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sezione lavoro; ordinanza 21 giugno 1989, n. 398; Pres. e rel. Buccarelli, P.M. Martinelli (concl.diff.); Pirrò (Avv. A. Neri, Franchi) c. Soc. Generale Supermercati (Avv. G. Pezzano, Cella)Source: Il Foro Italiano, Vol. 112, PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE(1989), pp. 2141/2142-2145/2146Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23184084 .
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
il mezzo si nutre, è stato, infatti, motivatamente disatteso dalla
successiva sentenza 4700/88 (id., 1989,1, 1427) delle sezioni unite
di questa corte, secondo la quale «la convivenza tra i coniugi, intervenuta successivamente alla celebrazione del matrimonio, è
ostativa all'impugnazione del matrimonio civile, ai sensi dell'art.
123, 2° comma, c.c., seppure si pone come una norma imperati va interna, non costituisce espressione di principi o di regole fon
damentali con le quali la Costituzione e le leggi dello Stato
delineano l'istituto del matrimonio», poiché né la prima né le
seconde forniscono indicazioni univoche sulla iscrivibilità tra sif fatti principi o regole di un'asserita prevalenza del matrimonio — rapporto sul matrimonio — atto, si da rendere irrilevante an
che nelle relazioni interordinamentali l'insolidità di quest'ultimo. Di conseguenza, la sentenza ecclesiastica che (come nel caso
di specie) abbia dichiarato la nullità del matrimonio religioso per esclusione unilaterale di uno dei bona matrimonii, non rimasta
nella sfera psichica del suo autore, ma manifestata all'altro co
niuge, non può dirsi contraria, malgrado l'intervenuta conviven
za fra gli stessi, all'ordine pubblico italiano e può essere, quindi, dichiarata esecutiva nella repubblica italiana.
Il ricorso deve essere, pertanto, rigettato.
CORTE DI CASSAZIONE; sezione lavoro; ordinanza 21 giugno
1989, n. 398; Pres. e rei. Buccarelli, P.M. Martinelli (conci,
diff.); Pirrò (Aw. A. Neri, Franchi) c. Soc. Generale Super mercati (Aw. G. Pezzano, Cella).
Lavoro (collocamento e mobilità della mano d'opera) — Assun
zioni obbligatorie — Invalidi civili affetti da minorazioni di
natura psichica — Esclusione — Questione non manifestata
mente infondata di costituzionalità (Cost., art. 1, 3, 4, 35, 38;
1. 2 aprile 1968 n. 482, disciplina generale delle assunzioni ob
bligatorie presso le pubbliche amministrazioni e le aziende pri
vate, art. 5).
Non è manifestamente infondata, in riferimento agli art. 1, 3,
4, 35 e 38 Cost., la questione di legittimità costituzionale del
l'art. 5 l. 2 aprile 1968 n. 482, nella parte in cui esclude, dal
l'ambito di applicazione delle assunzioni obbligatorie, gli invalidi
civili affetti da minorazione di natura psichica, a seguito della
sentenza della Corte costituzionale (n. 1088/88), che prospetta una propria pronuncia di accoglimento ove dovesse essere nuo
vamente investita di detta questione. (1)
Fatto. — Con ricorso al Pretore (del lavoro) di Milano, in data
29 ottobre 1985, Pirrò Vittorio, invalido civile (affetto da oligo
frenia) avviato obbligatoriamente al lavoro (ex 1. 482/68) presso
(1) L'ordinanza consituisce sviluppo coerente della sentenza n. 1088/88
della Corte costituzionale (Foro it., 1989, I, 980, con nota di richiami
ed osservazioni di M. De Luca). La questione di legittimità costituzionale (dell'art. 5 1. 482/68), pro
spettata dall'ordinanza, non poteva, infatti, non essere sollevata una vol
ta che la stessa Corte costituzionale (nella sentenza testé citata) ne aveva
anticipato l'accoglimento, ove fosse stata nuovamente proposta, pur di
chiarandone — «allo stato» — la «non fondatezza».
Tale «monito ultimativo» della corte — permanendo l'inerzia del legis latore — rendeva, infatti, la questione «manifestamente fondata».
Scontata risulta, quindi, la pronuncia di accoglimento della corte, ove
l'inerzia del legislatore dovesse proseguire ulterioremente.
