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PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE || sezione lavoro; sentenza 4 marzo 1989, n....

Date post: 27-Jan-2017
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sezione lavoro; sentenza 4 marzo 1989, n. 1203; Pres. Sandulli, Est. Berni Canani, P.M. Tridico (concl. diff.); Pomanti (Avv. Piccarreta, Lucchetti) c. Cassa di risparmio di Fermo (Avv. Tessarolo, Vecchiotti). Conferma Trib. Fermo 27 agosto 1985 Source: Il Foro Italiano, Vol. 112, PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE (1989), pp. 2525/2526-2529/2530 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23184153 . Accessed: 24/06/2014 22:06 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 195.78.108.185 on Tue, 24 Jun 2014 22:06:07 PM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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Page 1: PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE || sezione lavoro; sentenza 4 marzo 1989, n. 1203; Pres. Sandulli, Est. Berni Canani, P.M. Tridico (concl. diff.); Pomanti (Avv.

sezione lavoro; sentenza 4 marzo 1989, n. 1203; Pres. Sandulli, Est. Berni Canani, P.M. Tridico(concl. diff.); Pomanti (Avv. Piccarreta, Lucchetti) c. Cassa di risparmio di Fermo (Avv.Tessarolo, Vecchiotti). Conferma Trib. Fermo 27 agosto 1985Source: Il Foro Italiano, Vol. 112, PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE(1989), pp. 2525/2526-2529/2530Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23184153 .

Accessed: 24/06/2014 22:06

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

Ritiene il collegio che la parola «mezzi» deve intendersi come

comprensiva sia dei redditi che delle sostanze, cioè di cespiti pa trimoniali che non producono redditi (Cass. 22 gennaio 1957, n.

191, id., Rep. 1957, voce Separazione di coniugi, n. 90; 9 luglio

1959, n. 2201, id., Rep. 1959, voce cit., n. 62; 15 luglio 1965, n. 1533, id., Rep. 1965, voce cit., n. 104), ma che attraverso

la loro alienazione possono soddisfare i bisogni del loro proprie

tario, mentre per quanto riguarda l'aggettivo «adeguata» occorre

far capo alla dottrina ed alla giurisprudenza che, nell'interpretare

l'espressione mancanza di «adeguati redditi propri» usata in te

ma di separazione personale (art. 156, 1° comma, c.c.) — e che

può ritenersi equivalente a quella contenuta nella disposizione in

esame — hanno ritenuto che il difetto dei redditi adeguati sussi

ste quando il coniuge preteso beneficiario dell'assegno non abbia

redditi propri che gli consentano il mantenimento di un tenore

di vita analogo a quello che aveva in costanza di matri

monio.

Analoga interpretazione può seguirsi in relazione alla formula

usata nel novellato 6° comma dell'art. 5 1. n. 898 del 1970, non

essendovi argomenti per attribuire all'aggettivo «adeguati» una

accezione diversa da quella riconosciutagli in sede di separazione

personale. Tale conclusione è del resto conforme alla costante giurispru

denza di questa corte per la quale, ai fini della attribuzione e

della determinazione dell'assegno di divorzio, in base al criterio

assistenziale, non rileva lo stato di bisogno dell'avente diritto, che può essere economicamente autosufficiente, ma l'apprezzabi le deterioramento, in dipendenza dello scioglimento o della cessa

zione degli effetti civili del matrimonio, delle condizioni

economiche del suddetto rispetto a quelle su cui, con riferimento

presenta l'inevitabile riflesso dell'impostazione per la quale la Cassazione ha dimostrato di propendere nella sentenza in epigrafe (83). E la dottrina sembra esserne consapevole (84).

Deve, però, essere anche chiaro che una simile opzione, risolvendosi nella sostanziale obliterazione di qualsiasi differenziazione di fondo tra

separazione personale e divorzio, si indirizza, in un trend quasi obbliga to, nel senso della negazione di ogni autonomia funzionale della stessa

separazione, tanto in generale, quanto nella sequenza separazione divorzio (85).

