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PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE || sezione lavoro; sentenza 15 dicembre 1988, n....

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sezione lavoro; sentenza 15 dicembre 1988, n. 6829; Pres. Chiavelli, Est. Nuovo, P.M. Gazzarra (concl. conf.); Mazzarino (Avv. Ferrari) c. Soc. Fincantieri (Avv. R. Izzo, Spagnuolo Vigorita). Conferma Trib. Palermo 5 giugno 1986 Source: Il Foro Italiano, Vol. 112, PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE (1989), pp. 2241/2242-2247/2248 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23184105 . Accessed: 28/06/2014 14:10 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 91.223.28.116 on Sat, 28 Jun 2014 14:10:40 PM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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sezione lavoro; sentenza 15 dicembre 1988, n. 6829; Pres. Chiavelli, Est. Nuovo, P.M. Gazzarra(concl. conf.); Mazzarino (Avv. Ferrari) c. Soc. Fincantieri (Avv. R. Izzo, Spagnuolo Vigorita).Conferma Trib. Palermo 5 giugno 1986Source: Il Foro Italiano, Vol. 112, PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE(1989), pp. 2241/2242-2247/2248Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23184105 .

Accessed: 28/06/2014 14:10

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

I

CORTE DI CASSAZIONE; sezione lavoro; sentenza 15 dicem

bre 1988, n. 6829; Pres. Chiavelli, Est. Nuovo, P.M. Gaz

zarra (conci, conf.); Mazzarino (Aw. Ferrari) c. Soc.

Fincantieri (Aw. R. Izzo, Spaonuolo Vioorita). Conferma Trib. Palermo 5 giugno 1986.

Lavoro (rapporto) — Collocamento a riposo per limiti di età —

Diritto di opzione per la prosecuzione — Sospensione — Am

bito di applicazione — Fattispecie (L. 15 luglio 1966 n. 604, norme sui licenziamenti individuali, art. 11; 1. 9 dicembre 1977

n. 903, parità di trattamento tra uomini e donne in materia

di lavoro, art. 43; 1. 23 aprile 1981 n. 155, adeguamento delle

strutture e delle procedure per la liquidazione urgente delle pen sioni e per i trattamenti di disoccupazione, e misure urgenti in materia previdenziale e pensionistica, art. 16, 17, 18; 1. 26

febbraio 1982 n. 54, disposizioni in materia previdenziale, art.

6; 1. 31 maggio 1984 n. 193, misura di razionalizzazione del

settore siderurgico e di intervento della Gepi s.p.a., art. 1).

Lavoro (rapporto) — Collocamento a riposo per limiti di età —

Diritto di opzione per la prosecuzione — Sospensione — Effet

ti (L. 15 luglio 1966 n. 604, art. 11; 1. 9 dicembre 1977 n.

903, art. 4; 1. 23 aprile 1981 n. 155, art. 16, 17, 18; 1. 26 feb braio 1982 n. 54, art. 6; 1. 31 maggio 1984 n. 193, art. 1).

L'art. 1,4° comma, l. 31 maggio 1984 n. 193, che sospende tem

poraneamente il diritto di opzione per la prosecuzione del rap

porto di lavoro nei confronti dei lavoratori in possesso dei

requisiti per il prepensionamento, si applica non solo ai lavora

tori del settore siderurgico ma a tutti i dipendenti dei settori

industriali in crisi (in applicazione dell'enunciato principio è stato ritenuto legittimo il licenziamento per raggiungimento del

l'età pensionabile di un lavoratore dipendente di un'impresa

cantieristica in crisi). (1) L'art. 1, 4° comma, l. 31 maggio 1984 n. 193, che sospende tem

poraneamente il diritto di opzione per la prosecuzione del rap

porto di lavoro nei confronti dei lavoratori in possesso dei

requisiti per il prepensionamento, si applica anche nei confron

ti di quei lavoratori che al momento dell'entrata in vigore della

legge abbiano già esercitato il diritto di opzione. (2)

II

PRETURA DI PADOVA; sentenza 21 aprile 1988; Giud. Della

Rocca; Salazar (Avv. Rizzieri, De Marinis, Cester) c. Soc.

Fiat Auto (Aw. Barillari, Dondi).

Lavoro (rapporto) — Collocamento a riposo per limiti di età —

Diritto di opzione per la prosecuzione — Sospensione — Am

bito di applicazione — Fattispecie (L. 15 luglio 1966 n. 604,

art. 11; 1. 9 dicembre 1977 n. 903, art. 4; 1. 23 aprile 1981

n. 155, art. 16, 17, 18; 1. 26 febbraio 1982 n. 54, art. 6; 1.

31 maggio 1984 n. 193, art. 1).

L'art. 1, 4° comma, l. 31 maggio 1984 n. 193, che sospende tem

poraneamete il diritto di opzione per la prosecuzione del rap

porto di lavoro nei confronti dei lavoratori che abbiano i requisiti

per richiedere il prepensionamento, si applica non solo ai lavo

ratori del settore siderurgico ma anche ai dipendenti di tutti

i settori industriali in crisi. (3)

(1-3) Le decisioni affrontano la problematica del campo di applicazio ne dell'art. 1, 4° comma, 1. 31 maggio 1984 n. 193, il quale, nel terzo

periodo, stabilisce la sospensione del diritto di opzione per la prosecuzio ne del rapporto nei confronti dei lavoratori che abbiano i requisiti per richiedere il prepensionamento ai sensi degli art. 16, 17 e 18 1. 23 aprile 1981 n. 155.

