sezione III civile; sentenza 20 febbraio 1990, n. 1260; Pres. Quaglione, Est. Meriggiola, P.M.Iannelli (concl. conf.); Cirulli e altra (Avv. Masciotta, Festa) c. Soc. International Auto (Avv.Mancusi) e altro. Cassa App. Roma 3 dicembre 1986Source: Il Foro Italiano, Vol. 113, PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE(1990), pp. 2567/2568-2577/2578Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23184856 .
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2567 PARTE PRIMA 2568
Fra l'art. 241, 3° comma, 1. com. e prov. del 1934 e il combi nato disposto degli art. 92, 6° comma, e 118 d.p.r. n. 417 del 1974 esiste un rapporto di specialità nel senso che la situazione
d'incompatibilità assoluta con l'esercizio di qualunque attività pro fessionale prevista per i dipendenti delle amministrazioni provin ciali dalla prima delle richiamate disposizioni non opera qualora gli stessi svolgano attività di docente nelle scuole statali, sicché, essendo previsto per gli stessi, sulla base delle altre disposizioni citate, l'esercizio di libere professioni previa autorizzazione, l'i scrizione nell'albo dei geometri — e la conseguente eventuale can cellazione dallo stesso per difetto dei requisiti — va compiuta ai sensi dell'art. 7, 2° comma, r.d. 11 febbraio 1929 n. 274, do vendosi avere riguardo alle prescrizioni del settore della pubblica amministrazione in cui gli stessi concretamente operano.
Tale situazione normativa la decisione impugnata non ha valu tato e, pertanto, la stessa va cassata e la causa va rinviata allo stesso Consiglio nazionale dei geometri, il quale, nel decidere ap plicherà il seguente principio di diritto: «Al personale dipendente dalle amministrazioni provinciali che svolga attività di docente
presso scuole secondarie statali non è applicabile il disposto del l'art. 241, 3° comma, 1. com. e prov. del 1934, circa l'incompati bilità assoluta con l'esercizio di qualunque attività professionale, ma il combinato disposto degli art. 92, 6° comma, e 118 d.p.r. 31 maggio 1974 n. 417, che consente, nel concorso di determinate
condizioni, l'esercizio di attività professionale, pertanto lo stesso deve essere iscritto all'albo dei geometri, e non deve essere can
cellato, ai sensi dell'art. 7, 2° comma, r.d. 11 febbraio 1929 n.
274, ove sia stato autorizzato a tale esercizio dal capo dell'istituto».
Conclusivamente, mentre vanno rigettati il primo ed il secondo motivo di ricorso, vanno accolti, per quanto di ragione gli altri motivi.
/
I
CORTE DI CASSAZIONE; sezione III civile; sentenza 20 feb braio 1990, n. 1260; Pres. Quaglione, Est. Meriggiola, P.M. Iannelli (conci, conf.); Cirulli e altra (Aw. Masciotta, Fe
sta) c. Soc. International Auto (Avv. Mancusi) e altro. Cassa
App. Roma 3 dicembre 1986.
Locazione — Legge 392/78 — Immobili adibiti ad uso diverso
dall'abitazione — Sublocazione — Disciplina transitoria — Ap plicabilità (L. 27 luglio 1978 n. 392, disciplina delle locazioni di immobili urbani, art. 27, 67, 71).
Locazione — Legge 392/78 — Immobili adibiti ad uso diverso dall'abitazione — Detenzione dell'immobile dopo la cessazione del contratto — Mora del conduttore nella restituzione dell'im mobile — Configurabilità — Limiti (Cod. civ., art. 1591; 1. 27 luglio 1978 n. 392, art. 34, 56, 69).
Benché i contratti di sublocazione di immobili adibiti ad uso di verso da quello di abitazione, sorti anteriormente al 1978, sia no soggetti alla disciplina transitoria stabilita dagli art. 67 ss. I. 392/78, in particolare per quanto riguarda il prolungamento ex lege della loro durata convenzionale, la continuazione del
rapporto di sublocazione è subordinata all'esistenza della loca
zione, e quindi ai sensi dell'art. 1595 c.c. (norma di applicazio ne generale, non derogata dalla l. 392/78) la risoluzione del contratto di locazione ha effetto anche nei confronti del sub
conduttore, salvo il suo diritto di subentrare nel contratto prin cipale, se cosi pattuito o previsto da una specifica norma. (1)
(1) Sull'art. 1595 c.c. (del quale la pronunzia in epigrafe sottolinea il generale ambito di applicabilità, comprendente anche i rapporti sogget ti alla 1. 392/78), v., da ultimo (nel senso che la norma non viola l'art. 24 Cost.), Corte cost., ord. 21 gennaio 1988, n. 60, Foro it., 1988, I, 3665, con osservazioni critiche di A. Proto Pisani.
Circa l'applicabilità della disciplina transitoria della 1. 392/78 alle su blocazioni di immobili non abitativi (peraltro, espressamente contemplate dal 1° comma dell'art. 27 della legge, cui rinviano tanto l'art. 67 quanto
Il Foro Italiano — 1990.
Poiché ai sensi dell'art. 69, 8° comma, I. 392/78 la corresponsio ne dell'indennità di avviamento non incide sull'adozione del
provvedimento di rilascio, ma soltanto sull'attuazione di esso, il conduttore di immobile non abitativo che ometta di riconse
gnare l'immobile locato alla scadenza contrattuale è tenuto al risarcimento del danno a favore del locatore dal momento in cui diviene inadempiente all'obbligo di riconsegna fino a quello in cui si forma il titolo di rilascio, ma non per il periodo suc cessivo fino alla corresponsione dell'indennità di avviamento da parte del locatore, durante il quale, non essendo eseguibile il provvedimento di condanna al rilascio, la detenzione dell'im mobile da parte del conduttore non può essere considerata ille
gittima. (2)
II
CORTE DI CASSAZIONE; sezione III civile; sentenza 26 otto bre 1989, n. 4429; Pres. Schermi, Est. L. Niro, P.M. Zema, (conci, conf.); Corvino (Aw. Barrera) c. Soria; Soria (Avv. Lupo) c. Corvino. Cassa App. Napoli 12 aprile 1985.
Locazione — Legge 392/78 — Immobili adibiti ad abitazione —
Detenzione dell'immobile dopo la cessazione del contratto —
Pendenza del termine giudiziale di rilascio o di proroga «ex
lege» dello sfratto — Mora del conduttore nella restituzione
dell'immobile — Configurabilità (Cod. civ., art. 1382, 1591; 1. 27 luglio 1978 n. 392, art. 56, 79; d.l. 25 settembre 1987 n. 393, norme in materia di locazione di immobili ad uso non
abitativo, nonché di cessione e di assegnazione di alloggi di edilizia agevolata-convenzionata, art. 2; 1. 25 novembre 1987 n. 478, conversione in legge, con modificazioni, del d.l. 25 set tembre 1987 n. 393).
