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PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE || sezione lavoro; ordinanza 21 giugno 1989, n....

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sezione lavoro; ordinanza 21 giugno 1989, n. 398; Pres. e rel. Buccarelli, P.M. Martinelli (concl. diff.); Pirrò (Avv. A. Neri, Franchi) c. Soc. Generale Supermercati (Avv. G. Pezzano, Cella) Source: Il Foro Italiano, Vol. 112, PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE (1989), pp. 2141/2142-2145/2146 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23184084 . Accessed: 28/06/2014 10:06 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 141.101.201.139 on Sat, 28 Jun 2014 10:06:23 AM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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sezione lavoro; ordinanza 21 giugno 1989, n. 398; Pres. e rel. Buccarelli, P.M. Martinelli (concl.diff.); Pirrò (Avv. A. Neri, Franchi) c. Soc. Generale Supermercati (Avv. G. Pezzano, Cella)Source: Il Foro Italiano, Vol. 112, PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE(1989), pp. 2141/2142-2145/2146Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23184084 .

Accessed: 28/06/2014 10:06

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

il mezzo si nutre, è stato, infatti, motivatamente disatteso dalla

successiva sentenza 4700/88 (id., 1989,1, 1427) delle sezioni unite

di questa corte, secondo la quale «la convivenza tra i coniugi, intervenuta successivamente alla celebrazione del matrimonio, è

ostativa all'impugnazione del matrimonio civile, ai sensi dell'art.

123, 2° comma, c.c., seppure si pone come una norma imperati va interna, non costituisce espressione di principi o di regole fon

damentali con le quali la Costituzione e le leggi dello Stato

delineano l'istituto del matrimonio», poiché né la prima né le

seconde forniscono indicazioni univoche sulla iscrivibilità tra sif fatti principi o regole di un'asserita prevalenza del matrimonio — rapporto sul matrimonio — atto, si da rendere irrilevante an

che nelle relazioni interordinamentali l'insolidità di quest'ultimo. Di conseguenza, la sentenza ecclesiastica che (come nel caso

di specie) abbia dichiarato la nullità del matrimonio religioso per esclusione unilaterale di uno dei bona matrimonii, non rimasta

nella sfera psichica del suo autore, ma manifestata all'altro co

niuge, non può dirsi contraria, malgrado l'intervenuta conviven

za fra gli stessi, all'ordine pubblico italiano e può essere, quindi, dichiarata esecutiva nella repubblica italiana.

Il ricorso deve essere, pertanto, rigettato.

CORTE DI CASSAZIONE; sezione lavoro; ordinanza 21 giugno

1989, n. 398; Pres. e rei. Buccarelli, P.M. Martinelli (conci,

diff.); Pirrò (Aw. A. Neri, Franchi) c. Soc. Generale Super mercati (Aw. G. Pezzano, Cella).

Lavoro (collocamento e mobilità della mano d'opera) — Assun

zioni obbligatorie — Invalidi civili affetti da minorazioni di

natura psichica — Esclusione — Questione non manifestata

mente infondata di costituzionalità (Cost., art. 1, 3, 4, 35, 38;

1. 2 aprile 1968 n. 482, disciplina generale delle assunzioni ob

bligatorie presso le pubbliche amministrazioni e le aziende pri

vate, art. 5).

Non è manifestamente infondata, in riferimento agli art. 1, 3,

4, 35 e 38 Cost., la questione di legittimità costituzionale del

l'art. 5 l. 2 aprile 1968 n. 482, nella parte in cui esclude, dal

l'ambito di applicazione delle assunzioni obbligatorie, gli invalidi

civili affetti da minorazione di natura psichica, a seguito della

sentenza della Corte costituzionale (n. 1088/88), che prospetta una propria pronuncia di accoglimento ove dovesse essere nuo

vamente investita di detta questione. (1)

