sezione lavoro; sentenza 15 dicembre 1988, n. 6829; Pres. Chiavelli, Est. Nuovo, P.M. Gazzarra(concl. conf.); Mazzarino (Avv. Ferrari) c. Soc. Fincantieri (Avv. R. Izzo, Spagnuolo Vigorita).Conferma Trib. Palermo 5 giugno 1986Source: Il Foro Italiano, Vol. 112, PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE(1989), pp. 2241/2242-2247/2248Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23184105 .
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
I
CORTE DI CASSAZIONE; sezione lavoro; sentenza 15 dicem
bre 1988, n. 6829; Pres. Chiavelli, Est. Nuovo, P.M. Gaz
zarra (conci, conf.); Mazzarino (Aw. Ferrari) c. Soc.
Fincantieri (Aw. R. Izzo, Spaonuolo Vioorita). Conferma Trib. Palermo 5 giugno 1986.
Lavoro (rapporto) — Collocamento a riposo per limiti di età —
Diritto di opzione per la prosecuzione — Sospensione — Am
bito di applicazione — Fattispecie (L. 15 luglio 1966 n. 604, norme sui licenziamenti individuali, art. 11; 1. 9 dicembre 1977
n. 903, parità di trattamento tra uomini e donne in materia
di lavoro, art. 43; 1. 23 aprile 1981 n. 155, adeguamento delle
strutture e delle procedure per la liquidazione urgente delle pen sioni e per i trattamenti di disoccupazione, e misure urgenti in materia previdenziale e pensionistica, art. 16, 17, 18; 1. 26
febbraio 1982 n. 54, disposizioni in materia previdenziale, art.
6; 1. 31 maggio 1984 n. 193, misura di razionalizzazione del
settore siderurgico e di intervento della Gepi s.p.a., art. 1).
Lavoro (rapporto) — Collocamento a riposo per limiti di età —
Diritto di opzione per la prosecuzione — Sospensione — Effet
ti (L. 15 luglio 1966 n. 604, art. 11; 1. 9 dicembre 1977 n.
903, art. 4; 1. 23 aprile 1981 n. 155, art. 16, 17, 18; 1. 26 feb braio 1982 n. 54, art. 6; 1. 31 maggio 1984 n. 193, art. 1).
L'art. 1,4° comma, l. 31 maggio 1984 n. 193, che sospende tem
poraneamente il diritto di opzione per la prosecuzione del rap
porto di lavoro nei confronti dei lavoratori in possesso dei
requisiti per il prepensionamento, si applica non solo ai lavora
tori del settore siderurgico ma a tutti i dipendenti dei settori
industriali in crisi (in applicazione dell'enunciato principio è stato ritenuto legittimo il licenziamento per raggiungimento del
l'età pensionabile di un lavoratore dipendente di un'impresa
cantieristica in crisi). (1) L'art. 1, 4° comma, l. 31 maggio 1984 n. 193, che sospende tem
poraneamente il diritto di opzione per la prosecuzione del rap
porto di lavoro nei confronti dei lavoratori in possesso dei
requisiti per il prepensionamento, si applica anche nei confron
ti di quei lavoratori che al momento dell'entrata in vigore della
legge abbiano già esercitato il diritto di opzione. (2)
II
PRETURA DI PADOVA; sentenza 21 aprile 1988; Giud. Della
Rocca; Salazar (Avv. Rizzieri, De Marinis, Cester) c. Soc.
Fiat Auto (Aw. Barillari, Dondi).
Lavoro (rapporto) — Collocamento a riposo per limiti di età —
Diritto di opzione per la prosecuzione — Sospensione — Am
bito di applicazione — Fattispecie (L. 15 luglio 1966 n. 604,
art. 11; 1. 9 dicembre 1977 n. 903, art. 4; 1. 23 aprile 1981
n. 155, art. 16, 17, 18; 1. 26 febbraio 1982 n. 54, art. 6; 1.
31 maggio 1984 n. 193, art. 1).
L'art. 1, 4° comma, l. 31 maggio 1984 n. 193, che sospende tem
poraneamete il diritto di opzione per la prosecuzione del rap
porto di lavoro nei confronti dei lavoratori che abbiano i requisiti
per richiedere il prepensionamento, si applica non solo ai lavo
ratori del settore siderurgico ma anche ai dipendenti di tutti
i settori industriali in crisi. (3)
(1-3) Le decisioni affrontano la problematica del campo di applicazio ne dell'art. 1, 4° comma, 1. 31 maggio 1984 n. 193, il quale, nel terzo
periodo, stabilisce la sospensione del diritto di opzione per la prosecuzio ne del rapporto nei confronti dei lavoratori che abbiano i requisiti per richiedere il prepensionamento ai sensi degli art. 16, 17 e 18 1. 23 aprile 1981 n. 155.
In particolare le sentenze qui riprodotte ritengono che la sospensione del diritto di opzione riguardi non solo i lavoratori del settore siderurgico
(v. per i problemi afferenti al prepensionamento della siderurgia D'Anto
na, Sviluppi della legislazione della crisi: il prepensionamento, in Foro
it., 1985, I, 1853, in nota a Pret. Genova 9 gennaio 1985, Pret. Milano
12 dicembre 1984, Pret. Taranto 9 novembre 1984, e Pret. Torino 23
dicembre 1983), ma anche i lavoratori dipendenti da imprese industriali
dichiarate dal Cipi in stato di crisi o in ristrutturazione aziendale, confor
memente ad un iter argomentativo accolto da parte della giurisprudenza
Il Foro Italiano — 1989.