In tema di locazioni di immobili urbani ad uso abitativo, l'art. 1591 c.c., non derogato da alcuna norma speciale (a differenza di quanto avvenuto per le locazioni non abitative, per effetto del d.l. 393/87), trova applicazione sin dalla data della scaden
za legale o convenzionale del contratto, sicché da tale data il conduttore va considerato in mora ove non restituisca l'immo bile locato, con conseguente obbligo di risarcire il danno, an che in dipendenza di clausola penale pattuita con il contratto; né la mora è esclusa per il fatto che il giudice, ai sensi dell'art. 56 l. 392/78, abbia fissato la data di rilascio dell'immobile in epoca successiva alla scadenza della locazione, o che lo sfratto sia stato prorogato in base alle leggi speciali in materia. (3)
l'art. 71), non risultano precedenti specifici. Trib. Siena 1° febbraio 1986, id., Rep. 1986, voce Locazione, n. 590, rileva, peraltro, che, in mancanza di una regolamentazione speciale, ai rapporti interni tra sublocatore e subconduttore si applicano nella loro interezza le norme regolanti la loca zione; sicché deve ritenersi pleonastica l'espressa menzione della subloca zione negli art. 27 e 58 1. cit., [cosi come, del resto, negli art. 12 e 42]. In dottrina, v. per tutti (in particolare sul problema della durata della sublocazione ad uso abitativo, posto dalla mancanza di una sua espressa menzione nell'art. 1 1. 392/78): G. Del Grosso, in Equo canone, Cedam, Padova, 1980, 16 ss.; M. Confortini-A. Zimatore, Le locazioni di im mobili urbani destinati ad uso abitativo, in Giusi, civ., 1980, II, 3 ss., spec. 49; F. Trifone, La locazione: disposizioni generali e locazioni di fondi urbani, in Trattato diretto da Rescigno, III, 11, 1984, 500 ss.; P. Cosentino-P. Vitucci, Le locazioni dopo le riforme del 1978-1985, Utet, Torino, 1986, 337 ss.; M. Confortini, Sublocazione di immobili ad uso abitativo, voce del Novissimo digesto, appendice, 1987, VII, 600.
Sul diritto del subconduttore di immobile ad uso diverso dall'abitazio ne all'indennità di avviamento ex art. 34 e 69 1. 392/78, nonché alla pre lazione ex art. 38 in caso di vendita dell'immobile, v., rispettivamente, Cass. 14 ottobre 1988, n. 5579, Foro it., 1989, I, 1874 e Cass. 20 feb braio 1990, n. 1261, id., 1990, I, 1520, entrambe con osservazioni di D. Piombo.
(2-5, 7) Con la sentenza 4429/89 la Cassazione ribadisce, in relazione Illa disciplina delle locazioni urbane introdotta dalla 1. 392/78, un princi pio ripetutamente (e ormai costantemente) affermato riguardo alla previ »ente legislazione vincolistica, in base al rilievo che gli eventuali provve dimenti dilatori dell'esecuzione dello sfratto tendono unicamente a con sentire al conduttore il reperimento di altra idonea sistemazione.
Nello stesso ordine di idee si collocano le riportate pronunzie delle Corti l'appello di Milano e di Napoli. Quest'ultima, riferendosi ad una loca tone non abitativa cessata alla scadenza desunta dalla disciplina transito ia della 1. 392/78 (art. 71), omette tuttavia di considerare l'incidenza
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
ill
CORTE D'APPELLO DI MILANO; sentenza 3 aprile 1990; Pres.
Napoli, Est. Orazi; Girardi (Avv. Condoleo) c. lezzi e altro
(Avv. Crugnola Pardo).
Locazione — Legge 392/78 — Immobili adibiti ad abitazione —
Detenzione dell'immobile dopo la cessazione del contratto —
Pendenza del termine giudiziale di rilascio o di proroga «ex
lege» delio sfratto — Mora del conduttore nella restituzione dell'immobile — Configurabilità (Cod. civ., art. 1591; 1. 27 luglio 1978 n. 392, art. 56; d.l. 25 settembre 1987 n. 393, art.
2; 1. 25 novembre 1987 n. 478). Locazione — Legge 392/78 — Mora del conduttore nella restitu
zione dell'immobile — Clausola penale — Nullità — Esclusio ne (Cod. civ., art. 1382, 1591; 1. 27 luglio 1978 n. 392, art. 79).
In tema di locazioni di immobili urbani ad uso abitativo, non
trovando applicazione la deroga prevista dalla I. 478/87 (di con versione del d.l. 393/87), il conduttore che, cessato il contrat
to, ritardi a restituire l'immobile locato, è responsabile ai sensi
dell'art. 1591 c.c., a meno che dimostri che il ritardo è dipeso da causa a lui non imputabile, non rilevando a tal fine even
tuali vicende dilatorie derivanti dalla fissazione di termini per l'esecuzione, graduazione, proroga o sospensione ex lege dello
sfratto (e, in particolare, dalla fissazione della data dell'esecu
zione ex art. 56 l. 392/78). (4) La clausola penale pattuita nel contratto di locazione per il ritar
do nella riconsegna dell'immobile locato da parte del condutto
re, non incorre nella nullità di cui all'art. 79 l. 392/78. (5)
nella fattispecie della deroga all'art. 1591 c.c. prevista dall'art. 2 d.l. 393/87, convertito nella 1. 478/87. Sui limiti di applicazione e la costituzionalità di tale norma, v. Corte cost. 24 gennaio 1989, n. 22, Foro it., 1989, I, 959, con nota di D. Piombo, (annotata altresì da N. Izzo, in Giust.
civ., 1989, I, 521; D. Colletti, ibid., 1792; V. Cuffaro, in Giur. it., 1989,1, 1, 1529; e commentata da S. Zerilii, in Arch, locazioni, 1989, 439).
L'orientamento della corte di legittimità risulta, peraltro, contrastato da una parte consistente dei giudici di merito, i quali negano l'operatività della responsabilità ex art. 1591 c.c., sia in pendenza del termine fissato
per il rilascio dal giudice ai sensi dell'art. 56 1. 392/78 (intendendolo co me «termine di adempimento» dell'obbligo di riconsegna), sia — talvolta — durante il periodo di sospensione ope legis dello sfratto (causa di tem
poranea «inesigibilità» della prestazione di riconsegna). Per riferimenti sulle contrapposte opinioni in proposito espresse, v. Trib. Bari 27 feb braio e 21 gennaio 1987 e Trib. Milano 17 marzo 1986, Foro it., 1987, I, 2195, con nota di D. Piombo; da ultimo, anche sul problema se nel caso di immobile abitativo il conduttore possa essere tenuto, ai sensi del l'art. 1591 c.c., al pagamento di somme ulteriori rispetto al c.d. equo canone, Trib. Firenze 10 luglio 1989, id., 1989, I, 2941, con nota di ri chiami (ove si fa menzione del d.l. 551/88, convertito in 1. 61/89, che, correlativamente all'ultima temporanea sospensione dell'esecuzione degli sfratti, ha specificamente regolato anche l'obbligazione risarcitoria del conduttore di cui all'art. 1591 cit.). Adde, nello stesso senso delle senten ze in epigrafe, Trib. Sanremo 20 marzo 1989, Arch, locazioni, 1990, 84 e Pret. Bari 6 novembre 1990, ibid., 130 (che tuttavia distingue il caso dello «sfratto» per finita locazione, nel quale la mora restituendi, preesi ste all'azione di rilascio, da quello della «licenza» per finita locazione, nel quale, mancando siffatta mora, in pendenza del termine fissato ex art. 56 1. 392/78 dovrebbe escludersi l'applicabilità dell'art. 1591 c.c.). Contra, Trib. Napoli 16 ottobre 1987, Foro it.. Rep. 1988, voce cit., n. 354 (in relazione ad un caso in cui le parti avevano pattuito una penale per l'ingiustificato ritardo del conduttore nella riconsegna dell'immobile); Trib. Napoli 17 febbraio 1988, Giur. merito, 1989, 567; Trib. Napoli 25 febbraio 1989, Arch, locazioni, 1990, 84.
