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Sezione lavoro; ordinanza 5 dicembre 1979, n. 516; Pres. Persico, Rel. O. Fanelli, P. M. Minetti(concl. diff.); Cattarinich (Avv. Paleologo) c. I.n.p.s. (Avv. Belloni, Casalena, Boer)Source: Il Foro Italiano, Vol. 103, PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE(1980), pp. 325/326-327/328Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23171876 .
Accessed: 25/06/2014 07:48
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
diritto, ma colpisce anche chi sia riuscito a realizzarlo. Il che
non è ammissibile per un duplice ordine di ragioni. Non lo è anzitutto perché il fatto che la disposizione costitu
zionale si diriga, insieme a tutte le altre contenute nello stesso
articolo, ai poteri pubblici, sollecitandoli a « rendere effettivo »
il diritto agli studi, onde gli altri soggetti dell'ordinamento, com
presi gli enti pubblici, non sono tenuti a fare alcunché, non
toglie che essa, considerata in relazione alle situazioni che in tende proteggere, costituisca specificazione: a) di un orientamento fondamentale dello Stato, teso a favorire lo sviluppo culturale della società e del quale si è avuta una concreta espressione nel settore del lavoro con le disposizioni contenute nell'art. 10 legge 20 maggio 1970 n. 300; b) di uno dei fondamentali diritti di
libertà della persona umana. Di conseguenza la disposizione rea
lizza due dei limiti segnati dall'art. 41, 2° comma, Cost, alla li
bertà di iniziativa economica: quello dell'utilità sociale e quello della libertà individuale.
Può essere che la clausola sia preordinata, nell'intento delle
parti stipulanti, anche alla tutela di coloro che non siano riusciti
ad andare avanti nella scuola. Ma, a parte l'ammissibilità del con
fronto, che cosi si viene a proporre, fra un'esigenza avvertita e
proclamata dal legislatore costituzionale (qual'è quella della pro
gressione negli studi) ed un'esigenza rilevata da un singolo sog getto, per di più sfornito di poteri specifici nel settore di cui vor
rebbe ingerirsi (non può certo dirsi che l'E.n.el. abbia fra i suoi
compiti istituzionali quello di alleviare la disoccupazione), la
giustificazione si rivela inattendibile già pel fatto che l'esclusione
di una categoria di disoccupati dai concorsi per certe mansioni
è assoluta, sicché vulnera il diritto di quei cittadini di lavorare
secondo le proprie possibilità e le proprie scelte (art. 4 Cost.; altra cosa sono i concorsi che di tanto in tanto possono bandirsi
per categorie speciali, in ottemperanza ad apposite disposizioni
legislative). Quanto al rapporto con la legge ordinaria, il possesso di un ti
tolo di studio superiore a quello richiesto per l'ammissione al
concorso costituisce un fatto non rilevante ai fini dell'attitudine
professionale del lavoratore e quindi, a norma dell'art. 8 legge 20 maggio 1970 n. 300, il datore di lavoro non è legittimato a
verificarne l'esistenza e a trarne conseguenze negative per il la
voratore stesso.
Invero, se di fronte al contenuto obiettivo dell'art. 8 bisogna constatare che la norma, andando ben oltre la sua stessa rubrica
ed il fine precipuo considerato dal Parlamento (v., per es., la
relazione della XIII commissione permanente della Camera dei
deputati), impedisce di indagare non soltanto sulle opinioni del
lavoratore, ma su tutto ciò che sia estraneo alla di lui capacità
professionale, non v'è ragione per sottrarre all'ambito della sua
efficacia la fattispecie in esame ed omettere la verifica sull'atti
nenza a quella capacità del titolo di studio superiore. Ora sul
punto il tribunale ha osservato che tale rapporto non sussiste, in
base al duplice rilievo che « un qualcosa in più » non può dimo
strare minori attitudini, e che anzi lo stesso lE.n.el. lascia inten
dere di avere interesse •— come ogni altro datore di lavoro —
al progresso culturale dei propri dipendenti, perché predispone incentivi allo studio.
Tutt'altra cosa sono poi gli inconvenienti che l'ente denuncia
come conseguenza di clausole della contrattazione collettiva che
collegano ai titoli di studio alcuni benefici economici e di car
riera. A parte l'evidente contraddizione in cui si pongono quelle clausole con le altre del tipo che si sta esaminando, è intuitivo
che, se agli inconvenienti si deve porre rimedio, questo non può certo essere reperito in comportamenti contrari alla legge, ma
piuttosto in adeguate riforme della disciplina collettiva.
