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PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE || sezione III civile; sentenza 20 febbraio...

Date post: 27-Jan-2017
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sezione III civile; sentenza 20 febbraio 1990, n. 1261; Pres. Quaglione, Est. Duva, P.M. Amirante (concl. diff.); Castoro e altro (Avv. Liguori) c. Zaccaria (Avv. G. Guerra, Pennisi). Cassa App. Genova 27 marzo 1985 Source: Il Foro Italiano, Vol. 113, PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE (1990), pp. 1519/1520-1523/1524 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23184674 . Accessed: 28/06/2014 08:56 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 193.105.245.44 on Sat, 28 Jun 2014 08:56:23 AM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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sezione III civile; sentenza 20 febbraio 1990, n. 1261; Pres. Quaglione, Est. Duva, P.M. Amirante(concl. diff.); Castoro e altro (Avv. Liguori) c. Zaccaria (Avv. G. Guerra, Pennisi). Cassa App.Genova 27 marzo 1985Source: Il Foro Italiano, Vol. 113, PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE(1990), pp. 1519/1520-1523/1524Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23184674 .

Accessed: 28/06/2014 08:56

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1519 PARTE PRIMA 1520

quale, conferendo rilievo alle «istanze del personale», considera

l'intera collettività dei lavoratori e non «qualcuno». Ciò posto, si osserva che, in parziale accoglimento del primo

e del quarto mezzo dell'impugnazione, deve essere riaffermato

il principio, già enunciato dalla citata pronunzia 21 aprile 1986, n. 2797, di questa corte, dal quale il giudice d'appello ha espres samente dissentito, senza valida ragione, nei termini surriferiti.

Giusta quanto è stato implicitamente considerato e quindi coe

rentemente precisato nella citata sentenza di questa corte, infatti, in tema di rapporto di lavoro a tempo parziale — che si distingue da quello a tempo pieno, per il fatto che, in dipendenza della

riduzione quantitativa della prestazione lavorativa (e, correlativa

mente, della retribuzione), lascia al prestatore d'opera un largo

spazio per altre eventuali attività, la cui programmabilità, da par te dello stesso prestatore d'opera, deve essere salvaguardata, an

che all'ovvio fine di consentirgli di percepire, con più rapporti a tempo parziale, una retribuzione complessiva che sia sufficiente

(art. 36, 1° comma, Cost.) a realizzare un'esistenza libera e di

gnitosa (v. Cass. 16 settembre 1982, n. 4895, id., Rep. 1983, voce

Lavoro (rapporto), n. 1502; 25 febbraio 1988, n. 2027, id., Rep. 1988, voce cit., n. 1179) — «il carattere necessariamente bilatera

le della volontà in ordine a tale riduzione nonché alla collocazio

ne della prestazione lavorativa in un determinato orario (reputato dalle parti come il più corrispondente ai propri interessi) compor ta che ogni modifica di detto orario non possa essere attuata uni

lateralmente re di lavoro in forza del suo potere di organizzazio ne dell'attività aziendale, essendo invece necessario il mutuo con

senso di entrambe le parti» (art. 1372 e 1374 c.c.).

Ora, esaminando congiuntamente tutte le altre censure — logi camente connesse — proposte nel ricorso, appare indubbio, pe rò, alla luce del principio di diritto emanato da questa Corte con

la sent 2797/86 e fondatamente invocato dalle ricorrenti, che non abbia rilevanza alcuna nella fattispecie, né possa, peraltro, essere

condiviso l'assunto sul quale precipuamente s'incentrano le cen

sure medesime — specie nel secondo e nel terzo mezzo — circa

la natura essenziale che, nell'instaurazione del rapporto di lavoro

a tempo parziale assumerebbe la distribuzione dell'orario (intesa come dislocazione temporale) della prestazione lavorativa, in di

pendenza di una correlata determinazione contrattuale che sareb

be imposta, secondo siffatto assunto, anche dal suindicato ccnl

del 1983 e dall'art. 5 1. n. 863 del 1984.