La qui riprodotta Cass. 1260/90, pur mostrando di aderire in linea
generale all'indirizzo secondo cui la mora del conduttore nell'obbligo re stitutorio della cosa locata deve farsi risalire alla data di cessazione del
contratto, finisce tuttavia per contraddirlo quando argomenta che «se il provvedimento non è realizzabile nella fase esecutiva, . . . non vi può essere detenzione illegittima da parte del conduttore . . .», per di più fa cendo discendere dalla giuridica ineseguibilità del provvedimento di rila scio (fino al pagamento dell'indennità di avviamento) un effetto «inter ruttivo» della preesistente mora del conduttore. Va, peraltro, ricordato che Cass. 14 ottobre 1988, n. 5579, cit. (del tutto ignorata dalla sentenza che si riporta), sulla scorta degli art. 34 e 69 1. 392/78, ha ravvisato la sussistenza in capo al conduttore di un diritto di ritenzione dell'immo bile locato fino alla corresponsione dell'indennità di avviamento, il cui esercizio esclude radicalmente la configurabilità della responsabilità ex art. 1591 c.c. (per una critica di tale costruzione, v., tuttavia, Pret. Mon za 15 luglio 1989, Foro it., 1989, I, 3242, con nota di richiami).
Per qualche riferimento alla questione se contrasti o meno con l'art.
Il Foro Italiano — 1990.
IV
CORTE D'APPELLO DI NAPOLI; sentenza 18 dicembre 1989; Pres. Alfani, Est. Figurelli; Bellucci (Avv. Stassano) c. Ca valieri e altro (Aw. Pizzolla).
Locazione — Legge 392/78 — Immobili adibiti ad uso diverso
dall'abitazione — Disciplina transitoria — Contratti in corso e non soggetti a proroga — Fattispecie (L. 27 luglio 1978 n.
392, art. 67, 71). Locazione —
Legge 392/78 — Detenzione dell'immobile dopo la cessazione del contratto — Pendenza del termine giudiziale di rilascio o di proroga «ex lege» dello sfratto — Mora del
conduttore nella restituzione dell'immobile — Configurabilità
(Cod. civ., art. 1591; 1. 27 luglio 1978 n. 392, art. 56; d.l. 30 dicembre 1988 n. 551, misure urgenti per fronteggiare l'ec
cezionale carenza di disponibilità abitative, art. 7; 1. 21 feb
braio 1989 n. 61, conversione in legge, con modificazioni, del
d.l. 30 dicembre 1988 n. 551).
La locazione non abitativa convenzionalmente rinnovata dalle parti
fino ad una scadenza successiva a quella prevista dall'ultima
legge di proroga anteriore alla l. 392/78, è da considerare non
soggetta a proroga alla data di entrata in vigore di quest'ultima
legge, indipendentemente dai motivi per cui la scrittura rinno
vativa del contratto è stata redatta, e quindi ad essa si applica non l'art. 67, ma l'art. 71 I. 392/78. (6)
La fissazione della data del rilascio ex art. 56 l. 392/78 ed even
tuali ulteriori provvedimenti legislativi determinanti il differi mento dell'esecuzione dello sfratto, ancorché possano rendere
temporaneamente incoercibile l'esecuzione stessa, non escludo
no che il conduttore rimasto nella detenzione dell'immobile lo
cato dopo la scadenza del contratto, essendo in mora nella re
stituzione, sia tenuto non solo al pagamento del corrispettivo convenuto fino alla riconsegna, ma anche al risarcimento del
maggior danno di cui all'art. 1591 c.c. (7)
I
Svolgimento del processo. — La società a responsabilità limi
tata International Auto, conduttrice di un locale sito in Roma
in virtù di un contratto stipulato con la società Universale costru
zioni, per la durata di nove anni a decorrere dal 1° luglio 1977, deducendo di aver sublocato per due anni l'immobile a Cimili
Bruno e Molisani Concetta in data 3 giugno 1977, con l'espressa
pattuizione che il contratto di sublocazione non potesse durare
più a lungo del contratto di locazione, poiché i subconduttori
non avevano rilasciato il locale alla scadenza del 30 agosto 1980, intimava loro sfratto per finita locazione per la stessa data ed
79 1. 392/78 la clausola penale pattuita dalle parti per il caso di ritardata
riconsegna dell'immobile locato, mette conto ricordare che Cass. 15 mar zo 1989, n. 1303, ibid., 1825, ha ritenuto valida la pattuizione di un tasso di interessi superiore a quello legale per il caso di morosità del conduttore nel pagamento del canone, condividendo tra l'altro la consi derazione del giudice del merito secondo cui «nessuna delle norme di carattere sostanziale poste dalla 1. n. 392 del 1978 a disciplina delle rispet tive obbligazioni delle parti contraenti pone limitazione alcuna alla loro autonomia in punto di determinazione preventiva del risarcimento del danno per il caso di ritardo nell'adempimento delle reciproche pre stazioni . . .».
In dottrina, sui vari aspetti problematici dell'art. 1591 c.c., compresi quelli di compatibilità con la normativa dilatoria dell'esecuzione degli sfratti, v., da ultimo, D. Piombo (E. Fiore-P. Lo Cascio-L. Pignatelli), La morosità del conduttore, Giuffrè, Milano, 1990, 197 ss.
(6) Sul principio, univocamente affermato, che il contratto di locazio ne non è soggetto a proroga quando la sua scadenza pattizia sia posterio re a quella imposta dalla disposizione legislativa di proroga presa in con
siderazione, v., con specifico riferimento agli art. 67 e 71 1. 392/78, Cass. 15 settembre 1986, n. 5607, Foro it., Rep. 1987, voce Locazione, n. 208; nonché, tra le altre, Cass. 24 marzo 1986, n. 2059, id., Rep. 1986, voce
cit., n. 188 e, nella motivazione, Cass. 28 febbraio 1984, n. 1434, id., 1984, I, 1584, con nota di richiami. Con riguardo al caso in cui il supera mento della scadenza imposta dall'ultima legge «vincolistica» (d.l. 298/78) sia stato determinato da rinnovazione convenzionale del rapporto locati
zio, v., inoltre, Pret. Lecce 28 giugno 1986, id., Rep. 1987, voce cit., n. 467; Pret. Terni 18 aprile 1983, id., Rep. 1983, voce cit., n. 648.
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2571 PARTE PRIMA 2572
in seguito ad opposizione riassumeva la causa dinanzi al tribuna
le, chiedendo il rilascio dell'immobile ed il risarcimento dei danni sofferti.
Il tribunale con sentenza 18 maggio 1983 dichiarava cessato al 30 giugno 1980 il contratto di sublocazione, respingeva la do manda di risarcimento danni e dichiarava la carenza di legittima zione passiva della società Universale costruzioni, originaria loca trice chiamata in causa iussu iudicis.
Sull'impugnazione principale della International Auto ed inci dentale delle altre parti, la Corte d'appello di Roma con sentenza 3 dicembre 1986, in parziale riforma della sentenza impugnata, accoglieva la domanda di risarcimento danni proposta dalla so cietà International Auto e confermava la cessazione della sublo cazione al 30 giugno 1980, asserendo che la proroga dei contratti, sancita per il regime transitorio dagli art. 67 e 71 1. n. 392 del
1978, non si estendeva ai contratti di sublocazione.
Quanto all'azione di risarcimento danni, ne affermava la fon
datezza, sussistendo l'inadempimento degli intimati dal momento dell'omessa riconsegna dell'immobile alla scadenza contrattuale,
indipendentemente dal mancato pagamento ai subconduttori del la indennità di avviamento, circostanza condizionante l'esecuzio ne della sentenza e non influente sull'inadempimento già realiz zatosi.
Contro tale sentenza sia il Cimili che la Molisani hanno propo sto ricorso per cassazione, il cui fondamento viene contestato dalla società International Auto nel controricorso.
