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PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE || sezione lavoro; sentenza 9 giugno 1988, n....

Date post: 31-Jan-2017
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sezione lavoro; sentenza 9 giugno 1988, n. 3894; Pres. Valente, Est. Senese, P.M. Caristo (concl. conf.); Inpdai (Avv. Di Salvo) c. Pagnano (Avv. G. Guerra, Bianchi). Cassa Trib. Tortona 14 ottobre 1985 Source: Il Foro Italiano, Vol. 112, PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE (1989), pp. 157/158-167/168 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23183739 . Accessed: 28/06/2014 17:14 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 193.142.30.55 on Sat, 28 Jun 2014 17:14:45 PM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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sezione lavoro; sentenza 9 giugno 1988, n. 3894; Pres. Valente, Est. Senese, P.M. Caristo (concl.conf.); Inpdai (Avv. Di Salvo) c. Pagnano (Avv. G. Guerra, Bianchi). Cassa Trib. Tortona 14ottobre 1985Source: Il Foro Italiano, Vol. 112, PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE(1989), pp. 157/158-167/168Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23183739 .

Accessed: 28/06/2014 17:14

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

In tali sensi va, dunque, accolto il ricorso di Di Giovanni

Vincenzo.

La sentenza impugnata va, in conseguenza, cassata e la causa

va rinviata ad altro giudice di appello, che si designa nel Tribu

nale di Termini Imerese.

Il giudice di rinvio riesaminerà la controversia, tenendo presen te il principio che tra gli emolumenti «spettanti» al conservatore

dei registri immobiliari non rientrano — ai fini del prelievo con

tributivo per il fondo di previdenza per il personale del ministro

delle finanze — le spese di ufficio, in quanto le stesse non fanno

parte della «retribuzione» del conservatore medesimo.

Ili

Svolgimento del processo e motivi della decisione. — Il dott.

Gasperi Antonio, premesso: — che aveva lavorato alle dipendenze della Pirelli s.p.a. dal

1° giugno 1955 al 31 dicembre 1984, con la qualifica, da ultimo,

di dirigente; — che aveva fruito, dal 1° dicembre 1976 alla data di cessazio

ne del rapporto, di un'autovettura tipo Lancia Prisma, messa a

sua disposizione dall'azienda per ragioni di servizio ma utilizzabi

le anche per uso proprio ed a proprio carico; — attraverso la «franchigia chilometrica forfettaria» pari, ini

zialmente, a 6000 chilometri annui e successivamente elevata a

8500 chilometri annui, era stata posta in essere, in suo favore,

una ipotesi di fringe benefit risolventesi in attribuzione patrimo

niale di ammontare annuo pari al costo del chilometraggio «in

franchigia»; tanto premesso, chiedeva che il valore della franchi

gia venisse computato nella liquidazione delle competenze di fine

rapporto (preavviso, indennità di anzianità, trattamento di fine

rapporto. Resisteva la convenuta, ritualmente costituitasi, formulando le

conclusioni in epigrafe trascritte.

Riuscita vana la conciliazione della lite, dopo l'interrogatorio

libero delle parti e la produzione della documentazione in atti

in esiti alla discussione, la causa veniva decisa con lettura del

dispositivo in calce, con rigetto delle attoree domande, per i mo

tivi di seguito esposti. Come risulta dalla stessa prospettazione attorea e dal regola

mento prodotto dal ricorrente a sostegno delle vantate ragioni,

le piccole percorrenze per raggiungere la clientela, professionisti,

consulenti erano comprese nella franchigia chilometrica forfetta

ria per servizio, a norma del punto 5 del «regolamento concessio

ne in uso di autovettura della società per servizio», che recita:

«Ai dirigenti che hanno in uso l'autovettura della società verrà

concessa una franchigia chilometrica forfettaria, da stabilirsi ca

so per caso, per tener conto delle percorrenze abituali (casa uffi

cio, stabilimento, consociate, ecc.)».

Il punto 7 del citato regolamento, poi, recita: al dirigente sarà

addebitato l'importo risultante dalla applicazione del predetto costo

chilometrico ai chilometri effettuati per uso proprio, al netto del

la franchigia di cui al punto 5. È quindi evidente che le piccole percorrenze locali per servizio

non potevano, — ex art. 2104, 2° comma, c.c. nonché 1366 e

1375 c.c. — essere esposte come soggetto a rimborso da parte

dell'azienda, dovendo per regolamento rientrare nel forfait chilo

metrico annuo e concernendo la franchigia chilometrica forfetta

ria esclusivamente le piccole percorrenze per servizio, essendo ogni

percorrenza per uso privato a carico esclusivamente sul dirigente.

La ragione per la quale le piccole percorrenze locali per servi

zio rientravano nella fattispecie chilometrica, calcolata forfetta

riamente, erano ovvie, in quanto non si era ritenuto consono allo

status di dirigente ed alle esigenze di dinamismo manageriale il

pretendere una documentazione inerente a tragitti di breve raggio

e durata, che sarebbe stata sotto certo profilo avvilente ed il cui

capillare controllo sarebbe stato persino antieconomico per

l'impresa. La facoltà di utilizzo dell'autovettura «per uso proprio ed a

proprio carico», non comportava poi la fruizione di alcuna attri

buzione retributiva in natura, dovendo il dipendente rifondere

il costo chilometrico inerente all'uso dell'autoveicolo effettuato

nel proprio interesse, costo che era peraltro determinato tenendo

conto non solo delle spese relative al carburante e al lubrificante,

Il Foro Italiano — 1989.

ma anche di quelle relative alla manutenzione ed alle riparazioni dell'autovettura (punto 3 del regolamento); il totale di tali spese

veniva, alla fine di ogni anno, diviso per il numero complessivo dei chilometri percorsi dall'autovettura, operandosi cosi, a carico

del dipendente, un addebito di spesa direttamente proporzionale all'uso nell'interesse proprio dell'autoveicolo.

La franchigia chilometrica forfettaria era quindi espressione di

una spesa sostenuta dal datore di lavoro nell'interesse proprio e non era diretta ad attuare un incremento della retribuzione del

ricorrente, il quale, in ipotesi di uso dell'autovettura in misura

inferiore a quella forfettariamente prevista, non aveva diritto ad

alcuna indennità sostitutiva, ragguagliata al chilometraggio su base

annuale non effettuato.

Sotto diverso profilo va escluso che l'uso dell'autoveicolo ine

risce al proprium della prestazione, cosicché neppure potrebbe essere ritenuto parte della stessa da considerarsi unitariamente al

le altre mercedi ai fini del computo delle voci retributive azionate

in causa (ex art. 2103 c.c.); per la parte non inequivocamente ascrivibile ad uso dell'autoveicolo per ragioni di servizio, manca

poi l'allegazione di elementi utili per potere quantificare il valore

della fruizione dell'autoveicolo per uso proprio (ubicazione del

l'abitazione del ricorrente e percorrenze effettuate). Va inoltre rilevato che il regolamento — posto dall'attore a

sostegno delle domande avanzate — qualifica come non retributi

vo l'uso dell'autoveicolo (v. punto 9 reg.). Lo stesso contratto collettivo di lavoro per i dirigenti di azien

de industriali, poi precisa: . . . «gli importi erogati per il titolo

di spese non documentabili non fanno parte della retribuzione

ad alcun effetto del presente contratto, ivi compreso il trattamen

to di fine rapporto» (art. 10). Ciò posto, quanto all'incidenza della franchigia sull'indennità

di preavviso e sull'indennità di anzianità a tutto il 31 maggio

1982, difetta la connotazione retributiva di tale trattamento ex

art. 2121 c.c.; invero l'avere, da parte del lavoratore, l'autoveico

lo del datore di lavoro nella propria disponibilità materiale, lungi dal costituire una attribuzione patrimoniale retributiva, esprime va l'esonero del dipendente da qualsivoglia gravezza inerente al

rischio d'impresa (cfr. Cass. 7 febbraio 1975, n. 451, Foro it.,

Rep. 1975, voce Lavoro (rapporto), n. 1113; 20 giugno 1981, n.