E ciò perché, da un canto, i rapporti di lavoro a tempo parzia le di cui si tratta risultano essere stati instaurati e mantenuti —

come confermato dall'impugnata sentenza — con una collocazio

ne temporale permanentemente rigida dell'orario di lavoro, os

servata di fatto per anni, sia prima della variazione dello stesso

orario illegittimamente disposta (in violazione del principio di di

ritto enunciato dalla citata sent. n. 2797/86 di questa corte) dalla

società datrice di lavoro, senza il consenso delle lavoratrici ricor

renti, sia prima della sopravvenienza dell'anzidetta normativa, don

de consegue l'inapplicabilità di essa agli stessi rapporti in questio

ne; dall'altro, perché, conformemente a quel che è stato presso ché unanimemente ritenuto dalla dottrina, l'obbligo della

distribuzione dell'orario stabilito dal citato art. 5 1. n. 863 del 1984 (il quale richiede, fra l'altro, che il contratto di lavoro a

tempo parziale venga stipulato per iscritto e che in esso siano

indicate le mansioni e «la distribuzione dell'orario con riferimen

to al giorno, alla settimana, al mese e all'anno») non implica la necessità di determinare, oltre alla durata unitaria, la disloca

zione temporale della prestazione lavorativa. Di guisa che nel con

tratto individuale possono utilmente essere adottate clausole (co siddette «rigide») recanti l'indicazione sia della quantità che della

collocazione temporale della prestazione, ovvero clausole (cosid dette «elastiche»), con le quali le parti si limitano a determinare

la durata del periodo lavorativo senza specificarne la dislocazione

nell'unità di tempo immediatamente più ampia. Il ricorso, pertanto, deve essere accolto per quanto di ragione,

secondo le precisazioni che precedono. La causa, previa cassazione della sentenza impugnata, deve es

sere rinviata, per nuovo esame, ad altro giudice di appello, il

quale si dovrà uniformare, quindi, al principio di diritto sum

menzionato.

Il Foro Italiano — 1990.

CORTE DI CASSAZIONE; sezione III civile; sentenza 20 feb

braio 1990, n. 1261; Pres. Quaglione, Est. Duva, P.M. Ami

rante (conci, diff.); Castoro e altro (Aw. Liguori) c. Zacca

ria (Avv. G. Guerra, Pennisi). Cassa App. Genova 27 marzo 1985.

Locazione — Legge 392/78 — Immobili adibiti ad uso diverso

dall'abitazione — Trasferimento a titolo oneroso dell'immobile — Immobile sublocato — Diritto di prelazione — Titolarità

(L. 27 luglio 1978 n. 392, disciplina delle locazioni di immobili urbani, art. 36, 38).

Nel caso di immobile sublocato, il diritto di prelazione ex art.

38 I. 392/78 compete al subconduttore, e non al conduttore,

qualora (e solo qualora) quest'ultimo, avendo definitivamente ceduto al primo la propria azienda (anziché dargliela in affit

to), non abbia più alcun interesse nella sua gestione, e a condi

zione che il subconduttore abbia assunto legittimamente tale

qualifica secondo la normativa vigente all'epoca del subentro, mediante regolare comunicazione al locatore. (1)

Svolgimento del processo. — Con citazione del 6 marzo 1980, Castoro Italo e Castoro Enrico — premesso che erano proprietari del negozio di calzature sito in Genova, corso Buenos Aires 128/2, confinante con l'appartamento int. 2 del civico numero 26 della