Motivi della decisione. — Con il primo motivo viene dedotta la violazione degli art. 27, 67 e 71 1. n. 392 del 1978 sull'equo canone, per avere la corte di merito erroneamente ritenuto che il contratto di sublocazione intercorrente tra la International Au to e i conduttori non godesse della proroga disposta dall'art. 71 della normativa per i contratti di locazione adibiti ad uso diverso da abitazione in regime transitorio.
Se è vero che gli art. 67 e 71, come osservato dalla corte di
merito, non fanno esplicita menzione delle sublocazioni, ciò non
implica che la proroga legale sia stata esclusa per le sublocazioni. La censura va disattesa. I contratti di sublocazione di immobili
adibiti ad uso diverso da quello di abitazione sorti anteriormente al 1978 sono soggetti alla disciplina transitoria stabilita dalla nor mativa sull'equo canone, con ogni relativa conseguenza; essi quindi usufruiscono del prolungamento ex lege della loro durata con venzionale.
Sia l'art. 67, infatti, che il successivo art. 71, rispettivamente riferiti ai contratti in corso soggetti a proroga e sottratti a questa, contengono entrambi un esplicito rinvio al disposto dell'art. 27, il quale a sua volta stabilisce la durata «delle locazioni e delle sublocazioni» (al di fuori del regime transitorio), concernenti im mobili urbani adibiti ad uso diverso da quello di abitazione. Il riferimento alla norma nel suo complesso è specifico e diretto, e non sussiste alcuna logica che porti ad escludere le sublocazioni dal regime transitorio.
La persistenza e la continuità del rapporto di sublocazione è subordinata, peraltro, alla esistenza della locazione, in virtù del
principio resoluto iure dantis resolvitur et ius accipientis, enun ciato dall'art. 1595 c.c., ultimo comma, in virtù del quale, ap punto, la risoluzione del contratto ha effetto anche nei confronti del subconduttore.
La norma, in quanto contenuta nel codice civile, è di applica zione generale, e poiché nessuna deroga risulta contenuta nella
disciplina sull'equo canone, non vi è ragione di dubitare della sua applicabilità, salvo naturalmente il diritto del subconduttore di subentrare nel contratto, se cosi sia stato convenzionalmente
pattuito o sussista una specifica norma. La censura del secondo motivo aggiunge che la sentenza ha
violato anche l'art. 69 della normativa sull'equo canone, allorché ha erroneamente ritenuto i subconduttori responsabili della viola zione della clausola contrattuale relativa alla scadenza del rap porto, avendo gli stessi omesso di riconsegnare l'immobile, nono stante l'accertata mancata corresponsione da parte della società locatrice dell'indennità di avviamento.
I conduttori, precisano i ricorrenti, non possono esser costretti a rilasciare l'immobile prima che venga loro corrisposta l'inden
nità, e se il rilascio è condizionato al pagamento dell'indennità, non è illegittimo il comportamento del conduttore, che continua a detenere l'immobile sino a detto pagamento, con la conseguen za che non è dovuto neanche il risarcimento.
Su tale seconda deduzione va considerato, in conformità di quan
II Foro Italiano — 1990.
to già ritenuto da questa corte ed ora da confermare, che la cor
responsione dell'indennità di avviamento non costituisce condi zione di proponibilità o di procedibilità, posto che non incide sull'adozione del provvedimento di rilascio, bensì' soltanto sul l'attuazione di questo, e quindi sulla esercitabilità dell'azione ese cutiva (cfr. Cass. n. 2735 del 1985, Foro it., Rep. 1985 voce Lo
cazione, n. 881, e per utili riferimenti anche nn. 354 e 5600 del
1983, id., Rep. 1983, voce cit., nn. 1066, 1063). L'art. 69, 8° comma, della normativa sull'equo canone stabili
sce infatti che l'esecuzione del provvedimento di rilascio dell'im mobile è «condizionata dall'awenuta corresponsione dell'inden nità di avviamento», dizione questa che chiaramente esclude dal la condizione la proponibilità della domanda di rilascio.
Di conseguenza, una volta che il conduttore abbia perduto il diritto di detenere l'immobile, non vengono impediti, né l'esame della controversia da parte del giudice, né la decisione ma soltan to la realizzazione del provvedimento di rilascio.
Trattasi di una scelta del legislatore che certamente incide sul
processo di realizzazione del diritto del lavoratore in deroga alle normali ipotesi, intesa a dare al conduttore una efficace tutela, della quale, peraltro, non può dubitarsi, data la chiara formula zione letterale della norma, da cui consegue che il risarcimento sarà dovuto dal conduttore a partire dal momento in cui diviene
inadempiente, sino a quello in cui si forma il titolo che riconosce il diritto a pretendere il rilascio; quindi, l'azione diviene non eser citabile finché il locatore non corrisponda l'indennità, per ripren dere eventualmente subito dopo tale adempimento.
Non può farsi a meno di riconoscere che se il provvedimento non è realizzabile nella fase esecutiva, in attesa della correspon sione dell'indennità, in tale spazio di tempo non vi può essere detenzione illegittima da parte del conduttore, quindi diritto al risarcimento a favore del locatore.
Nella specie, invece, la corte di merito, dopo aver affermato che la mancata corresponsione dell'indennità non ha eliminato la violazione contrattuale dei subconduttori, né resa legittima la loro ulteriore occupazione, ha ritenuto sussistente il diritto al ri sarcimento anche in relazione al periodo successivo alla forma zione del titolo, non accompagnata dalla corresponsione dell'in
dennità, sull'erroneo presupposto che la maturazione del diritto non esclude «il loro obbligo di risarcimento danno oggetto della odierna controversia ...» (sic p. 14 della sentenza).
La decisione impugnata va, pertanto, cassata in relazione a ta le punto ed il giudizio rimesso ad altra sezione della Corte d'ap pello di Roma, la quale rinnoverà l'esame delle deduzioni delle
parti, attenendosi al principio ora enunciato.
II
Ritenuto in fatto. — 1. - Con atto 20 marzo 1982, Roberta
Corvino, proprietaria dell'appartamento sito in Napoli, via Posil
lipo 203, dato in locazione a Giovanni Soria per il periodo dal 4 maggio 1977 al 3 ottobre 1977, con obbligo di pagare, a titolo di penale, lire 20.000 per ogni giorno di ritardo nella restituzione dell'immobile alla scadenza, conveniva in giudizio avanti al Tri bunale di Napoli il Soria per sentirlo condannare al pagamento di lire 8.269.889 per rimborso di spese condominiali, oltre al pa gamento della somma di lire 6.360.000 a titolo di penale per il ritardo nella riconsegna dal 4 maggio 1981, data di scadenza le
gale, ex art. 65 1. 392/78, al 19 marzo 1982, oltre alle ulteriori somme dovute per penale per il periodo successivo sino all'effet tivo rilascio dell'immobile.
2. - Il convenuto, costituendosi, eccepiva, tra l'altro, la nullità della clausola penale ai sensi dell'art. 79 1. 392/78.
3. - Il tribunale con sentenza in data 1° febbraio 1984, deposi tata il 10 aprile 1984, condannava il Soria a pagare lire 11.068.746
per rimborso oneri accessori, oltre il pagamento di lire 20.000
giornaliere a titolo di penale dal 4 maggio 1981 sino all'effettivo rilascio dell'immobile; affermava che non sussisteva la dedotta nullità della clausola penale in relazione all'art. 79 della citata
legge perché non era diretta a limitare la durata legale del con
tratto, né ad attribuire al locatore un canone maggiore di quello dovuto o altri vantaggi in contrasto con la detta legge.
