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PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE || sezione III civile; sentenza 23 agosto 1990,...

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sezione III civile; sentenza 23 agosto 1990, n. 8613; Pres. Meo, Est. Schermi, P.M. M. De Martini (concl. conf.); Moro (Avv. Menghini, Filippi) c. Vercellino (Avv. Barrera). Conferma Trib. Genova 1° settembre 1987 Source: Il Foro Italiano, Vol. 114, PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE (1991), pp. 1165/1166-1169/1170 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23185403 . Accessed: 28/06/2014 17:21 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 91.220.202.46 on Sat, 28 Jun 2014 17:21:42 PM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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Page 1: PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE || sezione III civile; sentenza 23 agosto 1990, n. 8613; Pres. Meo, Est. Schermi, P.M. M. De Martini (concl. conf.); Moro (Avv.

sezione III civile; sentenza 23 agosto 1990, n. 8613; Pres. Meo, Est. Schermi, P.M. M. De Martini(concl. conf.); Moro (Avv. Menghini, Filippi) c. Vercellino (Avv. Barrera). Conferma Trib.Genova 1° settembre 1987Source: Il Foro Italiano, Vol. 114, PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE(1991), pp. 1165/1166-1169/1170Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23185403 .

Accessed: 28/06/2014 17:21

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

L'adito conciliatore, con sentenza 6 aprile 1984, accoglieva la domanda del ricorrente, con conseguente condanna del con

venuto al rilascio immediato dell'immobile e si dichiarava in

competente a conoscere delle domande riconvenzionali, rimet

tendo all'uopo le parti davanti al Pretore di Campi. Con atto del 22 maggio 1984 il Vetrugno proponeva appello

contro la condanna al rilascio e con separato atto del 1° giugno 1984 riassumeva la causa davanti allo stesso pretore del luogo

per ottenere il pagamento delle indennità per l'avviamento com

merciale nonché per i miglioramenti e le ristrutturazioni. Costi

tuendosi in tale giudizio, il Grasso contestava la pretesa del con

duttore alle invocate indennità e, con verbale del 19 settembre

1984, faceva offerta reale della somma di lire 435.600, pari a

18 mensilità dell'ultimo canone corrisposto, a titolo di indenni

tà ex art. 69 1. n. 392 del 1978. Rifiutata tale somma dal Vetru

gno, veniva effettuato rituale deposito presso il locale Banco

di Napoli con verbale 9 ottobre 1984, notificato il 12 dicembre

1984 e, quindi, con citazione del 18 dicembre 1984, il Grasso

conveniva il Vetrugno davanti al Giudice conciliatore di Campi Salentino per la convalida. Il convenuto si costituiva, eccepen do preliminarmente l'incompetenza del giudice adito e conte

stando nel merito la congruità dell'offerta. Con la sentenza di

cui in epigrafe il Conciliatore di Campi dichiarava valido il de

posito e condannava il Vetrugno alle spese giudiziali. Riteneva

11 suddetto giudice che l'eccezione di incompetenza fosse infon

data, trattandosi di giudizio di convalida dell'offerta reale, che

non investiva né 1 'an, né il quantum debeatur; aggiungeva co

munque che l'indennità era stata correttamente rapportata al

l'ultimo canone corrisposto e non a quello corrente di mercato, versandosi in tema di recesso per necessità.

Ha proposto ricorso per cassazione il Vetrugno sulla base di

quattro motivi, ai quali ha resistito il Grasso con controricorso.