(1) Il problema dell'individuazione del soggetto titolare della prelazio ne legale ex art. 38 1. 392/78 nel caso di immobile sublocato, per la prima volta esaminato dalla Cassazione, è stato variamente risolto dalla giuris prudenza di merito e dalla dottrina; v. Trib. Genova 23 dicembre 1986, Foro it., 1987, I, 939, con nota di richiami, cui adde: App. Salerno 19 novembre 1988, Rass. equo canone, 1989, 156 e, in dottrina, E. Caputo, Il diritto di prelazione nella nuova disciplina delle locazioni urbane, Ce

dam, Padova, 1987, 29 (secondo il quale la prelazione ex art. 38 non

può mai spettare al subconduttore); M. Bernardini, La prelazione urba na fra diritto comune e leggi speciali, Cedam, Padova, 1988, 175 (che, comunque esclusa la possibilità che la prelazione all'acquisto spetti al

subconduttore, propende per la negazione anche al sublocatore del diritto in questione, qualora abbia ceduto l'azienda); A. Bucci-E. Malpica-R.

Redivo, Manuale delle locazioni, Cedam, Padova, 1989, 545 ss. (favore voli, invece, alla soluzione prescelta dalla pronunzia in epigrafe); M. Var

rone, Problemi della prelazione ed ipotesi di riforma, in Rass. equo ca

none, 1989, 203. La soluzione adottata dalla Suprema corte è dichiaratamente ispirata

alla ratio dell'istituto prelatizio (diretto ad assicurare la conservazione, anche nel pubblico interesse, delle imprese che nel contatto diretto con il pubblico degli utenti e dei consumatori trovano la fonte e la ragione prevalenti del loro avviamento, il quale quindi «inerisce direttamente al l'ubicazione dell'immobile»: v., per tutte, le sentenze della Corte costitu zionale richiamate nella motivazione): in base a tale ratio la corte ritiene

superabili — anche in considerazione dei dubbi di illegittimità costituzio nale altrimenti prospettabili — gli argomenti contrari alla possibilità di riconoscere il subconduttore come beneficiario della prelazione desumibili dal dato letterale degli art. 36 e 38 cit. (che — con formulazione ritenuta dalla corte «non. . . univoca» — adoperano l'espressione «conduttore»

per indicare il beneficiario del diritto di prelazione, cosi come di quello relativo all'indennità di avviamento ex art. 34), nonché dalla mancanza di un rapporto diretto tra subconduttore e locatore. In relazione a que st'ultimo profilo la sentenza in rassegna ritiene peraltro essenziale — ai fini del riconoscimento al subconduttore del diritto di prelazione ex lege — che egli abbia «assunto tale qualifica legittimamente mediante regolare comunicazione al locatore», e cioè che si tratti di una sublocazione oppo nibile al locatore a norma del citato art. 36.

Anche a proposito di tale ultima notazione mette conto tuttavia osser vare che la sentenza qui riprodotta, pur esattamente sottolineando la sim metria esistente tra prelazione ex art. 38 e indennità di avviamento ex art. 34 e 69 1. 392/78, ignora del tutto Cass. 14 ottobre 1988, n. 5579, Foro it., 1989,1, 1874, con osservazioni di D. Piombo, la quale, mutando indirizzo rispetto a Cas. 2617/86, id., 1986, I, 2500, con osservazioni di D. Piombo (richiamata, invece, dalla pronunzia che si riporta), ha rite nuto che nell'ipotesi di immobile sublocato ex art. 36 titolare del diritto all'indennità di avviamento nei confronti del locatore non possa che esse re il conduttore (sublocatore), potendo, invece, il subconduttore (estra neo al «rapporto negoziale col locatore») vantare solo nei confonti del sublocatore un analogo diritto: a supporto di tale enunciazione di princi pio si rileva, tra l'altro, come il requisito dell'utilizzazione dell'immobile locato secondo la previsione dell'art. 35 sia «disegnato (a contrario) dalla norma con tratto meramente oggettivo, senza alcun rilievo per ciò che

attenga all'individuazione del soggetto dell'attività considerata, purché essa sussista de iure et de facto, cioè sia rilevante nei confronti del locatore e nello stesso tempo sia effettiva», e che «la sublocazione, quando ... è

