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PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE || sezione lavoro; sentenza 10 febbraio 1988, n....

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sezione lavoro; sentenza 10 febbraio 1988, n. 1435; Pres. Valente, Est. Nuovo, P. M. Leo (concl. diff.); Min. tesoro (Avv. dello Stato Fienga) c. Soc. Cogem sud (Avv. Ingo). Cassa Trib. Catania 22 ottobre 1985 Source: Il Foro Italiano, Vol. 111, PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE (1988), pp. 3611/3612-3619/3620 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23181602 . Accessed: 28/06/2014 10:44 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 91.213.220.138 on Sat, 28 Jun 2014 10:44:27 AM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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sezione lavoro; sentenza 10 febbraio 1988, n. 1435; Pres. Valente, Est. Nuovo, P. M. Leo (concl.diff.); Min. tesoro (Avv. dello Stato Fienga) c. Soc. Cogem sud (Avv. Ingo). Cassa Trib. Catania22 ottobre 1985Source: Il Foro Italiano, Vol. 111, PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE(1988), pp. 3611/3612-3619/3620Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23181602 .

Accessed: 28/06/2014 10:44

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3611 PARTE PRIMA 3612

Cosi individuato tra le specificate controversie un rapporto di

continenza — come del resto non è contestato da alcuna delle

parti — non può trovare ostacolo l'applicazione del disposto del

l'art. 39 citato con la translatio del giudizio disposta dal Tribuna

le di Genova al Tribunale di Firenze, preventivamente adito, non

ostandovi una competenza funzionale o per materia di quel giu dice che si è cosi spogliato della causa davanti a lui successiva

mente instaurata (v. Cass. 8 gennaio 1979, n. 88, id., Rep. 1979, voce cit., n. 165), afferendo la competenza per la convalida del

sequestro conservativo alla cognizione del giudice della causa del

merito e cosi a quello che per regole determinative o modificative

alla competenza — come la stessa continenza — ne sarà indivi

duato; né configurandosi verun limite alla cennata regola del

l'art. 39 in considerazione dell'atteggiarsi la causa successivamente

proposta al Tribunale di Genova a «contenente» di quella di cui

è stato investito il detto primo giudice. A tal riguardo, deve osservarsi che seppure in alcuni arresti

di questa corte si è data rilevanza al maggior valore della causa

per l'individuazione del giudice competente per continenza, indi

pendentemente dal criterio della prevenzione (v. Cass. 20 ottobre

1972, n. 3169, id., Rep. 1972, voce cit., n. 260; 21 gennaio 1971, n. 121, id., Rep. 1971, voce cit., n. 297), tale indirizzo non può essere condiviso per la insuperabile considerazione che il dato del

maggiore valore della causa e quindi del suo carattere di «conte

nente» rispetto ad altra causa non è assunto dall'art. 39 c.p.c. ad elemento determinativo del giudice competente nel caso di con

tinenza di cause, restando questo testualmente affidato al criterio

della prevenzione con il solo limite dalla sussistenza della compe tenza del giudice adito per primo anche per la causa successiva

proposta davanti ad altro giudice. In tal senso, infatti, si è affer

mato nella giurisprudenza di questa corte che, per individuare

il giudice che deve giudicare in caso di continenza di cause, il

criterio della prevenzione vale soltanto se il giudice preventiva mente adito sia competente anche per la causa successivamente

proposta, la quale, altrimenti, va devoluta alla cognizione del giu dice adito per secondo, davanti al quale le parti devono riassu

merla (v. Cass. 27 febbraio 1978, n. 1005, id., Rep. 1978, voce

cit., n. 163). Con la conseguenza che solo la insussistenza della

competenza del primo giudice anche per la causa successivamente

proposta — per eccederne dal limite di valore ovvero appartenere essa alla competenza per materia o funzionale del giudice per secondo adito (v. Cass. 8 gennaio 1979, n. 88, cit.; 7 marzo 1977, n. 916, id., Rep. 1977, voce cit., n. 146) — può essere di ostacolo

all'attribuzione a quel primo giudice delle cause in rapporto di

continenza indipendentemente dal loro rapporto di contenente a

contenuto; ed in particolare che qualora il giudice preventiva mente adito abbia (come, nella specie che ne occupa, in ordine

all'opposizione al decreto ingiuntivo, il giudice che ha emesso

tale provvedimento) competenza funzionale sulla causa davanti

a lui proposta, quella successivamente instaurata davanti ad altro

giudice, — anche se più ampia (contenente) rispetto alla prece dente (contenuta) — resta attribuita al detto giudice adito per

primo, sempreché questi — come nel presente caso — sia compe tente per valore anche in ordine alla causa contenente (v. Cass.

9 settembre 1986, n. 5504, id., Rep. 1986, voce cit., n. 118). In conclusione, deve convenirsi con il procuratore generale che

anche quando, come nella specie, sia preveniente la causa «conte

nuta» l'assorbimento si verifica a favore del giudice cosi preven tivamente adito salvo che quest'ultimo non sia competente a

conoscere dell'intera causa «contenente» proposta successivamente

per la competenza funzionale (o per materia) del relativo giudice: limite questo pacificamente non sussistente nei confronti del Tri

bunale di Firenze.

In conclusione delle esposte considerazioni il ricorso per rego lamento di competenza proposto dalla soc. Ideal Container va

rigettato con la declaratoria della competenza del Tribunale di

Firenze per ragioni di continenza al riguardo della controversia

instaurata dalla detta società nei confronti della soc. Cofu davan

ti al Tribunale di Genova.

Il Foro Italiano — 1988.

CORTE DI CASSAZIONE; sezione lavoro; sentenza 10 febbraio

1988, n. 1435; Pres. Valente, Est. Nuovo, P. M. Leo (conci,

diff.); Min. tesoro (Aw. dello Stato Fienga) c. Soc. Cogem sud (Avv. Ingo). Cassa Trib. Catania 22 ottobre 1985.

Amministrazione dello Stato e degli enti pubblici — Ente sop

presso — Procedura amministrativa di liquidazione — Azione

giudiziaria individuale del creditore — Ammissibilità (L. 4 di

cembre 1956 n. 1404, soppressione e messa in liquidazione di

enti di diritto pubblico; 1. 23 dicembre 1978 n. 833, istituzione del servizio sanitario nazionale, art. 77).

