sezione lavoro; sentenza 8 agosto 1987, n. 6815; Pres. Valente, Est. M. De Luca, P. M. La Valva(concl. diff.); Paoletti (Avv. Zangari) c. Cassa di risparmio di Livorno (Avv. Carboni, Vatteroni).Cassa Trib. Livorno 3 dicembre 1983Source: Il Foro Italiano, Vol. 111, PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE(1988), pp. 451/452-455/456Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23181086 .
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PARTE PRIMA
aveva mosso soltanto una informale contestazione della sua au
tenticità.
Ne deriva che il secondo motivo del ricorso va accolto con
assorbimento degli altri due motivi (primo e terzo). Poiché la querela di falso non poteva essere proposta in sede
di rinvio, il relativo procedimento incidentale non poteva avere
inizio. Onde s'impone la cassazione dell'impugnata sentenza non defi
nitiva del Tribunale di Benevento senza rinvio, ai sensi dell'art.
382, 3° comma, 2a ipotesi, c,p.c.
CORTE DI CASSAZIONE; sezione lavoro; sentenza 8 agosto
1987, n. 6815; Pres. Valente, Est. M. De Luca, P. M. La
Valva (conci, diff.); Paoletti (Avv. Zangari) c. Cassa di ri
sparmio di Livorno (Avv. Carboni, Vatteroni). Cassa Trib.
Livorno 3 dicembre 1983.
Lavoro (rapporto) — Casse di risparmio — Abolizione delle sca
le mobili anomale — Regolamento pensionistico aziendale —
Conseguenze — Erronea valutazione del giudice di merito (Cod.
civ., art. 1362, 1363, 1364, 1371; d.l. 1° febbraio 1977 n. 12, norme per l'applicazione dell'indennità di contingenza; 1. 31
marzo 1977 n. 91, conversione in legge, con modificazioni, del
d.l. 1° febbraio 1977 n. 12, art. unico).
Fa errata applicazione dei canoni di interpretazione del contratto
il giudice di merito che riconosce legittimo il comportamento della cassa di risparmio che, a seguito dell'intervento del d.l.
n. 12 de! 1977, con cui venivano aboliti i sistemi di indicizza
zione del salario in percentuale, sostituiti da quelli a «punto
fisso», riduca l'indennità di contingenza spettante ai pensionati al settantacinque per cento di quella spettante ai dipendenti in
servizio ritenendo ispirato l'intero regolamento pensionistico aziendale al criterio informatore della necessaria parametrazio ne del complessivo trattamento pensionistico ad una quota per centuale (appunto il settantacinque per cento) della retribuzione dei lavoratori in attività, senza adeguatamente valutare se alla
stregua del solo tenore letterale delle clausole contrattuali po tesse ritenersi che il principio della percentualizzazione dovesse
operare esclusivamente con riferimento alla determinazione della
retribuzione imponibile al momento del pensionamento. (1)
(1) V. per l'opinione contraria a quella divisata dalla sentenza che si
riporta: Cass. 29 gennaio 1986, n. 589, Foro it., 1986, 1, 2549, con nota di richiami ed un riepilogo dell'intera problematica, cui adde Cass. 1° marzo 1986, n. 1314; id., Rep. 1986, voce Contratto in genere, n. 272; 10 giugno 1986, n. 3852, ibid., voce Lavoro (rapporto), n. 2651; 10 di cembre 1986, nn. 7339, 7340, ibid., nn. 2649, 2650 (queste ultime non menzionate nella motivazione della sentenza in epigrafe). In senso solida le alla decisione riprodotta, se pure con motivazione assai più stringata, v. soltanto Cass. 5 giugno 1987, n. 4921, non massimata (anch'essa in tema di interpretazione del regolamento pensionistico aziendale della cas sa labronica e non menzionata in motivazione).