Si tratta di una possibile (e non da pochi condivisa) opzione ideologica. Ma di un'opzione che non risulta, invero, in linea con le scelte operate dal legislatore proprio con la riforma del divorzio: uno dei punti centrali di questa è senz'altro rappresentato, infatti, dall'aver voluto il legislatore mantenere ferma, nella regolamentazione della crisi familiare, un'artico lazione basata su una duplicità di momenti, con, in particolare, un auto nomo controllo giudiziale dei presupposti del divorzio, imposto da quella definitività del divorzio stesso, in contrapposizione alla tendenziale prov visorietà (comunque, poi, una simile provvisorietà s'intenda finalizzata) della separazione, che non può non riflettersi in una diversità delle valu

tazioni, anche di carattere economico, da effettuare nelle due sedi. Con ciò, evidentemente, si è inteso solo sfiorare la questione (86), nel

quadro delle considerazioni qui svolte sull'assegno di divorzio, sollecitate dalla decisione riportata. E alla pronunzia della Cassazione, allora, de v'essere riconosciuto, se non altro, proprio il merito di contribuire ad attirare l'attenzione su una problematica, in relazione alla quale, dunque, sarebbe colpevole leggerezza, anche da parte della giurisprudenza, appa gandosi delle soluzioni conseguite, non dedicare un'ulteriore adeguata ri flessione.

Enrico Quadri

E. Quadri, Sintomi di malessere della Cassazione: ripensamenti (o sban

damenti?) in tema di rapporti patrimoniali fra divorziati.

(83) Significativamente, ad es., anche in relazione al contenuto da dare

all'espressione «mezzi», come comprensivo delle «sostanze», oltre che dei «redditi» (e v. supra, nota 28), la decisione si riferisce a (lontani) prece denti in tema di separazione personale, invece che agli svolgimenti sul

punto della giurisprudenza in tema di divorzio.

(84) V., infatti, A. Finoccklaro, op. cit., 430 s. In senso sostanzial mente analogo, Macario, op. cit., 902 e Bin, op. cit., spec. 329 (che evidenzia la «tendenziale continuità tra i due assegni»). Contro la «com

pleta equiparazione del trattamento economico del divorziato a quello del separato», pur muovendo da una ricostruzione in chiave meramente assistenziale dell'assegno di divorzio, v. Barbera, op. cit., 98 e Dooliotti,

op. cit., 174.

(85) E v., in proposito, quanto rilevato in Quadri, La nuova legge, cit., 38 ss.

(86) Per più ampi sviluppi, si rinvia alle considerazioni svolte in Qua dri, op. loc. ult. cit.

Il Foro Italiano — 1989.

al reddito ed alle sostanze dell'altro, egli poteva contare in co stanza di rapporto e che, in via di massima, devono essere ripri stinate, in modo da ristabilire un certo equilibrio a favore del

coniuge impoverito (cfr., fra le tante, Cass. 13 novembre 1974, n. 3603, id., Rep. 1974, voce Matrimonio, n. 279; 14 giugno 1977, n. 2474, id., Rep. 1977, voce cit., n. 257; 22 gennaio 1980, n.

496, id., Rep. 1980, voce cit., n. 156; 14 luglio 1983, n. 4834, id., Rep. 1983, voce cit., n. 249; 10 gennaio 1986, n. 72, id.,

Rep. 1986, voce cit., n. 205; 18 giugno 1987, n. 5372, id., Rep. 1987, voce cit., n. 180).

Il riconoscimento della funzione assistenziale dell'assegno da

parte del legislatore del 1987 non può infatti comportare — in

mancanza di oggettivi dati normativi contrari — l'abbandono di

quei criteri che, per il passato, avevano qualificato l'assegno rico

nosciuto in questa funzione.

Ai fini di tale accertamento il giudice del merito deve tener

conto delle condizioni dei coniugi e del reddito di entrambi.

