attività svolta dal presunto debitore per libe
rarsi da un'obbligazione, ma soprattutto postula un'indagine intrinseca e sostanziale, sia pure di regola implicita, in punto all'esistenza dell'obbligazione che sta con l'offerta in rapporto necessario di causalità» (Cass. 48/52, Foro it., 1953, I, 234; conf. Cass. 491/55, id., Rep. 1955, voce Offerta reale, n. 1
e 1681/58, id., Rep. 1958, voce cit., n. 4). Nella specie, la sussi
stenza e l'entità delle indennità per l'avviamento commerciale
ed i miglioramenti erano contestate e le relative controversie
spettavano alla competenza del pretore, ai sensi del 2° comma
dell'art. 45 1. n. 392 del 1978, nel testo novellato dall'art. 6,
punto 6, 1. n. 399 del 1984. Ed infatti al riguardo lo stesso
giudice conciliatore aveva già dichiarato correttamente la pro
pria incompetenza, rimettendo le parti davanti al pretore, ove
il giudizio era stato tempestivamente riassunto e pendeva. D'al
tro canto, lo stesso giudice conciliatore, pur affermando — nel
la sentenza impugnata — di ritenersi competente a pronunciare sulla validità dell'offerta sull'erroneo presupposto che la con
troversia non coinvolgesse l'art ed il quantum debeatur, si è tro
vato costretto poi ad entrare nel merito ed a riconoscere che
il calcolo dell'indennità era regolare. Detto giudice avrebbe in
II Foro Italiano — 1991.
vece dovuto rilevare che, siccome il giudizio di convalida del
l'offerta reale presuppone quello sull'esistenza e l'ammontare
del credito, ove quest'ultimo sia devoluto — come nel caso di
specie — alla competenza funzionale di altro giudice (il preto
re), a quest'ultimo spettava anche la cognizione della domanda, di natura conseguenziale ed accessoria, circa la convalida del l'offerta ex art. 1208 e 1210 c.c.
Il primo motivo va, pertanto, accolto, restando assorbiti gli ulteriori mezzi di censura con i quali il ricorrente ha denunciato
il vizio di ultrapetizione (per avere il conciliatore pronunciato anche sulla congruità dell'offerta), nonché la violazione degli art. 295 c.p.c. (per non avere disposto almeno la sospensione del giudizio di convalida) e 1208 c.c. (per non avere rilevato
la carenza di legittimazione del Grasso in ordine all'effettuata
offerta).
Conseguentemente, deve essere cassata la sentenza impugnata
per violazione delle norme sulla competenza e dichiarata la com
petenza del Pretore di Campi Salentina (art. 382, 2° comma,
c.p.c.), davanti al quale va rinviata la causa.
CORTE DI CASSAZIONE; sezione III civile; sentenza 23 ago sto 1990, n. 8613; Pres. Meo, Est. Schermi, P.M. M. De
Martini (conci, conf.); Moro (Avv. Menghini, Filippi) c. Ver
cellino (Avv. Barrera). Conferma Trib. Genova 1 ° settem
bre 1987.
Esecuzione forzata in genere — Immobile locato — Opposizio ne all'esecuzione — Soggetto legittimato — Fattispecie (Cod.
proc. civ., art. 615, 665; 1. 27 luglio 1978 n. 392, disciplina delle locazioni di immobili urbani, art. 6).
Locazione — Legge 392/78 — Immobili adibiti ad abitazione — Separazione giudiziale — Successione nel contratto del co
niuge del conduttore — Condizioni — Diritto di abitare nella
casa familiare — Provvedimento — Nozione (Cod. proc. civ., art. 708; 1. 27 luglio 1978 n. 392, art. 6).
Legittimato a proporre l'opposizione all'esecuzione ex art. 615
c.p.c., quando il titolo esecutivo in base al quale si procede è l'ordinanza di rilascio di un immobile locato emessa (stante la controversia tra le parti sulla prosecuzione della locazione) ai sensi dell'art. 665 c.p.c., è colui che ha la posizione di
conduttore, considerandosi a tal fine in corso il rapporto lo
catizio fino a quando ne sarà accertata con giudicato sostan
ziale la cessazione; sicché, in caso di modificazione soggettiva del rapporto, legittimato a proporre l'opposizione all'esecu
zione è il soggetto subentrato nella posizione di conduttore
(nella specie, la Suprema corte ha confermato la sentenza del
giudice del merito che aveva ritenuto legittimato a proporre
l'opposizione ex art. 615 c.p.c. il coniuge separato del con
duttore originario, succedutogli nel contratto, ai sensi dell'art.