Per la pacifica opinione secondo cui il giudice deve procedere a dedur re la comune intenzione delle parti contraenti sulla base delle parole ed
espressioni del contratto, in attuazione della direttiva «principale» dettata in tema di ermeneutica contrattuale, potendo procedere solo in presenza di ambiguità o dubbi, secondo il criterio del «gradualismo», ad applicare i canoni interpretativi sussidiari di carattere oggettivo, v., fra le ultime, Cass. 13 dicembre 1986, n. 7496, id., Rep. 1986, voce Contratto in gene re, n. 259; 27 ottobre 1986, n. 6304, ibid., n. 261; 18 settembre 1986, n. 5657, ibid., n. 264; 15 settembre 1986, n. 5599, ibid., n. 256; 18 agosto 1986, n. 5073, ibid., n. 267; 28 aprile 1986, n. 2947, ibid., n. 268; 28
giugno 1986, n. 4309, ibid., n. 273; 8 marzo 1986, n. 1582, ibid., n. 274.
* * *
La Cassazione, modificando gli esiti pressoché uniformi dettati con pre cedenti decisioni, approda alla conclusione di ritenere erroneamente mo tivata la decisione di merito che aveva avallato la legittimità della decurtazione anche dell'indennità di contingenza dovuta ai pensionati di cassa di risparmio, in attuazione di uno dei tanti regolamenti pensionisti ci aziendali in vigore presso tali enti, tutti contenenti una disciplina so stanzialmente omogenea.
Certo non vi è dubbio che — come che la si voglia riguardare — la
questione è e rimane di interpretazione contrattuale e quindi, come avver
II Foro Italiano — 1988.
Svolgimento del processo. — Con ricorso in data 16 marzo
1979, diretto al Pretore di Livorno in funzione di giudice del la
voro, Alessandro Paoletti, dipendente della Cassa di risparmio di Livorno collocato a riposo con diritto al trattamento aziendale
di quiescenza e previdenza, conveniva in giudizio la cassa medesi
ma, per sentirla condannare al pagamento di quanto dovuto, in
dipendenza dell'accertamento che il punto fisso, dovuto per va
riazioni degli indici del costo della vita dopo l'abolizione delle
c.d. scale mobili anomale (ai sensi del d.l. n. 12 convertito in
1. n. 91 del 1977), gli va corrisposto nella stessa misura unitaria,
prevista per il personale in servizio, senza sottoporlo, cioè, alla
riduzione percentuale (al 75%), che, ad avviso dell'attore, riguar da soltanto la commisurazione del trattamento aziendale di quie scenza e previdenza alla retribuzione pensionabile e non già le
variazioni del trattamento di quiescenza, correlate alle variazioni
degli indici del costo della vita. Nel contraddittorio delle parti, il pretore adito accoglieva la
domanda dell'attore, che, a seguito di gravame della cassa soc
combente, venivano invece rigettate dal Tribunale di Livorno, con
la sentenza ora denunciata.
Osservava, infatti, il giudice d'appello: a) il fondo aziendale
di previdenza (di cui all'accordo sindacale 13 marzo 1973) è stato
istituito «allo scopo dichiarato di integrare il trattamento pensio nistico erogato dall'Inps . . . fino al raggiungimento complessivo del 75% dell'ultima retribuzione pensionabile, nella quale, per l'art. 10 dell'accordo, è ricompresa l'indennità di contingenza»;
ti) «Tale dichiarato scopo verrebbe ad essere frustrato . . . attri
buendo al pensionato il punto unico di scala mobile nella misura
intera invece che nella percentuale del 75%», in quanto, in tal
caso, «si perverrebbe alla conseguenza inevitabile che il tratta
mento spettante al pensionato verrebbe ad essere superiore al 75%
di quello spettante al dipendente in servizio, con un non voluto
appiattimento tra pensioni e retribuzioni»; c) inoltre, aderendo
alla soluzione disattesa, «si perverrebbe all'ulteriore conseguen
za, grave e senz'altro non voluta, che i dipendenti pensionati an
teriormente verrebbero ad avere, a parità di condizioni, un
trattamento superiore a quello dei dipendenti pensionati successi
vamente, posto che a questi l'indennità di contingenza (facente
parte, come sopra detto, della retribuzione pensionabile, ai sensi
dell'art. 10 dell'accordo) sarebbe decurtata, al momento della li
quidazione della pensione, mentre il lavoratore, pensionato ante
riormente, percepirebbe l'indennità di contingenza maturata
durante la quiescenza nell'intero suo importo senza alcuna decur
tazione»; d) non rileva, in contrario, la circostanza che l'accordo
(art. 19, 3° comma) non preveda la riduzione percentuale (al 75%)
per la scala mobile, ma stabilisca soltanto che questa «sarebbe
te la stessa corte in motivazione, suscettibile di analisi in sede di legittimi tà solo attraverso il filtro dei canoni interpretativi della volontà negoziale.