Motivi della decisione. — Con il primo motivo il ricorrente, denunciando la violazione degli art. 360, n. 3, e 113 c.p.c., co

me modificato dall'art. 5 1. n. 399 del 1984, in relazione agli art. 69 e 45, 3° comma, 1. n. 392 del 1978 ed agli art. 10 e

12 del codice di rito, assume che il conciliatore avrebbe dovuto

dichiararsi incompetente per valore o per materia in quanto la

controversia relativa alle indennità per l'avviamento commer

ciale ed i miglioramenti ex art. 1592 c.c. spettava alla compe tenza funzionale del pretore, davanti al quale infatti era pen dente il relativo giudizio; più precisamente, dovendo il giudice chiamato a valutare la validità dell'offerta reale esaminare an

che la legittimità del rapporto obbligatorio a monte, la prima

questione, di natura accessoria, era devoluta alla cognizione del

giudice competente sulla domanda principale. La censura è fondata. Già in epoca remota questa corte ha

rilevato che «la mora accipiendi e la stessa procedura per accer

tarla presuppongono l'esistenza di un vinculum iuris, all'estin

zione del quale si opponga ingiustamente il creditore; ciò si de

duce dalla stessa norma obiettiva, la quale, nell'enunciare al

l'art. 1208 c.c., i requisiti per la validità dell'offerta, sancisce

esplicitamente il potere del magistrato, chiamato a giudicare sulla

validità dell'offerta stessa, di entrare nel merito del rapporto che lega il debitore al creditore, ond'è che l'accertamento della

validità dell'offerta non si esaurisce nella mera indagine estrin

seca e formale dell'attività svolta dal presunto debitore per libe

rarsi da un'obbligazione, ma soprattutto postula un'indagine intrinseca e sostanziale, sia pure di regola implicita, in punto all'esistenza dell'obbligazione che sta con l'offerta in rapporto necessario di causalità» (Cass. 48/52, Foro it., 1953, I, 234; conf. Cass. 491/55, id., Rep. 1955, voce Offerta reale, n. 1

e 1681/58, id., Rep. 1958, voce cit., n. 4). Nella specie, la sussi

stenza e l'entità delle indennità per l'avviamento commerciale

ed i miglioramenti erano contestate e le relative controversie

spettavano alla competenza del pretore, ai sensi del 2° comma

dell'art. 45 1. n. 392 del 1978, nel testo novellato dall'art. 6,

punto 6, 1. n. 399 del 1984. Ed infatti al riguardo lo stesso

giudice conciliatore aveva già dichiarato correttamente la pro

pria incompetenza, rimettendo le parti davanti al pretore, ove

il giudizio era stato tempestivamente riassunto e pendeva. D'al

tro canto, lo stesso giudice conciliatore, pur affermando — nel

la sentenza impugnata — di ritenersi competente a pronunciare sulla validità dell'offerta sull'erroneo presupposto che la con

troversia non coinvolgesse l'art ed il quantum debeatur, si è tro

vato costretto poi ad entrare nel merito ed a riconoscere che

il calcolo dell'indennità era regolare. Detto giudice avrebbe in

II Foro Italiano — 1991.

vece dovuto rilevare che, siccome il giudizio di convalida del

l'offerta reale presuppone quello sull'esistenza e l'ammontare

del credito, ove quest'ultimo sia devoluto — come nel caso di

specie — alla competenza funzionale di altro giudice (il preto

re), a quest'ultimo spettava anche la cognizione della domanda, di natura conseguenziale ed accessoria, circa la convalida del l'offerta ex art. 1208 e 1210 c.c.

Il primo motivo va, pertanto, accolto, restando assorbiti gli ulteriori mezzi di censura con i quali il ricorrente ha denunciato

il vizio di ultrapetizione (per avere il conciliatore pronunciato anche sulla congruità dell'offerta), nonché la violazione degli art. 295 c.p.c. (per non avere disposto almeno la sospensione del giudizio di convalida) e 1208 c.c. (per non avere rilevato

la carenza di legittimazione del Grasso in ordine all'effettuata

offerta).

Conseguentemente, deve essere cassata la sentenza impugnata

per violazione delle norme sulla competenza e dichiarata la com

petenza del Pretore di Campi Salentina (art. 382, 2° comma,

c.p.c.), davanti al quale va rinviata la causa.

CORTE DI CASSAZIONE; sezione III civile; sentenza 23 ago sto 1990, n. 8613; Pres. Meo, Est. Schermi, P.M. M. De

Martini (conci, conf.); Moro (Avv. Menghini, Filippi) c. Ver

cellino (Avv. Barrera). Conferma Trib. Genova 1 ° settem

bre 1987.

