+ All Categories
Home > Documents > PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE || sezione lavoro; sentenza 23 gennaio 1989, n....

PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE || sezione lavoro; sentenza 23 gennaio 1989, n....

Date post: 29-Jan-2017
Category:
Upload: phamliem
View: 212 times
Download: 0 times
Share this document with a friend
3
sezione lavoro; sentenza 23 gennaio 1989, n. 383; Pres. Ruperto, Est. Martucci, P.M. Gazzara (concl. conf.); Inps (Avv. Belloni, Vario, Ausenda, Starnoni) c. Sacco (Avv. Patrizi). Cassa Trib. Torino 17 maggio 1985 Source: Il Foro Italiano, Vol. 112, PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE (1989), pp. 1103/1104-1105/1106 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23183913 . Accessed: 28/06/2014 18:28 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 141.101.201.31 on Sat, 28 Jun 2014 18:28:21 PM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
Transcript
Page 1: PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE || sezione lavoro; sentenza 23 gennaio 1989, n. 383; Pres. Ruperto, Est. Martucci, P.M. Gazzara (concl. conf.); Inps (Avv. Belloni,

sezione lavoro; sentenza 23 gennaio 1989, n. 383; Pres. Ruperto, Est. Martucci, P.M. Gazzara(concl. conf.); Inps (Avv. Belloni, Vario, Ausenda, Starnoni) c. Sacco (Avv. Patrizi). Cassa Trib.Torino 17 maggio 1985Source: Il Foro Italiano, Vol. 112, PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE(1989), pp. 1103/1104-1105/1106Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23183913 .

Accessed: 28/06/2014 18:28

Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at .http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp

.JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range ofcontent in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new formsof scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected].

.

Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to IlForo Italiano.

http://www.jstor.org

This content downloaded from 141.101.201.31 on Sat, 28 Jun 2014 18:28:21 PMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions

Page 2: PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE || sezione lavoro; sentenza 23 gennaio 1989, n. 383; Pres. Ruperto, Est. Martucci, P.M. Gazzara (concl. conf.); Inps (Avv. Belloni,

1103 PARTE PRIMA

fase prodromica, relativa alla istruttoria in ordine alla praticabili tà in concreto dello strumento cautelare.

3. - Alla tesi dell'avvocatura dello Stato potrebbe opporsi in

limine la novità della prospettazione davanti a questa Corte di

cassazione.

Ed invero la difesa dell'amministrazione provinciale di Bene

vento si premura di rilevare che «si verte su questione di fatto

già accertata dai giudici di merito» e «pacifica fra le parti»; sog

giungendo che la riprova manifesta che un atto di fermo vi sia

stato si ricava dalla «revoca» formale del precedente provvedi

mento, a seguito della quale è avvenuto, con il lamentato ritardo,

il pagamento. Il collegio non può non condividere tale obiezione richiamando

al riguardo le notazioni che si sono venute svolgendo nel prece

dente paragrafo 1.

Sembra opportuno aggiungere, per completezza di motivazio

ne, un duplice ordine di considerazioni.

La tesi della amministrazione finanziaria, anche a prescindere dalla evidente preclusione processuale, è intrinsecamente insoste

nibile perché non si concilia con la struttura del provvedimento

cautelare considerato, confondendo e sovrapponendo le fasi del

venire in essere del provvedimento (a coronamento del procedi mento formativo) e del suo essere portato ad esecuzione.

Il fermo amministrativo, lo si è già rilevato, è un atto tipica mente cautelare che in tanto viene posto in essere in quanto un'am

ministrazione dello Stato, avendo ragioni di credito verso soggetti a loro volta creditori di altra amministrazione, blocca i relativi

pagamenti in vista di una possibile compensazione mediante atto

di ritenzione.

Non occorre, quindi, per procedere al «fermo» che si compia

preliminarmente una accurata rassegna di tutte le ragioni di cre

dito del soggetto cui il fermo si riferisce.

Analogamente a quanto accade per il sequestro di beni impi

gnorabili l'indagine (e/o la controversia) sulla impignorabilità rap

presenta un posterius rispetto al vincolo che ha colpito i beni

stessi.