I
Motivi della decisione. — Denunciando la violazione dell'art.
1 1. 21 maggio 1984 n. 193, degli art. 16, 17 e 18 1. 23 aprile 1981 n. 155, dell'art. 6 d.l. 22 dicembre 1981 n. 791 convertito
nella 1. 26 febbraio 1982 n. 304 e dell'art. 4 1. 9 dicembre 1977
n. 903 nonché carenza di motivazione, rileva il ricorrente che la
1. 193 del 1984, sia per l'intitolazione che per il suo contenuto, si applica solo al settore siderurgico e non anche a quello cantie
ristico.
Osserva poi in subordine che in ogni caso tale legge non avreb
be potuto esercitare efficacia retroattiva sulle opzioni legittima mente esercitate, attraverso le quali i lavoratori acquisivano il
diritto definitivo alla prosecuzione del rapporto di lavoro fino
al raggiungimento della massima anzianità contributiva o in al
ternativa del sessantacinquesimo anno d'età.
Il motivo è infondato. L'art. 6 d.l. 22 dicembre 1981 n. 791,
convertito con modificazioni nella 1. 26 febbraio 1982 n. 54, pre vede la facoltà per gli iscritti alla assicurazione obbligatoria per
l'invalidità, la vecchiaia e i superstiti e alle gestioni sostitutive, esclusive o esonerative della medesima, che non abbiano raggiun to l'anzianità contributiva utile prevista nei singoli ordinamenti,
di optare per la prosecuzione del rapporto al fine di perfezionare la massima anzianità contributiva possibile entro il compimento del sessantacinquesimo anno di età, sempre che non abbiano ot
tenuto o non richiedano la liquidazione di una pensione a carico
dell'Inps o delle gestioni sostitutive, esclusive o esonerative dal
l'assicurazione generale obbligatoria. Lo scopo evidente di tale disposizione è da una parte il differi
mento del momento della liquidazione della pensione e quindi
dell'impegno finanziario dell'Inps, notoriamente in grave déficit, e dall'altra un miglioramento del trattamento di quiescenza, che
consenta al lavoratore pensionato un tenore di vita migliore e
il più vicino possibile a quello raggiunto nell'ultimo periodo di
occupazione. Per poter conseguire concretamente queste finalità previdenzia
li, il 4° comma dell'art. 6 prevede, in deroga all'art. 11 1. 15
luglio 1966 n. 604, un prolungamento del regime di stabilità del
rapporto di lavoro dei dipendenti, che hanno esercitato l'opzio
ne, fino al raggiungimento dell'anzianità massima contributiva
o del limite del sessantacinquesimo anno di età.
Successivamente con 1. 31 maggio 1984 n. 183 contenente «mi
sure per la razionalizzazione del settore siderurgico e di interven
to della Gepi s.p.a.» fu stabilito che l'art. 6 suddetto non trovasse
applicazione per i dipendenti di aziende in crisi.
Secondo il ricorrente, l'intestazione stessa della legge (oltre che
il suo contenuto) esclude che essa possa trovare applicazione fuo
ri del settore siderurgico. Tale tesi però è infondata. Il valore vincolante dell'intitolazio
ne della legge è stato sempre escluso dalla dottrina e dalla giuris
prudenza, secondo il principio rubrica legis non est lex. Anche
di merito (v. Pret. Milano 23 giugno 1987, Orient, giur. lav., 1988, 845, con nota di Dondi, Postpensionamenti e prepensionamenti: il coordina
mento realizzato dall'art. 1,4° comma, I. n. 193 del 1984; Pret. Milano
2 giugno 1987, Foro it.. Rep. 1987, voce Lavoro (rapporto), n. 512; Pret.
Milano 4 agosto 1986, ibid., n. 514; Trib. Palermo 5 maggio 1986, ibid., n. 2482, ora confermata; Trib. Milano 31 dicembre 1985, id., Rep. 1986, voce cit., n. 2251; Trib. Milano 16 novembre 1985, ibid., n. 2254; Pret.
Napoli-Barra 22 ottobre 1985, ibid., n. 2267; Pret. Milano 26 giugno 1985, ibid., n. 2273; contra, per la limitazione della sospensione del dirit
to di opzione al solo settore siderurgico, Pret. Firenze 2 aprile 1986, ibid., n. 2259; Pret. Milano 13 dicembre 1985, ibid., n. 2253; da ultimo, nello
stesso senso, v. Cass. 30 maggio 1989, n. 2602, inedita). Per quanto riguarda la sorte delle opzioni già esercitate prima dell'en
trata in vigore della 1. 193/84, v. in senso conforme alla Suprema corte
in epigrafe, Trib. Milano 18 giugno 1988, Lavoro 88, 1988, 1086; Trib.