Previdenza sociale — Imprese impiantistiche metalmeccaniche —

Sgravi contributivi — Limiti (D.l. 7 febbraio 1977 n. 15, conte

nimento del costo del lavoro e dell'inflazione nonché modifica

zione al regime fiscale di taluni prodotti petroliferi ed aumento

di aliquote Iva, art. 1; d.l. 30 dicembre 1979 n. 663, finanzia

mento del servizo sanitario nazionale nonché proroga dei con

tratti stipulati dalle pubbliche amministrazioni in base alla 1.

1° giugno 1977 n. 285, sull'occupazione giovanile, art. 22; 1.

29 febbraio 1980 n. 33, conversione in legge, con modificazio

ni, del d.l. 30 dicembre 1979 n. 663, art. 1).

Il procedimento di liquidazione degli enti pubblici di cui alla l. 4 dicembre 1956 n. 1404 e all'art. 77 l. 23 dicembre 1978 n.

833 è previsto in tempi e forme abbreviati nell'interesse dei cre

ditori e non impedisce il ricorso ad azioni giudiziarie anche

in mancanza della precisa richiesta di pagamento diretto al mi

nistero del tesoro. (1) La disposizione contenuta nell'art. 22, 2° comma, d.l. 30 dicem

bre 1979 n. 663, come modificato dall'art. 1 l. 29 febbraio 1980 n. 33, nella parte in cui estende anche alle imprese im

piantistiche metalmeccaniche il beneficio della fiscalizzazione

degli oneri sociali in precedenza concesso alle imprese manifat turiere ed estrattive, ha valore di norma interpretativa dell'art.

1 d.l. 7 febbraio 1977 n. 15, convertito in I. 6 aprite 1977 n.

102, ma dispiega i propri effetti retroattivi soltanto in relazione

alla disciplina vigente al momento della sua emanazione e per ciò dal 1° gennaio 1980. (2)

(1-2) In senso conforme alla prima massima, v. Cons. Stato, sez. VI, 21 settembre 1987, n. 770, Foro it., Rep. 1987, voce Amministrazione dello Stato, n. 263; Cass. 16 giugno 1986, n. 4010, id., Rep. 1986, voce

cit., n. 184; 12 giugno 1986, n. 3918, ibid., n. 186; Pret. Livorno 13

luglio 1985, id., Rep. 1987, voce cit., n. 269; Cass., sez. un., 11 luglio 1984, n. 4070, id., 1984, I, 2388, con nota di richiami.

Con riguardo alla normativa in oggetto, ed in particolare agli art. 8 e 9 1. 1404/56, v. le questioni di costituzionalità sollevate con ordinanze Trib. Genova 29 settembre 1986, id., Rep. 1987, voce cit., n. 212, e Pret. Pisa 30 marzo 1984, id., Rep. 1985, voce cit., n. 161, che ritengono in contrasto con l'art. 3 Cost, (la prima ordinanza richiamata) e con l'art. 24 Cost, (la seconda) le disposizioni citate nella parte in cui prevedono il termine perentorio di sessanta giorni dal decreto di liquidazione per presentare domanda per la soddisfazione dei diritti di credito nei con fronti di enti pubblici soppressi. Tali questioni sono state dichiarate in fondate da Corte cost. 23 giugno 1988, n. 693, Gazzetta ufficiale, V

s.s., 29 giugno 1988, n. 26.

Quanto ad altro profilo, la giurisprudenza è costante nel ritenere che la messa in liquidazione di un ente pubblico non sospende il corso degli interessi con riguardo ai crediti pecuniari nei confronti dell'ente medesi mo: v. in tal senso Cass. 7 luglio 1986, n. 4439, Foro it., Rep. 1987, voce cit., n. 262; 30 gennaio 1986, n. 597, id., Rep. 1986, voce cit., n. 190; 5 gennaio 1985, n. 7, id., Rep. 1985, voce cit., n. 166.

Quanto alla seconda massima, la giurisprudenza costante è nel senso

opposto alla decisione in epigrafe, essendo consolidato l'orientamento a ritenere di natura non interpretativa ma innovativa la disposizione conte nuta nell'art. 22, 2° comma, d.l. 663/79 convertito in I. 33/80: v. in tal senso, da ultimo, Cass. 19 gennaio 1988, n. 383, id., Mass., 66; 19

gennaio 1988, n. 373, ibid., 64; 26 novembre 1987, n. 8750, id., Rep. 1987, voce Previdenza sociale, n. 437; 11 maggio 1987, n. 4332, id., 1987, I, 2748, con nota di richiami.

La soluzione adottata con la sentenza in rassegna, la cui pur ampia ed articolata motivazione non riesce a fugare del tutto i motivi di perples sità in ordine alla soluzione adottata, sembra tuttavia destinata a non mutare l'orientamento della giurisprudenza, come è dimostrato dal fatto che in una decisione di poco successiva alla presente, la stessa Cassazione ha di nuovo affermato la natura innovativa e non interpretativa dell'art. 22 d.l. 663/79: v. in tal senso Cass. 17 giugno 1988, n. 4157, id., Mass., 608, in cui si afferma, tra l'altro, che qualora si riconoscesse alla norma in esame natura interpretativa essa apparirebbe «fortemente sospetta di

irrazionale disparità di trattamento». A parere di quest'ultima decisione,

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

Motivi della decisione. — Con il primo motivo, denunciando

la violazione e falsa applicazione degli art. 8 e 9 nonché dell'inte

ra 1. 4 dicembre 1965 n. 1404 e dell'art. 77 1. 23 dicembre 1978

n. 833 sostiene il ministro che la fase di liquidazione degli enti

pubblici, come è regolata dalle norme suddette, impone l'onere

del previo esperimento della procedura di collaborazione nello

stato passivo o comunque rende impossibile nei confronti del

l'amministrazione del tesoro la proposizione di azioni di condan

na o preordinate all'esecuzione forzata.

Tale motivo è infondato in fatto e in diritto. In fatto, perché è stato accertato dai giudici di merito (e l'accertamento non è

stato fatto oggetto di censura) che una richiesta di rimborso era

stata rivolta dal ministero e da questo respinta; in diritto, perché non è affatto vero che la 1. 4 dicembre 1956 n. 1404 imponga

l'esperimento della procedura di ammissione al passivo e preveda il ricorso alla via giudiziaria solo in sede di impugnazione dell'e

ventuale provvedimento negativo. È vero che in base a tale legge coloro che hanno diritti da

far valere nei confronti degli enti, la cui liquidazione è affidata

all'ufficio liquidazione, devono presentare al ministero del tesoro

domanda di riconoscimento del credito entro il termine di sessan

ta giorni dalla pubblicazione del provvedimento di affidamento

della liquidazione a detto ufficio (art. 8); che sulla base di tali

istanze l'ufficio forma nei novanta giorni successivi un elenco

dei crediti ammessi o non ammessi, con annotazione degli even

tuali diritti di prelazione; che i creditori non ammessi possono, nel termine perentorio di trenta giorni dalla comunicazione della

decisione, proporre ricorso all'autorità giudiziaria (art. 9).