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

medesima via, il quale era stato concesso in locazione dalla s.p.a immob. Concordia a Zaccaria Benedetto unitamente ad un nego zio attiguo; che nel gennaio 1966 lo Zaccaria aveva sublocato

l'appartamento ad essi istanti che, con il consenso di detta socie

tà, ne avevano destinato i locali ad ampliamento del loro nego

zio; che con rogito del 13 dicembre 1979 la società medesima

aveva venduto l'appartamento allo Zaccaria; che la prelazione ai sensi dell'art. 38 1. 392 del 1978 spettava ad essi istanti —

convenivano davanti al Tribunale di Genova lo Zaccaria, eserci

tando il diritto di riscatto.

Il convenuto, costituitosi, deduceva che aveva sublocato i loca

li in questione come temporaneo deposito di merci e i Castoro, in difformità degli accordi e senza avvisarlo, avevano eseguito lavori di ristrutturazione utilizzando i locali per ampliare il loro

negozio, e comunque non operava in favore degli attori la prela zione considerando l'art. 38 la sola posizione del conduttore e

non anche quella del subconduttore.

Con sentenza del 3 maggio 1983, il tribunale respingeva la do

manda sotto il profilo che la pretesa degli attori si ravvisava in

contrasto con gli art. 38 e 39 1. n. 392 del 1978 prevedendo tali

norme la prelazione e il diritto di riscatto del solo conduttore.

Proposto gravame dai Castoro, la Corte d'appello di Genova,

con sentenza del 27 marzo 1985, confermava la decisione impu

gnata. Rilevava, in particolare: gli art. 38 e 39 introducono una

normativa del tutto eccezionale e non sono perciò suscettibili di

interpretazione analogica; va anche esclusa la possibilità di inter

pretazione estensiva, data l'esplicita formulazione dei medesimi

articoli che si riferiscono al solo conduttore, costituendo un uni

co contesto logico e normativo; nella specie, i subconduttori in

trattennero in concreto il rapporto esclusivamente con il subloca

tore e non con la società proprietaria; non è pertinente il richia

mo dell'art. 36 poiché gli art. 38 e 39 prevedono il diritto del

conduttore senza alcun riferimento ad una situazione di fatto de

terminata dall'effettivo godimento del bene; data l'interpretazio ne accolta, è manifestamente infondato il profilo di incostituzionalità

lecita, integra, giuridicamente, l'anello di congiunzione, il rapporto che

rende efficace l'utilizzazione del subconduttore nei duplici riflessi del sub

locatore, che viene a parteciparne dell'imputazione soggettiva, e del lo

catore . . .».

Coerente con l'impostazione ermeneutica seguita da Cass. 1261/90 ap

pare, comunque, la precisazione che il passaggio dal conduttore al sub

conduttore della titolarità del diritto di prelazione si verifica soltanto ove

il primo si sia avvalso, ai sensi dell'art. 36 1. 392/78, della facoltà di

cedere — in concomitanza con la stipula della sublocazione — la propria azienda al subconduttore, giacché altrimenti, nel caso di affitto, egli con

serva interesse alla gestione dell'azienda medesima: risulta infatti evidente

che in caso di sublocazione con contestuale affitto di azienda, dovendo

l'azienda ritornare al conduttore-sublocatore al termine del contratto, è

quest'ultimo — e non il subconduttore — ad avere interesse all'unifica

zione della proprietà dell'immobile alla titolarità dell'impresa. La pun tualizzazione — può, d'altra parte, osservarsi — rileva sotto un duplice

aspetto: attraverso essa, infatti, la Suprema corte non solo delimita le

ipotesi in cui il subconduttore — e non il conduttore — può vantare

(sussistendone i presupposti oggettivi) il diritto di prelazione legale ex

art. 38 1. 392/78, ma dà anche, implicitamente, risposta affermativa al

l'interrogativo (cfr. F. Trifone, La locazione: disposizioni generali e lo

cazioni di fondi urbani, in Trattato diretto da Rescigno, III, 11, Torino,

1984, 630; D. Piombo, osservazioni a Cass. 5579/88, cit.) circa la giuridi ca ammissibilità, ai sensi dell'art. 36, di una sublocazione abbinata alla

cessione definitiva — anziché al temporaneo affitto — dell'azienda del

conduttore.