Torino 14 luglio 1986, Foro it., Rep. 1987, voce cit., n. 511; Trib. Mila
no 15 aprile 1986, id., Rep. 1986, voce cit., n. 2250; 16 novembre 1985,
ibid., n. 2256; 9 novembre 1985, ibid., n. 2258 e in Orient, giur. lav.,
1985, 1209, con nota di Jannoni, Ancora sul diritto di opzione ed azien
de in crisi; Pret. Milano 26 giugno 1985, Foro it., Rep. 1986, voce cit., n. 2272; Trib. Torino 17 giugno 1985, ibid., n. 485; Pret. Palermo 25
maggio 1985, ibid., n. 486; contra, Trib. Taranto 26 settembre 1986,
id., 1987, I, 291, con nota di richiami; Trib. Trieste 13 dicembre 1985,
id., Rep. 1986, voce cit., n. 2265; Pret. Gavirate 30 settembre 1985, ibid., n. 1225. Pret. Milano 24 luglio 1985, ibid., n. 2270.
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2243 PARTE PRIMA 2244
se, spesso, le sentenze si limitano a ripetere queste affermazioni
senza darne dimostrazione alcuna, il principio trova fondamento
nelle disposizioni che attengono all'esercizio del potere legislati vo. In base all'art. 72 Cost, e alle disposizioni dei regolamenti della camera dei deputati e del senato della repubblica il disegno o il progetto di legge deve essere discusso e approvato dapprima articolo per articolo e poi con una votazione finale: il contenuto
essenziale della legge è costituito, dunque, dagli articoli e non
dall'intitolazione della legge medesima, intitolazione che non vie
ne sottoposta a votazione e spesso è opera del ministero compe
tente, il quale si deve attenere, «per quanto è possibile, al titolo
ad essa dato nei relativi progetti parlamentari» (art. 1 r.d. 2 set
tembre 1932 n. 1293; vedi ache art. 10 r.d. 24 settembre 1931
n. 1256). Del resto, pure in altri ordinamenti giuridici, in cui anche l'in
titolazione della legge è opera del legislatore, dottrina e giurispru denza escludono il carattere vincolante di essa, limitandone la
rilevanza al solo piano interpretativo. E sotto questo profilo il titolo può essere utilizzato solo in caso
di equivocità della norma, non certo per escludere valore ed effi
cacia a disposizioni, contenute nella medesima legge, che risulti
no estranee all'oggetto indicato nel titolo.
D'altronde il legislatore italiano in questi ultimi anni ha sem
pre più frequentemente adottato il sistema, ritenuto poco com
mendevole dalla dottrina, di approvare testi normativi, contenitori
di disposizioni del più vario contenuto, per cui il ricorso all'inti
tolazione della legge pur individuarne l'estensione e il contenuto
è divenuto ancora più inaffidabile anche sul piano interpretativo. Ciò premesso, vi è da rilevare che, se è vero che la maggior
parte delle disposizioni contenute nella 1. 31 maggio 1984 n. 183
attiene al settore siderurgico (donde la ragione dell'intitolazione
della legge), non mancano in essa norme che si riferiscono ad
altri settori, accomunati a quello siderurgico, dal fatto che an
ch'essi sono in crisi.
E proprio l'art. 1 in esame costituisce un esempio illuminante
del riferimento plurisettoriale delle norme.
Tale articolo, infatti, nel 1° comma abbassa il limite di età
per il prepensionamento a cinquanta anni per i dipendenti delle
imprese siderurgiche e affini e nel 2° comma sempre con esplicito riferimento a detti lavoratori («i dipendenti delle imprese di cui
al 1° comma» dice la norma) estende tale beneficio, previa tem
pestiva istanza, nei confronti dei lavoratori messi in cassa inte
grazione o licenziati per riduzione di personale o per cessazione
dell'impresa successivamente al 1° gennaio 1981.
Ma già il 3° comma contiene disposizioni che non si riferisco
no al settore siderurigico e ciò non solo perché non vengono più richiamate «le imprese di cui al 1° comma», ma soprattutto per ché si disciplina diversamente il settore siderurgico rispetto agli altri settori. Tale norma, intendendo prorogare le disposizioni sul
pensionamento anticipato dei dipendenti delle aziende in crisi, pre vede una proroga diversa per il settore siderurgico rispetto agli altri settori: «le disposizioni di cui agli art. 16, 17 e 18 1. 23
aprile 1981 n. 155 si applicano sino al 31 dicembre 1986 per i
dipendenti delle aziende di cui al 10 comma del presente articolo»
(per i dipendenti cioè delle aziende siderurgiche e affini). Anche nel 4° comma del predetto articolo non vi è (a differen
za del 2° comma e di tutte le altre norme della presente legge) alcun riferimento alle imprese del settore siderurgico e quindi dal
punto di vista formale anche tale comma contiene disposizioni di carattere generale. Fra tali disposizioni vi è quella in esame, la quale recita: «Dall'entrata in vigore della presente legge e fino
al 31 dicembre 1986 per i lavoratori di cui agli art. 16, 17 e 18
1. 23 aprile 1981 n. 155 non trovano applicazione l'art. 6 d.l.
22 dicembre 1981 n. 791, convertito in legge, con modificazioni, dalla 1. 26 febbraio 1982 n. 54 e l'art. 4 1. 9 dicembre 1977 n. 903».