Il meccanismo del «monito ultimativo» — che arricchisce la gamma
tipologica di pronunce della corte (sul punto, vedi riferimenti nella nota
di richiami a Corte cost. 1088/88, cit.) — risulta, quindi, particolarmente efficace per accelerare la «conformazione» dell'ordinamento alla Costi
tuzione. Resta da domandarsi, tuttavia, se la presumibile pronuncia (interpreta
tiva di accoglimento) della corte possa, nel caso che ci occupa, costituire
valida alternativa rispetto alla «articolata» disciplina legislativa, che la
stessa corte ha, ripetutamente quanto vanamente, auspicato (sulla rifor
ma del collocamento obbligatorio, risultano attualmente presentati al se
nato i seguenti disegni di legge: n. 293 d'iniziativa dei senatori Saporito ed altri; n. 347 d'iniziativa dei senatori Antoniazzi ed altri; n. 864 d'ini
ziativa dei senatori Mannino ed altri; n. 1251 d'iniziativa del senatore
Pollice).
Il Foro Italiano — 1989.
la soc. Generale Supermercati s.p.a., ma da questa rifiutato, chie
deva, convenendo in giudizio la società anzidetta, che venisse co
stituito il rapporto di lavoro ex art. 2932 c.c. e che venisse
comunque accertato l'obbligo della società medesima all'assun
zione; con condanna (in ogni caso) di questa al risarcimento dei
danni subiti.
Nel costituito contraddittorio, l'adito pretore rigettava la do
manda — per avere ritenuto illegittimo l'avviamento — per la
riscontrata illegittimità dello «scorrimento» in base al quale l'av
viamento era stato in concreto disposto. La sentenza, pronunciata in data 22-24 gennaio 1986, appellata
dal lavoratore, veniva poi confermata (ma con diversa motivazio
ne) dal Tribunale di Milano che, nel ricostituito contraddittorio,
rigettava la domanda con decisione 9 maggio - 10 ottobre 1987.
Osservava in motivazione il tribunale che la domanda non po
teva trovare accoglimento non tanto per i motivi enunciati dal
primo giudice (in tema di illegittimità dell'atto di avviamento per
illegittimità dello «scorrimento» dei soggetti appartenenti ad una
categoria rispetto a quelli appartenenti a categoria diversa) quan to (in via pregiudiziale ed assorbente) per la non applicabilità
dei benefici del collocamento obbligatorio — nel caso concreto — in cui era risultato, dagli accertamenti tecnici espletati, che
il lavoratore invalido era portatore di una minorazione di natura
psichica. E ciò in linea con i principi di diritto enunciati in mate
ria della Corte costituzionale e dalla giurisprudenza di questa stessa
corte, secondo i quali gli «invalidi» affetti da infermità «psichi
ca» erano esclusi dalla tutela apprestata dalla legge (482/68) a
favore soltanto degli invalidi affetti da minorazione «fisica».
Contro tale decisione propone ricorso per cassazione Pirro Vit
torio e deduce un unico complesso motivo di annullamento, va
riamente articolato. Resiste con controricorso la soc. Generale
Supermercati, regolarmente costituita.
Diritto. — Con l'unico motivo del ricorso, denunziata viola
zione dell'art. 5 1. 482/68 e proponendo, in subordine (in caso
di adesione al giudizio conclusivo del tribunale), questione di le
gittimità costituzionale di tale norma per violazione del precetto
di eguaglianza di cui all'art. 3 Cost., si duole il ricorrente della
sentenza impugnata per avere il tribunale ritenuto di escludere
nell'ambito della tutela apprestata dalla legge sulle assunzioni ob
bligatorie gli invalidi affetti di minorazione «psichica», rigettan
do cosi ingiustamente la domanda presentata dal lavoratore
«protetto» avviato, ma ingiustificatamente non assunto dall'azienda
presso la quale lo stesso era stato assegnato.