In particolare le sentenze qui riprodotte ritengono che la sospensione del diritto di opzione riguardi non solo i lavoratori del settore siderurgico

(v. per i problemi afferenti al prepensionamento della siderurgia D'Anto

na, Sviluppi della legislazione della crisi: il prepensionamento, in Foro

it., 1985, I, 1853, in nota a Pret. Genova 9 gennaio 1985, Pret. Milano

12 dicembre 1984, Pret. Taranto 9 novembre 1984, e Pret. Torino 23

dicembre 1983), ma anche i lavoratori dipendenti da imprese industriali

dichiarate dal Cipi in stato di crisi o in ristrutturazione aziendale, confor

memente ad un iter argomentativo accolto da parte della giurisprudenza

Il Foro Italiano — 1989.

I

Motivi della decisione. — Denunciando la violazione dell'art.

1 1. 21 maggio 1984 n. 193, degli art. 16, 17 e 18 1. 23 aprile 1981 n. 155, dell'art. 6 d.l. 22 dicembre 1981 n. 791 convertito

nella 1. 26 febbraio 1982 n. 304 e dell'art. 4 1. 9 dicembre 1977

n. 903 nonché carenza di motivazione, rileva il ricorrente che la

1. 193 del 1984, sia per l'intitolazione che per il suo contenuto, si applica solo al settore siderurgico e non anche a quello cantie

ristico.

Osserva poi in subordine che in ogni caso tale legge non avreb

be potuto esercitare efficacia retroattiva sulle opzioni legittima mente esercitate, attraverso le quali i lavoratori acquisivano il

diritto definitivo alla prosecuzione del rapporto di lavoro fino

al raggiungimento della massima anzianità contributiva o in al

ternativa del sessantacinquesimo anno d'età.

Il motivo è infondato. L'art. 6 d.l. 22 dicembre 1981 n. 791,

convertito con modificazioni nella 1. 26 febbraio 1982 n. 54, pre vede la facoltà per gli iscritti alla assicurazione obbligatoria per

l'invalidità, la vecchiaia e i superstiti e alle gestioni sostitutive, esclusive o esonerative della medesima, che non abbiano raggiun to l'anzianità contributiva utile prevista nei singoli ordinamenti,

di optare per la prosecuzione del rapporto al fine di perfezionare la massima anzianità contributiva possibile entro il compimento del sessantacinquesimo anno di età, sempre che non abbiano ot

tenuto o non richiedano la liquidazione di una pensione a carico

dell'Inps o delle gestioni sostitutive, esclusive o esonerative dal

l'assicurazione generale obbligatoria. Lo scopo evidente di tale disposizione è da una parte il differi

mento del momento della liquidazione della pensione e quindi

dell'impegno finanziario dell'Inps, notoriamente in grave déficit, e dall'altra un miglioramento del trattamento di quiescenza, che

consenta al lavoratore pensionato un tenore di vita migliore e

il più vicino possibile a quello raggiunto nell'ultimo periodo di

occupazione. Per poter conseguire concretamente queste finalità previdenzia

li, il 4° comma dell'art. 6 prevede, in deroga all'art. 11 1. 15

luglio 1966 n. 604, un prolungamento del regime di stabilità del

rapporto di lavoro dei dipendenti, che hanno esercitato l'opzio

ne, fino al raggiungimento dell'anzianità massima contributiva

o del limite del sessantacinquesimo anno di età.

Successivamente con 1. 31 maggio 1984 n. 183 contenente «mi

sure per la razionalizzazione del settore siderurgico e di interven

to della Gepi s.p.a.» fu stabilito che l'art. 6 suddetto non trovasse

applicazione per i dipendenti di aziende in crisi.

Secondo il ricorrente, l'intestazione stessa della legge (oltre che

il suo contenuto) esclude che essa possa trovare applicazione fuo

ri del settore siderurgico. Tale tesi però è infondata. Il valore vincolante dell'intitolazio

ne della legge è stato sempre escluso dalla dottrina e dalla giuris

prudenza, secondo il principio rubrica legis non est lex. Anche

di merito (v. Pret. Milano 23 giugno 1987, Orient, giur. lav., 1988, 845, con nota di Dondi, Postpensionamenti e prepensionamenti: il coordina

mento realizzato dall'art. 1,4° comma, I. n. 193 del 1984; Pret. Milano

2 giugno 1987, Foro it.. Rep. 1987, voce Lavoro (rapporto), n. 512; Pret.

Milano 4 agosto 1986, ibid., n. 514; Trib. Palermo 5 maggio 1986, ibid., n. 2482, ora confermata; Trib. Milano 31 dicembre 1985, id., Rep. 1986, voce cit., n. 2251; Trib. Milano 16 novembre 1985, ibid., n. 2254; Pret.

Napoli-Barra 22 ottobre 1985, ibid., n. 2267; Pret. Milano 26 giugno 1985, ibid., n. 2273; contra, per la limitazione della sospensione del dirit

to di opzione al solo settore siderurgico, Pret. Firenze 2 aprile 1986, ibid., n. 2259; Pret. Milano 13 dicembre 1985, ibid., n. 2253; da ultimo, nello

stesso senso, v. Cass. 30 maggio 1989, n. 2602, inedita). Per quanto riguarda la sorte delle opzioni già esercitate prima dell'en

trata in vigore della 1. 193/84, v. in senso conforme alla Suprema corte

in epigrafe, Trib. Milano 18 giugno 1988, Lavoro 88, 1988, 1086; Trib.