Fatto. — Con ricorso al Pretore (del lavoro) di Milano, in data

29 ottobre 1985, Pirrò Vittorio, invalido civile (affetto da oligo

frenia) avviato obbligatoriamente al lavoro (ex 1. 482/68) presso

(1) L'ordinanza consituisce sviluppo coerente della sentenza n. 1088/88

della Corte costituzionale (Foro it., 1989, I, 980, con nota di richiami

ed osservazioni di M. De Luca). La questione di legittimità costituzionale (dell'art. 5 1. 482/68), pro

spettata dall'ordinanza, non poteva, infatti, non essere sollevata una vol

ta che la stessa Corte costituzionale (nella sentenza testé citata) ne aveva

anticipato l'accoglimento, ove fosse stata nuovamente proposta, pur di

chiarandone — «allo stato» — la «non fondatezza».

Tale «monito ultimativo» della corte — permanendo l'inerzia del legis latore — rendeva, infatti, la questione «manifestamente fondata».

Scontata risulta, quindi, la pronuncia di accoglimento della corte, ove

l'inerzia del legislatore dovesse proseguire ulterioremente.

Il meccanismo del «monito ultimativo» — che arricchisce la gamma

tipologica di pronunce della corte (sul punto, vedi riferimenti nella nota

di richiami a Corte cost. 1088/88, cit.) — risulta, quindi, particolarmente efficace per accelerare la «conformazione» dell'ordinamento alla Costi

tuzione. Resta da domandarsi, tuttavia, se la presumibile pronuncia (interpreta

tiva di accoglimento) della corte possa, nel caso che ci occupa, costituire

valida alternativa rispetto alla «articolata» disciplina legislativa, che la

stessa corte ha, ripetutamente quanto vanamente, auspicato (sulla rifor

ma del collocamento obbligatorio, risultano attualmente presentati al se

nato i seguenti disegni di legge: n. 293 d'iniziativa dei senatori Saporito ed altri; n. 347 d'iniziativa dei senatori Antoniazzi ed altri; n. 864 d'ini

ziativa dei senatori Mannino ed altri; n. 1251 d'iniziativa del senatore

Pollice).

Il Foro Italiano — 1989.

la soc. Generale Supermercati s.p.a., ma da questa rifiutato, chie

deva, convenendo in giudizio la società anzidetta, che venisse co

stituito il rapporto di lavoro ex art. 2932 c.c. e che venisse

comunque accertato l'obbligo della società medesima all'assun

zione; con condanna (in ogni caso) di questa al risarcimento dei

danni subiti.

Nel costituito contraddittorio, l'adito pretore rigettava la do

manda — per avere ritenuto illegittimo l'avviamento — per la

riscontrata illegittimità dello «scorrimento» in base al quale l'av

viamento era stato in concreto disposto. La sentenza, pronunciata in data 22-24 gennaio 1986, appellata

dal lavoratore, veniva poi confermata (ma con diversa motivazio

ne) dal Tribunale di Milano che, nel ricostituito contraddittorio,

rigettava la domanda con decisione 9 maggio - 10 ottobre 1987.

Osservava in motivazione il tribunale che la domanda non po

teva trovare accoglimento non tanto per i motivi enunciati dal

primo giudice (in tema di illegittimità dell'atto di avviamento per

illegittimità dello «scorrimento» dei soggetti appartenenti ad una

categoria rispetto a quelli appartenenti a categoria diversa) quan to (in via pregiudiziale ed assorbente) per la non applicabilità

dei benefici del collocamento obbligatorio — nel caso concreto — in cui era risultato, dagli accertamenti tecnici espletati, che

il lavoratore invalido era portatore di una minorazione di natura

psichica. E ciò in linea con i principi di diritto enunciati in mate

ria della Corte costituzionale e dalla giurisprudenza di questa stessa

corte, secondo i quali gli «invalidi» affetti da infermità «psichi

ca» erano esclusi dalla tutela apprestata dalla legge (482/68) a

favore soltanto degli invalidi affetti da minorazione «fisica».