Il motivo, quindi, deve essere respinto. (Omissis). Per questi motivi, ecc.
« CORTE DI CASSAZIONE; Sezione lavoro; ordinanza 5 dicem
bre 1979, n. 516; Pres. Persico, Rei. O. Fanelli, P. M. Mi
netti (conci, diff.); Cattarinich (Avv. Paleologo) c. I.n.p.s.
(Avv. Belloni, Casalena, Boer).
Previdenza sociale — Pensione di riversibilità — Coniuge se
parato per colpa — Esclusione — Questione non manifesta
mente infondata di costituzionalità (Cost., art. 3; legge 30
aprile 1969 n. 153, revisione degli ordinamenti pensionistici e
norme in materia di sicurezza sociale, art. 24).
Non è manifestamente infondata (e se ne rimette quindi l'esame
alla Corte costituzionale) la questione di costituzionalità del
l'art. ti, 1° comma, n. 1, d. 1.1. 18 gennaio 1945 n. 39, nel te
sto sostituito dall'art. 7 legge 12 agosto 1962 n. 1338 e ripro
dotto dall'art. 24 legge 30 aprile 1969 n. 153, nella parte in
cui esclude dal diritto alla pensione di riversibilità il coniuge
separato per colpa propria, in riferimento all'art. 3 Cost. (1)
La Corte, ecc. — Ritenuto in fatto: che la domanda di
pensione di invalidità avanzata da Anna Maria Cattarinich, ve
dova di Antonio Chifari, dipendente dell'E.n.el. deceduto il 21
marzo 1970, dal quale viveva separata per la di lei colpa come
come da sentenza del Tribunale di Palermo del 5 novembre
1960, passata in giudicato, è stata respinta prima dall'I.n.p.s. in
sede amministrativa, indi dal Tribunale di Palermo, davanti al
quale la Cattarinich aveva convenuto l'istituto, e dalla Corte
d'appello di Palermo, che ha rigettato il gravame dalla stessa
proposto; che avverso tale decisione la Cattarinich ho proposto ricorso
a questa corte, sostenendo che con riguardo al fondo speciale di previdenza per i lavoratori dipendenti dalTE.ti.el. e dalle
aziende elettriche private (a carico del quale dovrebbe gravare la pensione da essa richiesta), come ridisciplinato dalla legge 25 novembre 1971 n. 1079, non dovrebbe sussistere il divieto,
posto in via generale nell'assicurazione obbligatoria per l'inva
lidità, la vecchiaia e ì superstiti dall'art. 24 legge 30 aprile 1969
n. 153, per la concessione della pensione di riversibilità al coniu
ge separato per propria colpa; e riproponendo, per il caso di
rigetto di tale censura, la questione di legittimità costituzionale
del cit. art. 24 per contrasto con gli art. 3 e 38 Cost.; Considerato in diritto: che, contrariamente all'assunto, della
ricorrente, la esclusione della pensione di riversibilità per il
coniuge separato per sua colpa con sentenza passata in giudi cato, stabilita dall'art. 1, 1° comma, n. 1, d. 1.1. 18 gennaio 1945
n. 39, nel testo sostituito dall'art. 7 legge 12 agosto 1962 n. 1338
e indi riprodotto, in parte qua, dall'art. 24 legge 30 aprile 1969
n. 153, deve ritenersi applicabile anche quanto alle pensioni ero
gate dal fondo speciale di previdenza per i dipendenti dell'E.n.el.
e delle aziende elettriche private, istituito presso l'I.n.p.s. dalla
legge 31 marzo 1956 n. 93, il cui art. 19 recava disposizione identica a quella, ora menzionata, posta dalla disciplina comune,
perché la legge 25 novembre 1971 n. 1079, di modifica del fon
do, con l'art. 9 ha richiamato tale disciplina comune, disponen do che « in caso di morte di un pensionato o di un iscritto al
fondo ... si applicano ai superstiti... le norme dell'assicurazio
ne generale obbligatoria, sia per quanto riguarda il diritto alla
pensione e alla sua erogazione, sia per quanto concerne il nu
cleo familiare...», ed ha conseguentemente, con l'art. 18, lett.