Si deve, pertanto, ritenere che poiché a seguito delle modifiche

apportate dall'art. 10 1. 6 marzo 1987 n. 74 all'art. 5, 4° comma, 1.1° dicembre 1970 n. 898 ed applicabili anche ai giudizi in corso al momento dell'entrata in vigore della prima legge (Cass. 28 ot

tobre 1987, n. 7957, id., 1988, I, 3006), condizione necessaria

per affermare il diritto di un coniuge di ottenere dall'altro un

assegno di divorzio è che il coniuge richiedente non abbia redditi

adeguati e cioè tali che gli consentano di mantenere un tenore

di vita adeguato a quello che aveva in costanza di matrimonio, correttamente il giudice del merito che accerti l'adeguatezza dei

mezzi del richiedente nel senso innanzi precisato, rigetta la do

manda di assegno senza necessità di esaminare gli altri elementi

indicati nella norma.

A tale principio si è attenuta la corte d'appello e la relativa

statuizione congruamente motivata e, peraltro, non impugnata nella parte in cui afferma l'idoneità dei mezzi della richiedente

a garantirle la conduzione di «una vita dignitosa e adeguata al

suo stato sociale» — ove è evidente il riferimento a quello conse

guito in costanza di matrimonio — non è censurabile per la man

cata valutazione degli altri elementi indicati nell'attuale 6° comma

dell'art. 5 I. div., trattandosi di elementi il cui esame non è neces

sario — sulla base della nuova disciplina — una volta affermata

l'insussistenza delle condizioni per far luogo al riconoscimento

dell'assegno. Il ricorso va, pertanto, rigettato.

CORTE DI CASSAZIONE; sezione lavoro; sentenza 4 marzo

1989, n. 1203; Pres. Sandulli, Est. Berni Canani, P.M. Tri

dico (conci, diff.); Pomanti (Aw. Piccarreta, Lucchetti) c.

Cassa di risparmio di Fermo (Aw. Tessarolo, Vecchiotti).

Conferma Trib. Fermo 27 agosto 1985.

Lavoro (rapporto) — Trasferimento per esigenze temporanee del

datore di lavoro — Legittimità (Cod. civ., art. 2103; 1. 20 mag

gio 1970 n. 300, norme sulla tutela della libertà e dignità dei

lavoratori, della libertà sindacale e dell'attività sindacale nei

luoghi di lavoro e norme sul collocamento, art. 13).

È legittimo il trasferimento del lavoratore disposto dal datore di

lavoro per comprovate esigenze di natura temporanea. (1)

(1) Nel decidere una fattispecie di trasferimento ad altra sede di un

dipendente di banca per la chiusura provvisoria dell'ufficio valutario del

l'unità cui era adibito, la Corte di cassazione, con la sentenza sopra ri

portata, ha arricchito la propria giurisprudenza con alcune puntualizzazioni. a) Trasferimento e trasferta si distinguono in ragione della durata, de

finitiva e, rispettivamente, provvisoria, da risolversi, quest'alternativa («op

posizione», nel linguaggio della corte), nell'altra contingente-stabile, e ciò

nelle previsioni ed enunciazioni del datore di lavoro. La distinzione, sem

pre secondo la Cassazione, non permette di tracciare una linea di demar cazione netta, sicché, nei c.d. intervalli intermedi, deve farsi riferimento ad elementi esterni, ricavabili dalla natura dell'attività e dalle caratteristi che dell'azienda, oltre che dalla comune esperienza, per ravvisare in con creto trasferimento o trasferta (cfr., per la distinzione appunto tra

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2527 PARTE PRIMA 2528

Motivi della decisione. — Con il primo motivo del ricorso si

denunzia violazione dell'art. 2103 c.c., anche in relazione all'art.