Contro tale decisione propone ricorso per cassazione Pirro Vit

torio e deduce un unico complesso motivo di annullamento, va

riamente articolato. Resiste con controricorso la soc. Generale

Supermercati, regolarmente costituita.

Diritto. — Con l'unico motivo del ricorso, denunziata viola

zione dell'art. 5 1. 482/68 e proponendo, in subordine (in caso

di adesione al giudizio conclusivo del tribunale), questione di le

gittimità costituzionale di tale norma per violazione del precetto

di eguaglianza di cui all'art. 3 Cost., si duole il ricorrente della

sentenza impugnata per avere il tribunale ritenuto di escludere

nell'ambito della tutela apprestata dalla legge sulle assunzioni ob

bligatorie gli invalidi affetti di minorazione «psichica», rigettan

do cosi ingiustamente la domanda presentata dal lavoratore

«protetto» avviato, ma ingiustificatamente non assunto dall'azienda

presso la quale lo stesso era stato assegnato.

Dopo avere posto in rilievo l'impossibilità, su di un piano rigo

rosamente scientifico, di una netta distinzione tra invalidi «fisici»

ed invalidi «psichici» (in quanto la minorazione psichica deriva,

pur sempre nella generalità dei casi, da una infermità di natura

essenzialmente «fisica») deduce in particolare il ricorrente che la

legge sulle assunzioni obbligatorie, se correttamente interpretata

(nella sua complessiva portata sistematica ed alla luce della sua

ratio), estende indiscutibilmente l'ambito di applicazione dei «be

nefici» da essa previsti anche agli invalidi affetti da minorazione

psichica. Diversamente opinando (secondo il censurabile giudizio al ri

guardo proposto dal tribunale) la legge, cosi erroneamente inter

pretata, violerebbe il precetto costituzionale di eguaglianza posto

dalla Costituzione nei riguardi indistintamente di tutti i cittadini,

perché si avrebbe di conseguenza una ingiustificata disparità di

trattamento nei riguardi di una stessa categoria di «invalidi» (ci

vili) i quali, se affetti da una minorazione «psichica», sarebbero

ingiustificatamente esclusi dai benefici del collocamento «obbli

gatorio». Non senza considerare, aggiunge il ricorrente, che il vigente

«sistema» del collocamento obbligatorio (integrato dalle leggi spe

ciali che disciplinano l'avviamento di alcune particolari categorie

di «invalidi») prevede l'avviamento di soggetti «invalidi» appar tenenti a categorie diverse (invalidi civili, di guerra, del lavoro,

ecc.) anche se affetti da minorazione di natura «psichica». Di

guisa che, nell'ambito di tale «sistema», si avrebbe una ingiustifi

cata disparità di trattamento anche tra «invalidi» affetti da una

identica malattia (psichica), ma appartenenti a categorie diverse.

La questione (rilevante nel presente giudizio) non è manifesta

mente infondata.

È noto il (costante e consolidato) orientamento giurispruden

ziale di questa corte in materia (cfr. Cass. 21 febbraio 1986, Foro

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it., 1986, I, 1299; 6 novembre 1986, n. 6519, id., Rep. 1986, voce Lavoro (collocamento), n. 247; 6 novembre 1986, n. 6520,

27 maggio 1987, n. 4751, id., 1987,1, 52, e 2729; 10 agosto 1987, n. 6873, id., Rep. 1987, voce cit., n. 201; 15 febbraio 1988, n.