a, abrogato, fra gli altri, l'art. 19 legge del 1956, onde tale abro
gazione non può significare, come vorrebbe la ricorrente, eli
minazione del divieto, sibbene soltanto suo adeguamento anche
formale, oltreché, come in precedenza, sostanziale, alla discipli
na generale; che pertanto assume rilevanza la questione di legittimità co
stituzionale che la ricorrente ha sollevato appunto quanto alla
norma dettata in sede di disciplina generale dell'assicurazione ob
bligatoria; che essa è peraltro manifestamente infondata in relazione al
l'art. 38 Cost.; quanto al primo comma di detta norma, che at
tribuisce ad ogni cittadino inabile al lavoro e sprovvisto di mez
zi il diritto al mantenimento e all'assistenza sociale, perché del
tutto estraneo al caso, attinente alla previdenza, e non all'assi
stenza, tant'è che non si fa affatto questione di inabilità al la
voro e indigenza della ricorrente la quale, ove si trovasse in pos
sesso dei requisiti atti a farla fruire dell'assistenza pubblica, agli
organi erogativi di questa potrebbe rivolgersi indipendentemente dalla insussistenza del diritto alla pensione di riversibilità da es
sa preteso; e quanto al secondo comma (cui peraltro la ricor
rente non fa esplicito richiamo), perché il diritto dei lavoratori — da esso garantito — a che siano preveduti e assicurati mezzi
adeguati alle loro esigenze di vita in caso di infortunio, malat
tia, invalidità e vecchiaia, disoccupazione involontaria, non ri
guarda la estensione della garanzia ad altri soggetti, né la norma
costituzionale detta le condizioni di tale estensione (Cass. 15
gennaio 1974, n. 122, Foro it., 1974, I, 639) onde, se pure in ipo
tesi mancasse del tutto la previsione di un trattamento previden
ziale a favore dei superstiti, non per questo sarebbe violato il
precetto costituzionale; e a maggior ragione non lo è per le li
ti) Questione già sollevata, anche con riferimento all'art. 38 Cost., da Pret. Genova, ord. 22 settembre 1978, Foro it., 1979, I, 1100,
con nota di richiami. Sulla pensione di riversibilità v., da ultimo, Corte cost. 6 dicembre
1979, n. 140 e 6 dicembre 1979, n. 139, id., 1980, I, 9, con nota di
richiami; Cass. 22 maggio 1979, n. 2975, id., 1980, I, 185, con nota
di richiami.
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PARTE PRIMA
mitazioni, oggettive o soggettive, che la legge regolatrice di detto
trattamento ritenga di dover apporre allo stesso; che viceversa non manifestamente infondata è la questione
di costituzionalità delle norme anzidette, sollevata in relazione
all'art. 3 Cost, per disparità di trattamento del coniuge separato
per colpa e perciò privato del diritto a pensione di riversibilità,
rispetto al divorziato, che, se titolare di assegno di divorzio, può, in caso di morte dell'ex coniuge, ottenere, indipendentemente da
ogni eventuale sua colpa nella cessazione del consorzio familiare,
vedersi attribuita, ex art. 5 legge 1° dicembre 1970 n. 898, come
modificata dall'art. 2 legge 1° agosto 1978 n. 436, una quota della
pensione di riversibilità;
che con riguardo alla rilevanza di tale questione, va prelimi narmente osservato come, sebbene l'art. 5 d. 1.1. n. 39 del 1945,
col prevedere che la pensione ai superstiti decorre dal primo gior no del mese successivo a quello in cui è avvenuto il decesso
dell'assicurato o del pensionato, possa lasciare pensare che a tale
data debba farsi riferimento per la sussistenza dei requisiti del
diritto a pensione (con la conseguenza che non possa tenersi
conto di successive leggi, dalle quali quel diritto, prima insussi
stente, possa farsi derivare), deve invece opinarsi (Cass. 8 aprile
1972, n. 1083, id., 1972, I, 2852; nonché 22 aprile 1976, n. 1438,
id., Rep. 1976, voce Previdenza sociale, n. 412) che la morte
dell'assicurato non si pone né come momento cronologico al
quale riferire la nascita del diritto alla pensione di riversibilità
(e del relativo rapporto); né come fatto giuridico efficiente (cau
sa) della produzione del medesimo (effetto); bensì come circo
stanza che predispone alla possibile maturazione del diritto, ove
si verifichino le condizioni costitutive della fattispecie normati
va, soltanto alla completezza della quale è legata la produzione di effetti;
che restando l'evento morte esterno (ma non estraneo, in
quanto ne rende possibile l'attuazione) alla genesi del rapporto di riversibilità, il caso in cui questo insorga in un momento
successivo e cioè quando, sussistendo il presupposto della mor
te dell'assicurato, vengano successivamente a maturare le com
ponenti della nuova fattispecie normativa, non costituisce de
roga al principio della normale irretroattività della legge, dato
che la nuova legge, la quale trovi una fattispecie concreta in
via di formazione (per essersi verificato uno degli elementi che