4. - Proponeva appello il Soria censurando la sentenza, fra
l'altro, per la condanna a pagare lire 20.000 giornaliere a titolo di penale dal 4 maggio 1981 all'effettivo rilascio; deduceva l'ap pellante che tale clausola era da considerare vessatoria perché si
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
risolve in una costrizione del conduttore a rilasciare l'apparta mento alla scadenza senza neanche poter usufruire del termine che il giudice fissa per lo sfratto ai sensi dell'art. 56 1. 392/78.
5. - La Corte d'appello di Napoli con sentenza 12 aprile 1985
condannava il Soria a pagare lire 11.068.746 per gli oneri acces sori e, riducendo la misura della penale, a pagare lire 5.000 al
giorno per ritardata consegna dell'immobile dal 4 maggio 1981
all'effettivo rilascio; affermava la corte che: a) non può trovare
applicazione nella specie l'art. 79 1. 392/78, che prevede la nullità
dei patti che attribuiscono vantaggi in contrasto con detta legge perché la clausola penale, ex art. 1382 c.c., ha solo l'effetto di
attuare in via preventiva e forfetaria la liquidazione del danno in caso di inadempienza; b) la penale può, peraltro, essere equa mente diminuita dal giudice ex art. 1384 c.c. su richiesta della
parte in via di azione o di eccezione; la richiesta può ritenersi
implicitamente contenuta nella eccezione della parte di nulla do
vere a tale titolo.
6. - Avverso la sentenza ha proposto ricorso per cassazione
la Corvino, cui resiste con controricorso il Soria, proponendo anche ricorso incidentale, al quale resiste la Corvino con contro
ricorso; quest'ultima ha anche presentato memoria.
Considerato in diritto. — I ricorsi vanno riuniti.
Con un unico motivo la ricorrente Corvino, denunciando vio
lazione dell'art. 1384 c.c. e 112 c.p.c., censura l'impugnata sen
tenza perché, dopo aver premesso che la riduzione della penale non può essere esercitata d'ufficio, occorrendo la richiesta della
parte in tal senso, ha affermato che tale richiesta era implicita nella contestazione del Soria di nulla dovere a detto titolo, il che, secondo la ricorrente, è errato.
La censura è fondata. L'eccezione del convenuto che, richiesto
del pagamento della penale, sostiene di nulla dovere a tale titolo
non può ritenersi comprensiva dell'istanza di riduzione della pe nale medesima perché le dette due deduzioni difensive hanno fon
damenti diversi ed inconciliabili, in quanto la prima (eccezioni di nulla dovere) esclude l'esistenza dell'inadempimento, che, in
vece, è presupposta dalla seconda (istanza di riduzione della pe
nale); in tal senso v. Cass. n. 2299 del 1980 (Foro it., Rep. 1980, voce Contratto in genere, n. 223).
Con il controricorso il Soria ha proposto ricorso incidentale
avverso la sentenza impugnata, denunciando violazione degli art.
1382, 1218 c.c. e 99 c.p.c., in relazione all'art. 360, nn. 3 e 5,
c.p.c., per omessa motivazione su punti decisivi della controver
sia in quanto il giudice del merito ha ritenuto dovuta la penale senza l'accertamento della validità della clausola e della sussisten
za della mora colpevole del conduttore nel rilascio dell'apparta
mento; deduce in particolare il controricorrente che:
1) la dedotta nullità della clausola penale ex art. 79 1. 392/78
imponeva al giudice di valutare se potesse conservare validità la
clausola penale, prevista in un contratto della durata convenzio
nale di soli sei mesi, pur dopo che la nuova legge suddetta ha
imposto la durata di quattro anni del contratto;
2) i giudici del merito avrebbero dovuto escludere la sussisten
za di un inadempimento in quanto, nel sistema di graduazione
degli sfratti, la data di rilascio è fissata dal giudice in base a
norme dettate da finalità di pubblico interesse, il che esclude una
colpa del conduttore per il ritardo nel rilascio dell'appartamento
e, quindi, l'applicabilità della penale, operando questa solo in
caso di imputabilità del ritardo del conduttore.
La censura sul primo punto pone una questione sollevata per la prima volta in sede di legittimità e, vertendosi in materia di
error in procedendo, questa corte, in sede di legittimità, ha il
potere di esaminare e di valutare gli atti del processo con cogni zione piena.
Avanti ai giudici del merito non fu chiesta l'indagine circa la
validità o meno della clausola penale per il periodo successivo
alla scadenza del contratto in cui era inserita detta clausola, cioè
durante la proroga legale del contratto per effetto dell'intervenu
ta 1. 392/78, ma era stata eccepita dal Soria solo la nullità della
clausola ex art. 79 della medesima legge in quanto asseritamente
limitativa del diritto del conduttore di usufruire del termine per l'esecuzione dello sfratto, previsto dall'art. 56 della legge medesima.
La censura va, pertanto, dichiarata inammissibile in quanto non
è consentito porre per la prima volta in sede di legittimità que stioni non dedotte in precedenza dinanzi ai giudici del merito.
Sul secondo punto la censura è infondata.
In tema di locazioni di immobili urbani ad uso abitativo l'art.
Il Foro Italiano — 1990.
1591 c.c., non derogato da alcuna norma speciale (come, invece, è avvenuto per le locazioni di immobili ad uso non abitativo per effetto del d.l. n. 393 del 1987), trova applicazione sin dalla data di scadenza convenzionale o legale del contratto, per cui da tale data il conduttore va considerato in mora ove non restituisca l'im mobile locato, con conseguente obbligo di risarcire il danno, an che in dipendenza di clausola penale pattuita con il contratto. Né la mora è esclusa, con conseguente operatività della clausola
penale, ove la data del rilascio dell'immobile venga fissata dal
giudice in epoca successiva alla scadenza contrattuale o legale ai sensi dell'art. 56 1. 392/78 o venga prorogato lo sfratto in base alle leggi speciali di graduazione degli sfratti (v. in tal senso: Cass.
1902/81, id., Rep. 1981, voce Locazione, n. 163; 1268/83, id.,
Rep. 1983, voce cit., n. 564), che, senza eliminare la mora, ten
dono unicamente a consentire al conduttore il reperimento di ido
nea sistemazione.
Con l'accoglimento del ricorso del Corvino va cassata, in rela
zione al motivo accolto, l'impugnata sentenza del 12 aprile 1985
della Corte d'appello di Napoli; la causa va, quindi, rinviata, anche per le spese del presente giudizio di cassazione, avanti ad
altra sezione della Corte d'appello di Napoli.
Ili
Diritto. — Va premesso che nella specie la vertenza riguarda un immobile, a suo tempo locato, per uso abitativo e non resti
tuito alla data del 1° gennaio 1984, avendo il Pretore di Milano, con sentenza confermata dal tribunale e passata in giudicato, ac
certato che la locazione era cessata il 31 dicembre 1983.
Va, quindi, subito esclusa, nella specie, l'applicabilità della 1.
25 novembre 1987 n. 478 di conversione del d.l. 25 settembre
1987 n. 393 (richiamata dagli appellati in comparsa conclusiona
le) la quale esclude il risarcimento dei danni ex art. 1591 c.c.
per i soli contratti relativi ad immobili locati ad uso abitativo
e per determinati periodi. Ciò premesso, si osserva che in tema di danni per ritardata
restituzione della casa locata, il locatore deve provare solo l'esi
stenza della resposabilità di cui all'art. 1591, mentre incombe al
conduttore dimostrare che il ritardo è stato determinato da causa
a lui non imputabile. Infatti, la responsabilità del conduttore ha
natura contrattuale e sussiste anche se il ritardo sia dipeso da
vicende dilatorie derivanti da termini apposti in sentenza per la
esecuzione, graduazione, proroghe, sospensione ex lege dello sfratto
(vedi Cass. 3 aprile 1981, n. 1902, Foro it., Rep. 1981, voce Lo
cazione, n. 163; 13 aprile 1985, n. 2475, id., Rep. 1985, voce
cit., n. 513; 5 luglio 1980, n. 4298, id., Rep. 1980, voce cit., n. 170; 6 ottobre 1988, n. 5373, id., Rep. 1988, voce cit., 121; 7 aprile 1989, n. 1681, id., Rep. 1989, voce cit., n. 200).