83 del ccnl del settore, nonché difetto di motivazione, per avere

il tribunale erroneamente ed apoditticamente ritenuto legittimo il contestato trasferimento in relazione a motivi che per il loro

carattere temporaneo avrebbero potuto giustificare, secondo ra

gionevolezza, un allontanamento egualmente temporaneo dal po sto di lavoro, ma non una dislocazione definitiva della dipendente in altra sede; omesso di considerare, oltre la regionevole possibi lità di utilizzare la dipendente altrove per il tempo dei lavori, che il trasferimento era stato motivato principalmente con asseri

trasferimento e trasferta in termini di definitività e temporaneità dello

spostamento, da ultimo, Cass. 27 maggio 1988, n. 3651, Foro it., Mass.,

534; 2 marzo 1987, n. 2196, id., Rep. 1987, voce Lavoro (rapporto), n. 1119; 16 maggio 1986, n. 3248, id., Rep. 1986, voce cit., n. 1042; 7 marzo 1986, n. 1546, ibid., voce Previdenza sociale, n. 497; 30 gennaio 1986, n. 603, ibid., voce Lavoro (rapporto), n. 1044; 20 novembre 1985, n. 5722, id., Rep. 1985, voce cit., n. 1568; 3 giugno 1985, n. 3291, id.,

1986, I, 105, con nota di richiami; 23 aprile 1985, n. 2681, id., Rep. 1985, voce cit., n. 1045; 30 gennaio 1985, n. 597, ibid., n. 1085; Pret.

Lendinara 30 gennaio 1988, Orient, giur. lav., 1988, 1022 (fattispecie par

ticolare); Pret. Torino 29 gennaio 1986, Foro it., 1986, I, 1707, con nota

di richiami (fattispecie particolare). Per la sottolineatura dell'occasionali tà e contingenzialità dei fatti determinanti la trasferta (v. sentenza in epi

grafe), cfr. Cass. 14 luglio 1988, n. 4621, id., Mass., 676. Cfr., inoltre, sulla distinzione predetta, le rassegne di giurisprudenza di L. Pelaggi, Il trasferimento del lavoratore subordinato e la giurisprudenza della Cor

te di cassazione, in Mass. giur. lav., 1988, 393 e di G. P. Tagliagambe, Il trasferimento del lavoratore nella giurisprudenza formatasi sull'art. 13

statuto lavoratori, in Lavoro 80, 1987, 925. In dottrina, cfr. A. Vallebo

na, Il trasferimento dei lavoratori, in Riv. it. dir. lav., 1987, I, 67; L.

Angiello, Il trasferimento del lavoratore, Cedam, Padova, 1986, 98, ed

ivi un cenno anche al rilievo, presente nella sentenza sopra riportata,

per il quale la linea di demarcazione tra definitività e provvisorietà non

è netta (v. antea). b) Non esiste una rigorosa correlazione giuridica tra durata dello spo

stamento e quella delle esigenze aziendali (onde il principio di cui in

massima). c) Sono consentite pattuizioni ad hoc dirette ad impegnare il datore

a ritrasferire il lavoratore con il venir meno delle esigenze alla base dello

spostamento, o, viceversa, a far rinunziare il dipendente al diritto di pre stare lavoro nella nuova sede modificandosi tali esigenze.

d) Non è compito del giudice sostituirsi al datore di lavoro nell'analisi

dei costi e dei ricavi volta ad individuare le soluzioni ottimali per l'azien

da, tra le varie prospettabili, ad ovviare ad esigenze immediate di durata

prevedibile (nella specie, si è però sottolineato in sentenza, la parte ricor

rente non ha comunque offerto elementi a sostegno dell'irrazionalità del

provvedimento denunciata, né indicazioni circa la rilevanza in concreto sulle soluzioni alternative e la compatibilità con le esigenze di servizio

delle sue condizioni personali e familiari). Cfr., per la limitazione del

controllo giudiziale all'accertamento del nesso di causalità tra ragioni del trasferimento e provvedimento adottato, si da evitare che quelle possano tradursi in un eccesso di potere, nella forma dello sviamento, a danno del dipendente, senza potere entrare nel merito delle stesse, Cass. 8 gen naio 1987, n. 55, Foro it., 1987, I, 2437, con nota di L. Angiello. In senso conforme in ordine alla preclusione del sindacato di merito del

giudice sulla rilevanza del provvedimento adottato nell'economia azien

dale, cfr. Trib. Voghera 15 ottobre 1986, id., Rep. 1987, voce cit., n. 1126 e in Lavoro 80, 1987, 177, con nota di Tagliagambe. Per l'esistenza di un potere discrezionale del datore di lavoro circa la scelta tra più solu zioni organizzative che siano tutte ragionevoli, cfr. Cass. 14 giugno 1985, n. 3580, Foro it., Rep. 1986, voce cit., n. 1040; inoltre, v. Cass. 29 mag