Ma, nonostante la somiglianza con il procedimento di accerta

mento del passivo previsto dagli art. 92 ss. 1. fall., non esiste

nella legge in esame alcun richiamo al divieto di azioni individua

li e all'obbligo del concorso dei creditori, stabiliti dagli art. 51

e 52 1. fall., che rendono inderogabile nell'ambito delle procedure concorsuali il procedimento di accertamento dello stato passivo e l'impugnazione di esso da parte dei creditori non ammessi.

Questi principi, che servono a tutelare la par condicio credito

rum in caso di insolvenza del debitore, trovano applicazione nella

specie, solo nel caso che si faccia luogo alla liquidazione coatta

amministrativa (prevista dall'art. 15 della legge nell'ipotesi di li

quidazione deficitaria e sempre che il ministero del tesoro non

copra il disavanzo mediante prelevamenti sul fondo previsto dal

l'art. 14), perché in tale ipotesi (che non può verificarsi nella spe

cie, essendo l'ufficio liquidazioni tenuto a coprire tutti i disavanzi

anche, se necessario, attraverso l'integrazione del fondo suddetto

mediante ricorso al mercato finanziario: vedi art. 77 1. 23 dicem

bre 1978 n. 833) la procedura da applicare è quella prevista dalla

legge fallimentare.

Nell'ipotesi normale, invece, nella quale non è prevista una li

mitazione (e un'eventuale falcidia) dei diritti soggettivi dei credi

tori in ragione del loro concorso, la procedura prevista dagli art.

8 e 9 è stata introdotta per consentire, attraverso un procedimen to caratterizzato da tempi brevissimi e termini perentori, un'atti

vità liquidatoria molto rapida e snella, riservando il ricorso alla

dispendiosa via giudiziaria solo ai casi di contestazione del

credito.

Ma tale procedimento abbreviato è previsto nell'interesse cjei creditori e non impedisce certo il ricorso diretto ad azioni giudi ziarie individuali, anche in mancanza della previa richiesta di pa

gamento diretto al ministro del tesoro (vedi in questo senso Cass., sez. un., 11 luglio 1984, n. 4070, Foro it., 1984, 1, 2388, e con

riferimento alla decorrenza degli interessi Cass. 5 febbraio 1985

n. 772, id., Rep. 1985, voce Amministrazione dello Stato, n. 162; 5 gennaio 1985, n. 7, ibid., n. 166).

Con il secondo motivo, denunziando la violazione di falsa ap

plicazione dell'art. 22 1. 29 febbraio 1980 n. 33, dell'art. 1 d.l.

7 febbraio 1977 n. 15 convertito con modificazioni nella 1. 6 apri

pertanto, «poiché il principio della irretroattività costituisce (art. 11 pre leggi) principio di carattere generale — quando non sia costituzionalizza ta come in materia penale la sua deroga, da parte del legislatore — deve essere formulato in modo espresso o, quanto meno, non equivoco (...), con la conseguenza che — laddove, come nella specie, tali requisiti difet tino — alla disposizione non può essere attribuita natura diversa da quel la innovativa».

La questione, oggetto di contrasto, è stata discussa avanti le sezioni unite all'udienza del 3 novembre 1988.

Il Foro Italiano — 1988.

le 1977 n. 102, dell'art. 5 d.l. 30 gennaio 1979 n. 20 convertito

con modificazioni nella 1. 11 marzo 1979 n. 92 nonché dell'art.

11 disp. prel. c.c., sostiene il ministero che prima della legge del

1980 non sussisteva dubbio alcuno che le imprese impiantistiche fossero escluse dai benefici previsti dalla 1. n. 102 del 1977: tali

benefici, infatti, erano concessi alle imprese manifatturiere ed

estrattive secondo la classificazione delle attività economiche pre

disposte dall'Istat, classificazione che escludeva le imprese im

piantistiche, comprese invece fra le imprese dell'edilizia. Pertanto

l'art. 22 1. 29 febbraio 1980 n. 33, disponendo che l'espressione

«imprese manifatturiere ed estrattive» deve intendersi comprensi va delle imprese impiantistiche del settore metalmeccanico, non

chiariva dubbi interpretativi, che non vi erano mai stati, ma in

troduceva un'estensione del beneficio ad imprese prima escluse:

tale norma, quindi, non ha e non può avere effetto retroattivo, e trova applicazione solo per il periodo successivo al 1° gennaio 1980.

Sul piano economico, poi, è la stessa ratio del provvedimento

legislativo a rendere inammissibile la retroattività della norma:

un provvedimento emanato per modificare una situazione con

giunturale non può infatti spiegare effetti retroattivi, rivolgendosi di norma a situazioni presenti o future.

Le questioni poste da tale censura sono molto complesse. Già

questa sezione con due recenti sentenze (Cass. 15 ottobre 1986, n. 6061, id., Rep. 1986, voce Previdenza sociale, n. 439; 13 aprile

1987, n. 3693, id., Rep. 1987, voce cit., n. 455) ha ritenuto che

la norma in esame non ha natura interpretativa né conseguente efficacia retroattiva, per cui essa comporta l'estensione con effi

cacia ex nunc della fiscalizzazione degli oneri sociali alle imprese

impiantistiche. Rilevava in proposito questa corte che il 2° com

ma dell'art. 22 introdotto dalla legge di conversione, pur avendo

nel suo tenore letterale l'apparenza di una norma interpretativa, era in effetti una norma innovativa, in quanto estendeva il bene

ficio della parziale fiscalizzazione degli oneri sociali ad imprese

prima escluse da tale beneficio, e non poteva quindi avere effica

cia retroattiva. Il carattere interpretativo della norma era da esclu

dere anche sulla base dell'interpretazione sistematica, essendo

l'inserimento di detta norma avvenuto con la legge di conversio

ne di un provvedimento legislativo destinato al finanziamento del

servizio sanitario nazionale a partire dal 1° gennaio 1980, prov vedimento quindi avente efficacia per l'avvenire. Inoltre la limi

tazione della estensione del beneficio alle sole imprese

impiantistiche del settore metalmeccanico non è compatibile con

l'assorbimento, in via interpretativa, della nozione di imprese im

piantistiche in .quella, più ampia, di impresa manifatturiera ed

estrattiva.