61. 392/78, dopo la scadenza in relazione alla quale era stata
emessa l'ordinanza di rilascio di cui all'art. 665 c.p.c.). (1)
(1) Non constano precedenti in termini.
Peraltro, nel senso che il detentore del bene da rilasciare, ancorché diverso dal destinatario del titolo esecutivo, è legittimato a proporre
opposizione all'esecuzione ex art. 615 c.p.c., v. Cass. 14 dicembre 1985, n. 6330, Foro it., 1986, I, 2835, con nota di richiami, in base al rilievo
che «nella esecuzione per consegna o rilascio l'esecutato è il detentore
reale del bene, perché solo lui può restituire il bene richiesto e soddisfa
re la pretesa esecutiva della parte istante», e che «se il detentore reale
è diverso da quello nominato nel titolo, la sua estraneità è soltanto
formale, dal momento che si assume l'efficacia anche nei suoi confronti
del titolo esecutivo». Analogamente, da ultimo, Pret. Milano 21 set
tembre 1989, id., 1990, I, 3530.
Riguardo al caso di specie, mette conto segnalare che Pret. Napoli, ord. 9 dicembre 1989, Arch, locazioni, 1990, 121, applicando analogi camente l'art. 6 1. 392/78, ha ritenuto che la separazione dei coniugi successiva alla cessazione de iure della locazione determini la successio ne a parte conductoris nel rapporto di occupazione di fatto dell'immo
bile locato (ed ha quindi escluso che si verifichi una delle ipotesi di
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PARTE PRIMA
Perché si verifichi la successione del coniuge del conduttore nel
rapporto di locazione, ai sensi dell'art. 6, 2° comma, l. 392/78,
in caso di separazione giudiziale, non occorre che il diritto
di abitare nella casa familiare gli sia stato attribuito con la
sentenza che definisce il processo di separazione, essendo suf
ficiente l'attribuzione con l'ordinanza emessa dal presidente del tribunale ex art. 708, 3° comma, c.p.c., ovvero con l'e
ventuale successiva ordinanza del giudice istruttore ai sensi
dell'ultimo comma dello stesso articolo. (2)
Svolgimento del processo. — Con atto notificato il 28 feb
braio 1983 Aldo Moro, premesso che era proprietario dell'ap
partamento sito in Genova, via Leonardo Montaldo n. 14/38
condotto in locazione da Franco Friggio dal 1° novembre 1970
in virtù di contratto registrato il 23 giugno 1970 soggetto a pro
roga legale e, pertanto, scadente il 31 dicembre 1983, intimava
al Friggio licenza per finita locazione a tale data e conveniva
il medesimo davanti al Pretore di Genova per la convalida. Al
l'udienza del 9 marzo 1983, comparso il conduttore il quale si opponeva alla convalida, il Pretore di Genova emetteva ordi
nanza di rilascio al 31 dicembre 1983, fissava per il rilascio il
termine del 15 novembre 1984 e fissava il termine di tre mesi
per la riassunzione della causa davanti al Tribunale di Genova.
Proposto ricorso per separazione personale dei coniugi Fran
co Friggio e Mirella Vercellino, il 25 ottobre 1985 il presidente del Tribunale di Genova, esperito invano il tentativo di conci
liazione, con ordinanza emetteva i provvedimenti temporanei ed urgenti disponendo, tra l'altro, che nella casa coniugale ri
maneva la moglie, la quale subentrava in tutti i diritti e gli ob
blighi verso il locatore.
Con atto di precetto notificato il 24 ottobre 1985 il Moro
intimava al Friggio il rilascio dell'appartamento suddetto.
Con atto di citazione notificato il 19 novembre 1985 la Ver
cellino proponeva opposizione al precetto convenendo il Moro
davanti al Pretore di Genova. Premesso che sussisteva la sua
legittimazione attiva perché, in forza dell'ordinanza 25 ottobre
1985 del presidente del Tribunale di Genova, era succeduta al
marito nel contratto di locazione, deduceva, tra l'altro, che l'or
dinanza di rilascio ex art. 665 c.p.c. del 9 marzo 1983 aveva
perduto efficacia essendosi estinto il processo per non essere
stata riassunta la causa davanti al Tribunale di Genova nel ter
mine di tre mesi fissato dal pretore. Il Moro, costituitosi, eccepiva il difetto di legittimazione atti
va nella Vercellino e contestava la fondatezza dell'opposizione.
perdita del beneficio della sospensione dello sfratto, previste dall'art. 2 d.l. 551/88, convertito in 1. 61/89).