gio 1985, n. 3249, ibid., n. 1049. Contra, da ultimo, Pret. Milano 8 gen naio 1988, Lavoro 80, 1988, 431 (v. anche subito appresso). Cass. 19

giugno 1987, n. 5432, Foro it., Rep. 1987, voce cit., n. 1122, ha escluso che il datore di lavoro debba fornire la prova anche della inevitabilità del provvedimento sotto il profilo della sicura inutilizzabilità del dipen dente presso la sede originaria (ma cfr. già Cass. 3580/85, cit. e 17 aprile 1984, n. 2490, id., Rep. 1984, voce cit., n. 1044). Contra, Pret. Milano 4 agosto 1986, id., Rep. 1987, voce cit., n. 1136 e 24 ottobre 1984, id.,

Rep. 1985, voce cit., n. 1059, che hanno precisato che va verificata sia detta inutilizzabilità, sia l'indispensabilità nella nuova sede del lavoratore

trasferito; Pret. Torino 2 novembre 1985, id., Rep. 1986, voce cit., n. 1055. Per la necessità che le ragioni devono sussistere sia nella sede a

qua che in quella ad quem, cfr., oltre alle pronunce sopra citate, Trib. Milano 18 giugno 1988, Lavoro 80, 1988, 950; Pret. Milano 7 luglio 1987, id., 1987, 1046; 5 giugno 1987 e 4 febbraio 1987, Foro it., Rep. 1987, voce cit., nn. 1138, 1140; 21 aprile 1986, ibid., n. 1066, e altre.

Circa la libertà del datore di scegliere i lavoratori da trasferire con i soli limiti del divieto di atti discriminatori e del rispetto del principio

Il Foro Italiano — 1989.

te esigenze della direzione generale rimaste sfornite di prova, e

che a norma dell'art. 83 del ceni doveva tenersi conto ai fini

del trasferimento delle condizioni familiari e personali dell'inte

ressata compatibilmente con le esigenze di servizio; argomentato,

infine, il proprio convincimento circa la legittimità del trasferi mento sulla base di circostanze successive al provvedimento e non

pertinenti, quali la malattia della dipendente e la riorganizzazione dell'ufficio cui era stata addetta.

Con il secondo motivo si denunzia difetto di motivazione in

ordine alla dequalificazione professionale verificatasi con il tras

ferimento per le mansioni cui la dipendente era stata adibita pres so la sede di Fermo.

Il primo motivo è infondato.

La differenza tra gli istituti del trasferimento e della trasferta,

quali erano andati delineandosi nella contrattazione collettiva prima dell'entrata in vigore dello statuto dei lavoratori, risulta imper niata sull'elemento della durata.

Alla trasferta è, infatti, associata un'indennità con funzione

in parte risarcitoria, in riferimento alle spese sopportate per vit

to, alloggio, trasporti (originariamente rimborsate con il sistema

del c.d. pié di lista, poi della diaria), e in parte retributiva, in connessione al disagio determinato dall'allontanamento dall'abi

tuale luogo di lavoro, corrisposta per la durata del dislocamento

(v. ad es. Cass. 597/85, Foro it., Rep. 1985, voce Lavoro (rap

porto), n. 1085). I compensi eventualmente previsti in dipenden za del trasferimento costituiscono, invece, di regola, erogazioni

puntuali corrispondenti a spese di viaggio, trasloco, prima siste

mazione (altri compensi possono essere previsti in relazione non

più al trasferimento in sé ma alle caratteristiche della destinazione). La diversa struttura e funzione di tali compensi tipici individua

nel tempo l'elemento differenziale: la trasferta implica una dura

ta breve, tale da giustificare per il datore di lavoro i maggiori esborsi ad essa proporzionati; il trasferimento una durata non