Torino 14 luglio 1986, Foro it., Rep. 1987, voce cit., n. 511; Trib. Mila

no 15 aprile 1986, id., Rep. 1986, voce cit., n. 2250; 16 novembre 1985,

ibid., n. 2256; 9 novembre 1985, ibid., n. 2258 e in Orient, giur. lav.,

1985, 1209, con nota di Jannoni, Ancora sul diritto di opzione ed azien

de in crisi; Pret. Milano 26 giugno 1985, Foro it., Rep. 1986, voce cit., n. 2272; Trib. Torino 17 giugno 1985, ibid., n. 485; Pret. Palermo 25

maggio 1985, ibid., n. 486; contra, Trib. Taranto 26 settembre 1986,

id., 1987, I, 291, con nota di richiami; Trib. Trieste 13 dicembre 1985,

id., Rep. 1986, voce cit., n. 2265; Pret. Gavirate 30 settembre 1985, ibid., n. 1225. Pret. Milano 24 luglio 1985, ibid., n. 2270.

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2243 PARTE PRIMA 2244

se, spesso, le sentenze si limitano a ripetere queste affermazioni

senza darne dimostrazione alcuna, il principio trova fondamento

nelle disposizioni che attengono all'esercizio del potere legislati vo. In base all'art. 72 Cost, e alle disposizioni dei regolamenti della camera dei deputati e del senato della repubblica il disegno o il progetto di legge deve essere discusso e approvato dapprima articolo per articolo e poi con una votazione finale: il contenuto

essenziale della legge è costituito, dunque, dagli articoli e non

dall'intitolazione della legge medesima, intitolazione che non vie

ne sottoposta a votazione e spesso è opera del ministero compe

tente, il quale si deve attenere, «per quanto è possibile, al titolo

ad essa dato nei relativi progetti parlamentari» (art. 1 r.d. 2 set

tembre 1932 n. 1293; vedi ache art. 10 r.d. 24 settembre 1931

n. 1256). Del resto, pure in altri ordinamenti giuridici, in cui anche l'in

titolazione della legge è opera del legislatore, dottrina e giurispru denza escludono il carattere vincolante di essa, limitandone la

rilevanza al solo piano interpretativo. E sotto questo profilo il titolo può essere utilizzato solo in caso

di equivocità della norma, non certo per escludere valore ed effi

cacia a disposizioni, contenute nella medesima legge, che risulti

no estranee all'oggetto indicato nel titolo.

D'altronde il legislatore italiano in questi ultimi anni ha sem

pre più frequentemente adottato il sistema, ritenuto poco com

mendevole dalla dottrina, di approvare testi normativi, contenitori

di disposizioni del più vario contenuto, per cui il ricorso all'inti

tolazione della legge pur individuarne l'estensione e il contenuto

è divenuto ancora più inaffidabile anche sul piano interpretativo. Ciò premesso, vi è da rilevare che, se è vero che la maggior

parte delle disposizioni contenute nella 1. 31 maggio 1984 n. 183

attiene al settore siderurgico (donde la ragione dell'intitolazione

della legge), non mancano in essa norme che si riferiscono ad

altri settori, accomunati a quello siderurgico, dal fatto che an

ch'essi sono in crisi.

E proprio l'art. 1 in esame costituisce un esempio illuminante

del riferimento plurisettoriale delle norme.

Tale articolo, infatti, nel 1° comma abbassa il limite di età

per il prepensionamento a cinquanta anni per i dipendenti delle

imprese siderurgiche e affini e nel 2° comma sempre con esplicito riferimento a detti lavoratori («i dipendenti delle imprese di cui

al 1° comma» dice la norma) estende tale beneficio, previa tem

pestiva istanza, nei confronti dei lavoratori messi in cassa inte

grazione o licenziati per riduzione di personale o per cessazione

dell'impresa successivamente al 1° gennaio 1981.

Ma già il 3° comma contiene disposizioni che non si riferisco

no al settore siderurigico e ciò non solo perché non vengono più richiamate «le imprese di cui al 1° comma», ma soprattutto per ché si disciplina diversamente il settore siderurgico rispetto agli altri settori. Tale norma, intendendo prorogare le disposizioni sul

pensionamento anticipato dei dipendenti delle aziende in crisi, pre vede una proroga diversa per il settore siderurgico rispetto agli altri settori: «le disposizioni di cui agli art. 16, 17 e 18 1. 23

aprile 1981 n. 155 si applicano sino al 31 dicembre 1986 per i

dipendenti delle aziende di cui al 10 comma del presente articolo»

(per i dipendenti cioè delle aziende siderurgiche e affini). Anche nel 4° comma del predetto articolo non vi è (a differen

za del 2° comma e di tutte le altre norme della presente legge) alcun riferimento alle imprese del settore siderurgico e quindi dal

punto di vista formale anche tale comma contiene disposizioni di carattere generale. Fra tali disposizioni vi è quella in esame, la quale recita: «Dall'entrata in vigore della presente legge e fino

al 31 dicembre 1986 per i lavoratori di cui agli art. 16, 17 e 18

1. 23 aprile 1981 n. 155 non trovano applicazione l'art. 6 d.l.