V., inoltre, Cass. 22 luglio 1987, n. 6410, Foro it., 1988, I, 1177 (e nello stesso senso, da ultimo, Trib. Matera 14 marzo 1988, Rass. equo

canone, 1988, 267 e Giur. merito, 1989, 8), secondo cui per poter vantare

il diritto di prelazione in caso di vendita dell'immobile locato occorre

essere titolare sia del rapporto di locazione-conduzione sia dell'attività

imprenditoriale svolta (ancorché come socio di una società di persone) nell'immobile del quale si tratta.

Sulla titolarità dei diritti di prelazione e di riscatto ex art. 38-39 1.

392/78 nell'ipotesi di mutamento del soggetto avente diritto dopo la co

municazione da parte del locatore della propria intenzione di vendere l'im

mobile, v., su posizioni opposte, Cass. 4 maggio 1989, n. 2073, Foro

it., 1989, I, 3440, con nota di D. Piombo, e Trib. Roma 2 febbraio 1990,

id., 1990, in questo fascicolo.

Sul meccanismo attraverso cui si perfeziona, ai sensi dell'art. 38 cit.,

l'acquisto della proprietà dell'immobile locato da parte dell'avente diritto

alla prelazione, v. invece, da ultimo, Cass. 4 dicembre 1989, n. 5359, in questo fascicolo. [D. Piombo]

Il Foro Italiano — 1990.

degli art. 38 e 39 con riguardo all'art. 3 Cost., poiché rientra

nella scelta discrezionale del legislatore (giustificata dall'esigenza di regolamentare opposti interessi) la concessione della prelazione al solo soggetto titolare del rapporto diretto col proprietario.

Ricorrono per cassazione i Castoro, in base ad un solo motivo.

Resiste lo Zaccaria con controricorso.

Motivi della decisione. — Con unico motivo i ricorrenti — de

nunziando la violazione e falsa applicazione degli art. 38 e 39

1. n. 392 del 1978, in relazione all'art. 360 c.p.c. — deducono

che, contrariamente a quanto affermato dai giudici di appello, i citati art. 38 e 39 non possono considerarsi norme eccezionali

e, alla stregua dell'interpretazione analogica o anche soltanto di

quell'estensiva, consentono di riconoscere al subconduttore i di

ritti di prelazione e di riscatto, mentre l'interpretazione stretta

mente letterale accolta da detti giudici porrebbe gravi problemi di ordine logico nonché di ordine costituzionale. Sotto il primo

profilo rilevano che, dato lo scopo della prelazione, costituito

dalla tutela dell'attività economica esercitata nell'immobile loca

to, sarebbe un'incongruenza privare di tale tutela il subcondutto

re esercente detta attività, e d'altra parte con il meccanismo della

sublocazione sarebbe facile escludere l'applicabilità delle stesse

norme poiché prelazione e riscatto non spetterebbero né al con

duttore in quanto non esercente nei locali un'attività economica

né al subconduttore in quanto sfornito dalla necessaria qualifica, non senza considerare che, stante il disposto dell'art. 36 della

legge medesima, un rapporto tra locatore principale e subcondut

tore, sia pure di tacita tolleranza, nella sublocazione, si può sem

pre ravvisare, superandosi cosi l'obiezione della mancanza di un

collegamento tra locatore principale e subconduttore. Sotto il pro filo costituzionale, prospettano l'illegittimità degli art. 38 e 39

per contrasto con l'art. 3 Cost, se si ammettesse un diverso trat

tamento tra imprenditore conduttore dei locali e imprenditore sub

conduttore dei locali medesimi ovvero tra il proprietario dell'im

mobile sublocato ad uso non abitativo e il proprietario dell'im

mobile concesso direttamente all'imprenditore, e rilevano che

sussisterebbe inoltre il contrasto con l'art. 42 Cost., se si conce

desse la prelazione anche ad un conduttore che non esercita l'im

presa nell'immobile locato, ma fa uso di questo a fini meramente

speculativi nella sublocazione.