breve, tale da indurre normalmente il dipendente ad un muta

mento di residenza. Rivela altresì la considerazione, o un princi

pio di parziale tutela (v. la richiamata funzione retributiva della

indennità di trasferta) di un interesse del lavoratore alla stabilità

del luogo della prestazione, ad una continuità sufficiente a con

sentirgli di instaurare una normale vita di relazione. Ed è stato

infatti osservato (v. Cass. n. 3291 del 1985, id., 1986, I, 105) che trasferta e trasferimento presuppongono entrambi un luogo fisso di lavoro; in altri termini: nella trasferta l'allontanamento

dal luogo abituale di lavoro è di breve durata (predeterminata direttamente o determinata dalla natura dell'incarico affidato), nel trasferimento lo spostamento, a tempo indeterminato o deter

minato, è di durata non breve, sufficiente per un nuovo insedia

mento stabile.

Va ancora precisato che la durata cui si fa riferimento è quella

prevista, ed enunciata, al datore di lavoro: il trasferimento non

cessa di essere tale perché seguito a tempi ravvicinati da un nuo

vo trasferimento, il quale non dà quindi diritto ad indennità di

trasferta per il periodo trascorso nella precedente destinazione, cosi come successive proroghe di una trasferta non tramutano

questa necessariamente in trasferimento.

Cosi definita, la distinzione tra le due nozioni non permette ovviamente di tracciare una linea fissa di demarcazione: se uno

spostamento di giorni o settimane è facilmente inquadrabile nella

trasferta, ed al trasferimento va invece ricondotta una dislocazio

ne protratta per anni, per la qualificazione di intervalli intermedi

dovrà farsi riferimento a criteri esterni, quali quelli ricavabili dal

la natura dell'attività e dalle caratteristiche dell'azienda (diverso è il significato della stabilità di insediamento se riferita, ad es., ad una città o ad un cantiere isolato) oltre che dalla comune

esperienza (il trasferimento implica — v. Cass. n. 6144 del 1983,

id., Rep. 1983, voce cit., n. 1235 — un mutamento non transi

di buona fede, cfr. Pret. Milano, ord. 21 novembre 1987, Lavoro 80,

1988, 143. In tema di trasferimento a richiesta del dipendente, cfr., circa la neces

sità che il datore di lavoro rispetti i doveri di correttezza e buona fede, la cui violazione comporta la risarcibilità del danno, Cass. 1° febbraio

1988, n. 868, Riv. giur. lav., 1988, II, 354. Per problemi vari in tema di trasferimento, cfr. le citate rassegne di

giurisprudenza, in specie la più recente di Pelaggi, nonché i contributi richiamati da Angiello nella nota citata.

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

torio del luogo della prestazione lavorativa, accompagnato nor

malmente dal mutamento della residenza o del domicilio del la

voratore, o comunque — v. Cass. cit. nn. 3291 e 5722 del 1985,

id., Rep. 1985, voce cit., n. 1568 — un mutamento per un perio do di durata tale da imporre al dipendente la riorganizzazione della sua vita familiare e sociale).

In tal senso, e cioè come opposizione «contingente-stabile» (con tali termini, che riflettono anche gli effetti — revocabilità discre

zionale o condizionata della dislocazione — del provvedimento, l'alternativa «breve-non breve» è arricchita delle suddette conno

tazioni esterne), va intesa la tradizionale opposizione

«provvisorietà-definitività», e del resto la definitività, se riferita

letteralmente all'intera durata del rapporto di lavoro, è contrad

detta dalla stessa possibilità del trasferimento, e di ulteriori, suc

cessivi trasferimenti.

Con l'art. 2103 c.c., nel testo introdotto dall'art. 13 1. 20 mag

gio 1970 n. 300, il legislatore ha subordinato la validità del tras

ferimento all'esistenza di comprovate ragioni tecniche,

organizzative e produttive dell'azienda.

Se con i limiti posti al potere organizzativo dell'imprenditore la norma ha rafforzato, o sancito, la tutela dell'interesse del la

voratore alla stabilità del luogo della prestazione, prima identifi

cabile in forma implicita o indiretta nei compensi contrattualmente

previsti per brevi spostamenti, essa non ha tuttavia modificato,

ad avviso del collegio, la suesposta nozione di trasferimento.