Non di meno è quasi superfluo constatare come un atteggiamento di
esasperata «parcellizzazione» dell'analisi interpretativa possa prestarsi a clamorose forme di discriminazione fra posizioni praticamente identiche
(essendo identici i documenti negoziali sui quali si applica l'intervento valutativo dei giudici di merito e della corte). Si dirà che questo è un vizio addebitabile al nostro sistema processuale che non annovera fra i rimedi spendibili quello del controllo di legittimità sui contratti collettivi
(v., su questo tema e sulla omologa proposta contenuta nel progetto di
legge sulla contrattazione collettiva di diritto comune elaborato da Giu
seppe Pera su invito dell'Unione industriale di Torino» il dibattito conte nuto nel volume Per una disciplina legislativa del contratto collettivo, Torino, s.d., ma 1987). Sennonché anche la riduzione della cornice valu tativa ai soli profili ermeneutici può consentire un controllo sufficiente mente calibrato e non necessariamente fonte di sperequazioni, quanto meno su alcuni nodi-chiave del ragionamento.
Non a caso almeno su un punto le precedenti statuizioni di legittimità avevano trovato unanimità di giudizio: precisamente sul carattere «ambi
guo» del documento negoziale esaminato e dunque sulla necessità di inte
grare il procedimento interpretativo ricorrendo all'applicazione dei criteri sussidiari di carattere oggettivo (art. 1363 ss. c.c.).
È in quest'ultima direzione che si coglie il ribaltamento della prospetti va da parte della sentenza che si riporta, la quale avverte, sia pure sul
piano della mera ipotesi, come la chiave interpretativa del regolamento pensionistico possa rinvenirsi laddove la percentualizzazione della scala mobile sarebbe prevista con esclusivo riferimento alla retribuzione impo nibile del momento di pensionamento, dovendosene escludere l'operativi tà per il periodo successivo. Ed è sul medesimo punto che si attendono ulteriori precisazioni interpretative idonee se non ad escludere del tutto forti contrasti decisionali, quanto meno a mitigare le conseguenze più clamorosamente distorsive. [O. Mazzotta]
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
stata applicata con le stesse modalità tempo per tempo in vigore
per le retribuzioni del personale in servizio», in quanto ciò dipen de esclusivamente dalla circostanza che, all'epoca dell'accordo, la scala mobile veniva applicata in percentuale, mentre era «al
di fuori di ogni previsione l'applicazione secondo il punto unico
di contingenza», e, peraltro, la prevista «applicazione con le stes
se modalità non può significare applicazione nella stessa misura
e nello stesso importo». Avverso la sentenza d'appello, il soccombente Alessandro Pao
letti propone ricorso per cassazione, affidato a due motivi. La
Cassa di risparmio di Livorno resiste con controricorso. Entram
be le parti hanno presentato memoria.