E che quest'ultima disposizione anche dal punto di vista so
stanziale debba sicuramente riferirsi a tutti i settori in crisi è di mostrato dal richiamo all'art. 18 1. 23 aprile 1981 n. 155, che
si riferisce ai minatori. Accertato dunque che tale norma si applica anche alla impresa
resistente (non essendo in discussione gli altri requisiti richiesti
dalla legge medesima), rimane da esaminare quale effetto eserciti
su di essa il fatto che, anteriormente alla sua entrata in vigore, il Mazzarino abbia esercitato l'opzione prevista dall'art. 6 1. 26
febbraio 1982 n. 54 (il che costituisce l'oggetto della seconda cen
sura contenuta nel presente ricorso). Non vi è dubbio che detto articolo, se da una parte favorisce
Il Foro Italiano — 1989.
il lavoratore, consentendogli il conseguimento di una pensione
più adeguata alle sue esigenze di vita, e l'istituto previdenziale, diminuendo l'aggravio conseguente all'onere di integrazione al mi
nimo delle pensioni di modesto importo, dall'altra rappresenta un aumento del costo del lavoro, imponendo alle aziende di trat
tenere in servizio il personale più anziano.
Ma tale onere, se nei confronti delle imprese economicamente
sane può apparire ragionevole e non sproporzionato, in relazione
ai fini sociali, che col pensionamento posticipato si vogliono rag
giungere, non è certamente compatibile con le condizioni econo
miche delle aziende in crisi, per risollevare le quali il legislatore accolla una parte degli oneri sociali alla collettività. E sarebbe
del tutto contraddittorio sul piano logico da una parte alleggerire
per dette aziende il costo del lavoro, favorendo il licenziamento
attraverso il prepensionamento dei dipendenti più anziani e po nendo a carico della cassa integrazione guadagni gli oneri econo
mici per far conseguire anticipatamente il diritto alla pensione, e dall'altra aggravare tale costo, imponendo il mantenimento in
servizio di lavoratori ancora più anziani, che il diritto alla pensio ne l'hanno già conseguito.
Questa incompatibilità logica, prima che economica, spiega non
solo la ratio della norma contenuta nel 4° comma dell'art. 1 1.
31 maggio 1984 n. 193, ma anche la sua applicabilità immediata
anche nei casi in cui l'opzione è stata esercitata prima dell'entrata
in vigore di essa.
Ma a non diversa soluzione si giunge sotto il profilo stretta
mente giuridico. Il principio dell'irretroattività, che regola la suc
cessione delle norme giuridiche nel tempo, comporta che, di fronte
ad un rapporto che non si esaurisce istantaneamente ma si pro trae nel tempo, la legge nuova si applica agli effetti non esauriti
del rapporto e alle fasi di esso che siano in via di svolgimento al momento dell'entrata in vigore della legge stessa, sempre che
il regolamento di quegli effetti e di quelle fasi non venga ad inci
dere sul fatto e sull'atto generatore del rapporto. L'esercizio del diritto di opzione comporta, da una parte, la
prosecuzione del rapporto di lavoro oltre il momento dal rag
giungimento da parte del lavoratore dei requisiti minimi per il
conseguimento della pensione di vecchiaia e, dall'altra, la deroga a quella norma che dal raggiungimento di quei requisiti faceva
risorgere il potere di recesso ad nutum del datore di lavoro.
Quando una norma entrata in vigore successivamente dichiara
inapplicabili a quella determinata azienda le norme sul pensiona mento posticipato, non è contrario al principio di irretroattività
ritenere che il datore di lavoro riacquisti da quel momento il po tere di recesso ad nutum, perché l'esercizio di tale potere, fino
ad allora compresso, non agisce in alcun modo sull'atto genera tore del rapporto (l'opzione che è un atto istantaneo) né sugli effetti già esauriti di esso, ma incide sull'ulteriore prosecuzione del rapporto e quindi sugli effetti successivi all'entrata in vigore della legge medesima.
E che tale questione nulla abbia a che fare con il principio di irretroattività è dimostrato dal fatto che una situazione simile
può verificarsi anche nel vigore della 1. 31 maggio 1984 n. 193,
allorquando il lavoratore abbia esercitato il diritto di opzione e
successivamente intervenga lo stato di crisi dell'azienda. Anche
in questa ipotesi agisce l'art. 1 1. 31 maggio 1984 n. 193 che rende
inapplicabili a quelle aziende le norme sull'opzione, ma ciò non
a causa della successione di leggi nel tempo ma per il sopravveni re di un presupposto (lo stato di crisi), previsto dalla norma già in vigore al momento dell'esercizio dell'opzione.
È superfluo aggiungere che anche se la deroga prevista dalla
norma in esame è collegata ad uno stato economico dell'azienda, necessariamente temporanea, ed è essa stessa limitata nel tempo
(fino al 31 dicembre 1986), non per questo si può parlare di una
sospensione degli effetti dell'opzione. Per tutto detto periodo le norme sull'opzione non sono più
applicabili a dette aziende, per cui l'opzione non può più essere
esercitata e, se esercitata, il datore di lavoro riacquista il potere di licenziamento ad nutum: nell'uno e nell'altro caso, cioè, può, se crede, licenziare i lavoratori, che hanno raggiunto i requisiti minimi per il conseguimento della pensione di vecchiaia. Solo al
la cessazione dello stato di crisi o alla scadenza della durata della
norma derogatoria i lavoratori che si trovano ancora in servizio
potranno esercitare il diritto di opzione alle condizioni previste dalla norma generale.