Deve in primo luogo escludersi una rigorosa correlazione tra

la durata dello spostamento e quella delle esigenze aziendali che

10 hanno determinato: la cessazione di queste non comporta il

diritto del dipendente al rientro, salvo sopravvenute contrarie esi

genze, presso l'unità produttiva dalla quale era stato trasferito.

Configurare un tale diritto, ed il corrispondente obbligo del dato

re di lavoro, equivale invero da un lato a richiedere comprovate

ragioni non più per il solo trasferimento, ma anche per la perma

nenza nel luogo della prestazione; dall'altro a riconoscere come

tutelato non più l'interesse generale del lavoratore ad una desti

nazione stabile, ma quello, del tutto eventuale, ad una particola

re destinazione stabile, normalmente la prima.

Né maggior fondamento può attribuirsi alla tesi in questione

ove la correlazione sia circoscritta alle ipotesi di esigenze di dura

ta predeterminata o predeterminabile. Se, infatti, oggetto di tute

la è l'interesse alla stabilità del luogo della prestazione devono

sussistere comprovate ragioni anche per il ritrasferimento alla se

de di provenienza. Con ciò non si esclude a priori la possibilità di trasferimenti

a tempo predeterminato: attraverso pattuizioni individuali il da

tore di lavoro può impegnarsi a richiamare il lavoratore rinun

ciando ad avvalersi delle originarie ragioni dello spostamento o

ad opporre ragioni future di trasferimento ad altra sede, cosi co

me il dipendente trasferito può rinunciare, anche contestualmen

te, al diritto acquisito di prestare lavoro nella nuova sede finché

non sopravvengano comprovate ragioni per un mutamento.

Ad escludere la correlazione in discorso concorrono poi argo

menti desumibili dalle caratteristiche proprie della programma

zione aziendale. Da un lato le previsioni, necessariamente basate

su ipotesi di permanenza o evoluzione di determinate condizioni,

sono generalmente più sicure a breve che a medio o lungo termi

ne: sono quindi più facilmente prevedibili i limiti temporali delle

esigenze che possono essere soddisfatte dalla trasferta che non

quelli di esigenze che richiedono spostamenti protratti nel medio

e lungo periodo. Dall'altro, esigenze di breve periodo non com

portano necessariamente soluzioni di breve periodo: le esigenze

possono richiedere riorganizzazioni e queste a sua volta presup

porre, per essere praticabili, assetti stabili atti a giustificare le

catene di spostamenti e modifiche eventualmente indotte.

Al quesito posto dalla ricorrente circa la giuridica possibilità

che comprovate esigenze di natura temporanea (nella specie la

chiusura dell'ufficio valutario di San Benedetto) giustifichino l'al

lontanamento a tempo indeterminato del dipendente dal suo po

sto di lavoro, deve dunque darsi risposta, in linea di principio,

positiva.

Deve, di conseguenza, escludersi la denunziata violazione del

l'art. 2103 c.c.

Devono essere, inoltre, disattese anche le censure con le quali

la ricorrènte investe, nel motivo in esame, la motivazione della

sentenza impugnata. La prevedibile durata delle esigenze immediate enunciate dalla

cassa nella lettera di comunicazione del trasferimento (la chiusu

11 Foro Italiano — 1989.

ra dell'ufficio valutario si è di fatto protratta dal 3 marzo 1983

all'11 settembre 1983) consentiva soluzioni alternative astratta

mente tutte plausibili: l'istituto poteva assumere i costi di una

trasferta di durata non trascurabile, trasferire la dipendente a tem

po indeterminato, proporre un accordo su un trasferimento a tem

po determinato, e la ricorrente prospetta l'ulteriore possibilità di

una missione temporanea. Chiamato a stabilire se la sola chiusura dell'ufficio (le esigenze

della direzione generale di cui alla menzionata lettera di trasferi

mento non sono state in alcun modo precisate dalla cassa) giusti ficasse o meno il trasferimento, il giudice d'appello ha ritenuto

ragionevole la scelta operata dall'istituto. Non era suo compito sostituirsi alla cassa in un'analisi di costi e ricavi volta ad indivi

duare la soluzione ottimale per l'azienda. E d'altra parte la ricor

rente non ha offerto elementi a sostegno della prospettata irrazionalità del. provvedimento adottato; come del resto nessuna

indicazione ha fornito circa la rilevanza in concreto sulle possibili soluzioni alternative, e la compatibiltà con le esigenze di servizio

delle proprie condizioni personali e di famiglia. (Omissis)