Esecuzione forzata in genere — Immobile locato — Opposizio ne all'esecuzione — Soggetto legittimato — Fattispecie (Cod.

proc. civ., art. 615, 665; 1. 27 luglio 1978 n. 392, disciplina delle locazioni di immobili urbani, art. 6).

Locazione — Legge 392/78 — Immobili adibiti ad abitazione — Separazione giudiziale — Successione nel contratto del co

niuge del conduttore — Condizioni — Diritto di abitare nella

casa familiare — Provvedimento — Nozione (Cod. proc. civ., art. 708; 1. 27 luglio 1978 n. 392, art. 6).

Legittimato a proporre l'opposizione all'esecuzione ex art. 615

c.p.c., quando il titolo esecutivo in base al quale si procede è l'ordinanza di rilascio di un immobile locato emessa (stante la controversia tra le parti sulla prosecuzione della locazione) ai sensi dell'art. 665 c.p.c., è colui che ha la posizione di

conduttore, considerandosi a tal fine in corso il rapporto lo

catizio fino a quando ne sarà accertata con giudicato sostan

ziale la cessazione; sicché, in caso di modificazione soggettiva del rapporto, legittimato a proporre l'opposizione all'esecu

zione è il soggetto subentrato nella posizione di conduttore

(nella specie, la Suprema corte ha confermato la sentenza del

giudice del merito che aveva ritenuto legittimato a proporre

l'opposizione ex art. 615 c.p.c. il coniuge separato del con

duttore originario, succedutogli nel contratto, ai sensi dell'art.

61. 392/78, dopo la scadenza in relazione alla quale era stata

emessa l'ordinanza di rilascio di cui all'art. 665 c.p.c.). (1)

(1) Non constano precedenti in termini.

Peraltro, nel senso che il detentore del bene da rilasciare, ancorché diverso dal destinatario del titolo esecutivo, è legittimato a proporre

opposizione all'esecuzione ex art. 615 c.p.c., v. Cass. 14 dicembre 1985, n. 6330, Foro it., 1986, I, 2835, con nota di richiami, in base al rilievo

che «nella esecuzione per consegna o rilascio l'esecutato è il detentore

reale del bene, perché solo lui può restituire il bene richiesto e soddisfa

re la pretesa esecutiva della parte istante», e che «se il detentore reale

è diverso da quello nominato nel titolo, la sua estraneità è soltanto

formale, dal momento che si assume l'efficacia anche nei suoi confronti

del titolo esecutivo». Analogamente, da ultimo, Pret. Milano 21 set

tembre 1989, id., 1990, I, 3530.

Riguardo al caso di specie, mette conto segnalare che Pret. Napoli, ord. 9 dicembre 1989, Arch, locazioni, 1990, 121, applicando analogi camente l'art. 6 1. 392/78, ha ritenuto che la separazione dei coniugi successiva alla cessazione de iure della locazione determini la successio ne a parte conductoris nel rapporto di occupazione di fatto dell'immo

bile locato (ed ha quindi escluso che si verifichi una delle ipotesi di

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PARTE PRIMA

Perché si verifichi la successione del coniuge del conduttore nel

rapporto di locazione, ai sensi dell'art. 6, 2° comma, l. 392/78,

in caso di separazione giudiziale, non occorre che il diritto

di abitare nella casa familiare gli sia stato attribuito con la

sentenza che definisce il processo di separazione, essendo suf

ficiente l'attribuzione con l'ordinanza emessa dal presidente del tribunale ex art. 708, 3° comma, c.p.c., ovvero con l'e

ventuale successiva ordinanza del giudice istruttore ai sensi

dell'ultimo comma dello stesso articolo. (2)