22 dicembre 1981 n. 791, convertito in legge, con modificazioni, dalla 1. 26 febbraio 1982 n. 54 e l'art. 4 1. 9 dicembre 1977 n. 903».

E che quest'ultima disposizione anche dal punto di vista so

stanziale debba sicuramente riferirsi a tutti i settori in crisi è di mostrato dal richiamo all'art. 18 1. 23 aprile 1981 n. 155, che

si riferisce ai minatori. Accertato dunque che tale norma si applica anche alla impresa

resistente (non essendo in discussione gli altri requisiti richiesti

dalla legge medesima), rimane da esaminare quale effetto eserciti

su di essa il fatto che, anteriormente alla sua entrata in vigore, il Mazzarino abbia esercitato l'opzione prevista dall'art. 6 1. 26

febbraio 1982 n. 54 (il che costituisce l'oggetto della seconda cen

sura contenuta nel presente ricorso). Non vi è dubbio che detto articolo, se da una parte favorisce

Il Foro Italiano — 1989.

il lavoratore, consentendogli il conseguimento di una pensione

più adeguata alle sue esigenze di vita, e l'istituto previdenziale, diminuendo l'aggravio conseguente all'onere di integrazione al mi

nimo delle pensioni di modesto importo, dall'altra rappresenta un aumento del costo del lavoro, imponendo alle aziende di trat

tenere in servizio il personale più anziano.

Ma tale onere, se nei confronti delle imprese economicamente

sane può apparire ragionevole e non sproporzionato, in relazione

ai fini sociali, che col pensionamento posticipato si vogliono rag

giungere, non è certamente compatibile con le condizioni econo

miche delle aziende in crisi, per risollevare le quali il legislatore accolla una parte degli oneri sociali alla collettività. E sarebbe

del tutto contraddittorio sul piano logico da una parte alleggerire

per dette aziende il costo del lavoro, favorendo il licenziamento

attraverso il prepensionamento dei dipendenti più anziani e po nendo a carico della cassa integrazione guadagni gli oneri econo

mici per far conseguire anticipatamente il diritto alla pensione, e dall'altra aggravare tale costo, imponendo il mantenimento in

servizio di lavoratori ancora più anziani, che il diritto alla pensio ne l'hanno già conseguito.

Questa incompatibilità logica, prima che economica, spiega non

solo la ratio della norma contenuta nel 4° comma dell'art. 1 1.

31 maggio 1984 n. 193, ma anche la sua applicabilità immediata

anche nei casi in cui l'opzione è stata esercitata prima dell'entrata

in vigore di essa.

Ma a non diversa soluzione si giunge sotto il profilo stretta

mente giuridico. Il principio dell'irretroattività, che regola la suc

cessione delle norme giuridiche nel tempo, comporta che, di fronte

ad un rapporto che non si esaurisce istantaneamente ma si pro trae nel tempo, la legge nuova si applica agli effetti non esauriti

del rapporto e alle fasi di esso che siano in via di svolgimento al momento dell'entrata in vigore della legge stessa, sempre che

il regolamento di quegli effetti e di quelle fasi non venga ad inci

dere sul fatto e sull'atto generatore del rapporto. L'esercizio del diritto di opzione comporta, da una parte, la

prosecuzione del rapporto di lavoro oltre il momento dal rag

giungimento da parte del lavoratore dei requisiti minimi per il

conseguimento della pensione di vecchiaia e, dall'altra, la deroga a quella norma che dal raggiungimento di quei requisiti faceva

risorgere il potere di recesso ad nutum del datore di lavoro.

Quando una norma entrata in vigore successivamente dichiara

inapplicabili a quella determinata azienda le norme sul pensiona mento posticipato, non è contrario al principio di irretroattività

ritenere che il datore di lavoro riacquisti da quel momento il po tere di recesso ad nutum, perché l'esercizio di tale potere, fino

ad allora compresso, non agisce in alcun modo sull'atto genera tore del rapporto (l'opzione che è un atto istantaneo) né sugli effetti già esauriti di esso, ma incide sull'ulteriore prosecuzione del rapporto e quindi sugli effetti successivi all'entrata in vigore della legge medesima.

E che tale questione nulla abbia a che fare con il principio di irretroattività è dimostrato dal fatto che una situazione simile

può verificarsi anche nel vigore della 1. 31 maggio 1984 n. 193,

allorquando il lavoratore abbia esercitato il diritto di opzione e

successivamente intervenga lo stato di crisi dell'azienda. Anche

in questa ipotesi agisce l'art. 1 1. 31 maggio 1984 n. 193 che rende

inapplicabili a quelle aziende le norme sull'opzione, ma ciò non

a causa della successione di leggi nel tempo ma per il sopravveni re di un presupposto (lo stato di crisi), previsto dalla norma già in vigore al momento dell'esercizio dell'opzione.

È superfluo aggiungere che anche se la deroga prevista dalla

norma in esame è collegata ad uno stato economico dell'azienda, necessariamente temporanea, ed è essa stessa limitata nel tempo

(fino al 31 dicembre 1986), non per questo si può parlare di una

sospensione degli effetti dell'opzione. Per tutto detto periodo le norme sull'opzione non sono più

applicabili a dette aziende, per cui l'opzione non può più essere

esercitata e, se esercitata, il datore di lavoro riacquista il potere di licenziamento ad nutum: nell'uno e nell'altro caso, cioè, può, se crede, licenziare i lavoratori, che hanno raggiunto i requisiti minimi per il conseguimento della pensione di vecchiaia. Solo al

la cessazione dello stato di crisi o alla scadenza della durata della

norma derogatoria i lavoratori che si trovano ancora in servizio

potranno esercitare il diritto di opzione alle condizioni previste dalla norma generale.