La censura è sostanzialmente fondata.

Il problema interpretativo prospettato si pone, sul piano lette

rale, in mancanza di un univoco riferimento normativo. L'art.

38, invero, menziona il conduttore, termine questo che, inteso

in senso stretto, attiene esclusivamente al rapporto di locazione,

ma considerato nel significato più ampio richiama anche l'ipotesi

della sublocazione venendo in rilievo la posizione di colui che

in concreto è nel godimento dell'immobile; d'altra parte, l'art.

39 non offre un chiarimento al riguardo, poiché fa menzione ge

nericamente dell'avente diritto alla prelazione, sul presupposto

dell'ambito di applicazione definito dall'articolo precedente. Oc

corre aggiungere che alla terminologia adottata dalla medesima

legge non è estranea la locuzione «conduttore» nel senso più am

pio (ad es., nella formulazione dell'art. 36, 2° comma, il riferi

mento al conduttore include certamente anche il subconduttore

fra gli aventi diritto).

È, invece, risolutiva la valutazione della ratio delle norme di

cui trattasi. Non può che richiamarsi l'orientamento della Corte

costituzionale che ha rilevato che scopo delle disposizioni relative

al diritto di prelazione, oltre che di quelle attinenti all'indennità

di avviamento, è la conservazione, anche nel pubblico interesse,

delle imprese considerate, tutelate mediante il mantenimento del

la clientela, che costituisce una componente essenziale dell'avvia

mento commerciale, e ha specificato che il diritto di prelazione

solo mediatamente tutela il personale interesse del conduttore,

essendo volto a soddisfare esigenze sociali, quale è la conserva

zione delle aziende (cfr. Corte cost. 5 maggio 1983, n. 128, Foro

it., 1983, I, 1498 e 6 ottobre 1983, n. 300, ibid., 2933). L'incidenza di tale ragione giustificatrice consente di affermare

che la prelazione compete a colui che effettivamente svolge nel

l'immobile locato l'impresa la quale nel contatto diretto con il

pubblico degli utenti e dei consumatori di un determinato luogo

trova la fonte prevalente dell'avviamento. Ne consegue che, nel

caso di sublocazione, la prelazione può spettare anche al subcon

duttore che viene quindi ad essere compreso nell'ampia previsio

ne normativa. La medesima ragione giustificatrice ha considerato

questa Suprema corte con riguardo all'indennità per la perdita

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1523 PARTE PRIMA 1524

dell'avviamento stabilendo che, nel caso di sublocazione, l'inden

nità spetta esclusivamente al subconduttore dato che viene in ri

lievo la posizione di chi gode l'immobile nel momento in cui ces

sa la locazione (cfr. Cass. 14 aprile 1986, n. 2617, id., 1986, I,

2500). Per la connessione, evidenziata dalla Corte costituzionale, tra i due istituti dell'indennità di avviamento e della prelazione, deve anche per quest'ultima pervenirsi alla conclusione che essa

possa spettare al subconduttore.

Deve, d'altra parte, precisarsi che, nel sistema della legge, la

prelazione può operare in favore del subconduttore solo quando il conduttore non abbia più alcun interesse nella gestione dell'a

zienda per averla definitivamente ceduta al subconduttore e quando il subconduttore abbia assunto legittimamente tale qualifica se

condo la disciplina vigente all'epoca del subentro mediante rego lare comunicazione al locatore. Viene cioè in considerazione, an

zitutto, la duplice ipotesi — espressa nel paradigma dell'art. 36 — della sublocazione dell'immobile realizzata unitamente alla ces

sione dell'azienda, e della sublocazione realizzata unitamente al

l'affitto dell'azienda: in quest'ultimo caso deve riconoscersi al con duttore il diritto di prelazione, poiché egli rimane proprietario dell'azienda e, alla cessazione dell'affitto, riacquista la disponibi lità di essa e quindi il relativo avviamento, mentre con la cessione dell'azienda il diritto di prelazione non può essere riconosciuto

al conduttore nei cui confronti non opera più la tutela normativa che invece spetta al subconduttore.