Svolgimento del processo. — Con atto notificato il 28 feb

braio 1983 Aldo Moro, premesso che era proprietario dell'ap

partamento sito in Genova, via Leonardo Montaldo n. 14/38

condotto in locazione da Franco Friggio dal 1° novembre 1970

in virtù di contratto registrato il 23 giugno 1970 soggetto a pro

roga legale e, pertanto, scadente il 31 dicembre 1983, intimava

al Friggio licenza per finita locazione a tale data e conveniva

il medesimo davanti al Pretore di Genova per la convalida. Al

l'udienza del 9 marzo 1983, comparso il conduttore il quale si opponeva alla convalida, il Pretore di Genova emetteva ordi

nanza di rilascio al 31 dicembre 1983, fissava per il rilascio il

termine del 15 novembre 1984 e fissava il termine di tre mesi

per la riassunzione della causa davanti al Tribunale di Genova.

Proposto ricorso per separazione personale dei coniugi Fran

co Friggio e Mirella Vercellino, il 25 ottobre 1985 il presidente del Tribunale di Genova, esperito invano il tentativo di conci

liazione, con ordinanza emetteva i provvedimenti temporanei ed urgenti disponendo, tra l'altro, che nella casa coniugale ri

maneva la moglie, la quale subentrava in tutti i diritti e gli ob

blighi verso il locatore.

Con atto di precetto notificato il 24 ottobre 1985 il Moro

intimava al Friggio il rilascio dell'appartamento suddetto.

Con atto di citazione notificato il 19 novembre 1985 la Ver

cellino proponeva opposizione al precetto convenendo il Moro

davanti al Pretore di Genova. Premesso che sussisteva la sua

legittimazione attiva perché, in forza dell'ordinanza 25 ottobre

1985 del presidente del Tribunale di Genova, era succeduta al

marito nel contratto di locazione, deduceva, tra l'altro, che l'or

dinanza di rilascio ex art. 665 c.p.c. del 9 marzo 1983 aveva

perduto efficacia essendosi estinto il processo per non essere

stata riassunta la causa davanti al Tribunale di Genova nel ter

mine di tre mesi fissato dal pretore. Il Moro, costituitosi, eccepiva il difetto di legittimazione atti

va nella Vercellino e contestava la fondatezza dell'opposizione.

perdita del beneficio della sospensione dello sfratto, previste dall'art. 2 d.l. 551/88, convertito in 1. 61/89).

Circa la dibattuta questione (nella specie risolta negativamente dalla

pronunzia del giudice dell'appello, in parte qua non impugnata avanti alla corte di legittimità) se l'ordinanza di rilascio di cui all'art. 665 c.p.c. conservi o meno efficacia di titolo esecutivo qualora, dopo la sua emis

sione, il giudizio si estingua per mancanza di tempestiva riassunzione davanti al giudice competente per il merito ex art. 667 c.p.c., v., per l'affermativa, Cass. 30 marzo 1990, n. 2619, Foro it., 1990, I, 3205, con nota di richiami (annotata anche da G, Spagnuolo, in Rass. equo canone, 1990, 126; N. Izzo, in Giust. civ., 1990, I, 2041), cui adde, Cass. 23 agosto 1990, n. 8616, Foro it., Mass., 1023 e Trib. Roma 6 dicembre 1989, Giust. civ., 1990, I, 2037, con nota di N. Izzo. In

senso contrario, invece, v., da ultimo, Pret. Napoli 13 febbraio 1990, ibid., e Trib. Napoli 26 settembre 1990, Rass. equo canone, 1990, 276.

(2) Nello stesso senso, Pret. Milano 8 maggio 1987, Foro it., Rep. 1987, voce Locazione, n. 621 (per esteso in Arch, locazioni, 1987, 366 e Giur. it., 1987, I, 2, 544). Per ulteriori riferimenti, v. la nota di D. Piombo a Corte cost. 7 aprile 1988 n. 404, in Foro it., 1988, I, 2515.

Circa i limiti temporali di efficacia dell'assegnazione della casa fami liare ai sensi dell'art. 708 c.p.c., v., da ultimo, nel senso che l'assegna zione diviene inefficace con il raggiungimento della maggiore età dei

figli, Trib. Lucca, ord. 17 luglio 1988, Giur. it., 1990, I, 2, 650, con nota di M. Paladini.