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

La sentenza impugnata, che si è attenuta a questi principi, non

merita quindi le censure che le sono state mosse.

II

Diritto. — Com'è noto, ai sensi dell'art. 111. 15 luglio 1966

n. 604, al datore di lavoro è consentito il recesso (anche senza

giusta causa o giustificato motivo) nei confronti dei prestatori di lavoro che abbiano conseguito il diritto alla pensione di vec

chiaia o che abbiano compiuto comunque il sessantacinquesimo anno di età; il primo caso si verifica nei confronti dei lavoratori

che abbiano maturato l'accreditamento di contributi corrispon denti a quindici anni presso l'assicurazione generale obbligatoria e abbiano compiuto sessanta anni (se uomini) o cinquantacinque anni (se donne): cfr. art. 9 r.d.l. 16 aprile 1939 n. 636 cosi come

modificato dall'art. 2 1. 4 aprile 1952 n. 218. L'art. 6 1. 26 feb braio 1982 n. 54 ha attribuito ai lavoratori, che non abbiano com

piuto il sessantacinquesimo anno di età (e che non abbiano ottenuto

o richiesto la liquidazione di una pensione a carico dell'assicura

zione generale obbligatoria) e che non abbiano raggiunto l'anzia

nità contributiva massima prevista nell'ordinamento applicabile, il diritto di prestare la propria attività lavorativa fino al raggiun

gimento dell'anzianità contributiva massima.

La norma contenuta nell'art. 6 consente, quindi, al lavoratore

di impedire al datore di lavoro l'esercizio del diritto di recesso

libero nel momento di esistenza degli estremi di cui all'art. 11

1. 604/66. Prima della 1. 54/82 era stata emanata la 1. n. 155

del 23 aprile 1981. Gli art. 16 e 17 di tale provvedimento intro

dussero l'istituto del pensionamento anticipato. I dipendenti di

tutte le aziende industriali, con la sola esclusione di quelle edili,

per le quali fosse intervenuta una deliberazione circa l'esistenza

dello stato di crisi, da parte del comitato per il coordinamento

della politica industriale, avrebbero potuto esercitare la facoltà

di ottenere il trattamento di pensione, con la sola condizione che

avessero compiuto cinquantacinque anni di età (se uomini) o cin

quanta anni (se donne) e possedessero un'anzianità contributiva

minima, che sarebbe stata aumentata di un periodo pari a quello

compreso tra la cessazione del rapporto di lavoro e il compimen to dell'età di sessanta anni (per gli uomini) e di cinquantacinque anni (per le donne).

Tale istituto, comunemente denominato come «prepensionamen to» (in quanto attuato in deroga al combinato disposto dell'art.

11 1. 604/66 e dell'art. 9 r.d.l. 639/39 sopra citati), può essere

denominato «prepensionamento generale» dopo l'emanazione della

successiva 1. 31 maggio 1984 n. 193. Quest'ultima, infatti, ha in

trodotto — solo per il settore siderurgico e per settori collegati

produttivamente al primo (di seguito denominati tutti, per brevi

tà, «settore siderurgico») — un pensionamento che potrebbe es

sere particolare o speciale; infatti il limite di età previsto negli art. 16 e 17 1. 155/81 è stato ridotto a cinquanta anni nel 1°

comma dell'art. 1 di tale 1. 193/84.

Proseguendo nella lettura dei commi successivi al primo, si no

ta che, mentre il 2° comma si riferisce chiaramente ai «lavoratori

dipendenti dalle imprese di cui al 1° comma . . .», cioè dalle azien

de del solo settore siderurgico, il 3° comma testualmente recita:

«Le disposizioni di cui agli art. 16, 17 e 18 1. 23 aprile 1981

n. 155 si applicano sino al 31 dicembre 1985. Tale termine è este

so al 31 dicembre 1986 per i dipendenti delle aziende di cui al

1° comma del presente articolo». Già la lettura di tale comma

induce chiaramente a intendere, secondo il giudicante, che la 1.

31 maggio 1984 n. 193 — nonostante la sua intitolazione o rubri

ca possa indurre, in una prima affrettata lettura («Misure per la razionalizzazione del settore siderurgico e di intervento della

Gepi s.p.a.»), a ritenere che le norme in essa contenute si riferi

scano al solo settore siderurgico — ha inteso in realtà disciplinare

con alcune norme il solo settore siderurgico, con altre norme in

vece tutti i settori industriali di cui agli art. 16 e 17 1. 155/81.