Già in tema di compenso per la perdita dell'avviamento com merciale ai sensi dell'art. 4 1. n. 19 del 1963, si è affermato che il conduttore, qualora abbia sublocato l'immobile ad un terzo, non essendo interessato all'attività imprenditoriale esercitata da

quest'ultimo nell'immobile, non ha diritto all'indennizzo, quan do la locazione sia cessata, nulla avendo perso, ed ha, invece, diritto al compenso se il contratto concluso con il terzo ha natura di affitto di azienda, avendo egli conservato interesse alla gestio ne di questa, come entità produttiva di un reddito imprenditoria le, ed alla conservazione di ogni elemento dell'azienda, compreso l'avviamento (cfr. Cass. 17 giugno 1974, n. 1776, id., Rep. 1974, voce Locazione, n. 102); per la connessione evidenziata con ri

guardo alla prelazione, si configura anche in relazione a tale be neficio la diversificazione delle ipotesi della cessione e dell'affitto

dell'azienda in caso di sublocazione dell'immobile.

È, inoltre, essenziale, ai fini dell'operatività della prelazione in favore del subconduttore, che questo abbia assunto legittima mente tale qualifica con la regolare comunicazione al locatore:

l'art. 36 prevede detta comunicazione la cui mancanza può deter minare l'inefficacia nei confronti del locatore (nella disciplina della sublocazione per gli immobili adibiti ad uso abitativo, la comuni

cazione è prevista dall'art. 2), e in regime vincolistico vi è analo

ga previsione ai sensi dell'art. 20 1. n. 253 del 1950.

Nella specie, i giudici di appello non hanno considerato l'im

postazione del problema sopra delineata e hanno fondato la deci sione su argomentazioni che non si possono condividere. In par ticolare: posto il carattere eccezionale delle norme di cui trattasi, in quanto limitatrici della normale libertà negoziale, ed escluso il ricorso all'interpretazione analogica, non può sostenersi che la formulazione di dette norme sia univoca ed esplicita nel riferire il diritto di prelazione al solo conduttore e non anche al subcon

duttore, poiché proprio il termine conduttore, in rapporto alla ratio legis, assume, sul piano ermeneutico, un ambito più ampio; non è ininfluente il richiamo all'art. 36 per dimostrare la necessi tà del collegamento della posizione del conduttore ad una situa zione di fatto determinata dall'effettivo godimento del bene, poi ché viene invece in rilievo l'ipotesi in cui il conduttore non abbia

più alcun interesse nella gestione dell'azienda per averla definiti vamente ceduta al subconduttore, al quale soltanto deve in tal caso riconoscersi il diritto di prelazione; né è decisivo rilevare che manca un rapporto diretto tra il subconduttore e il locatore, in quanto, ai fini dell'operatività della prelazione in favore del

subconduttore, questo deve avere assunto tale qualifica legittima mente mediante regolare comunicazione al locatore; l'interpreta zione adottata da detti giudici, prescindendo dall'incidenza della tutela dell'impresa, prospetterebbe profili di illegittimità costitu zionale delle norme in questione, almeno in relazione all'art. 3 Cost.