4055, id., Rep. 1981, voce cit., n. 1312; 14 marzo 1985, n. 1999,

id., Rep. 1985, voce cit., n. 1584, in ordine alla non computabili tà dei rimborsi di spese ai fini della determinazione dell'indennità

di anzianità). Quanto all'incidenza della franchigia de qua sul trattamento

di fine rapporto vi è inoltre l'espressa esclusione di tale tratta

mento dall'invocato computo prevista, dal contratto collettivo,

in conformità di quanto disposto dalla 1. 297/82 che consente

alla contrattazione collettiva di ridisegnare la struttura retributiva

ai fini del trattamento di fine rapporto (cfr. art. 1 1. cit.); tale

preclusione sarebbe ostativa all'accoglimento della domanda an

che nell'ipotesi — peraltro esclusa nel caso di specie — di ricono

sciuta natura retributiva dell'attribuzione. Per le suesposte,

assorbenti argomentazioni, le attoree domande vanno respinte.

CORTE DI CASSAZIONE; sezione lavoro; sentenza 9 giugno

1988, n. 3894; Pres. Valente, Est. Senese, P.M. Caristo (conci,

conf.); Inpdai (Avv. Di Salvo) c. Pagnano (Avv. G. Guerra,

Bianchi). Cassa Trib. Tortona 14 ottobre 1985.

Lavoro (rapporto) — Trattamento di fine rapporto — Fondo di

garanzia — Intervento — Estensione ai dipendenti di imprese

in amministrazione straordinaria — Esclusione (R.d. 16 marzo

1942 n. 267, disciplina del fallimento, art. Ili; d.l. 30 gennaio 1979 n. 26, provvedimenti urgenti per l'amministrazione straor

dinaria delle grandi imprese in crisi, art. 1; 1. 3 aprile 1979 n. 95, conversione in legge, con modificazioni, del d.l. 30 gen

naio 1979 n. 26, art. unico; d.l. 31 luglio 1981 n. 414, provve

dimenti urgenti in alcuni settori dell'economia, art. 4; 1. 2 ottobre

1981 n. 544, conversione in legge, con modificazioni, del d.l.

31 luglio 1981 n. 414, art. 1; 1. 29 maggio 1982 n. 297, discipli na del trattamento di fine rapporto e norme in materia pensio

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PARTE PRIMA

nistica, art. 2; 1. 8 giugno 1984 n. 212, norme urgenti in mate

ria di amministrazione straordinaria, art. 1; d.l. 21 febbraio

1985 n. 23, disposizioni urgenti in materia di interventi nei set

tori dell'industria e della distribuzione commerciale, art. 2; 1.

22 aprile 1985 n. 143, conversione in legge, con modificazioni, del d.l. 21 febbraio 1985 n. 23, art. 1).

L'intervento del fondo di garanzia per il pagamento del tratta

mento di fine rapporto, non si estende ai dipendenti di imprese

sottoposte alla amministrazione straordinaria. (1)

(1) Non constano precedenti sull'argomento specifico. Per l'opposta soluzione, si sono pronunciati, Pret. Roma 19 marzo 1987, Foro it., Rep. 1987, voce Lavoro (rapporto), n. 2842. Trib. Tortona 14 ottobre 1985, id., Rep. 1986, voce cit., n. 2496 (decisione ora cassata). In dottrina va

segnalato che la questione dell'intervento del fondo di garanzia per i di

pendenti di imprese in amministrazione straordinaria, è assai dibattuta; per la tesi più restrittiva, quella fondata sull'interpretazione letterale del l'art. 2 1. 297/82, che sembrerebbe escludere l'amministrazione straordi naria dalla categoria delle imprese insolventi per le quali gli istituti

previdenziali intervengono per il pagamento del trattamento di fine rap porto, si sono espressi Vallebona, Fondo di garanzia del trattamento di fine rapporto e amministrazione straordinaria, in Riv. it. dir. lav., 1986, II, 635, Id., Il trattamento di fine rapporto, Milano, 1984, 125; Ferraro, Crisi dell'impresa, procedure concorsuali e tutela dei lavorato

ri, in Riv. it. dir. lav., 1985, I, 153; per l'opposta tesi, quella che tende a conferire maggior tutela ai dipendenti, si sono pronunciati, Alessi, / debiti di massa nelle procedure concorsuali, Milano, 1987, 265; Giugni De Luca Tamajo-Ferraro, Il trattamento di fine rapporto, Padova, 1984, 144; Santoro Passarelli, Dall'indennità dì anzianità al trattamento di

fine rapporto, Milano, 1984, 205, Biolchini, Fondo di garanzia per il trattamento di fine rapporto e amministrazione straordinaria delle grandi imprese in crisi, in Riv. giur. lav., 1983, I, 248, De Luca Tamajo-Ferraro, in Nuove leggi civ., 1983, 279.

Non trascurabile è, poi, l'orientamento dell'Inps che, con circolari 7 marzo 1983, n. 470/760 e 8 marzo 1985, n. 450, ha impartito la direttiva di effettuare i pagamenti anche per l'amministrazione straordinaria.

Gli argomenti utilizzati dalla corte non sono eminentemente esegetico letterali, ma si estendono anche a valutazioni comparatistiche per dimo strare che la scelta del legislatore è ragionevole, essendo apprestati ulte riori mezzi di tutela ai dipendenti, e che sono pertanto da disattendere i dubbi di costituzionalità della norma (sui quali, in particolare, Vallebo

na, op. loc. cit.). Sotto il primo profilo, la motivazione si diffonde sulle differenze onto

logiche della amministrazione straordinaria rispetto alla liquidazione coatta

amministrativa, del che, peraltro, nessuno può seriamente dubitare (visto che nella prima la continuazione della attività è la regola, che lo scopo della conservazione della struttura aziendale è primario, che è previsto espressamente il gruppo di imprese), come si evince dalla lettura della relazione al disegno di legge per la conversione del d.l. n. 26/79, in Gaz zetta ufficiale del 6 febbraio 1979, n. 36; sul punto si possono consultare i primi commenti alla legge, Andrioli, Amministrazione straordinaria o liquidazione coatta amministrativa qualificata dalle grandi imprese in

crisi?, in Studi Ferri, 1983, 409; Cavallo-Borgia, Profili funzionali della continuazione dell'esercizio dell'impresa nell'amministrazione straordina ria e nelle procedure concorsuali, ibid., 177; Foschini, Amministrazione straordinaria e liquidazione coatta amministrativa, ibid., 433; Lo Moro

Banzi, Spunti ricostruttivi in tema di amministrazione straordinaria, in Dir. fallim., 1983, I, 375; Oppo, Profilo sistematico della amministrazio ne straordinaria delle grandi imprese in crisi, in Riv. dir. civ., 1981, I, 233; Colesanti, L'amministrazione straordinaria delle grandi imprese in

crisi, in Nuove leggi civ., 1979, 718. La motivazione trascura, invece, di considerare che il comune presup

posto delle due procedure, come di quelle di fallimento e concordato

preventivo, è l'insolvenza, termine espressamente richiamato nell'art. 2, 1° comma, 1. 297/82, laddove viene prevista l'istituzione del fondo di

garanzia per il pagamento del trattamento di fine rapporto, con lo scopo di sostituire il datore di lavoro in caso di insolvenza; la non tassatività dell'elenco contenuto nell'art. 2 si ricava, indirettamente, dal fatto che nel 5° comma viene richiamata anche l'amministrazione controllata che, come è noto, opera nel caso di temporanea difficoltà e non già di in solvenza.