A questa giurisprudenza è stato obiettato che la decorrenza del

l'intero provvedimento o dell'articolo ove è inserita la norma in

questione, non ha rilevanza al fine di escludere il carattere inter

pretativo di una specifica disposizione e l'intrinseca retroattività

che ne deriva, indipendentemente dalla sua collocazione nel testo

legislativo, perché altrimenti sarebbe sempre problematico inseri

re una norma di interpretazione autentica in un provvedimento

(o in un articolo) che, non esaurendosi in essa, abbia una norma

le decorrenza propria. Il fatto poi che il legislatore abbia inteso

interpretare l'espressione «imprese manifatturiere ed estrattive»

comprendendovi non tutte le imprese impiantistiche, ma solo quelle del settore metalmeccanico, rientra nella discrezionalità legislati va ed è del tutto irrilevante al fine di stabilire se interpretazione autentica vi sia effettivamente stata.

La serietà di tali obiezioni induce questo collegio a rimeditare

ampiamente l'intera questione. E innanzitutto va rilevato che riveste scarsa importanza l'argo

mentazione, su cui tanto insiste il ministero ricorrente, sul conte

nuto sostanziale innovativo della norma in esame.

È bensì vero che nel vigore delle leggi precedenti le imprese manifatturiere ed estrattive, beneficiarie della parziale fiscalizza

zione degli oneri derivanti dall'assicurazione contro le malattie

dei propri dipendenti, dovevano essere individuate, a norma della

disposizione di interpretazione autentica contenuta nell'art. 5 1.

31 marzo 1979 n. 92, «con riferimento alla classificazione delle

attività economiche predisposte dall'istituto centrale di statisti

ca»; ed è altrettanto indiscusso fra le parti che le imprese impian

tistiche, secondo gli elenchi dell'Istat, sono comprese non fra le

imprese manifatturiere ma fra quelle edilizie.

Sulla base di questi rilievi si sostiene che la disposizione in esa

me, sotto le apparenze di una norma intepretativa, ha un conte

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3615 PARTE PRIMA 3616

nuto sostanzialmente ed esclusivamente innovativo di estensione

del beneficio ad imprese industriali, prima escluse, per cui do

vrebbe negarsi alla disposizione medesima l'efficacia retroattiva, che è propria delle sole norme di effettiva interpretazione autentica.

Ma tale tesi non sembra al collegio che abbia fondamento

alcuno.

E innanzitutto il fatto che una determinata espressione conte

nuta in una disposizione precedente sia stata in passato interpre tata autenticamente dal legislatore, non comporta automaticamente

che la ripetizione di tale espressione in una legge successiva debba

necessariamente essere interpretata allo stesso modo (e su questo

punto si ritornerà fra breve). Allorché dunque l'art. 22 d.l. 30 dicembre 1979 n. 633 conce

deva una nuova temporanea fiscalizzazione degli oneri sociali a

favore delle imprese di cui all'art. 1 d.l. 7 febbraio 1977 n. 15

convertito con modificazioni nella 1. 7 aprile 1977 n. 102, l'inter

prete di tale disposizione non era più legislativamente obbligato ad applicare tale beneficio solo alle imprese elencate dall'Istat, fra quelle svolgenti attività manifatturiera o estrattiva, ma era

libero di valutare le espressioni contenute nei suddetti provvedi menti legislativi (imprese manifatturiere ed estrattive, appunto) in senso anche più estensivo o restrittivo. Sussistevano dunque, almeno sul piano potenziale, i presupposti teorici perché il legis latore intervenisse per chiarire la portata e l'estinzione della nuo

va disposizione, imponendo questa volta un'interpretazione più estensiva della espressione in esame rispetto a quella più restritti

va prima imposta dallo stesso legislatore in relazione alla stessa

espressione contenuta in una legge precedente. Si è detto presupposti teorici, perché fisiologicamente una leg

ge interpretativa di regola viene adottata o perché nella pratica sono sorti dei dubbi o delle opinioni divergenti rispetto ad una

determinata norma o perché il legislatore ha ragione di temere

che in futuro l'esegesi della norma possa determinare incertezze

o perplessità: e ciò spiega la persistenza dell'opinione secondo

cui solo in tali ipotesi la suddetta legge avrebbe contenuto inter

pretativo e non innovativo.

Ma, a parte il rilievo che non si potrebbe mai escludere con

assoluta certezza che quello attribuito dal legislatore possa in qual che modo rientrare nella cerchia dei significati astrattamente enu

cleabili dalla norma interpretata, l'indagine suddetta, ammesso

che potesse approdare ad un risultato positivo, non avrebbe altro

significato, se non puramente astratto, dato che la legge interpre tativa esprime, alla pari di tutte le altre leggi, una norma comple ta e non vincolata ad alcun presupposto di fatto, sindacabile dal

giudice, per cui detta legge non potrebbe essere certo disapplicata sotto il profilo che non sussisterebbe il presupposto di un'effetti

va incertezza sul significato della norma interpretata. Né varrebbe obiettare che il contenuto innovativo della legge

interpretativa viene invocato non per contestare la legittimià della

legge medesima, ma solo per limitarne la relativa efficacia, do

vendosi negare alle cosiddette leggi interpretative-innovative quel l'efficacia retroattiva, che è connaturale e tipica della legge meramente ed effettivamente intepretativa.

Ma la tesi della limitata efficacia di una norma interpretativa infatti potrebbe sostenersi solo in un sistema giuridico, che rico

nosca effetto retroattivo solo a leggi che abbiano la funzione in

tepretativa di altre norme. Ma in un ordinamento giuridico che, come quello italiano, consente al legislatore (salvo che in alcune

materie, che non interessa qui esaminare) di emanare anche nor

me giuridiche nuove con efficacia retroattiva alla sola condizione

che tale particolare efficacia risulti dalla legge, non vi è più ne

cessità di operare la distinzione suddetta, perché, qualunque sia

la ragione dell'adozione di una norma interpretativa con preteso contenuto innovativo (errore nella valutazione del significato del

la norma interpretanda, presupposizione errata di un precedente contesto interpretativo o addirittura consapevole volontà di porre rimedio ad un errore tecnico commesso al momento della formu

lazione della norma interpretanda) è comunque chiara e indiscu

tibile la volontà del legislatore di perseguire con tale strumento

l'efficacia retroattiva dell'innovazione introdotta.