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
La sentenza impugnata, che si è attenuta a questi principi, non
merita quindi le censure che le sono state mosse.
II
Diritto. — Com'è noto, ai sensi dell'art. 111. 15 luglio 1966
n. 604, al datore di lavoro è consentito il recesso (anche senza
giusta causa o giustificato motivo) nei confronti dei prestatori di lavoro che abbiano conseguito il diritto alla pensione di vec
chiaia o che abbiano compiuto comunque il sessantacinquesimo anno di età; il primo caso si verifica nei confronti dei lavoratori
che abbiano maturato l'accreditamento di contributi corrispon denti a quindici anni presso l'assicurazione generale obbligatoria e abbiano compiuto sessanta anni (se uomini) o cinquantacinque anni (se donne): cfr. art. 9 r.d.l. 16 aprile 1939 n. 636 cosi come
modificato dall'art. 2 1. 4 aprile 1952 n. 218. L'art. 6 1. 26 feb braio 1982 n. 54 ha attribuito ai lavoratori, che non abbiano com
piuto il sessantacinquesimo anno di età (e che non abbiano ottenuto
o richiesto la liquidazione di una pensione a carico dell'assicura
zione generale obbligatoria) e che non abbiano raggiunto l'anzia
nità contributiva massima prevista nell'ordinamento applicabile, il diritto di prestare la propria attività lavorativa fino al raggiun
gimento dell'anzianità contributiva massima.
La norma contenuta nell'art. 6 consente, quindi, al lavoratore
di impedire al datore di lavoro l'esercizio del diritto di recesso
libero nel momento di esistenza degli estremi di cui all'art. 11
1. 604/66. Prima della 1. 54/82 era stata emanata la 1. n. 155
del 23 aprile 1981. Gli art. 16 e 17 di tale provvedimento intro
dussero l'istituto del pensionamento anticipato. I dipendenti di
tutte le aziende industriali, con la sola esclusione di quelle edili,
per le quali fosse intervenuta una deliberazione circa l'esistenza
dello stato di crisi, da parte del comitato per il coordinamento
della politica industriale, avrebbero potuto esercitare la facoltà
di ottenere il trattamento di pensione, con la sola condizione che
avessero compiuto cinquantacinque anni di età (se uomini) o cin
quanta anni (se donne) e possedessero un'anzianità contributiva
minima, che sarebbe stata aumentata di un periodo pari a quello
compreso tra la cessazione del rapporto di lavoro e il compimen to dell'età di sessanta anni (per gli uomini) e di cinquantacinque anni (per le donne).
Tale istituto, comunemente denominato come «prepensionamen to» (in quanto attuato in deroga al combinato disposto dell'art.
11 1. 604/66 e dell'art. 9 r.d.l. 639/39 sopra citati), può essere
denominato «prepensionamento generale» dopo l'emanazione della
successiva 1. 31 maggio 1984 n. 193. Quest'ultima, infatti, ha in
trodotto — solo per il settore siderurgico e per settori collegati
produttivamente al primo (di seguito denominati tutti, per brevi
tà, «settore siderurgico») — un pensionamento che potrebbe es
sere particolare o speciale; infatti il limite di età previsto negli art. 16 e 17 1. 155/81 è stato ridotto a cinquanta anni nel 1°
comma dell'art. 1 di tale 1. 193/84.
Proseguendo nella lettura dei commi successivi al primo, si no
ta che, mentre il 2° comma si riferisce chiaramente ai «lavoratori
dipendenti dalle imprese di cui al 1° comma . . .», cioè dalle azien
de del solo settore siderurgico, il 3° comma testualmente recita:
«Le disposizioni di cui agli art. 16, 17 e 18 1. 23 aprile 1981
n. 155 si applicano sino al 31 dicembre 1985. Tale termine è este
so al 31 dicembre 1986 per i dipendenti delle aziende di cui al
1° comma del presente articolo». Già la lettura di tale comma
induce chiaramente a intendere, secondo il giudicante, che la 1.
31 maggio 1984 n. 193 — nonostante la sua intitolazione o rubri
ca possa indurre, in una prima affrettata lettura («Misure per la razionalizzazione del settore siderurgico e di intervento della
Gepi s.p.a.»), a ritenere che le norme in essa contenute si riferi
scano al solo settore siderurgico — ha inteso in realtà disciplinare
con alcune norme il solo settore siderurgico, con altre norme in
vece tutti i settori industriali di cui agli art. 16 e 17 1. 155/81.