A conforto: della tesi più favorevole ai dipendenti, va segnalato che l'art. 2 ter 1. 22 aprile 1985 n. 143 stabilisce testualmente: «Alle imprese sottoposte a procedura concorsuale che continuino nell'esercizio dell'im

presa, la disposizione del 6° comma dell'art. 2 1. 29 maggio 1982 n. 297, si applica con riferimento alla data di cessazione della continuazione del l'esercizio dell'impresa»; tale argomento è stato utilizzato da Alessi, op. loc. cit., e da Pret. Roma 19 marzo 1987, cit., per dimostrare che il fondo di garanzia si applica anche alle imprese sottoposte ad ammi nistrazione straordinaria, se è vero che nell'art. 2 1. 297/82 non si

Il Foro Italiano — 1989.

Svolgimento del processo. — Il Tribunale di Tortona — deci

dendo sull'appello dell'Inpdai avverso la sentenza del pretore del

la stessa città che, in accoglimento della domanda proposta dal

sig. Antonio Fagnano, aveva condannato il predetto istituto al

pagamento della somma di lire 181.100.777 per indennità di fine

rapporto oltre rivalutazione monetaria, interessi e spese — con

fermava l'impugnata sentenza, condannando l'appellante a corri

spondere l'ulteriore svalutazione monetaria e le spese del secondo

giudizio. La sentenza (30 maggio - 14 ottobre 1985) era motivata con

il rilievo che la tesi dell'Inpdai (gestore per i dirigenti di aziende

industriali del fondo di garanzia per il trattamento di fine rap

porto di cui all'art. 2 1. 297/82) — secondo la quale il fondo

non opererebbe tutte le volte che un imprenditore sia dichiarato

in stato d'insolvenza, ma solo nei casi espressamente menzionati

nei comma 2° e 4° del citato art. 2 1. 297/82 (fallimento, concor

dato preventivo, liquidazione coatta amministrativa), ai quali non

potrebbe equipararsi l'amministrazione straordinaria — condur

rebbe a conseguenze palesemente inique e discriminatorie. Irra

zionale, infatti, sarebbe un diverso trattamento tra dipendenti

d'imprese soggette a fallimento, concordato preventivo e liquida zione coatta amministrativa, e dipendenti d'imprese sottoposte ad amministrazione straordinaria il cui rapporto di lavoro sia ces

sato prima del provvedimento di ammissione alla procedura. Pa

rimenti irrazionale sarebbe il deteriore trattamento riservato ai

dipendenti d'imprese sottoposte ad amministrazione controllata, il cui rapporto pure sia cessato dopo il provvedimento che dispo ne la continuazione dell'esercizio dell'impresa (e pertanto titolari,

per il trattamento di fine rapporto, di un creditro di massa a

norma dell'art. 4/1 d.l. 414/81), nell'ipotesi di non soddisfaci

mento di tale credito da parte del commissario straordinario.

faceva alcun riferimento alla continuazione o interruzione dell'attività aziendale.

Più consistente, per contrastare l'estensione del fondo di garanzia, ap pare la seconda obiezione svolta dalla corte: per i dipendenti delle impre se in amministrazione straordinaria, l'ordinamento ha previsto altre forme di tutela, egualmente adeguate per garantire il dipendente, nel caso di

insolvenza; il riferimento diretto è al riconoscimento della natura prede ducibile del credito per trattamento di fine rapporto anche per la parte maturata mentre l'impresa era in bonis; con tale argomento la sentenza motiva la non configurabilità di una questione di legittimità costituziona le della norma invocata.

Sulla natura prededucibile del credito per indennità di anzianità (anche per la parte maturata prima del provvedimento di ammissione alla ammi nistrazione straordinaria), nonché sulle garanzie accessorie del riconosci mento del decorso di interessi e rivalutazione, cfr. Cass. 2 febbraio 1988, n. 985, Fallimento, 1988, 451; 29 luglio 1985, n. 4378, Foro it., 1985, I, 3021, alla cui nota si rinvia per ulteriori richiami, cui adde, Trib. Pa dova 19 marzo 1988, Fallimento, 1988, 1009, e, in dottrina, Alessi, op. cit., 261; per il profilo di legittimità costituzionale della 1. 212/84, Trib. Milano 13 giugno 1985, Foro it., Rep. 1986, voce Liquidazione coatta

amministrativa, n. 70.

Va, invero, rilevato che la «moltiplicazione» dei mezzi di tutela per il credito da trattamento di fine rapporto, non appare priva di logicità, avuto riguardo, quanto meno, al fatto che l'attivo dell'impresa potrebbe, in estrema ipotesi, essere insufficiente a coprire il pagamento integrale del trattamento di fine rapporto per tutti i dipendenti (talché l'intervento del fondo di garanzia diverrebbe indispensabile) o, comunque, le sovven zioni del tesoro potrebbero pervenire con minor solerzia di quanto usano fare gli enti previdenziali. Al contrario, come è stato recentemente osser

vato, Alessi, op. cit., 260, la creazione di fittizi debiti di massa (indenni tà di anzianità pregressa) incide negativamente sugli stessi lavoratori, per debiti che non riguardano la continuazione dell'impresa, ma che, dovreb bero non essere pretermessi in un'ottica di tutela piena dei crediti di lavo

ro; in buona sostanza, la prededuzione determina una frammentazione del rischio fra gli stessi lavoratori; diversamente la distribuzione del ri schio sociale dell'insolvenza con l'assunzione degli oneri da parte degli enti previdenziali in prima battuta (e poi dell'intera collettività), consenti rebbe una maggiore eguaglianza di trattamento per tutti i dipendenti.

L'applicazione del fondo di garanzia è problema che si è posto anche

per l'amministrazione controllata, secondo Pret. Chieti 29 marzo 1984, Foro it., Rep. 1984, voce Amministrazione controllata, n. 36; Trib. Ro ma 1° febbraio 1982, id., Rep. 1982, voce cit., n. 39; Soda, Il trattamen to di fine rapporto e l'amministrazione controllata, in Fallimento, 1984, 1074; Tamponi, Crediti di lavoro e pretesa analogia tra amministrazione controllata e amministrazione straordinaria, in Giur. comm., 1983, II, 104; Caiafa, Amministrazione controllata e credito di lavoro per inden nità di anzianità, in Dir. lav., 1982, II, 271.

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

Di talché — conclude il tribunale — per attribuire alle norme

un senso conforme al principio costituzionale di pari trattamento

in situazioni eguali, occorre ritenere — alla luce di un'interpreta

zione sistematica e superando le suggestioni derivanti dalla lettera

dell'art. 2 1. 297/82, che non fa espressa menzione dell'ammini

strazione straordinaria — che: a) unico presupposto per l'insor

gere, a carico del fondo di garanzia, dell'obbligo di sostituirsi

al datore di lavoro nel pagamento del trattamento di fine rappor

to è l'insolvenza di questi, accertata in modo formale e incontro

vertibile (art. 2/1 1. 297/82); b) i comma successivi al primo di

tale ultima disposizione disciplinano le modalità d'intervento sen

za delimitare l'ambito dell'intervento stesso; c) il mancato richia

mo, nel testo dell'art. 2 1. 297/82, della procedura di

amministrazione straordinaria non vale ad escludere i dipendenti

d'imprese sottoposte a tale procedura dalle garanzie del fondo,

stante la disposizione di cui all'art. 1/1, ultima parte, 1. 195/79

che equipara l'ipotesi di amministrazione straordinaria a quello

di liquidazione coatta amministrativa espressamente richiamata

dal citato art. 2 1. 297/82.

Avverso la suddetta sentenza del Tribunale di Tortona ricorre

per cassazione l'Inpdai per due motivi illustrati anche da memo

ria. Resiste il Fagnano con controricorso, anch'esso illustrato da

memoria.