In sostanza la legge è interpretativa non perché interpreta esat

tamente una norma precedente, ma perché impone l'interpreta zione ritenuta più opportuna, obbligando il giudice ad applicarla in questo senso a tutti i rapporti non ancora definiti, disciplinati dalla legge a suo tempo dettata e redatta in termini inadeguati

per il raggiungimento di detto scopo, ove non fosse intervenuta

la legge interpretativa.

Il Foro Italiano — 1988.

In questo senso è la costante giurisprudenza di questa corte,

che si è sempre sottratta ad ogni indagine sull'effettivo contenuto

(innovativo o meno) dell'interpretazione imposta, considerando

invece come indice fondamentale per l'individuazione della legge

d'interpretazione autentica la struttura della fattispecie legale. Per

tanto, a prescindere dal titolo della legge e dall'intenzione del

legislatore, va riconosciuta forza di interpretazione autentica ad

una norma, che non ha significato autonomo ed esaustivo in se

e per se considerata, ma acquista senso e significato solo nel col

legamento e nella integrazione con precedenti disposizioni di cui

delimita la portata (vedi in questo senso da ultimo Cass. 25 otto

bre 1986, n. 6260, id., Rep. 1986, voce Legge, n. 35; 12 giugno

1986, n. 3928, ibid., voce Impiegato dello Stato, n. 438; 29 luglio

1974, n. 2289, id., 1974, I, 3343). Le svolte considerazioni portano con sicurezza a riconoscere

carattere di norma interpretativa alla disposizione del 2° comma

dell'art. 22 d.l. 30 dicembre 1979 n. 633 introdotta in sede di

conversione nella 1. 29 febbraio 1980 n. 33. La formula stessa

usata dal legislatore «l'espressione imprese manifatturiere ed estrat

tive, di cui all'art. 1 d.l. 7 febbraio 1977 n. 15, convertito con

modificazioni nella 1. 7 aprile 1977 n. 102, deve intendersi com

prensiva delle imprese impiantistiche del settore metalmeccanico»,

è tipica delle norme interpretative, risultando chiaramente da es

sa che l'estensione del beneficio della fiscalizzazione degli oneri

sociali a favore delle imprese impiantistiche del settore metalmec

canico è stata ottenuta non attraverso una pura e semplice esten

sione del beneficio a dette imprese, e quindi con una norma

immediatamente dispositiva, ma attraverso l'imposizione di una

diversa e più ampia interpretazione della categoria delle imprese manifatturiere ed estrattive, già beneficiarie di tale fiscalizza

zione.

Né in proposito appare rilevante l'obiezione del ministro ricor

rente, secondo la quale sussisterebbe una pretesa inammissibilità

all'adozione di norme retroattive in relazione a leggi emanate per far fronte a situazioni congiunturali, perché l'unico limite non

all'emanazione di norme interpretative ma alla loro efficacia re

troattiva è stabilito dall'art. 25, 2° comma, Cost, con riferimento

a norme che abbiano contenuto punitivo e tale non è certo la

norma in esame, che esonera parzialmente alcune imprese dal pa

gamento di contributi sociali, accollandone il relativo onere alla

collettività nazionale.

Sulla natura interpretativa della norma in esame, la sentenza

impugnata non merita dunque censura alcuna. L'errore commes

so dal tribunale riguarda invece l'ampiezza dell'efficacia retroat

tiva di detta norma. Il giudice di merito e la dottrina sopra citata

si sono lasciati, infatti, suggestionare dal riferimento, contenuto

nella norma interpretativa, al d.l. 7 febbraio 1977 n. 5, facendo

retroagire a detta epoca gli effetti della disposizone esaminata, senza tenere conto del complesso sistema legislativo in materia

di fiscalizzazione degli oneri sociali. Detto beneficio fu introdotto con d.l. 7 febbraio 1977 n. 15,

che all'art. 1 prevedeva a decorrere dal 1° febbraio di detto anno

e fino al 31 gennaio 1978 a favore delle imprese industriali e

artigiane, escluse quelle edili e affini, un credito dall'importo di

lire. 14.000 corrispondenti a quattro punti di contingenza per tutti

i mesi, compresa la 13a, credito maggiorato di lire 10.500 mensi

li, corrispondenti ad altri tre punti di contingenza, a decorrere

dal 1° maggio 1977: alle minori entrate delle gestioni assicurative

provvedeva lo Stato con corrispondenti apporti, per i quali nel

decreto medesimo veniva prevista la relativa copertura finanzia

ria. In sede di conversione di detto decreto nella 1. 7 aprile 1977

n. 102, insieme ad alcune modifiche, che non interessano in que sta sede, furono meglio precisate le imprese beneficiarie della fi

scalizzazione degli oneri sociali, che venivano individuate con le

«imprese manifatturiere ed estrattive».

Con la 1. 8 agosto 1977 n. 573 gli stessi benefici per il medesi

mo periodo di tempo furono estesi alle imprese commerciali (loro

consorzi e società consortili) condotte anche in forma cooperati

va, considerate esportatrici abituali secondo i criteri fissati dalla

legge sull'Iva nonché alle imprese alberghiere ed esercenti pubbli

ci servizi per la somministrazione di alimenti e bevande.

La fiscalizzazione degli oneri sociali è stata dunque concessa

con una legislazione ad tempus, ad efficacia cioè predeterminata:

questo tipo di leggi cessano di aver vigore, o, come tutte le altre

leggi, mediante successiva abrogazione espressa o tacita intervenu

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

te prima della scadenza del termine della loro efficacia, o me

diante cessazione automatica alla scadenza del nuovo termine, stabilito da eventuali leggi di proroga.

E nella specie il termine di efficacia previsto dai suddetti prov vedimenti legislativi (31 gennaio 1978) fu prima della scadenza

prorogato con d.l. 30 gennaio 1978 n. 15, convertito nella 1. 22

marzo 1978 n. 75, fino al 31 marzo 1978. Con questa proroga il sistema di fiscalizzazione introdotto dalle leggi del 1977 rimase

invariato e lo stesso parzialmente avvenne con il d.l. 6 luglio 1978

n. 353, convertito in 1. 5 agosto 1978 n. 502, che sia pure a sca

denza già avvenuta, prorogò il termine suddetto fino al 31 dicem

bre 1978.