Diversamente opinando non si spiegherebbe affatto: a) per quale
motivo il rinvio — contenuto nella prima frase del 3° comma
(sopra testualmente riportato) dell'art. 1 di tale 1. 193/84 — agli
art. 16 e 17 1. 155/81 non dovrebbe riferirsi ai lavoratori di tutte
le imprese industriali, escluse quelle edili, quantunque tali articoli
si riferiscano a tali lavoratori; b) per quale ragione mai, mentre
l'istituto del prepensionamento (sopra menzionato, per chiarezza
espositiva, «generale»), cosi come disciplinato nella 1. 155/81, sia
Il Foro Italiano — 1989.
stato dichiarato applicabile fino al 31 dicembre 1985, viceversa
per l'istituto del prepensionamento introdotto nella 1. 193/84 sia
stato fissato il diverso termine del 31 dicembre 1986 «per i dipen denti delle aziende di cui al 1° comma del presente articolo» e
cioè per le sole aziende del settore siderurgico. La convinzione che la 1. 31 maggio 1984 n. 193 si riferisce
non solo al settore siderurigico, ma anche a tutte le imprese indu
striali di cui agli art. 16 e 17 1. 155/81, si ricava, altresì, dalla
lettura della prima parte del 4° comma dell'art. 1, la quale detta:
«Il trattamento di prepensionamento di cui ai commi precedenti è esteso, sussistendone i requisiti, ai lavoratori titolari di pensio ne di invalidità»; orbene, sia la dizione «di cui ai commi prece denti», che comprendono non solo il settore siderurigico, ma anche
il 3° comma — che sopra è stato commentato — sia il richiamo
all'istituto della pensione di invalidità, senza altra specificazione 0 limitazione, inducono fondatamente a ritenere, secondo il giu
dicante, che ci si riferisca non solo ai pensionati di invalidità di pendenti di azienda del settore siderurgico, ma anche a quelli
dipendenti da aziende degli altri settori industriali di cui agli art.
16 e 17 1. 155/81. L'interprete rinviene ancora, nello stesso 4° comma dell'art.
1 1. 193/84, la menzione dei «dirigenti di aziende industriali ai
quali è dovuto l'assegno di cui all'art. 17 1. 23 aprile 1981 n.
155», cioè il riferimento a tutte le aziende industriali e non solo
a quelle del settore siderurgico.
Infine, si perviene alla norma specificamente oggetto delle con
trapposte interpretazioni prospettate dalle parti in causa: «Dal
l'entrata in vigore della presente legge e fino al 31 dicembre 1986
per i lavoratori di cui agli art. 16, 17 e 18 1. 23 aprile 1981 n.
155, non trovano applicazione l'art. 6 d.l. 22 dicembre 1981 n.
791, convertito in legge, con modificazioni, della 1. 26 febbraio
1982 n. 54 e l'art. 4 1. 9 dicembre 1977 n. 903». Orbene l'inter
pretazione della lettera della norma, che contiene il rinvio ai la
voratori di cui agli art. 16-18 1. 155/81, impone di ritenere che
l'inapplicabilità dell'istituto della prosecuzione del rapporto di la
voro — dopo il termine fissato nell'art. 11 1. 604/66, cosi come
previsto nell'art. 6 1. 54/82 — si intende riferita non solo ai lavo
ratori del settore siderurgico, bensì' ai dipendenti di tutte le im
prese industriali per le quali sia intervenuta la delibera Cipi ex
art. 2 1. 675/77.
Nessun ostacolo offre la rubrica della legge (« . . . razionaliz
zazione del settore siderurgico . . .») per tutti i motivi sopra am
piamente esposti. Non è possibile, infine, alcun collegamento tra il termine del
31 dicembre 1986, contenuto nella norma da ultimo testualmente
citata, e il termine del 31 dicembre 1986 contenuto nel 3° comma
dell'art. 1 e riferito, come sopra si è detto, al solo settore siderur
gico, per concludere che anche l'inapplicabilità dell'art. 6 1. 54/82
si riferisce solo al settore siderurgico. Invero, a parte il rilievo
che tale tesi non spiegherebbe comunque il richiamo agli art. 16-18
1. 155/81 valevoli per tutte le imprese industriali, il collegamento
sopra (per assurdo) ipotizzato non è affatto possibile o corretto
né logicamente, né giuridicamente, per le seguenti ragioni. Anzitutto il 3° comma si riferisce all'istituto del prepensiona
mento e stabilisce, come si è visto, due diversi termini di effica
cia. Al contrario, la norma di cui al quarto periodo del 4° comma
dell'art. 1 si riferisce al ben diverso istituto del cosiddetto post
pensionamento, ovvero al diritto di continuare il rapporto di la
voro dopo il termine di cui all'art. 11 1. 604/66.
In secondo luogo va osservato che i due istituti (prepensiona mento da un lato e diritto di opzione di cui all'art. 6 1. 54/82) non costituiscono affatto le sole alternative rispetto alla vita assi
curativa e retributiva del lavoratore, ma hanno un diverso ambi
to di applicazione. Infatti, il lavoratore che non abbia chiesto
il prepensionamento non deve necessariamente optare di conti
nuare a lavorare fino al raggiungimento dell'anzianità contributi
va massima, ma può semplicemente astenersi dal chiedere sia l'uno
sia la continuazione a cessare di lavorare qualora siano maturati
i requisiti di cui all'art. 11 1. 604/66. Si spiega pertanto come sia stato possibile consentire, per i di
pendenti delle aziende industriali in genere, il prepensionamento fino al 31 dicembre 1985 e inibire il diritto di opzione — per gli stessi dipendenti — fino al 31 dicembre 1986. Infatti, mentre
fino a tutto il 31 dicembre 1985 tali lavoratori possono chiedere
il prepensionamento, ma non la continuazione dell'attività lavo
rativa ex art. 6 1. 54/82, dal 1° gennaio 1986 e fino al 31 dicem
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2247 PARTE PRIMA 2248
bre 1986 (termine, quest'ultimo, come oltre si vedrà, prorogato da successive leggi fino al 31 dicembre 1987) essi non possono chiedere il prepensionamento, ma neppure la continuazione del
l'attività lavorativa ex art. 6 1. 54/82 e riacquistano (solo) il dirit
to di opzione dal 1° gennaio 1988. Pertanto, nel periodo 1° gennaio 1986 - 31 dicembre 1986 (rectius 31 dicembre 1987) il rapporto di lavoro si risolve solo nel termine fissato nell'art. 111. 604/66.