Circa la dibattuta questione (nella specie risolta negativamente dalla
pronunzia del giudice dell'appello, in parte qua non impugnata avanti alla corte di legittimità) se l'ordinanza di rilascio di cui all'art. 665 c.p.c. conservi o meno efficacia di titolo esecutivo qualora, dopo la sua emis
sione, il giudizio si estingua per mancanza di tempestiva riassunzione davanti al giudice competente per il merito ex art. 667 c.p.c., v., per l'affermativa, Cass. 30 marzo 1990, n. 2619, Foro it., 1990, I, 3205, con nota di richiami (annotata anche da G, Spagnuolo, in Rass. equo canone, 1990, 126; N. Izzo, in Giust. civ., 1990, I, 2041), cui adde, Cass. 23 agosto 1990, n. 8616, Foro it., Mass., 1023 e Trib. Roma 6 dicembre 1989, Giust. civ., 1990, I, 2037, con nota di N. Izzo. In
senso contrario, invece, v., da ultimo, Pret. Napoli 13 febbraio 1990, ibid., e Trib. Napoli 26 settembre 1990, Rass. equo canone, 1990, 276.
(2) Nello stesso senso, Pret. Milano 8 maggio 1987, Foro it., Rep. 1987, voce Locazione, n. 621 (per esteso in Arch, locazioni, 1987, 366 e Giur. it., 1987, I, 2, 544). Per ulteriori riferimenti, v. la nota di D. Piombo a Corte cost. 7 aprile 1988 n. 404, in Foro it., 1988, I, 2515.
Circa i limiti temporali di efficacia dell'assegnazione della casa fami liare ai sensi dell'art. 708 c.p.c., v., da ultimo, nel senso che l'assegna zione diviene inefficace con il raggiungimento della maggiore età dei
figli, Trib. Lucca, ord. 17 luglio 1988, Giur. it., 1990, I, 2, 650, con nota di M. Paladini.
Sui criteri da seguire, ex art. 155 c.c., ai fini dell'attribuzione della casa all'uno o all'altro dei coniugi separati, v. Cass. 16 marzo 1990, n. 2190, Foro it., 1990, I, 2541.
Per l'automaticità della successione ex art. 6 1. 392/78, indipendente mente dal fatto che il locatore ne abbia avuto conoscenza, v. Cass. 25 maggio 1989, n. 2524, ibid., 1633, con nota di richiami; e, successi
vamente, Pret. Milano 30 novembre 1989, Arch, locazioni, 1990, 366.
Contra, con riferimento al caso della separazione coniugale del condut
tore, Trib. Milano 7 novembre 1988, ibid., 99.
Il Foro Italiano — 1991.
L'adito pretore, con sentenza 17 luglio 1986, rigettava l'op
posizione e dichiarava interamente compensate fra le parti le
spese del giudizio. La Vercellino proponeva appello. Il Tribunale di Genova, con sentenza 1° settembre 1987, in
totale riforma dell'impugnata pronuncia, dichiarava inefficace
il precetto, dichiarava che il Moro non aveva diritto a procede re ad esecuzione forzata contro la Vercellino e condannava il
primo a rimborsare alla seconda le spese dei due gradi del
giudizio. Il Tribunale di Genova rilevava essere pacifico che la Vercel
lino, assegnataria della casa coniugale in forza di provvedimen
to presidenziale nel giudizio di separazione tra coniugi, detene
va l'immobile — costituente, appunto, la «casa coniugale» —
oggetto dell'esecuzione forzata per rilascio.
Considerava che, pertanto, nei suoi confronti il titolo asseri
tamente esecutivo svolgeva diretta ed immediata efficacia: era
la Vercellino assoggettata all'esecuzione, quale detentore, pur
non essendo nominativamete indicata nel titolo, ed era la Ver
cellino l'unico soggetto che, restituendo il bene, poteva soddi
sfare la pretesa esecutiva. La Vercellino — osservava — era,
perciò, sotto ogni profilo, parte nel processo esecutivo, e non
terzo, ed in quanto parte era legittimata a proporre l'opposizio
ne a precetto ex art. 615 c.p.c. Il tribunale osservava, poi, che
l'ordinanza provvisoria di rilascio ex art. 665 c.p.c. perde effi
cacia per l'estinzione del giudizio di merito che avrebbe dovuto
accertare in via definitiva l'esistenza del diritto al quale era sta
ta accordata tutela provvisoria. E rilevato essere pacifico che,
nella specie, il giudizio nel corso del quale era stata pronunciata l'ordinanza ex art. 665 c.p.c. si era estinto, osservava che tale
ordinanza era divenuta inefficace e non poteva costituire titolo
esecutivo.