Motivi della decisione. — 1. - Con il primo motivo del ricorso, denunciando violazione e falsa applicazione degli art. 1362 ss.
c.c. (360, n. 3, c.p.c.), in relazione alla disciplina contrattuale
del trattamento di previdenza aziendale in questione (accordo 13
marzo 1973), Alessandro Paoletti censura la sentenza impugnata
per avere attribuito a detto accordo (e, segnatamente, agli art.
19 e 10) un significato diverso da quello voluto — e chiaramente
espresso — dalle parti stipulanti, secondo cui il trattamento pen sionistico integrativo, a carico della gestione aziendale, consta di
una quota-base — che è commisurata al 75% della retribuzione
pensionabile finale comprensiva dell'indennità di contingenza —
e di eventuali variazioni accessorie, «da calcolarsi attraverso un
congegno di scala mobile, che deve avere le stesse modalità di
quello operante per allineare ai mutamenti degli indici del costo
della vita le retribuzioni del pari grado in servizio». Pertanto, ad avviso del ricorrente, il rapporto di proporzionalità alle retri
buzioni (nella misura del 75%) è stato voluto dalle parti stipulan ti solo per la quota-base del trattamento pensionario aziendale, mentre il regime di perequazione è «uguale» a quello del persona le in servizio di pari grado.
Significativamente, infatti, ad avviso del ricorrente, le parti sti
pulanti non hanno previsto, per il regime di perequazione, la «per
centualizzazione», che, invece, viene espressamente stabilita per la quota base del trattamento. Ed il rilevato silenzio non risulta
giustificato, ad avviso della ricorrente, dalla circostanza che, al
momento dell'accordo in questione, vigesse la scala mobile a per centuale (c.d. anomala) anziché mediante «punto fisso».
Del resto, prosegue il ricorrente, la soluzione, che la sentenza
impugnata disattende, risponde allo scopo della scala mobile di
conservare il potere di acquisto delle pensioni e delle retribuzioni.
Peraltro, osserva ancora il ricorrente, anteriormente all'aboli
zione delle c.d. «scale mobili anomale», la stessa cassa di rispar mio applicava, per le variazioni di scala mobile, le medesime
percentuali sia alle retribuzioni che al trattamento pensionistico
integrativo, rispettando, appunto, il rinvio dell'accordo (art. 19) al regime, di volta in volta vigente, in tema di scala mobile.
Infine, sempre ad avviso del ricorrente, non è possibile inter
pretare l'accordo del 1973, condizionandolo ad un evento succes
sivo, quale appunto l'abolizione delle c.d. «scale mobili anomale».
Con il secondo motivo, denunciando vizio di motivazione (art.
360, n. 5, c.p.c.), il ricorrente censura la sentenza impugnata per non avere considerato che, non avendo parlato di riduzione in
percentuale del regime allora vigente di scala mobile (a percen
tuale), l'accordo sul sistema di previdenza aziendale in esame ha
inteso soltanto allineare i sistemi di indicizzazione di retribuzioni
e pensioni, pur sostenendone allora risultati diversi, soltanto, in
dipendenza della commisurazione della quota-base delle pensioni al 75% delle retribuzioni, mentre tali risultati diversi sono stati
ridimensionati dall'avvento del «punto unico», in quanto questo ha determinato un fenomeno generale di «schiacciamento» (non
solo) tra retribuzioni e pensioni.
Peraltro, ad avviso del ricorrente, non si sarebbe verificata la
pretesa disparità di trattamento tra pensionati, in dipendenza del
la data di pensionamento, in quanto «prima del 1977 (la base
pensionabile) comprendeva anche la contingenza e quindi anche
la parte di incremento derivante da essa veniva a subire la decur
tazione del 25%; dopo la legge del 1977, gli incrementi in parola
sono stati distolti dalla retribuzione pensionabile per essere ag
giunti per intero alla base, per cosi dire 'congelata' al gennaio
1977».