Pertanto, gli accertamenti cui l'avvocatura si riferisce non so

no logicamente (e non sono stati effettivamente) prodromici al

fermo, ma alla sua, per cosi dire, «convalida», essendosi convin

ta l'amministrazione che pro parte quel «fermo» non potesse es

sere mantenuto attesa la «qualità» del credito colpito. Il risultato della riflessione sulla portata dell'art. 11 bis 1. 43/78

non è stato quello di non procedere al fermo rispetto ad un dato

credito, ma di estrapolare dal vincolo cautelare le somme che

non potevano esservi assoggettate, con il risultato formale non

già di disporre (per la prima volta) detto «fermo» in un ben cir

coscritto ambito, ma di ridurne l'efficacia escludendo dal vincolo

il credito insuscettibile di azione esecutiva.

In secondo luogo giova rilevare che quand'anche potesse acce

dersi, in ipotesi, alla tesi dell'avvocatura, non ne discenderebbe

de plano l'infondatezza della pretesa risarcitoria, ma se mai un

ridimensionamento del titolo della pretesa stessa, giacché è fuori

discussione che il pagamento di un credito liquido ed esigibile è pur sempre avvenuto con un certo ritardo da valutare giusta i principi della mora debendi.

4. - Sostengono ancora i ricorrenti che la loro responsabilità sarebbe da escludere essendosi essi limitati a compiere, in tempi

brevissimi, un doveroso controllo imposto dalla stessa formula

zione della norma che non escludeva in senso assoluto la possi bilità delle trattenute, prevedendola nell'ipotesi di errori ma

teriali. A parte il carattere decisivo ed assorbente delle osservazioni

che precedono, anche in se e per se considerato l'assunto appare in concreto manifestamente inconciliabile con l'indagine prelimi nare che si assumeva rivolta a stabibilre se il credito fosse suscet

tibile di fermo in relazione al titolo giuridico dell'erogazione. È del tutto evidente, comunque, che l'errore materiale consen

tirebbe tutt'al più di giustificare il fermo limitatamente all'impor to risultante a seguito della correzione dell'errore stesso: ma non

è stato invocato in precedenza, e non viene nemmeno dedotto

(per quanto inammissibilmente) in questa sede, che un errore di

calcolo vi sia stato al solo limitato effetto di ridurre la somma

per il cui ritardato pagamento si pretendeva il risarcimento.

Del resto, che errore non vi sia stato si desume agevolmente dalla circostanza che una volta revocato il fermo la somma venne

pagata «per intero». (Omissis)

Il Foro Italiano — 1989.

CORTE DI CASSAZIONE; sezione lavoro; sentenza 23 gennaio

1989, n. 383; Pres. Ruperto, Est. Martucci, P.M. Gazzara

(conci, conf.); Inps (Avv. Belloni, Vario, Ausenda, Starno

ni) c. Sacco (Aw. Patrizi). Cassa Trib. Torino 17 maggio 1985.

Previdenza sociale — Pensione — Ripetizione di indebito (Cod.

civ., art. 2033, 2740, 2910; r.d. 28 agosto 1924 n. 1422, regola

mento per l'esecuzione del r.d. 30 dicembre 1923 n. 3184, con

cernente provvedimenti per l'assicurazione obbligatoria contro

l'invalidità e la vecchiaia, art. 80; d.p.r. 27 aprile 1968 n. 488,

aumento e nuovo sistema di calcolo delle pensioni a carico del

l'assicurazione generale obbligatoria, art. 40).

Al fine di recuperare somme corrisposte al pensionato indebita

mente, l'Inps non è tenuto ad effettuare le trattenute sui ratei

di pensione, ma può esperire tutte le azioni che valgano ad

aggredire l'intero patrimonio del debitore. (1)

Svolgimento del processo. — In data 2 febbraio 1984 l'Inps

notificava a Sacco Francesco un decreto ingiuntivo contenente

l'intimazione al pagamento della somma di lire 35.662.786 da lui

dovuta per mancata trattenuta lavorativa su pensione, ex art. 40

d.p.r. 27 aprile 1968 n. 488.

Con ricorso depositato il 16 febbraio 1984 il Sacco proponeva

opposizione, evocando in giudizio dinanzi al Pretore di Torino

l'Inps. L'opponente lamentava che l'istituto non gli aveva comu

nicato l'esatta composizione del credito di lire 12.171.692 e, a

decorrere dal 1° gennaio 1983, gli aveva sospeso il pagamento dei ratei di pensione; sosteneva l'infondatezza della pretesa dell'i

stituto di ottenere l'importo a suo tempo non trattenuto e la defi

nitività, ai sensi dell'art. 80 r.d. 8 agosto 1924 n. 1422, di quanto

assegnato in più; eccepiva ancora la illegittimità costituzionale

della 1. 11 novembre 1983 n. 638 nella parte in cui non ha esteso

la possibilità del condono retributivo anche ai debiti formatisi

a carico dei pensionati ai sensi degli art. 20 ss. 1. 30 aprile 1969

n. 153; assumeva infine che l'ammontare delle sanzioni di cui

all'art. 40 d.p.r. 27 aprile 1968 n. 488 doveva ritenersi pari al

l'importo delle trattenute omesse e non al doppio, come invece

calcolato dall'Inps, e che l'istituto in ogni caso avrebbe avuto

la facoltà di recuperare le somme eventualmente ad esso dovute

esclusivamente a mezzo di trattenute di ratei della pensione non

superiori al quinto dell'importo della pensione stessa.