Per quanto riguarda, poi, in particolare, il provvedimento del
giudice che, ex art. 56 1. 392/78, fissa la data della esecuzione,
esso, contrariamente a quanto ritenuto da certa giurisprudenza di merito, non può costituire un termine per l'adempimento (co sicché prima della sua scadenza verrebbe a mancare la messa in
mora del conduttore, e quindi la sua reponsabilità per danni). Infatti, esso ha semplice natura ordinatoria, è privo di carattere
decisorio, per essere modificato nella fase esecutiva, non è suscet
tibile di impugnazione e, quindi, non può incidere nella responsa bilità contrattuale del conduttore (Cass. 2 agosto 1986, n. 4969,
id., Rep. 1987, voce cit., n. 746). In conseguenza di quanto sopra, si deve ritenere che alla loca
trice, nella specie, spetti l'indennità per il ritardo nella restituzio
ne, indipendentemente dall'awenuta riscossione dei canoni, non
avendo i conduttori provato che il ritardo è dipeso da causa loro
non imputabile e sempre che la locatrice provi di aver subito un
danno per tale ritardo. A questo ultimo proposito, tuttavia, si
deve rilevare che il contratto, liberamente sottoscritto dalle parti il 19 ottobre 1977, contiene la clausola secondo la quale «per
ogni giorno di ritardo nella riconsegna dell'appartamento gli in
quilini dovranno pagare una penale di lire 10.000».
Tale clausola non è contraria alla norma imperativa di cui all'art.
791. 392/78, come sostengono gli appellati. L'art. 79 citato procla ma la nullità di ogni pattuizione contraria alle norme della legge in materia di durata della locazione, in materia di canoni, oppure di pattuizione in contrasto con le divisioni della 1. 392/78. Ma tale legge non contiene disposizioni relative alla restituzione ritardata del
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2575 PARTE PRIMA 2576
l'immobile e alle conseguenze eventuali della stessa che continua
no, quindi, ad essere regolate, per quanto concerne gli immobili
ad uso abitativo, dall'art. 1591 c.c. e, in linea generale, da tutte
le norme civilistiche, ivi comprese anche quelle riguardanti la clau
sola penale (art. 1382 ss. c.c.).
Come è noto, la penale è dovuta, indipendentemente dalla pro
va del danno; essendo il frutto di un patto diretto a limitare il
risarcimento alla prestazione promessa.
Tale clausola ha per oggetto un debito di valuta produttivo
di interessi. La somma dovuta deve anche essere rivalutata in
caso di maggior danno provato (Cass. 24 giugno 1987, n. 5583,
id., Rep. 1987, voce Contratto in genere, n. 329).
È ormai giurisprudenza consolidata che spetti, in caso di debi
to di valuta, la rivalutazione secondo l'indice Istat sul costo me
dio della vita delle famiglie di operai e impiegati, dovendosi pre
sumere, in difetto di specifiche prove di danno, il danno derivan
te, a ciascun patrimonio, dal notorio fenomeno della inflazione.
Gli appellanti dovranno dunque pagare alla locatrice la somma
di lire 7.600.00 (non vi è stata richiesta di riduzione della penale
dalla parte interessata) con rivalutazione cui sopra a partire dal
giorno dell'avvenuta restituzione dei locali (30 gennaio 1986), con
gli interessi legali dallo stesso giorno sulla somma capitale.
IV
Motivi della decisione. — Appello Bellucci. È infondato il pri
mo motivo di gravame. Correttamente il tribunale ha dichiarato
cessata la locazione ed ha condannato il conduttore al rilascio
sulla base delle domande proposte dagli attori. È chiaro infatti
che il contenuto delle richieste rassegnate dagli attori in sede di
precisazione delle conclusioni (in vigenza del d.l. 7 febbraio 1985
n. 12, convertito in 1. 5 aprile 1985 n. 118, che all'art. 9 bis —
in sostituzione dell'art. 69 1. n. 392 del 1978 — prevedeva, tra
l'altro, il diritto del conduttore al rinnovo del contratto alle sca
denze di cui all'art. 67 ed a quelle di cui all'art. 71), tenne conto
della normativa intervenuta nelle more del processo e si adeguò,
peraltro necessariamente, alla nuova realtà; ma nessuna rinunzia
intervenne alle precedenti domande, anzi fu espressamente richie
sto che il giudizio fosse sospeso in attesa della decisione della
Corte costituzionale, già investita della questione di legittimità
costituzionale dell'art. 9 bis citato (che sostanzialmente prevede
va sotto la dizione del «diritto al rinnovo» una ulteriore proroga
delle locazioni). E correttamente i primi giudici, intervenuta di
chiarazione di illegittimità costituzionale dell'art. 9 bis d.l. 12/85 da parte della Corte costituzionale con sentenza 23 aprile 1986,
n. 108 (Foro it., 1986, I, 1145), interpretarono la domanda attri
ce — come già evidenziato dagli attori in comparsa conclusionale — nel senso che erano venuti meno i motivi di sospensione del
processo, indicati in sede di conclusioni, e, pertanto, doveva esse
re decisa la domanda di rilascio dell'immobile di cui all'atto rias
suntivo innanzi al tribunale (mai rinunziata dagli attori).
Non vi è stata, pertanto, pronunzia ultra petita, da parte del
tribunale.
Ma è infondato anche il secondo motivo di gravame. Viene
successivamente esaminata, in relazione al primo motivo dell'ap
pello incidentale dei locatori, la questione se la locazione de qua
fosse o meno soggetta a proroga alla data di entrata in vigore
della 1. n. 392 (e quindi l'esatta individuazione della data di sca
denza della locazione). Va qui detto, peraltro, in relazione al gra
vame del Bellucci, che nessun vizio di ultra o extrapetizione è
ravvisabile nella pronunzia del tribunale, allorché questa ha indi
viduato — sulla base di un diverso regime applicabile (quello pe
raltro indicato dal convenuto conduttore) — la data di scadenza
della locazione in una data successiva a quella indicata dagli atto
ri, e comunque maturatasi nel corso del processo.
Il tribunale non ha invero posto a base della decisione, come
erroneamente sostenuto dall'appellante, «circostanze e fatti di
versi» da quelli posti dagli attori a fondamento della domanda,
ma, proprio in base alle deduzioni del conduttore, ha dato della
scrittura 4 maggio 1978 un'interpretazione giuridica — si dirà
appresso corretta o meno — della stessa, tale da ricondurre la
locazione tra i contratti soggetti a proroga alla data di entrata
in vigore della 1. n. 392 del 1978.
Se dunque non poteva sussistere alcun dubbio sulla volontà
Il Foro Italiano — 1990.
dei locatori di porre fine al contratto e di riottenere la disponibi
lità del bene locato, la (eventuale) erronea indicazione del regime
applicabile (peraltro, ampiamente dibattuto tra le parti), giammai
poteva far pervenire ad un rigetto della domanda, poiché, immu
tati restando i fatti prospettati dalle parti e posti a base della
decisione, spettava al tribunale individuare le corrette norme ap
plicabili in applicazione del ben noto principio che iure novit curia.