1625, id., Mass., 238); secondo cui la tutela apprestata dalla leg

ge sulle assunzioni obbligatorie a favore degli invalidi «civili» (art. 5 1. 482/68) non è estensibile (anche) agli invalidi affetti da mino razione «psichica». E ciò perché (in sintesi): a) la presenza di menomazioni mentali esclude, nella generalità dei casi, nei riguardi

dei lavoratori, la capacità necessaria alla instaurazione, su di un

piano giuridico, di un rapporto di lavoro che presuppone la sti

pulazione di un vero e proprio contratto; b) la «imprevedibilità»

e la (presunta) «pericolosità» del soggetto, psichicamente minora

to, non consente di stabilire, ai sensi del combinato disposto di

cui agli art. 1, 2° comma, e 20 1. 482/68, che la natura ed il

grado della minorazione non risultino di pregiudizio per la salute

e per la incolumità personale dei compagni di lavoro e per la

sicurezza degli impianti. È altresì' noto (però) che la Corte costituzionale, investita della

questione di legittimità costituzionale dell'art. 5 1. cit. (482/68),

nella parte in cui non prevede, secondo il dato letterale della for

mulazione della norma (e secondo la corrente interpretazione giu

risprudenziale), l'avviamento obbligatorio (anche) degli invalidi

«psichici» per violazione degli art. 1, 3, 4, 35 e 38 Cost., pur

dichiarando «inammissibile» la questione (v. decisione 22 febbraio

1985, n. 52, id., 1985, I, 633), essendo rimessa all'intervento del

legislatore la determinazione di una appropriata ed adeguata di

sciplina in materia (allo scopo di soddisfare le esigenze insoppri

mibili anche di tali minorati in relazione all'inserimento proficuo

nel mondo del lavoro, in attuazione dei precetti costituzionali ri

chiamati) ha tuttavia (e significativamente) rilevato che «... non

sono costituzionalmente, oltre che moralmente, ammissibili esclu

sioni o limitazioni dirette a relegare su un piano di isolamento

e di assurda discriminazione soggetti che, particolarmente colpiti

nella loro efficienza fisica o mentale, hanno — all'incontro —

pieno diritto ad inseririsi nel mondo del lavoro . . .».

Ed ha a tal uopo sottolineato che «... alcun soggetto, solo

perché vulnerato psichicamente, può considerarsi colpito da una

sorta di presunzione legale, a lui oggettivamente contraria, di in

capacità assoluta e, quel che più desterebbe preoccupante per

plessità, di conseguente indiscriminata pericolosità . . .».

La Corte costituzionale poi, dopo avere auspicato la necessità

di un tempestivo intervento del legislatore perché sia predisposta

una articolata ed organica normativa disciplinante la materia («il

più possibile puntuale nella previsione, per i cospicui interessi e

per i valori altissimi di recupero in gioco . . .») data la «urgenza»

di apprestare a favore dei soggetti appartenenti alla categoria de

gli invalidi «psichici» una corrispondente «strumentazione positi

va», è intervenuta altre due volte (v. ordinanze 487/88, id., 1988,

I, 3489, e 951/88) in subiecta materia ribadendo analoghi princi

pi, dopo essere stata investita (anche) della (particolare) questio ne di legittimità costituzionale dell'art. 5 1. 482/68, per violazione

degli anzidetti precetti costituzionali, nella parte in cui, preveden do l'avviamento obbligatorio (anche alla stregua delle leggi spe ciali che disciplinano altre e diverse categorie di invalidi) di soggetti invalidi appartenenti a categorie diverse (invalidi di guerra, per

causa di lavoro o di servizio) anche se affettti da minorazione

«psichica», consente una ingiustificata disparità di trattamento

nei riguardi dei soggetti, affetti dalla stessa menomazione, ma

appartenenti alla categoria degli invalidi «civili», esclusi questi

dai benefici del collocamento «obbligatorio». Successivamente la Corte costituzionale, chiamata a risolvere

analoga questione di legittimità costituzionale della disciplina in tema di assunzioni obbligatorie nei riguardi degli invalidi «psichi ci», pur avendo dichiarato (nel dispositivo — v. sentenza 13 di

cembre 1988, n. 1088, id., 1989, I, 980) non fondata la questione

medesima, ha tuttavia rilevato — in motivazione — (ancora una

volta) l'incongruenza e l'anomalia di un «sistema» (quello del

collocamento obbligatorio) che non consente l'avviamento (an

che) degli invalidi «psichici»; e, dopo avere riscontrato la (perdu

rante) inerzia del legislatore al riguardo (« . . . a tutt'oggi nulla

è stato fatto . . .») nonostante che le «esigenze» (di inserimento

di tali minorati nel mondo del lavoro) si siano fatte «... più

pressanti e più urgenti . . .», ha fatto (esplicitamente) presente che «... allo stato la corte conferma le sue precedenti decisioni,

ma se sarà ancora una volta chiamata ad esaminare altri incidenti

Il Foro Italiano — 1989.