Avverso questa sentenza il Moro ha proposto ricorso per cas
sazione deducendo due motivi, illustrati con memoria. La Ver
cellino resiste con controricorso.
Motivi della decisione. — Con il primo motivo il ricorrente,
denunciando violazione e falsa applicazione dell'art. 37 (ree
tius, 6) 1. 27 luglio 1978 n. 392 ed omesso esame di fatto decisi
vo in relazione all'art. 360, nn. 3 e 5, c.p.c., lamenta che il
Tribunale di Genova non abbia considerato che come era stato
rilevato dal Pretore di Genova nella sentenza di primo grado,
al momento della separazione dei coniugi Friggio-Vercellino, il
contratto di locazione era già cessato per scadenza del termine
ed era stato regolarmente disdettato: infatti, con la citazione
introduttiva, esso Moro, locatore, aveva manifestato la volontà
di porre termine alla locazione alla scadenza del 31 dicembre
1983 prevista dall'art. 58 1. n. 392 del 1978.
Con il secondo motivo il ricorrente denuncia violazione e fal
sa applicazione degli art. 99, 404 e 615 c.p.c. in relazione al
l'art. 360, n. 3, c.p.c. deducendo: a) che la Vercellino, non es
sendo subentrata al marito per la ragione addotta nel primo
motivo, era carente di legittimazione attiva; b) che, contraria
mente a quanto ritenuto dal Tribunale di Genova, la Vercelli
no, quale mera detentrice dell'appartamento, non era legittima ta all'opposizione ex art. 615 c.p.c., e, qualora fosse stata tito
lare di un diritto autonomo pregiudicato dal provvedimento
pretorile, sola azione spettamele sarebbe stata quella di cui al
l'art. 404 c.p.c., che, però, non è esperibile avverso l'ordinanza
ex art. 665 c.p.c. I due motivi sono infondati. Come si è visto nella precedente
narrativa, nella specie si tratta di opposizione all'esecuzione, ex art. 615 c.p.c., proposta avverso un titolo esecutivo costitui
to da un'ordinanza di rilascio emessa, ai sensi dell'art. 665 c.p.c., a chiusura di un processo sommario promosso da un atto di
intimazione di licenza per finita locazione di un immobile urba
no destinato ad abitazione e di contestuale citazione per la con
valida, con assegnazione di un termine perentorio per la rias
sunzione della causa davanti al giudice competente per il meri
to, iniziandosi, e ricollegandosi all'esaurito processo sommario, il processo di cognizione ordinaria diretto all'accertamento del
l'avvenuta cessazione oppure della prosecuzione del rapporto locatizio: si sostiene, con la proposta opposizione, che, non av
venuta la riassunzione nel termine perentorio stabilito (circo stanza incontroversa fra le parti) ed essendosi quindi estinto
il processo, l'ordinanza di rilascio ex art. 665 c.p.c. ha perduto
efficacia, per cui, non esistendo più un titolo esecutivo, il loca
tore non ha diritto di procedere ad esecuzione forzata di rila
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
scio. Oggetto della causa, thema decidendum, è, quindi, se esi
ste o no ancora un titolo esecutivo, avendo o no l'ordinanza
di rilascio ex art. 665 c.p.c. perduto efficacia, non già se il
rapporto locatizio sia cessato o no per scadenza del termine
finale, costituendo tale problema oggetto della causa di merito
non promossa, con atto di riassunzione, nel processo ordinario che doveva essere successivo e ricollegato all'esaurito processo sommario, oppure oggetto di un'altra causa che potrà essere
iniziata. Poiché titolo esecutivo è l'ordinanza di rilascio ex art. 665
c.p.c. — non avente efficacia di giudicato sostanziale (Cass. 23 gennaio 1985, n. 293, Foro it., Rep. 1985, voce Sfratto, n.
31; 9 marzo 1983, n. 1777, id., Rep. 1983, voce cit., n. 27; 17 gennaio 1983, n. 354, ibid., n. 26; 4 luglio 1981, n. 4395, id., Rep. 1981, voce cit., n. 13; 10 marzo 1979, n. 1499, id.,
Rep. 1979, voce cit., n. 15; 30 gennaio 1979, n. 675, ibid., n.