Motivi della decisione. — Col primo motivo di ricorso — de

nunciando contraddittorietà di motivazione su punto decisivo della

controversia concernente l'applicazione dell'art. 2 1. n. 297 del

1982 (art. 360, n. 5, c.p.c.) — il ricorrente istituto censura la

sentenza impugnata perché la stessa — dopo aver riconosciuto

la linearità dell'interpretazione dell'art. 2 1. 297/82 sostenuta dal

l'Inpdai, offrendo agli interrogativi ed alle perplessità ermeneuti

che sollevate dalla suddetta norma plausibili risposte tutte

cospiranti nel senso di escludere l'amministrazione straordinaria

dall'ambito di operatività del fondo di garanzia, ha, poi, con

traddittoriamente, respinto la suddetta interpretazione in consi

derazione della sua pretesa iniquità, adottando l'opposta soluzione

che amplia illegittimamente l'area di operatività della disposizio

ne in esame.

Con il secondo motivo — denunciando violazione e falsa ap

plicazione dell'art. 2 1. 297/82 (art. 360, n. 3, c.p.c.) — il ricor

rente censura l'impugnata sentenza per aver questa ritenuto che

l'intervento del fondo di garanzia si estenda ai dipendenti delle

imprese di amministrazione straordinaria sulla scorta dell'erronea

ed arbitraria equiparazione di quest'ultima procedura alla liqui

dazione coatta amministrativa, trascurando di considerare le pro

fonde differenze (evidenziate dalla dottrina oltre che dalla relazione

governativa al disegno di legge di conversione del d.l. 26/79 isti

tutivo dell'amministrazione straordinaria) correnti tra liquidazio

ne coatta amministrativa e amministrazione straordinaria e, più

in generale, tra le procedure aventi come comune presupposto

il dissesto irreversibile della impresa (fallimento, concordato pre

ventivo e liquidazione coatta amministrativa) e le procedure (co

me l'amministrazione straordinaria e l'amministrazione controllata,

anch'essa esclusa dall'ambito d'intervento del fondo) caratteriz

zate invece dalla finalità della prosecuzione e del risanamento del

l'attività produttiva dissestate. L'omessa considerazione di tale

diversità avrebbe indotto il tribunale a valorizzare erroneamente

solo il 1° comma dell'art. 2 1. 297/82, ritenendo che unico pre

supposto per l'intervento del fondo sia lo stato d'insolvenza del

datore di lavoro, ed a considerare non decisiva, ai fini della rico

struzione del precetto legislativo, l'omessa menzione dell'ammini

strazione straordinaria nei successivi commi ove si fa riferimento

soltanto al fallimento, al concordato preventivo ed alla liquida

zione coatta amministrativa. Tale omessa menzione, al contrario,

rivela tutto il suo significato, ai fini di una corretta interpretazio

ne della norma sopra citata, se valutata alla luce del complessivo

sistema della legislazione concernente l'amministrazione straordi

naria, ed in particolare della disposizione dell'art. 4/1 d.l. 414/81

che, vigente già all'epoca dell'emanazione della 1. 297/82, statui

va il carattere di debito di massa per l'intero importo delle inden

nità di anzianità spettanti ai dipendenti d'imprese in

amministrazione straordinaria, il cui rapporto di lavoro fosse ces

sato dopo l'emanazione del provvedimento autorizzativo della con

tinuazione dell'esercizio dell'impresa. La natura profondamente

innovativa di tale disposizione, che non trova riscontro nelle altre

procedure concorsuali, sanciva — già all'epoca dell'approvazione

della legge sul trattamento di fine rapporto — una profonda dif

II Foro Italiano — 1989.

ferenza tra il regime dell'indennità di anzianità spettante ai di

pendenti di imprese in amministrazione straordinaria e la discipli

na della stessa indennità per i dipendenti d'imprese sottoposte

alle altre procedure concorsuali, assegnando all'omessa menzione

della prima procedura nel testo dell'art. 2 1. 297/82 un decisivo

rilievo ermeneutico ai fini della delimitazione dell'ambito di ope

ratività del fondo di garanzia. I due mezzi devono essere esaminati congiuntamente, postoché

— attraverso di essi — si propone in sostanza la medesima censu

ra: infatti il vizio di motivazione denunciato col primo motivo,

in tanto potrebbe condurre — se sussistente — all'annullamento

della sentenza impugnata, in quanto la conclusione, cui il tribu

nale perviene in punto di interpretazione dell'art. 2 1. 297/82 a

seguito di ragionamento asseritamente contraddittorio, fosse non

conforme a diritto; dovendosi escludere, in caso contrario, una

pronuncia di annullamento e rimanendo il potere-dovere di que

sta corte limitato alla sola correzione della motivazione in ipotesi

errata (cfr. Cass. n. 1753/85, Foro it., Rep. 1985, voce Previden

za sociale, n. 435; n. 27/79, id., Rep. 1979, voce Cassazione civi

le, n. 98; n. 3993/78, id., Rep. 1978, voce cit., n. 321; n. 1/75,

id., 1975, I, 304, e numerose altre).

Pertanto, il problema all'esame di questa corte si riduce alla

questione se l'intervento del fondo di garanzia per il trattamento

di fine rapporto, istituito con l'art. 2 1. 297/82, si estende o meno

ai dipendenti d'imprese in amministrazione straordinaria.

Trattasi di problema che si presenta per la prima volta all'esa

me della corte e sul quale le posizioni della dottrina risultano

divise e segnate da notevoli incertezze e perplessità, non mancan

do, tra i sostenitori della tesi negativa, coloro che ritengono che

la volontà negativa di legge sul punto dia luogo a non infondati

dubbi di costituzionalità. 1. - I sostenitori della soluzione affermativa, e la stessa senten

za impugnata, pervengono alla conclusione che l'omessa menzio

ne della amministrazione straordinaria nel testo dell'art. 2 sopra

citato non costituisce ostacolo all'applicazione della garanzia an

che nei confronti dei dipendenti d'imprese sottoposte all'anzidet

ta procedura, in quanto: a) il presupposto per l'intervento del

fondo, indicato nel 1° comma della disposizione in esame nella

insolvenza del datore di lavoro, sussiste anche nella ipotesi di

amministrazione straordinaria; b) l'omessa menzione di tale pro

cedura nei successivi commi (nei quali si stabiliscono i tempi ed

1 modi d'intervento del fondo) troverebbe ragione in ciò che al

l'amministrazione straordinaria si applicano, per effetto del ri

chiamo contenuto nell'art. 1/3 1. 95/79, le disposizioni dettate

dalla legge fallimentare per la liquidazione coatta amministrativa,

espressamente richiamata dal 4° comma del più volte citato art.

2 1. 297/82. Un'attenta lettura del 10 comma di quest'ultima norma smen

tisce, però, l'assunto secondo cui esso indicherebbe lo stato d'in

solvenza come situazione cui consegue automaticamente — anche

se con modalità diverse caso per caso — l'intervento del fondo.

Dispone infatti il suddetto 1° comma: «È istituito presso l'Istitu

to della previdenza sociale il 'fondo di garanzia per il trattamento

di fine rapporto' con lo scopo di sostituire il datore di lavoro

in caso d'insolvenza del medesimo nel pagamento del trattamen

to di fine rapporto, di cui all'art. 2120 c.c., spettante ai lavorato

ri o loro aventi diritto».

II precetto legislativo, desumibile dalla formulazione sopra ri

portata, appare rivolto all'istituzione del fondo ed all'enunciazio

ne delle sue finalità (indispensabile per connotare il neo-istituito

fondo) e non anche alla indicazione delle condizioni in presenza

delle quali se ne legittima l'intervento.