Sui criteri da seguire, ex art. 155 c.c., ai fini dell'attribuzione della casa all'uno o all'altro dei coniugi separati, v. Cass. 16 marzo 1990, n. 2190, Foro it., 1990, I, 2541.

Per l'automaticità della successione ex art. 6 1. 392/78, indipendente mente dal fatto che il locatore ne abbia avuto conoscenza, v. Cass. 25 maggio 1989, n. 2524, ibid., 1633, con nota di richiami; e, successi

vamente, Pret. Milano 30 novembre 1989, Arch, locazioni, 1990, 366.

Contra, con riferimento al caso della separazione coniugale del condut

tore, Trib. Milano 7 novembre 1988, ibid., 99.

Il Foro Italiano — 1991.

L'adito pretore, con sentenza 17 luglio 1986, rigettava l'op

posizione e dichiarava interamente compensate fra le parti le

spese del giudizio. La Vercellino proponeva appello. Il Tribunale di Genova, con sentenza 1° settembre 1987, in

totale riforma dell'impugnata pronuncia, dichiarava inefficace

il precetto, dichiarava che il Moro non aveva diritto a procede re ad esecuzione forzata contro la Vercellino e condannava il

primo a rimborsare alla seconda le spese dei due gradi del

giudizio. Il Tribunale di Genova rilevava essere pacifico che la Vercel

lino, assegnataria della casa coniugale in forza di provvedimen

to presidenziale nel giudizio di separazione tra coniugi, detene

va l'immobile — costituente, appunto, la «casa coniugale» —

oggetto dell'esecuzione forzata per rilascio.

Considerava che, pertanto, nei suoi confronti il titolo asseri

tamente esecutivo svolgeva diretta ed immediata efficacia: era

la Vercellino assoggettata all'esecuzione, quale detentore, pur

non essendo nominativamete indicata nel titolo, ed era la Ver

cellino l'unico soggetto che, restituendo il bene, poteva soddi

sfare la pretesa esecutiva. La Vercellino — osservava — era,

perciò, sotto ogni profilo, parte nel processo esecutivo, e non

terzo, ed in quanto parte era legittimata a proporre l'opposizio

ne a precetto ex art. 615 c.p.c. Il tribunale osservava, poi, che

l'ordinanza provvisoria di rilascio ex art. 665 c.p.c. perde effi

cacia per l'estinzione del giudizio di merito che avrebbe dovuto

accertare in via definitiva l'esistenza del diritto al quale era sta

ta accordata tutela provvisoria. E rilevato essere pacifico che,

nella specie, il giudizio nel corso del quale era stata pronunciata l'ordinanza ex art. 665 c.p.c. si era estinto, osservava che tale

ordinanza era divenuta inefficace e non poteva costituire titolo

esecutivo.

Avverso questa sentenza il Moro ha proposto ricorso per cas

sazione deducendo due motivi, illustrati con memoria. La Ver

cellino resiste con controricorso.

Motivi della decisione. — Con il primo motivo il ricorrente,

denunciando violazione e falsa applicazione dell'art. 37 (ree

tius, 6) 1. 27 luglio 1978 n. 392 ed omesso esame di fatto decisi

vo in relazione all'art. 360, nn. 3 e 5, c.p.c., lamenta che il

Tribunale di Genova non abbia considerato che come era stato

rilevato dal Pretore di Genova nella sentenza di primo grado,

al momento della separazione dei coniugi Friggio-Vercellino, il

contratto di locazione era già cessato per scadenza del termine

ed era stato regolarmente disdettato: infatti, con la citazione

introduttiva, esso Moro, locatore, aveva manifestato la volontà

di porre termine alla locazione alla scadenza del 31 dicembre

1983 prevista dall'art. 58 1. n. 392 del 1978.