Dopo avere posto in rilievo l'impossibilità, su di un piano rigo
rosamente scientifico, di una netta distinzione tra invalidi «fisici»
ed invalidi «psichici» (in quanto la minorazione psichica deriva,
pur sempre nella generalità dei casi, da una infermità di natura
essenzialmente «fisica») deduce in particolare il ricorrente che la
legge sulle assunzioni obbligatorie, se correttamente interpretata
(nella sua complessiva portata sistematica ed alla luce della sua
ratio), estende indiscutibilmente l'ambito di applicazione dei «be
nefici» da essa previsti anche agli invalidi affetti da minorazione
psichica. Diversamente opinando (secondo il censurabile giudizio al ri
guardo proposto dal tribunale) la legge, cosi erroneamente inter
pretata, violerebbe il precetto costituzionale di eguaglianza posto
dalla Costituzione nei riguardi indistintamente di tutti i cittadini,
perché si avrebbe di conseguenza una ingiustificata disparità di
trattamento nei riguardi di una stessa categoria di «invalidi» (ci
vili) i quali, se affetti da una minorazione «psichica», sarebbero
ingiustificatamente esclusi dai benefici del collocamento «obbli
gatorio». Non senza considerare, aggiunge il ricorrente, che il vigente
«sistema» del collocamento obbligatorio (integrato dalle leggi spe
ciali che disciplinano l'avviamento di alcune particolari categorie
di «invalidi») prevede l'avviamento di soggetti «invalidi» appar tenenti a categorie diverse (invalidi civili, di guerra, del lavoro,
ecc.) anche se affetti da minorazione di natura «psichica». Di
guisa che, nell'ambito di tale «sistema», si avrebbe una ingiustifi
cata disparità di trattamento anche tra «invalidi» affetti da una
identica malattia (psichica), ma appartenenti a categorie diverse.
La questione (rilevante nel presente giudizio) non è manifesta
mente infondata.
È noto il (costante e consolidato) orientamento giurispruden
ziale di questa corte in materia (cfr. Cass. 21 febbraio 1986, Foro
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2143 PARTE PRIMA 2144
it., 1986, I, 1299; 6 novembre 1986, n. 6519, id., Rep. 1986, voce Lavoro (collocamento), n. 247; 6 novembre 1986, n. 6520,
27 maggio 1987, n. 4751, id., 1987,1, 52, e 2729; 10 agosto 1987, n. 6873, id., Rep. 1987, voce cit., n. 201; 15 febbraio 1988, n.
1625, id., Mass., 238); secondo cui la tutela apprestata dalla leg
ge sulle assunzioni obbligatorie a favore degli invalidi «civili» (art. 5 1. 482/68) non è estensibile (anche) agli invalidi affetti da mino razione «psichica». E ciò perché (in sintesi): a) la presenza di menomazioni mentali esclude, nella generalità dei casi, nei riguardi
dei lavoratori, la capacità necessaria alla instaurazione, su di un
piano giuridico, di un rapporto di lavoro che presuppone la sti
pulazione di un vero e proprio contratto; b) la «imprevedibilità»
e la (presunta) «pericolosità» del soggetto, psichicamente minora
to, non consente di stabilire, ai sensi del combinato disposto di
cui agli art. 1, 2° comma, e 20 1. 482/68, che la natura ed il
grado della minorazione non risultino di pregiudizio per la salute
e per la incolumità personale dei compagni di lavoro e per la
sicurezza degli impianti. È altresì' noto (però) che la Corte costituzionale, investita della
questione di legittimità costituzionale dell'art. 5 1. cit. (482/68),
nella parte in cui non prevede, secondo il dato letterale della for
mulazione della norma (e secondo la corrente interpretazione giu
risprudenziale), l'avviamento obbligatorio (anche) degli invalidi
«psichici» per violazione degli art. 1, 3, 4, 35 e 38 Cost., pur
dichiarando «inammissibile» la questione (v. decisione 22 febbraio
1985, n. 52, id., 1985, I, 633), essendo rimessa all'intervento del
legislatore la determinazione di una appropriata ed adeguata di
sciplina in materia (allo scopo di soddisfare le esigenze insoppri
mibili anche di tali minorati in relazione all'inserimento proficuo
nel mondo del lavoro, in attuazione dei precetti costituzionali ri
chiamati) ha tuttavia (e significativamente) rilevato che «... non
sono costituzionalmente, oltre che moralmente, ammissibili esclu
sioni o limitazioni dirette a relegare su un piano di isolamento
e di assurda discriminazione soggetti che, particolarmente colpiti
nella loro efficienza fisica o mentale, hanno — all'incontro —
pieno diritto ad inseririsi nel mondo del lavoro . . .».
Ed ha a tal uopo sottolineato che «... alcun soggetto, solo
perché vulnerato psichicamente, può considerarsi colpito da una
sorta di presunzione legale, a lui oggettivamente contraria, di in
capacità assoluta e, quel che più desterebbe preoccupante per
plessità, di conseguente indiscriminata pericolosità . . .».