nella stessa materia non potrà sottrarsi, superate ormai le esigen

ze contingenti del fenomeno, ad una decisione che applichi rigo

rosamente i precetti costituzionali innanzi richiamati».

Orbene, la questione di legittimità costituzionale proposta su

bordinatamente (ed in modo generico) dal ricorrente (ma che questa

corte ritiene in ogni caso di sollevare anche d'ufficio, previa so

spensione del giudizio) non è manifestamente infondata (ma anzi

sembra «manifestamente fondata») alla stregua delle richiamate

argomentazioni della Corte costituzionale e dei principi al riguar

do dalla stessa enunciati; soprattutto dopo l'esplicito ammoni

mento (contenuto nell'ultima citata pronuncia) di una definitiva

(e risolutiva) decisione in materia, data la (riscontrata) inerzia del legislatore.

La Corte costituzionale ha sostanzialmente (già di fatto) di

chiarato (in motivazione) la contrarietà ai precetti costituzionali

richiamati dalla normativa in tema di avviamento obbligatorio

degli «invalidi» nella parte in cui essa non prevede anche l'avvia

mento degli invalidi affetti da minorazione «psichica»; pur non

avendo ritenuto opportuno di dichiararlo formalmente ed in mo

do esplicito nel dispositivo corrispondente. E ciò a salvaguardia

della (prospettata) esigenza di non incidere su «scelte» che devo

no essere riservate al legislatore.

Per guisa che, concludendo, richiamati le argomentazioni ed

i principi innanzi ricordati, si impone la necessità di una tempe

stiva pronuncia risolutiva della corte in subiecta materia che pon

ga rimedio al «vuoto» legislativo riscontrato, non ancora colmato

dall'intervento del legislatore, ai fini della predisposizione di una

appropriata normativa che disciplini, in modo organico ed arti

colato, l'avviamento obbligatorio anche degli «invalidi» affetti

da minorazione «psichica», onde consentire a costoro un profi

cuo inserimento nel mondo del lavoro, osservate certe cautele ed

in ambienti particolarmente protetti nell'esercizio di mansioni co

munque compatibili con la natura e con il grado della loro mino

razione. E ciò (anche) per evitare il (grave) disagio di dover

applicare (ancora) una legge la cui incongruità ed irrazionalità

costituzionale è stata già sostanzialmente dichiarata dalla Corte

costituzionale; e per evitare un ulteriore ingiusto, irriversibile pre

giudizio nei confronti di tali soggetti minorati, dato il numero

dei ricorsi che continuamente pervengono all'esame di questa corte

e che propongono lo stesso identico problema, risolto (a tutt'og

gi) fra l'altro in modo contrastante dai giudici del merito.

Né può avere rilevanza, in relazione al riscontrato «vuoto» le

gislativo in materia, il recente intervento del legislatore (cfr. d.

leg. 23 novembre 1988 n. 509) in tema di prestazioni e di benefici

a favore degli invalidi civili, ad integrazione e modificazione del la 1. 118/71: che prevede, fra l'altro, la possibilità di iscrizione

degli invalidi civili negli elenchi degli uffici provinciali del lavoro e della massima occupazione, ai fini dell'assunzione obbligatoria,

con una riduzione della loro capacità lavorativa, in misura supe

riore al 45%; ma senza apportare, però, alcuna (sostanziale ed

espressa) innovazione rispetto al «sistema» del collocamento ob

bligatorio come disciplinato, ancor oggi, dalla 1. 482/68.