L'Inps, costituendosi a giudizio, contestava le avverse argomen tazioni chiedendo la conferma del decreto con deduzione degli

importi già recuperati e, in subordine, per il caso di revoca del

decreto, la condanna del Sacco al pagamento delle somme accer

tate come mancata trattenuta, oltre le sanzioni di cui agli art.

20 ss. 1. 30 aprile 1969 n. 153.

L'adito pretore, con sentenza 15 maggio 1984, rigettava l'op

posizione confermando il decreto ingiuntivo con la precisazione dell'ammontare del residuo debito di lire 32.224.715.

Il Sacco proponeva allora appello, ed il Tribunale di Torino, con sentenza 27 febbraio - 17 maggio 1985, in parziale accogli mento del gravame, dichiarava che l'Inps avrebbe dovuto recupe rare il suo credito nei confronti dell'appellante tramite trattenute

sulla pensione allo stesso dovuta non superiori al quinto. Osser

vava il collegio che la rigorosa dizione usata dall'art. 40 d.p.r. 27 aprile 1968 n. 488 non consentiva altra interpretazione.

L'Inps ha proposto ricorso per cassazione adducendo un unico

ma articolato motivo. Sacco Francesco ha resistito con controri

corso e memoria, insistendo nella esposta eccezione di incostitu

zionalità.

Motivi della decisione. — Con l'unico motivo l'istituto ricor

rente denuncia violazione e falsa applicazione dell'art. 40 d.p.r. 27 aprile 1968 n. 488 e dell'art. 69 1. 30 aprile 1969 n. 153 in

relazione agli art. 2033, 2740 e 2910 c.c., nonché motivazione

(1) Nel senso che l'Inps può esperire l'azione ex art. 2033 c.c. per le

prestazioni erogate indebitamente — quando non sussistono le condizioni

preclusive previste dall'art. 80, 3° comma, r.d. 28 agosto 1924 n. 1422 — cfr. Cass. 20 gennaio 1989, n. 311, 3 giugno 1987, n. 4861, 3 febbraio

1986, n. 654, che saranno riportate in un prossimo fascicolo. Sull'art. 40 d.p.r. 27 aprile 1968 n. 488, come norma sanzionatoria

che abilita l'Inps alle trattenute sulla pensione, v. Cass. 25 agosto 1981, n. 5000, Foro it., Rep. 1982, voce Previdenza sociale, n. 523, e Trib.

Livorno 3 maggio 1986, id., Rep. 1986, voce cit., n. 1139.

This content downloaded from 141.101.201.31 on Sat, 28 Jun 2014 18:28:21 PMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions

Page 3: PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE || sezione lavoro; sentenza 23 gennaio 1989, n. 383; Pres. Ruperto, Est. Martucci, P.M. Gazzara (concl. conf.); Inps (Avv. Belloni,

GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

insufficiente e contraddittoria su punti decisivi (art. 360, nn. 3

e 5, c.p.c.). A suo parere l'interpretazione desta dal tribunale all'art. 40

d.p.r. 488/68 non può essere in alcun modo condivisa, perché

limiterebbe la possibilità di recupero dell'indebito alla sola tratte

nuta del quinto dell'importo di pensione eccedente il trattamento

minimo, con esclusione dell'ordinaria azione di ripetizione (art.

2033 c.c.), della responsabilità patrimoniale del debitore (art. 2740

c.c.) e della conseguente facoltà del creditore di agire alternativa

mente ex art. 2910 c.c. su beni diversi dalla pensione. Né potreb

be affermarsi — come il collegio ha invece fatto — che l'art.

69 1. 153/69 abbia integrato, modificandolo, l'art. 40 cit.; la nor

ma, introducendo il principio della intangibilità della quota di

pensione fino alla concorrenza del trattamento minimo, non ha

modificato ma abrogato, almeno parzialmente, l'art. 40; certo

è però che, all'esito, il combinato disposto che ne deriva non

sancisce affatto l'irripetibilità nei confronti dei titolari di pensio ne integrata al minimo, ma solo la sottrazione al recupero (che

è la regola generale) di taluni cespiti, come la pensione al minimo.