La Corte costituzionale poi, dopo avere auspicato la necessità
di un tempestivo intervento del legislatore perché sia predisposta
una articolata ed organica normativa disciplinante la materia («il
più possibile puntuale nella previsione, per i cospicui interessi e
per i valori altissimi di recupero in gioco . . .») data la «urgenza»
di apprestare a favore dei soggetti appartenenti alla categoria de
gli invalidi «psichici» una corrispondente «strumentazione positi
va», è intervenuta altre due volte (v. ordinanze 487/88, id., 1988,
I, 3489, e 951/88) in subiecta materia ribadendo analoghi princi
pi, dopo essere stata investita (anche) della (particolare) questio ne di legittimità costituzionale dell'art. 5 1. 482/68, per violazione
degli anzidetti precetti costituzionali, nella parte in cui, preveden do l'avviamento obbligatorio (anche alla stregua delle leggi spe ciali che disciplinano altre e diverse categorie di invalidi) di soggetti invalidi appartenenti a categorie diverse (invalidi di guerra, per
causa di lavoro o di servizio) anche se affettti da minorazione
«psichica», consente una ingiustificata disparità di trattamento
nei riguardi dei soggetti, affetti dalla stessa menomazione, ma
appartenenti alla categoria degli invalidi «civili», esclusi questi
dai benefici del collocamento «obbligatorio». Successivamente la Corte costituzionale, chiamata a risolvere
analoga questione di legittimità costituzionale della disciplina in tema di assunzioni obbligatorie nei riguardi degli invalidi «psichi ci», pur avendo dichiarato (nel dispositivo — v. sentenza 13 di
cembre 1988, n. 1088, id., 1989, I, 980) non fondata la questione
medesima, ha tuttavia rilevato — in motivazione — (ancora una
volta) l'incongruenza e l'anomalia di un «sistema» (quello del
collocamento obbligatorio) che non consente l'avviamento (an
che) degli invalidi «psichici»; e, dopo avere riscontrato la (perdu
rante) inerzia del legislatore al riguardo (« . . . a tutt'oggi nulla
è stato fatto . . .») nonostante che le «esigenze» (di inserimento
di tali minorati nel mondo del lavoro) si siano fatte «... più
pressanti e più urgenti . . .», ha fatto (esplicitamente) presente che «... allo stato la corte conferma le sue precedenti decisioni,
ma se sarà ancora una volta chiamata ad esaminare altri incidenti
Il Foro Italiano — 1989.
nella stessa materia non potrà sottrarsi, superate ormai le esigen
ze contingenti del fenomeno, ad una decisione che applichi rigo
rosamente i precetti costituzionali innanzi richiamati».
Orbene, la questione di legittimità costituzionale proposta su
bordinatamente (ed in modo generico) dal ricorrente (ma che questa
corte ritiene in ogni caso di sollevare anche d'ufficio, previa so
spensione del giudizio) non è manifestamente infondata (ma anzi
sembra «manifestamente fondata») alla stregua delle richiamate
argomentazioni della Corte costituzionale e dei principi al riguar
do dalla stessa enunciati; soprattutto dopo l'esplicito ammoni
mento (contenuto nell'ultima citata pronuncia) di una definitiva
(e risolutiva) decisione in materia, data la (riscontrata) inerzia del legislatore.
La Corte costituzionale ha sostanzialmente (già di fatto) di
chiarato (in motivazione) la contrarietà ai precetti costituzionali
richiamati dalla normativa in tema di avviamento obbligatorio
degli «invalidi» nella parte in cui essa non prevede anche l'avvia
mento degli invalidi affetti da minorazione «psichica»; pur non
avendo ritenuto opportuno di dichiararlo formalmente ed in mo
do esplicito nel dispositivo corrispondente. E ciò a salvaguardia
della (prospettata) esigenza di non incidere su «scelte» che devo
no essere riservate al legislatore.