Del resto, pur vigendo le leggi 193/84 e 155/81, il termine di
cui all'art. 11 citato resta pur sempre l'unico applicabile per la
soluzione del rapporto di lavoro in mancanza di istanza, propo sta dal lavoratore, volta a fruire degli istituti di cui agli art. 6
1. 54/82 e 16-18 1. 155/81. Nella fattispecie di cui è causa non è stato contestato — e co
munque risulta provato dai doc. sub 1) prodotti dalla convenuta
società — che la stessa è tra le imprese industriali per le quali è stata emessa la delibera Cipi ex art. 2 1. 675/77.
Pertanto — per tutti i motivi che precedono — deve essere
concluso che anche al ricorrente Salazar va ritenuta l'inapplicabi lità dell'art. 6 1. 54/82.
Riguardo poi alla seconda argomentazione prospettata dal ri
corrente e cioè che la scadenza del 31 dicembre 1986, fissata nel
l'art. 1, 4° comma, 1. 193/84, sarebbe comunque maturata nella
data di compimento del termine previsto per l'esercizio del diritto
di opzione di cui all'art. 6 1. 54/82, va osservato che tale scaden
za è stata prorogata fino al 31 dicembre 1987 nell'art. 3, 4° com
ma, d.l. 22 dicembre 1986 n. 832, nell'art. 4, 4° comma, d.l.
25 febbraio 1987 n. 48, nell'art. 5, 4° comma, d.l. 28 aprile 1987
n. 156, nell'art. 5, 4° comma, d.l. 27 giugno 1987 n. 244, nel
l'art. 5, 4° comma, d.l. 27 agosto 1987 n. 358, nell'art. 5, 4°
comma, d.l. 30 ottobre 1987 n. 442, e infine nell'art. 5, 4° com
ma, d.l. 30 dicembre 1987 n. 536 convertito nella 1. 29 febbraio
1988 n. 48 (questa ultima pubblicata nella G.U. 1° marzo 1988, n. 48).
Da ultimo si osserva che l'estensione al settore alluminio delle
disposizioni di cui all'art. 1 1. 193/84 può essere agevolmente in
terpretata, alla stregua di tutte le considerazioni sopra svolte, nel
senso che quelle norme dell'art. 1 che sono applicabili solo al
settore siderurgico (es. prepensionamento «speciale») sono estese
al settore alluminio.
Da tutti i rilievi che precedono consegue il rigetto delle doman
de proposte dal ricorrente e l'assoluzione della convenuta società.
I
CORTE DI CASSAZIONE; sezione lavoro; sentenza 29 novem
bre 1988, n. 6447; Pres. Chiavelli, Est. Florio, P.M. Gazza
ra (conci, conf.); Ventrella (Aw. Nappi) c. Soc. Borghi trasporti
spedizioni (Avv. Vesci). Cassa Trib. Roma 6 giugno 1986.
Lavoro (rapporto) — Licenziamento disciplinare — Nozione on
tologica — Intimazione nell'area della c.d. «tutela obbligato ria» — Garanzie procedimentali — Inosservanza — Conseguenze
(Cod. civ., art. 2119; 1. 15 luglio 1966 n. 604, norme sui licen
ziamenti individuali, art. 1, 2, 3, 8, 10, 11; 1. 20 maggio 1970
n. 300, norme sulla tutela della libertà e dignità dei lavoratori, della libertà sindacale e dell'attività sindacale nei luoghi di la voro e norme sul collocamento, art. 7, 18, 35).
Il licenziamento ontologicamente disciplinare — che sia intimato
nell'area della c.d. «tutela obbligatoria» senza l'osservanza del
le garanzie procedimentali (di cui al 2° e 3° comma dell'art.
7 /. 300/70, quali si «leggono» dopo Corte cost. 204/82) —
è soggetto alla stessa sanzione (riassunzione o indennità) com
minata (dall'art. 8 l. 604/66) per il licenziamento non sorretto
da giusta causa o giustificato motivo. (1)
(1-3) I. - La giurisprudenza in tema di licenziamenti disciplinari — inti mati al di fuori dal campo d'applicazione della c.d. «tutela reale» (art. 35 1. 300/70) — pare lontana da una definitiva composizione dei
contrasti, anche dopo gli interventi delle sezioni unite (sent. 4823/87,
Il Foro Italiano — 1989.
II
CORTE DI CASSAZIONE; sezione lavoro; sentenza 10 febbraio
1988, n. 1426; Pres. Valente, Est. Chiavelli, P.M. Benanti
(conci, conf.); Mangolini (Aw. Fanfani) c. Soc. Esselunga (Aw.