CORTE DI CASSAZIONE; sezione lavoro; sentenza 4 marzo

1989, n. 1202; Pres. Antoci, Est. Ponzetta, P.M. De Tomma

so (conci, conf.); Soldati (Avv. Assennato) c. Rai-Tv (Aw. De Stefano). Cassa Trib. Roma 25 luglio 1985.

Lavoro e previdenza (controversie in materia di) — Eccezione

in senso proprio — Fattispecie (Cod. proc. civ., art. 416, 437;

1. 18 aprile 1962 n. 230, disciplina del contratto di lavoro a

tempo determinato, art. 1, 2; 1. 15 luglio 1966 n. 604, norme

sui licenziamenti individuali, art. 6). Lavoro (rapporto) — Pluralità di contratti a termine — Rappor

to a tempo indeterminato — Risoluzione consensuale — Fatti

specie (L. 18 aprile 1962 n. 230, art. 1, 2).

Costituisce eccezione in senso proprio, come tale soggetta al regi

me degli art. 416 e 437 c.p.c., e non diversa qualificazione giu

ridica dei fatti, la prospettazione della avvenuta risoluzione

consensuale del rapporto a tempo indeterminato in cui si sono

convertiti, per nullità della clausola di durata, alcuni contratti

a termine reiterati nel tempo, originariamente svolta nel senso

della decadenza del lavoratore dall'impugnazione dei singoli con

tratti per scadenza del termine di cui all'art. 6 l. n. 604 del

1966. (1) In caso di reiterazione di contratti a termine, convertiti in rap

porto a tempo indeterminato per nullità della clausola di dura

ta, la semplice astensione dalla prestazione alle varie scadenze

ed il difetto di prova da parte del lavoratore di essersi messo

a disposizione del datore, non comportano che debba ritenersi

risolto per mutuo consenso il rapporto a tempo indeterminato

stesso, potendo tale effetto ricavarsi solo da una lunga interru

zione caratterizzata da! completo disinteresse delle parti alla

prosecuzione del rapporto. (2)

(1) Non si rinvengono precedenti negli esatti termini. Per una fattispe cie di ritenuta argomentazione difensiva e non d'eccezione in senso stret

to, cfr. Cass. 11 dicembre 1987, n. 9207, Foro it., 1988, I, 2998, con

nota di M. Orsenigo. Corte cost. 26 gennaio 1988, n. 82, ibid., 3215,

con nota di F. Donati, ha ritenuto infondata la questione di costituzio

nalità degli art. 437, 2° comma, c.p.c. e 20, 1° comma, 1. n. 533 del

1973, sollevata in riferimento agli art. 3 e 24 Cost., perché il divieto

di proporre nuove eccezioni in appello non si applica ai procedimenti

già pervenuti in primo grado alla fase decisoria al momento dell'entrata

in vigore della 1. 533 cit.

Per casistica varia in tema di eccezioni in senso stretto nel rito del

lavoro, cfr. L. de Anoelis, Il processo del lavoro nella giurisprudenza e nella dottrinaCedam, Padova, 1986, 190 ss., 388 ss.

(2) Cfr., in senso conforme, oltre ai precedenti richiamati in sentenza,

da ultimo Cass. 8 luglio 1988, n. 4525, Foro it., Mass., 663; 5 novembre

1987, n. 8116, id., Rep. 1987, voce Lavoro (rapporto), n. 608; 9 aprile

1987, n. 3525, 7 aprile 1987, n. 3405, 3 aprile 1987, n. 3259, ibid., nn.

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