Questi ultimi provvedimenti, però, prorogarono il sistema pre cedente solo fino al 30 giugno 1978, mentre per la restante metà

dell'anno introdussero un nuovo e diverso sistema di fiscalizza

zione. Per tale periodo, infatti, non solo non si praticò più il

sistema del credito delle imprese verso gli enti pubblici gestori dell'assicurazione contro le malattie per l'importo degli oneri so

ciali fiscalizzati (credito da conguagliare con i residui importi con

tributivi dovuti agli stessi), sistema che fu sostituito con la

immediata riduzione contributiva, ma si operò una diversa fisca

lizzazione per il personale maschile e per quello femminile. A

partire dal 1° luglio 1978 infatti si operò una riduzione di lire

24.500 mensili sui contributi per l'assicurazione malattia dovuti

per ogni addetto di sesso maschile e la diversa (e maggiore) esen

zione totale dal pagamento degli stessi contributi per le prime 400.000 lire di contribuzione per ogni addetto di sesso femminile.

Con le norme suddette, che hanno operato una nuova e com

pleta regolamentazione dell'intera materia della fiscalizzazione degli oneri sociali, si è operata un'abrogazione tacita della legislazione

precedente (art. 15 disp. prel. c.c.). Di ciò si rese ben conto lo

stesso legislatore, che, anche dal punto di vista formale, ha strut

turato la disposizione in esame come una nuova concessione del

beneficio con tutte le norme conseguenziali di carattere anche pro

cedurale, senza alcun riferimento alle norme precedenti, salvo che

per la disposizione contenuta nell'art. 2 dell'abrogata 1. 8 agosto 1977 n. 573, secondo la quale, in caso di occupazione ridotta

nel mese, la fiscalizzazione veniva diminuita in proporzione alle

giornate di lavoro effettivamente prestate o comunque retribuite

nel mese considerato. È bensì vero che la norma in esame dice

espressamente: «Alle imprese di cui all'art. 1 d.l. 7 febbraio 1977

n. 15, convertito con modificazioni nella 1. 7 aprile 1977 n. 102

nonché alle imprese di cui all'art. 1 1. 8 agosto 1977 n. 573, è

concessa... una riduzione contributiva... ecc.», ma tale richiamo

ai suddetti provvedimenti legislativi non costituisce rinvio recetti

zio o formale (che presuppongono la contemporanea vigenza del

le due norme che comunque sarebbe nella specie inapplicabile, trattandosi di fonti normative provenienti dalla medesima autori

tà), ma rinvio meramente redazionale.

Il legislatore (applicando un sistema sempre più diffuso nella

legislazione più recente, ma non per questo meno criticabile per la difficoltà di lettura che le relative norme comportano e per

gli equivoci che possono suscitare), dovendo indicare le imprese beneficiarie della nuova fiscalizzazione degli oneri sociali, invece

di elencare dettagliatamente, le ha richiamate con riferimento ai

provvedimenti legislativi che tali indicazioni contenevano, amplian do eventualmente l'elenco con l'indicazione delle nuove imprese beneficiarie (nella specie le agenzie di viaggio e i complessi turistico

ricettivi introdotti dall'art. 2 della legge di conversione). Il richia

mo agli art. 1 delle leggi del 1977 non è dunque un richiamo

alle discipline in esse contenute, ma un espediente per non ripor tare nella norma nuova, come avrebbe dovuto essere, un lungo elenco di imprese beneficiarie (imprese manifatturiere ed estratti

ve, imprese commerciali esportatrici abituali, imprese alberghie

re, ecc.). E che sia questa l'opinione anche del legislatore è

dimostrata dal fatto che l'art. 2 1. 31 marzo 1979 n. 92 con una

norma interpretativa, che riguarda la successione dei due sistemi

di fiscalizzazione sociale, ha stabilito che il credito contributivo

previsto dall'art. 1 d.l. 7 febbraio 1977 n. 15 si intende riferito

anche alla 13" mensilità dello stesso anno, mentre la riduzione

e l'esenzione continuative previste dal d.l. 6 luglio 1978 n. 353

e della relativa legge di conversione non si applicavano alla 13a

mensilità né ad altre eventuali mensilità aggiuntive: intepretazio ne questa difficilmente sostenibile se il richiamo contenuto nel

d.l. del 1978 all'art. 1 d.l. del 1977 riguardasse l'intera disposi zione e non semplicemente l'elencazione delle imprese (vedi anco

II Foro Italiano — 1988.

ra come ulteriore esempio della novità della disciplina l'art. 2

d.l. 30 gennaio 1979 n. 20).

Questo secondo sistema di fiscalizzazione degli oneri sociali fu

prorogato alla scadenza fino al 30 giugno 1979 col d.l. 30 gen naio 1979 n. 20, convertito nella 1. 31 marzo 1979 n. 92, con

i quali i benefici vennero inoltre estesi alle imprese artigiane, escluse

quelle edili, alle imprese costituite come società per azioni che

esercitano, mediante una complessa organizzazione tecnico

amministrativa, l'attività di progettazione di impianti industriali, alle aziende termali e alle imprese di distribuzione e noleggi di

films e di esercizio delle sale cinematografiche; in questa legge di conversione è contenuta, fra l'altro, quella norma interpretati va di cui si è parlato sopra, secondo la quale le imprese manifat

turiere ed estrattive di cui all'art. 1, 1° comma, d.l. 7 febbraio

1977 n. 15 convertito con modificazioni nella 1. 7 aprile 1977

n. 102, sono individuate con riferimento alla classificazione delle

attività economiche predisposte dall'Istat.

Detto sistema fu ulteriormente prorogato fino alla scadenza del

periodo di paga in corso al 31 dicembre 1979 dalla 1. 13 agosto 1979 n. 375.

Con il 1° gennaio 1980 viene introdotto un terzo sistema di

fiscalizzazione degli oneri sociali, basato non più, come nel

1978-79, su somme fisse, qualunque fosse l'importo delle retribu

zioni (lire 24.500 per i lavoratori e l'importo contributivo dovuto

sulle prime 400.000 lire di retribuzione per le lavoratrici) ma su

una riduzione percentuale delle aliquote complessive della contri

buzione malattia, e cioè quattro punti per il personale maschile

e dieci punti per quello femminile.