L'insolvenza del datore di lavoro si trova menzionata, nel testo

della disposizione in esame, non già nel significato specifico che

essa assume nell'art. 5 1. fall., per farne la condizione che deter

mina l'obbligo di pagamento a carico del fondo, ma piuttosto

come genetica situazione caratterizzante il patrimonio del debito

re inadempiente, per garantire la cui obbligazione il fondo stesso

è istituito. La puntuale indicazione delle condizioni che determi

nano l'obbligo di pagamento da parte di quest'ultimo, certo nel

quadro delle finalità per le quali esso è stato istituito, si trova

invece formulata nei successivi commi, da due a cinque, dello

stesso art. 2, ove — per le imprese soggette alle disposizioni del

r.d. 267/42 — si enunciano le ipotesi dell'imprenditore fallito,

ovvero ammesso a concordato preventivo ovvero ancora sottopo

sto a liquidazione coatta amministrativa, e si tace invece dell'im

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PARTE PRIMA

prenditore sottoposto ad amministrazione straordinaria. Né può valere il rilievo secondo il quale quest'ultima ipotesi deve ritener

si compresa nella menzione della liquidazione coatta amministra

tiva a stregua del disposto dell'ultimo comma dell'art. 1 1. 95/79

che sancisce che «a tutti gli effetti stabiliti dalla legge fallimenta

re» il provvedimento ministeriale che dispone l'amministrazione

straordinaria «è equiparato al decreto che ordina la liquidazione coatta amministrativa» e che «la procedura è disciplinata... dagli art. 195 ss. e dall'art. 237 1. fall.».

Infatti, com'è stato esattamente osservato, l'equiparazione è

sancita ai soli effetti stabiliti dalla legge fallimentare e non anche

ad altri effetti, quali quelli previsti da diverse leggi e segnatamen te dalla 1. 297/82; ed il richiamo degli art. 195 ss. e 237 1. fall. — anche ove sia da intendere come rinvio formale — investireb

be comunque solo eventuali «novelle» di tale legge e non altre

norme.

Insomma, a) che il fondo sia stato istituito «con lo scopo di

sostituire il datore di lavoro in caso d'insolvenza», non significa necessariamente che esso sia tenuto ad intervenire in tutti i casi

di datori di lavoro insolventi, una volta che le successive disposi zioni della norma istitutiva precisano casi e modi d'intervento

per singole categorie di datori di lavoro insolventi; b) i richiami

alla disciplina della liquidazione coatta amministrativa, contenuti

nella legge istitutiva dell'amministrazione straordinaria, non im

plicano anche richiamo di quest'ultima procedura ai fini dell'o

peratività del fondo di garanzia del trattamento di fine rapporto, in quanto essi si riferiscono solo alle disposizioni della legge falli

mentare e non anche ad altre disposizioni riguardanti la liquida zione coatta amministrativa.

2. - Ma, soprattutto, i suddetti richiami si rivelano del tutto inidonei a sorreggere le conclusioni che vorrebbero trarsene ai

fini del problema in esame, alla luce delle profonde differenze

correnti tra amministrazione straordinaria e liquidazione coatta

amministrativa: la prima intesa «a mantenere in vita le aziende

risanabili...» ed a garantire «la prosecuzione della gestione del

l'impresa» (relazione governativa al disegno di legge di conver

sione del d.l. 26/79 istitutivo della procedura in argomento); la

seconda «normalmente predisposta alla soppressione dell'ente con finalità d'ordine prettamente pubblicistico» (Cass. n. 272/72, id.,

Rep. 1972, voce Liquidazione coatta amministrativa, n. 10). Tali differenze — rilevate dalla più attenta dottrina — trovano

significativa espressione in alcuni dati normativi (quali la possibi lità per il commissario dell'amministrazione straordinaria di pro cedere addirittura a nuovi investimenti per il «completamento degli impianti» e di ricorrere a tal fine a finanziamenti garantiti dal tesoro: art. 2/5 e 2 bis/1 1. n. 95/79 cosi come succ. mod.); i

quali divaricano sensibilmente il modello dell'amministrazione straordinaria dai dati di fondo che, al di là delle specifiche diffe

renze, accomunano le procedure concorsuali espressamente con

template nell'art. 2 1. 297/82; al punto che la dottrina ha finito con il riconoscere nelle procedure in esame «forti caratteri di ati

picità» rispetto alle altre procedure concorsuali. Caratteri di ati

picità che investono proprio il rapporto tra dissesto dell'impresa e situazione dei lavoratori da essa dipendenti, la cui tutela (intesa in senso ancora generico) altera profondamente la par condicio

degli altri creditori sacrificandone le ragioni al «diritto all'occu

pazione» (se non proprio al mantenimento del posto di lavoro dei lavoratori.

Un tale connotato della procedura, già desumibile dalla com

plessiva disciplina della stessa (implicante sostanzialmente la sal

vaguardia dell'organizzazione produttiva e dell'occupazione a spese del creditore le cui ragioni vengono «congelate» senza la contro

partita della liquidazione dell'attivo a fini satisfattori e concor

suali), ha ben presto trovato uno specifico punto di manifestazione

proprio sul terreno dell'indennità di anzianità, attraverso il d.l. 414/81 (conv. in 1. 544/81), il cui art. 4 al 1° comma dispone: «Le indennità di anzianità dovute ai dipendenti delle imprese sot

toposte alla procedura di amministrazione straordinaria..., il cui

rapporto di lavoro sia cessato dopo l'emanazione del provvedi mento che dispone la continuazione dell'esercizio dell'impresa da

parte del commissario..., sono considerate, per il loro intero im

porto, come debiti contratti per la continuazione dell'esercizio

dell'impresa agli effetti dell'art. Ili r.d. 16 marzo 1942 n. 267». Trattasi di norma che — incidendo, per le sole imprese di ammi nistrazione straordinaria, sul consolidato indirizzo di questa corte

che, a partire da sez. un. 2501/66 (id., 1967, I, 1281), ritiene debito di massa solo la quota di indennità di anzianità corrispon

II Foro Italiano — 1989.

dente al periodo maturato dopo il provvedimento che dispone la continuazione dell'esercizio dell'impresa — introduce una so

stanziale disparità di trattamento nel regime dell'indennità di fine

rapporto tra lavoratori dipendenti da imprese in amministrazione

straordinaria e lavoratori dipendenti da imprese sottoposte ad al

tre procedure concorsuali, e squilibra ulteriormente, a favore dei

primi, il rapporto tra la tutela dei loro interessi e la tutela degli interessi degli altri creditori dell'imprenditore insolvente. Ed in

fatti il provvedimento legislativo di cui sopra sollevò vivacissime

critiche nella dottrina, che lo avverti come un provvedimento di

«rottura» ovvero credette di scorgervi (a torto) un intervento in

teso ad incidere sulla consolidata giurisprudenza sopra ricordata

in punto di frazionabilità dell'indennità di anzianità maturata dopo il provvedimento di autorizzazione alla continuazione dell'eserci

zio dell'impresa soggetta a procedura concorsuale. Né meno vi

vaci furono le critiche in sede parlamentare (cfr. intervento dell'on.

G. Minnervini alla camera dei deputati, nella discussione sulla

conversione del d.l. n. 414/81, seduta del 22 settembre 1981, in

Giur. comm., 1981, I, 900 ss.). 3. - Anche alla luce di tali vicende, precedenti di pochi mesi

soltanto la discussione e l'approvazione della 1. 297/82, e tali da

sottolineare con forza gli elementi di divaricazione dell'ammini

strazione straordinaria dalle altre procedure concorsuali, sembra

arduo sostenere che il legislatore, nel confezionare il provvedi mento legislativo appena ricordato, possa aver ritenuto di com

prendere la procedura in esame tra quelle che danno luogo all'intervento del fondo di garanzia attraverso il solo richiamo

della liquidazione coatta amministrativa; e che la mancata espres sa previsione dell'amministrazione straordinaria non traducesse,

invece, un'inequivoca volontà legislativa intesa ad escludere i di

pendenti d'imprese sottoposte a tale procedura dai beneficiari del

l'intervento del fondo. Del resto, anche l'agguerrita dottrina che

sostiene l'estensione del fondo a tali lavoratori inclina, per lo

più, a scartare una ipotesi siffatta.