ne rendono possibile l'insorgere, ma mancandone altri, che
appunto essa nuova legge reca), disponendo in ordine al com
pimento' o al completamento di essa fattispecie ne attua la di
sciplina per l'avvenire, non estendendo i propri effetti giuridici ad un fatto passato;
che, pertanto, con riguardo al caso in esame, ove il diritto, non spettante in base alla disciplina normativa vigente all'epoca della morte dell'interessato, possa viceversa ritenersi competere a seguito di eventuale declaratoria di incostituzionalità della nor
mativa previdenziale per violazione del principio di eguaglianza venuta a verificarsi a seguito della sopravvenuta disciplina dei
casi di scioglimento del matrimonio, la relativa questione di co
stituzionalità non manca di rilevanza nel presente giudizio; che la questione di costituzionalità dell'art. 1, 1° comma, n. 1,
d. 1.1. n. 39 del 1945 (e successive modifiche) nella parte in cui
esclude la possibilità per il coniuge separato per colpa di otte nere, ricorrendone i requisiti, una quota di pensione almeno pari a quella attribuibile all'ex coniuge divorziato non è manifesta mente infondata, in quanto appare contrario al principio di egua glianza e di ragionevolezza, di cui all'art. 3 Cost., il negare al
separato per colpa un diritto che invece può competere all'ex co
niuge dell'assicurato divorziato e indi defunto, dunque in una situazione di crisi del matrimonio, quale quella del suo sciogli mento, ben più grave rispetto a quella della separazione, in cui il rapporto continua ad essere in vita, sol rimanendone quiescenti alcuni degli obblighi ed effetti;
che il carattere almeno in parte alimentare della pensione consente di ravvisare un ulteriore, ingiustificato contrasto con la linea di tendenza dell'ordinamento in materia di diritto agli ali
menti, che è nel senso di assicurarlo, oltreché in vita del debi tore indipendentemente dalla colpa o addebitabilità della separa zione al coniuge (art. 156 cod. civ., vecchio e nuovo testo), an che oltre la morte del debitore, come disposto dagli art. 548 e 585 cod. civ. (nel nuovo testo di cui alla legge di riforma del diritto di famiglia, n. 151 del 1975), che attribuiscono al coniuge cui sia stata addebitata la separazione (equiparabile al coniuge separato per sua colpa nello ordinamento previgente; Cass. 6 febbraio 1976, n. 414, id., 1976, I, 272; 29 aprile 1978, n. 2044, id., Rep. 1978, voce Separazione di coniugi, n. 38; 10 luglio 1978, n. 3438, ibid., n. 14) e che godeva degli alimenti a carico del co
niuge deceduto, il diritto ad un assegno vitalizio, sia quale legit timario che quale successore legittimo;
che sul piano della ragionevolezza della vigente disciplina vi è inoltre da considerare che tra coniugi separati per colpa solo
chi chiede ed ottiene il divorzio acquisisce la possibilità di con
seguire, alla morte dell'ex coniuge, la quota di pensione, con ul
teriore disparità di trattamento, che per di più si risolve in una
incentivazione a chiedere il divorzio, e cioè ad aggravare irre
versibilmente quella crisi matrimoniale che invece la legge mira
a comporre e a sanare (v. art. 157 cod. civ.); che una ulteriore, ingiustificata disparità di trattamento si può
ravvisare nel raffronto col diritto riconosciuto alla vedova di di
pendente statale separata per colpa, alla quale spetta, ove versi
in stato di bisogno, un assegno alimentare (art. 11 legge 15 feb
braio 1958 n. 46);
che, del resto, la linea di sviluppo dell'ordinamento è nel senso
di togliere giuridica rilevanza alla colpa nella separazione coniu
gale (art. 150 segg. cod. civ., come modificati dalla legge 19 mag
gio 1975 n. 151, di riforma del diritto di famiglia), e che sebbe
ne l'addebitabilità, ora prevista a certi effetti dall'art. 151, 2°
comma, cod. civ. nella sua nuova formulazione, venga equipa rata alla colpa (v. le cit. sentenze di questa corte), pur tuttavia
appare dubbio che, successivamente alla data di entrata in vi
gore di detta legge, al coniuge separato con addebito possa essere
negata la pensione di riversibilità in applicazione della norma già dettata con riferimento alla ipotesi di separazione per colpa;
come, d'altra parte, è dubbio che al coniuge precedentemente
separato per colpa possa, a seguito dell'abolizione dell'istituto
e a far tempo dalla data di entrata in vigore della relativa legge, essere riconosciuta la pensione di riversibilità non sembrando
agevolmente sostenibile una implicita abrogazione dell'art. 24 del
la legge n. 153 del 1969 (lex specialis) per incompatibilità con la
sopravvenuta legge n. 151 del 1975, ovvero il venir meno, sul
piano della fattispecie concreta, della rilevanza della colpa. Per questi motivi, visto l'art. 23 legge cost. 11 marzo 1953 n.