Infatti:

a) la distinzione tra mutilati ed invalidi civili affetti da minora

zioni fisiche e/o psichiche (art. 2 1. 118/71 e art. 1 d. leg. 509/88)

rimane pur sempre, ma ai limitati effetti della applicazione «...

della presente legge ...» (art. 2 1. 118/71) e dei benefici e prov

videnze da questa previste; e non anche agli effetti delle assunzio

ni obbligatorie, disciplinate dalla 1. 482/68; b) l'iscrizione degli invalidi civili negli elenchi di cui all'art.

19 1. 482/68 è pur sempre prevista (anche) dalla 1. 118/71 (art.

8), previo accertamento e valutazione (che devono tuttora con

correre) della minorazione e della causa invalidante, nonché della

natura e del grado di invalidità degli invalidi civili da parte della

apposita commissione provinciale. E ciò al fine dell'eventuale ac

certamento (nei riguardi degli invalidi minorati fisici) del pericolo di pregiudizio alla salute ed alla incolumità dei compagni di lavo

ro ed alla sicurezza degli impianti; ricorrendo il quale, come è

noto (cfr. art. 1, ultimo comma, 1. 482/68) non trovano applica

zione le disposizioni della legge in tema di assunzioni obbligatorie;

c) la (tuttora) vigente disposizione di cui all'art. 19 1. 482/68

(che prevede, in via generale, la iscrizione dei soggetti apparte nenti alle categorie «protette» negli appositi elenchi) prescrive (ai fini dell'iscrizione) nei riguardi degli invalidi affetti da menoma zione fisica l'allegazione di una «dichiarazione» legalizzata da un

ufficiale sanitario comprovante che l'invalido, per la natura ed

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

il grado della mutilazione o invalidità, non può riuscire di pregiu dizio alla salute ed alla incolumità dei compagni di lavoro od

alla sicurezza degli impianti;

d) gli accertamenti sanitari, infine, demandati all'apposito col

legio medico (art. 20 1. 482/68) in tema di avviamento obbligato rio degli invalidi, fanno pur sempre costante ed uniforme

riferimento allo «stato» ed alle «condizioni fisiche» degli «in

validi». Per questi motivi, la Corte suprema di cassazione, sez. lavoro,

dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 5 1. 482/68 per violazione

dei precetti costituzionali di cui agli art. 1, 3, 4, 35 e 38 Cost,

nella parte in cui, ravvisandosi «invalidi civili», agli effetti della disciplina sulle assunzioni obbligatorie, soltanto coloro che sono

affetti da minorazione «fisica», esclude dall'ambito della sua ap

plicazione gli «invalidi» affetti da minorazione di natura «psichi

ca», pur prevedendo (anche alla stregua delle leggi speciali) che

disciplinano diverse categorie di «invalidi», l'avviamento «obbli

gatorio» di invalidi, affetti dalla stessa malattia psichica, ma ap

partenenti a categorie diverse (invalidi di guerra, per lavoro o

per servizio); (omissis)

CORTE DI CASSAZIONE; sezione lavoro; sentenza 12 maggio

1989, n. 2169; Pres. Chiavelli, Est. Buccarelli, P.M. La Val

va (conci, conf.); Soc. Siemens Data (Avv. Gallavotti, A.

e C. Delitala) c. Sena. Conferma Trib. Napoli 14 maggio 1986.

Lavoro (collocamento e mobilità della mano d'opera) — Assun

zioni obbligatorie — Diritto alla c.d. compensazione territoria

le prima del rilascio dell'autorizzazione — Insussistenza (L. 2

aprile 1968 n. 482, disciplina generale delle assunzioni obbliga torie presso le pubbliche amministrazioni e le aziende private, art. 15, 21).