Alla stregua delle considerazioni sopra svolte, il ricorso va ac colto e la sentenza impugnata deve essere cassata con rinvio della

Il Foro Italiano — 1990.

causa per un nuovo esame ad altra sezione della Corte d'appello di Genova che dovrà uniformarsi al seguente principio:

«Poiché il diritto di prelazione attribuito al conduttore di im

mobile adibito ad uso non abitativo nel caso che il locatore inten da venderlo a terzi ha la sua ragione giustificatrice nella conser

vazione, anche nel pubblico interesse, delle imprese le quali nel contatto diretto con il pubblico degli utenti e dei consumatori in un determinato luogo trovano la fonte prevalente del loro av

viamento, detto diritto di prelazione compete al subconduttore e non al conduttore quando il secondo non abbia più alcun inte resse nella gestione dell'azienda per averla definitivamente ceduta al primo e quando il subconduttore abbia assunto legittimamente tale qualifica secondo la normativa vigente all'epoca del subentro

mediante regolare comunicazione al locatore».

I

CORTE DI CASSAZIONE; sezione I civile; sentenza 6 febbraio

1990, n. 788; Pres. Vela, Est. R. Sgroi, P.M. Di Renzo (conci, conf.); Min. finanze (Aw. dello Stato Palatiello) c. Moretti.

Conferma Comm. trìb. centrale 18 novembre 1985, n. 9828.

Redditi (imposte sui) — Dor — Redditi conseguiti nell'attività di rappresentante di commercio — Mancanza di organizzazio ne imprenditoriale — Tassabilità — Esclusione (D.p.r. 29 set tembre 1973 n. 599, istituzione e disciplina dell'imposta locale sui redditi, art. 1).

A norma dell'art. 1, 2° comma, d.p.r. 29 settembre 1973 n. 599

(nel testo risultante a seguito della declaratoria di incostituzio nalità contenuta nella sentenza della Corte costituzionale 26 mar

zo 1980, n. 42), il reddito conseguito nell'esercizio dell'attività di rappresentante di commercio, quando manchi un 'organizza zione imprenditoriale, non è assoggettabile ad Ilor, a nulla rile vando la sua qualificabilità alla stregua di reddito d'impresa ex art. 51, 2° comma, d.p.r. 29 settembre 1973 n. 597, che deve ritenersi applicabile esclusivamente ai diversi fini del

l'Irpef. (1)

II

CORTE DI CASSAZIONE; sezione I civile; sentenza 14 dicem bre 1989, n. 5605; Pres. Vela, Est. R. Sgroi, P.M. Di Renzo

(conci, conf.); Min. finanze (Avv. dello Stato Pai.atiello) c. Melas. Cassa Comm. trib. centrale 18 ottobre 1985, n. 8739.

Redditi (imposte sui) — Dor — Redditi conseguiti da impresa familiare — Attività artigianale di produzione di beni — Man canza di organizzazione imprenditoriale — Tassabilità — Esclu sione — Onere probatorio (D.p.r. 29 settembre 1973 n. 599, art. 1).

A norma dell'art. 1, 2° comma, d.p.r. 29 settembre 1973 n. 599

(nel testo risultante a seguito della declaratoria di incostituzio nalità contenuta nella sentenza della Corte costituzionale 26 mar

zo 1980, n. 42), il reddito conseguito da impresa familiare arti

giana produttrice di beni non è assoggettabile ad Ilor quando derivi dal prevalente apporto di lavoro autonomo e l'attività esercitata non sia organizzata in forma imprenditoriale; tale

circostanza, in caso di richiesta di restituzione di imposte già pagate, deve essere provata dinanzi alle commissioni tributarie dal contribuente. (2)

(1-2) Trascorso un decennio dall'accertamento della sua incompatibili tà con il dettato costituzionale (v. Corte cost. 26 marzo 1980, n. 42, Foro it., 1980, I, 1567,.con nota di richiami), il binomio «Ilor-redditi di lavoro autonomo» continua a produrre strascichi ancora di attualità nelle aule giudiziarie. Le due sentenze in rassegna, depositate in tempi diversi, ma decise nella medesima udienza, sono espressione, pur nella loro specificità, di un unico principio di diritto, in applicazione di quanto statuito nell'ormai datata pronunzia della Consulta. In continuità con

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