Anche in questa occasione il legislatore ha adottato la stessa

tecnica usata nel 1978. Ha emanato cioè una nuova norma (art. 22 d.l. 30 dicembre 1979 n. 663) attributiva del beneficio con

una autonoma disciplina, svincolata da quella precedente, e l'in

dicazione delle imprese beneficiarie (nel frattempo molto cresciu

te di numero) attraverso il riferimento ai vari provvedimenti

legislativi, che mano a mano avevano introdotto la fiscalizzazio

ne degli oneri sociali per le varie imprese.

Valgono anche in questo caso le considerazioni sopra svolte

sul carattere innovativo ed esaustivo della nuova disciplina legis lativa e sull'efficacia implicitamente abrogativa delle precedenti

norme, norme che comunque dovevano ritenersi automaticamen

te estinte alla decadenza prevista del 31 dicembre 1979, senza che

detto termine fosse stato prorogato. È in sede di conversione di quest'ultimo decreto nella 1. 29

febbraio 1980 n. 33 che fu introdotta quella norma interpretati

va, che costituisce oggetto del presente giudizio, quella norma

cioè che dispone di ritenere compresa nell'espressione «imprese manifatturiere ed estrattive» di cui all'art. 1 d.l. 7 febbraio 1977

n. 15, convertito nella 1. 7 aprile 1977 n. 102, le imprese impianti stiche del settore metalmeccanico».

Questo lungo excursus sulla legislazione in materia è utile per chiarire il problema della decorrenza nel tempo dell'efficacia re

troattiva della suddetta norma interpretativa. Si è detto sopra che la norma interpretativa non produce muta

menti nell'ordinamento giuridico: anche quando contiene la solu

zione di questioni sorte nel frattempo, detta soluzione deve ritenersi

implicita nella legge interpretata. La forma interpretativa è, dun

que, una legge di secondo grado che non è suscettibile di applica zione autonoma, ma acquista efficacia e significato dal

collegamento con la norma interpretativa, di cui chiarisce un aspet to senza sostituirla, per cui la disciplina da applicare concreta

mente va desunta cumulativamente dalla norma interpretativa e

da quella interpretata: ciò comporta la congiunta vigenza delle

due norme suddette e la norma interpretativa subisce automatica

mente gli stessi effetti estintivi della norma interpretata. Se cosi

è, non vi è dubbio che la norma interpretativa contenuta nell'art.

5 1. 31 marzo 1979 n. 92, con la quale la categoria delle imprese manifatturiere ed estrattive veniva individuata con riferimento al

la classificazione Istat, ha efficacia retroattiva di interpretazione

imposta solo con l'entrata in vigore della disciplina vigente in

quel momento e cioè quella iniziata il 1° luglio 1978, anche se

la norma interpretativa fa riferimento alle leggi del 1977, ed ha

perso l'efficacia giuridica dell'interpretazione autentica con la ca

ducazione di detta disciplina avvenuta alla fine del 1979.

Allo stesso modo l'interpretazione autentica della stessa espres sione introdotta con la 1. 29 febbraio 1980 n. 33, che viene in

esame nel presente giudizio, ha efficacia retroattiva in relazione

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3619 PARTE PRIMA 3620

alla disciplina vigente in quel momento, disciplina entrata in vi

gore col 1° gennaio dello stesso anno.

Né varrebbe obiettare che in tal modo si forza il dettato delle

suddette norme, che concordemente fanno riferimento all'art. 1

d.l. 7 febbraio 1977 n. 15, perché tale riferimento era reso inevi

tabile proprio dal sistema adottato dal legislatore nell'emanare

le nuove disposizioni in materia, sistema che, come abbiamo vi

sto, consisteva non nell'elencare le imprese beneficiarie della fi

scalizzazione degli oneri sociali, ma nell'indicarle indirettamente

col richiamo delle varie leggi che ad esse si riferivano. Per cui, mancando nella legge da interpretare il riferimento alle imprese manifatturiere ed estrattive, che venivano viceversa individuate

con le imprese di cui al d.l. del 1977, non poteva la norma inter

pretativa chiarire il significato dell'espressione suddetta, non con

tenuta nella legge, se non adottando lo stesso sistema indiretto

di riferimento al d.l. del 1977.

D'altronde, se all'argomento strettamente letterale dovesse

farsi esclusivamente riferimento, si dovrebbe ritenere che dunque

l'interpretazione autentica si riferirebbe solo alla legislazione vi

gente nel 1977, abrogata il 1° luglio 1978 e non avrebbe efficacia

alcuna in relazione alla legislazione vigente nel momento in cui

la norma interpretativa è stata adottata: il che è palesemente un'as

surdità logica prima che giuridica. Né avrebbe consistenza il rilievo che, comunque, entrambe le

norme suddette interpretano autenticamente un'espressione «im

prese manifatturiere ed estrattive» che è comune a tutte le disci

pline che si sono succedute in materia, perché il fatto che una

certa espressione, nel contesto di una determinata legge, viene

interpretata autenticamente, non significa certo che l'efficacia re

troattiva di detta norma si estende a tutte le leggi in vigore o

abrogate che abbiano utilizzato la stessa espressione. Altrettanto infondato sarebbe il rilievo che, cosi ridotta l'effi

cacia retroattiva della norma interpretativa in esame, essa sareb

be del tutto ridondante, dato che l'efficacia di essa coinciderebbe

con l'entrata in vigore della nuova disciplina introdotta dallo stesso

provvedimento legislativo. Un'obiezione del genere non terrebbe

conto del fatto che la nuova regolamentazione è stata adottata

dal d.l. 30 dicembre 1979 n. 663 ed è entrata in vigore il 1° gen naio 1980 (il giorno successivo alla pubblicazione di esso sulla

Gazzetta ufficiale, avvenuta il 31 dicembre 1979), mentre la nor

ma in esame, che riguarda le imprese impiantistiche, è stata in

trodotta con la legge di conversione 29 febbraio 1980 n. 33. Se

invece di adottare una legge interpretativa del decreto legge già in vigore, il legislatore avesse adottato una norma dispositiva di

estensione della fiscalizzazione alle imprese impiantistiche, tale

estensione, costituendo un emendamento al decreto legge, avreb

be avuto efficacia non ex tunc, dal momento cioè dell'emanazio

ne del decreto legge, ma ex nunc, dal momento cioè dell'entrata

in vigore della legge di conversione. L'adozione della norma in

terpretativa era dunque necessaria, se si intendeva far decorrere

il beneficio della fiscalizzazione degli oneri sociali per le imprese

impiantistiche dal 1° gennaio 1980, come per tutte le altre impre se. E in questo senso la norma è stata applicata dall'Inps, che

ha provveduto nel caso in esame a rimborsare alla Cogem Sud

i contributi versati dal 1° gennaio 1980.