Lavoro (collocamento e mobilità della mano d'opera) — Assun

zioni obbligatorie — Diritto del datore all'assegnazione di la

voratori in possesso di determinate attitudini o di peculiari

qualificazioni professionali — Insussistenza (L. 2 aprile 1968

n. 482, art. 10, 11, 13, 21).

Non ha diritto alla c.d. compensazione territoriale il datore di

lavoro privato che, soggetto alla l. 482 del 1968 sul colloca

mento obbligatorio, ha richiesto, ma non ancora ottenuto, la

prevista autorizzazione alla compensazione. (1) Il datore di lavoro soggetto alla l. 482 del 1968 ha diritto all'av

viamento di lavoratore appartenente alla categoria, operaia o

impiegatizia, corrispondente alla richiesta, identificabile in ba

se alla iscrizione negli elenchi previsti, non invece all'assegna

zione di lavoratori in possesso di determinate attitudini o di

peculiari qualificazioni professionali. (2)

(1) Non si rinvengono precedenti in termini. Ha affermato l'inesisten za del diritto soggettivo dell'azienda alla c.d. compensazione territoriale,

per essere la relativa istanza all'autorizzazione del ministro del lavoro

e della previdenza sociale rimessa alla valutazione discrezionale di tale

autorità, Pret. Milano 3 febbraio 1983, Foro it.. Rep. 1983, voce Lavoro

(collocamento), n. 179. Cass. 16 febbraio 1985, n. 6402, id., 1986, I,

942, con nota di richiami, ha fatto riferimento, a proposito della com

pensazione territoriale, ad un «particolare beneficio» concesso da tale

ministro. Per qualche spunto in tema di compensazione territoriale, cfr.

Pret. Pavia 22 gennaio 1987, id., 1987, I, 605, con nota di richiami.

(2) Ai conformi precedenti richiamati in sentenza, tra cui Cass. 16 lu

glio 1986, n. 4608, Foro it., 1986,1, 2429, con nota di richiami (in moti

vazione), adde, circa l'irrilevanza della difformità delle attitudini

professionali possedute dal lavoratore rispetto a quelle segnalate nella ri

chiesta del datore, purché esse rientrino nella medesima categoria ex art.

2095 c.c., Cass. 2 luglio 1985, n. 3990, ibid., 731, con nota di richiami;

cfr., inoltre, Cass. 3 luglio 1987, n. 5828> id., Rep. 1987, voce Lavoro

(collocamento), n. 138. La nota cit. è in calce anche a Cass. 2 luglio

1985, n. 3991 e 24 maggio 1984, n. 3200, entrambe nell' «area» dell'attri

buzione della categoria all'invalido avviato. Sul punto cfr., pure, Trib.

Milano 18 ottobre 1986, id., Rep. 1987, voce cit., n. 144.

In materia di collocamento obbligatorio, cfr. Corte cost., ord. 25 mag

gio 1989, n. 296, in questo fascicolo, con nota di richiami.

Il Foro Italiano — 1989.

Motivi della decisione. — (Omissis) Le censure non sono

fondate.

Esaminandole nell'ordine la corte osserva.

Secondo l'articolato «sistema» del collocamento obbligatorio, come disciplinato dalla 1. 482/68, i datori di lavoro privati, sog

getti agli obblighi assuntivi dei lavoratori appartenenti alle cate

gorie «protette», sono tenuti ad inviare, alle scadenze bimestrali

previste, all'ufficio provinciale del lavoro e della massima occu

pazione (Uplmo) competente per territorio, la denuncia (v. art.