Per guisa che, concludendo, richiamati le argomentazioni ed
i principi innanzi ricordati, si impone la necessità di una tempe
stiva pronuncia risolutiva della corte in subiecta materia che pon
ga rimedio al «vuoto» legislativo riscontrato, non ancora colmato
dall'intervento del legislatore, ai fini della predisposizione di una
appropriata normativa che disciplini, in modo organico ed arti
colato, l'avviamento obbligatorio anche degli «invalidi» affetti
da minorazione «psichica», onde consentire a costoro un profi
cuo inserimento nel mondo del lavoro, osservate certe cautele ed
in ambienti particolarmente protetti nell'esercizio di mansioni co
munque compatibili con la natura e con il grado della loro mino
razione. E ciò (anche) per evitare il (grave) disagio di dover
applicare (ancora) una legge la cui incongruità ed irrazionalità
costituzionale è stata già sostanzialmente dichiarata dalla Corte
costituzionale; e per evitare un ulteriore ingiusto, irriversibile pre
giudizio nei confronti di tali soggetti minorati, dato il numero
dei ricorsi che continuamente pervengono all'esame di questa corte
e che propongono lo stesso identico problema, risolto (a tutt'og
gi) fra l'altro in modo contrastante dai giudici del merito.
Né può avere rilevanza, in relazione al riscontrato «vuoto» le
gislativo in materia, il recente intervento del legislatore (cfr. d.
leg. 23 novembre 1988 n. 509) in tema di prestazioni e di benefici
a favore degli invalidi civili, ad integrazione e modificazione del la 1. 118/71: che prevede, fra l'altro, la possibilità di iscrizione
degli invalidi civili negli elenchi degli uffici provinciali del lavoro e della massima occupazione, ai fini dell'assunzione obbligatoria,
con una riduzione della loro capacità lavorativa, in misura supe
riore al 45%; ma senza apportare, però, alcuna (sostanziale ed
espressa) innovazione rispetto al «sistema» del collocamento ob
bligatorio come disciplinato, ancor oggi, dalla 1. 482/68.
Infatti:
a) la distinzione tra mutilati ed invalidi civili affetti da minora
zioni fisiche e/o psichiche (art. 2 1. 118/71 e art. 1 d. leg. 509/88)
rimane pur sempre, ma ai limitati effetti della applicazione «...
della presente legge ...» (art. 2 1. 118/71) e dei benefici e prov
videnze da questa previste; e non anche agli effetti delle assunzio
ni obbligatorie, disciplinate dalla 1. 482/68; b) l'iscrizione degli invalidi civili negli elenchi di cui all'art.
19 1. 482/68 è pur sempre prevista (anche) dalla 1. 118/71 (art.
8), previo accertamento e valutazione (che devono tuttora con
correre) della minorazione e della causa invalidante, nonché della
natura e del grado di invalidità degli invalidi civili da parte della
apposita commissione provinciale. E ciò al fine dell'eventuale ac
certamento (nei riguardi degli invalidi minorati fisici) del pericolo di pregiudizio alla salute ed alla incolumità dei compagni di lavo
ro ed alla sicurezza degli impianti; ricorrendo il quale, come è
noto (cfr. art. 1, ultimo comma, 1. 482/68) non trovano applica
zione le disposizioni della legge in tema di assunzioni obbligatorie;
c) la (tuttora) vigente disposizione di cui all'art. 19 1. 482/68
(che prevede, in via generale, la iscrizione dei soggetti apparte nenti alle categorie «protette» negli appositi elenchi) prescrive (ai fini dell'iscrizione) nei riguardi degli invalidi affetti da menoma zione fisica l'allegazione di una «dichiarazione» legalizzata da un
ufficiale sanitario comprovante che l'invalido, per la natura ed
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
il grado della mutilazione o invalidità, non può riuscire di pregiu dizio alla salute ed alla incolumità dei compagni di lavoro od
alla sicurezza degli impianti;
d) gli accertamenti sanitari, infine, demandati all'apposito col
legio medico (art. 20 1. 482/68) in tema di avviamento obbligato rio degli invalidi, fanno pur sempre costante ed uniforme
riferimento allo «stato» ed alle «condizioni fisiche» degli «in
validi». Per questi motivi, la Corte suprema di cassazione, sez. lavoro,
dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 5 1. 482/68 per violazione
dei precetti costituzionali di cui agli art. 1, 3, 4, 35 e 38 Cost,
nella parte in cui, ravvisandosi «invalidi civili», agli effetti della disciplina sulle assunzioni obbligatorie, soltanto coloro che sono
affetti da minorazione «fisica», esclude dall'ambito della sua ap
plicazione gli «invalidi» affetti da minorazione di natura «psichi
ca», pur prevedendo (anche alla stregua delle leggi speciali) che
disciplinano diverse categorie di «invalidi», l'avviamento «obbli
gatorio» di invalidi, affetti dalla stessa malattia psichica, ma ap
partenenti a categorie diverse (invalidi di guerra, per lavoro o
per servizio); (omissis)
CORTE DI CASSAZIONE; sezione lavoro; sentenza 12 maggio
1989, n. 2169; Pres. Chiavelli, Est. Buccarelli, P.M. La Val
va (conci, conf.); Soc. Siemens Data (Avv. Gallavotti, A.
e C. Delitala) c. Sena. Conferma Trib. Napoli 14 maggio 1986.