16) sull'avvenuta cessazione, per scadenza del termine finale,
oppure sulla prosecuzione, non essendo ancora scaduto il termi
ne finale, del rapporto di locazione — soggetto passivo rispetto all'azione esecutiva di rilascio, e perciò legittimato a proporre
l'opposizione all'esecuzione ex art. 615 c.p.c., è chi in quel rap
porto obbligatorio ha la posizione di conduttore, perché, stante
la contestazione fra le parti a seguito dell'opposizione dell'inti
mato alla convalida, il rapporto locatizio va considerato in cor
so, al fine che interessa, fino a quando, a conclusione di pro cesso di cognizione ordinaria tempestivamente iniziato dopo il
processo sommario ovvero, in caso di mancata riassunzione nel
termine perentorio, promosso autonomamente, sarà accertata, con giudicato sostanziale, la cessazione, o la prosecuzione, del
rapporto medesimo.
Sicché, in caso di modificazione soggettiva, per qualsiasi ra
gione, del rapporto, soggetto passivo rispetto all'azione esecuti
va di rilascio, e perciò legittimato a proporre l'opposizione al
l'esecuzione ex art. 615 c.p.c., è chi ha acquistato la posizione di conduttore in sostituzione di quello originario.
Il 2° comma dell'art. 6 1. 27 luglio 1978 n. 392 dispone, tra
l'altro, che, «in caso di separazione giudiziale... nel contratto
di locazione (dell'immobile urbano destinato a casa coniugale) succede al conduttore l'altro coniuge, se il diritto di abitare nel
la casa coniugale sia stato attribuito dal giudice a quest'ulti mo». Ciò al fine di assicurare al coniuge, cui è stato attribuito
dal giudice quel diritto, il soddisfacimento dell'esigenza abitati
va, a mezzo del godimento certo — quale nuovo conduttore — dell'immobile già destinato a casa coniugale, togliendo al
l'altro coniuge, originariamente conduttore, ogni possibilità di
interferire sul soddisfacimento di quell'esigenza abitativa.
Nella norma si dispone la successione al conduttore, e quindi il subentro nel rapporto locatizio in tale qualità, dell'altro co
niuge al quale sia stato attribuito «dal giudice» il diritto di abi
tare nella casa coniugale. Il che, stante l'ampio, generico signi ficato di quel termine («giudice»), va inteso nel senso di ogni
provvedimento giurisdizionale, pronunciato nel processo di se
parazione personale dei coniugi, in qualsiasi fase di tale proces so e da qualsiasi giudice, del processo medesimo, avente il pote re di emetterlo.
Non soltanto, quindi, la sentenza che definisce il processo, in primo grado o in appello, ma anche l'ordinanza con la qua
le, nella fase preliminare, non riuscito il tentativo di concilia
zione, il presidente del tribunale pronuncia, ai sensi dell'art.
708, 3° comma, c.p.c., i provvedimenti temporanei ed urgenti che reputa opportuni nell'interesse dei coniugi e della prole, non
ché l'eventuale successiva ordinanza con la quale, ai sensi del
l'ultimo comma dello stesso articolo, il giudice istruttore modi
fica i provvedimenti emessi dal presidente del tribunale.
Comprensività questa, nella norma, di tutti i provvedimenti, aventi quel contenuto, pronunciati nel processo che trova la sua
ragione, venendone giustificata, nella finalità, precisata sopra, della norma medesima.
È questa, in definitiva, la ratio decidendi della sentenza im
pugnata, ove, rilevandosi che la Vercellino detiene l'immobile
perché assegnataria della casa coniugale in forza del provvedi mento presidenziale di separazione dei coniugi, si fa riferimen
to, appunto, all'art. 6, 2° comma, 1. n. 392 del 1978.
Pertanto, il ricorso deve essere rigettato.
Il Foro Italiano — 1991.
CORTE DI CASSAZIONE; sezione III civile; sentenza 20 ago sto 1990, n. 8489; Pres. Quaglione, Est. Varrone, P.M. Tri
dico (conci, conf.); Soc. Arredamenti Rizza (Avv. Ciccotti,
Nitti) c. Soc. Baby Park (Aw. D'Ippolito), Antonicelli (Avv.
D'Ippolito). Conferma App. Bari 10 novembre 1984.
Locazione — Legge 392/78 — Immobili adibiti ad uso diverso dall'abitazione — Attività a carattere transitorio — Nozione — Fattispecie (Cod. civ., art. 1362; 1. 27 luglio 1978 n. 392,
disciplina delle locazioni di immobili urbani, art. 27).