Pinto). Conferma Trib. Firenze 13 febbraio 1985.
Lavoro (rapporto) — Licenziamento disciplinare del dirigente —
Nozione ontologica — Garanzie procedimentali — Applicabili tà (Cod. civ., art. 2119; 1. 15 luglio 1966 n. 604, art. 1, 2, 3, 8, 10, 11; 1. 20 maggio 1970 n. 300, art. 7, 18, 35).
Il licenziamento ontologicamente disciplinare del dirigente è sog
getto alle garanzie procedimentali (di cui ai primi tre commi
dell'art. 71. 300/70, quali si «leggono» dopo Corte cost. 204/82), che nella specie sono state osservate. (2)
Foro it., 1987, I, 2032, con nota di M. De Luca; 8189/87, ibid., 3239, con nota di richiami ed osservazioni di M. De Luca; 1208/88, id., 1988,
I, 1556, con nota di richiami; sez. lav. 4521/88, ibid., 3592; ai riferimenti
di dottrina e giurisprudenza, di cui alle note ed osservazioni citate, adde, in nota a Cass. 1426/88, F. Basenghi, In tema di licenziamenti discipli nari del dirigente, in Dir. lav. 1988, II, 465).
II. - Infatti — con i licenziamenti «ontologicamente» disciplinari, inti
mati nell'area della c.d. «tutela obbligatoria» — la prima delle sentenze in epigrafe si pone in contrasto «inconsapevole», con altra sentenza della stessa sezione lavoro (n. 4521/88, cit.), nella definizione del sistema san zionatone della inosservanza delle garanzie procedimentali (di cui ai pri mi tre commi dell'art. 7 1. 300/70, quali si «leggono» dopo Corte cost.
204/82, Foro it., 1982, I, 2981, con osservazioni di G. Silvestri). Apoditticamente ipotizzando una sorta di «forza espansiva» dell'art.
8 1. 604/66, la sentenza ora in esame, infatti, ne estende l'applicazione al caso che ci occupa, per il quale la precedente sentenza 4521/88 —
sulla falsariga delle suggestioni di Corte cost. 204/82 (cit.) — propone la stessa sanzione («inefficacia») comminata (dall'art. 2 1. 604/66) per il difetto di «forma» del licenziamento.
La composizione del contrasto va, quindi, devoluta alle sezioni unite, che non sono ancora intervenute sulla questione specifica.
III. - In contrasto con le sezioni unite (sent. 8189/87, cit.) si pongono, invece, la seconda e la terza delle sentenze in rassegna, che ritengono applicabili le garanzie procedimentali (di cui ai primi tre commi e, rispet tivamente, al 2° e al 3° comma dell'art. 7 1. 300/70) a licenziamenti disci
plinari intimati nell'area della revocabilità ad nutum (licenziamento di
dirigente e, rispettivamente, licenziamento intimato dal datore di lavoro che non raggiunge le «soglie occupazionali» per l'accesso alla «tutela»).
Tuttavia — mentre la sentenza della sezione lavoro (1426/88) ignora il precedente delle sezioni unite (8189/87) — il Pretore di Monza consa
pevolmente se ne discosta, all'esito di un'ampia ed approfondita motiva
zione, dopo averne posto in dubbio Inefficacia vincolante», in dipendenza dell'adozione al di fuori della specifica «competenza» (ex art. 374, 2°
comma, c.p.c.) delle sezioni unite (sul punto — oltre i riferimenti di cui alle osservazioni a Cass., sez. un., 8189/87, cit. — v., in motivazione, la sentenza delle stesse sezioni unite 3469/88, id., 1988, I, 3302, con nota di richiami).
Resta da attendere, poi, la pronuncia della Corte costituzionale sulla
questione di legittimità costituzionale sollevata dal Pretore di Firenze (sulla quale vedi l'ordinanza 6 dicembre 1988, n. 1068 della corte di restituzione
degli atti al giudice a quo per chiarimenti, in G.U., 1" s.s., n. 50 del 14 dicembre 1988).
IV. - Recenti iniziative legislative (qui di seguito riportate), pur occu
pandosi (tra l'altro) del licenziamento nelle «piccole imprese» (che forma no oggetto anche di una iniziativa referendaria), non si occupano dei
problemi specifici concernenti i licenziamenti disciplinari. Su tali iniziative legislative, vedi M. G. Garofalo, Per una politica
dei diritti dei lavoratori nella piccola impresa, in Riv. giur. lav., 1988, I, 393; M. De Luca, Statuto dei lavoratori: prospettive del «garantismo» per gli anni '90 (note minime tra «ordinamento dato» ed ipotesi di rifor ma), relazione al Convegno nazionale sul tema Statuto dei lavoratori:
problemi del livello di garantismo e della rappresentatività sindacale (Mes sina - Taormina, 28-29 aprile 1989), in corso di pubblicazione su Dir.
lav., oltre che sugli atti del convegno.
» * *
I
Disciplina dei licenziamenti individuali e collettivi e norme sul campo d'applicazione della l. 20 maggio 1970, n. 300 (disegno di legge n. 305 A.S. d'iniziativa dei senatori Giugni, Fabbri ed altri e, di identico conte
nuto, proposta di legge n. 190 A.C. d'iniziativa del deputato Piro).
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