Peraltro, il citato d.l. 414/81 non vale solo ad illuminare sugli intenti del legislatore del 1982 (sui quali cfr. Cass. 2663/83, Foro

it., Rep. 1983, voct Legge, n. 34; 5493/83, ibid., n. 35), ma som

ministra anche un elemento d'interpretazione sistematica non se

condario.

Infatti, il trattamento particolare riservato con quel decreto legge al credito per indennità di fine rapporto dei dipendenti di imprese in amministrazione straordinaria è stato ulteriormente sviluppato con due successivi provvedimenti legislativi: la 1. 212/84 che, nel

convertire il d.l. 62/84, ha disposto che siano considerati come debiti contratti per l'esercizio dell'impresa i debiti per indennità di anzianità dovute ai dipendenti delle imprese sottoposte ad am ministrazione straordinaria, il cui rapporto di lavoro sia cessato a decorrere dai due anni precedenti il provvedimento che dispone la continuazione dell'esercizio dell'impresa; e la 1. n. 143/85 che, nel convertire il d.l. 23/85, ha ulteriormente ampliato il suddetto beneficio estendendolo anche ai dipendenti delle imprese che, pur non avendo ottenuto la continuazione dell'esercizio, facciano parte dello stesso gruppo cui appartiene l'impresa in amministrazione straordinaria per la quale sia stata disposta tale continuazione. I suddetti provvedimenti legislativi — innestandosi sulla ricordata

disposizione dell'art. 4/1 d.l. n. 414/81 ed estendendone la por tata in via generale a tutto l'ambito delle imprese in amministra zione straordinaria, secondo linee che erano già state anticipate in alcune leggi-provvedimento (cfr., ad es., art. 2 d.l. 185/82, conv. in 1. 381/82 relativo alle imprese di navigazione marittima) — denotano il cit. d.l. 414/81 come la prima rilevante tessera di un regime speciale dell'indennità di anzianità spettante ai di

pendenti di imprese poste in amministrazione straordinaria; regi me speciale che mal si concilierebbe (se non a costo di

un'ingiustificata disparità di trattamento a danno dei dipendenti da imprese sottoposte ad altre procedure concorsuali) con l'esten

sione, ai lavoratori che ne sono beneficiari, della garanzia del fondo.

Per altro verso, non è senza significato la circostanza che il

legislatore, delle numerose e diverse critiche avanzate a proposito dell'art. 4/1 d.l. 414/81 abbia ritenuto solo quelle che denuncia vano la discriminazione che la disposizione introduceva, all'inter no degli stessi dipendenti d'imprese sottoposte ad amministrazione

straordinaria, tra coloro il cui rapporto di lavoro fosse cessato

dopo il provvedimento di continuazione dell'impresa e coloro il cui rapporto fosse cessato prima. In tal modo, da un canto, sono state rifiutate tutte quelle interpretazioni che tendevano a scor

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

gere nel citato art. 4/1 l'espressione di un principio generale ap

plicabile a tutte le procedure concorsuali; dall'altro, è stato ulte

riormente riaffermato il carattere atipico dell'amministrazione

straordinaria e la sua eterogeneità rispetto alle comuni procedure

concorsuali, offrendo base ancora più solida alla tesi che, da tali

caratteri, argomentava la non applicabilità alla procedura in esa

me della disposizione dell'art. 21. 297/82. D'altronde, com'è sta

to osservato in dottrina, «previsioni di questo genere,

temporalmente successive all'entrata in vigore della 1. n. 297 del

1982, non sono francamente giustificabili se non sul presupposto

dell'inapplicabilità della disciplina di cui all'art. 2 1. cit. ai dipen denti d'imprese in amministrazione straordinaria». E che tale fosse

il presupposto da cui muovevano i conditores, risulta dai lavori

parlamentari (cfr. ad es. intervento on. Marte Ferrari e replica

del rappresentante del governo nella seduta del 6 giugno 1984

della camera dei deputati, IX legislatura, in sede di conversione

del d.l. 62/84). 4. - Il criterio letterale, quello logico-sistematico ed i lavori

preparatori cospirano dunque univocamente nel senso di esclude

re che la volontà di legge espressasi nell'art. 2 1. 297/82 compren

de nell'ambito di operatività del fondo di garanzia le indennità

di trattamento di fine rapporto dovute ai dipendenti d'imprese

in amministrazione straordinaria. Sicché, alla luce dei dati sopra

richiamati e delle considerazioni svolte, risulta non decisivo l'ar

gomento di maggior peso avanzato dai sostenitori dell'opposta

soluzione, ripreso dal resistente e costituente il nucleo centrale

della ratio decidendi della sentenza impugnata: e cioè che, se dal

l'intervento del fondo fosse esclusa l'amministrazione straordina

ria, il diritto del lavoratore a percepire il trattamento di fine

rapporto sarebbe diversamente tutelato a seconda del tipo di pro

cedura concorsuale cui l'imprenditore viene sottoposto.

Un tale argomento, invero, tanto quanto è utilizzato come cri

terio ermeneutico (sulla scorta dell'insegnamento di sez. un. 674/71,

id., Rep. 1971, voce cit., n. 49), per dedurre dal testo del più

volte citato art. 2 una volontà intesa a ricomprendere l'ipotesi

di amministrazione straordinaria tra quelle per le quali è previsto

l'intervento del fondo, si spunta contro una ricostruzione del con

tenuto precettivo della citata disposizione siccome univocamente

rivolto (secondo quanto sopra osservato) all'esclusione di siffatta

estensione.

Per la parte in cui, invece, lo stesso argomento viene avanzato

per fondare un sospetto d'illegittimità costituzionale della norma,

intesa nel senso ora precisato, essa incontra le obiezioni: a) che

— grazie al carattere di credito di massa attribuito dal legislatore

all'indennità di trattamento di fine rapporto maturata dai dipen

denti d'imprese sottoposte ad amministrazione straordinaria (an

che se il relativo rapporto sia cessato prima del provvedimento

che dispone la continuazione dell'esercizio dell'impresa, purché

non anteriormente ad un biennio da tale provvedimento) — il

diritto al trattamento di fine rapporto spettante a tali dipendenti

è bensì tutelato diversamente rispetto all'analogo diritto dei di

pendenti d'imprese sottoposte a fallimento, concordato preventi

vo o liquidazione coatta amministrativa, ma non in modo

assolutamente deteriore; e b) che tale diversità di tutela (non inte

grante, ripetesi, una discriminazione pregiudizievole) trova ragio

ne nelle profonde differenze correnti tra l'amministrazione

straordinaria e le procedure concorsuali sopra ricordate.

Ed invero — a differenza dei dipendenti da imprese sottoposte

alle procedure da ultimo ricordate, per i quali l'importo del corri

spondente all'anzianità maturata sino alla sentenza di fallimento

(o provvedimento equiparato ex art. 2 1. 297/82) resta «cristalliz

zato» nella somma dovuta a tale momento e non è suscettibile

di rivalutazione monetaria (da ultimo, Corte cost. n. 139/81, id.,

1981,1, 2348, e sez. un. 1670/82, id., 1982,1, 975) — i dipenden ti d'imprese sottoposte ad amministrazione straordinaria hanno

diritto, in quanto titolari di un credito verso la massa, alla rivalu

tazione monetaria sull'intero ammontare del proprio credito di

trattamento di fine rapporto (Cass. 4378/85, id., 1985, I, 3121). Ciò, ovviamente, sempreché il relativo rapporto sia cessato in

data non anteriore al biennio precedente il provvedimento che

dispone la continuazione dell'esercizio dell'impresa, termine pe

raltro ragionevolmente sufficiente a far salve le ragioni di un la

voratore usualmente diligente (il provvedimento di continuazione

dell'esercizio dell'impresa, d'altro canto, è contestuale o segue

a brevissimo intervallo quello che sottopone l'impresa ad ammi

nistrazione straordinaria.