«Solamente a seguito dell'accordo dal 1978 — che ricomprese
nella retribuzione pensionabile anche la c.d. 'indennità di scala
mobile' (importo mensile dei punti fissi maturati dal trimestre
febbraio-aprile 1977), si sono forse potute verificare» — ad avvi
so del ricorrente — «differenze di trattamento, da mettere in re
II Foro Italiano — 1988.
lazione alla data del pensionamento, ma, non per questo, si do
vrebbe ritenere legittima la decisione della cassa . . .», in quanto
questa, «... applicando i punti fissi solo nel 75% . . . non ha
certo perequato le posizioni degli iscritti, ma ha finito per provo care un 'parziale allineamento verso il basso', ottenuto con un
vero e proprio trattamento peggiorativo». Il ricorso è fondato.
2. - Invero — secondo l'insegnamento di questa corte (v., per
tutte, le sentenze nn. 3852, 1538, 1314, 589/86, Foro it., Rep.
1986, voce Lavoro, (rapporto), n. 2651; ibid., n. 774; ibid., voce
Contratto in genere, n. 272; id., 1986, I, 2549; 5675/84, id., Rep.
1984, voce Previdenza sociale, n. 586; 6580, 6462, 4855, 1590,
1061/83, id., Rep. 1983, voce cit., n. 170; ibid., voce Lavoro
(rapporto), n. 1862; ibid., voce Lavoro (contratto), n. 46; ibid., voce Previdenza sociale, n. 181; ibid., voce Lavoro e previdenza
(controversie), n. 330; 3649/82, id., Rep. 1982, voce Lavoro (rap
porto), n. 2221; 1158/81, id., Rep. 1981, voce cit., n. 2001) —
i regimi privati di previdenze, nei limiti delle disposizioni indero
gabili di legge — possono sostituire o, come nella specie, integra re il corrispondente regime legale obbligatorio, senza che norme
e principi di diritto, affermati con riferimento a regimi legali,
possano trovare applicazione nell'ambito dei regimi privati — la
cui disciplina è riservata, infatti, all'autonomia negoziale delle
parti — salva la possibilità che, in forza delle rispettive discipli
ne, ciascun regime attribuisca rilevanza ed efficacia giuridica, nel
proprio ambito, ad istituti di altro regime (a titolo esemplificati
vo, vedi, per tutte, Cass. n. 1328/79, id., Rep. 1979, voce Previ
denza sociale, n. 615, in tema di trattamento aziendale integrativo della pensione erogata dall'Inps, come quello dedotto nel presen te giudizio).
Ne consegue, sul piano processuale, che non possono essere
denunciate, in sede di legittimità, errores in iudicando (art. 360, n. 3, c.p.c.), concernenti l'applicazione della disciplina negoziale
(contrattuale o mediante regolamento aziendale) del regime pri vato di previdenza — la cui interpretazione è riservata, infatti, al giudice di merito (in tal senso, vedi, per tutte, Cass. n. 3852,
1314, 589/86, cit.) — ma soltanto, la violazione di canoni legali di ermeneutica (art. 1362 ss. c.c.) oppure vizi di motivazione (art.
360, n. 5, c.p.c.) (sul punto, vedi, per tutte, Cass. nn. 1538/86,
cit., anche in motivazione; 694/85, id., Rep. 1985, voce cit., n.
190; 6762/82, id., Rep. 1982, voce Lavoro (rapporto), n. 2284;
3845/74, id., Rep. 1974, voce cit., n. 349, oltre alla giurispruden za citata da ultima). Sono pertanto deducibili, in sede di legitti
mità, le censure proposte dal ricorrente che, peraltro, risultano
fondate.