Diversamente opinando non si spiegherebbe affatto: a) per quale

motivo il rinvio — contenuto nella prima frase del 3° comma

(sopra testualmente riportato) dell'art. 1 di tale 1. 193/84 — agli

art. 16 e 17 1. 155/81 non dovrebbe riferirsi ai lavoratori di tutte

le imprese industriali, escluse quelle edili, quantunque tali articoli

si riferiscano a tali lavoratori; b) per quale ragione mai, mentre

l'istituto del prepensionamento (sopra menzionato, per chiarezza

espositiva, «generale»), cosi come disciplinato nella 1. 155/81, sia

Il Foro Italiano — 1989.

stato dichiarato applicabile fino al 31 dicembre 1985, viceversa

per l'istituto del prepensionamento introdotto nella 1. 193/84 sia

stato fissato il diverso termine del 31 dicembre 1986 «per i dipen denti delle aziende di cui al 1° comma del presente articolo» e

cioè per le sole aziende del settore siderurgico. La convinzione che la 1. 31 maggio 1984 n. 193 si riferisce

non solo al settore siderurigico, ma anche a tutte le imprese indu

striali di cui agli art. 16 e 17 1. 155/81, si ricava, altresì, dalla

lettura della prima parte del 4° comma dell'art. 1, la quale detta:

«Il trattamento di prepensionamento di cui ai commi precedenti è esteso, sussistendone i requisiti, ai lavoratori titolari di pensio ne di invalidità»; orbene, sia la dizione «di cui ai commi prece denti», che comprendono non solo il settore siderurigico, ma anche

il 3° comma — che sopra è stato commentato — sia il richiamo

all'istituto della pensione di invalidità, senza altra specificazione 0 limitazione, inducono fondatamente a ritenere, secondo il giu

dicante, che ci si riferisca non solo ai pensionati di invalidità di pendenti di azienda del settore siderurgico, ma anche a quelli

dipendenti da aziende degli altri settori industriali di cui agli art.

16 e 17 1. 155/81. L'interprete rinviene ancora, nello stesso 4° comma dell'art.

1 1. 193/84, la menzione dei «dirigenti di aziende industriali ai

quali è dovuto l'assegno di cui all'art. 17 1. 23 aprile 1981 n.

155», cioè il riferimento a tutte le aziende industriali e non solo

a quelle del settore siderurgico.

Infine, si perviene alla norma specificamente oggetto delle con

trapposte interpretazioni prospettate dalle parti in causa: «Dal

l'entrata in vigore della presente legge e fino al 31 dicembre 1986

per i lavoratori di cui agli art. 16, 17 e 18 1. 23 aprile 1981 n.

155, non trovano applicazione l'art. 6 d.l. 22 dicembre 1981 n.

791, convertito in legge, con modificazioni, della 1. 26 febbraio

1982 n. 54 e l'art. 4 1. 9 dicembre 1977 n. 903». Orbene l'inter

pretazione della lettera della norma, che contiene il rinvio ai la

voratori di cui agli art. 16-18 1. 155/81, impone di ritenere che

l'inapplicabilità dell'istituto della prosecuzione del rapporto di la

voro — dopo il termine fissato nell'art. 11 1. 604/66, cosi come

previsto nell'art. 6 1. 54/82 — si intende riferita non solo ai lavo

ratori del settore siderurgico, bensì' ai dipendenti di tutte le im

prese industriali per le quali sia intervenuta la delibera Cipi ex

art. 2 1. 675/77.

Nessun ostacolo offre la rubrica della legge (« . . . razionaliz

zazione del settore siderurgico . . .») per tutti i motivi sopra am

piamente esposti. Non è possibile, infine, alcun collegamento tra il termine del

31 dicembre 1986, contenuto nella norma da ultimo testualmente

citata, e il termine del 31 dicembre 1986 contenuto nel 3° comma

dell'art. 1 e riferito, come sopra si è detto, al solo settore siderur

gico, per concludere che anche l'inapplicabilità dell'art. 6 1. 54/82

si riferisce solo al settore siderurgico. Invero, a parte il rilievo

che tale tesi non spiegherebbe comunque il richiamo agli art. 16-18

1. 155/81 valevoli per tutte le imprese industriali, il collegamento

sopra (per assurdo) ipotizzato non è affatto possibile o corretto

né logicamente, né giuridicamente, per le seguenti ragioni. Anzitutto il 3° comma si riferisce all'istituto del prepensiona

mento e stabilisce, come si è visto, due diversi termini di effica

cia. Al contrario, la norma di cui al quarto periodo del 4° comma

dell'art. 1 si riferisce al ben diverso istituto del cosiddetto post

pensionamento, ovvero al diritto di continuare il rapporto di la

voro dopo il termine di cui all'art. 11 1. 604/66.

In secondo luogo va osservato che i due istituti (prepensiona mento da un lato e diritto di opzione di cui all'art. 6 1. 54/82) non costituiscono affatto le sole alternative rispetto alla vita assi

curativa e retributiva del lavoratore, ma hanno un diverso ambi

to di applicazione. Infatti, il lavoratore che non abbia chiesto

il prepensionamento non deve necessariamente optare di conti

nuare a lavorare fino al raggiungimento dell'anzianità contributi

va massima, ma può semplicemente astenersi dal chiedere sia l'uno

sia la continuazione a cessare di lavorare qualora siano maturati

i requisiti di cui all'art. 11 1. 604/66. Si spiega pertanto come sia stato possibile consentire, per i di

pendenti delle aziende industriali in genere, il prepensionamento fino al 31 dicembre 1985 e inibire il diritto di opzione — per gli stessi dipendenti — fino al 31 dicembre 1986. Infatti, mentre

fino a tutto il 31 dicembre 1985 tali lavoratori possono chiedere

il prepensionamento, ma non la continuazione dell'attività lavo

rativa ex art. 6 1. 54/82, dal 1° gennaio 1986 e fino al 31 dicem

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Page 5: PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE || sezione lavoro; sentenza 15 dicembre 1988, n. 6829; Pres. Chiavelli, Est. Nuovo, P.M. Gazzarra (concl. conf.); Mazzarino (Avv.