Con il secondo motivo il ricorrente denuncia violazione e fal

sa applicazione degli art. 99, 404 e 615 c.p.c. in relazione al

l'art. 360, n. 3, c.p.c. deducendo: a) che la Vercellino, non es

sendo subentrata al marito per la ragione addotta nel primo

motivo, era carente di legittimazione attiva; b) che, contraria

mente a quanto ritenuto dal Tribunale di Genova, la Vercelli

no, quale mera detentrice dell'appartamento, non era legittima ta all'opposizione ex art. 615 c.p.c., e, qualora fosse stata tito

lare di un diritto autonomo pregiudicato dal provvedimento

pretorile, sola azione spettamele sarebbe stata quella di cui al

l'art. 404 c.p.c., che, però, non è esperibile avverso l'ordinanza

ex art. 665 c.p.c. I due motivi sono infondati. Come si è visto nella precedente

narrativa, nella specie si tratta di opposizione all'esecuzione, ex art. 615 c.p.c., proposta avverso un titolo esecutivo costitui

to da un'ordinanza di rilascio emessa, ai sensi dell'art. 665 c.p.c., a chiusura di un processo sommario promosso da un atto di

intimazione di licenza per finita locazione di un immobile urba

no destinato ad abitazione e di contestuale citazione per la con

valida, con assegnazione di un termine perentorio per la rias

sunzione della causa davanti al giudice competente per il meri

to, iniziandosi, e ricollegandosi all'esaurito processo sommario, il processo di cognizione ordinaria diretto all'accertamento del

l'avvenuta cessazione oppure della prosecuzione del rapporto locatizio: si sostiene, con la proposta opposizione, che, non av

venuta la riassunzione nel termine perentorio stabilito (circo stanza incontroversa fra le parti) ed essendosi quindi estinto

il processo, l'ordinanza di rilascio ex art. 665 c.p.c. ha perduto

efficacia, per cui, non esistendo più un titolo esecutivo, il loca

tore non ha diritto di procedere ad esecuzione forzata di rila

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

scio. Oggetto della causa, thema decidendum, è, quindi, se esi

ste o no ancora un titolo esecutivo, avendo o no l'ordinanza

di rilascio ex art. 665 c.p.c. perduto efficacia, non già se il

rapporto locatizio sia cessato o no per scadenza del termine

finale, costituendo tale problema oggetto della causa di merito

non promossa, con atto di riassunzione, nel processo ordinario che doveva essere successivo e ricollegato all'esaurito processo sommario, oppure oggetto di un'altra causa che potrà essere

iniziata. Poiché titolo esecutivo è l'ordinanza di rilascio ex art. 665

c.p.c. — non avente efficacia di giudicato sostanziale (Cass. 23 gennaio 1985, n. 293, Foro it., Rep. 1985, voce Sfratto, n.

31; 9 marzo 1983, n. 1777, id., Rep. 1983, voce cit., n. 27; 17 gennaio 1983, n. 354, ibid., n. 26; 4 luglio 1981, n. 4395, id., Rep. 1981, voce cit., n. 13; 10 marzo 1979, n. 1499, id.,

Rep. 1979, voce cit., n. 15; 30 gennaio 1979, n. 675, ibid., n.

16) sull'avvenuta cessazione, per scadenza del termine finale,

oppure sulla prosecuzione, non essendo ancora scaduto il termi

ne finale, del rapporto di locazione — soggetto passivo rispetto all'azione esecutiva di rilascio, e perciò legittimato a proporre

l'opposizione all'esecuzione ex art. 615 c.p.c., è chi in quel rap

porto obbligatorio ha la posizione di conduttore, perché, stante

la contestazione fra le parti a seguito dell'opposizione dell'inti

mato alla convalida, il rapporto locatizio va considerato in cor

so, al fine che interessa, fino a quando, a conclusione di pro cesso di cognizione ordinaria tempestivamente iniziato dopo il

processo sommario ovvero, in caso di mancata riassunzione nel

termine perentorio, promosso autonomamente, sarà accertata, con giudicato sostanziale, la cessazione, o la prosecuzione, del

rapporto medesimo.