Lavoro (collocamento e mobilità della mano d'opera) — Assun
zioni obbligatorie — Diritto alla c.d. compensazione territoria
le prima del rilascio dell'autorizzazione — Insussistenza (L. 2
aprile 1968 n. 482, disciplina generale delle assunzioni obbliga torie presso le pubbliche amministrazioni e le aziende private, art. 15, 21).
Lavoro (collocamento e mobilità della mano d'opera) — Assun
zioni obbligatorie — Diritto del datore all'assegnazione di la
voratori in possesso di determinate attitudini o di peculiari
qualificazioni professionali — Insussistenza (L. 2 aprile 1968
n. 482, art. 10, 11, 13, 21).
Non ha diritto alla c.d. compensazione territoriale il datore di
lavoro privato che, soggetto alla l. 482 del 1968 sul colloca
mento obbligatorio, ha richiesto, ma non ancora ottenuto, la
prevista autorizzazione alla compensazione. (1) Il datore di lavoro soggetto alla l. 482 del 1968 ha diritto all'av
viamento di lavoratore appartenente alla categoria, operaia o
impiegatizia, corrispondente alla richiesta, identificabile in ba
se alla iscrizione negli elenchi previsti, non invece all'assegna
zione di lavoratori in possesso di determinate attitudini o di
peculiari qualificazioni professionali. (2)
(1) Non si rinvengono precedenti in termini. Ha affermato l'inesisten za del diritto soggettivo dell'azienda alla c.d. compensazione territoriale,
per essere la relativa istanza all'autorizzazione del ministro del lavoro
e della previdenza sociale rimessa alla valutazione discrezionale di tale
autorità, Pret. Milano 3 febbraio 1983, Foro it.. Rep. 1983, voce Lavoro
(collocamento), n. 179. Cass. 16 febbraio 1985, n. 6402, id., 1986, I,
942, con nota di richiami, ha fatto riferimento, a proposito della com
pensazione territoriale, ad un «particolare beneficio» concesso da tale
ministro. Per qualche spunto in tema di compensazione territoriale, cfr.
Pret. Pavia 22 gennaio 1987, id., 1987, I, 605, con nota di richiami.
(2) Ai conformi precedenti richiamati in sentenza, tra cui Cass. 16 lu
glio 1986, n. 4608, Foro it., 1986,1, 2429, con nota di richiami (in moti
vazione), adde, circa l'irrilevanza della difformità delle attitudini
professionali possedute dal lavoratore rispetto a quelle segnalate nella ri
chiesta del datore, purché esse rientrino nella medesima categoria ex art.
2095 c.c., Cass. 2 luglio 1985, n. 3990, ibid., 731, con nota di richiami;
cfr., inoltre, Cass. 3 luglio 1987, n. 5828> id., Rep. 1987, voce Lavoro
(collocamento), n. 138. La nota cit. è in calce anche a Cass. 2 luglio
1985, n. 3991 e 24 maggio 1984, n. 3200, entrambe nell' «area» dell'attri
buzione della categoria all'invalido avviato. Sul punto cfr., pure, Trib.
Milano 18 ottobre 1986, id., Rep. 1987, voce cit., n. 144.
In materia di collocamento obbligatorio, cfr. Corte cost., ord. 25 mag
gio 1989, n. 296, in questo fascicolo, con nota di richiami.
Il Foro Italiano — 1989.
Motivi della decisione. — (Omissis) Le censure non sono
fondate.
Esaminandole nell'ordine la corte osserva.
Secondo l'articolato «sistema» del collocamento obbligatorio, come disciplinato dalla 1. 482/68, i datori di lavoro privati, sog
getti agli obblighi assuntivi dei lavoratori appartenenti alle cate
gorie «protette», sono tenuti ad inviare, alle scadenze bimestrali
previste, all'ufficio provinciale del lavoro e della massima occu
pazione (Uplmo) competente per territorio, la denuncia (v. art.