Il loro accoglimento — sebbene si discosti dalle conclusioni
di altre sentenze di questa corte (nn. 589, 1314, 3852/86, cit.) concernenti l'interpretazione di clausole contrattuali sostanzial
mente identiche — non dà luogo, tuttavia, a contrasto della giu
risprudenza di legittimità, nella soluzione di questioni di diritto
(art. 374, 2° comma, c.p.c.), ma soltanto ad un diverso esito
del controllo che questa corte è chiamata a svolgere nel ricordato
ambito dei propri poteri istituzionali sull'interpretazione di clau
sole contrattuali da parte del giudice di merito (in tal senso, Cass.
n. 2923/85, id., Rep. 1985, voce Lavoro (contratto), n. 75). 3. - La questione, che i giudici di merito erano chiamati a risol
vere, concerne la soggezione a riduzione percentuale del «punto unico» di scala mobile, che — a seguito dell'abolizione (ai sensi
del d.l. n. 12 convertito nella 1. n. 92 del 1977) delle scale mobili
a percentuale (c.d. anomale) — si applica non solo alle retribu
zioni, ma — per effetto della disciplina contrattuale relativa —
anche al trattamento pensionistico aziendale dei dipendenti della
cassa di risparmio resistente (quale, appunto, l'attuale ricorrente). La soluzione negativa alla questione
— che, in riforma della
pronuncia di primo grado, la sentenza ora impugnata accoglie — riposa, oltre che sulla prospettazione di pretesi inconvenienti
della soluzione contraria, sulle argomentazioni che si articolano
nei passaggi essenziali seguenti: a) attribuendo al pensionato il
punto unico di scala mobile nella misura intera, si perverrebbe
ad un «appiattimento» tra pensione e retribuzione, frustando, cosi,
lo «scopo dichiarato» — che il fondo di prevalenza aziendale
persegue — «di integrare il trattamento pensionistico erogato dal
l'Inps . . . fino al raggiungimento complessivo del 75% dell'ulti
ma retribuzione, nella quale ... è ricompresa l'indennità di
contingenza»; b) non rileva, in contrario, la circostanza che l'ac
cordo sindacale in materia non preveda la «percentualizzazione» della scala mobile, limitandosi a stabilire che questa si applichi
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PARTE PRIMA
«con le stesse modalità tempo su tempo in vigore per le retribu
zioni del personale in servizio», in quanto, all'epoca dell'accor
do, la scala mobile in percentuale rendeva inutile una previsione
siffatta e, peraltro, la prevista applicazione di questa «con le stes
se modalità . . . non può significare applicazione nella stessa mi
sura» al personale in servizio.
La riferita statuizione della sentenza impugnata e le argomen
tazioni che la sorreggono — siccome è stato denunciato dal ricor
rente — non solo si discostano da canoni legali di ermeneutica
contrattuale, ma risultano viziate, altresì', da obiettiva deficienza
e contraddittorietà logica della motivazione.
4. - L'accordo sindacale in esame — siccome la sentenza impu
gnata, correttamente, riconosce— reca la disciplina separata del
trattamento pensionario-base, commisurandolo complessivamen
te al 75% dell'ultima retribuzione pensionabile comprensiva del
l'indennità di contingenza, e del regime perequativo del trattamento
stesso, per il quale rinvia alla «modalità tempo per tempo in vi
gore per il personale in servizio», senza stabilirne, tuttavia, alcu
na riduzione percentuale. Pur muovendo dalle premesse esatte, ora ricordate, la sentenza
impugnata perviene, tuttavia, a conclusioni che risultano, invece,
non solo logicamente incoerenti con tali premesse, ma anche irri
spettose dei canoni legali di ermeneutica contrattuale.
La prevista commisurazione percentuale tra il trattamento
pensionario-base e «l'ultima retribuzione pensionabile», sia pure
comprensiva dell'indennità di contingenza, non è d'ostacolo, in
fatti, ad un tendenziale «appiattimento» tra retribuzione e tratta
mento pensionarlo complessivo, ove questo derivi dal regime
perequativo che, in fase di separata funzione contrattuale, risulti
applicabile ad entrambi (sull'«appiattimento», derivante dal regi
me perequativo in esame, sia pure ai fini diversi, vedi Corte, cost,
n. 141/80, id., 1980, I, 2641; sullo stesso effetto di analogo regi
me perequativo delle pensioni, vedi Corte cost. n. 12/86, id., Rep.