Sicché, in caso di modificazione soggettiva, per qualsiasi ra

gione, del rapporto, soggetto passivo rispetto all'azione esecuti

va di rilascio, e perciò legittimato a proporre l'opposizione al

l'esecuzione ex art. 615 c.p.c., è chi ha acquistato la posizione di conduttore in sostituzione di quello originario.

Il 2° comma dell'art. 6 1. 27 luglio 1978 n. 392 dispone, tra

l'altro, che, «in caso di separazione giudiziale... nel contratto

di locazione (dell'immobile urbano destinato a casa coniugale) succede al conduttore l'altro coniuge, se il diritto di abitare nel

la casa coniugale sia stato attribuito dal giudice a quest'ulti mo». Ciò al fine di assicurare al coniuge, cui è stato attribuito

dal giudice quel diritto, il soddisfacimento dell'esigenza abitati

va, a mezzo del godimento certo — quale nuovo conduttore — dell'immobile già destinato a casa coniugale, togliendo al

l'altro coniuge, originariamente conduttore, ogni possibilità di

interferire sul soddisfacimento di quell'esigenza abitativa.

Nella norma si dispone la successione al conduttore, e quindi il subentro nel rapporto locatizio in tale qualità, dell'altro co

niuge al quale sia stato attribuito «dal giudice» il diritto di abi

tare nella casa coniugale. Il che, stante l'ampio, generico signi ficato di quel termine («giudice»), va inteso nel senso di ogni

provvedimento giurisdizionale, pronunciato nel processo di se

parazione personale dei coniugi, in qualsiasi fase di tale proces so e da qualsiasi giudice, del processo medesimo, avente il pote re di emetterlo.

Non soltanto, quindi, la sentenza che definisce il processo, in primo grado o in appello, ma anche l'ordinanza con la qua

le, nella fase preliminare, non riuscito il tentativo di concilia

zione, il presidente del tribunale pronuncia, ai sensi dell'art.

708, 3° comma, c.p.c., i provvedimenti temporanei ed urgenti che reputa opportuni nell'interesse dei coniugi e della prole, non

ché l'eventuale successiva ordinanza con la quale, ai sensi del

l'ultimo comma dello stesso articolo, il giudice istruttore modi

fica i provvedimenti emessi dal presidente del tribunale.

Comprensività questa, nella norma, di tutti i provvedimenti, aventi quel contenuto, pronunciati nel processo che trova la sua

ragione, venendone giustificata, nella finalità, precisata sopra, della norma medesima.

È questa, in definitiva, la ratio decidendi della sentenza im

pugnata, ove, rilevandosi che la Vercellino detiene l'immobile

perché assegnataria della casa coniugale in forza del provvedi mento presidenziale di separazione dei coniugi, si fa riferimen

to, appunto, all'art. 6, 2° comma, 1. n. 392 del 1978.

Pertanto, il ricorso deve essere rigettato.

Il Foro Italiano — 1991.

CORTE DI CASSAZIONE; sezione III civile; sentenza 20 ago sto 1990, n. 8489; Pres. Quaglione, Est. Varrone, P.M. Tri

dico (conci, conf.); Soc. Arredamenti Rizza (Avv. Ciccotti,

Nitti) c. Soc. Baby Park (Aw. D'Ippolito), Antonicelli (Avv.

D'Ippolito). Conferma App. Bari 10 novembre 1984.

Locazione — Legge 392/78 — Immobili adibiti ad uso diverso dall'abitazione — Attività a carattere transitorio — Nozione — Fattispecie (Cod. civ., art. 1362; 1. 27 luglio 1978 n. 392,

disciplina delle locazioni di immobili urbani, art. 27).