Con riguardo alla disposizione dell'art. 27, 5° comma, l. 392/78, che dà facoltà alle parti di determinare la durata del contrat to in misura inferiore a quella minima di sei anni stabilita
per le locazioni non abitative, «qualora l'attività esercitata o da esercitare nell'immobile abbia, per sua natura, carattere
transitorio», la transitorietà va individuata non tanto in rela
zione al tipo di attività in sé, quanto tenendo conto del parti colare modo in cui l'attività stessa si atteggia in concreto, come desumibile dalla volontà delle parti secondo i criteri er
meneutici di cui agli art. 1362 ss. c.c. (nella specie, la Supre ma corte ha confermato la sentenza del giudice del merito
che, tenuto conto delle clausole contrattuali e del comporta mento complessivo delle parti, aveva affermato la transitorie tà di una locazione avente ad oggetto un immobile da adibire a «deposito e vendita di stock occasionali di mobili e arre
damenti»), (1)
Svolgimento del processo. — Con atto notificato il 15 marzo 1981 la s.r.l. Baby Park di Bari intimava alla s.a.s. Arredamen ti Rizza licenza per finita locazione al 1° dicembre 1981 da due
capannoni, contrassegnati con le lettere C2 e C3 in Triggiano, circonvallazione sud., Km. 810 + 200, locati con contratto del 23 novembre 1979 per esclusivo uso di «deposito e vendita di
stock occasionali di mobili e arredamenti», per il canone annuo di 18 milioni e — trattandosi di attività transitoria — per la durata di due anni a decorrere dal 1° dicembre 1979. Davanti
al Pretore di Bari, ove era stata convenuta per la convalida, si costituiva l'intimata e si opponeva alla domanda eccependo che la locazione aveva la durata legale di sei anni ex art. 27
1. n. 392 del 1978, stante la nullità della clausola pattizia di
più breve durata ai sensi del successivo art. 79. Con ordinanza
del 28 novembre 1981 l'adito pretore, ritenuto che l'attività com merciale suindicata era astrattamente ipotizzabile anche in for ma transitoria, disponeva il rilascio della res locata e rimetteva
le parti davanti al Tribunale di Bari, competente per valore nel la successiva fase di merito, in esito alla quale veniva pronun ciata sentenza 18 giugno - 10 dicembre 1982 con la quale era
stata rigettata la domanda della locatrice, con compensazione delle spese del grado.
Proponeva appello la Baby Park, al quale resisteva la società
Arredamenti Rizza, eccependone preliminarmente l'inammissi bilità od improcedibilità in quanto, nelle more del giudizio di
prime cure, con rogito del 28 aprile 1982, i capannoni erano stati alienati a tale Franco Antonicelli, il quale si era assunto
l'impegno di proseguire il processo. Quest'ultimo interveniva
(1) La Cassazione, rilevando come tra le attività contemplate nei pri mi commi dell'art. 27 1. 392/78 non ne esistono alcune «ontologica mente transitorie», potendo tutte essere — a ben vedere — di natura transitoria o meno, secondo il caso concreto, corregge il tiro di Cass. 11 agosto 1987, n. 6896, Foro it., 1988, I, 3382 (unico precedente edi
to), che aveva affermato — in relazione, tuttavia, ad una fattispecie affatto diversa — essere la transitorietà della locazione ad uso profes sionale, industriale o artigianale, ex art. 27, 5° comma, 1. 392/78, «pa lesemente riferita... non già ad eventuali vicende temporali, bensì alla natura dell'attività professionale o commerciale...».
In dottrina, per rilievi analoghi a quelli svolti nella pronunzia in epi grafe, e quindi nel senso che (fermo restando che la deroga di cui al l'art. 27, 5° comma, 1. 392/78 è stata prevista nell'interesse del condut
tore) la nozione di «transitorietà» va ricollegata non tanto al tipo di
attività, quanto piuttosto alla utilizzazione dell'immobile locato, v. A.
Jannarelli, in Equo canone, Cedam, Padova 1980, 241 ss.; Cosentino
Vrrucci, Le locazioni dopo le riforme del 1978-1985, Utet, Torino, 1986, 281; Bucci-Malpica-Redivo, Manuale delle locazioni, Cedam, Pado
va, 1989, 429 ss. V. anche F. Trifone, La locazione: disposizioni gene rali e locazioni di fondi urbani, in Trattato diretto da Rescigno, III, 11, 1984, 593 ss.
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