Possono essere congiuntamente esaminati, investendo sostan
zialmente la medesima questione (la fondatezza della domanda
di rilascio dell'immobile), il terzo motivo del gravame principale
del Bellucci ed il primo motivo del gravame incidentale dei loca
tori (correttamente definito tempestivo dai medesimi, stante la
proposizione di esso senza che la sentenza fosse stata notificata
e prima della scadenza del termine di decadenza dell'impugnazio
ne di cui all'art. 327 c.p.c.). In ordine al motivo di gravame — in esame — dell'appello
principale si osserva innanzitutto che esso è strido iure inammis
sibile, stante l'estrema genericità del motivo di gravame, in viola
zione dell'obbligo di indicazione di «motivi specifici» dell'impu gnazione (art. 342 c.p.c.), e non essendo idonea la censura, per
la sua genericità, a delimitare esattamente l'oggetto del riesame
invocato dall'appellante.
Comunque, il riesame della fondatezza della domanda deve es
sere compiuto, anche in relazione alla doglianza dei locatori della
ritenuta soggezione del contratto a proroga legale (alla data di
entrata in vigore della 1. n. 392) e della conseguente individuata
data di scadenza della locazione al 4 maggio 1986. E la doglianza
dei locatori è fondata. Il tribunale ha invero erroneamente affer
mato che il contratto di locazione de quo era soggetto a proroga
legale alla data di entrata in vigore della 1. n. 392, avendo ritenu
to di risalire ai probabili «motivi» di redazione della scrittura
di locazione 4 maggio 1978. Ma è evidente che, non essendo de
dotto alcun «motivo illecito comune ad entrambe le parti» (art.
1345 c.c.) — quale eventuale causa di nullità del contratto ex
art. 1418 c.c. —, erano del tutto irrtlevanti nella specie i motivi
della redazione della prodotta scrittura privata 4 maggio 1978,
con la quale le parti, Auricchio Ferdinando — ex parte locato
rum (evidentemente anche per conto della Cavalieri, della quale
non è contestata la qualità di locatrice unitamente alPAuricchio;
v. in particolare atto stragiudiziale di risposta notificato dal Bel
lucci ai locatori) — e Bellucci Luigi, conduttore, determinarono
convenzionalmente di rinnovare la locazione dal 4 maggio 1978
al 3 maggio 1979, e, pertanto, per una scadenza successiva a quella
prevista dall'ultima proroga (31 luglio 1978). Rebus sic stantibus,
è certo che, all'entrata in vigore della 1. n. 392 del 1978, la loca
zione non poteva essere considerata soggetta a proroga secondo
la previgente legislazione. Invero, l'art. 67 1. n. 392 non si appli
ca ai contratti, la cui scadenza convenzionale era, come nella spe
cie, successiva al termine dell'ultima proroga — 31 luglio 1978
— e per i quali, essendo destinati a durare per forza intrinseca
oltre quel termine, non è concettualmente configurabile una pro
roga legale della durata (sull'applicabilità nella specie dell'art. 71,
v., sostanzialmente nei medesimi termini della questione, Cass.
15 settembre 1986, n. 5607, id., Rep. 1987, voce Locazione, n.
208; ed anche per le locazioni abitative Cass. 24 marzo 1986,
n. 2059, id., Rep. 1986, voce cit., n. 188, si è pronunziata per
l'inapplicabilità dell'art. 58 1. n. 392 ai contratti la cui scadenza
convenzionale era successiva al termine dell'ultima proroga).
Ai sensi dell'art. 71 1. n. 392, la durata della locazione era
di sei anni dall'ultimo rinnovo (4 maggio 1978), ed andava, per
tanto, a scadere il 4 maggio 1984, ed in tali sensi va, pertanto,
modificata la gravata sentenza, dichiarandosi cessata al 4 maggio
1984 la locazione de qua. Sulla non necessità nella specie della disdetta, restando il rila
scio regolato dal principio generale dell'art. 1596, 1° comma, c.c.,
sulla fine della locazione a tempo determinato per spirare del ter
mine v. Cass. 2511/86 (id., Rep. 1986, voce cit., n. 211); 267/85
(id., Rep. 1985, voce cit., n. 250); 266/85 (id., 1985, I, 403); 7537/83 (id., Rep. 1983, voce cit., n. 259); 2975/83 (id., 1983, I, 1961). Comunque risulta che i locatori già con lettera racco
mandata del 5 ottobre 1982 manifestarono la loro volontà di non
voler procedere al rinnovo della locazione (v. racc. del 25 luglio
1983). È fondato altresì il secondo motivo del gravame incindentale.
Ritiene il tribunale che il potere attribuito al giudice dall'art. 56
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
di dilazionare la data della esecuzione, e la dilazione e la sospen sione degli sfratti legislativamente disposti, abbiano di fatto reso
giuridicamente irrilevante il mancato rilascio dell'immobile da parte
del conduttore alle scadenze convenzionali o a quelle autoritati
vamente stabilite in sede di proroga legale delle locazioni, non
essendo praticamente coercibili i rilasci a dette scadenze. Ma il
ragionamento del tribunale, che perviene sostanzialmente ad una
interpretatio abrogans (quanto meno parziale) dell'art. 1591 c.c.,
non può essere condiviso. È vero infatti che l'art. 56 1. n. 392
ed eventuali ulteriori provvedimenti legislativi, determinanti il dif
ferimento dell'esecuzione (art. 7 d.l. 30 dicembre 1988 n. 551),
possono di fatto rendere incoercibile — per un determinato pe riodo di tempo — l'esecuzione dello sfratto, e quindi consentire
la permanenza del conduttore nell'immobile; ciò non esclude pe
raltro che, essendo il conduttore in mora nella restituzione del
l'immobile, dopo la scadenza della locazione, egli sia tenuto non
solo al pagamento del corrispettivo convenuto fino alla riconse
gna, ma anche a risarcire il maggior danno di cui all'art. 1591
c.c. Il conduttore è tenuto insomma all'adempimento della ricon
segna dell'immobile alla scadenza della locazione e se, invece di
provvedere alla riconsegna, intende avvalersi del differimento del
l'esecuzione forzata (eventuale, e conseguente al mancato volon
tario rilascio dell'immobile alla scadenza), è tenuto a sopportare
le conseguenze del danno che con il suo comportamento, contra
rio alle scadenze della locazione, convenzionali o legali, ha posto
in essere. Di ciò è conferma proprio in quei provvedimenti legi
slativi, che o hanno indicato le obbligazioni a carico del condut
tore fino alla data fissata per l'esecuzione dello sfratto e durante
il periodo di proroga del medesimo (art. 36 1. 23 maggio 1950
n. 253, sostituito dall'art. 4 1. 26 novembre 1969 n. 833), o hanno
determinato autoritativamente il corrispettivo dovuto dopo l'e
missione del provvedimento di rilascio (art. 4 d.l. 30 gennaio 1979
n. 21, convertito nella 1. 31 marzo 1979 n. 93), o hanno addirittu
ra legislativamente determinato la somma dovuta ai sensi dell'art.
1591 c.c., per il periodo di sospensione dell'esecuzione di senten
ze di condanna al rilascio di immobili urbani adibiti ad una delle
attività indicate dall'art. 27 1. 392/78 o di altri provvedimenti
esecutivi (art. 7, 2° comma, d.l. 30 dicembre 1988 n. 551, con
vertito nella 1. 21 febbraio 1989 n. 61). Alla stegua delle esposte
considerazioni deve, pertanto, concludersi che dal complessivo esa
me della legislazione in materia di differimento delle esecuzioni
dei provvedimenti di rilascio degli immobili si evince che, pur
non essendo ravvisabile una precisa e costante mens legis, in te
ma di ulteriore danno ex art. 1591 c.c., non può affermarsi che
il permanere del conduttore nell'immobile fino all'esecuzione del
lo sfratto renda il medesimo immune da conseguenze ulteriori
(oltre il pagamento del corrispettivo pattuito). Di tal che, come
richiesto dall'appellante incidentale, va affermata la responsabili
tà del conduttore per danni ulteriori ex art. 1591 c.c., in sede
di condanna generica, salva poi la competenza dell'ulteriore giu
dizio di liquidazione di accertare se in concreto, ed in relazione
alla particolare fattispecie, tali danni ed in quale misura sussista
no (anche in relazione a quanto dedotto nel separato giudizio
dal danneggiato).