Le considerazioni che precedono sarebbero sufficienti per an

nullare quella parte della pronuncia impugnata che ha attribuito

efficacia retroattiva alla norma interpretativa in esame fino al

febbraio 1977 e solo in base a tale attribuzione ha accolto la

domanda della Cogem Sud.

Ma l'indagine di questa corte non può fermarsi a tale constata

zione, perché una volta esclusa l'interpretazione imposta dal legis

latore, il giudice, nell'esercizio del suo imprescindibile potere di

interpretare le norme da applicare, deve pur sempre valutare, in

base ai parametri fissati dall'art. 12 disp. prel. c.c., se fra le im

prese manifatturiere ed estrattive, beneficiarie in tutte le varie

discipline di fiscalizzazione degli oneri sociali, succedutesi dal 1977

al 1980, potessero essere ricomprese le imprese impiantistiche. Per il periodo dal 1° luglio 1978 al 31 dicembre 1979 ciò era

certamente impossibile, perché per tale periodo vigeva l'altra norma

d'interpretazione autentica dell'espressione «imprese manifattu

riere ed estrattive», introdotta dall'art. 5 1. 31 marzo 1979 n.

92, che limitava l'attribuzione di detta qualifica alle sole imprese come tali classificate dall'Istat e le imprese impiantistiche sono

classificate fra le imprese edili. Ma non è possibile nemmeno per il periodo anteriore, dal 1° febbraio 1977 al 30 giugno 1978, sia

per la completa diversità dell'attività economica delle imprese im

II Foro Italiano — 1988.

piantistiche rispetto a quelle delle imprese manifatturiere ed estrat

tive, sia perché costituiscono una caratteristica costante di tutte

le discipline in materia di fiscalizzazione degli oneri sociali l'e

sclusione da tale beneficio delle imprese edili ed affini (vedi art.

1 d.l. 7 febbraio 1977 n. 15 e art. 1 1. 31 marzo 1978 n. 92) e le imprese impiantistiche appartengono, come si è visto, al set

tore edilizio.

In conclusione deve essere accolto il secondo motivo del ricor

so, mentre deve essere respinto il primo. In relazione al motivo

accolto, la sentenza impugnata deve essere cessata e la causa rin

viata al Tribunale di Messina.

CORTE DI CASSAZIONE; sezione I civile; sentenza 14 maggio

1987, n. 4465; Pres. Granata, Est. Sensale, P. M. Fedeli

(conci, conf.); Soc. Bavaria assicurazioni (Aw. Consolo, La

russa) c. Soc. Pedrocca allevamenti (Avv. Palandri). Regola mento di competenza avverso Trib. Roma 25 ottobre 1985.

Competenza civile — Territorio — Polizza fideiussoria (Cod. civ.,

art. 1949; cod. proc. civ., art. 18, 20).

Qualora la compagnia assicuratrice, che abbia rilasciato polizza

fideiussoria per il pagamento dei diritti doganali, soddisfi l'am ministrazione finanziaria dell'obbligazione principale, e agisca in surrogazione nei confronti del debitore ai sensi dell'art. 1949

c.c., la competenza per territorio, con riguardo sia a! forum

contractus sia al forum destinatae solutionis, va determinata

con riferimento all'obbligazione doganale adempiuta dalla so

cietà assicuratrice. (1)

Svolgimento del processo. — La Bavaria assicurazioni s.p.a. chiedeva al presidente del Tribunale di Roma di ingiungere alla

s.r.l. Pedrocca il pagamento delle somme che assumeva di avere

anticipato per diritti doganali su merci importate dalla convenuta.

A sostegno del ricorso, deduceva che, con polizza fideiussoria

per il cauzionamento dei diritti doganali, aveva garantito all'am

ministrazione della dogana il pagamento dei diritti doganali gra vanti su merci importate dalla clientela della s.p.a. Lorenzo Bax

con sede in Ventimiglia; che, in seguito al mancato pagamento di tali diritti da parte della s.p.a. Bax, la dogana aveva fatto

valere la polizza fideiussoria, ottenendo da essa ricorrente il pa

gamento delle somme indicate nel ricorso, relative ad operazioni

d'importazione effettuate dalla s.r.l. Pedrocca; che, pertanto, aveva

diritto a surrogarsi nei diritti dell'amministrazione doganale. 11 presidente del tribunale ingiungeva all'intimata il pagamento

della somma richiesta.

Contro il decreto ingiuntivo la s.r.l. Pedrocca proponeva op

posizione dinanzi al Tribunale di Roma e deduceva, preliminar

mente, l'incompetenza territoriale del giudice adito, essendo

competente il Tribunale di Sanremo, secondo il criterio del luogo ove era sorta ed era stata adempiuta l'obbligazione dedotta in

giudizio ovvero il Tribunale di Brescia, quale foro del convenuto.

Nel merito chiedeva la revoca del decreto, non sussistendone i

presupposti. Con sentenza del 25 ottobre 1985, il Tribunale di Roma dichia

rava la propria incompetenza per territorio, indicando quali giu dici competenti, alternativamente il Tribunale di Brescia e quello di Sanremo. Osservava che la sede della convenuta era compresa

(1) V. in temini, oltre le sentenze 14 maggio 1987, nn. 4460 a 4466

(Foro it., Rep. 1987, voce Competenza civile, nn. 79-85), Cass. 3 ottobre

1986, n. 5859, id., Rep. 1986, voce cit., n. 64, la quale ha sottolineato

che la surrogazione configura una successione dal lato attivo nello stesso

rapporto obbligatorio, per cui il solvens subentra nell'identica posizione

giuridica del creditore soddisfatto. In generale, nel senso che ai fini della competenza territoriale il luogo

in cui l'obbligazione del fideiussore deve essere adempiuta si identifica

con quello in cui deve essere eseguita l'obbligazione originaria garantita, v. Cass. 22 gennaio 1982, n. 492, id., Rep. 1982, voce cit., n. 88; 19

novembre 1979, n. 6025, id., Rep. 1979, voce Giurisdizione civile, n. 33.

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