2247 PARTE PRIMA 2248

bre 1986 (termine, quest'ultimo, come oltre si vedrà, prorogato da successive leggi fino al 31 dicembre 1987) essi non possono chiedere il prepensionamento, ma neppure la continuazione del

l'attività lavorativa ex art. 6 1. 54/82 e riacquistano (solo) il dirit

to di opzione dal 1° gennaio 1988. Pertanto, nel periodo 1° gennaio 1986 - 31 dicembre 1986 (rectius 31 dicembre 1987) il rapporto di lavoro si risolve solo nel termine fissato nell'art. 111. 604/66.

Del resto, pur vigendo le leggi 193/84 e 155/81, il termine di

cui all'art. 11 citato resta pur sempre l'unico applicabile per la

soluzione del rapporto di lavoro in mancanza di istanza, propo sta dal lavoratore, volta a fruire degli istituti di cui agli art. 6

1. 54/82 e 16-18 1. 155/81. Nella fattispecie di cui è causa non è stato contestato — e co

munque risulta provato dai doc. sub 1) prodotti dalla convenuta

società — che la stessa è tra le imprese industriali per le quali è stata emessa la delibera Cipi ex art. 2 1. 675/77.

Pertanto — per tutti i motivi che precedono — deve essere

concluso che anche al ricorrente Salazar va ritenuta l'inapplicabi lità dell'art. 6 1. 54/82.

Riguardo poi alla seconda argomentazione prospettata dal ri

corrente e cioè che la scadenza del 31 dicembre 1986, fissata nel

l'art. 1, 4° comma, 1. 193/84, sarebbe comunque maturata nella

data di compimento del termine previsto per l'esercizio del diritto

di opzione di cui all'art. 6 1. 54/82, va osservato che tale scaden

za è stata prorogata fino al 31 dicembre 1987 nell'art. 3, 4° com

ma, d.l. 22 dicembre 1986 n. 832, nell'art. 4, 4° comma, d.l.

25 febbraio 1987 n. 48, nell'art. 5, 4° comma, d.l. 28 aprile 1987

n. 156, nell'art. 5, 4° comma, d.l. 27 giugno 1987 n. 244, nel

l'art. 5, 4° comma, d.l. 27 agosto 1987 n. 358, nell'art. 5, 4°

comma, d.l. 30 ottobre 1987 n. 442, e infine nell'art. 5, 4° com

ma, d.l. 30 dicembre 1987 n. 536 convertito nella 1. 29 febbraio

1988 n. 48 (questa ultima pubblicata nella G.U. 1° marzo 1988, n. 48).

Da ultimo si osserva che l'estensione al settore alluminio delle

disposizioni di cui all'art. 1 1. 193/84 può essere agevolmente in

terpretata, alla stregua di tutte le considerazioni sopra svolte, nel

senso che quelle norme dell'art. 1 che sono applicabili solo al

settore siderurgico (es. prepensionamento «speciale») sono estese

al settore alluminio.

Da tutti i rilievi che precedono consegue il rigetto delle doman

de proposte dal ricorrente e l'assoluzione della convenuta società.

I

CORTE DI CASSAZIONE; sezione lavoro; sentenza 29 novem

bre 1988, n. 6447; Pres. Chiavelli, Est. Florio, P.M. Gazza

ra (conci, conf.); Ventrella (Aw. Nappi) c. Soc. Borghi trasporti

spedizioni (Avv. Vesci). Cassa Trib. Roma 6 giugno 1986.

Lavoro (rapporto) — Licenziamento disciplinare — Nozione on

tologica — Intimazione nell'area della c.d. «tutela obbligato ria» — Garanzie procedimentali — Inosservanza — Conseguenze

(Cod. civ., art. 2119; 1. 15 luglio 1966 n. 604, norme sui licen

ziamenti individuali, art. 1, 2, 3, 8, 10, 11; 1. 20 maggio 1970

n. 300, norme sulla tutela della libertà e dignità dei lavoratori, della libertà sindacale e dell'attività sindacale nei luoghi di la voro e norme sul collocamento, art. 7, 18, 35).

Il licenziamento ontologicamente disciplinare — che sia intimato

nell'area della c.d. «tutela obbligatoria» senza l'osservanza del

le garanzie procedimentali (di cui al 2° e 3° comma dell'art.

7 /. 300/70, quali si «leggono» dopo Corte cost. 204/82) —

è soggetto alla stessa sanzione (riassunzione o indennità) com

minata (dall'art. 8 l. 604/66) per il licenziamento non sorretto

da giusta causa o giustificato motivo. (1)

(1-3) I. - La giurisprudenza in tema di licenziamenti disciplinari — inti mati al di fuori dal campo d'applicazione della c.d. «tutela reale» (art. 35 1. 300/70) — pare lontana da una definitiva composizione dei

contrasti, anche dopo gli interventi delle sezioni unite (sent. 4823/87,

Il Foro Italiano — 1989.

II

CORTE DI CASSAZIONE; sezione lavoro; sentenza 10 febbraio

1988, n. 1426; Pres. Valente, Est. Chiavelli, P.M. Benanti

(conci, conf.); Mangolini (Aw. Fanfani) c. Soc. Esselunga (Aw.