1, dichiara non manifestamente infondata la questione di legit timità costituzionale dell'art. 1, 1° comma, n. 1, d.l. 1. 18 gen naio 1945 n. 39, nel testo sostituito dall'art. 7 legge 12 agosto 1962 n. 1338, e riprodotto dall'art. 24 legge 30 aprile 1969 n.
153 in relazione all'art. 3 Cost. (Omissis)
I
CORTE DI CASSAZIONE; Sezioni unite civili; sentenza 26 no
vembre 1979, n. 6167; Pres. G. Rossi, Est. Scribano, P.M.
Pedace (conci, conf.); Impr. Giachino (Avv. Paoletti, Con
cina, Monti) c. De Michelis e Silonio (Avv. F. G. Scoca, iP.
Gallo, Germano) e Consorzio di bonifica della Baraggia Ver
cellese; Consorzio di bonifica della Baraggia Vercellese (Avv.
Menghini, Masuello) c. De Michelis, Silonio e Giachino. Re
golamento di giurisdizione.
Giurisdizione civile — Regolamento — Proposizione nel corso
di un procedimento possessorio dopo i provvedimenti somma
ri — Ammissibilità (Cod. proc. civ., art. 41, 703). Possesso e azioni possessorie — Spoglio commesso da appalta
tore di opere pubbliche — Reintegra — Limiti (Cod. civ., art.
1170; cod. proc. civ., art. 703; legge 20 marzo 1865 n. 2248, ali. E, sul contenzioso amministrativo, art. 4; r.d. 11 dicembre
1933 n. 1775, t.u. delle disposizioni sulle acque e sugli im
pianti elettrici, art. 141).
L'emanazione dei provvedimenti sommari nel corso di un proce dimento possessorio non preclude la proposizione del regola mento di giurisdizione. ( 1 )
Il giudice ordinario può disporre la reintegrazione nel possesso a seguito dello spoglio subito dal privato in conseguenza di
attività, esorbitanti il decreto prefettizio di occupazione, poste
(1) In senso conforme, richiamate in motivazione, Cass. 8 mag gio 1976, n. 1615, Foro it., Rep. 1976, voce Giurisdizione civile, n. 160, e 25 ottobre 1976, n. 3842, ibid., n. 161; nonché Cass. 5 luglio 1979, n. 3820, id., 1979, I, 1660 (relativa all'ammissibilità del rego lamento di giurisdizione proposto dopo l'emanazione di un decreto ex art. 28 legge n. 300/1970), e Cass. 12 gennaio 1978, n. 118 (re lativa ad un regolamento di giurisdizione proposto nel corso della fase sommaria di un procedimento possessorio), id., 1978, I, 1250, con ampia nota di richiami, cui adde Andrioli, Diritto processuale civile, 1979, I, 130 ss.
Sul potere del giudice della causa di merito, nel cui corso sia stato proposto regolamento di giurisdizione, di emanare provvedimenti cau telari ed urgenti in genere, v., da ultimo, Trib. Firenze 27 no vembre 1979, in questo fascicolo, I, 479, con ampia nota di ri chiami.
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