1986, voce Previdenza sociale, n. 717).
La contraria conclusione, alla quale la sentenza impugnata per
viene, non solo non rispetta il tenore letterale dell'accordo sinda
cale (sul rilievo prioritario del tenore letterale, nella interpretazione
dei contratti collettivi di diritto comune, vedi, per tutte, Cass.
nn. 2450, 1197, 833, 229/85, id., Rep. 1985, voce Lavoro (rap
porto), n. 2527; ibid., voce Lavoro (contratto), n. 49; ibid., voce
Lavoro (rapporto), n. 1427; ibid., n. 1497) — che si limita a
stabilire, come la stessa sentenza riconosce, la commisurazione
percentuale soltanto del trattamento pensionario-base all'«ultima
retribuzione pensionabile» — ma non costituisce neanche lo svi
luppo, logicamente coerente, del significato cosi attribuito al
l'accordo.
Per quanto si è detto, appare evidente — ma pare opportuno
sottolineare — il ruolo affatto diverso dell'indennità di contin
genza — che, quale componente dell'ultima retribuzione pensio
nabile», concorre a formare la base di calcolo del trattamento
pensionario-base — e la scala mobile, che è volta, invece, ad ade
guare il trattamento stesso alle (eventuali) variazioni sopravvenu te dell'indice del costo della vita.
5. - Gli stessi vizi sembrano inficiare, poi, la sentenza impu
gnata, anche laddove pretende di estendere la «percentualizzazio ne» — che riconosce prevista soltanto per commisurare il
trattamento pensionario-base alla «retribuzione pensionabile» —
anche al regime perequativo del trattamento stesso, per il quale
l'accordo sindacale — come la sentenza riconosce — si limita
a rinviare alle «modalità tempo per tempo in vigore per il perso
nale in servizio».
Invero non sembrano idonei a sorreggere tale statuizione della
sentenza in esame — della quale sono addotti a sostegno — né
l'assunto che il menzionato rinvio dell'accordo non implichi l'ap
plicazione della scala mobile, al trattamento pensionarlo azienda
le in questione, nella stessa «misura» prevista per la retribuzione
del personale in servizio, né la pretesa superfluità della previsione
espressa della «percentualizzazione», nel regime di scala mobile
a percentuale (c.d. anomala), vigente alla data di stipulazione del
l'accordo, che comportava, comunque, una commisurazione «per
centuale» del trattamento pensionario complessivo alla
«retribuzione pensionabile». Entrambi gli assunti, infatti, suppongono il preteso silenzio del
l'accordo sindacale, che la sentenza impugnata, apoditticamente
quanto arbitrariamente, pretende poi di colmare mediante l'ap
plicazione della «percentualizzazione», che — come riconosce la
sentenza stessa — è bensì' prevista dall'accordo, ma al diverso
Il Foro Italiano — 1988.
fine di commisurare il trattamento pensionario-base all'«ultima
retribuzione pensionabile».
Tuttavia, ancor prima, la sentenza omette di verificare — sulla
base del tenore letterale dell'accordo (per il cui valore prioritario
ai fini interpretativi si richiama la giurisprudenza citata) — se
il previsto rinvio abbia carattere «formale» e, come tale, evochi
il regime di scala mobile per il personale in servizio (sia in per
centuale che, successivamente, a «punto fisso»), né se il silenzio
dell'accordo stesso equivalga a volontà contraria alla «percentua
lizzazione» della scala mobile.
6. - Pertanto, in accoglimento del ricorso, la sentenza impu
gnata deve essere cassata con rinvio.