21, 1° comma, 1. cit.) del personale occupato con l'indicazione

nominativa degli «invalidi» e degli altri aventi diritto al colloca

mento obbligatorio che si trovano alle loro dipendenze; e a fare

la «richiesta» (numerica e nominativa) di avviamento allo stesso

ufficio a norma dell'art. 16, 4° e 6° comma, 1. cit., in caso di

non copertura della quota-percentuale dei posti destinati a tali

lavoratori «protetti». L'ufficio provinciale del lavoro ha quindi il potere-dovere, in

base alla «richiesta», di provvedere all'avviamento obbligatorio nell'ambito territoriale di sua competenza, nell'ambito cioè pro

vinciale, presso la «sede» o «stabilimento» o «filiale» del datore

di lavoro, che si trova ubicato nel territorio della provincia; salva

l'ipotesi della c.d. «compensazione territoriale» (art. 21, 2°, 3°

e 4° comma, 1. cit.) che opera quando l'azienda ha la sede princi

pale in una provincia, e sedi secondarie o stabilimenti nel territo

rio di una provincia diversa.

In questo caso, il datore di lavoro ha l'obbligo di fare la «de

nuncia» del personale occupato distintamente per ogni singola

provincia ai competenti uffici provinciali del lavoro e, complessi

vamente, al ministero del lavoro e della previdenza sociale: il quale, su documentata e motivata richiesta dell'azienda che svolge la

sua attività nel territorio di più province, può autorizzare il dato

re di lavoro medesimo (dopo avere sentito la commissione com

petente per il collocamento obbligatorio per ogni singola provincia) ad assumere nella provincia o nelle province indicate nella richie

sta, un numero di mutilati ed invalidi (e degli altri aventi diritto)

superiore a quello prescritto dalla legge, portando l'eccedenza a

«compenso» del minor numero di lavoratori «protetti» assunti

nelle altre.

Trattasi di un istituto tipico delle aziende che hanno la sede

(o stabilimenti) nel territorio di province diverse; e che consente

all'azienda di «compensare» i lavoratori protetti, assunti in so

prannumero nel territorio di una provincia, con quelli assunti in

meno nel territorio di un'altra: occorre a tal uopo la prevista «autorizzazione» del ministero del lavoro e della previdenza so

ciale (e che non è ovviamente necessaria nel caso di stabilimento

o sedi ubicate nella stessa provincia) su motivata (e documentata) richiesta del datore di lavoro interessato.

Con la conseguenza che, prima della «autorizzazione ministe

riale», non può l'azienda pretendere (anche se ha fatto la richie

sta) di avvalersi della «compensazione territoriale», come

disciplinata dalla 1. 482/68, non avendo la relativa domanda ef

fetto sospensivo dell'obbligo di assunzione.

D'altra parte, la stessa legge (art. 21, ultimo comma) prevede

eccezionalmente soltanto nei riguardi degli «enti pubblici» (e dei

datori di lavoro non privati, in genere, elencati nell'art. 1, 1°

comma) la facoltà di esercitare autonomamente la compensazio ne territoriale, senza bisogno dell'autorizzazione ministeriale.

Orbene, venendo al caso concreto in esame, il tribunale, facen

do corretta applicazione della procedura di avviamento obbliga

torio, come regolamentata dalla 1. 482/68, e dei principi sopra

enunciati, ha ritenuto illegittimo il rifiuto all'assunzione della la

voratrice avviata dall'ufficio provinciale del lavoro presso la fi

liale di Napoli della soc. Siemens-Data, essendo risultato che

l'azienda (anche se aveva, in realtà, fatto domanda allo scopo

di potere concentrare in sedi o filiali ubicate nel territorio di di verse province le assunzioni dei lavoratori «protetti») non aveva

mai ottenuto peraltro la prescritta «autorizzazione» ministeriale.

In tale situazione, il giudizio del tribunale, ancorato alle acqui

site risultanze documentali ed istruttorie, adeguatamente e con

gniamente motivato, è corretto (perché si adegua rigorosamente

alla disciplina normativa richiamata ed ai ricordati principi) e non merita pertanto le infondate censure proposte dalla società ricor

rente, in relazione alle quali si può rilevare (fra l'altro) e in modo

particolare: a) che l'«autorizzazione» ministeriale non ha (soltan

to) funzione di «controllo» sulla già acquisita compensazione ter

ritoriale, ricorrendone i presupposti; per guisaché, in difetto,

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