Il ricorso è fondato. Ed invero il tribunale desume il proprio

convincimento dalla dizione letterale dell'art. 40, 4° comma, d.p.r.

488/68, che cosi recita:

«Il lavoratore il quale ometta di dichiarare al datore di lavoro

la sua qualità di pensionato è tenuto a versare una somma pari

al doppio dell'importo delle trattenute non effettuate a causa di

tale omissione.

Detta somma sarà prelevata dall'Inps sulla rate di pensione do

vute al trasgressore». A suo giudizio, la norma, dicendo «... detta somma sarà

prelevata . . . sulle rate di pensione», non si esprime in termini

di facoltà, ma di obbligo vero e proprio, per l'Inps, di eseguire

il recupero per la via indicata; e se indubbiamente introduce, a

difesa dell'interesse dell'ente creditore, un'eccezione il principio

generale della intangibilità della pensione, comporta, peraltro, an

che il vantaggio, per il debitore, di un pagamento graduale, dila

zionato nel tempo. Rileva infine che la dizione dell'art. 40 è rimasta invariata an

che dopo l'introduzione dell'art. 69 1. 153/69 che, adeguandosi

alle condizioni prospettate dalla Corte costituzionale nella senten

za n. 22 del 20 febbraio 1969 (Foro it., 1969, I, 807), ha contenu

to nei limiti del quinto il diritto dell'Inps della trattenuta in via

di compensazione sulle pensioni da esso dovute.

Tale tesi è indubbiamente errata. Il d.p.r. 488/68, emanato quan

do era ancora in vigore il 2° comma dell'art. 128 r.d.l. 4 ottobre

1935 n. 1827 — che consentiva all'Inps di recuperare sulle pen

sioni ed in unica soluzione ogni somma dovutagli in base a sen

tenza passata in giudicato ed è stato poi dichiarato incostituzionale

con la citata decisione n. 22 del 1969 — prevedeva che il recupero

in unica soluzione potesse avvenire anche in mancanza di un prov

vedimento dell'autorità giudiziaria.

L'art. 69 1. 153/69 innova riguardo alle possibilità di recupero,

limitandole ad un quinto dell'ammontare delle pensioni, facendo

salvi i trattamenti minimi.

È indubbio, pertanto, che l'art. 40 risulta parzialmente ed in

via implicita abrogato per la parte che riguarda le modalità di

recupero, quantificate dalla norma successiva.

Alla luce di tale successione normativa, resta indenne il diritto

dell'Inps di poter recuperare l'indebito in mancanza di una deci

sione del giudice a mezzo di trattenute sulle pensioni, nella misu

ra indicata dalla 1. 153/69.

Ciò posto, si osserva che nessun elemento, letterale o logico,

consente di affermare, come invece ha fatto il tribunale, che l'Inps

sia tenuto, per legge, a poter ripetere le somme indebitamente

erogate nella congiuntura solo attraverso trattenute sulle pensioni.

L'uso del futuro «sarà», fatto nel 4° comma dell'art. 40, non

appare interpretabile in tali sensi.

Dire «detta somma sarà prelevata dall'Inps sulle rate di pensio

ne dovute al trasgressore» equivale a dire «il prelievo sarà effet

tuato sulle ...» e non può essere in alcun modo inteso come

«è previsto il solo prelievo».

È quindi chiaro che il legislatore non ha voluto limitare i prin

cipi di diritto di azione propri dell'Inps, come di ogni altro credi

tore, ma specifica il diritto di ritenuta (cioè di compensazione)

attribuendo ex lege all'indebito de quo e alla relativa sanzione

le caratteristiche di un credito certo, liquido ed esigibile e, per

Il Foro Italiano — 1989.

giunta, compensabile con la pensione solo per effetto della vo

lontà del creditore e non anche in conseguenza di un pregresso

giudicato. Non ha inteso, certo, in altre parole, derogare al prin

cipio dettato dall'art. 2740 c.c. o inibire all'Inps l'azione di cui

all'art. 2033 stesso codice.