Nella soluzione della questione interpretativa — riservata al suo
potere istituzionale — se la «percentualizzazione» si applichi al
«punto unico» di scale mobili, benché prevista espressamente sol
tanto per commisurare il trattamento pensionario-base all'«ulti
ma retribuzione pensionabile», il giudice di rinvio dovrà fare buon
governo dei canoni legali di ermeneutica contrattuale (art. 1362
ss. c.c.): sia di quelli che risultano violati dalla sentenza impu
gnata (quale l'omessa considerazione del ruolo prioritario, ai fini
interpretativi, del tenore letterale dell'accordo aziendale), sia di
altri canoni «principali», che la sentenza stessa neanche conside
ra, quale il rilievo, a fini interpretativi, del contratto collettivo
nazionale del 1978 — non ostando il «diverso livello» contrattua
le ai fini dell'interpretazione complessiva della disciplina colletti
va della soggetta materia (vedi, per tutte, Cass. n. 1339/86, cit.) — nonché della previsione espressa, nello stesso accordo azienda
le (art. 19, 4° comma), della «percentualizzazione», con specifico
riferimento, però all'«aggancio» del trattamento pensionarlo in
questione alla «dinamica salariale».
Solo l'esito negativo dell'impiego dei canoni ermeneutici «prin
cipali», fin qui considerati, può consentire al giudice di merito — in base al «principio del gradualismo» (sul quale vedi, per
tutte, Cass. n. 2209/84, id., Rep. 1984, voce Contratto in genere,
n. 159) — il ricorso a canoni «sussidiari», quale quello della con
servazione del contratto (art. 1367 c.c.) (sul punto, vedi per tutte,
Cass. nn. 1908/84, ibid, voce Lavoro (rapporto), n. 546; 6806,
3769, 1726, 880/83, id., Rep. 1983, voce cit., n. 1161; ibid., voce
Contratto in genere, n. 213; ibid., voce Lavoro (rapporto), n.
2535; ibid., n. 1141), che può risolversi anche nella prospettazio
ne di inconvenienti della soluzione interpretativa disattesa (vedi
Cass. n. 1437/79, id., Rep. 1979, voce Contratto in genere, n.
220) prospettazione che, tuttavia, la sentenza impugnata invoca,
erroneamente, prima di verificare l'esito del corretto impiego dei
canoni «principali».
CORTE DI CASSAZIONE; sezione I civile; sentenza 5 agosto
1987, n. 6715; Pres. Bologna, Est. Maltese, P. M. Zema
(conci, diff.); Min. finanze (Avv. dello Stato Bruno) c. Soc.
Caspel (Avv. Balestra, Kielland). Cassa App. Palermo 14
giugno 1983.
Assistenza, salvataggio, ricupero e ritrovamento dei relitti della
navigazione — Operazione di polizia — Salvataggio ad opera di rimorchiatore su richiesta della guardia di finanza — Com
penso — Debitore — Fattispecie (Cod. civ., art. 1173, 1224,
2697, 2729; cod. proc. civ., art. 97; cod. nav., art. 490, 491,
492; cod. proc. pen., art. 222, 622; 1. 25 settembre 1940 n.
1424, legge doganale, art. 116, 140; 1. 17 luglio 1942 n. 907,
legge sul monopolio dei sali e tabacchi, art. 64, 66, 67).
Nel caso di salvataggio di una nave ad opera di rimorchiatore
in seguito ad operazione di polizia il soccorso viene effettuato in attuazione di un'obbligazione ex lege. (1)
Nel caso di salvataggio ad opera di rimorchiatore, in seguito ad
operazione di polizia, di una nave la quale trasporti sigarette di contrabbando, il soccorritore non può pretendere che l'am
ministrazione finanziaria dello Stato, che acquista la proprietà del carico non a titolo derivativo ma originario, sia condannata
a pagare il compenso per il salvataggio del carico stesso. (2)
(1-2) Sul punto specifico non constano precedenti. In generale sul soccorso effettuato in attuazione di un'obbligazione
ex lege, cfr., tra le più recenti, Coli. arb. 24 febbraio 1981, Foro it.,
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