Con riguardo alla disposizione dell'art. 27, 5° comma, l. 392/78, che dà facoltà alle parti di determinare la durata del contrat to in misura inferiore a quella minima di sei anni stabilita

per le locazioni non abitative, «qualora l'attività esercitata o da esercitare nell'immobile abbia, per sua natura, carattere

transitorio», la transitorietà va individuata non tanto in rela

zione al tipo di attività in sé, quanto tenendo conto del parti colare modo in cui l'attività stessa si atteggia in concreto, come desumibile dalla volontà delle parti secondo i criteri er

meneutici di cui agli art. 1362 ss. c.c. (nella specie, la Supre ma corte ha confermato la sentenza del giudice del merito

che, tenuto conto delle clausole contrattuali e del comporta mento complessivo delle parti, aveva affermato la transitorie tà di una locazione avente ad oggetto un immobile da adibire a «deposito e vendita di stock occasionali di mobili e arre

damenti»), (1)

Svolgimento del processo. — Con atto notificato il 15 marzo 1981 la s.r.l. Baby Park di Bari intimava alla s.a.s. Arredamen ti Rizza licenza per finita locazione al 1° dicembre 1981 da due

capannoni, contrassegnati con le lettere C2 e C3 in Triggiano, circonvallazione sud., Km. 810 + 200, locati con contratto del 23 novembre 1979 per esclusivo uso di «deposito e vendita di

stock occasionali di mobili e arredamenti», per il canone annuo di 18 milioni e — trattandosi di attività transitoria — per la durata di due anni a decorrere dal 1° dicembre 1979. Davanti

al Pretore di Bari, ove era stata convenuta per la convalida, si costituiva l'intimata e si opponeva alla domanda eccependo che la locazione aveva la durata legale di sei anni ex art. 27

1. n. 392 del 1978, stante la nullità della clausola pattizia di

più breve durata ai sensi del successivo art. 79. Con ordinanza

del 28 novembre 1981 l'adito pretore, ritenuto che l'attività com merciale suindicata era astrattamente ipotizzabile anche in for ma transitoria, disponeva il rilascio della res locata e rimetteva

le parti davanti al Tribunale di Bari, competente per valore nel la successiva fase di merito, in esito alla quale veniva pronun ciata sentenza 18 giugno - 10 dicembre 1982 con la quale era

stata rigettata la domanda della locatrice, con compensazione delle spese del grado.

Proponeva appello la Baby Park, al quale resisteva la società

Arredamenti Rizza, eccependone preliminarmente l'inammissi bilità od improcedibilità in quanto, nelle more del giudizio di

prime cure, con rogito del 28 aprile 1982, i capannoni erano stati alienati a tale Franco Antonicelli, il quale si era assunto

l'impegno di proseguire il processo. Quest'ultimo interveniva

(1) La Cassazione, rilevando come tra le attività contemplate nei pri mi commi dell'art. 27 1. 392/78 non ne esistono alcune «ontologica mente transitorie», potendo tutte essere — a ben vedere — di natura transitoria o meno, secondo il caso concreto, corregge il tiro di Cass. 11 agosto 1987, n. 6896, Foro it., 1988, I, 3382 (unico precedente edi

to), che aveva affermato — in relazione, tuttavia, ad una fattispecie affatto diversa — essere la transitorietà della locazione ad uso profes sionale, industriale o artigianale, ex art. 27, 5° comma, 1. 392/78, «pa lesemente riferita... non già ad eventuali vicende temporali, bensì alla natura dell'attività professionale o commerciale...».

In dottrina, per rilievi analoghi a quelli svolti nella pronunzia in epi grafe, e quindi nel senso che (fermo restando che la deroga di cui al l'art. 27, 5° comma, 1. 392/78 è stata prevista nell'interesse del condut

tore) la nozione di «transitorietà» va ricollegata non tanto al tipo di

attività, quanto piuttosto alla utilizzazione dell'immobile locato, v. A.

Jannarelli, in Equo canone, Cedam, Padova 1980, 241 ss.; Cosentino

Vrrucci, Le locazioni dopo le riforme del 1978-1985, Utet, Torino, 1986, 281; Bucci-Malpica-Redivo, Manuale delle locazioni, Cedam, Pado

va, 1989, 429 ss. V. anche F. Trifone, La locazione: disposizioni gene rali e locazioni di fondi urbani, in Trattato diretto da Rescigno, III, 11, 1984, 593 ss.

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