Qui va solo affermato che il mancato rilascio dell'immobile
alla scadenza di legge — in presenza di differimenti dell'esecuzio
ne forzata — non esclude la potenzialità del comportamento del
conduttore di cagionare maggior danno risarcibile ex art. 1591
c.c. Tale orientamento è del resto conforme ad una consolidata
giurisprudenza del giudice di legittimità in tema di condanna ge
nerica del conduttore al maggior danno di cui all'art. 1591 c.c.
(Cass. 27 agosto 1984, n. 4707, id., Rep. 1984, voce cit., n. 467;
13 giugno 1980, n. 3770, id., Rep. 1980, voce cit., n. 172; 13
ottobre 1978, n. 4608, id., Rep. 1978, voce cit., n. 65; 6 maggio
1978, n. 2193, ibid., n. 64). (Omissis)
Il Foro Italiano — 1990 — Parte I-49.
CORTE DI CASSAZIONE; sezione lavoro; sentenza 2 febbraio
1990, n. 707; Pres. Zappulli, Est. Genghini, P.M. Gazzara
(conci, conf.); Fabi ed altri (Aw. Agostini, Vitali) c. Cassa
di risparmio di Vigevano; Cassa di risparmio di Vigevano (Aw.
Moscarini) c. Fabi ed altri. Conferma Trib. Vigevano 17 otto
bre 1981.
Casse di risparmio — Contratto collettivo di lavoro — Necessità
di nulla osta della Banca d'Italia — Esclusione (R.d.l. 12 ago sto 1937 n. 1757, revoca del divieto di inquadramento sindaca
le delle casse di risparmio e degli enti equiparati, art. 2). Lavoro (rapporto) — Premio di rendimento — Natura giuridica
— Elemento retributivo integrativo non obbligatorio.
Per effetto di Corte cost. 24 marzo 1988, n. 330, che ha dichiara
to l'illegittimità dell'art. 2 r.d.l. 12 agosto 1937 n. 1757, deve
escludersi la necessità di subordinare l'efficacia dei contratti
collettivi stipulati dalle casse di risparmio al preventivo nulla
osta della Banca d'Italia. (1)
(1) I. - La Cassazione ha deciso la fattispecie sottoposta al suo esame alla stregua della sentenza con la quale la Corte costituzionale (riportata in Foro it., 1988, I, 1785, con nota di Mazzotta, ed altresì in Dir. lav., 1988, II, 203, con nota di Mazzella), si è pronunciata sulla questione di legittimità costituzionale dell'art. 2 r.d.l. 1757/37, in riferimento agli art. 3, 36, 39 Cost., sollevata dalla stessa Corte di cassazione con l'ordi
nanza dell'11 aprile 1986, n. 432 (Foro it., 1986, I, 2178, ed altresì' in
Risparmio, 1986, 775, con nota di Genghini; Giust. civ., 1987, I, 410, con nota di Vallebona, Il nulla osta della Banca d'Italia per i contratti collettivi delle casse di risparmio: problemi di costituzionalità; Banca, borsa,
ecc., 1987, II, 568, con nota di Tosi, I controlli sulla contrattazione col
lettiva degli enti pubblici economici-, Riv. giur. lav., 1987, II, 201, con nota di Santucci, Problemi di costituzionalità in materia di contrattazio ne collettiva delle casse di risparmio), e dalla Pretura di Venezia con
l'ordinanza del 29 aprile 1985 (Foro it., Rep. 1986, voce Casse di rispar mio, n. 14).
La Corte costituzionale, con la decisione citata, ha rilevato la non con
formità dell'art. 2 r.d.l. 1757/37 con i principi dell'ordinamento costitu
zionale vigente, in quanto «si pone in stridente contrasto con la garanzia dell'autonomia contrattuale collettiva e della più generale libertà sindaca
le, garantita dall'art. 39 Cost.». Si è segnato in tal modo il momento
conclusivo della dibattuta questione circa la sopravvivenza e la legittimità dell'art. 2 r.d.l. 1757/37, specie dopo la soppressione dell'ordinamento
corporativo. Può risultare utile indicare sinteticamente i punti salienti di questa pro
blematica. Con il r.d.l. 1757/37, convertito nella 1. 16 giugno 1938 n. 1207, venne
revocato il divieto di inquadramento sindacale per le casse di risparmio e gli enti equiparati, stabilendosi altresì, a parziale contemperamento del
la riconosciuta libertà di azione sindacale, la previsione di un controllo
preventivo da parte dell'autorità amministrativa a cui subordinare l'ese
cuzione della regolamentazione contrattuale dei rapporti di lavoro. Se
nell'immediato periodo post-corporativo le parti sociali si mostrarono con
cordi nel riconoscere piena validità alla norma limitativa della loro capa cità contrattuale, a partire dal 1968 la situazione mutò radicalmente. Al
l'atteggiamento dell'Acri, ferma nel pretendere l'inserimento nel testo con
trattuale della clausola che condizionava l'efficacia del contratto collettivo
al previo nulla osta della Banca d'Italia, si è contrapposto il dissenso
delle organizzazioni sindacali in ordine all'operatività dell'art. 2 r.d.l.
1757/37, manifestato in calce al contratto stesso. La questione è giunta cosi al vaglio della magistratura che ha dato, peraltro, risposte non
univoche. La giurisprudenza di legittimità si è orientata nel senso di ritenere la
persistente vigenza del nulla osta, limitandone tuttavia l'ambito di appli cazione ai soli contratti collettivi di lavoro, con esclusione di quelli indivi
duali: v. Cass. 28 ottobre 1983, n. 6414, id., Rep. 1984, voce Lavoro
(rapporto), n. 1091; 22 aprile 1975, n. 1571, id., 1975, I, 1962.
Il Consiglio di Stato, chiamato a pronunciarsi al riguardo, ha negato che l'art. 2 r.d.l. 1757/37 possa considerarsi tacitamente abrogato in se
guito alla soppressione dell'ordinamento corporativo e ne ha affermato
la coerenza con l'ordinamento legislativo vigente, in quanto inteso ad
assicurare una forma di controllo sull'esercizio della funzione creditizia
a tutela dei risparmiatori: v. Cons. Stato, sez. III, 9 febbraio 1982, n.
1264/81, id., Rep. 1984, voce cit., nn. 377, 378; 12 giugno 1968, n. 751,
id.. Rep. 1969, voce Cassa di risparmio, n. 6.
L'implicita abrogazione dell'art. 2 r.d.l. 1757/37 è stata, invece, soste
nuta dalla giurisprudenza di merito che ne ha sottolineato l'intima con
nessione con i principi dell'ordinamento corporativo e l'assenza di ogni
ratio, giustificativa nell'attuale sistema di libertà sindacale: v. Pret. Vene
zia 25 gennaio 1980, id., Rep. 1981, voce Lavoro (contratto), n. 19 e
Dir. lav., 1981, II, 7, con nota adesiva di De Cristofaro, Contrattazione
collettiva e nulla osta della Banca d'Italia: il problema delle casse di ri
sparmio e degli enti equiparati; Trib. Rimini 20 dicembre 1974, Foro
it., 1975, I, 1962.
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