21, 1° comma, 1. cit.) del personale occupato con l'indicazione
nominativa degli «invalidi» e degli altri aventi diritto al colloca
mento obbligatorio che si trovano alle loro dipendenze; e a fare
la «richiesta» (numerica e nominativa) di avviamento allo stesso
ufficio a norma dell'art. 16, 4° e 6° comma, 1. cit., in caso di
non copertura della quota-percentuale dei posti destinati a tali
lavoratori «protetti». L'ufficio provinciale del lavoro ha quindi il potere-dovere, in
base alla «richiesta», di provvedere all'avviamento obbligatorio nell'ambito territoriale di sua competenza, nell'ambito cioè pro
vinciale, presso la «sede» o «stabilimento» o «filiale» del datore
di lavoro, che si trova ubicato nel territorio della provincia; salva
l'ipotesi della c.d. «compensazione territoriale» (art. 21, 2°, 3°
e 4° comma, 1. cit.) che opera quando l'azienda ha la sede princi
pale in una provincia, e sedi secondarie o stabilimenti nel territo
rio di una provincia diversa.
In questo caso, il datore di lavoro ha l'obbligo di fare la «de
nuncia» del personale occupato distintamente per ogni singola
provincia ai competenti uffici provinciali del lavoro e, complessi
vamente, al ministero del lavoro e della previdenza sociale: il quale, su documentata e motivata richiesta dell'azienda che svolge la
sua attività nel territorio di più province, può autorizzare il dato
re di lavoro medesimo (dopo avere sentito la commissione com
petente per il collocamento obbligatorio per ogni singola provincia) ad assumere nella provincia o nelle province indicate nella richie
sta, un numero di mutilati ed invalidi (e degli altri aventi diritto)
superiore a quello prescritto dalla legge, portando l'eccedenza a
«compenso» del minor numero di lavoratori «protetti» assunti
nelle altre.
Trattasi di un istituto tipico delle aziende che hanno la sede
(o stabilimenti) nel territorio di province diverse; e che consente
all'azienda di «compensare» i lavoratori protetti, assunti in so
prannumero nel territorio di una provincia, con quelli assunti in
meno nel territorio di un'altra: occorre a tal uopo la prevista «autorizzazione» del ministero del lavoro e della previdenza so
ciale (e che non è ovviamente necessaria nel caso di stabilimento
o sedi ubicate nella stessa provincia) su motivata (e documentata) richiesta del datore di lavoro interessato.
Con la conseguenza che, prima della «autorizzazione ministe
riale», non può l'azienda pretendere (anche se ha fatto la richie
sta) di avvalersi della «compensazione territoriale», come
disciplinata dalla 1. 482/68, non avendo la relativa domanda ef
fetto sospensivo dell'obbligo di assunzione.
D'altra parte, la stessa legge (art. 21, ultimo comma) prevede
eccezionalmente soltanto nei riguardi degli «enti pubblici» (e dei
datori di lavoro non privati, in genere, elencati nell'art. 1, 1°
comma) la facoltà di esercitare autonomamente la compensazio ne territoriale, senza bisogno dell'autorizzazione ministeriale.
Orbene, venendo al caso concreto in esame, il tribunale, facen
do corretta applicazione della procedura di avviamento obbliga
torio, come regolamentata dalla 1. 482/68, e dei principi sopra
enunciati, ha ritenuto illegittimo il rifiuto all'assunzione della la
voratrice avviata dall'ufficio provinciale del lavoro presso la fi
liale di Napoli della soc. Siemens-Data, essendo risultato che
l'azienda (anche se aveva, in realtà, fatto domanda allo scopo
di potere concentrare in sedi o filiali ubicate nel territorio di di verse province le assunzioni dei lavoratori «protetti») non aveva
mai ottenuto peraltro la prescritta «autorizzazione» ministeriale.
In tale situazione, il giudizio del tribunale, ancorato alle acqui
site risultanze documentali ed istruttorie, adeguatamente e con
gniamente motivato, è corretto (perché si adegua rigorosamente
alla disciplina normativa richiamata ed ai ricordati principi) e non merita pertanto le infondate censure proposte dalla società ricor
rente, in relazione alle quali si può rilevare (fra l'altro) e in modo
particolare: a) che l'«autorizzazione» ministeriale non ha (soltan
to) funzione di «controllo» sulla già acquisita compensazione ter
ritoriale, ricorrendone i presupposti; per guisaché, in difetto,
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