D'altro canto non sarebbe concepibile una volontà in tali sensi,

che in pratica comporterebbe la irripetibilità delle somme nei con

fronti di soggetti — che potrebbero essere abbienti o titolari di

considerevoli patrimoni — per il solo fatto che essi siano benefi

ciari di pensione integrata al minimo. Se infatti l'art. 40 citato

imponesse — si come ha ritenuto il giudice d'appello — di recu

perare le omesse trattenute e la relativa sanzione soltanto me

diante trattenute sulla pensione, l'intangibilità di questa al minimo,

sancita dall'art. 69 1. 153/69 comporterebbe l'irrecuperabilità nel

la maggioranza dei casi.

Va infine rilevato che infondata appare l'eccezione di illegitti

mità costituzionale riproposta dal Sacco, relativa al preteso con

trasto con l'art. 3 Cost, dell'art. 2 d.l. 18 settembre 1983 n. 463,

convertito nella 1. 11 novembre 1983 n. 683, là dove non prevede il condono anche a favore dei lavoratori pensionati che abbiano

violato l'art. 20 1. 30 aprile 1969 n. 153.

Il resistente afferma che, mentre è stabilito in favore dei datori

di lavoro il condono per tutte le posizioni debitorie nei confronti

dell'Inps, comprese quelle derivanti dalla violazione dell'art. 20

1. 153/69, non è stata accordata facoltà analoga ai lavoratori pen

sionati.

Va considerato, al riguardo, che trattasi di normativa destinata

agli imprenditori rispetto ai quali il legislatore si è proposto di

favorire la regolarizzazione contributiva, con lo scopo, oltre che

di agevolarne l'attività in periodo di crisi, di realizzare, per pro

prio conto, una entrata immediata. Va altresì' sottolineato che,

vertendosi in materia fiscale, la scelta va fatta per grandi catego

rie, secondo valutazioni di ordine sociale, politico ed economico,

sottratte al sindacato giurisdizionale. Il ricorso deve essere, pertanto, accolto, con la conseguente

cassazione dell'impugnata sentenza ed il rinvio ad altro giudice

di appello, designato in dispositivo, che si adeguerà agli afferma

ti principi di diritto.

CORTE DI CASSAZIONE; sezione lavoro; sentenza 20 gennaio

1989, n. 342; Pres. Menichino, Est. Florio, P.M. Simeone

(conci, diff.); Soc. Sies (Avv. De Francesco, Rampino) c. Pa

radiso e altri; Soc. Sies c. Paradiso e altri (Avv. Guttierez,

D'Ancona, Carlino, Califano), Ferrari e altri. Conferma Trib.

Milano 9 novembre 1985.

Lavoro (rapporto) — Prestazione nel settimo giorno — Indenniz

zabilità (Cost., art. 36; 1. 22 febbraio 1934 n. 370, riposo do

menicale e settimanale, art. 1, 3, 5).

Il lavoratore che abbia fornito la prestazione dopo sei giorni di

lavoro consecutivi, a seguito di spostamento del riposo dome

nicale in ipotesi consentita ex art. 5 I. 370 del 1934, ha diritto

ad un ristoro economico a titolo indennitario, determinabile

equitativamente, pur se abbia goduto di riposo compensativo. (1)

(1) La sentenza che conferma con diversa motivazione Trib. Milano

8 novembre 1985, Foro it., Rep. 1986, voce Lavoro (rapporto), n. 1141, si colloca nel filone giurisprudenziale consolidato per il quale il lavoro

nel settimo giorno, pur se compensato da altro giorno di riposo, va ulte

riormente remunerato: oltre ai precedenti richiamati in sentenza, da ulti

mo, cfr. Cass. 19 novembre 1987, n. 8514, id., Rep. 1987, voce cit.,

n. 1196; Pret. Milano 13 febbraio 1986 e Pret. Torino 8 febbraio 1986,

id., Rep. 1986, voce cit., nn. 1142, 1143, ma v., già, Cass., sez. un.,

10 novembre 1982, n. 5923, id., 1983, I, 1967, con nota di M. De Luca.

La peculiarità della presente pronuncia è però nell'affemazione della na

tura indennitaria del dovuto al lavoratore nell'ipotesi in cui ci sia stato

spostamento del riposo domenicale consentito dall'art. 5 1. 370 del 1934.

Cfr. al riguardo, per la natura di maggiorazione per lavoro straordinario

della remunerazione dovuta, Cass. 11 maggio 1987, n. 4352, id., Rep.

1987, voce cit., n. 1417; 2 aprile 1986, n. 2272, id., Rep. 1986, voce

cit., n. 1139. Cfr. ancora Cass. 11 gennaio 1986, n. 136, ibid., n. 1140.

This content downloaded from 141.101.201.31 on Sat, 28 Jun 2014 18:28:21 PMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions


Recommended