Il Foro Italiano — 1989.

Una tale disciplina realizza una delle funzioni assegnate comu

nemente al fondo di garanzia (tener indenne il lavoratore, alme

no in parte, dal pregiudizio derivante dal ritardo nel pagamento

per effetto della svalutazione non ristorata a causa della ricorda

ta «cristallizzazione») in modo più completo di quanto non av

venga attraverso il fondo.

Per altro verso, il presumibile maggior ritardo nel pagamento del trattamento di fine rapporto e la relativa alea nella realizza

zione del credito, cui sono esposti i dipendenti di imprese in am

ministrazione straordinaria, non sembrano di portata tale da

incidere sulla diversa tutela loro accordata in modo cosi pene trante da far apparire come irrazionale il diverso regime.

Occorre infatti considerare al riguardo che la continuazione del

l'esercizio dell'impresa nell'amministrazione straordinaria si ac

compagna di norma alla somministrazione, attraverso la garanzia

del tesoro, di mezzi finanziari al commissario per la gestione cor

rente (art. 2 bis 1. 95/79 e succ. mod.); che il commissario è

pur sempre istituzionalmente tenuto ad amministrare correttamente

tali fondi, facendo fronte alle spese correnti tra le quali rientra

il pagamento dei debiti contratti per la continuazione dell'eserci

zio dell'impresa; che non sussiste alcun ostacolo a che lo stesso

provveda al pagamento di tali debiti durante l'amministrazione

straordinaria, senz'esser costretto ad attendere la chiusura della

procedura; che risulterebbe intrinsecamente contraddittorio con

le finalità dell'amministrazione straordinaria e le direttive di so

stegno delle ragioni creditorie dei lavoratori, oggettivamente insi

te nei vari provvedimenti legislativi concernenti il trattamento di

fine rapporto sopra ricordati, un atteggiamento ingiustificatamente

dilatorio da parte dei commissari; che, infine, ove un tale atteg

giamento si verificasse, la (in ipotesi, ritenuta, anche per effetto

dell'art. 4/2 d.l. 414/81) paralisi di ogni azione verso l'ammini

strazione straordinaria potrebbe porre un problema di legittimità

costituzionale, non già del regime in esame ma della disciplina

di temporanea improponibilità della domanda alla stregua del

l'art. 24/1 Cost.

Più in generale, peraltro, deve rilevarsi come il regime in esame

s'iscriva in una linea di politica legislativa della quale è parte

integrante il tentativo di salvaguardare i livelli di occupazione e

le strutture produttive; e che — indipendentemente dal giudizio

(che in questa sede non rileva) che dall'efficacia di tale linea può

esser dato — il tipo di tutela offerta al credito per trattamento

di fine rapporto con tale regime, in quanto parte integrante di

quella linea, non può esser valutato prescindendo dal prosegui

mento dell'attività produttiva che, attraverso l'amministrazione

straordinaria, si persegue. In questa prospettiva, la trasformazione del credito di tratta

mento di fine rapporto in credito per la continuazione dell'eserci

zio dell'impresa si presenta — come pure è stato osservato —

quale tecnica di garanzia delle ragioni creditorie del lavoratore

diversa ed alternativa rispetto a quella rappresentata dalla socia

lizzazione del rischio attraverso il fondo di garanzia, con diversi

vantaggi e diversi costi (anche in termini di ceti e gruppi chiamati

a sopportarli); ma tale diversità non sembra tale da fondare una

disparità di trattamento di per sé irrazionale, al di là dei rilievi

generalmente mossi dalla dottrina e dal giudice delle leggi all'in

tero sistema 'di superspeciali leggi e decreti-legge di vari gradi'

(cosi Corte cost. n. 41/85, id., 1985, I, 2203) attraverso cui si

manifesta la legislazione in materia.

Né può tacersi che, a seguito del 2° comma inserito nel testo

dell'art. 2 d.l. 23/85 dalla legge di conversione n. 143/85, «alle

imprese sottoposte a procedura concorsuale, che continuino nel

l'esercizio dell'impresa, la disposizione del 6° comma dell'art. 2

1. 297/82 si applica con riferimento alla data di cessazione della

continuazione dell'impresa». Disposizione, questa, che sembra in

dicare come la continuazione dell'esercizio dell'impresa (che, co

me si dirà subito, nell'amministrazione straordinaria costituisce

la regola) venga ormai assunta come escludente l'operatività del

fondo anche nelle altre procedure concorsuali, ribadendosi in tal

modo il carattere, alternativo all'intervento di detto fondo, dei

provvedimenti intesi alla continuazione dell'attività produttiva.

Infine, è a dire che a diverse conclusioni non potrebbe indurre

il rilievo che la particolare tutela in esame si applica solo ai di

pendenti delle imprese in amministrazione straordinaria per le quali

sia stata disposta la continuazione dell'impresa, e, pertanto, ge

nera un'ingiustificata disparità di trattamento nei confronti dei

dipendenti di quelle imprese, anche esse in amministrazione straor

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PARTE PRIMA

dinaria, per i quali tale continuazione non venga disposta. Una

tale osservazione (che nella fattispecie in esame sarebbe comun

que priva di rilevanza poiché è incontestato che l'impresa dalla

quale il Fagnani dipendeva sia stata autorizzata alla continuazio

ne dell'esercizio) non tiene conto che, al di là della formulazione

dell'art. 2/1 1. 95/79 («... può essere disposta... la continuazione

dell'esercizio dell'impresa...»), un tale provvedimento accompa

gna sempre nella realtà la disposizione straordinaria, delle cui

finalità rappresenta il normale strumento d'attuazione.

5. - Alla stregua delle considerazioni sopra svolte, il ricorso

dev'essere accolto e la sentenza impugnata dev'esser annullata con

rinvio della causa ad altro giudice equiordinato, che si designa nel Tribunale di Alessandria, il quale si atterrà al seguente princi

pio di diritto: «L'intervento del fondo di garanzia per il tratta

mento di fine rapporto, di cui all'art. 2 1. n. 297 del 1982, è

escluso per i dipendenti delle imprese per le quali sia stata dispo sta la procedura di amministrazione straordinaria e la continua

zione nell'esercizio dell'impresa».

CORTE DI CASSAZIONE; sezione I civile; sentenza 29 aprile

1988, n. 3233; Pres. Vela, Est. Catamo, P. M. Virgilio (conci,

conf.); Latagliata (Avv. Mazza) c. Min. interno. Cassa senza

rinvio Pret. Roma 28 giugno 1983.

Circolazione stradale — Contravvenzione — Verbale — Notifica

al vicino di casa — Nullità — Fattispecie (Cod. proc. civ., art.

360; cod. proc. pen., art. 169, 179; 1. 3 maggio 1967 n. 317, modificazioni al sistema sanzionatorio delle norme in tema di

circolazione stradale e delle norme dei regolamenti locali, art.

6; d.p.r. 15 giugno 1959 n. 393, t.u. delle norme sulla circola

zione stradale, art. 141).