Pinto). Conferma Trib. Firenze 13 febbraio 1985.

Lavoro (rapporto) — Licenziamento disciplinare del dirigente —

Nozione ontologica — Garanzie procedimentali — Applicabili tà (Cod. civ., art. 2119; 1. 15 luglio 1966 n. 604, art. 1, 2, 3, 8, 10, 11; 1. 20 maggio 1970 n. 300, art. 7, 18, 35).

Il licenziamento ontologicamente disciplinare del dirigente è sog

getto alle garanzie procedimentali (di cui ai primi tre commi

dell'art. 71. 300/70, quali si «leggono» dopo Corte cost. 204/82), che nella specie sono state osservate. (2)

Foro it., 1987, I, 2032, con nota di M. De Luca; 8189/87, ibid., 3239, con nota di richiami ed osservazioni di M. De Luca; 1208/88, id., 1988,

I, 1556, con nota di richiami; sez. lav. 4521/88, ibid., 3592; ai riferimenti

di dottrina e giurisprudenza, di cui alle note ed osservazioni citate, adde, in nota a Cass. 1426/88, F. Basenghi, In tema di licenziamenti discipli nari del dirigente, in Dir. lav. 1988, II, 465).

II. - Infatti — con i licenziamenti «ontologicamente» disciplinari, inti

mati nell'area della c.d. «tutela obbligatoria» — la prima delle sentenze in epigrafe si pone in contrasto «inconsapevole», con altra sentenza della stessa sezione lavoro (n. 4521/88, cit.), nella definizione del sistema san zionatone della inosservanza delle garanzie procedimentali (di cui ai pri mi tre commi dell'art. 7 1. 300/70, quali si «leggono» dopo Corte cost.

204/82, Foro it., 1982, I, 2981, con osservazioni di G. Silvestri). Apoditticamente ipotizzando una sorta di «forza espansiva» dell'art.

8 1. 604/66, la sentenza ora in esame, infatti, ne estende l'applicazione al caso che ci occupa, per il quale la precedente sentenza 4521/88 —

sulla falsariga delle suggestioni di Corte cost. 204/82 (cit.) — propone la stessa sanzione («inefficacia») comminata (dall'art. 2 1. 604/66) per il difetto di «forma» del licenziamento.

La composizione del contrasto va, quindi, devoluta alle sezioni unite, che non sono ancora intervenute sulla questione specifica.

III. - In contrasto con le sezioni unite (sent. 8189/87, cit.) si pongono, invece, la seconda e la terza delle sentenze in rassegna, che ritengono applicabili le garanzie procedimentali (di cui ai primi tre commi e, rispet tivamente, al 2° e al 3° comma dell'art. 7 1. 300/70) a licenziamenti disci

plinari intimati nell'area della revocabilità ad nutum (licenziamento di

dirigente e, rispettivamente, licenziamento intimato dal datore di lavoro che non raggiunge le «soglie occupazionali» per l'accesso alla «tutela»).

Tuttavia — mentre la sentenza della sezione lavoro (1426/88) ignora il precedente delle sezioni unite (8189/87) — il Pretore di Monza consa

pevolmente se ne discosta, all'esito di un'ampia ed approfondita motiva

zione, dopo averne posto in dubbio Inefficacia vincolante», in dipendenza dell'adozione al di fuori della specifica «competenza» (ex art. 374, 2°

comma, c.p.c.) delle sezioni unite (sul punto — oltre i riferimenti di cui alle osservazioni a Cass., sez. un., 8189/87, cit. — v., in motivazione, la sentenza delle stesse sezioni unite 3469/88, id., 1988, I, 3302, con nota di richiami).

Resta da attendere, poi, la pronuncia della Corte costituzionale sulla

questione di legittimità costituzionale sollevata dal Pretore di Firenze (sulla quale vedi l'ordinanza 6 dicembre 1988, n. 1068 della corte di restituzione

degli atti al giudice a quo per chiarimenti, in G.U., 1" s.s., n. 50 del 14 dicembre 1988).

IV. - Recenti iniziative legislative (qui di seguito riportate), pur occu

pandosi (tra l'altro) del licenziamento nelle «piccole imprese» (che forma no oggetto anche di una iniziativa referendaria), non si occupano dei

problemi specifici concernenti i licenziamenti disciplinari. Su tali iniziative legislative, vedi M. G. Garofalo, Per una politica

dei diritti dei lavoratori nella piccola impresa, in Riv. giur. lav., 1988, I, 393; M. De Luca, Statuto dei lavoratori: prospettive del «garantismo» per gli anni '90 (note minime tra «ordinamento dato» ed ipotesi di rifor ma), relazione al Convegno nazionale sul tema Statuto dei lavoratori:

problemi del livello di garantismo e della rappresentatività sindacale (Mes sina - Taormina, 28-29 aprile 1989), in corso di pubblicazione su Dir.

lav., oltre che sugli atti del convegno.

» * *

I

Disciplina dei licenziamenti individuali e collettivi e norme sul campo d'applicazione della l. 20 maggio 1970, n. 300 (disegno di legge n. 305 A.S. d'iniziativa dei senatori Giugni, Fabbri ed altri e, di identico conte

nuto, proposta di legge n. 190 A.C. d'iniziativa del deputato Piro).

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