Il processo verbale di accertamento dell'infrazione stradale va no

tificato ex art. 141 d.p.r. 393/59 seguendo le norme in vigore

per la notificazione degli atti giudiziari in materia penale; per

tanto, è nulla la notificazione fatta nelle mani del vicino di

casa. (1)

(1) Non constano precedenti specifici in termini. Ad avviso della corte, comunque, la nullità della notificazione del pro

cesso verbale d'accertamento dell'infrazione stradale sarebbe esistita an che a volere ritenere applicabili le norme dettate in tema di notificazione di atti civili, in quanto nella relata di notifica non erano state indicate le ragioni per le quali l'avviso non era stato consegnato al destinatario o ad una delle altre persone che nell'ordine tassativo contemplato nel l'art. 139 c.p.c. precedono il vicino di casa. In termini, v. Cass. 21 no vembre 1983, n. 6956, Foro it., Rep. 1983, voce Notificazione civile, n.

17; 4 ottobre 1982, n. 5086, ibid., n. 18 (e in Giur. it., 1983, I, 1, 1286, con nota di Guarnieri); 14 dicembre 1978, n. 5943, Foro it., Rep. 1978, voce cit., n. 24; 14 novembre 1978, n. 5246, ibid., n. 30; 27 giugno 1978, n. 3165, ibid., n. 25; 10 marzo 1967, n. 574, id., 1968, I, 526.

In ordine agli accertamenti delle infrazioni al codice della strada, v. Cass. 17 maggio 1984, n. 3045, id., Rep. 1984, voce Circolazione strada

le, n. 155 (e in Giust. civ., 1984, I, 2461, con nota di M. Finocchiaro), per la quale è a carico dell'amministratore l'onere della prova della rego lare notifica del verbale di contravvenzione.

Nel senso che legittimato passivo nel giudizio contro l'ordinanza pre fettizia irrogante una sanzione pecuniaria per la trasgressione alle norme sulla circolazione stradale è esclusivamente il prefetto che ha emanato l'ordinanza e non anche il ministro dell'interno, v. Cass. 26 ottobre 1983, n. 6319, Foro it., Rep. 1984, voce cit., n. 156; 17 maggio 1984, n. 3045, ibid., n. 157 (e in Giust. civ., 1984, I, 2461, con nota di M. Finocchia

ro); 8 luglio 1983, n. 4608, Foro it., Rep. 1983, voce cit., n. 169.

Infine, secondo Cass. 20 aprile 1985, n. 2609, id., Rep. 1985, voce

cit., n. 117, l'inappellabilità della sentenza resa dal pretore in sede di

opposizione avverso l'ordinanza-ingiunzione irrogativa di sanzione pecu niaria amministrativa ex art. 9, ultimo comma, 1. 3 maggio 1967 n. 317, non implica violazione dei principi fissati dagli art. 3 e 24 Cost., dal momento che la regola del doppio grado di giurisdizione non ha rilevanza costituzionalmente garantita. Peraltro, si afferma che tale sentenza può essere oggetto di ricorso per cassazione ex art. Ill Cost.: Cass. 13 mag gio 1986, n. 3165, id., Rep. 1986, voce cit., n. 120; 27 giugno 1933, n. 4408, id., Rep. 1983, voce cit., n. 170.

Il Foro Italiano — 1989.

Svolgimento del processo. — La mattina del 19 dicembre 1979

i vigili urbani di Roma trovarono l'autovettura targata Roma

587141 sul lungotevere in Augusta in zona vietata alla sosta e,

non essendovi il conducente, provvidero a notificare gli estremi

della infrazione commessa all'intestatario del documento di cir

colazione del veicolo: Angelo Raffaele Latagliata. Avendo questi omesso di avvalersi della facoltà di definire l'in

frazione in via breve, i vigili urbani inoltrarono rapporto al pre

fetto di Roma, il quale, con ordinanza del 12 ottobre 1981, applicò

la sanzione amministrativa del pagamento di 9.000 lire.

Contro detta ordinanza il trasgressore, con ricorso del 17 no

vembre 1981, propose opposizione, che, però, venne respinta dal

Pretore di Roma con sentenza del 10 maggio - 28 giugno 1983.

Contro la sentenza del pretore il soccombente ha proposto ri

corso per cassazione in base a cinque motivi illustrati da memo

ria. La parte avversaria ha resistito con controricorso.

Motivi della decisione. — Con il primo motivo il ricorrente,

denunciando violazione dell'art. 9 1. 3 maggio 1967 n. 317, in

relazione all'art. 360, 1° comma, n. 3, c.p.c., critica il giudizio di legittimità del provvedimento impugnato, insistendo nell'ecce

pita incompetenza del vice prefetto ispettore che ebbe ad adottar

lo, spettando la competenza al riguardo unicamente al prefetto

o al vice prefetto vicario, ed essendo stata conferita una delega al predetto funzionario successivamente alla adozione dell'atto

in questione. Con il secondo motivo, denunciando violazione dell'art. 141

codice della strada e dell'art. 139 c.p.c. in relazione all'art. 360, 1° comma, c.p.c. lamenta la nullità della notificazione del pro cesso verbale della infrazione contestatagli, in quanto la relativa

copia sarebbe stata consegnata direttamente ad un vicino di casa, senza che risultasse alcuna ricerca da parte dell'ufficiale proce dente delle persone anteposte a tale soggetto nella legittimazione a ricevere la copia dell'atto notificato, a parte che, dovendosi

applicare in ordine alle infrazioni alla disciplina stradale le norme

sulla notificazione degli atti giudiziari in materia penale, una tale

forma di notificazione non è affatto prevista. Con il terzo motivo, deducendo violazione dell'art. 23 1. 24

novembre 1981 n. 689, lamenta la violazione del diritto di difesa, in quanto non sarebbe stato esattamente indicato il luogo della

commessa infrazione.

Con il quinto motivo chiede che l'obbligo del pagamento delle

spese venga messo a carico della controparte. Il resistente ribatte che la delega al vice prefetto ispettore era

perfettamente legittima ed anteriore alla adozione della ordinan

za in questione e che la eventuale nullità della notificazione del

processo verbale della infrazione contestata era stata sanata dalla

conseguita conoscenza dell'atto da parte dell'interessato, tanto

che questi provvide a proporre tempestiva opposizione alla

ordinanza-ingiunzione. La corte osserva (con riguardo al secondo motivo, avente ca

rattere pregiudiziale rispetto a tutti gli altri) che per l'art. 6 1.

3 maggio 1967 n. 317, contenente «modificazioni al sistema san

zionatorio delle norme in tema di circolazione stradale e delle

norme dei regolamenti locali», vigente all'epoca del fatto, «per l'accertamento delle violazioni, per la contestazione delle medesi

me, per la notificazione dei relativi accertamenti e per la devolu

zione del provento dei pagamenti, si osservano, in quanto

applicabili, le norme del titolo IX del testo unico approvato con

d.p.r. 15 giugno 1959 n. 393, se trattasi di violazioni delle norme

di cui all'art. 1, lett. a), della presente legge», ossia delle norme,

Il caso di specie si segnala all'attenzione del lettore per la circostanza che si è proposto ricorso per cassazione per conseguire l'annullamento di una contravvenzione dell'importo di sole 9.000 lire. Questo aspetto non può non fare riflettere sull'eccessivo aumento dei casi di ricorso per cassazione, dovuto anche ad una interpretazione estensiva dell'art. Ili

Cost., aumento che, accrescendo inevitabilmente il carico di lavoro della

corte, allunga i tempi di definizione delle controversie sottoposte all'esa me della Cassazione. In dottrina sulla necessità di individuare strumenti diretti a ridurre l'attività della corte, restituendole il compito di nomofi

lachia, v. di recente Pizzorusso, A. Proto Pisani, Per la Corte di cassa zione. Note introduttive, id., 1987, V, 205 ss.; Taruffo, Linee per una

riforma della Cassazione civile, in Riv. critica dir. privato, 1987, 207

ss.; Chiarloni, La domanda di giustizia: deflazione e/o risposte differen ziate?, in Riv. trim. dir. e proc. civ., 1988, 764 s. [G. Trisorio Liuzzi]

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